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Anno XXXIV, n. 2
RIVISTA DI STUDI ITALIANI
Agosto 2016
CONTRIBUTI
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SUL PRIMO CONFLITTO MONDIALE
RENZO RICCHI
Firenze
P
er mandare le persone a uccidere e a farsi ammazzare occorre una vera
e propria “educazione”. Un’educazione che si attua con un’abile
propaganda ai fini di motivare ai combattimenti. Perchè ci vuole un
ampio consenso popolare. E questo si persegue grazie alla collaborazione di
intellettuali e giornalisti che lancino appelli a favore delle “nostre” ragioni e
contro quelle dei “nemici”. Insomma, si deve diffondere una vera e propria
“ideologia di guerra”.
È sempre stato così; e così fu anche alla vigilia della prima Guerra mondiale.
Intendiamoci, il clima europeo era adatto, la crisi era generale. Per strano che
possa apparire, all’alba del secolo scorso molti intellettuali, poeti e artisti – a
dimostrazione del loro disagio, del loro malessere profondo – si suicidarono.
Nel 1903 si tolse la vita il filosofo austriaco Otto Weininger: aveva 23 anni e
aveva appena pubblicato un libro di successo, Sesso e carattere; nel 1910 lo
imitò Carlo Michelstaedter, anch’egli ventitreenne, poeta e filosofo, lo stesso
giorno in cui aveva terminato la sua tesi di laurea sul tema La persuasione e la
rettorica (destinata anch’essa al successo editoriale); nel 1914, al fronte si
uccideva il poeta George Trakl, ventisettenne. E così via.
Fatto si è che, tra il 1914 e il 1915, il governo italiano utilizzò tutti i canali
disponibili per la sua “ideologia di guerra”. Giornali, circoli intellettuali e
studenti svolsero un ruolo fondamentale. La Grande Guerra, in quei mesi,
animò le discussioni nelle piazze, sulla stampa e nelle università. Le
avanguardie intellettuali vociane e lacerbiane erano diventate tutte
interventiste; idem i futuristi che sfoggiavano lo slogan “Guerra sola igiene del
mondo”. E fu così che le trincee ingoiarono una generazione in una lenta,
sofferta strage. Scipio Slataper muore sul Podgora nel 1815 a 27 anni, Renato
Serra fu abbattuto negli stessi luoghi e lo stesso anno Carlo Stuparich si uccide
per non cadere nelle mani del nemico. La lista sarebbe lunga: nel conflitto
caddero ben 26 scrittori italiani in erba, di cui 13 volontari; 18 decorati con
medaglie al valore, tre con medaglia d’oro.
La retorica letteraria (D’Annunzio in testa) era cominciata con l’intervento
italiano in Libia. Ovunque si evocava un immaginario di guerra che alludeva
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RENZO RICCHI
con entusiasmo a grandi speranze. Per Marinetti la guerra era quasi una festa.
“Le costellazioni – scrive – sono dei piani-abbozzi di bombardamenti notturni,
le forme aggressive delle alte montagne hanno oggi ragion d’essere, tutte
rivestite dalle fitte traiettorie, dai sibili e dai rombi delle cannonate. (…) La
guerra dà la sua vera bellezza alle montagne, ai fiumi, ai boschi. (…) Le vallate
non hanno altro scopo che quello di megafonare al cielo le cannonate”. Agli
inizi, insomma, si cerca di far passare la guerra come un grandioso spettacolo
che avvince quanto fa inorridire. Addirittura Comisso, in Giorni di guerra, vede
il conflitto come una vacanza, un’avventura, uno spettacolo che autorizza a
vivere fuori delle regole della vita civile. D’Annunzio sfodera la retorica della
guerra come cerimonia mistica del “bagno di sangue”. Chi non va in guerra –
scrive persino Umberto Saba – è una femminuccia!
Questo clima eroico, patriottico, esagitato o per altri versi idilliaco, dura poco,
diciamo fino a quando l’Isonzo comincia a tingersi del sangue di questi giovani
idealisti. Le migliaia di ragazzi andati al fronte come per un gioco cominciano
ben presto ad avere una percezione realistica della guerra. Comincia anche, in
loro, il turbamento della vegetazione deformata, straziata, violentata dalla
guerra, cioè della morte impressa anche nel paesaggio. Sbarbaro, che aveva
inneggiato al paesaggio d’alta montagna definendolo “freschezza e innocenza
della vegetazione”, capisce che non è vero che le drammatiche vicende umane
dileguano di fronte alla forza del paesaggio. Insomma ben presto nel corso della
guerra l’atteggiamento dei giovani al fronte muta, diventano più riflessivi,
cominciano a scrivere delle loro paure dei combattimenti, i ricoveri negli
ospedali diventano addirittura momenti di raccoglimento interiore. Le illusioni
d’anteguerra sfumano, non c’è più tempo per le chiacchiere patriottiche, ormai
la guerra, come dice Rèbora, è “senza fanfare”, l’idea che il militarismo potesse
mettere ordine nella società e negli individui è saltata e s’inizia persino a
pensare al “dopo”. Ci si comincia tra l’altro ad accorgere che la moderna guerra
tecnologica non si limita più al “teatro di guerra” (cioè alla zona delle
operazioni) ma coinvolge tutte le popolazioni dei paesi belligeranti (il
cosiddetto “fronte interno”). Tutti hanno al fronte un padre, un marito, un figlio,
un fratello, un fidanzato. Ormai queste migliaia di giovani (ne moriranno 600
mila) sanno d’essere in balia di una tragedia. La terribile “guerra di posizione”
nelle trincee piene di morti, di fango, di topi, ha preso il posto della retorica
ottimistica su una guerra goliardica che doveva durare “poco”. Insomma, la
guerra diventa quello che è, un lutto, e infatti alla fine l’intera Europa si ritrovò
mutilata perché milioni di giovani non c’erano più. Scriverà, più tardi, Giuseppe
Ungaretti: “Ero in presenza della morte, in presenza della natura, di una natura
che imparavo a conoscere in modo nuovo, in modo terribile (…) ero un uomo
che non voleva altro per sé se non i rapporti con l’assoluto (…) che era
rappresentato da quella tragedia che portava l’uomo a incontrarsi col massacro.
Nella mia poesia non c’è traccia d’odio per il nemico, né per nessuno: c’è la
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POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
presa di coscienza della condizione umana, della fraternità degli uomini nella
sofferenza, dell’estrema precarietà della loro condizione”.
Leggendo le poesie che ho scelto, incluse alcune di poeti non italiani, si
avverte il diverso stato d’animo che col passare dei mesi e degli anni
s’impadronisce dei protagonisti e che passa dall’inneggiare alla guerra come
momento di patriottismo e di “virilità” al turbamento, alla sofferenza, al dolore,
alla paura della morte non più idealizzata e sublimata dall’eroismo, fino alla
coscienza di essere vittime dell’incapacità delle classi dirigenti europee di
dialogare. Non a caso questa micro-antologia si apre con una lunga, bellissima,
drammatica poesia di Corrado Govoni che è una durissima requisitoria contro
le guerre che da una parte esprimono tutta la loro disumanità e la loro ipocrisia
a scapito dei ceti sociali più deboli, dall’altra sono una spinta alla decadenza
morale e all’arbitrio dell’uomo sull’uomo; e che alla fine diventa un durissimo
attacco al potere.
Non c’è mai una parola di odio o di risentimento, in queste poesie, verso il
cosiddetto “nemico”; al contrario, c’è l’aspirazione a una “fraternità umana
nella sofferenza” ben detta da Ungaretti ma anche da Trilussa, secondo cui i
morti di tutte le nazioni “ora sono tutti fratelli e si godono la pace e
l’uguaglianza”.
Troviamo questo sentimento di fondo nei poeti italiani ma anche in quelli
stranieri: Apollinaire sente la guerra come un mostro che gli ha scombussolato
la vita e alla fine gli lascerà una vera e grave ferita fisica (fu colpito alla testa
da una scheggia e operato al cervello); il canadese John McCrae si appella a
una specie di “tribunale del mondo” al quale chiede di non dimenticare mai più
il lamento delle vittime altrimenti non potranno riposare in pace; l’inglese
Wilfred Owen ‒ ricordando il caso di un compagno che muore dopo mille
tormenti causatigli dal gas asfissiante che lo aveva colpito ‒ grida che non è
giusto morire innocenti, vittime della retorica bellicista della patria; lo scozzese
Charles Hamilton Sorley si spinge fino a vedere nel calvario della guerra una
delle tante manifestazioni del Male che affligge l’umanità; l’inglese A. E.
Housman sottilinea l’orrore della “ragion di stato” che induge ad andare a
conbattere per “salvare l’onore”; l’inglese Charlotte Mew pensa con tristezza
ai tanti giovani che non ci sono più e al lutto che hanno lasciato in eredità ai
posteri quasi a porre fine a ogni futura primavera.
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RENZO RICCHI
CORRADO GOVONI
(Ferrara, 1884-1965)
GUERRA!
Guerra! – una voce d’abisso urlò.
E la parola divina e tremenda
passò rossa e devastatrice sopra il mondo
celere come una fiamma
che in un attimo solo
brucia e divora una bandiera;
lo sconvolse da cima a fondo
come un colpo di vento
in un momento
solleva il mar furiosamente
con tutte le sue fecce e le sue schiume.
E gli uomini si sentirono uomini finalmente,
plasmati d’odio e ferocia
assetati di sangue e di vendetta
solo vestiti dei loro istinti belluini:
perdutamente avvelenati di coraggio e d’eroismo
passarono bellissimi cantando
sopra il selciato dei cuori materni
verso la strage e la morte.
Bella è la guerra!
E’ bello seminare coi fucili
questa vecchia carcasse della terra,
arare coi cannoni
gli smisurati campi delle nazioni
e vedere brillare contro il sole
il frumento crudele delle spade.
Viva la guerra!
Le nostre falciatrici
son le mitragliatrici,
i nuovi carri della vendemmia
sono i carri crociati
delle ambulanze
che raccolgono amari frutti
nei poderi devastati.
Poveri contadini semivivi,
non mai sognaste un fuoco così bello
per sgranchirvi le membra intirizzite.
Venite dunque a scaldarvi
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POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
all’allegra fiammata
dei villaggi nativi!
Viva la guerra!
Il disordine è l’ordine,
si costruisce la distruzione,
si comanda la morte.
Ecco il soqquadro la profanazione
penetraron nel luogo santo.
Sono cadute le campane
come il grappolo spiccato
dal monello goloso con un sasso.
Ora posson servire da marmitte
e le corde a tirare i carriaggi.
Bevono i barbari cavalli
scuotendo le lunghissime criniere
nelle pile dell’acqua benedetta,
i soldati montan la sentinella
nei confessionali,
mentre banchettan gli ufficiali
coi sacri lini nella sagrestia
rischiarati dai candelieri
e dalle lampade votive.
Per condir l’insalata
s’adopran le ampolline.
Come una gran girandola colorata
è scoppiato il rosone
sopra le pietre della chiesa.
I quadri delle martiri
fanno da paravento o da parafuoco.
Le ostie son sparse lungo il pavimento
come una neve circolare
come i petali d’un fiore
sbocciato miracolosamente
e improvvisamente sfiorito
dal rugginoso albero
centenario d’un candeliere.
Fuori è l’altare improvvisato,
la messa celebrata al suono del cannone,
con la tovaglia macchiata di sangue
ed i fiori campestri
dentro le bombe esplose.
Serve un chierico grande
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RENZO RICCHI
vestito da soldato.
Con alla cintola la rivoltella
il sacerdote fa la comunione
nella gamella.
E tutti i crocefissi smaniosi
di rimorire per l’umanità
si son staccati dai chiodi delle croci
son lì agonizzanti
nel sublime nuovo martirio
sopra i mucchi di paglia
sullo strame umido infetto,
con la fronte lorda e bendata
con ferite orrende
con squarci mostruosi nel costato
intirizziti scalzi sul cuscino dello zaino
malcoperti dei cenci della soldataglia
vegliati e curati
dalla neve amorosa delle suore
fuggite dai conventi
all’annuncio del nuovo miracolo.
Per la campagna urla col vento
un inverno infinito e lugubre di corvi,
e in ogni casolare
una madonna in gramaglie
beve le sue tristi lagrime
muta su lo spento focolare.
Viva la guerra!
Vanno alla carica le truppe
al suono di lunghe trombe d’argento
guidate dalle fiamme delle bandiere
mentre piomban dal cielo improvvisi
angeli folgoratori ad ali aperte
a parteggiare per i combattenti
come nei quadri di battaglie antiche.
Là in fondo nella nebbia
una fila interminabile di becchini
si scavan la fossa con le proprie mani
si preparano a morire
con la croce omicida del fucile a lato.
Tutto il mondo non è più
che un lungo cimitero di trincee.
I pastori veglianti sopra i monti
vedono splender nella notte
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POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
immensi fuochi come di bivacchi
di vaste migrazioni primordiali:
sono i villaggi che s’incendiano
le città che ardono.
E tutta la pianura
è cosparsa di morti;
sembran tutti, bocconi,
ascoltare la terra.
Quest’anno il lutto corvo sarà di gran moda.
Si prendono d’assalto
persino i cimiteri
(bisogna diffidare anche dei morti)
trasformati in fortezze.
Son vuotate le tombe,
le bare servon da ripari
le fosse da trincea.
Si fucilano i cadaveri
si spara sopra la putredine.
I vivi hanno preso il posto dei sepolti,
se muovo non avranno
bisogno d’esser sotterrati,
san già d’avere il proprio monumento.
Tutte le astuzie sono messe in gioco
tutti gli agguati più micidiali
sono tesi senza tremare.
Scoppia il terreno abbandonato
sotto i piedi degli invasori;
s’improvvisa un funerale:
nella cassa del morto
sono nascosti i fucili e le bombe;
arrivan dei soldati in soccorso
d’un drappello pericolante
con la banda in testa a bandiere spiegate:
sono nemici travestiti
con le uniformi degli uccisi.
Si insteccano cadaveri
si legano a cavallo
e si mandano avanti in un paese
che si vuol occupare. Mentre la paura
ha più occhi d’un ragno
più gambe d’una scolopendra,
si rifugia nelle case vicine
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RENZO RICCHI
si rintana nelle cantine.
Passa, passa, benedetto flagello,
rovina devasta sconquassa,
lascia sul tuo passaggio
solo cenere e sangue;
semina i cadaveri sul tuo cammino,
calpesta i deboli traccheggia i forti;
lasciati dietro solo urli e lagrime.
Non esiste la patria,
solo una patria esiste:
quella dell’odio,
solo l’istinto selvaggio è il nostro padrone,
la bruta forza dei sensi.
Non è l’amore della famiglia
della giustizia della civiltà
che ci spinge all’eccidio ed al massacro
alla distruzione
ma il nostro oscuro istinto di conquista e di rapina
e di stupenda ribellione
contro tutte le false leggi della società,
stato religione:
menzogne menzogne,
maschere maschere;
perché solo la voracità l’insaziabilità
sono le vere forze vive della creazione
della vita.
Saccheggia, stupra, ammazza,
massacra, stupra, incendia,
rovina, devasta, sconquassa, strazia!
Che m’importa se il Belgio
è diventato il cimitero delle nazioni?
Oh il suo imbecille: - Di qui non si passa! –
Ma passate, passate, perdio,
purchè non roviniate il mio!
Ma l’onore? Io non ci credo,
vi dico che l’onore non si mangia;
voi, uomini, l’onore,
voi l’avete nel portafogli!
Oh una Lovanio tutti i giorni
per frutta delle mie colazioni!
Ma non amate le rovine e i ruderi
più delle belle cose intatte?
Pompei e Roma?
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POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
Oh quanto, poi, avrete da commuovervi!
Quella povera cattedrale di Reims!
La chiocciola che strisciava
per i sentieri del mio orto
con le torri allungabili delle sue corna
era per me assai più interessante.
Più del suo rosone immenso
Per me valeva il ragnatelo
costellato di rugiada
che vedevo brillare al mattino
sulla siepe del mio giardino.
Oh che m’importa che m’importa
se tanti campi floridi son devastati!
I miei campi non erano più belli?
Uomini ipocriti, non piangete
per poche centinaia di case distrutte!
Non son le vostre case fatte con il fango?
Ce n’è tanto del fango in tutto il mondo!
Viva la guerra!
Uomini, son finiti
i vostri falsi pregiudizi
tutti i vostri mostruosi edifizi
di menzogne convenzionali
di stupide codificate superstizioni
di costrizioni contro natura,
sono crollati come un castel di carte
al rader d’ali d’una mosca.
È la guerra! è la guerra!
È buono il vino, ma il sangue è migliore:
la sua sola vista dà l’ebbrezza.
La corona è sul capo dei re
come una putrida ghirlanda
sopra la tomba della lor potenza.
Scanna, saccheggia, devasta!
Povero paria digiuno di tutto
che te ne andavi per il mondo
solo vestito delle tue voglie,
guardato con ribrezzo dai signori
ed in cagnesco dai tuoi simili
che t’invidiavan forse
se tu avevi un pidocchio di meno
uno strappo di meno nei tuoi cenci;
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RENZO RICCHI
vedi, è venuta la tua ora,
il giorno della tua festa.
L’uniforme che indossi,
il cavallo che inforchi
(è bello eh un cavallo!),
il fucile che maneggi
il cannone che dirigi
ecco d’un colpo ti hanno fatto
il padrone di tutto l’universo.
Puoi compiere tutte le vendette,
soddisfare ogni tua cupidigia.
Nessuno ti farà nessuna proibizione.
Se non vuoi entrare in una chiesa
a fracassar col calcio del fucile
il ceffo muffito di qualche crocefisso,
nessuno griderà:
‒ Sacrilego!
Nessuno ti metterà in prigione.
Puoi sfondare se ti aggrada
una porta con una tua spallata,
salir le scale coi tappeti
senza pulirti dal fango le scarpe,
scannare i servitori pieni di bottoni
più dei soldati,
impiccare il proprietario
e prenderti la sua bella figlia
e godertela a sazietà
tutta ignuda sul suo letto,
calda e tremante come l’uccellino
che si tien prigioniero nella palma;
dopo, se ciò ti fa piacere,
la puoi sgozzare
e gettare come uno straccio
giù nel cortile
che i suoi cani
le lecchino il suo sangue blu.
Puoi riempirti le tasche di gioielli
e regalarli tutti per un bacio
come un prodigo milionario
alla prima fanciulla scalza
che incontri per la via.
Ricordati: puoi far quello che vuoi.
Bevi lo champagne,
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POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
prendilo nelle più ricche cantine
senza che nessuno
ti dica che sei un ladro;
se incontri un viandante qualunque
spaccagli il cranio
se te ne viene il capriccio,
ti sarà data una medaglia;
incendia una casa
non sarai un incendiario ma un eroe.
Che importa se domani
se fra poco morrai?
Oggi sei sano e vivo.
Quando si è morti, per tutti è lo stesso
esser vissuti novant’anni o un anno.
Sgozza, fracassa, trucida!
Spara, artigliere, spara senza posa.
Ti darò io la mira giusta.
Vedi laggiù? Quella è la casa d’un prete:
questa parola vuol dire soltanto
fango sozzura ipocrisia.
Spara e scompaia tutto
in un cumulo di rottami
il suo bazar di cristi e di madonne,
s’impasti in una sporca marmellata
con la sua acqua benedetta
che non è neanche buona per lavarsi il viso.
Là, presto, presto prima che mi scappi,
guarda che bel palazzo!
Mi par di conoscerlo:
è la casa di un usuraio.
Perché esiti, perdio?
Perché è così bella?
Forse ti dispiace di distruggerla?
Avevo anch’io la mia casa…
Dammi, sparerò io!
Se tu sapessi quante volte
mi strinse nell’infame sua rete
assicurandomi che mi faceva sol del bene…
Ah questa parola
come l’ho ancora qui come una macina
sopra lo stomaco!
Ma sai avevo l’acqua alla gola…
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RENZO RICCHI
Guarda, davvero è splendida,
e che mobili dentro, che lusso!
E sua figlia s’è bella…
Lui è il rospo ed essa l’usignolo,
lui è lo sterpo lei la rosa,
lui il fango lei la stella.
Aspetta, aspetta; lui non deve non morire,
sì tutti i suoi, la sua roba;
lui ha da rimanere vivo,
gli devo esser riconoscente…
Ecco il colpo è partito
rinculato il cannone
come per una scossa
violenta di terremoto
in un rombo e una gran vampata rossa.
Il fumo si dirada.
Col cannocchiale
come con un filo magico e diabolico
tiro la casa ai miei piedi
per esaminarla.
Il tetto è sfondato,
sgrottati i muri,
in rovescio i pavimenti
uomini e donne
sono sepolti sotto i calcinacci
pestati maciullati tritati.
Gli specchi sono in frantumi,
ridono ridono miriardano
i pezzetti in rovina.
I pianoforti, questi
feretri d’ebano
di larve cantanti
in lunghe vaporose tuniche
di sogni di fiori,
miseramente infranti
come scheletri fracassati
di cui son sparsi per i pavimenti
ossami fradici e macabri denti.
Contorti i letti macchiati di sangue
le scale sgranate
le porte sfondate
e sulla soglia, orrore!
Lei, la bella fanciulla sua figlia
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POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
nella sua veste vainiglia
che rode il fuoco
a poco a poco,
sfracellata,
simile a un calpestato fiore.
Avanti! Avanti! Spara
prima che scappino!
Vedi: là in quella via è una banca
la fortezza avara dell’oro,
spara perdio: si bruci tutta quella carta unta e sporca
coi suoi re trasparenti come spettri
per cui delira tutto il mondo.
Guarda che schifosi calvi ragni
allungano le mani dalle buche agli sportelli
a rapire a predare
assicurati dalle inferriate e dai cancelli!
Là è il tribunale: giù una bomba
come un’assoluzione generale.
Le vedi le carceri orribili sbarrate?
Spara, ma mira giusto:
devi colpir solo la porta.
Più in là è la sede del governo
degli avvocati degli imbroglioni dei frodatori
dei ministri vecchi imbecilli e frolli
con le lor leggi trappole
attorno al loro re bevi-sangue, cretino,
grande collezionista di francobolli.
Giù un diluvio di granate
a spazzar via tutto quell’untume
a mandar via tutto quel sudiciume.
E laggiù lontano, vedi, sta il papa
che guarda il mondo senza veder nulla
dalle sue undicimila stanze
e si proclama troppo spesso
Iddio in terra
mentre anche lui va al cesso.
Aspetta, aspetta, impostore,
te la darò io la benedizione del Signore!
Più in là che bella grassa fattoria!
Presto una bomba incendiaria…
Ah! Ti commuove la sorte
di quei poveri innocenti bambini
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RENZO RICCHI
che resteranno senza più nulla?
Anche i miei bambini…
Forse non sono come quelli degli altri?
Manda una bomba anche in quel cimitero
se non altro per smentire
la pace decantata sulle lapidi.
Tira in quel vecchio monastero
un proiettile come un sasso
lanciato in una colombaia.
Quelle pallide donne velate
che tutto il giorno bacian voluttuosamente
i freddi piedi inchiodati ai crocefissi
da cui forse la notte sognan delirando
d’essere rese madri,
saranno scosse nella loro stupida fede;
penseranno anch’esse
che il vero Dio è l’uomo quando vuole.
Incendiate, incendiate,
date fuoco alla terra che diventi un sole.
Devasta sconquassa distruggi,
passa, passa, o bellissimo flagello umano,
sii peste terremoto ed uragano.
Fa che una primavera rossa
di sangue e di martirio
sorga da questa vecchia terra,
e che la vita sia come una fiamma.
Viva la guerra!
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POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
UMBERTO SABA
(Trieste, 1883-1957)
CONGEDO
Poi che il soldato che non parte in guerra
è femmina che invecchia senz'amore:
e c'é un binomio, che nel mesto cuore
uno squillo ancor dà: Trento e Trieste:
poi che la vita e' un male, e son moleste,
dopo la prima giovinezza, l'ore:
ma chi soldato fra i soldati muore,
resta giovane sempre sulla terra:
non so io se avverarsi ancor non possa
quel sogno caro a me fin da bambino!
ammiraglio non più, ma fantaccino,
abbia, in ordine sparso, abbia a sparare,
contro un bersaglio, che di carne e d'ossa,
sappia un colpo ricevere, uno dare.
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RENZO RICCHI
ADDIO AI COMPAGNI
Voi quasi m’odiavate, ed io v’amavo,
cari compagni.
Un soldato, lo so, non sono bravo
come voi, io da voi troppo diverso,
troppo fuori dei ranghi.
M’odiavate per questo, ed io v’amavo
quali siete; uno solo siete in tanti.
Così oggi, alla sveglia, a veder vuota
la camerata;
pensando voi verso la meta ignota,
(che dove fosse solo Iddio sapeva,
Iddio e il Maggiore);
si, lo confesso, nel mio vecchio cuore,
uso ad ogni saluto, ad ogni sgombro,
ebbi quasi un dolore.
Anch’io parto, domani.
Troverò dov’io giunga altro più nulla
che voi; del Carso dentro l’aspre forte,
ove son morti di Trieste in vista,
non la chiese, e dà il sangue alla conquista
il buon guerriero che la guerra abborre.
Là un ugual grigio verde, uguali faccie,
ed il cannone, mi darà l’oblio
d’altro assai, torrà in me le vostre tracce.
Oggi ancora, ai fanciulli appena grati,
ed al vecchio che incontro le si affanna,
porgo la mia pagnotta, la più bella.
Addio cucine, dove non mai stanchi
aspettavano un osso i miei soldati,
con occhi luccicanti;
quel gran ragù, cui vigilava — oh Dio! —
con baionetta in canna,
la sentinella.
Ma ch’io viva, ch’io giunga alla più stanca
vecchiezza, o in tanti morti un morto io sia,
Picco, di te non mi potrò scordare;
scorda forse chi amò l’anima mia?
Eri un uomo, il più degno eri d’affetto,
tu così lungo, così magro e nero,
che mettevi paura — oh, ma davvero! —
al fanciulletto.
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POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
E sei partito, senza me partito
sei per l’ignoto.
Piazza d’Armi ricordo, l’ufficiale
che dai ranghi ti trasse, e per mia gioia
(forse non disse male)
disse: «Il soldato Picco
è peggio d’una serva».
Chi la memoria di quel punto serba,
di te, del tuo rancore ancor sorride;
e meno ti vorrebbe esser lontano.
Nato a Lucca, così come l’ulivo,
come il fiasco del Chianti eri toscano.
E t’amavano tutti, anche una bimba,
la mia, che sempre ti diceva «Buto»,
e alzava contro te l’esile mano;
quando: «E’ partito — le dissi — non torna»;
stette un poco fra sé, già lacrimosa
corse alla mamma, le si strinse accanto;
dette a terra in un pianto,
quel pianto, sai, lungo filato uguale.
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RENZO RICCHI
SOGNAVO, AL SUOL PROSTRATO
Sognavo, al suol prostrato, un bene antico.
Ero a Trieste, nella mia stanzetta.
Guardavo in alto rosea nuvoletta
veleggiar, scolorando, il ciel turchino.
Ella in aere sfacevasi; al destino
suo m’ammonivo in una poesietta.
Quindi «Mamma – dicevo – io esco»; e in fretta
a leggerla volavo al caro amico.
«Che fai, carogna?» E mi destò una mano:
e vidi, come al cielo gli occhi apersi,
tra fumo e scoppi su noi l’aeroplano.
Vidi macerie di case in rovina,
correr soldati come in fuga spersi,
e lontano lontano la marina.
174
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
UGO BETTI
(Camerino, 1892-1953)
CANZONETTA
I soldati vanno alla guerra.
Vanno, come trasognati,
e la notte li rinserra.
La strada cammina, cammina,
come una misteriosa pellegrina,
e sulle case addormentate
tutte le stelle si sono addormentate
tutte le stelle si sono affacciate.
Ma i soldati sono quasi fanciulli,
e si mettono a cantare
la ninna nanna, per cullare
una tristezza che non si vuole addormentare.
Le stelle
sono come gocce d’argento
e le fa tremare il vento!
E mentre dormono tutte le belle
noi ce ne andiamo per la bianca strada
a ritrovare un’altra fidanzata!
Ed anche voi, dolcezza, dormite…
E del mio bene nulla sapete!
Volevo parlare, una sera…
Ma ogni detto fuggì dal mio cuore
come dalla gabbia una capinera!
E voi, bambini, fate la nanna
e non fate disperare la mamma.
Dormite
col guanciale bianco sotto la testa,
e intanto viaggia la tempesta!
O fratello! Prima di partire
tante cose ti volevo dire…
Ma come foglie portate dal vento
sono fuggite, e non me ne rammento!
O mamma, voi sola non dormite,
come una volta, quand’ero malato!
175
RENZO RICCHI
E voi sola m’avete vegliato,
e non mi potevo addormentare
se voi non eravate al capezzale.
Ma ero un fanciullo!
Ora, mamma, state contenta!
Sentite? Il figlio vostro canta!
Canta e cammina per la bianca strada
per ritrovare la sua fidanzata. –
(Ma le mamme non possono dormire,
e quella canzone le fa singhiozzare).
Sulle case addormentate
tutte le stelle sono tramontate.
I soldati vanno a testa china
e la strada cammina cammina.
176
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
GIOVANNI PAPINI
(Firenze, 1881-1956)
QUARTA POESIA
Vorrei, domani o più tardi, essere un fatto diverso
qualunque, registrato da pochi giornali,
a pagina sei, terza colonna, ultimo verso,
dove vanno i feriti degli ospedali.
Vivere nella cronaca d’oggi, morto a spasso,
con ferite visitate e disinfettate,
avute per sbaglio, quasi per chiasso,
in Piazza Verde o Via delle Mantellate.
Un numero nero, più anonimo d’un lampione,
appeso al letto insieme alla fronza d’ulivo.
Sentir per me stesso la compassione
mai provata da quando son vivo!
Non desidero visite. Basta la donna in bianco
che porta il brodo al cannone di mezzogiorno.
Sentirsi solo, alla fine. Ero stanco
di questo andar su e giù, sempre in partenza e ritorno.
La vita è più saputa in questi posti
dove l’aria non puzza che d’acido fenico.
S’ha il tempo di scandagliare, costi quel che costi,
la trasparenza del nulla fenomenico.
Cantare non più: c’è un severo regolamento
che vieta qualunque piacere permesso.
Illiquidisca pure ogni sentimento
in questa dieta di noia e di lesso.
C’è la notte per pensare a tutto il resto.
La notte, che non si dorme neanche a volere.
Preghiamo il sole che faccia presto
a venir fuori, che dà tanto piacere.
Dimentico a poco a poco anche la natura.
Il cielo lattiginoso, quadriscritto dal telaio,
177
RENZO RICCHI
a momenti, di soprassalto, mi fa paura,
cielo sinistro d’un infinito gennaio!
Riderò da me solo senza critici accanto,
mi preparerò delle buone allucinazioni.
Sono un lieto malato. Il mio vanto
non consiste in complicazioni.
Piccolo fatto diverso divenuto
dentro un letto a saccone metallico,
sarò il solo biografo riconosciuto
di quest’essere calmo e simpatico.
Perché mi hanno voluto male
spiegherò colla fisica e l’altre scienze.
Nella tepida buca del guanciale
farò, bocconi, le più gravi confidenze.
Mi piacerebbe, dopo tutto, morire
solo, marcito, come un gatto sperso;
senza testimoni sparire
nel corpo sette d’un fatto diverso.
Nella colonna del giornale quotidiano
(nati e morti, carattere tondo)
vorrei, di nottetempo, piano piano,
lasciar di nascosto la storia del mondo.
178
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
ARDENGO SOFFICI
(Rignano sull’Arno, 1879-1964)
SUL KOBILEK
Sul fianco biondo del Kobilek
Vicino a Bavterca,
Scoppian gli shrapnel a mazzi
Sulla nostra testa.
Le lor nuvolette di fumo
Bianche, color di rosa, nere
Ondeggiano nel nuovo cielo d’Italia
Come deliziose bandiere.
Nei boschi intorno di freschi nocciuoli
La mitragliatrice canta,
Le pallottole che sfiorano la nostra guancia.
Hanno il suono di un bacio lungo e fine che vola.
Se non fosse il barbaro ondante fetore
Di queste carogne nemiche,
Si potrebbe in questa trincea che si spappola al sole
Accender sigarette e pipe;
E tranquillamente aspettare,
Soldati gli uni agli altri più che fratelli,
La morte; che forse non ci oserebbe toccare,
Tanto siamo giovani e belli.
179
RENZO RICCHI
OSPEDALE DA CAMPO 026
Ozio dolce dell'ospedale!
Si dorme a settimane intere,
Il corpo che avevamo congedato
Non sa credere ancora a questa felicità: vivere.
Le bianche pareti della camera
Son come parentesi quadre,
Lo spirito vi si riposa
Fra l'ardente furore della battaglia d'ieri
E l'enigma fiorito che domani ricomincerà
Sosta chiara, crogiuolo di sensi multipli,
Qui tutto converge in un'unità indicibile;
Misteriosamente sento fluire un tempo d'oro
Dove tutto è uguale:
I boschi, le quote della vittoria, gli urli, il sole, il sangue dei morti.
Io stesso, il mondo,
E questi gialli limoni,
Che guardo amorosamente risplendere
Sul mio nero comodino di ferro, vicino al guanciale.
180
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
PIERO JAHIER
(Genova, 1884-1966)
DICHIARAZIONE
Altri morirà per la Storia d'Italia volentieri
e forse qualcuno per risolvere in qualche modo la vita.
Ma io per far compagnia a questo popolo digiuno
- che non sa perché va a morire popolo che muore in guerra perché “mi vuol bene”
“per me” nei suoi 60 uomini comandati
siccome è il giorno che tocca morire.
Altri morirà per le medaglie e per le ovazioni
ma io per questo popolo illetterato
che non prepara guerra perché di miseria ha campato
la miseria che non fa guerre, ma semmai rivoluzioni.
Altri morirà per le aquile e per le bandiere
ma io per questo popolo rassegnato
popolo che viveva nel giusto e nel giusto muore senza sapere
anch'io con lui sulla strada della fatica
che non so bene, in fondo, perché tocchi già di morire.
Altri morirà per la sua vita
ma io per questo popolo che fa i suoi figlioli
perché sotto coperte non si conosce miseria
popolo che accende il suo fuoco solo a mattina
popolo che di osteria fa scuola
popolo non guidato, sublime materia.
Altri morirà solo
ma io sempre accompagnato:
eccomi, come davo alla ruota la mia spalla facchina
e ora, invece, la vita.
Sotto ragazzi,
se non si muore
si riposerà allo spedale.
Ma se si dovesse morire
basterà un giorno di sole
e tutta Italia ricomincerà a cantare.
181
RENZO RICCHI
PRIMA MARCIA ALPINA
Uno per uno,
bastone alla mano,
e alla salita cantiamo.
Se chiedi le reni rotte alla mina,
se chiedi il polso della gravina,
se chiedi il ginocchio piegato a salire,
se chiedi l'amore pronto a patire:
son io, l'alpino, rispondiamo,
e all'adunata corriamo.
***
Ma la montagna, alpino, è franata,
ma la tua tenda, alpino, è sparita:
alpino, tutta l'acqua è seccata,
alpino, il vetrato gela le dita;
ma la tua penna è folgorata.
ma la gran notte di nebbia è salita.
***
Uno per uno,
corda alla mano,
dove non si passa, passiamo.
E la balma di roccia si ricoprirà
e l'acqua di neve ci disseterà;
la penna il fulmine domesticherà,
la nebbia il sole l'avvamperà
quando l'alpino passerà.
***
Uno per uno,
zaino alla mano,
e nei riposi ci contiamo.
***
Alpino, tu sei passato,
ma il compagno che manca è ferito,
la mitraglia l'ha arrivato,
dalla corda l'ha distaccato,
nella gola l'ha tranghiottito.
*
Dove sei, compagno caro,
al paese dovevi tornare:
182
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
se qualcuno lo potrà rivedere,
gliene chiederà la tua madre.
Ma non sei stalo abbandonato,
ma ti veniamo a ritrovare.
Sei il nostro ferito:
ti riprendiamo
e al paese ti riportiamo.
Tutti per uno.
mano alla mano :
dove si muore, discendiamo.
***
Tutti per uno,
mano alla mano:
dove si muore, discendiamo.
Ma il tuo compagno, alpino, è spirato,
al paese non può ritornare;
ma il suo lamento è dileguato,
non ti chiama più a ritrovare.
Sulla cóltrice del nevato
resterà solo a riposare.
*
Dove sei, compagno caro?
Tu al paese non puoi ritornare?...
Ma non sei stato abbandonato,
ma ti veniamo a ritrovare.
Il viso bianco gli rasciughiamo,
il corpo tronco ricomponiamo.
È il nostro morto:
ce lo riprendiamo
alla patria lo riportiamo.
Uno per uno,
fucile alla mano,
e lo vendichiamo.
183
RENZO RICCHI
DOMANDA ANGOSCIOSA CHE TORNA
Quando vi guardo e voi non potete sapere:
Perché alcuni son chiamati a lavorare e guadagnar sulla
guerra, e altri a morire?
Morire non ha equivalente di sacrificio; morire è un fatto
assoluto.
Se la guerra ha un valore morale: rieducare alla salute, alla
mansuetudine, alla giustizia, attraverso il passaggio nella
pena della privazione e distruzione, perché sopra tutto
debbon portarne il peso questi che erano nella privazione e
mansuetudine, e non desideravano più che la salute?
Perché facevi onestamente tanti figliuoli
nostra forza, gloria d’Italia
più di tutti ne devi sacrificare.
Perché sei sano
buon sangue che cicatrizza presto
sempre abile a risoffrire.
Perché sei povero
ora che il denaro ridicolo
non compra più nulla
che vale più solo il lavoro del povero
che la vita è sospesa tra un raccolto e l’altro
e il tuo pane scuro è diventato a tutti pane
perché, santo popolo d’Italia,
perché più di tutti devi morire?
184
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
CORRADO ALVARO
(San Luca, 1895-1956)
IL CONTADINO SOLDATO
Andate a gridare a un soldato
baciandolo: Tu sei un eroe!
Ei non conosce un’opera perfetta
che non sia ‘1 solco del bove.
Ei non conosce un valore
che non sia quello di vegliar la notte
presso un suo timo d’uva che borboglia.
Andate a gridare a un soldato:
Hai fatto il tuo dovere!
Non sa di meglio che stare a vedere
se i mignoli d’ulivo sono molti
e se c’è l’oblio per tutte le sere.
La sua ragione d’essere soldato
non è nell’ambizione.
N’ha quanto basta a volere un covone
che salga fino a’ cieli.
La sua ragione è nel meraviglioso.
Tutte le donne godono il riposo
dell’uscio logorato.
Egli, invece, sa mettersi in agguato,
sa far convito in un campo falciato
dove i nemici son come le messi.
I fanciulli sorridono sommessi
e si stringon per prendere coraggio.
E le donne ne sentono tremore
per quell’immenso cuore
che, di certo, è il più forte del villaggio.
Il soldato è soldato
perché treman le donne solamente,
perché i fanciulli vogliono esser grandi
e mangiano per crescere più in fretta,
per poter raccontare
d’aver veduto la Morte
185
RENZO RICCHI
e d’averla invitata a desinare
come se fosse una promessa sposa,
d’averle fatto la corte,
d’averne avuta una rosa
che fa il petto tremando sanguinare.
186
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
A UN COMPAGNO
Se dovrai scrivere alla mia casa,
Dio salvi mia madre e mio padre,
la tua lettera sarà creduta
mia e sarà benvenuta.
Così la morte entrerà
e il fratellino la festeggerà.
Non dire alla povera mamma
che io sia morto solo.
Dille che il suo figliolo
più grande, è morto con tanta
carne cristiana intorno.
Se dovrai scrivere alla mia casa,
Dio salvi mia madre e mio padre,
non vorranno sapere
se sono morto da forte.
Vorranno saper se la morte
sia scesa improvvisamente.
Di’ loro che la mia fronte
è stata bruciata là dove
mi baciavano, e che fu lieve
il colpo, che mi parve fosse
il bacio di tutte le sere.
Di’ loro che avevo goduto
tanto prima di partire,
che non c’era segreto sconosciuto
che mi restasse a scoprire;
che avevo bevuto, bevuto
tanta acqua limpida, tanta,
e che avevo mangiato con letizia,
che andavo incontro al mio fato
quasi a cogliere una primizia
per addolcire il palato.
Di’ loro che c’era gran sole
pel campo, e tanto grano
che mi pareva il mio piano;
che c’eran tante cicale
che cantavano; e a mezzogiorno
pareva che noi stessimo a falciare,
con gioia, gli uomini intorno.
187
RENZO RICCHI
Di’ loro che dopo la morte
è passato un gran carro
tutto quanto per me;
che un uomo, alzando il mio forte
petto, avea detto: Non c’è
uomo più bello preso dalla morte.
Che mi seppellirono con tanta
tanta carne di madri in compagnia
sotto un bosco d’ulivi
che non intristiscono mai;
che c’è vicina una via
ove passano i vivi
cantando con allegria.
Se dovrai scrivere alla mia casa,
Dio salvi mia madre e mio padre,
la tua lettera sarà creduta
mia e sarà benvenuta.
Così la morte entrerà
e il fratellino la festeggerà.
188
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
GIUSEPPE UNGARETTI
(Alessandria d’Egitto, 1888-1970)
SOLDATI
Si sta
come d’autunno
sugli alberi
le foglie
189
RENZO RICCHI
VEGLIA
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore.
Non sono mai stato
tanto attaccato
alla vita.
190
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
ITALIA
Sono un poeta
un grido unanime
sono un grumo di sogni
Sono un frutto
d'innumerevoli contrasti d'innesti
maturato in una serra
Ma il tuo popolo è portato
dalla stessa terra
che mi porta
Italia
E in questa uniforme
di tuo soldato
mi riposo
come fosse la culla
di mio padre
191
RENZO RICCHI
SONO UNA CREATURA
Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede
La morte
si sconta
vivendo
192
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
SOLDATO
Di che reggimento siete
fratelli?
Fratello
tremante parola
nella notte
come una fogliolina
appena nata
saluto
accorato
nell’aria spasimante
implorazione
sussurrata
di soccorso
all’uomo presente alla sua
fragilità.
193
RENZO RICCHI
FAUSTO MARIA MARTINI
(Roma, 1886-1931)
PERCHÉ NON T’UCCISI
Non per viltà - tu non l'avrai creduto,
tu che la sera stessa, sotto un folle
riso di stelle, fosti tra le zolle,
zolla di grumi, fatto inerte e muto
non per viltà mancai la giusta impresa
di trapassarti il cuore : fu perchè
sullo sfondo inumano, vidi te
così biondo, te, dalla faccia accesa
d'un rossor di fanciullo, avido, anelo,
con l'empito del correre nel petto,
umana assurdità sul parapetto
della trincea, con due goccie di cielo
per occhi (non più scorderò quegli occhi
che predaron la mia trafitta fronte!) …
Aureolato dalla neve a fiocchi
te vidi, e credei scorgere le impronte
del viso profilate sullo smalto
lontano e pur così miracolosamente
vicino, che di su lo spalto
terrigno si trasfigurava in rosa…
Non per viltà,né fu perch’io pensassi
in un borgo nemico una sorella
tua dolce e grave, vigilante i passi
del fratello, se torni, una sorella
insonne, qual’io m’ebbi e che giungeva
ogni alba, con un suo bianco nepente,
fino sulla mia soglia, e suadeva
a un incontro materno il moriente…
Non t'uccisi perchè nella stess'ora
noi ci eravamo sporti sopra il fondo
194
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
gorgo del nulla, o sconosciuto e biondo
nemico, insieme, e, quello che scolora
nel ricordo, tuo viso, somigliava
già questo mio, più macilento e vecchio,
(o l'aria di nessuno era uno specchio,
non anche frantumato dalla lava
delle granate?) insieme sulla morte
noi, vivi, ci sporgemmo, e tu fanciullo
m'apparisti qual io m'ero : un trastullo
inconscio nelle mani della sorte
eguale, trascinato dal fluire
d'un'istessa onda fino nell'estrema
avventura... Non fu dunque per tema,
s'io non t'uccisi : fu per non morire! [...]
E non t'uccisi, o tu che mi ghermisti
la fronte, non t'uccisi sol perché
nemico ignoto dai grandi occhi tristi,
ebbi paura di morire in te!
195
RENZO RICCHI
GIUSEPPE BOTTAI
(Roma, 1895-1859)
BENDA
Certe sere affondo
il viso
nella soffice tendina bianca
che stende alla feritoia
la luna.
In quel candore lieve
di merletti e di trine
le pupille s’avvivano di sogni:
piccole lontane cose preziose,
frulli, baleni, ed una dolce benda
di carezze
sulla fronte poggiata nell’agguato.
196
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
CLEMENTE REBORA
(Milano, 1895-1957)
VIATICO
O ferito laggiù nel valloncello,
tanto invocasti
se tre compagni interi
cadder per te che quasi più non eri.
Tra melma e sangue
tronco senza gambe
e il tuo lamento ancora,
pietà di noi rimasti
a rantolarci e non ha fine l’ora,
affretta l’agonia,
tu puoi finire,
e nel conforto ti sia
nella demenza che non sa impazzire,
mentre sosta il momento
il sonno sul cervello,
lasciaci in silenzio ‒
grazie, fratello.
197
RENZO RICCHI
SENZA FANFARA
Si va per la strada profonda spastata, ingoiata. Confusion d’ordine; file perdute:
barcolli di volumi spossati ricurvi, spossati e cacciati nel buio dal flutto dei
morti che non è libero ancora, che non sarà libero mai, ma non sa, non sapeva
e marcia e si posa e s’apposta, perché così vuole qualcuno o qualcosa, perché
si deve, si fa, non si sa – per contro un nemico, il nemico ch’è fuori, il nemico
che è in noi.
Si va per la strada profonda. Come grassa terra bagnata si leva ferita e si volge
rovescia, perché c’è un aràtro che vuole, perché c’è infin dietro qualcosa che
spinge chi spinge, i bovi, l’aràtro – qualcosa che insiem si ritrova non essere
altro che bovi e chi guida e l’aràtro.
Si va per la strada profonda. Brontola brontola, ma pazienza, cannone: il rancio
per noi, noialtri per te. Tu bracca, veniamo: non si bròntola più. Noialtri
veniamo.
Zòccola, springa, ristride una sopravveniente ferraglia. Fàtti in là, Fanteria –
passa l’artiglieria! Passa, e schizza introna spurga su te. E si ride dall’alto. Non
brontola ancor come quella, ma già in qualcosa ti allena.
Fanteria smarrita, smagrita; ricopri la strada; è passata. Ancor si ragiona nel
mondo che vive?
Noialtri si va.
198
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
MASSIMO BONTEMPELLI
(Como, 1878-1960)
L’UBRIACO: 3.GEOMETRIA
C’era una volta la terra e il cielo.
Sparvero. Il mondo è un nero
profondo nell’infinità.
Punti rette strisce di luce
tagliano il buio.
Misurando l’immensità
disegnano la notte sferica
qua là
immobilmente.
Allora a un tratto traiettorie sibilano
in basso in alto
corro
no ‒ tutto il mondo è una rapida città
di triangoli acuti invisibili
sui venti punti di luce
che nel nero universale palpitano.
199
RENZO RICCHI
L’UBRIACO: 6. PACE
Tutto il giorno senza un colpo di cannone.
Le ore scivolano su un piano liscio
l’aria bruna vi cala su
a malincuore.
Entra il silenzio gelato nella baracca
mi stringe le tempie di strisce di nuvola grigia
ha messo in fuga il sonno nella notte inquieta.
Ah un fischio vicino lacera la notte
schianto di metalli sul monte
scoppi scheggiati d’ululi
i pezzi miei rispondere
quattro urli secchi di cagne arrabbiate:
altri dal margine sparano a salve
la baracca sobbalza
in rovescio ringhioso lo sfiora
gli occhi della valle rotolano –
sul tremoto dell’aria in pezzi.
Entra il rumore a salti pazzi
nella baracca
e strappandomi alle tempie le bende spinose
mi ricompone il corpo e l’anima
immersa già tutta nell’oceano fondo del sonno.
200
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
L’UBRIACO: 9. VOLUTTÀ
Dormi, corpo, dormi
che a difenderti ci penso io.
Mangia il sonno a mascelle piene.
Ninna, nanna, corpo mio.
Sdraiàti nel fango si sta tanto bene.
Tu ci dormi come un dio.
Quest’è un mio braccio. E questo un osso.
Questo non capisco cos’è.
Questa mano dura e nera
è d’un vicino o mia di me?
Dov’è la testa?
non è la mia questa.
Eccola qui ‒ la bocca ‒ il naso.
Dormi, corpo, ci sei tutto.
Ah non sapevi ‒ prima ‒
com’è bello grattarsi tutto
poi lasciarsi andare giù
caro corpo mio stanco e sporco
che sbragato nel fango dormi
il più bello de’ tuoi sonni.
201
RENZO RICCHI
L’UBRIACO: 11. GROTTESCO
Il freddo mi morde la testa
in giro in giro
la testa telefona ai piedi
lontani
che cadono in pezzi.
Se corricorri
se corri
per ventisette anni ed un mese
per ventisette gennai
più mai più mai li raggiungerai
i miei piedi lontani
l’uno là l’altro là sui due poli
del mondo
mentre la testa è qui nella macchina da stritolare
e tutto il corpo pesante ingombra una provincia
e intorno la Materia Universale si sfascia
in cento - cinquanta - cinque - mila spilli spilletti che ronzano ronzano
e perdono tutte le cento
- cinquanta - cinque - mila piccole punte.
Nel centro a quel mondo di punte girovaghe minime
solo il mio corpo è un coso
enorme duro immoto che gela.
202
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
L’UBRIACO: 15. VITA
Uccidere, Vita
Largo alla Vita che passa
vitamitragliatrice
e falcia le file
degli uomini vivi che cadon giù
floscio moscio sacco bucato
perché la vita
era sull’angolo in agguato.
E’ sbalzato a grappoli rossi
dove schianta la vitascheggia
i pezzi di carne le braccia il cervello
pasta lunatica di strazio d’uomini
stroncati dalla vita che si precipitava fischiando.
Ma con la baionetta
la vita sei tu ‒ là ‒
la lama è giovane guizza di voglia
tu la stringi e lei si slancia
ti trascina dietro ‒ stop
che è entrata tutta
il sangue sporco butta
e ti spruzza te.
Oh il ferro non esce più
ma un calcio nella pancia al tuo uomo
e tira ‒ tu su lui giù
viva
viva la Vita
La guerravita che passa sugli uomini.
Asciugati il sangue dagli occhi ‒ sputa ‒
e guarda se il sole è già alto
Vita.
203
RENZO RICCHI
GUIDO GOZZANO
(Torino, 1883-1916)
LA MESSAGGERA SENZA ULIVO
Bene scegliesti l’unico rifugio
trepida messaggera insanguinata!
(Sangue d’amico? Sangue di nemico?
Ah! Che il sangue è tutt’uno, oltre la soglia!)
Palpiti esausta e sfuggi la carezza
e temi il rombo… È il rombo del tuo cuore.
Socchiudi gli occhi dove trema ancora
lo spaventoso tuo pellegrinare.
Ah! Sarcasmo indicibile! Tu sacra
dai tempi delle origini alla pace
la novella ci rechi ‒ ah! senz’ulivo! ‒
del flagello di Dio sopra la Terra.
*
Ma non del Dio Signore Nostro: il dio
feticcio irsuto della belva bionda: ‒
Rinascono le donne ed i fanciulli,
uccideremo ciò che non rinasce! ‒
E le trine di marmo, le corolle
di bronzo, gli edifici unici al mondo,
i vetri istoriati, i palinsesti
alluminati, i codici ammirandi,
ciò che un popolo mite ebbe in retaggio
dalla Fede e dall’Arte in un millennio
ritorna al nulla sotto i nuovi barbari:
non più barbari, no: ladri del mondo!
Tu non tremare, messaggera bianca;
bene scegliesti l’unico rifugio:
la spalla manca della bella Donna
eretta in pace nel suo bel giardino.
La riconosci? Dolce ti sorride
piegando il capo sotto la corona
204
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
turrita a vellicarti con la gota
e con l’ulivo ti ravvia le penne.
Ma tien la destra all’elsa e le pupille
chiaroveggenti fissano il destino;
non fu mai così forte e così bella
e palpitante dalla nuca al piede.
La riconosci? Non ti dico il nome
troppo già detto, sacro all’ora sacra!
Bene scegliesti l’unico rifugio,
trepida messaggera insanguinata.
205
RENZO RICCHI
ENRICO THOVEZ
(Torino, 1869-1965)
NELLA GRANDE GUERRA
Quattro anni e ancora non ha fine. E il torrente di sangue continua a scorrere
incontrastato.
Età di tenebre e di morte: età di inenarrabile angoscia e d’ansia senza tregua:
ogni palpito del cuore, ogni
respiro, misurato dal cadere di
innumerevoli vite, da innumerevoli mutilazioni
e martiri della carne e dello spirito, da distruzioni immense delle cose.
Notti senza sonno, affanno senza riposo, e la
vita minacciata e i beni incerti e
il cuore oppresso da innumerevoli lutti e lo spirito stravolto dal pensiero di
sofferenze
senza nome;
incapace di trovar riposo nell’arte; vergognoso
di cercare l’amore, il piacere e la voluttà; crocifisso nel suo eterno, atroce
pensiero.
Esausta ogni capacità di orrore e di lacrime.
Età di stragi immense, d’ecatombi quotidiane e sempre nuove, di distruzioni
senza nome.
Milioni di uomini in campo sul fango, nell’acqua,
nella neve. Pioggia di ferro e di fuoco sui combattenti
e sugli inermi. Città distrutte nel sonno. Soffio avvelenato su giacenti esanimi
a squadre.
A cento a cento ogni ora navi
travolte negli abissi del mare. Cimitero di
navi e di gonfi corpi mostruosi, agonie orrende
di morenti.
Città invase, urla di donne violate, supplizi
di inermi,
e la fame e il freddo e la peste.
Età di distruzioni senza nome: le memorie
della storia del mondo ridotte in polvere,
i monumenti dell’arte cancellati per sempre
206
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
dal volto della terra, e il volto stesso mutato
come da uno scoppio vulcanico.
Cieca furia distruggitrice, ferocia primitiva,
atrocità senza nome, torture e strazio di inermi e di prigionieri.
E la giovinezza falciata a squadre, e la luce
degli occhi accecata, monconi di membra,
e superstiti percossi nell’imo dell’essere
dall’indimenticabile visione di orrore.
207
RENZO RICCHI
TRILUSSA
(Roma, 1871-1950)
FRA CENT’ANNI
Da qui a cent'anni, quanno
ritroveranno ner zappà la terra
li resti de li poveri sordati
morti ammazzati in guerra,
pensate un po' che montarozzo d'ossa,
che fricandò de teschi
scapperà fòra da la terra smossa!
Saranno eroi tedeschi,
francesci, russi, ingresi,
de tutti li paesi.
O gialla o rossa o nera,
ognuno avrà difesa una bandiera;
qualunque sia la patria, o brutta o bella,
sarà morto per quella.
Ma lì sotto, però, diventeranno
tutti compagni, senza
nessuna diferenza.
Nell’occhio vôto e fonno
nun ce sarà né l’odio né l’amore
pe’ le cose der monno.
Ne la bocca scarnita
nun resterà che l’urtima risata
a la minchionatura de la vita.
E diranno fra loro: ‒ Solo adesso
ciavemo per lo meno la speranza
de godesse la pace e l’uguajanza
che cianno predicato tanto spesso!
208
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
VANN’ANTO’
(Ragusa, 1891-1960)
SUL MONTE SAN MARCO
Quello ch’ieri dormiva
nella trincea presso a me,
nello stesso cubicolo, fratellino di culla:
non risponde, ‒ ho chiamato! ‒
non risponde più;
non gli giunge il grido del mio cuore…..O, tu compagno,
mi cerchi mi preghi, anche tu, mi chiami……,
io non sento
non rispondo più!
209
RENZO RICCHI
CARLO EMILIO GADDA
(Milano, 1893-1973)
ALLA MONTAGNA SALIRE
Alla montagna salire,
Pietra su pietra
Una torre
Sulla montagna volevo levare.
Ma il vento corre
La tetra
Vallata:
Delle tempeste nei cieli
Del Settentrione
Fa radunata
E nelle forre
Le scaglia,
Contro gli steli
Di primavera.
Fanno battaglia
Le tempeste dei cieli
Sulla terra:
Si travolgono in guerra
Sulla montagna.
Strappano i dolci veli
Dell’umidore
Alla selva
Di primavera.
Corrono la campagna.
Il mio passo è vano
Nel sentiero
E l’occhio, contro la neve
Feroce, si serra.
Cade la mano. Il passo inutile deve
Aver fine. La neve
Turbina, fra la guerra
Feroce delle tempeste.
210
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
CAMILLO SBARBARO
(Santa Margherita Ligure, 1888-1967)
SPROLOQUIO D’ESTATE
Sì cara. La più bella occasione l’abbiamo mancata.
Ci fu un tempo che, colti da follia, scappammo di casa. Ci trovammo in tanti,
lassù: al fronte, si diceva.
Smemorati del domani, dimentichi di tutto, si camminava
Perché, non si sapeva. Eravamo tutti giovani e belli; e si cantava.
Com’era lieve la vita dei condannati a morte!
Ogni tanto l’amore d’una prateria ci prendeva: ad essa ci abbarbicavamo fino a
che la sua faccia implacabile si stampava in noi come un volto caro.
(Cieco, la riconoscerò a tastoni, se potrò un giorno rintracciare la mia gioventù
che vi è rimasta).
Ad ogni sorso che si beveva, ad ogni immagine che ci chiamava il sorriso,
qualcuno dentro ci avvertiva che poteva essere l’ultimo sorso, l’ultimo
sorriso… L’avvertimento d’ogni minuto dava sapore all’attimo più
insignificante… Era inevitabile che, dopo, tutto ci sarebbe sembrato sciapo.
Adesso sono un burattino che ha ancora bisogno d’un po’ d’aria. Oh, appena!
Hai mai visto l’implume che punta le scapole e si rizza ,sull’ultima unghiola,
teso nell’impazienza dell’impossibile volo? Ricade e ritenta la prova.
Quell’inutile sforzo di scapole è quanto mi rimane di vivo.
Canta! Vedi? in cambio di tutto, questa tua vocetta sfiatata mi basterebbe.
211
RENZO RICCHI
EUGENIO MONTALE
(Genova, 1896-1981)
VALMORBIA, DISCORREVAMO IL TUO FONDO
Valmorbia, discorrevano il tuo fondo
fioriti nuvoli di piante agli àsoli.
Nasceva in noi, volti dal cieco caso,
oblio del mondo.
Tacevano gli spari, nel grembo solitario
non dava suono che il Leno roco.
Sbocciava un razzo su lo stelo, fioco
lacrimava nell'aria.
Le notti chiare erano tutte un'alba
e portavano volpi alla mia grotta.
Valmorbia, un nome e ora nella scialba
memoria, terra dove non annotta.
212
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
DIEGO VALERI
(Piove di Sacco, 1887-1976)
VICENZA
Grigiori all’alba. Nella muta via
che sa di pane fresco e di rugiada
scoppia improvviso un tuono di fanfara:
il battaglione alpino se ne va…
Imposte sbatacchiate. Alle finestre,
donne in camicia tra gerani in fiore…
E un bandierone di vento e di sole
d’un tratto avvolge tutta la città…
213
RENZO RICCHI
CARLO STUPARICH
(Trieste, 1891-1961)
PRINCIPIO DI NOVEMBRE
Oggi l’aria è fresca e fine
e i monti son cupi e tersi,
poveri anni persi
in fantasie senza confine.
Qui ogni pietra ha un contorno
ogni fibra un colore,
i rami tendono intorno
una rigidità senza languore.
Foglie gialle cadute
per troppa secchezza,
segnano l’asprezza
di grandi arie mute.
Il cielo è azzurro di profondità
le cose son ferme e recise.
Passò un respiro d’eternità
in queste solitudini derise.
214
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
IMPRESSIONE
Oggi la terra fuma, e nebbia vela il leggero vestirsi della primavera. Intravvedo
la dolcezza della sua carne rosa-celeste.
Più dolce è questa prima primavera attraverso una parete diroccata.
Lo spacco m’incornicia con duri frastagli di pietra colori teneri di cose nascenti.
215
RENZO RICCHI
SERGIO SOLMI
(Rieti, 1899-1981)
RICORDI DEL 1918
La guerra vuol dire:
La guerra, nel ricordo olfattivo, vuol dire: l’odore del cuoio marcio. Quello del
sudore. L’odore dell’escremento raffermo. Quello del sangue fresco sotto il
sole, denso, dolce, un po’ nauseabondo. L’odore della putrefazione. L’odore
dell’anice nella borraccia. L’odore delle sigarette Sport trovate nella trincea
austriaca abbandonata, in pacchi semicircolari di carta marrone.
L’odore di pere arse degli apparecchi Mazzetti-Niccolai contro i gas. L’odore
di gomma del respiratore inglese. L’odore di mandorla pungente dell’iprite.
L’odore della polvere bruciata. L’odore dell’erba, annusata la faccia contro
terra, spiando la piega del terreno-riparo per il prossimo balzo.
216
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
GUILLAUME APOLLINAIRE
(Roma, 1880-1918)
LA PICCOLA AUTOMOBILE
Il 31 del mese di Agosto 1914
Partii da Deauville poco prima di mezzanotte
Nella piccola auto di Rouveyre
Col suo autista, eravamo in tre
Dicemmo addio a tutta un’epoca
Giganti furibondi si drizzavano sull’Europa
Le aquile abbandonavano il nido aspettando il sole
I pesci voraci risalivano gli abissi
I popoli accorrevano per conoscersi a fondo
I morti tremavano di paura nelle loro buie dimore
I cani abbaiavano verso laggiù dove erano le frontiere
Me ne andavo portando in me tutti quegli eserciti che si battevano
Li sentivo salire in me e distendersi le terre ove essi serpeggiavano
Con le foreste i villaggi felici del Belgio
Francorchamps con l’Eau Rouge e i pouhons
Regione attraverso la quale sempre si fanno le invasioni
Arterie ferroviarie ove quelli che andavano alla morte
Salutavano ancora una volta la vita colorata
Oceani profondi ove si muovevano i mostri
Nelle vecchie carcasse naufragate
Altezze inimmaginabili dove l’uomo combatte
Più in alto che non plani l’aquila
L’uomo vi combatte contro l’uomo
E discende a un tratto come una stella filante
Sentivo in me nuovi esseri pieni di destrezza
Costruire e anche ordinare un nuovo universo
Un mercante di inaudita opulenza e di prodigiosa statura
Disponeva una mostra straordinaria
E pastori giganteschi conducevano
Grandi greggi silenziosi che brucavano le parole
E contro i quali abbaiavano tutti i cani sulla strada.
217
RENZO RICCHI
A NIMES
(a Emile Léonard)
Io mi sono arruolato sotto il più bello dei cieli
A Nizza la Marina dal nome vittorioso
Perduto fra novecento anonimi conducenti
Io sono un carrettiere del nuovo convoglio di Nimes
L’Amore dice Resta qui Ma laggiù le granate
Sposano ardentemente e senza posa i bersagli
Attendo che la primavera comandi che le intrepide
Reclute se ne vadano verso il nord glorioso
I tre serventi seduti dondolano le fronti
Dove brillano gli occhi lucenti come i miei speroni
Un bel pomeriggio di guardia alla scuderia
Odo suonare le trombe dell’artiglieria
Ammiro l’allegria di questo distaccamento
Che va al fronte a raggiungere il nostro bel reggimento
Il territoriale si mangia una insalata
All’acciuga parlando della moglie ammalata
Quattro puntatori fissavano le bolle delle livelle
Che si muovevano come gli occhi dei cavalli
Il bravo cantante Girault ci canta dopo le nove
Una grande aria d’opera tu piangi ascoltandola
Accarezzo con la mano il cannoncino grigio
Grigio come l’acqua della Senna e penso a Parigi
Ma quel pallido ferito mi ha detto nella cantina
Lo splendore d’argento delle granate nella notte
Io mastico lentamente la mia porzione di manzo
Passeggio da solo la sera dalle cinque alle nove
Sello il mio cavallo battiamo la campagna
Ti saluto da lontano bella rosa o torre Magne.
218
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
GUERRA
Ramo centrale di combattimento
Contatto all’ascolto
Si tira nella direzione “dei rumori uditi”
I giovani della classe 1915
E quei fili di ferro elettrizzati
Non piangete dunque sugli orrori della guerra
Prima di essa non avevamo che la superficie
Della terra e dei mari
Dopo avremo gli abissi
Il sotto suolo
e lo spazio aviatorio
Padroni del timone
Dopo dopo
Prenderemo tutte le gioie
Dei vincitori che si abbandonano
Donne Giochi Officine Commercio
Industria Agricoltura Metallo
Fuoco Cristallo Velocità
Voce Sguardo Tatto a parte
E insieme nel tatto venuto da lontano
Ancora da più lontano
Dall’Aldilà di questa terra.
219
RENZO RICCHI
FESTA
(a André Rouveyre)
Fuoco d’artificio d’acciaio
Com’è affascinante questa luminaria
Artificio d’artificiere
Mischiare qualche grazia al coraggio
Due shrapnel
Scoppio rosa
Come due seni che si slacciano
Tendono insolentemente i loro capezzoli
EGLI SEPPE AMARE
Che epitaffio
Un poeta nella foresta
Guarda con indifferenza
Il revolver in sicura
Rose morire di speranza
Egli pensa alle rose di Saadi
E subito la sua testa si china
Poiché una rosa gli ha ricordato
La dolce curva di un’anca
L’aria è piena di un terribile alcool
Filtrato dalle stelle semichiuse
Le granate carezzano il molle
Profumo notturno ove riposi
Mortificazione delle rose.
220
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
LA NOTTE D’APRILE 1915
(a L.de C.-C)
Il cielo è stellato dai proiettili dei Boches
La foresta meravigliosa in cui vivo dà un ballo
La mitraglia suona un’aria a biscrome
Ma avete la parola
Eh! sì la parola fatale
Alle feritoie alle feritoie Lasciate là i picconi
Come un astro sperduto che cerca le sue stagioni
Cuore granata scoppiata fischiavi la tua romanza
E i tuoi mille soli hanno vuotato i cassoni
Che gli dèi dei miei occhi riempiono in silenzio
Noi vi amiamo o vita e noi vi provochiamo
Le granate miagolavano un amore da morire
Un amore che muore è più dolce degli altri
Il tuo soffio nuota al fiume dove il sangue si esaurirà
Le granate miagolavano
Senti cantare le nostre
Rosso amore salutato da quelli che moriranno
La primavera inzuppata la lampadina l’attacco
Piove mia anima piove ma piovono occhi morti
Ulisse quanti giorni per tornare a Itaca
Coricati sulla paglia e sogna un bel rimorso
Che puro effetto dell’arte sia afrodisiaco
Ma
organi
ai fili della paglia dove dormi
L’inno dell’avvenire è paradisiaco.
221
RENZO RICCHI
L’ADDIO DEL CAVALIERE
Ah Dio! Come è bella la guerra
Coi suoi canti i suoi lunghi ozi
Quest’anello io l’ho lucidato
Il vento si confonde ai vostri sospiri
Addio! Ecco il buttasella
Egli disparve ad una curva
E morì laggiù mentre lei
Rideva al destino sorprendente.
222
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
RAZZO
Il ricciolo dei capelli neri della tua nuca è il mio tesoro
Il mio pensiero ti raggiunge e il tuo lo incrocia
I tuoi seni sono i soli proiettili che amo
Il tuo ricordo è il riflettore che ci serve a puntare di notte
Vedendo la larga groppa del mio cavallo ho pensato
alle tue anche
Ecco i fantaccini che se ne vanno in retrovia leggendo
il giornale
Il cane del portaferiti torna con una pipa in bocca
Un barbagianni ali fulve occhi lividi bocca di gattino e zampe di gatto
Un topolino verde fila fra il muschio
Il riso è bruciato nella marmitta da campo
Ciò vuol dire che bisogna fare attenzione a tante cose
Il megafono grida
Allungate il tiro
Allungate il tiro amore delle vostre batterie
Bilancia delle batterie pesanti cimbali
Che agitano i cherubini pazzi d’amore
In onore del Dio degli Eserciti
Un albero nudo su una collina
Il rumore dei traini che si arrampicano nella valle
O vecchio mondo del XIX secolo pieno di ciminiere così belle e pure
Virilità del secolo in cui siamo
O cannoni
Bossoli fragorosi dei 75
Suonate a festa piamente.
223
RENZO RICCHI
DESIDERIO
Il mio desiderio è la regione che mi è davanti
Oltre le linee boches
Il mio desiderio è anche dietro di me
Dopo la zona delle armate
Il mio desiderio è la collinetta di Mesnil
Il mio desiderio è là dove tiro
Del mio desiderio che è oltre la zona delle armate
Oggi non ne parlo ma ci penso
Collinetta di Mesnil io t’immagino invano
Reticolati mitraglie nemici troppo sicuri di sé
Troppo affondati sotto terra già seppelliti
Ca ta clac dei colpi che muoiono allontanandosi
E vegliandovi tardi nella notte
La Decauville che tossicchia
La lamiera ondulata sotto la pioggia
E sotto la pioggia la mia celata
Odi la terra veemente
Vedi i lampi prima di udire i colpi
E una granata fischiare la follia
O il tac tac tac monotono e breve pieno di disgusto
Io desidero
Stringerti nella mano Main de Massiges
Così scarnificata sulla carta
Il camminamento Goethe su cui ho tirato
Ho tirato anche sul camminamento Nietzsche
Decisamente non rispetto alcuna gloria
Notte violenta e violetta e scura e a tratti piena d’oro
Notte degli uomini soltanto
Notte del 24 settembre
Domani l’assalto
Notte violenta o notte dallo spaventoso grido profondo
che si faceva più intenso di minuto in minuto
224
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
Notte che urlava come una donna che partorisce
Notte degli uomini soltanto.
225
RENZO RICCHI
ESERCIZIO
Verso un villaggio di retrovia
Se ne andavano quattro bombardieri
Essi erano coperti di polvere
Dalla testa fino ai piedi
Essi guardavano la gran pianura
Parlando fra loro del passato
E guardavano indietro appena
Se una granata aveva tossito
Tutti e quattro della classe sedici
Parlavano di passato non d’avvenire
Così si prolungava l’ascesi
Che li esercitava a morire.
226
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
CARTOLINA POSTALE
Ti scrivo da sotto la tenda
Mentre questo giorno d’estate muore
Dove fioritura abbagliante
Nel cielo appena azzurrato
Una cannonata lampeggiante
Sfiorisce prima di essere stata.
227
RENZO RICCHI
C’E’
C’è una nave che ha portato via la mia beneamata
Ci sono nel cielo sei palloni frenati e quando viene la notte
si direbbero le larve da cui potranno nascere le stelle
C’è un sottomarino nemico che voleva male al mio amore
Ci sono mille piccoli abeti spezzati dalle schegge di granate attorno a me
C’è un fantaccino che passa accecato dai gas asfissianti
C’è che noi abbiamo spaccato tutto nei camminamenti
di Nietzsche di Goethe e di Colonia
C’è che peno dietro una lettera che ritarda
Ci sono nel mio portacarte parecchie foto del mio amore
Ci sono i prigionieri che passano con facce preoccupate
C’è una batteria coi serventi che si agitano attorno ai pezzi
C’è il furiere che arriva al trotto dal sentiero dell’albero isolato
C’è si dice una spia che gironzola di qui invisibile come l’orizzonte
di cui si è indegnamente rivestita e col quale si confonde
C’è diritto come un giglio il busto del mio amore
C’è un capitano che attende con ansia le comunicazioni della T S F
sull’Atlantico
Ci sono a mezzanotte dei soldati che segano assi per le bare
Ci sono delle donne che domandano mais a gran voce
davanti a un Cristo sanguinante al Messico
C’è la Corrente del Golfo che è così tiepida e benefica
C’è un cimitero pieno di croci a 5 chilometri
Ci sono croci dappertutto di qua e di là
Ci sono fichi di barberia su quei cactus in Algeria
Ci sono le lunghe mani sottili del mio amore
C’è un calamaio che avevo fatto con un razzo da 15 centimetri
che non è partito
C’è la mia sella esposta alla pioggia
Ci sono i fiumi che non risalgono il loro corso
C’è l’amore che mi trasporta con dolcezza
C’è un prigioniero che portava la sua mitragliatrice sulla schiena
Ci sono uomini nel mondo che non hanno mai fatto la guerra
Ci sono degli Indù che guardano stupiti le campagne occidentali
Essi pensano con melanconia a quelli di cui si chiedono se li rivedranno
Poiché si è spinta molto lontano durante questa guerra
l’arte della invisibilità.
228
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
LA BELLA ROSSA
Eccomi davanti a tutti uomo pieno di senno
Che conosce la vita e della morte quello che un vivo può conoscere
Che ha provato le gioie e i dolori d’amore
Che talora ha saputo imporre le proprie idee
Che conosce numerose lingue
Che ha viaggiato non poco
Che ha visto la guerra nell’Artiglieria e in Fanteria
Ferito alla testa e trapanato sotto il cloroformio
Che ha perduto gli amici migliori nell’orribile lotta
Io so dell’antico e del nuovo quanto un sol uomo potrebbe dei due conoscere
E senza inquietarmi oggi di questa guerra
Fra noi e per noi amici miei
Io giudico la lunga disputa della tradizione e dell’invenzione
DEll’Ordine e dell’Avventura
Voi la cui bocca è fatta a immagine di quella di Dio
Bocca che è l’ordine stesso
Siate indulgenti quando ci confrontate
A quelli che furono la perfezione dell’ordine
Noi che cerchiamo dovunque l’avventura
Noi non siano i vostri nemici
Noi vogliamo aprirvi vasti e strani domini
Dove il mistero in fiore si offre a chi voglia coglierlo
Là vi sono fuochi nuovi colori mai visti
Mille fantasmi imponderabili
Ai quali si deve dare realtà
Noi vogliamo esplorare la bontà contrada immensa ove tutto tace
Vi è pure il tempo che si può cacciare o far tornare
Pietà per noi che combattiamo sempre alle frontiere
Dell’illimite e dell’avvenire
Pietà per i nostri errori pietà per i nostri peccati
Ecco l’estate irrompe la stagione violenta
E la mia giovinezza è morta come la primavera
O Sole è il tempo della Ragione ardente
E io aspetto
Per seguirla sempre la forma nobile e dolce
Ch’essa prende perché l’ami io isolatamente
Viene e mi attira come il ferro la calamita
229
RENZO RICCHI
Essa ha l’aspetto affascinante
Di una adorabile rossa
I suoi capelli sono d’oro si direbbe
Un bel lampo che durasse
O quelle fiamme che si pavoneggiano
Nelle rose tea che avvizziscono
Ma ridete ridete di me
Uomini d’ogni terra soprattutto gente di qui
Perché vi sono tante cose che io non oso dirvi
Tante cose che voi non mi lascereste dire
Abbiate pietà di me.
(Traduzione di Mario Pasi)
230
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
JOHN McCRAE
(Guelph, Canada, 1872-1918)
IN FLANDERS FIELDS
In Flanders fields the poppies blow
Between the crosses, row on row,
That mark our place, and in the sky,
The larks, still bravely singing, fly,
Scarce heard amid the guns below.
We are the dead; short days ago
We lived, felt dawn, saw sunset glow,
Loved and were loved, and now we lie
In Flanders fields.
Take up our quarrel with the foe!
To you from failing hands we throw
The torch; be yours to hold it high!
If ye break faith with us who die
We shall not sleep, though poppies grow
In Flanders fields.
231
RENZO RICCHI
WILFRED OWEN
(Oswestry , England, 1893-1918)
DULCE ET DECORUM EST
Bent double, like old beggars under sacks,
Knock-kneed, coughing like hags, we cursed through sludge,
Till on the haunting flares we turned our backs
And towards our distant rest began to trudge.
Men marched asleep. Many had lost their boots
But limped on, blood-shod. All went lame; all blind;
Drunk with fatigue; deaf even to the hoots
Of tired, outstripped
Five-Nines that dropped behind.
Gas! Gas! Quick, boys! – An ecstasy of fumbling,
Fitting the clumsy helmets just in time;
But someone still was yelling out and stumbling,
And flound'ring like a man in fire or lime . . .
Dim, through the misty panes and thick green light,
As under a green sea, I saw him drowning.
In all my dreams, before my helpless sight,
He plunges at me, guttering, choking, drowning.
If in some smothering dreams you too could pace
Behind the wagon that we flung him in,
And watch the white eyes writhing in his face,
His hanging face, like a devil's sick of sin;
If you could hear, at every jolt, the blood
Come gargling from the froth-corrupted lungs,
Obscene as cancer, bitter as the cud
Of vile, incurable sores on innocent tongues,
My friend, you would not tell with such high zest
To children ardent for some desperate glory,
The old Lie; Dulce et Decorum est
Pro patria mori.
232
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
CHARLES HAMILTON SORLEY
(Aberdeen, Scotland, 1895-1915)
TO GERMANY
You are blind like us. Your hurt no man designed,
And no man claimed the conquest of your land.
But gropers both through fields of thought confined
We stumble and we do not understand.
You only saw your future bigly planned,
And we, the tapering paths of our own mind,
And in each others dearest ways we stand,
And hiss and hate. And the blind fight the blind.
When it is peace, then we may view again
With new won eyes each other's truer form
And wonder. Grown more loving kind and warm
We'll grasp firm hands and laugh at the old pain,
When it is peace. But until peace, the storm,
The darkness and the thunder and the rain.
233
RENZO RICCHI
A. E. HOUSMAN
(Bromsgrove, England, 1859-1936)
HERE DEAD WE LIE
Here dead we lie
Because we did not choose
To live and shame the land
From which we sprung.
Life, to be sure,
Is nothing much to lose,
But young men think it is,
And we were young.
234
POETI IN GUERRA
MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE
CHARLOTTE MEW
(London, 1869-1928)
JUNE, 1915
Who thinks of June's first rose today?
Only some child, perhaps, with shining eyes and
rough bright hair will reach it down.
In a green sunny lane, to us almost as far away
As are the fearless stars from these veiled lamps of town.
What's little June to a great broken world with eyes gone dim
From too much looking on the face of grief, the face of dread?
Or what's the broken world to June and him
Of the small eager hand, the shining eyes, the rough bright head?
235
RENZO RICCHI
I ND ICE
Corrado Govoni 160-170, Guerra!
Umberto Saba 171-174, Congedo, Addio ai compagni, Sognavo, al suol
prostrato
Ugo Betti 175-176, Canzonetta
Giovanni Papini 177-178, Quarta poesia
Ardengo Soffici 179-180, Sul Kobilek, Ospedale da campo 026
Piero Jahier 181-184, Dichiarazione, Prima marcia alpina, Domanda
angosciosa che torna
Corrado Alvaro 185-188, Il contadino soldato, A un compagno
Giuseppe Ungaretti 189-193, Soldati, Veglia, Italia, Sono una creatura,
Soldato
Fausto Maria Martini 194-195, Perché non t’uccisi
Giuseppe Bottai 196, Benda
Clemente Rebora 197-198, Viatico, Senza fanfara
Massimo Bontempelli 199-203, L’ubriaco: 3, Geometria, L’ubriaco: 6, Pace,
L’ubriaco: 9, Voluttà, L’ubriaco: 11, Grottesco, L’ubriaco: 15, Vita
Guido Gozzano 204-205, La messaggera senza ulivo
Enrico Thovez 206-207, Nella grande guerra
Trilussa 208, Fra cent’anni
Vann’Anto’ 209, Sul monte San Marco
Carlo Emilio Gadda 210, Alla montagna salire
Camillo Sbarbaro 211, Sproloquo d’estate
Eugenio Montale 212, Valmorbia, discutevamo il tuo fondo
Diego Valeri 213, Vicenza
Carlo Stuparich 214-215, Principio di novembre, Impressione
Sergio Solmi 216 , Ricordi del 1918
Guillaume Apollinaire 217-230, La piccola automobile, A Nimes, Guerra,
Festa, La notte d’aprile 1915, L’addio del cavaliere, Razzo, Desiderio,
Esercizio, Cartolina postale, C’è, La bella rossa
John McCrae 231, In Flanders Fields
Wilfred Owen 232, Dulce et Decorum Est
Charles Hamilton Sorley 233, To Germany
A.E. Housman 234, Here Dead We Lie
Charlotte Mew 235, June, 1915
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