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Anno XXXIV, n. 2 RIVISTA DI STUDI ITALIANI Agosto 2016 CONTRIBUTI POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SUL PRIMO CONFLITTO MONDIALE RENZO RICCHI Firenze P er mandare le persone a uccidere e a farsi ammazzare occorre una vera e propria “educazione”. Un’educazione che si attua con un’abile propaganda ai fini di motivare ai combattimenti. Perchè ci vuole un ampio consenso popolare. E questo si persegue grazie alla collaborazione di intellettuali e giornalisti che lancino appelli a favore delle “nostre” ragioni e contro quelle dei “nemici”. Insomma, si deve diffondere una vera e propria “ideologia di guerra”. È sempre stato così; e così fu anche alla vigilia della prima Guerra mondiale. Intendiamoci, il clima europeo era adatto, la crisi era generale. Per strano che possa apparire, all’alba del secolo scorso molti intellettuali, poeti e artisti – a dimostrazione del loro disagio, del loro malessere profondo – si suicidarono. Nel 1903 si tolse la vita il filosofo austriaco Otto Weininger: aveva 23 anni e aveva appena pubblicato un libro di successo, Sesso e carattere; nel 1910 lo imitò Carlo Michelstaedter, anch’egli ventitreenne, poeta e filosofo, lo stesso giorno in cui aveva terminato la sua tesi di laurea sul tema La persuasione e la rettorica (destinata anch’essa al successo editoriale); nel 1914, al fronte si uccideva il poeta George Trakl, ventisettenne. E così via. Fatto si è che, tra il 1914 e il 1915, il governo italiano utilizzò tutti i canali disponibili per la sua “ideologia di guerra”. Giornali, circoli intellettuali e studenti svolsero un ruolo fondamentale. La Grande Guerra, in quei mesi, animò le discussioni nelle piazze, sulla stampa e nelle università. Le avanguardie intellettuali vociane e lacerbiane erano diventate tutte interventiste; idem i futuristi che sfoggiavano lo slogan “Guerra sola igiene del mondo”. E fu così che le trincee ingoiarono una generazione in una lenta, sofferta strage. Scipio Slataper muore sul Podgora nel 1815 a 27 anni, Renato Serra fu abbattuto negli stessi luoghi e lo stesso anno Carlo Stuparich si uccide per non cadere nelle mani del nemico. La lista sarebbe lunga: nel conflitto caddero ben 26 scrittori italiani in erba, di cui 13 volontari; 18 decorati con medaglie al valore, tre con medaglia d’oro. La retorica letteraria (D’Annunzio in testa) era cominciata con l’intervento italiano in Libia. Ovunque si evocava un immaginario di guerra che alludeva 157 RENZO RICCHI con entusiasmo a grandi speranze. Per Marinetti la guerra era quasi una festa. “Le costellazioni – scrive – sono dei piani-abbozzi di bombardamenti notturni, le forme aggressive delle alte montagne hanno oggi ragion d’essere, tutte rivestite dalle fitte traiettorie, dai sibili e dai rombi delle cannonate. (…) La guerra dà la sua vera bellezza alle montagne, ai fiumi, ai boschi. (…) Le vallate non hanno altro scopo che quello di megafonare al cielo le cannonate”. Agli inizi, insomma, si cerca di far passare la guerra come un grandioso spettacolo che avvince quanto fa inorridire. Addirittura Comisso, in Giorni di guerra, vede il conflitto come una vacanza, un’avventura, uno spettacolo che autorizza a vivere fuori delle regole della vita civile. D’Annunzio sfodera la retorica della guerra come cerimonia mistica del “bagno di sangue”. Chi non va in guerra – scrive persino Umberto Saba – è una femminuccia! Questo clima eroico, patriottico, esagitato o per altri versi idilliaco, dura poco, diciamo fino a quando l’Isonzo comincia a tingersi del sangue di questi giovani idealisti. Le migliaia di ragazzi andati al fronte come per un gioco cominciano ben presto ad avere una percezione realistica della guerra. Comincia anche, in loro, il turbamento della vegetazione deformata, straziata, violentata dalla guerra, cioè della morte impressa anche nel paesaggio. Sbarbaro, che aveva inneggiato al paesaggio d’alta montagna definendolo “freschezza e innocenza della vegetazione”, capisce che non è vero che le drammatiche vicende umane dileguano di fronte alla forza del paesaggio. Insomma ben presto nel corso della guerra l’atteggiamento dei giovani al fronte muta, diventano più riflessivi, cominciano a scrivere delle loro paure dei combattimenti, i ricoveri negli ospedali diventano addirittura momenti di raccoglimento interiore. Le illusioni d’anteguerra sfumano, non c’è più tempo per le chiacchiere patriottiche, ormai la guerra, come dice Rèbora, è “senza fanfare”, l’idea che il militarismo potesse mettere ordine nella società e negli individui è saltata e s’inizia persino a pensare al “dopo”. Ci si comincia tra l’altro ad accorgere che la moderna guerra tecnologica non si limita più al “teatro di guerra” (cioè alla zona delle operazioni) ma coinvolge tutte le popolazioni dei paesi belligeranti (il cosiddetto “fronte interno”). Tutti hanno al fronte un padre, un marito, un figlio, un fratello, un fidanzato. Ormai queste migliaia di giovani (ne moriranno 600 mila) sanno d’essere in balia di una tragedia. La terribile “guerra di posizione” nelle trincee piene di morti, di fango, di topi, ha preso il posto della retorica ottimistica su una guerra goliardica che doveva durare “poco”. Insomma, la guerra diventa quello che è, un lutto, e infatti alla fine l’intera Europa si ritrovò mutilata perché milioni di giovani non c’erano più. Scriverà, più tardi, Giuseppe Ungaretti: “Ero in presenza della morte, in presenza della natura, di una natura che imparavo a conoscere in modo nuovo, in modo terribile (…) ero un uomo che non voleva altro per sé se non i rapporti con l’assoluto (…) che era rappresentato da quella tragedia che portava l’uomo a incontrarsi col massacro. Nella mia poesia non c’è traccia d’odio per il nemico, né per nessuno: c’è la 158 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE presa di coscienza della condizione umana, della fraternità degli uomini nella sofferenza, dell’estrema precarietà della loro condizione”. Leggendo le poesie che ho scelto, incluse alcune di poeti non italiani, si avverte il diverso stato d’animo che col passare dei mesi e degli anni s’impadronisce dei protagonisti e che passa dall’inneggiare alla guerra come momento di patriottismo e di “virilità” al turbamento, alla sofferenza, al dolore, alla paura della morte non più idealizzata e sublimata dall’eroismo, fino alla coscienza di essere vittime dell’incapacità delle classi dirigenti europee di dialogare. Non a caso questa micro-antologia si apre con una lunga, bellissima, drammatica poesia di Corrado Govoni che è una durissima requisitoria contro le guerre che da una parte esprimono tutta la loro disumanità e la loro ipocrisia a scapito dei ceti sociali più deboli, dall’altra sono una spinta alla decadenza morale e all’arbitrio dell’uomo sull’uomo; e che alla fine diventa un durissimo attacco al potere. Non c’è mai una parola di odio o di risentimento, in queste poesie, verso il cosiddetto “nemico”; al contrario, c’è l’aspirazione a una “fraternità umana nella sofferenza” ben detta da Ungaretti ma anche da Trilussa, secondo cui i morti di tutte le nazioni “ora sono tutti fratelli e si godono la pace e l’uguaglianza”. Troviamo questo sentimento di fondo nei poeti italiani ma anche in quelli stranieri: Apollinaire sente la guerra come un mostro che gli ha scombussolato la vita e alla fine gli lascerà una vera e grave ferita fisica (fu colpito alla testa da una scheggia e operato al cervello); il canadese John McCrae si appella a una specie di “tribunale del mondo” al quale chiede di non dimenticare mai più il lamento delle vittime altrimenti non potranno riposare in pace; l’inglese Wilfred Owen ‒ ricordando il caso di un compagno che muore dopo mille tormenti causatigli dal gas asfissiante che lo aveva colpito ‒ grida che non è giusto morire innocenti, vittime della retorica bellicista della patria; lo scozzese Charles Hamilton Sorley si spinge fino a vedere nel calvario della guerra una delle tante manifestazioni del Male che affligge l’umanità; l’inglese A. E. Housman sottilinea l’orrore della “ragion di stato” che induge ad andare a conbattere per “salvare l’onore”; l’inglese Charlotte Mew pensa con tristezza ai tanti giovani che non ci sono più e al lutto che hanno lasciato in eredità ai posteri quasi a porre fine a ogni futura primavera. 159 RENZO RICCHI CORRADO GOVONI (Ferrara, 1884-1965) GUERRA! Guerra! – una voce d’abisso urlò. E la parola divina e tremenda passò rossa e devastatrice sopra il mondo celere come una fiamma che in un attimo solo brucia e divora una bandiera; lo sconvolse da cima a fondo come un colpo di vento in un momento solleva il mar furiosamente con tutte le sue fecce e le sue schiume. E gli uomini si sentirono uomini finalmente, plasmati d’odio e ferocia assetati di sangue e di vendetta solo vestiti dei loro istinti belluini: perdutamente avvelenati di coraggio e d’eroismo passarono bellissimi cantando sopra il selciato dei cuori materni verso la strage e la morte. Bella è la guerra! E’ bello seminare coi fucili questa vecchia carcasse della terra, arare coi cannoni gli smisurati campi delle nazioni e vedere brillare contro il sole il frumento crudele delle spade. Viva la guerra! Le nostre falciatrici son le mitragliatrici, i nuovi carri della vendemmia sono i carri crociati delle ambulanze che raccolgono amari frutti nei poderi devastati. Poveri contadini semivivi, non mai sognaste un fuoco così bello per sgranchirvi le membra intirizzite. Venite dunque a scaldarvi 160 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE all’allegra fiammata dei villaggi nativi! Viva la guerra! Il disordine è l’ordine, si costruisce la distruzione, si comanda la morte. Ecco il soqquadro la profanazione penetraron nel luogo santo. Sono cadute le campane come il grappolo spiccato dal monello goloso con un sasso. Ora posson servire da marmitte e le corde a tirare i carriaggi. Bevono i barbari cavalli scuotendo le lunghissime criniere nelle pile dell’acqua benedetta, i soldati montan la sentinella nei confessionali, mentre banchettan gli ufficiali coi sacri lini nella sagrestia rischiarati dai candelieri e dalle lampade votive. Per condir l’insalata s’adopran le ampolline. Come una gran girandola colorata è scoppiato il rosone sopra le pietre della chiesa. I quadri delle martiri fanno da paravento o da parafuoco. Le ostie son sparse lungo il pavimento come una neve circolare come i petali d’un fiore sbocciato miracolosamente e improvvisamente sfiorito dal rugginoso albero centenario d’un candeliere. Fuori è l’altare improvvisato, la messa celebrata al suono del cannone, con la tovaglia macchiata di sangue ed i fiori campestri dentro le bombe esplose. Serve un chierico grande 161 RENZO RICCHI vestito da soldato. Con alla cintola la rivoltella il sacerdote fa la comunione nella gamella. E tutti i crocefissi smaniosi di rimorire per l’umanità si son staccati dai chiodi delle croci son lì agonizzanti nel sublime nuovo martirio sopra i mucchi di paglia sullo strame umido infetto, con la fronte lorda e bendata con ferite orrende con squarci mostruosi nel costato intirizziti scalzi sul cuscino dello zaino malcoperti dei cenci della soldataglia vegliati e curati dalla neve amorosa delle suore fuggite dai conventi all’annuncio del nuovo miracolo. Per la campagna urla col vento un inverno infinito e lugubre di corvi, e in ogni casolare una madonna in gramaglie beve le sue tristi lagrime muta su lo spento focolare. Viva la guerra! Vanno alla carica le truppe al suono di lunghe trombe d’argento guidate dalle fiamme delle bandiere mentre piomban dal cielo improvvisi angeli folgoratori ad ali aperte a parteggiare per i combattenti come nei quadri di battaglie antiche. Là in fondo nella nebbia una fila interminabile di becchini si scavan la fossa con le proprie mani si preparano a morire con la croce omicida del fucile a lato. Tutto il mondo non è più che un lungo cimitero di trincee. I pastori veglianti sopra i monti vedono splender nella notte 162 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE immensi fuochi come di bivacchi di vaste migrazioni primordiali: sono i villaggi che s’incendiano le città che ardono. E tutta la pianura è cosparsa di morti; sembran tutti, bocconi, ascoltare la terra. Quest’anno il lutto corvo sarà di gran moda. Si prendono d’assalto persino i cimiteri (bisogna diffidare anche dei morti) trasformati in fortezze. Son vuotate le tombe, le bare servon da ripari le fosse da trincea. Si fucilano i cadaveri si spara sopra la putredine. I vivi hanno preso il posto dei sepolti, se muovo non avranno bisogno d’esser sotterrati, san già d’avere il proprio monumento. Tutte le astuzie sono messe in gioco tutti gli agguati più micidiali sono tesi senza tremare. Scoppia il terreno abbandonato sotto i piedi degli invasori; s’improvvisa un funerale: nella cassa del morto sono nascosti i fucili e le bombe; arrivan dei soldati in soccorso d’un drappello pericolante con la banda in testa a bandiere spiegate: sono nemici travestiti con le uniformi degli uccisi. Si insteccano cadaveri si legano a cavallo e si mandano avanti in un paese che si vuol occupare. Mentre la paura ha più occhi d’un ragno più gambe d’una scolopendra, si rifugia nelle case vicine 163 RENZO RICCHI si rintana nelle cantine. Passa, passa, benedetto flagello, rovina devasta sconquassa, lascia sul tuo passaggio solo cenere e sangue; semina i cadaveri sul tuo cammino, calpesta i deboli traccheggia i forti; lasciati dietro solo urli e lagrime. Non esiste la patria, solo una patria esiste: quella dell’odio, solo l’istinto selvaggio è il nostro padrone, la bruta forza dei sensi. Non è l’amore della famiglia della giustizia della civiltà che ci spinge all’eccidio ed al massacro alla distruzione ma il nostro oscuro istinto di conquista e di rapina e di stupenda ribellione contro tutte le false leggi della società, stato religione: menzogne menzogne, maschere maschere; perché solo la voracità l’insaziabilità sono le vere forze vive della creazione della vita. Saccheggia, stupra, ammazza, massacra, stupra, incendia, rovina, devasta, sconquassa, strazia! Che m’importa se il Belgio è diventato il cimitero delle nazioni? Oh il suo imbecille: - Di qui non si passa! – Ma passate, passate, perdio, purchè non roviniate il mio! Ma l’onore? Io non ci credo, vi dico che l’onore non si mangia; voi, uomini, l’onore, voi l’avete nel portafogli! Oh una Lovanio tutti i giorni per frutta delle mie colazioni! Ma non amate le rovine e i ruderi più delle belle cose intatte? Pompei e Roma? 164 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE Oh quanto, poi, avrete da commuovervi! Quella povera cattedrale di Reims! La chiocciola che strisciava per i sentieri del mio orto con le torri allungabili delle sue corna era per me assai più interessante. Più del suo rosone immenso Per me valeva il ragnatelo costellato di rugiada che vedevo brillare al mattino sulla siepe del mio giardino. Oh che m’importa che m’importa se tanti campi floridi son devastati! I miei campi non erano più belli? Uomini ipocriti, non piangete per poche centinaia di case distrutte! Non son le vostre case fatte con il fango? Ce n’è tanto del fango in tutto il mondo! Viva la guerra! Uomini, son finiti i vostri falsi pregiudizi tutti i vostri mostruosi edifizi di menzogne convenzionali di stupide codificate superstizioni di costrizioni contro natura, sono crollati come un castel di carte al rader d’ali d’una mosca. È la guerra! è la guerra! È buono il vino, ma il sangue è migliore: la sua sola vista dà l’ebbrezza. La corona è sul capo dei re come una putrida ghirlanda sopra la tomba della lor potenza. Scanna, saccheggia, devasta! Povero paria digiuno di tutto che te ne andavi per il mondo solo vestito delle tue voglie, guardato con ribrezzo dai signori ed in cagnesco dai tuoi simili che t’invidiavan forse se tu avevi un pidocchio di meno uno strappo di meno nei tuoi cenci; 165 RENZO RICCHI vedi, è venuta la tua ora, il giorno della tua festa. L’uniforme che indossi, il cavallo che inforchi (è bello eh un cavallo!), il fucile che maneggi il cannone che dirigi ecco d’un colpo ti hanno fatto il padrone di tutto l’universo. Puoi compiere tutte le vendette, soddisfare ogni tua cupidigia. Nessuno ti farà nessuna proibizione. Se non vuoi entrare in una chiesa a fracassar col calcio del fucile il ceffo muffito di qualche crocefisso, nessuno griderà: ‒ Sacrilego! Nessuno ti metterà in prigione. Puoi sfondare se ti aggrada una porta con una tua spallata, salir le scale coi tappeti senza pulirti dal fango le scarpe, scannare i servitori pieni di bottoni più dei soldati, impiccare il proprietario e prenderti la sua bella figlia e godertela a sazietà tutta ignuda sul suo letto, calda e tremante come l’uccellino che si tien prigioniero nella palma; dopo, se ciò ti fa piacere, la puoi sgozzare e gettare come uno straccio giù nel cortile che i suoi cani le lecchino il suo sangue blu. Puoi riempirti le tasche di gioielli e regalarli tutti per un bacio come un prodigo milionario alla prima fanciulla scalza che incontri per la via. Ricordati: puoi far quello che vuoi. Bevi lo champagne, 166 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE prendilo nelle più ricche cantine senza che nessuno ti dica che sei un ladro; se incontri un viandante qualunque spaccagli il cranio se te ne viene il capriccio, ti sarà data una medaglia; incendia una casa non sarai un incendiario ma un eroe. Che importa se domani se fra poco morrai? Oggi sei sano e vivo. Quando si è morti, per tutti è lo stesso esser vissuti novant’anni o un anno. Sgozza, fracassa, trucida! Spara, artigliere, spara senza posa. Ti darò io la mira giusta. Vedi laggiù? Quella è la casa d’un prete: questa parola vuol dire soltanto fango sozzura ipocrisia. Spara e scompaia tutto in un cumulo di rottami il suo bazar di cristi e di madonne, s’impasti in una sporca marmellata con la sua acqua benedetta che non è neanche buona per lavarsi il viso. Là, presto, presto prima che mi scappi, guarda che bel palazzo! Mi par di conoscerlo: è la casa di un usuraio. Perché esiti, perdio? Perché è così bella? Forse ti dispiace di distruggerla? Avevo anch’io la mia casa… Dammi, sparerò io! Se tu sapessi quante volte mi strinse nell’infame sua rete assicurandomi che mi faceva sol del bene… Ah questa parola come l’ho ancora qui come una macina sopra lo stomaco! Ma sai avevo l’acqua alla gola… 167 RENZO RICCHI Guarda, davvero è splendida, e che mobili dentro, che lusso! E sua figlia s’è bella… Lui è il rospo ed essa l’usignolo, lui è lo sterpo lei la rosa, lui il fango lei la stella. Aspetta, aspetta; lui non deve non morire, sì tutti i suoi, la sua roba; lui ha da rimanere vivo, gli devo esser riconoscente… Ecco il colpo è partito rinculato il cannone come per una scossa violenta di terremoto in un rombo e una gran vampata rossa. Il fumo si dirada. Col cannocchiale come con un filo magico e diabolico tiro la casa ai miei piedi per esaminarla. Il tetto è sfondato, sgrottati i muri, in rovescio i pavimenti uomini e donne sono sepolti sotto i calcinacci pestati maciullati tritati. Gli specchi sono in frantumi, ridono ridono miriardano i pezzetti in rovina. I pianoforti, questi feretri d’ebano di larve cantanti in lunghe vaporose tuniche di sogni di fiori, miseramente infranti come scheletri fracassati di cui son sparsi per i pavimenti ossami fradici e macabri denti. Contorti i letti macchiati di sangue le scale sgranate le porte sfondate e sulla soglia, orrore! Lei, la bella fanciulla sua figlia 168 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE nella sua veste vainiglia che rode il fuoco a poco a poco, sfracellata, simile a un calpestato fiore. Avanti! Avanti! Spara prima che scappino! Vedi: là in quella via è una banca la fortezza avara dell’oro, spara perdio: si bruci tutta quella carta unta e sporca coi suoi re trasparenti come spettri per cui delira tutto il mondo. Guarda che schifosi calvi ragni allungano le mani dalle buche agli sportelli a rapire a predare assicurati dalle inferriate e dai cancelli! Là è il tribunale: giù una bomba come un’assoluzione generale. Le vedi le carceri orribili sbarrate? Spara, ma mira giusto: devi colpir solo la porta. Più in là è la sede del governo degli avvocati degli imbroglioni dei frodatori dei ministri vecchi imbecilli e frolli con le lor leggi trappole attorno al loro re bevi-sangue, cretino, grande collezionista di francobolli. Giù un diluvio di granate a spazzar via tutto quell’untume a mandar via tutto quel sudiciume. E laggiù lontano, vedi, sta il papa che guarda il mondo senza veder nulla dalle sue undicimila stanze e si proclama troppo spesso Iddio in terra mentre anche lui va al cesso. Aspetta, aspetta, impostore, te la darò io la benedizione del Signore! Più in là che bella grassa fattoria! Presto una bomba incendiaria… Ah! Ti commuove la sorte di quei poveri innocenti bambini 169 RENZO RICCHI che resteranno senza più nulla? Anche i miei bambini… Forse non sono come quelli degli altri? Manda una bomba anche in quel cimitero se non altro per smentire la pace decantata sulle lapidi. Tira in quel vecchio monastero un proiettile come un sasso lanciato in una colombaia. Quelle pallide donne velate che tutto il giorno bacian voluttuosamente i freddi piedi inchiodati ai crocefissi da cui forse la notte sognan delirando d’essere rese madri, saranno scosse nella loro stupida fede; penseranno anch’esse che il vero Dio è l’uomo quando vuole. Incendiate, incendiate, date fuoco alla terra che diventi un sole. Devasta sconquassa distruggi, passa, passa, o bellissimo flagello umano, sii peste terremoto ed uragano. Fa che una primavera rossa di sangue e di martirio sorga da questa vecchia terra, e che la vita sia come una fiamma. Viva la guerra! 170 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE UMBERTO SABA (Trieste, 1883-1957) CONGEDO Poi che il soldato che non parte in guerra è femmina che invecchia senz'amore: e c'é un binomio, che nel mesto cuore uno squillo ancor dà: Trento e Trieste: poi che la vita e' un male, e son moleste, dopo la prima giovinezza, l'ore: ma chi soldato fra i soldati muore, resta giovane sempre sulla terra: non so io se avverarsi ancor non possa quel sogno caro a me fin da bambino! ammiraglio non più, ma fantaccino, abbia, in ordine sparso, abbia a sparare, contro un bersaglio, che di carne e d'ossa, sappia un colpo ricevere, uno dare. 171 RENZO RICCHI ADDIO AI COMPAGNI Voi quasi m’odiavate, ed io v’amavo, cari compagni. Un soldato, lo so, non sono bravo come voi, io da voi troppo diverso, troppo fuori dei ranghi. M’odiavate per questo, ed io v’amavo quali siete; uno solo siete in tanti. Così oggi, alla sveglia, a veder vuota la camerata; pensando voi verso la meta ignota, (che dove fosse solo Iddio sapeva, Iddio e il Maggiore); si, lo confesso, nel mio vecchio cuore, uso ad ogni saluto, ad ogni sgombro, ebbi quasi un dolore. Anch’io parto, domani. Troverò dov’io giunga altro più nulla che voi; del Carso dentro l’aspre forte, ove son morti di Trieste in vista, non la chiese, e dà il sangue alla conquista il buon guerriero che la guerra abborre. Là un ugual grigio verde, uguali faccie, ed il cannone, mi darà l’oblio d’altro assai, torrà in me le vostre tracce. Oggi ancora, ai fanciulli appena grati, ed al vecchio che incontro le si affanna, porgo la mia pagnotta, la più bella. Addio cucine, dove non mai stanchi aspettavano un osso i miei soldati, con occhi luccicanti; quel gran ragù, cui vigilava — oh Dio! — con baionetta in canna, la sentinella. Ma ch’io viva, ch’io giunga alla più stanca vecchiezza, o in tanti morti un morto io sia, Picco, di te non mi potrò scordare; scorda forse chi amò l’anima mia? Eri un uomo, il più degno eri d’affetto, tu così lungo, così magro e nero, che mettevi paura — oh, ma davvero! — al fanciulletto. 172 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE E sei partito, senza me partito sei per l’ignoto. Piazza d’Armi ricordo, l’ufficiale che dai ranghi ti trasse, e per mia gioia (forse non disse male) disse: «Il soldato Picco è peggio d’una serva». Chi la memoria di quel punto serba, di te, del tuo rancore ancor sorride; e meno ti vorrebbe esser lontano. Nato a Lucca, così come l’ulivo, come il fiasco del Chianti eri toscano. E t’amavano tutti, anche una bimba, la mia, che sempre ti diceva «Buto», e alzava contro te l’esile mano; quando: «E’ partito — le dissi — non torna»; stette un poco fra sé, già lacrimosa corse alla mamma, le si strinse accanto; dette a terra in un pianto, quel pianto, sai, lungo filato uguale. 173 RENZO RICCHI SOGNAVO, AL SUOL PROSTRATO Sognavo, al suol prostrato, un bene antico. Ero a Trieste, nella mia stanzetta. Guardavo in alto rosea nuvoletta veleggiar, scolorando, il ciel turchino. Ella in aere sfacevasi; al destino suo m’ammonivo in una poesietta. Quindi «Mamma – dicevo – io esco»; e in fretta a leggerla volavo al caro amico. «Che fai, carogna?» E mi destò una mano: e vidi, come al cielo gli occhi apersi, tra fumo e scoppi su noi l’aeroplano. Vidi macerie di case in rovina, correr soldati come in fuga spersi, e lontano lontano la marina. 174 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE UGO BETTI (Camerino, 1892-1953) CANZONETTA I soldati vanno alla guerra. Vanno, come trasognati, e la notte li rinserra. La strada cammina, cammina, come una misteriosa pellegrina, e sulle case addormentate tutte le stelle si sono addormentate tutte le stelle si sono affacciate. Ma i soldati sono quasi fanciulli, e si mettono a cantare la ninna nanna, per cullare una tristezza che non si vuole addormentare. Le stelle sono come gocce d’argento e le fa tremare il vento! E mentre dormono tutte le belle noi ce ne andiamo per la bianca strada a ritrovare un’altra fidanzata! Ed anche voi, dolcezza, dormite… E del mio bene nulla sapete! Volevo parlare, una sera… Ma ogni detto fuggì dal mio cuore come dalla gabbia una capinera! E voi, bambini, fate la nanna e non fate disperare la mamma. Dormite col guanciale bianco sotto la testa, e intanto viaggia la tempesta! O fratello! Prima di partire tante cose ti volevo dire… Ma come foglie portate dal vento sono fuggite, e non me ne rammento! O mamma, voi sola non dormite, come una volta, quand’ero malato! 175 RENZO RICCHI E voi sola m’avete vegliato, e non mi potevo addormentare se voi non eravate al capezzale. Ma ero un fanciullo! Ora, mamma, state contenta! Sentite? Il figlio vostro canta! Canta e cammina per la bianca strada per ritrovare la sua fidanzata. – (Ma le mamme non possono dormire, e quella canzone le fa singhiozzare). Sulle case addormentate tutte le stelle sono tramontate. I soldati vanno a testa china e la strada cammina cammina. 176 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE GIOVANNI PAPINI (Firenze, 1881-1956) QUARTA POESIA Vorrei, domani o più tardi, essere un fatto diverso qualunque, registrato da pochi giornali, a pagina sei, terza colonna, ultimo verso, dove vanno i feriti degli ospedali. Vivere nella cronaca d’oggi, morto a spasso, con ferite visitate e disinfettate, avute per sbaglio, quasi per chiasso, in Piazza Verde o Via delle Mantellate. Un numero nero, più anonimo d’un lampione, appeso al letto insieme alla fronza d’ulivo. Sentir per me stesso la compassione mai provata da quando son vivo! Non desidero visite. Basta la donna in bianco che porta il brodo al cannone di mezzogiorno. Sentirsi solo, alla fine. Ero stanco di questo andar su e giù, sempre in partenza e ritorno. La vita è più saputa in questi posti dove l’aria non puzza che d’acido fenico. S’ha il tempo di scandagliare, costi quel che costi, la trasparenza del nulla fenomenico. Cantare non più: c’è un severo regolamento che vieta qualunque piacere permesso. Illiquidisca pure ogni sentimento in questa dieta di noia e di lesso. C’è la notte per pensare a tutto il resto. La notte, che non si dorme neanche a volere. Preghiamo il sole che faccia presto a venir fuori, che dà tanto piacere. Dimentico a poco a poco anche la natura. Il cielo lattiginoso, quadriscritto dal telaio, 177 RENZO RICCHI a momenti, di soprassalto, mi fa paura, cielo sinistro d’un infinito gennaio! Riderò da me solo senza critici accanto, mi preparerò delle buone allucinazioni. Sono un lieto malato. Il mio vanto non consiste in complicazioni. Piccolo fatto diverso divenuto dentro un letto a saccone metallico, sarò il solo biografo riconosciuto di quest’essere calmo e simpatico. Perché mi hanno voluto male spiegherò colla fisica e l’altre scienze. Nella tepida buca del guanciale farò, bocconi, le più gravi confidenze. Mi piacerebbe, dopo tutto, morire solo, marcito, come un gatto sperso; senza testimoni sparire nel corpo sette d’un fatto diverso. Nella colonna del giornale quotidiano (nati e morti, carattere tondo) vorrei, di nottetempo, piano piano, lasciar di nascosto la storia del mondo. 178 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE ARDENGO SOFFICI (Rignano sull’Arno, 1879-1964) SUL KOBILEK Sul fianco biondo del Kobilek Vicino a Bavterca, Scoppian gli shrapnel a mazzi Sulla nostra testa. Le lor nuvolette di fumo Bianche, color di rosa, nere Ondeggiano nel nuovo cielo d’Italia Come deliziose bandiere. Nei boschi intorno di freschi nocciuoli La mitragliatrice canta, Le pallottole che sfiorano la nostra guancia. Hanno il suono di un bacio lungo e fine che vola. Se non fosse il barbaro ondante fetore Di queste carogne nemiche, Si potrebbe in questa trincea che si spappola al sole Accender sigarette e pipe; E tranquillamente aspettare, Soldati gli uni agli altri più che fratelli, La morte; che forse non ci oserebbe toccare, Tanto siamo giovani e belli. 179 RENZO RICCHI OSPEDALE DA CAMPO 026 Ozio dolce dell'ospedale! Si dorme a settimane intere, Il corpo che avevamo congedato Non sa credere ancora a questa felicità: vivere. Le bianche pareti della camera Son come parentesi quadre, Lo spirito vi si riposa Fra l'ardente furore della battaglia d'ieri E l'enigma fiorito che domani ricomincerà Sosta chiara, crogiuolo di sensi multipli, Qui tutto converge in un'unità indicibile; Misteriosamente sento fluire un tempo d'oro Dove tutto è uguale: I boschi, le quote della vittoria, gli urli, il sole, il sangue dei morti. Io stesso, il mondo, E questi gialli limoni, Che guardo amorosamente risplendere Sul mio nero comodino di ferro, vicino al guanciale. 180 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE PIERO JAHIER (Genova, 1884-1966) DICHIARAZIONE Altri morirà per la Storia d'Italia volentieri e forse qualcuno per risolvere in qualche modo la vita. Ma io per far compagnia a questo popolo digiuno - che non sa perché va a morire popolo che muore in guerra perché “mi vuol bene” “per me” nei suoi 60 uomini comandati siccome è il giorno che tocca morire. Altri morirà per le medaglie e per le ovazioni ma io per questo popolo illetterato che non prepara guerra perché di miseria ha campato la miseria che non fa guerre, ma semmai rivoluzioni. Altri morirà per le aquile e per le bandiere ma io per questo popolo rassegnato popolo che viveva nel giusto e nel giusto muore senza sapere anch'io con lui sulla strada della fatica che non so bene, in fondo, perché tocchi già di morire. Altri morirà per la sua vita ma io per questo popolo che fa i suoi figlioli perché sotto coperte non si conosce miseria popolo che accende il suo fuoco solo a mattina popolo che di osteria fa scuola popolo non guidato, sublime materia. Altri morirà solo ma io sempre accompagnato: eccomi, come davo alla ruota la mia spalla facchina e ora, invece, la vita. Sotto ragazzi, se non si muore si riposerà allo spedale. Ma se si dovesse morire basterà un giorno di sole e tutta Italia ricomincerà a cantare. 181 RENZO RICCHI PRIMA MARCIA ALPINA Uno per uno, bastone alla mano, e alla salita cantiamo. Se chiedi le reni rotte alla mina, se chiedi il polso della gravina, se chiedi il ginocchio piegato a salire, se chiedi l'amore pronto a patire: son io, l'alpino, rispondiamo, e all'adunata corriamo. *** Ma la montagna, alpino, è franata, ma la tua tenda, alpino, è sparita: alpino, tutta l'acqua è seccata, alpino, il vetrato gela le dita; ma la tua penna è folgorata. ma la gran notte di nebbia è salita. *** Uno per uno, corda alla mano, dove non si passa, passiamo. E la balma di roccia si ricoprirà e l'acqua di neve ci disseterà; la penna il fulmine domesticherà, la nebbia il sole l'avvamperà quando l'alpino passerà. *** Uno per uno, zaino alla mano, e nei riposi ci contiamo. *** Alpino, tu sei passato, ma il compagno che manca è ferito, la mitraglia l'ha arrivato, dalla corda l'ha distaccato, nella gola l'ha tranghiottito. * Dove sei, compagno caro, al paese dovevi tornare: 182 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE se qualcuno lo potrà rivedere, gliene chiederà la tua madre. Ma non sei stalo abbandonato, ma ti veniamo a ritrovare. Sei il nostro ferito: ti riprendiamo e al paese ti riportiamo. Tutti per uno. mano alla mano : dove si muore, discendiamo. *** Tutti per uno, mano alla mano: dove si muore, discendiamo. Ma il tuo compagno, alpino, è spirato, al paese non può ritornare; ma il suo lamento è dileguato, non ti chiama più a ritrovare. Sulla cóltrice del nevato resterà solo a riposare. * Dove sei, compagno caro? Tu al paese non puoi ritornare?... Ma non sei stato abbandonato, ma ti veniamo a ritrovare. Il viso bianco gli rasciughiamo, il corpo tronco ricomponiamo. È il nostro morto: ce lo riprendiamo alla patria lo riportiamo. Uno per uno, fucile alla mano, e lo vendichiamo. 183 RENZO RICCHI DOMANDA ANGOSCIOSA CHE TORNA Quando vi guardo e voi non potete sapere: Perché alcuni son chiamati a lavorare e guadagnar sulla guerra, e altri a morire? Morire non ha equivalente di sacrificio; morire è un fatto assoluto. Se la guerra ha un valore morale: rieducare alla salute, alla mansuetudine, alla giustizia, attraverso il passaggio nella pena della privazione e distruzione, perché sopra tutto debbon portarne il peso questi che erano nella privazione e mansuetudine, e non desideravano più che la salute? Perché facevi onestamente tanti figliuoli nostra forza, gloria d’Italia più di tutti ne devi sacrificare. Perché sei sano buon sangue che cicatrizza presto sempre abile a risoffrire. Perché sei povero ora che il denaro ridicolo non compra più nulla che vale più solo il lavoro del povero che la vita è sospesa tra un raccolto e l’altro e il tuo pane scuro è diventato a tutti pane perché, santo popolo d’Italia, perché più di tutti devi morire? 184 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE CORRADO ALVARO (San Luca, 1895-1956) IL CONTADINO SOLDATO Andate a gridare a un soldato baciandolo: Tu sei un eroe! Ei non conosce un’opera perfetta che non sia ‘1 solco del bove. Ei non conosce un valore che non sia quello di vegliar la notte presso un suo timo d’uva che borboglia. Andate a gridare a un soldato: Hai fatto il tuo dovere! Non sa di meglio che stare a vedere se i mignoli d’ulivo sono molti e se c’è l’oblio per tutte le sere. La sua ragione d’essere soldato non è nell’ambizione. N’ha quanto basta a volere un covone che salga fino a’ cieli. La sua ragione è nel meraviglioso. Tutte le donne godono il riposo dell’uscio logorato. Egli, invece, sa mettersi in agguato, sa far convito in un campo falciato dove i nemici son come le messi. I fanciulli sorridono sommessi e si stringon per prendere coraggio. E le donne ne sentono tremore per quell’immenso cuore che, di certo, è il più forte del villaggio. Il soldato è soldato perché treman le donne solamente, perché i fanciulli vogliono esser grandi e mangiano per crescere più in fretta, per poter raccontare d’aver veduto la Morte 185 RENZO RICCHI e d’averla invitata a desinare come se fosse una promessa sposa, d’averle fatto la corte, d’averne avuta una rosa che fa il petto tremando sanguinare. 186 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE A UN COMPAGNO Se dovrai scrivere alla mia casa, Dio salvi mia madre e mio padre, la tua lettera sarà creduta mia e sarà benvenuta. Così la morte entrerà e il fratellino la festeggerà. Non dire alla povera mamma che io sia morto solo. Dille che il suo figliolo più grande, è morto con tanta carne cristiana intorno. Se dovrai scrivere alla mia casa, Dio salvi mia madre e mio padre, non vorranno sapere se sono morto da forte. Vorranno saper se la morte sia scesa improvvisamente. Di’ loro che la mia fronte è stata bruciata là dove mi baciavano, e che fu lieve il colpo, che mi parve fosse il bacio di tutte le sere. Di’ loro che avevo goduto tanto prima di partire, che non c’era segreto sconosciuto che mi restasse a scoprire; che avevo bevuto, bevuto tanta acqua limpida, tanta, e che avevo mangiato con letizia, che andavo incontro al mio fato quasi a cogliere una primizia per addolcire il palato. Di’ loro che c’era gran sole pel campo, e tanto grano che mi pareva il mio piano; che c’eran tante cicale che cantavano; e a mezzogiorno pareva che noi stessimo a falciare, con gioia, gli uomini intorno. 187 RENZO RICCHI Di’ loro che dopo la morte è passato un gran carro tutto quanto per me; che un uomo, alzando il mio forte petto, avea detto: Non c’è uomo più bello preso dalla morte. Che mi seppellirono con tanta tanta carne di madri in compagnia sotto un bosco d’ulivi che non intristiscono mai; che c’è vicina una via ove passano i vivi cantando con allegria. Se dovrai scrivere alla mia casa, Dio salvi mia madre e mio padre, la tua lettera sarà creduta mia e sarà benvenuta. Così la morte entrerà e il fratellino la festeggerà. 188 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE GIUSEPPE UNGARETTI (Alessandria d’Egitto, 1888-1970) SOLDATI Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie 189 RENZO RICCHI VEGLIA Un’intera nottata buttato vicino a un compagno massacrato con la sua bocca digrignata volta al plenilunio con la congestione delle sue mani penetrata nel mio silenzio ho scritto lettere piene d’amore. Non sono mai stato tanto attaccato alla vita. 190 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE ITALIA Sono un poeta un grido unanime sono un grumo di sogni Sono un frutto d'innumerevoli contrasti d'innesti maturato in una serra Ma il tuo popolo è portato dalla stessa terra che mi porta Italia E in questa uniforme di tuo soldato mi riposo come fosse la culla di mio padre 191 RENZO RICCHI SONO UNA CREATURA Come questa pietra del S. Michele così fredda così dura così prosciugata così refrattaria così totalmente disanimata Come questa pietra è il mio pianto che non si vede La morte si sconta vivendo 192 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE SOLDATO Di che reggimento siete fratelli? Fratello tremante parola nella notte come una fogliolina appena nata saluto accorato nell’aria spasimante implorazione sussurrata di soccorso all’uomo presente alla sua fragilità. 193 RENZO RICCHI FAUSTO MARIA MARTINI (Roma, 1886-1931) PERCHÉ NON T’UCCISI Non per viltà - tu non l'avrai creduto, tu che la sera stessa, sotto un folle riso di stelle, fosti tra le zolle, zolla di grumi, fatto inerte e muto non per viltà mancai la giusta impresa di trapassarti il cuore : fu perchè sullo sfondo inumano, vidi te così biondo, te, dalla faccia accesa d'un rossor di fanciullo, avido, anelo, con l'empito del correre nel petto, umana assurdità sul parapetto della trincea, con due goccie di cielo per occhi (non più scorderò quegli occhi che predaron la mia trafitta fronte!) … Aureolato dalla neve a fiocchi te vidi, e credei scorgere le impronte del viso profilate sullo smalto lontano e pur così miracolosamente vicino, che di su lo spalto terrigno si trasfigurava in rosa… Non per viltà,né fu perch’io pensassi in un borgo nemico una sorella tua dolce e grave, vigilante i passi del fratello, se torni, una sorella insonne, qual’io m’ebbi e che giungeva ogni alba, con un suo bianco nepente, fino sulla mia soglia, e suadeva a un incontro materno il moriente… Non t'uccisi perchè nella stess'ora noi ci eravamo sporti sopra il fondo 194 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE gorgo del nulla, o sconosciuto e biondo nemico, insieme, e, quello che scolora nel ricordo, tuo viso, somigliava già questo mio, più macilento e vecchio, (o l'aria di nessuno era uno specchio, non anche frantumato dalla lava delle granate?) insieme sulla morte noi, vivi, ci sporgemmo, e tu fanciullo m'apparisti qual io m'ero : un trastullo inconscio nelle mani della sorte eguale, trascinato dal fluire d'un'istessa onda fino nell'estrema avventura... Non fu dunque per tema, s'io non t'uccisi : fu per non morire! [...] E non t'uccisi, o tu che mi ghermisti la fronte, non t'uccisi sol perché nemico ignoto dai grandi occhi tristi, ebbi paura di morire in te! 195 RENZO RICCHI GIUSEPPE BOTTAI (Roma, 1895-1859) BENDA Certe sere affondo il viso nella soffice tendina bianca che stende alla feritoia la luna. In quel candore lieve di merletti e di trine le pupille s’avvivano di sogni: piccole lontane cose preziose, frulli, baleni, ed una dolce benda di carezze sulla fronte poggiata nell’agguato. 196 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE CLEMENTE REBORA (Milano, 1895-1957) VIATICO O ferito laggiù nel valloncello, tanto invocasti se tre compagni interi cadder per te che quasi più non eri. Tra melma e sangue tronco senza gambe e il tuo lamento ancora, pietà di noi rimasti a rantolarci e non ha fine l’ora, affretta l’agonia, tu puoi finire, e nel conforto ti sia nella demenza che non sa impazzire, mentre sosta il momento il sonno sul cervello, lasciaci in silenzio ‒ grazie, fratello. 197 RENZO RICCHI SENZA FANFARA Si va per la strada profonda spastata, ingoiata. Confusion d’ordine; file perdute: barcolli di volumi spossati ricurvi, spossati e cacciati nel buio dal flutto dei morti che non è libero ancora, che non sarà libero mai, ma non sa, non sapeva e marcia e si posa e s’apposta, perché così vuole qualcuno o qualcosa, perché si deve, si fa, non si sa – per contro un nemico, il nemico ch’è fuori, il nemico che è in noi. Si va per la strada profonda. Come grassa terra bagnata si leva ferita e si volge rovescia, perché c’è un aràtro che vuole, perché c’è infin dietro qualcosa che spinge chi spinge, i bovi, l’aràtro – qualcosa che insiem si ritrova non essere altro che bovi e chi guida e l’aràtro. Si va per la strada profonda. Brontola brontola, ma pazienza, cannone: il rancio per noi, noialtri per te. Tu bracca, veniamo: non si bròntola più. Noialtri veniamo. Zòccola, springa, ristride una sopravveniente ferraglia. Fàtti in là, Fanteria – passa l’artiglieria! Passa, e schizza introna spurga su te. E si ride dall’alto. Non brontola ancor come quella, ma già in qualcosa ti allena. Fanteria smarrita, smagrita; ricopri la strada; è passata. Ancor si ragiona nel mondo che vive? Noialtri si va. 198 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE MASSIMO BONTEMPELLI (Como, 1878-1960) L’UBRIACO: 3.GEOMETRIA C’era una volta la terra e il cielo. Sparvero. Il mondo è un nero profondo nell’infinità. Punti rette strisce di luce tagliano il buio. Misurando l’immensità disegnano la notte sferica qua là immobilmente. Allora a un tratto traiettorie sibilano in basso in alto corro no ‒ tutto il mondo è una rapida città di triangoli acuti invisibili sui venti punti di luce che nel nero universale palpitano. 199 RENZO RICCHI L’UBRIACO: 6. PACE Tutto il giorno senza un colpo di cannone. Le ore scivolano su un piano liscio l’aria bruna vi cala su a malincuore. Entra il silenzio gelato nella baracca mi stringe le tempie di strisce di nuvola grigia ha messo in fuga il sonno nella notte inquieta. Ah un fischio vicino lacera la notte schianto di metalli sul monte scoppi scheggiati d’ululi i pezzi miei rispondere quattro urli secchi di cagne arrabbiate: altri dal margine sparano a salve la baracca sobbalza in rovescio ringhioso lo sfiora gli occhi della valle rotolano – sul tremoto dell’aria in pezzi. Entra il rumore a salti pazzi nella baracca e strappandomi alle tempie le bende spinose mi ricompone il corpo e l’anima immersa già tutta nell’oceano fondo del sonno. 200 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE L’UBRIACO: 9. VOLUTTÀ Dormi, corpo, dormi che a difenderti ci penso io. Mangia il sonno a mascelle piene. Ninna, nanna, corpo mio. Sdraiàti nel fango si sta tanto bene. Tu ci dormi come un dio. Quest’è un mio braccio. E questo un osso. Questo non capisco cos’è. Questa mano dura e nera è d’un vicino o mia di me? Dov’è la testa? non è la mia questa. Eccola qui ‒ la bocca ‒ il naso. Dormi, corpo, ci sei tutto. Ah non sapevi ‒ prima ‒ com’è bello grattarsi tutto poi lasciarsi andare giù caro corpo mio stanco e sporco che sbragato nel fango dormi il più bello de’ tuoi sonni. 201 RENZO RICCHI L’UBRIACO: 11. GROTTESCO Il freddo mi morde la testa in giro in giro la testa telefona ai piedi lontani che cadono in pezzi. Se corricorri se corri per ventisette anni ed un mese per ventisette gennai più mai più mai li raggiungerai i miei piedi lontani l’uno là l’altro là sui due poli del mondo mentre la testa è qui nella macchina da stritolare e tutto il corpo pesante ingombra una provincia e intorno la Materia Universale si sfascia in cento - cinquanta - cinque - mila spilli spilletti che ronzano ronzano e perdono tutte le cento - cinquanta - cinque - mila piccole punte. Nel centro a quel mondo di punte girovaghe minime solo il mio corpo è un coso enorme duro immoto che gela. 202 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE L’UBRIACO: 15. VITA Uccidere, Vita Largo alla Vita che passa vitamitragliatrice e falcia le file degli uomini vivi che cadon giù floscio moscio sacco bucato perché la vita era sull’angolo in agguato. E’ sbalzato a grappoli rossi dove schianta la vitascheggia i pezzi di carne le braccia il cervello pasta lunatica di strazio d’uomini stroncati dalla vita che si precipitava fischiando. Ma con la baionetta la vita sei tu ‒ là ‒ la lama è giovane guizza di voglia tu la stringi e lei si slancia ti trascina dietro ‒ stop che è entrata tutta il sangue sporco butta e ti spruzza te. Oh il ferro non esce più ma un calcio nella pancia al tuo uomo e tira ‒ tu su lui giù viva viva la Vita La guerravita che passa sugli uomini. Asciugati il sangue dagli occhi ‒ sputa ‒ e guarda se il sole è già alto Vita. 203 RENZO RICCHI GUIDO GOZZANO (Torino, 1883-1916) LA MESSAGGERA SENZA ULIVO Bene scegliesti l’unico rifugio trepida messaggera insanguinata! (Sangue d’amico? Sangue di nemico? Ah! Che il sangue è tutt’uno, oltre la soglia!) Palpiti esausta e sfuggi la carezza e temi il rombo… È il rombo del tuo cuore. Socchiudi gli occhi dove trema ancora lo spaventoso tuo pellegrinare. Ah! Sarcasmo indicibile! Tu sacra dai tempi delle origini alla pace la novella ci rechi ‒ ah! senz’ulivo! ‒ del flagello di Dio sopra la Terra. * Ma non del Dio Signore Nostro: il dio feticcio irsuto della belva bionda: ‒ Rinascono le donne ed i fanciulli, uccideremo ciò che non rinasce! ‒ E le trine di marmo, le corolle di bronzo, gli edifici unici al mondo, i vetri istoriati, i palinsesti alluminati, i codici ammirandi, ciò che un popolo mite ebbe in retaggio dalla Fede e dall’Arte in un millennio ritorna al nulla sotto i nuovi barbari: non più barbari, no: ladri del mondo! Tu non tremare, messaggera bianca; bene scegliesti l’unico rifugio: la spalla manca della bella Donna eretta in pace nel suo bel giardino. La riconosci? Dolce ti sorride piegando il capo sotto la corona 204 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE turrita a vellicarti con la gota e con l’ulivo ti ravvia le penne. Ma tien la destra all’elsa e le pupille chiaroveggenti fissano il destino; non fu mai così forte e così bella e palpitante dalla nuca al piede. La riconosci? Non ti dico il nome troppo già detto, sacro all’ora sacra! Bene scegliesti l’unico rifugio, trepida messaggera insanguinata. 205 RENZO RICCHI ENRICO THOVEZ (Torino, 1869-1965) NELLA GRANDE GUERRA Quattro anni e ancora non ha fine. E il torrente di sangue continua a scorrere incontrastato. Età di tenebre e di morte: età di inenarrabile angoscia e d’ansia senza tregua: ogni palpito del cuore, ogni respiro, misurato dal cadere di innumerevoli vite, da innumerevoli mutilazioni e martiri della carne e dello spirito, da distruzioni immense delle cose. Notti senza sonno, affanno senza riposo, e la vita minacciata e i beni incerti e il cuore oppresso da innumerevoli lutti e lo spirito stravolto dal pensiero di sofferenze senza nome; incapace di trovar riposo nell’arte; vergognoso di cercare l’amore, il piacere e la voluttà; crocifisso nel suo eterno, atroce pensiero. Esausta ogni capacità di orrore e di lacrime. Età di stragi immense, d’ecatombi quotidiane e sempre nuove, di distruzioni senza nome. Milioni di uomini in campo sul fango, nell’acqua, nella neve. Pioggia di ferro e di fuoco sui combattenti e sugli inermi. Città distrutte nel sonno. Soffio avvelenato su giacenti esanimi a squadre. A cento a cento ogni ora navi travolte negli abissi del mare. Cimitero di navi e di gonfi corpi mostruosi, agonie orrende di morenti. Città invase, urla di donne violate, supplizi di inermi, e la fame e il freddo e la peste. Età di distruzioni senza nome: le memorie della storia del mondo ridotte in polvere, i monumenti dell’arte cancellati per sempre 206 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE dal volto della terra, e il volto stesso mutato come da uno scoppio vulcanico. Cieca furia distruggitrice, ferocia primitiva, atrocità senza nome, torture e strazio di inermi e di prigionieri. E la giovinezza falciata a squadre, e la luce degli occhi accecata, monconi di membra, e superstiti percossi nell’imo dell’essere dall’indimenticabile visione di orrore. 207 RENZO RICCHI TRILUSSA (Roma, 1871-1950) FRA CENT’ANNI Da qui a cent'anni, quanno ritroveranno ner zappà la terra li resti de li poveri sordati morti ammazzati in guerra, pensate un po' che montarozzo d'ossa, che fricandò de teschi scapperà fòra da la terra smossa! Saranno eroi tedeschi, francesci, russi, ingresi, de tutti li paesi. O gialla o rossa o nera, ognuno avrà difesa una bandiera; qualunque sia la patria, o brutta o bella, sarà morto per quella. Ma lì sotto, però, diventeranno tutti compagni, senza nessuna diferenza. Nell’occhio vôto e fonno nun ce sarà né l’odio né l’amore pe’ le cose der monno. Ne la bocca scarnita nun resterà che l’urtima risata a la minchionatura de la vita. E diranno fra loro: ‒ Solo adesso ciavemo per lo meno la speranza de godesse la pace e l’uguajanza che cianno predicato tanto spesso! 208 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE VANN’ANTO’ (Ragusa, 1891-1960) SUL MONTE SAN MARCO Quello ch’ieri dormiva nella trincea presso a me, nello stesso cubicolo, fratellino di culla: non risponde, ‒ ho chiamato! ‒ non risponde più; non gli giunge il grido del mio cuore…..O, tu compagno, mi cerchi mi preghi, anche tu, mi chiami……, io non sento non rispondo più! 209 RENZO RICCHI CARLO EMILIO GADDA (Milano, 1893-1973) ALLA MONTAGNA SALIRE Alla montagna salire, Pietra su pietra Una torre Sulla montagna volevo levare. Ma il vento corre La tetra Vallata: Delle tempeste nei cieli Del Settentrione Fa radunata E nelle forre Le scaglia, Contro gli steli Di primavera. Fanno battaglia Le tempeste dei cieli Sulla terra: Si travolgono in guerra Sulla montagna. Strappano i dolci veli Dell’umidore Alla selva Di primavera. Corrono la campagna. Il mio passo è vano Nel sentiero E l’occhio, contro la neve Feroce, si serra. Cade la mano. Il passo inutile deve Aver fine. La neve Turbina, fra la guerra Feroce delle tempeste. 210 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE CAMILLO SBARBARO (Santa Margherita Ligure, 1888-1967) SPROLOQUIO D’ESTATE Sì cara. La più bella occasione l’abbiamo mancata. Ci fu un tempo che, colti da follia, scappammo di casa. Ci trovammo in tanti, lassù: al fronte, si diceva. Smemorati del domani, dimentichi di tutto, si camminava Perché, non si sapeva. Eravamo tutti giovani e belli; e si cantava. Com’era lieve la vita dei condannati a morte! Ogni tanto l’amore d’una prateria ci prendeva: ad essa ci abbarbicavamo fino a che la sua faccia implacabile si stampava in noi come un volto caro. (Cieco, la riconoscerò a tastoni, se potrò un giorno rintracciare la mia gioventù che vi è rimasta). Ad ogni sorso che si beveva, ad ogni immagine che ci chiamava il sorriso, qualcuno dentro ci avvertiva che poteva essere l’ultimo sorso, l’ultimo sorriso… L’avvertimento d’ogni minuto dava sapore all’attimo più insignificante… Era inevitabile che, dopo, tutto ci sarebbe sembrato sciapo. Adesso sono un burattino che ha ancora bisogno d’un po’ d’aria. Oh, appena! Hai mai visto l’implume che punta le scapole e si rizza ,sull’ultima unghiola, teso nell’impazienza dell’impossibile volo? Ricade e ritenta la prova. Quell’inutile sforzo di scapole è quanto mi rimane di vivo. Canta! Vedi? in cambio di tutto, questa tua vocetta sfiatata mi basterebbe. 211 RENZO RICCHI EUGENIO MONTALE (Genova, 1896-1981) VALMORBIA, DISCORREVAMO IL TUO FONDO Valmorbia, discorrevano il tuo fondo fioriti nuvoli di piante agli àsoli. Nasceva in noi, volti dal cieco caso, oblio del mondo. Tacevano gli spari, nel grembo solitario non dava suono che il Leno roco. Sbocciava un razzo su lo stelo, fioco lacrimava nell'aria. Le notti chiare erano tutte un'alba e portavano volpi alla mia grotta. Valmorbia, un nome e ora nella scialba memoria, terra dove non annotta. 212 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE DIEGO VALERI (Piove di Sacco, 1887-1976) VICENZA Grigiori all’alba. Nella muta via che sa di pane fresco e di rugiada scoppia improvviso un tuono di fanfara: il battaglione alpino se ne va… Imposte sbatacchiate. Alle finestre, donne in camicia tra gerani in fiore… E un bandierone di vento e di sole d’un tratto avvolge tutta la città… 213 RENZO RICCHI CARLO STUPARICH (Trieste, 1891-1961) PRINCIPIO DI NOVEMBRE Oggi l’aria è fresca e fine e i monti son cupi e tersi, poveri anni persi in fantasie senza confine. Qui ogni pietra ha un contorno ogni fibra un colore, i rami tendono intorno una rigidità senza languore. Foglie gialle cadute per troppa secchezza, segnano l’asprezza di grandi arie mute. Il cielo è azzurro di profondità le cose son ferme e recise. Passò un respiro d’eternità in queste solitudini derise. 214 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE IMPRESSIONE Oggi la terra fuma, e nebbia vela il leggero vestirsi della primavera. Intravvedo la dolcezza della sua carne rosa-celeste. Più dolce è questa prima primavera attraverso una parete diroccata. Lo spacco m’incornicia con duri frastagli di pietra colori teneri di cose nascenti. 215 RENZO RICCHI SERGIO SOLMI (Rieti, 1899-1981) RICORDI DEL 1918 La guerra vuol dire: La guerra, nel ricordo olfattivo, vuol dire: l’odore del cuoio marcio. Quello del sudore. L’odore dell’escremento raffermo. Quello del sangue fresco sotto il sole, denso, dolce, un po’ nauseabondo. L’odore della putrefazione. L’odore dell’anice nella borraccia. L’odore delle sigarette Sport trovate nella trincea austriaca abbandonata, in pacchi semicircolari di carta marrone. L’odore di pere arse degli apparecchi Mazzetti-Niccolai contro i gas. L’odore di gomma del respiratore inglese. L’odore di mandorla pungente dell’iprite. L’odore della polvere bruciata. L’odore dell’erba, annusata la faccia contro terra, spiando la piega del terreno-riparo per il prossimo balzo. 216 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE GUILLAUME APOLLINAIRE (Roma, 1880-1918) LA PICCOLA AUTOMOBILE Il 31 del mese di Agosto 1914 Partii da Deauville poco prima di mezzanotte Nella piccola auto di Rouveyre Col suo autista, eravamo in tre Dicemmo addio a tutta un’epoca Giganti furibondi si drizzavano sull’Europa Le aquile abbandonavano il nido aspettando il sole I pesci voraci risalivano gli abissi I popoli accorrevano per conoscersi a fondo I morti tremavano di paura nelle loro buie dimore I cani abbaiavano verso laggiù dove erano le frontiere Me ne andavo portando in me tutti quegli eserciti che si battevano Li sentivo salire in me e distendersi le terre ove essi serpeggiavano Con le foreste i villaggi felici del Belgio Francorchamps con l’Eau Rouge e i pouhons Regione attraverso la quale sempre si fanno le invasioni Arterie ferroviarie ove quelli che andavano alla morte Salutavano ancora una volta la vita colorata Oceani profondi ove si muovevano i mostri Nelle vecchie carcasse naufragate Altezze inimmaginabili dove l’uomo combatte Più in alto che non plani l’aquila L’uomo vi combatte contro l’uomo E discende a un tratto come una stella filante Sentivo in me nuovi esseri pieni di destrezza Costruire e anche ordinare un nuovo universo Un mercante di inaudita opulenza e di prodigiosa statura Disponeva una mostra straordinaria E pastori giganteschi conducevano Grandi greggi silenziosi che brucavano le parole E contro i quali abbaiavano tutti i cani sulla strada. 217 RENZO RICCHI A NIMES (a Emile Léonard) Io mi sono arruolato sotto il più bello dei cieli A Nizza la Marina dal nome vittorioso Perduto fra novecento anonimi conducenti Io sono un carrettiere del nuovo convoglio di Nimes L’Amore dice Resta qui Ma laggiù le granate Sposano ardentemente e senza posa i bersagli Attendo che la primavera comandi che le intrepide Reclute se ne vadano verso il nord glorioso I tre serventi seduti dondolano le fronti Dove brillano gli occhi lucenti come i miei speroni Un bel pomeriggio di guardia alla scuderia Odo suonare le trombe dell’artiglieria Ammiro l’allegria di questo distaccamento Che va al fronte a raggiungere il nostro bel reggimento Il territoriale si mangia una insalata All’acciuga parlando della moglie ammalata Quattro puntatori fissavano le bolle delle livelle Che si muovevano come gli occhi dei cavalli Il bravo cantante Girault ci canta dopo le nove Una grande aria d’opera tu piangi ascoltandola Accarezzo con la mano il cannoncino grigio Grigio come l’acqua della Senna e penso a Parigi Ma quel pallido ferito mi ha detto nella cantina Lo splendore d’argento delle granate nella notte Io mastico lentamente la mia porzione di manzo Passeggio da solo la sera dalle cinque alle nove Sello il mio cavallo battiamo la campagna Ti saluto da lontano bella rosa o torre Magne. 218 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE GUERRA Ramo centrale di combattimento Contatto all’ascolto Si tira nella direzione “dei rumori uditi” I giovani della classe 1915 E quei fili di ferro elettrizzati Non piangete dunque sugli orrori della guerra Prima di essa non avevamo che la superficie Della terra e dei mari Dopo avremo gli abissi Il sotto suolo e lo spazio aviatorio Padroni del timone Dopo dopo Prenderemo tutte le gioie Dei vincitori che si abbandonano Donne Giochi Officine Commercio Industria Agricoltura Metallo Fuoco Cristallo Velocità Voce Sguardo Tatto a parte E insieme nel tatto venuto da lontano Ancora da più lontano Dall’Aldilà di questa terra. 219 RENZO RICCHI FESTA (a André Rouveyre) Fuoco d’artificio d’acciaio Com’è affascinante questa luminaria Artificio d’artificiere Mischiare qualche grazia al coraggio Due shrapnel Scoppio rosa Come due seni che si slacciano Tendono insolentemente i loro capezzoli EGLI SEPPE AMARE Che epitaffio Un poeta nella foresta Guarda con indifferenza Il revolver in sicura Rose morire di speranza Egli pensa alle rose di Saadi E subito la sua testa si china Poiché una rosa gli ha ricordato La dolce curva di un’anca L’aria è piena di un terribile alcool Filtrato dalle stelle semichiuse Le granate carezzano il molle Profumo notturno ove riposi Mortificazione delle rose. 220 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE LA NOTTE D’APRILE 1915 (a L.de C.-C) Il cielo è stellato dai proiettili dei Boches La foresta meravigliosa in cui vivo dà un ballo La mitraglia suona un’aria a biscrome Ma avete la parola Eh! sì la parola fatale Alle feritoie alle feritoie Lasciate là i picconi Come un astro sperduto che cerca le sue stagioni Cuore granata scoppiata fischiavi la tua romanza E i tuoi mille soli hanno vuotato i cassoni Che gli dèi dei miei occhi riempiono in silenzio Noi vi amiamo o vita e noi vi provochiamo Le granate miagolavano un amore da morire Un amore che muore è più dolce degli altri Il tuo soffio nuota al fiume dove il sangue si esaurirà Le granate miagolavano Senti cantare le nostre Rosso amore salutato da quelli che moriranno La primavera inzuppata la lampadina l’attacco Piove mia anima piove ma piovono occhi morti Ulisse quanti giorni per tornare a Itaca Coricati sulla paglia e sogna un bel rimorso Che puro effetto dell’arte sia afrodisiaco Ma organi ai fili della paglia dove dormi L’inno dell’avvenire è paradisiaco. 221 RENZO RICCHI L’ADDIO DEL CAVALIERE Ah Dio! Come è bella la guerra Coi suoi canti i suoi lunghi ozi Quest’anello io l’ho lucidato Il vento si confonde ai vostri sospiri Addio! Ecco il buttasella Egli disparve ad una curva E morì laggiù mentre lei Rideva al destino sorprendente. 222 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE RAZZO Il ricciolo dei capelli neri della tua nuca è il mio tesoro Il mio pensiero ti raggiunge e il tuo lo incrocia I tuoi seni sono i soli proiettili che amo Il tuo ricordo è il riflettore che ci serve a puntare di notte Vedendo la larga groppa del mio cavallo ho pensato alle tue anche Ecco i fantaccini che se ne vanno in retrovia leggendo il giornale Il cane del portaferiti torna con una pipa in bocca Un barbagianni ali fulve occhi lividi bocca di gattino e zampe di gatto Un topolino verde fila fra il muschio Il riso è bruciato nella marmitta da campo Ciò vuol dire che bisogna fare attenzione a tante cose Il megafono grida Allungate il tiro Allungate il tiro amore delle vostre batterie Bilancia delle batterie pesanti cimbali Che agitano i cherubini pazzi d’amore In onore del Dio degli Eserciti Un albero nudo su una collina Il rumore dei traini che si arrampicano nella valle O vecchio mondo del XIX secolo pieno di ciminiere così belle e pure Virilità del secolo in cui siamo O cannoni Bossoli fragorosi dei 75 Suonate a festa piamente. 223 RENZO RICCHI DESIDERIO Il mio desiderio è la regione che mi è davanti Oltre le linee boches Il mio desiderio è anche dietro di me Dopo la zona delle armate Il mio desiderio è la collinetta di Mesnil Il mio desiderio è là dove tiro Del mio desiderio che è oltre la zona delle armate Oggi non ne parlo ma ci penso Collinetta di Mesnil io t’immagino invano Reticolati mitraglie nemici troppo sicuri di sé Troppo affondati sotto terra già seppelliti Ca ta clac dei colpi che muoiono allontanandosi E vegliandovi tardi nella notte La Decauville che tossicchia La lamiera ondulata sotto la pioggia E sotto la pioggia la mia celata Odi la terra veemente Vedi i lampi prima di udire i colpi E una granata fischiare la follia O il tac tac tac monotono e breve pieno di disgusto Io desidero Stringerti nella mano Main de Massiges Così scarnificata sulla carta Il camminamento Goethe su cui ho tirato Ho tirato anche sul camminamento Nietzsche Decisamente non rispetto alcuna gloria Notte violenta e violetta e scura e a tratti piena d’oro Notte degli uomini soltanto Notte del 24 settembre Domani l’assalto Notte violenta o notte dallo spaventoso grido profondo che si faceva più intenso di minuto in minuto 224 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE Notte che urlava come una donna che partorisce Notte degli uomini soltanto. 225 RENZO RICCHI ESERCIZIO Verso un villaggio di retrovia Se ne andavano quattro bombardieri Essi erano coperti di polvere Dalla testa fino ai piedi Essi guardavano la gran pianura Parlando fra loro del passato E guardavano indietro appena Se una granata aveva tossito Tutti e quattro della classe sedici Parlavano di passato non d’avvenire Così si prolungava l’ascesi Che li esercitava a morire. 226 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE CARTOLINA POSTALE Ti scrivo da sotto la tenda Mentre questo giorno d’estate muore Dove fioritura abbagliante Nel cielo appena azzurrato Una cannonata lampeggiante Sfiorisce prima di essere stata. 227 RENZO RICCHI C’E’ C’è una nave che ha portato via la mia beneamata Ci sono nel cielo sei palloni frenati e quando viene la notte si direbbero le larve da cui potranno nascere le stelle C’è un sottomarino nemico che voleva male al mio amore Ci sono mille piccoli abeti spezzati dalle schegge di granate attorno a me C’è un fantaccino che passa accecato dai gas asfissianti C’è che noi abbiamo spaccato tutto nei camminamenti di Nietzsche di Goethe e di Colonia C’è che peno dietro una lettera che ritarda Ci sono nel mio portacarte parecchie foto del mio amore Ci sono i prigionieri che passano con facce preoccupate C’è una batteria coi serventi che si agitano attorno ai pezzi C’è il furiere che arriva al trotto dal sentiero dell’albero isolato C’è si dice una spia che gironzola di qui invisibile come l’orizzonte di cui si è indegnamente rivestita e col quale si confonde C’è diritto come un giglio il busto del mio amore C’è un capitano che attende con ansia le comunicazioni della T S F sull’Atlantico Ci sono a mezzanotte dei soldati che segano assi per le bare Ci sono delle donne che domandano mais a gran voce davanti a un Cristo sanguinante al Messico C’è la Corrente del Golfo che è così tiepida e benefica C’è un cimitero pieno di croci a 5 chilometri Ci sono croci dappertutto di qua e di là Ci sono fichi di barberia su quei cactus in Algeria Ci sono le lunghe mani sottili del mio amore C’è un calamaio che avevo fatto con un razzo da 15 centimetri che non è partito C’è la mia sella esposta alla pioggia Ci sono i fiumi che non risalgono il loro corso C’è l’amore che mi trasporta con dolcezza C’è un prigioniero che portava la sua mitragliatrice sulla schiena Ci sono uomini nel mondo che non hanno mai fatto la guerra Ci sono degli Indù che guardano stupiti le campagne occidentali Essi pensano con melanconia a quelli di cui si chiedono se li rivedranno Poiché si è spinta molto lontano durante questa guerra l’arte della invisibilità. 228 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE LA BELLA ROSSA Eccomi davanti a tutti uomo pieno di senno Che conosce la vita e della morte quello che un vivo può conoscere Che ha provato le gioie e i dolori d’amore Che talora ha saputo imporre le proprie idee Che conosce numerose lingue Che ha viaggiato non poco Che ha visto la guerra nell’Artiglieria e in Fanteria Ferito alla testa e trapanato sotto il cloroformio Che ha perduto gli amici migliori nell’orribile lotta Io so dell’antico e del nuovo quanto un sol uomo potrebbe dei due conoscere E senza inquietarmi oggi di questa guerra Fra noi e per noi amici miei Io giudico la lunga disputa della tradizione e dell’invenzione DEll’Ordine e dell’Avventura Voi la cui bocca è fatta a immagine di quella di Dio Bocca che è l’ordine stesso Siate indulgenti quando ci confrontate A quelli che furono la perfezione dell’ordine Noi che cerchiamo dovunque l’avventura Noi non siano i vostri nemici Noi vogliamo aprirvi vasti e strani domini Dove il mistero in fiore si offre a chi voglia coglierlo Là vi sono fuochi nuovi colori mai visti Mille fantasmi imponderabili Ai quali si deve dare realtà Noi vogliamo esplorare la bontà contrada immensa ove tutto tace Vi è pure il tempo che si può cacciare o far tornare Pietà per noi che combattiamo sempre alle frontiere Dell’illimite e dell’avvenire Pietà per i nostri errori pietà per i nostri peccati Ecco l’estate irrompe la stagione violenta E la mia giovinezza è morta come la primavera O Sole è il tempo della Ragione ardente E io aspetto Per seguirla sempre la forma nobile e dolce Ch’essa prende perché l’ami io isolatamente Viene e mi attira come il ferro la calamita 229 RENZO RICCHI Essa ha l’aspetto affascinante Di una adorabile rossa I suoi capelli sono d’oro si direbbe Un bel lampo che durasse O quelle fiamme che si pavoneggiano Nelle rose tea che avvizziscono Ma ridete ridete di me Uomini d’ogni terra soprattutto gente di qui Perché vi sono tante cose che io non oso dirvi Tante cose che voi non mi lascereste dire Abbiate pietà di me. (Traduzione di Mario Pasi) 230 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE JOHN McCRAE (Guelph, Canada, 1872-1918) IN FLANDERS FIELDS In Flanders fields the poppies blow Between the crosses, row on row, That mark our place, and in the sky, The larks, still bravely singing, fly, Scarce heard amid the guns below. We are the dead; short days ago We lived, felt dawn, saw sunset glow, Loved and were loved, and now we lie In Flanders fields. Take up our quarrel with the foe! To you from failing hands we throw The torch; be yours to hold it high! If ye break faith with us who die We shall not sleep, though poppies grow In Flanders fields. 231 RENZO RICCHI WILFRED OWEN (Oswestry , England, 1893-1918) DULCE ET DECORUM EST Bent double, like old beggars under sacks, Knock-kneed, coughing like hags, we cursed through sludge, Till on the haunting flares we turned our backs And towards our distant rest began to trudge. Men marched asleep. Many had lost their boots But limped on, blood-shod. All went lame; all blind; Drunk with fatigue; deaf even to the hoots Of tired, outstripped Five-Nines that dropped behind. Gas! Gas! Quick, boys! – An ecstasy of fumbling, Fitting the clumsy helmets just in time; But someone still was yelling out and stumbling, And flound'ring like a man in fire or lime . . . Dim, through the misty panes and thick green light, As under a green sea, I saw him drowning. In all my dreams, before my helpless sight, He plunges at me, guttering, choking, drowning. If in some smothering dreams you too could pace Behind the wagon that we flung him in, And watch the white eyes writhing in his face, His hanging face, like a devil's sick of sin; If you could hear, at every jolt, the blood Come gargling from the froth-corrupted lungs, Obscene as cancer, bitter as the cud Of vile, incurable sores on innocent tongues, My friend, you would not tell with such high zest To children ardent for some desperate glory, The old Lie; Dulce et Decorum est Pro patria mori. 232 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE CHARLES HAMILTON SORLEY (Aberdeen, Scotland, 1895-1915) TO GERMANY You are blind like us. Your hurt no man designed, And no man claimed the conquest of your land. But gropers both through fields of thought confined We stumble and we do not understand. You only saw your future bigly planned, And we, the tapering paths of our own mind, And in each others dearest ways we stand, And hiss and hate. And the blind fight the blind. When it is peace, then we may view again With new won eyes each other's truer form And wonder. Grown more loving kind and warm We'll grasp firm hands and laugh at the old pain, When it is peace. But until peace, the storm, The darkness and the thunder and the rain. 233 RENZO RICCHI A. E. HOUSMAN (Bromsgrove, England, 1859-1936) HERE DEAD WE LIE Here dead we lie Because we did not choose To live and shame the land From which we sprung. Life, to be sure, Is nothing much to lose, But young men think it is, And we were young. 234 POETI IN GUERRA MINI-ANTOLOGIA DI POESIE SULLA PRIMA GUERRA MONDIALE CHARLOTTE MEW (London, 1869-1928) JUNE, 1915 Who thinks of June's first rose today? Only some child, perhaps, with shining eyes and rough bright hair will reach it down. In a green sunny lane, to us almost as far away As are the fearless stars from these veiled lamps of town. What's little June to a great broken world with eyes gone dim From too much looking on the face of grief, the face of dread? Or what's the broken world to June and him Of the small eager hand, the shining eyes, the rough bright head? 235 RENZO RICCHI I ND ICE Corrado Govoni 160-170, Guerra! Umberto Saba 171-174, Congedo, Addio ai compagni, Sognavo, al suol prostrato Ugo Betti 175-176, Canzonetta Giovanni Papini 177-178, Quarta poesia Ardengo Soffici 179-180, Sul Kobilek, Ospedale da campo 026 Piero Jahier 181-184, Dichiarazione, Prima marcia alpina, Domanda angosciosa che torna Corrado Alvaro 185-188, Il contadino soldato, A un compagno Giuseppe Ungaretti 189-193, Soldati, Veglia, Italia, Sono una creatura, Soldato Fausto Maria Martini 194-195, Perché non t’uccisi Giuseppe Bottai 196, Benda Clemente Rebora 197-198, Viatico, Senza fanfara Massimo Bontempelli 199-203, L’ubriaco: 3, Geometria, L’ubriaco: 6, Pace, L’ubriaco: 9, Voluttà, L’ubriaco: 11, Grottesco, L’ubriaco: 15, Vita Guido Gozzano 204-205, La messaggera senza ulivo Enrico Thovez 206-207, Nella grande guerra Trilussa 208, Fra cent’anni Vann’Anto’ 209, Sul monte San Marco Carlo Emilio Gadda 210, Alla montagna salire Camillo Sbarbaro 211, Sproloquo d’estate Eugenio Montale 212, Valmorbia, discutevamo il tuo fondo Diego Valeri 213, Vicenza Carlo Stuparich 214-215, Principio di novembre, Impressione Sergio Solmi 216 , Ricordi del 1918 Guillaume Apollinaire 217-230, La piccola automobile, A Nimes, Guerra, Festa, La notte d’aprile 1915, L’addio del cavaliere, Razzo, Desiderio, Esercizio, Cartolina postale, C’è, La bella rossa John McCrae 231, In Flanders Fields Wilfred Owen 232, Dulce et Decorum Est Charles Hamilton Sorley 233, To Germany A.E. Housman 234, Here Dead We Lie Charlotte Mew 235, June, 1915 236