elementi di teoria dei giochi e modelli di oligopolio
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ELEMENTI DI TEORIA DEI GIOCHI E MODELLI DI OLIGOPOLIO ANTONIO ACCONCIA Università di Napoli Federico II Facoltà di Economia Dipartimento di Teoria e Storia dell’Economia Pubblica via Cintia (Monte S. Angelo) 80126 Napoli (Novembre, 2001) 1. Introduzione 2. Gli elementi di un gioco Parte I – DECISIONI SIMULTANEE 3. Giochi statici 4. Competizione tra imprese ed equilibrio di Nash: esempi 5. Duopolio con informazione asimmetrica Parte II – DECISIONI S EQUENZIALI 6. Giochi dinamici e credibilità: equilibrio di Nash perfetto 7. Competizione tra imprese e induzione all’indietro 8. Barriere all’entrata e limitazione della concorrenza Parte III – DECISIONI RIPETUTE NEL TEMPO 9. Giochi ripetuti: tentazione, punizione e reputazione 10. Un esempio di collusione: l’analisi dell’AGCM del mercato dei supporti fonografici 1. I NTRODUZIONE Molti settori produttivi sono caratterizzati da un numero relativamente ridotto di imprese con potere di mercato. In tali settori le imprese sono consapevoli che, per valutare in maniera corretta gli effetti di una loro decisione, devono tenere conto della reazione delle altre imprese. Difatti, la decisione di una singola impresa contribuisce a determinare il profitto per se stessa così come per le imprese concorrenti. Per valutare gli effetti di differenti alternative, ogni impresa ha quindi la necessità di prevedere il comportamento delle imprese rivali. Ad esempio, per individuare il prezzo o la quantità che massimizza il profitto è indispensabile per un'impresa valutare quali potrebbero essere i prezzi o le quantità praticati dalle imprese concorrenti. Alternativamente, è ragionevole assumere che la decisione di un imprenditore circa l'ingresso in un mercato, in cui altre imprese sono attive da tempo, deve essere valutata tenendo conto delle possibili reazioni di queste ultime, le quali hanno interesse ad evitare l’ingresso di ulteriori concorrenti. In entrambi i casi l’elemento distintivo è che due o più imprese devono prendere delle decisioni nella consapevolezza che queste siano interdipendenti. Per analizzare tali situazioni, si modellerà l'interdipendenza in termini di un gioco e si farà uso del concetto di equilibrio nell’accezione fornita da Nash. Come vedremo, l'equilibrio di Nash si rivelerà utile in molte circostanze, in quanto suggerisce una previsione plausibile circa le scelte degli agenti economici, o almeno consente di spiegare il persistere di particolari situazioni che si osservano nella realtà, piuttosto che di altre che sembrerebbero, a prima vista, più ovvie. 2. G LI ELEMENTI DI UN GIOCO In generale, i giochi a carattere economico possono essere di tipo cooperativo o non cooperativo. Nel primo caso ai giocatori si consente di definire accordi relativamente alla condotta del gioco e tali accordi sono impugnabili davanti a un giudice. Al contrario, un gioco è definito non cooperativo se gli accordi non sono consentiti. In questa sede ci occuperemo unicamente dei giochi non cooperativi. Distingueremo, inoltre, tra giochi statici e giochi dinamici a seconda della rilevanza o meno della variabile tempo. In generale, analizzeremo semplici giochi in cui è necessario determinare la strategia ottimale per un giocatore, cioè quella che massimizza il profitto, data la previsione circa il comportamento degli avversari. Un gioco (o gioco di strategia) è descritto da almeno quattro elementi: a) il numero di giocatori; b) lo spazio di azioni di ogni giocatore; c) l’utilità (o profitto) che ogni giocatore consegue in tutti i possibili esiti del gioco; d) le informazioni a disposizione di ciascun giocatore. Definizione. Lo spazio di azioni associato ad un giocatore si compone di tutte le azioni di cui il giocatore dispone per giocare, ogni volta che è chiamato a giocare. Ad esempio, un'impresa che deve decidere il prezzo di vendita per il bene che produce ha come spazio di azioni l'insieme dei prezzi (teoricamente) adottabili. Un'impresa che sta valutando l'opportunità di entrare in un nuovo mercato dispone di due azioni: entrare o non entrare. In generale, si assumerà sempre che all'istante in cui è chiamato a giocare, un giocatore sceglierà, tra le azioni a propria disposizione, quella che massimizza il profitto. Connesso al concetto di azione è quello di strategia. Definizione. Una strategia è un piano di azioni, formulato all’inizio del gioco, che individua l'azione da giocare per ogni eventuale circostanza in cui si può essere chiamati a giocare. 2 Per chiarire il concetto di strategia si consideri un gioco in cui le scelte di due giocatori si susseguono nel tempo. Si assuma, ad esempio, che il giocatore G1 giochi al tempo t = 1 ed il giocatore G2 giochi al tempo t = 2 , dopo aver osservato la scelta di G1. Quando G2 sarà chiamato a giocare, quindi a scegliere la propria azione, egli potrà trovarsi in una o altra circostanza, a seconda che l’avversario abbia messo in atto una certa azione piuttosto che un'altra. Si assuma, allora, che prima che il gioco abbia inizio G2, non potendo partecipare alla competizione, decida di farsi sostituire da un amico. Per essere certo che questi giocherà proprio come egli avrebbe fatto, G2 redige un piano di istruzioni nel quale stabilisce l'azione che dovrà essere intrapresa, per ognuna delle circostanze che potrebbero verificarsi nel corso del gioco, cioè come risposta ad ogni possibile scelta di G1. Tale piano costituisce una strategia. Una strategia stabilisce, quindi, quale azione sarà scelta ogniqualvolta un giocatore deve operare una decisione, per ogni circostanza in cui ci si potrebbe trovare al momento della scelta. L'insieme di tutte le strategie a disposizione di un giocatore individua il suo spazio di strategie. Si consideri il giocatore G1. Poiché questi non ha circostanze rispetto alle quali condizionare la propria scelta, in quanto precedentemente alla sua decisione nulla è accaduto, il suo spazio di strategie coincide con lo spazio di azioni. Si noti, infine, che se G2 dovesse scegliere senza poter osservare l’azione giocata da G1, non avrebbe più la possibilità di condizionare la propria scelta a quella di G1. In tal caso anche lo spazio di strategie di G2 coincide con lo spazio di azioni. In base alle informazioni a disposizione dei giocatori nel corso del gioco, possiamo distinguere tra giochi ad informazione perfetta e giochi ad informazione imperfetta. Un gioco ad informazione imperfetta si ha quando un giocatore si trova a dover decidere cosa fare, senza conoscere quali siano state tutte le scelte effettuate da chi lo ha preceduto nella sequenza di decisioni. Di contro, è ad informazione perfetta un gioco in cui ogni giocatore, quando è chiamato a giocare, conosce in pieno tutte le scelte fatte in precedenza, ossia conosce perfettamente la storia del gioco. Possiamo distinguere, inoltre, tra giochi ad informazione completa e giochi ad informazione incompleta. L’insieme informativo di un giocatore è incompleto quando egli non dispone di tutte le informazioni che determinano le scelte degli avversari. Ad esempio, un imprenditore potrebbe non essere in grado di calcolare il profitto che conseguirebbe l’imprenditore concorrente, poiché non conosce la funzione di costo dell’impresa concorrente. Di seguito prenderemo in esame giochi semplici per i quali si assumerà che tutti i giocatori sono razionali, ogni giocatore sa con quanti concorrenti deve competere ed ognuno conosce sia il proprio spazio di azioni che quello dei concorrenti. Inoltre, quasi sempre si assumerà informazione simmetrica rispetto agli altri elementi del gioco, tale che ciascun giocatore è in grado di calcolare i profitti che ognuno conseguirebbe in ogni possibile esito del gioco. Più precisamente, prenderemo in considerazione solo giochi per i quali gli elementi caratterizzanti così come la razionalità dei giocatori sono conoscenza comune. Quest'ultima implica che, data un’ipotesi, ad esempio che i giocatori sono razionali, ogni giocatore sa che gli altri sono razionali, sa che gli altri sanno che egli è a conoscenza di ciò e così via. Una volta rappresentata una situazione strategica come un gioco, il passo successivo consiste nell’individuare quali scelte i giocatori faranno per partecipare al gioco, così da prevederne l’esito. A tal fine, l’ipotesi che adotteremo è che l’esito di un gioco, o almeno l’esito più probabile, è associato ad una posizione di equilibrio, intesa come una situazione che ciascun giocatore, singolarmente preso, non avrebbe incentivo a modificare. Segue che, laddove l’esito di un gioco individua le scelte strategiche adottate da ogni partecipante, un equilibrio è da intendersi come una situazione in cui nessun giocatore ha incentivo a modificare la propria scelta strategica, se gli avversari non modificano le proprie. Una proprietà importante dell’equilibrio, che discende direttamente dalla definizione adottata, è che una situazione di equilibrio può perdurare nel tempo indefinitamente. Se, ad esempio, un dato gioco si ripete un certo numero di volte e la prima volta ha avuto come esito un risultato di equilibrio è plausibile ipotizzare che lo stesso risultato sarà conseguito nel corso delle ripetizioni in quanto nessun giocatore avrà incentivo 3 a modificare la scelta strategica iniziale, ritenendo che tutti gli avversari non modificheranno le loro scelte. Parte I – DECISIONI SIMULTANEE 3. G IOCHI STATICI Definiamo gioco statico un contesto strategico che i giocatori affrontano una sola volta ed in cui le scelte dei giocatori sono simultanee ed indipendenti. Premesso che, per ipotesi, l'obiettivo di ogni partecipante al gioco è ottenere il massimo profitto, il problema principale che ciascun giocatore deve risolvere nell’analizzare un gioco è: come fare ad individuare la strategia con cui giocare? In alcuni casi ciò è abbastanza semplice. Difatti, per alcuni giochi ciascun giocatore si rende immediatamente conto che, tra le strategie a propria disposizione, una in particolare consente un profitto sistematicamente maggiore delle altre, rispetto a tutte le possibili scelte dei propri avversari. Tale strategia è definita strettamente dominante. In altri casi, i giocatori realizzano che lo spazio di strategie a disposizione può essere ridotto, così da semplificare il problema decisionale, in quanto alcune strategie non devono essere prese in considerazione, poiché implicano profitti sistematicamente inferiori rispetto alle altre disponibili. Tali strategie sono definite strettamente dominate. Infine, per un’ampia classe di giochi i giocatori prendono atto che una scelta è ottimale solo se l'avversario mette in atto una certa strategia piuttosto che un'altra. L’analisi di un gioco avente tali caratteristiche conduce al concetto di equilibrio di Nash. 3.1 Soluzione 1: strategie dominanti e Dilemma del Prigioniero La figura 1 mostra la cosiddetta forma strategica, o a matrice, di un gioco in cui due giocatori, denominati G1 e G2, devono decidere quale tra due possibili azioni o strategie scegliere. In particolare, il giocatore G1 ha a disposizione le strategie A e B mentre il giocatore G2 le strategie S e D. I due giocatori devono scegliere la strategia con cui giocare simultaneamente e indipendentemente o, più in generale, senza informazioni circa la scelta del proprio avversario. I numeri all'interno della matrice indicano i profitti che i due giocatori otterrebbero, per ognuna delle quattro possibili coppie di strategie che possono verificarsi. Il primo numero indica il profitto del giocatore G1, mentre il secondo quello del giocatore G2. L’obiettivo di entrambi è massimizzare il profitto. G2 Figura 1 G1 S 2,2 0,6 A B D 6,0 4,4 Cerchiamo di individuare quale potrebbe essere l’esito del gioco. Se G1 scegliesse la strategia B e G2 scegliesse la strategia D entrambi otterrebbero un profitto pari a 4; se G1 scegliesse A e G2 scegliesse S entrambi otterrebbero un profitto pari a 2. Negli altri due possibili casi uno dei due giocatori otterrebbe un profitto pari a 0. Un primo esame della matrice rivela che l’esito (B;D) non è plausibile. Difatti, se il giocatore G1 dovesse prevedere che G2 giochi D, si renderebbe immediatamente conto che la scelta migliore per se è giocare A piuttosto che B. Difatti, giocando A come risposta a D, G1 guadagnerebbe un profitto pari a 6, laddove l’alternativa sarebbe profitto pari a 4 se avesse risposto con la strategia B. Un ragionamento analogo, inoltre, può farlo G2; giocando S come risposta a D, G2 otterrebbe un profitto pari a 6 invece che 4. Entrambi i giocatori hanno, quindi, incentivo unilaterale a deviare dalla coppia di strategie (B;D); quest'ultima, in altre parole, non sembra una previsione plausibile dell'esito del gioco. Più in generale, qualunque sia la previsione circa la strategia che metterà in atto G2 (G1), il giocatore G1 (G2) massimizzerà il proprio profitto giocando A (S). Infatti, se G2 giocasse S, G1 guadagnerebbe un profitto pari a 2 giocando A e un profitto pari a 0 giocando B. Allo stesso tempo, se G2 dovesse giocare D, G1 otterrebbe 4 un profitto pari a 6 giocando A e un profitto pari a 4 nel caso in cui giocasse B. Indipendentemente dalla scelta di G2, al giocatore G1 converrà, quindi, giocare A. Un ragionamento analogo porta a concludere che, qualunque sia la scelta di G1, al giocatore G2 converrà sempre giocare S. L'esito del gioco dovrebbe quindi essere (A;S); quest'ultima è detta soluzione in strategie dominanti.1 Definizione. Dato un insieme di strategie S a disposizione di un giocatore G, una strategia s appartenente ad S è detta strettamente dominante rispetto alle altre che costituiscono S se, per ogni strategia adottabile dall'avversario, ad s è associato il profitto maggiore per G. La situazione appena descritta appartiene alla classe di giochi denominata Dilemma del Prigioniero. Il nome deriva da una storia simile alla seguente. Due persone sono fermate dalla polizia in quanto indiziate per aver partecipato ad un crimine. Benché sia certo che i due abbiano partecipato all’azione criminale, la polizia non ha a disposizione prove sufficienti per stabilire qual è stato il loro ruolo effettivo; se nessuno dei due confesserà, entrambi saranno condannati ad un pena lieve pari a 2 anni di reclusione. Nel tentativo di fare piena luce sulla vicenda, la polizia decide di interrogare separatamente i due indiziati. In caso di confessione da parte di entrambi, i due saranno condannati a 4 anni di reclusione, che costituisce la giusta condanna per quanto hanno commesso. Ad ognuno dei due viene però prospettata una pena maggiore (6 anni di reclusione) qualora fosse l’unico a negare e viene assicurata la libertà in caso di confessione, qualora l’altro neghi. Il gioco è rappresentato in figura 2 ; i valori negativi indicano gli anni di reclusione. G2 Figura 2: Il Dilemma del Prigioniero G1 Nego -2,-2 0,-6 Nego Confesso Confesso -6,0 -4,-4 Il Dilemma del Prigioniero costituisce un riferimento importante nell’ambito della teoria dei giochi, poiché offre una semplice rappresentazione di molte situazioni reali. Ad esempio, il gioco potrebbe descrivere il problema decisionale di due imprese che competono nello stesso mercato e che devono decidere se fissare una strategia di prezzo alto o prezzo basso (Figura 3).2 G2 Figura 3: Competizione sui Prezzi G1 Prezzo Basso 5,5 3,18 Prezzo Basso Prezzo Alto Prezzo Alto 18,3 10,10 Se entrambe le imprese fissassero un prezzo alto, entrambe guadagnerebbero profitti considerevoli, ad esempio pari a 10. Assumendo che i due beni siano sostituti, entrambe le imprese però avrebbero incentivo ad abbassare il prezzo, se l’altra adottasse una strategia di prezzo alto. Adottando, infatti, un prezzo basso contro un’impresa che sta adottando un prezzo alto, si incrementerebbe la propria quota di mercato a discapito dell’impresa rivale. L’impresa che ha adottato un prezzo basso otterrebbe così un profitto molto alto, ad esempio pari a 18, determinando invece un profitto molto basso per l’impresa rivale. Del resto, se il proprio avversario sta adottando una strategia di prezzo basso, si è costretti ad adottare un prezzo basso. La soluzione prevede, quindi, un prezzo 1 Si noti che, in corrispondenza della soluzione in strategie dominanti, entrambi i giocatori guadagnano un profitto strettamente inferiore a quello associato alla coppia di strategie (B;D). 2 Di seguito indicheremo come dilemma del prigioniero ogni gioco che presenta una struttura analoga a quella rappresentata in figura 2. In tal senso, sia la figura 1 che la figura 3 rappresentano un dilemma del prigioniero. 5 basso per entrambe le imprese ed un profitto inferiore di quello che si sarebbe ottenuto nel caso in cui entrambe avessero adottato un prezzo alto.3 3.2 Soluzione 2: eliminazione iterata delle strategie dominate Nel caso in cui una soluzione in strategie dominanti non è individuabile ci si deve accontentare di un obiettivo più modesto. Ad esempio, avendo appurato che non esiste una strategia dominante, un giocatore potrebbe verificare se tra le strategie a propria disposizione qualcuna è dominata, cioè consente di ottenere un profitto inferiore rispetto a qualche altra strategia, per ogni possibile strategia giocata dall’avversario. La figura 4a offre un esempio in tal senso. G2 Figura 4a S 2,2 1,1 0,1 A C B G1 D 1,1 2,0 0,3 Il punto di partenza per la soluzione del gioco è sempre l’ipotesi che i giocatori sono razionali e, quindi, scelgono azioni che massimizzano il proprio profitto. In base all’ipotesi di razionalità dei giocatori, possiamo concludere che G1 non prenderà mai in considerazione di giocare la strategia B, essendo dominata da entrambe le altre strategie disponibili. Se G1 giocasse la strategia B otterrebbe, infatti, un profitto inferiore che se giocasse una delle altre due strategie, indipendentemente da quale strategia G2 giochi. Ciò implica che, dal punto di vista di G1, il gioco si riduce alle sole prime due righe della matrice. La sola ipotesi di razionalità dei due giocatori non sarebbe però sufficiente perché G2 giunga alle stesse conclusioni. Difatti, pur essendo razionale, se G2 non sapesse che anche G1 è razionale non potrebbe concludere che la strategia B sicuramente non sarà presa in considerazione. Affinché anche dal punto di vista di G2 il gioco si riduca alle prime due righe, è necessaria l’ipotesi che G2 sappia che G1 è razionale.4 In tal caso è come se si stesse giocando il gioco seguente: G2 Figura 4b S 2,2 1,1 A C G1 D 1,1 2,0 A questo punto è evidente che per G2 la strategia D è dominata dalla strategia S, per cui il giocatore G2 non ha alcun incentivo a scegliere D. Per ridurre ulteriormente il gioco è necessaria però anche l’ipotesi che G1 sappia che G2 è razionale. G2 S 2,2 1,1 Figura 4c G1 A C Dall’esame della figura 4c è evidente che la scelta ottima per G1 è giocare la strategia A. La coppia di strategie (A;S) individua la soluzione del gioco ottenuta mediante eliminazione iterata delle strategie dominate. In situazioni più complesse in termini di numero di strategie a disposizione di ogni 3 Una situazione analoga è riscontrabile in contesti in cui il risultato conseguibile da un gruppo di persone, del quale tutti beneficeranno, dipende dall’operato di ognuno, sebbene il contributo di ciascuno, preso singolarmente, non è determinante. In tal caso, ognuno avrebbe incentivo a non partecipare così da ottenere i benefici senza sopportarne i costi. Ma se tutti ragionassero in tal senso il risultato non sarebbe conseguito e tutti ne sarebbero danneggiati. 4 Si noti che per risolvere il Dilemma del Prigioniero è sufficiente l’ipotesi di razionalità dei giocatori. 6 giocatore, ulteriori ulteriori ipotesi. riduzioni del gioco, laddove possibili, richiederebbero 3.3 Soluzione 3: equilibrio di Nash I due criteri di soluzione presentati in precedenza non sono sempre in grado di fornire una previsione circa l’esito di un gioco. In molti casi, infatti, mettendo a confronto due strategie perseguibili da un giocatore, ci si rende conto che l'una è preferibile all'altra solo se l'avversario giochi una certa strategia piuttosto che un’altra. In altre parole, la scelta ottima per un giocatore dipende dalla scelta dell'altro giocatore; se quest'ultima non è osservabile, la strategia ottima dipenderà dalla previsione che un giocatore avrà fatto in merito alla strategia giocata dell'altro. E' necessario, quindi, introdurre un ulteriore criterio di risoluzione dei giochi da adottare laddove non fosse possibile una soluzione in strategie dominanti o mediante eliminazione iterata delle strategie dominate. A tal fine faremo riferimento al concetto di equilibrio di Nash. Definizione. Dati K giocatori, un insieme (o profilo) di K strategie, una per giocatore, costituisce un equilibrio di Nash se ognuna delle K strategie rappresenta una risposta ottima alle altre K-1 strategie dell'insieme considerato. Per comprendere il significato dell'equilibrio di Nash può essere utile confrontarne la definizione con quella di insieme di strategie dominanti. Dato un gioco, se un insieme di strategie D (una per ciascun giocatore) costituisce la soluzione in strategie dominanti del gioco, ciò implica che per ogni giocatore i la strategia d i ∈ D rappresenta la strategia migliore (tra quelle perseguibili, ossia tra quelle che costituiscono il proprio spazio di strategie), sia rispetto alle strategie degli avversari contenute in D, che rispetto a tutte le altre strategie a disposizione degli avversari. Tale requisito vale per tutti i giocatori. Di contro, se un insieme di strategie N costituisce un equilibrio di Nash, ogni singola strategia n i ∈ N rappresenta una strategia ottima, tra le strategie a disposizione di i, rispetto alle strategie degli avversari contenute in N, cioè dato che gli altri giocatori giochino proprio le strategie contenute nell'insieme in esame. L'equilibrio di Nash richiede quindi che, dato un insieme di strategie: § ciascuna strategia costituisca, per il giocatore che la mette in atto, una risposta che massimizza il profitto rispetto alle strategie che egli prevede giochino gli avversari; § la previsione di ciascun giocatore sia corretta. Dato un profilo di strategie, poiché per ogni giocatore una strategia (che è parte del profilo) è ottima nel caso in cui gli altri giocatori giocassero le strategie che costituiscono l'equilibrio di Nash, ciò implica che ogni singolo giocatore deve formulare una previsione circa le strategie degli altri e tale previsione dovrà rivelarsi corretta. In altre parole, affinché un profilo sia un equilibrio di Nash, una volta note tutte le strategie che costituiscono il profilo, ognuno deve constatare di aver correttamente previsto le strategie degli altri e quindi di aver fatto la scelta ottima. Nessuno dovrà pentirsi della strategia giocata, una volta che saranno note le strategie di tutti i giocatori. Perché la nozione di equilibrio di Nash può essere utile ai giocatori che devono decidere quale strategia adottare, nonché ad un osservatore che tenta di prevedere l'esito di un gioco? E' la nozione di equilibrio di Nash sempre utile per formulare una previsione circa l'esito di un gioco? Come vedremo in seguito, la risposta a quest'ultima domanda è negativa; nonostante ciò però, sottoporre un profilo di strategie al test di equilibrio di Nash è utile poiché quest'ultimo può essere inteso, in molti casi, come una condizione necessaria affinché un profilo di strategie costituisca una previsione plausibile circa l’esito di un gioco. Difatti, gli equilibri di Nash forniscono previsioni coerenti, nel senso che se si formulasse una previsione che non corrispondesse ad un equilibrio di Nash, allora staremmo prevedendo che almeno un giocatore compia un errore, nel prevedere le scelte degli altri o nel decidere la propria 7 strategia ottima. Allo stesso tempo, se un gioco presenta un unico (profilo di strategie che costituisce un) equilibrio di Nash, nessuno dei giocatori avrà incentivo a giocare una strategia diversa da quella propria dell'equilibrio di Nash, se tutti i giocatori prevedono che l’equilibrio di Nash sarà l’esito del gioco. In tal caso, l'equilibrio di Nash identifica previsioni coerenti circa le modalità con cui il gioco sarà giocato (Fudenberg e Tirole, 1991). G2 Figura 5 G1 S 1,4 0,0 A B D 3,3 2,1 Il gioco rappresentato in figura 5 non presenta strategie dominanti per il giocatore G2; per G2, infatti, la strategia ottima dipende da cosa farà l'avversario. Proviamo allora a risolverlo applicando la nozione di equilibrio di Nash.5 Trattandosi di un gioco con due giocatori ognuno dei quali ha due strategie a disposizione per giocare, esistono quattro differenti coppie di strategie possibili: (A;S), (A;D), (B;S) e (B;D). Le quattro coppie costituiscono i profili di strategie da analizzare per valutare se il gioco in esame è caratterizzato da equilibri di Nash. Per ogni singolo profilo dobbiamo verificare se ognuna delle due strategie rappresenti una risposta ottima rispetto all'altra strategia. E' facilmente verificabile che (A;S) rappresenta un equilibrio di Nash. Difatti, se G1 giocasse A, la miglior risposta per G2, tra le due alternative a disposizione S e D, è chiaramente S, che consente un profitto pari a 4. Alla strategia D come risposta ad A è associato, infatti, un profitto pari a 3. Di contro, se G2 giocasse S, la miglior risposta per G1 è la strategia A che consente un profitto pari a 1; difatti, rispondendo con la strategia B G1 otterrebbe un profitto pari a 0. In definitiva, se G1 giocasse A la miglior risposta per G2 sarebbe S, se G2 giocasse S la miglior risposta per G1 sarebbe A, per cui la coppia (A;S) è un equilibrio di Nash. Ragionando in maniera analoga, possiamo verificare che nessuna delle altre tre coppie di strategie costituisce un equilibrio di Nash. Consideriamo, ad esempio, il profilo (B;D). Se G1 giocasse B, la miglior risposta per G2 sarebbe D, che è parte del profilo che stiamo analizzando. Se però G2 giocasse D, la risposta ottima di G1 sarebbe A e non B, per cui (B;D) non è un equilibrio di Nash. Un ragionamento analogo vale per le altre due coppie di strategie. In conclusione, il gioco in esame è caratterizzato da un unico equilibrio di Nash.6 Fidanzata Figura 6: La Battaglia dei Sessi Fidanzato Stadio 2,1 0,0 Stadio Shopping Shopping 0,0 1,2 La figura 6 descrive un altro gioco molto noto in letteratura, denominato Battaglia dei Sessi. Due fidanzati devono decidere, simultaneamente ed indipendentemente, come trascorrere il pomeriggio; le due alternative possibili sono andare allo stadio o fare shopping. Ognuno dei due ha una propria preferenza; in particolare, il fidanzato preferisce lo stadio mentre la fidanzata fare shopping. Se i due andranno insieme allo stadio, il fidanzato riceverà un guadagno in termini di utilità maggiore della fidanzata; viceversa, 5 Il gioco potrebbe essere risolto anche mediante il criterio di eliminazione iterata delle strategie dominate. 6 Si noti che in base all’ipotesi di razionalità, se G1 ritenesse che G2 giochi S egli concluderebbe di dover giocare A. Qualora la previsione di G1 risulterà corretta, la strategia A sarà ottima. In effetti, la previsione risulterà corretta se G2 prevedesse che G1 giochi A; difatti, la strategia S è la miglior risposta alla strategia A. Assumendo che G1 sappia che G2 è razionale, lo stesso G1 conclude che G2 giocherà S come risposta ad A. A questo punto, ci si dovrebbe chiedere: ha motivo G2 di ritenere che G1 pensi che G2 giochi S e che quindi sia ottimale giocare A? Se G2 sa che G1 è razionale prevederà che G1 scelga A come risposta a S. Inoltre, se G1 sa che G2 sa che G1 è razionale, G1 concluderà che è corretto ritenere che G2 ha previsto che egli giochi A. E così via. Tale ragionamento conduce al concetto di “conoscenza comune”. 8 se i due andranno a fare shopping sarà la fidanzata ad ottenere un beneficio maggiore. Inoltre, poiché entrambi preferiscono trascorrere insieme il pomeriggio, piuttosto che uscire da soli, se si dovesse verificare quest’ultima circostanza otterrebbero un beneficio pari a 0. L’analisi della matrice mostra che esistono due equilibri di Nash: (Stadio; Stadio) e (Shopping; Shopping). Non essendoci altri elementi su cui basare la previsione circa l’esito del gioco, ci troviamo di fronte ad una situazione di indeterminatezza. Prima di proseguire è utile confrontare il gioco rappresentato in figura 5 con un dilemma del prigioniero. E’ immediato verificare che la soluzione di un dilemma del prigioniero è un equilibrio di Nash. Tale conclusione può essere generalizzata affermando che, se un gioco ha una soluzione in strategie dominanti, tale soluzione è sempre un equilibrio di Nash. Il gioco rappresentato in figura 5 mostra che il contrario non è vero in generale: un equilibrio di Nash non sempre corrisponde ad una soluzione in strategie dominanti. L'equilibrio di Nash è, quindi, un criterio di soluzione che richiede vincoli meno stringenti del criterio di soluzione in strategie dominanti. 3.4 La collusione: un esito non di equilibrio Ritorniamo a considerare il gioco rappresentato in Figura 1. Come verificato in precedenza, l’esito in strategie dominanti (A;S), che è anche un equilibrio di Nash, consente ad entrambi i giocatori di guadagnare un profitto strettamente inferiore rispetto a quello relativo all’esito (B;D). Quest’ultimo può interpretarsi come l’esito di collusione del gioco. Difatti, se ai due giocatori fosse consentito definire di comune accordo quali strategie mettere in atto, è plausibile ipotizzare che si coordinerebbero per ottenere l’esito (B;D). Il limite di questa soluzione è che, relativamente almeno ai problemi di organizzazione industriale di cui ci occuperemo, accordi collusivi o cooperativi tra le parti (cioè tra imprese) sono illegali. Ciò implica che, se una delle due parti in gioco non rispettasse l’accordo, l’altra non potrebbe impugnare il contratto di cooperazione davanti ad un giudice. Eventuali accordi collusivi non sono vincolanti. Si assuma allora che i due giocatori hanno raggiunto un accordo al fine di determinare l’esito (B;D). Poiché ciascuno dei due sa che non si può essere puniti per il mancato rispetto dell’accordo, ognuno inizierà a valutare la possibilità di agire in maniera diversa da quanto prescritto dall’accordo stesso. Ad esempio, ciascuno dei due giocatori si renderà immediatamente conto che, se dovesse ritenere che l’avversario si atterrà ai patti, converrà non rispettare l’accordo, poiché ciò consente un profitto maggiore. Ognuno dei due sarà, quindi, incentivato a non rispettare l’impegno preso con il proprio avversario. Del resto, se uno dei due dovesse ritenere che l’altro non rispetterà l’accordo, ugualmente sarà incentivato a non rispettarlo, poiché in caso contrario guadagnerebbe un profitto pari a 0. E’ chiaro, quindi, che la collusione, almeno per la classe di giochi appena esaminata, non è un esito di equilibrio. 4 COMPETIZIONE TRA IMPRESE ED EQUILIBRIO DI NASH: ESEMPI 4.1 Il modello di Cournot Il modello di Cournot descrive il problema che affrontano due (o più) imprese che, operando nello stesso mercato, devono decidere quanto produrre. Lo spazio di strategie a disposizione di una generica impresa i si compone di tutti i livelli di produzione q i teoricamente possibili, q i ∈ [ 0, ∞ ) . La decisione di ciascuna impresa è presa senza conoscere la scelta dell’altra, ma nella consapevolezza che avrà impatto sul profitto di entrambe. Analogamente a quanto visto in precedenza, l’obiettivo di entrambe le imprese è individuare la strategia, cioè la quantità da produrre, che massimizza il profitto: H1 max π = Ricavo Totale − Costo Totale La seconda ipotesi del modello è che ogni impresa, consapevole del fatto che la quantità che essa offre sul mercato ha un impatto rilevante sul prezzo di vendita, venda quanto prodotto al prezzo di equilibrio tra domanda e offerta aggregata. In tal caso, assumendo per semplicità che le imprese in questione 9 producano un bene omogeneo e indicando con domanda del mercato, avremo: p = p (Q D ) la funzione inversa di Q D = Q S ≡ q1 + q 2 → p = p ( q1 + q2 ) dove q 1 e q 2 indicano, rispettivamente, le quantità prodotte (e vendute) dalle imprese 1 e 2. Assumendo che le imprese conoscano la funzione inversa di domanda del mercato per il bene in questione, la precedente ipotesi, unita alla H1, implica che il problema di una singola impresa può scriversi come: max π i = p ( q1 + q 2 )q i − C ( q i ) . i = 1,2 H2 qi dove C ( q i ) indica il costo totale per produrre la quantità q i . Si noti che il profitto dell'impresa i dipende unicamente dalle quantità delle due imprese e che la scelta di una generica impresa influenza il profitto dell’altra attraverso il prezzo di vendita che entrambe concorrono a determinare. La precedente espressione evidenzia, inoltre, che nel massimizzare il profitto ogni impresa deve stabilire quale sarà l'impatto che una variazione della propria quantità ha sulla quantità scelta dalle altre imprese. Difatti nel calcolare le condizioni del primo ordine per la massimizzazione ci imbatteremo in termini del tipo ∂q j / ∂qi . Veniamo così alla terza ipotesi del modello: le congetture alla Cournot. Ciascuna impresa formula una previsione circa la quantità prodotta dall’altra impresa e assume che tale quantità non dipenda da quanto essa decide di produrre. L'ipotesi implica, quindi, che: H3 ∂ q1 / ∂ q 2 = 0 ∂q 2 / ∂q 1 = 0 Si consideri, allora, il caso di due imprese che producono un bene omogeneo a costi medi costanti pari a 3 per entrambe. Si assuma, inoltre, che le imprese conoscano la funzione di domanda del mercato per il bene, che assumiamo di tipo lineare pari a Q = 21− p e che vendano quanto prodotto al prezzo che eguaglia domanda e offerta aggregata. Ogni impresa sceglie quanto produrre avendo come obiettivo il massimo profitto. Il problema delle due imprese è quindi: max π1 (q 1 , q 2 ) = [ 21 − ( q1 + q 2 )]q 1 − 3q1 q1 per l'impresa 1 e max π 2 (q 1 , q 2 ) = [ 21 − (q 1 + q 2 )] q 2 − 3 q 2 q2 per l'impresa 2. Si noti che, coerentemente con l'ipotesi H2, al posto del prezzo abbiamo sostituito l'espressione della funzione inversa di domanda, assumendo che la quantità domandata è uguale alla quantità totale offerta dalle due imprese. Per ogni impresa la quantità che massimizza il profitto richiede l'eguaglianza tra ricavo marginale e costo marginale: ∂ π1 / ∂ q1 = 0 → 21 − 2q 1 − q 2 = 3 (1) per l'impresa 1 e ∂ π 2 / ∂ q 2 = 0 → 21 − q1 − 2 q 2 = 3 (2) per l'impresa 2. Chiaramente nel massimizzare la funzione di profitto abbiamo utilizzato l'ipotesi H3, per cui abbiamo posto pari a 0 le derivate incrociate delle quantità. L'equilibrio del modello di Cournot consiste in una coppia di quantità ( q 1c ; q 2c ) tali che entrambe le condizioni di massimo profitto siano verificate, ossia tali che entrambe le imprese stiano massimizzando il proprio profitto. Ciò implica che l'equilibrio consiste nella soluzione del sistema costituito dalle due condizioni del primo ordine: 21 − 2 q c − q c = 3 1 2 . c c 21 − q − 2 q 1 2 =3 Risolvendo il sistema si ottiene ( q1c = 6; q c2 = 6 ) . Sostituendo tali quantità nelle funzioni di profitto delle due imprese si ottiene che π 1 = π 2 = 36 . Il prezzo a cui le due imprese vendono il bene è pari a 9. Il modello di Cournot prevede, 10 quindi, che le due imprese, sebbene vendano un bene omogeneo, otterranno profitti positivi. Tale conclusione è chiaramente differente da quella che si sarebbe ottenuta assumendo concorrenza perfetta, nel qual caso in equilibrio di lungo periodo le imprese non fanno profitti. La differenza tra le due forme di mercato è che nel duopolio alla Cournot il prezzo di vendita è maggiore del costo medio unitario, con un mark-up nel caso in esame pari a 2/3. A questo punto verifichiamo che l'equilibrio del modello di Cournot è un equilibrio di Nash. Verifichiamo cioè che, se le due imprese decidessero di produrre una quantità pari a 6, per entrambe la quantità scelta sarebbe la migliore risposta rispetto alla quantità dell’altra impresa. Sottoponiamo a verifica, quindi, il profilo di strategie ( q1 = 6; q 2 = 6 ) . A tale scopo, sostituiamo nella funzione di profitto dell’impresa 1 la quantità relativa all’impresa 2 e calcoliamo la miglior risposta per l’impresa 1 a tale quantità. Ciò richiede la soluzione del seguente problema: max π1 (q 1 ) = [ 21 − (q 1 + 6 )]q 1 − 3q 1 . q1 Si noti che, avendo sostituito al posto di q 2 la quantità che è parte del profilo di strategie che sottoponiamo a verifica, la funzione di profitto dell'impresa 1 dipende unicamente da q 1 . E’ immediato verificare che la quantità che massimizza il profitto per l’impresa 1 è q 1 = 6 , ossia quella che è parte del profilo di strategie sottoposto a verifica.7 Analogamente possiamo verificare che q 2 = 6 è la quantità che massimizza il profitto dell’impresa 2, nel caso in cui assumessimo che q 1 = 6 . Concludendo, poiché ciascuna delle due quantità di equilibrio del duopolio alla Cournot costituisce la miglior risposta all’altra quantità, ossia la risposta che massimizza il profitto, la coppia di strategie ( q1 = 6; q 2 = 6 ) è un equilibrio di Nash.8 4.1.1 L'equilibrio di Nash e le funzioni di reazione. Per derivare le quantità di equilibrio del modello di Cournot abbiamo posto a sistema le equazioni (1) e (2), cioè le due condizioni del primo ordine relative al problema di massimizzazione del profitto. Ciascuna equazione, singolarmente presa, consentirebbe di calcolare la quantità che massimizza il profitto, se si conoscesse la quantità prodotta dall’altra impresa. Ad esempio, se l’impresa 1 sapesse che l’impresa 2 ha prodotto una quantità nulla, in base alla (1) concluderebbe di dovere produrre una quantità pari a 9. In generale, per un generico livello di produzione q 2 la quantità ottima dell’impresa 1, in base alla (1), sarebbe: 18 − q 2 q1 = (1b) 2 mentre per un generico livello di produzione q 2 la quantità ottima dell’impresa 2, in base alla (2), sarebbe: 18 − q1 q2 = . (2b) 2 La (1b) e la (2b) rappresentano le funzioni di reazione delle due imprese. Ciascuna costituisce la regola con cui un’impresa deve calcolare la quantità da produrre per massimizzare il profitto, data la previsione della quantità prodotta dall’altra impresa.9 Per ogni possibile strategia (quantità) dell'impresa 2, la (1b) offre all'impresa 1 la miglior risposta, ossia la 7 La massimizzazione del profitto dell’impresa 1 implica ∂q 2 / ∂q1 = 0 essendo q2 = 6 una costante, proprio come richiedeva l’ipotesi H3. In equilibrio l’ipotesi è, quindi, verificata. 8 Il modello di Cournot è stato presentato come un modello che descrive una competizione in cui le imprese scelgono il livello di quantità da produrre. Potrebbe sembrare, quindi, che l'equilibrio ricavato sia strettamente dipendente da tale circostanza. In realtà, saremmo giunti alle stesse conclusioni se avessimo ipotizzato che le imprese scegliessero il prezzo del bene, purché si fosse mantenuta l'ipotesi di congetture alla Cournot. Si veda in proposito Kreps (1990). 9 Si ricordi che la condizione del primo ordine esprime quasi sempre una condizione necessaria, e a volte anche sufficiente, per massimizzare una funzione. 11 strategia (quantità) che rende massimo il proprio profitto.10 Un ragionamento analogo vale per la (2b). La figura 7 mostra le due funzioni di reazione nel piano ( q1 , q 2 ) .11 Qualora l’impresa 1 preveda che l'impresa 2 produrrà una quantità pari a q 2 , allora per massimizzare il profitto dovrebbe produrre la quantità q 1 = (18 − q 2 ) / 2 . Chiaramente la scelta dell’impresa 1, una volta note le quantità prodotte, sarà ottimale solo se la previsione si rivelerà corretta, ossia se q 2 = q 2 . Ad esempio, in base alla (1b) se q 2 = 4 ,5 l'impresa 1 dovrebbe produrre q 1 = 6 ,75 . La coppia di strategie ( 6, 75;4 ,5) non è però un equilibrio Infatti, in base alla (2b) l’impresa 2 sarebbe indotta a produrre di q 2 = 4 ,5 Nash. solo se prevedesse q 1 = 9 , mentre se dovesse prevedere q 1 = 6 ,75 sceglierebbe q 2 = 5, 625 . Neanche la coppia ( 6, 75;5,625 ) è però un equilibrio di Nash. Difatti, q 1 = 6 ,75 non è più una scelta ottima per l'impresa 1, essendo basata su q 2 = 4 ,5 ; osservando una quantità per l’impresa 2 pari a q 2 = 5, 625 l’impresa 1 si pentirebbe della scelta q 1 = 6 ,75 . Andando avanti in questo ragionamento concluderemo che l’unica coppia di equilibrio è ( 6;6 ) . E' evidente, a questo punto, l'analogia con quanto detto in precedenza allorché abbiamo introdotto il concetto di equilibrio di Nash. Possiamo, quindi, guardare all'equilibrio del modello di Cournot come ad una situazione in cui ogni impresa fa una previsione circa la quantità prodotta dall'altra impresa, sceglie la propria quantità in base alla funzione di reazione e vale il requisito che le previsioni siano corrette. Quest'ultima circostanza garantisce che la quantità scelta dalle due imprese in base alla funzione di reazione sia effettivamente quella ottima, poiché basata su una previsione circa la quantità dell'altra impresa che risulta corretta. Graficamente, l’equilibrio corrisponde al punto d’intersezione delle due curve. Figura 6: Funzioni di reazione ed equilibrio Nash-Cournot q1 18 Funzione di reazione impresa 2: q 2 = (18 − q1 ) / 2 Equilibrio: q 1 = q 2 = 6 9 6 Funzione di reazione impresa 1: q 1 = (18 − q 2 ) / 2 • q2 6 9 18 4.2 Il modello di Cournot con asimmetrie di costo. 10 Si noti l’analogia con i giochi analizzati in precedenza, laddove per individuare un equilibrio di Nash si determinava la miglior risposta di un giocatore alla strategia giocata dall’altro. 11 Nel piano ( q1, q 2 ) la funzione di reazione dell’impresa 2 è espressa come q1 = 18 − 2q 2 . 12 Nell'esempio precedente si è ipotizzato che le imprese fossero simmetriche, ossia adottassero la stessa tecnologia. Rimuoviamo ora tale ipotesi ed assumiamo che l'impresa 1 è in grado di utilizzare una tecnologia più efficiente di quella dell'impresa 2. In particolare, il costo medio unitario di produzione è c1 per l'impresa 1 e c 2 per l'impresa 2, con c1 < c 2 . La funzione di domanda è la stessa dell'esempio precedente. Il problema delle due imprese è quindi: max π i ( q1 , q 2 ) = p (q 1 + q 2 ) q i − c i q i = [ 21 − (q 1 + q 2 )] q i − c i q i i = 1,2 i ≠ j . qi Le condizioni del primo ordine necessarie per un massimo sono: ∂ π1 / ∂ q1 = 0 → 21 − 2q 1 − q 2 = c1 (3) ∂π 2 / ∂q2 = 0 → 21 − q 1 − 2 q 2 = c2 . (4) Risolvendo il sistema costituito dalla (3) e dalla (4), si ottengono le quantità 21 − 2 c1 + c2 21 − 2c 2 + c1 12 di equilibrio: q1 = ;q2 = . E’ immediato verificare che tale 3 3 coppia costituisce un equilibrio di Nash. A tale scopo, sostituiamo nella funzione di profitto dell’impresa 1 la quantità relativa all’impresa 2 e calcoliamo la miglior risposta per l’impresa 1: 21 − 2c 2 + c1 π 1 = 21 − q 1 − q1 − c1 q1 . 3 q1 Risolvendo il problema di massimizzazione del profitto si ottiene che la quantità ottima per l’impresa 1 è proprio q 1 = ( 21 − 2c1 + c 2 ) / 3 , ossia la quantità che è parte del profilo di strategie sottoposto a verifica. Analogamente possiamo verificare che q 2 = ( 21 − 2 c 2 + c1 ) / 3 è la quantità che massimizza il max profitto dell’impresa 2, nel caso in cui assumessimo che q 1 = ( A − 2c1 + c 2 ) / 3 . Concludendo, poiché ciascuna delle due quantità di equilibrio del duopolio alla Cournot costituisce la miglior risposta all’altra quantità, la coppia ( q1 = ( A − 2 c1 + c 2 ) / 3; q 2 = ( A − 2 c 2 + c1 ) / 3) è un equilibrio di Nash. Avendo introdotto la possibilità di costi differenti possiamo calcolare l'effetto di una variazione infinitesimale del costo medio di un’impresa sulle quantità di equilibrio di entrambe. Ad esempio, un aumento del costo medio dell’impresa 1, indurrebbe una riduzione della quantità di tale impresa ed un aumento della quantità dell’impresa 2; difatti, ∂ q1 / ∂c1 = −2 / 3 e ∂ q 2 / ∂c1 = 1 / 3 . Per intuire il perché di tale risultato può essere utile riesaminare le condizioni del primo ordine e la definizione di equilibrio. Come abbiamo visto in precedenza, le quantità di Cournot consistono nella soluzione del sistema composto dalle equazioni (3) e (4). Queste ultime indicano che il profitto marginale delle due imprese deve essere pari a zero. Se aumentasse il costo marginale dell'impresa 1, si verificherebbe che alle vecchie quantità di equilibrio il ricavo marginale dell'impresa 1 sarebbe inferiore al costo marginale, per cui l'impresa 1 non starebbe ottimizzando.13 Poiché il ricavo marginale è inversamente proporzionale alla quantità prodotta ( ∂ Rm1 / ∂ q1 = −2 ), per riportarsi nell'ottimo l'impresa 1 deve reagire all'incremento del costo marginale riducendo la propria quantità. A questo punto però il ricavo marginale dell'impresa 2, che dalla (4) si nota essere inversamente proporzionale alla quantità dell'impresa 1 (∂ Rm 2 / ∂ q1 = −1 ), eccede il costo marginale. L'impresa 2 reagisce espandendo la quantità finché il ricavo marginale non sia nuovamente uguale al proprio costo marginale. 4.3 Il modello di Bertrand. Il modello di Bertrand descrive un contesto strategico di competizione tra imprese, ognuna delle quali ha il problema di scegliere il prezzo a cui vendere il bene che produce. Lo spazio di strategie di ogni impresa si compone, quindi, 12 Si noti che la differenza nelle quantità prodotte dipende dalla differenza nei costi marginali di produzione. Assumendo c1 = 1 e c2 = 3 si ottiene q1 = 7 ,3 , q 2 = 5,3 , π1 = 53,7 e π 2 = 28,4 . 13 Si noti che, al contrario, la condizione di ottimo dell'impresa 2 è preservata poiché non dipende dai costi dell'impresa 1. 13 dei livelli di prezzo a cui offre il bene che produce. Assumendo che nessuna impresa ha incentivo a vendere al di sotto del costo medio, poiché incorre in una perdita, o al di sopra del prezzo di monopolio, poiché riducendo il prezzo incrementerebbe il profitto, possiamo assumere che lo spazio di strategie per ogni impresa consiste nei livelli di prezzo compresi in tale intervallo. Analogamente al modello di Cournot, la decisione di ciascuna impresa è presa senza conoscere la scelta dell’altra. La prima ipotesi del modello è che entrambe le imprese scelgono il prezzo di vendita con l'obiettivo di massimizzare il profitto: max π i = p i q i − C ( q i ) . H1 i = 1,2 pi La seconda ipotesi richiede che, in base ai prezzi fissati dalle due imprese, ciascuna produca e venda la quantità richiesta dal mercato; in tal caso, ci sarà equilibrio tra domanda ed offerta.14 La terza ipotesi prevede che ogni impresa assuma che l’impresa rivale non condizioni la propria scelta di prezzo sulla base del prezzo da essa fissato (congetture alla Bertrand). Analiticamente ciò implica che per l’impresa 1 ∂ p 2 / ∂p1 = 0 e per l’impresa 2 ∂ p1 / ∂p 2 = 0 . Si consideri allora il caso, analizzato in precedenza, di due imprese che vendono un bene omogeneo in un mercato la cui funzione di domanda è Q = 21− p . Ogni impresa produce il bene a costi medi pari a 3. In tal caso, lo spazio di strategie delle due imprese consiste dell’insieme di prezzi p i ∈ [3,12 ] . In base alle ipotesi del modello si evince che una coppia di prezzi ( p1 ; p 2 ) con p 1 ≠ p 2 non può costituire un equilibrio di Nash. Per verificare tale conclusione, si consideri la generica coppia ( p1 ; p 2 ) = ( p1 ; p 2 ) con p 1 < p 2 . In tale circostanza l'impresa 1 sarebbe la sola a vendere il bene in quanto, data l'ipotesi di omogeneità, nessun consumatore avrebbe interesse ad acquistarlo dall'impresa 2 ad un prezzo più alto di quello praticato dall'impresa 1. Il profitto dell'impresa 2 sarebbe, quindi, pari a 0. Tale situazione è facilmente migliorabile da parte dell'impresa 2. In particolare, dato il prezzo p1 , l'impresa 2 otterrebbe un profitto positivo fissando un prezzo p 2 = p1 e massimizzerebbe il profitto fissando un prezzo di poco inferiore a quello dell’impresa 1, p 2 = p1 − ε . La coppia ( p1 ; p 2 ) non costituisce, quindi, un equilibrio di Nash del modello; più in generale, prezzi differenti non possono costituire un equilibrio. Consideriamo allora la possibilità di prezzi uguali compresi nell'intervallo [3,12] , assumendo sempre che laddove le imprese fissino lo stesso prezzo si ripartiscano il mercato in parti uguali. Assumendo p1 = p 2 = p il profitto di ogni impresa sarebbe: 21 − p π= ( p − 3) . 2 Se p > 3 il profitto di entrambe le imprese è positivo. Ogni impresa avrebbe però incentivo a ridurre di un ε il prezzo, così da vendere tutta la quantità richiesta dal mercato ad un prezzo di poco inferiore al precedente. In tal caso, infatti, otterrebbe un profitto pari a [ 21 − ( p − ε)][( p − ε) − 3] , che è maggiore del precedente. Tutte le coppie costituite da prezzi uguali e superiori al costo medio di produzione non costituiscono, quindi, un equilibrio. L'unico caso in cui non c'è incentivo a modificare il prezzo è con riferimento alla coppia ( p1 = 3; p 2 = 3) , nel qual caso i profitti delle due imprese sono nulli. Difatti, un prezzo maggiore di 3, dato che l'altra impresa fissa un prezzo pari a 3, implicherebbe ugualmente profitti nulli e, quindi, nessun miglioramento che giustifichi una deviazione; allo stesso tempo, una riduzione del prezzo al di sotto del costo unitario di produzione comporterebbe una perdita, che è un risultato inferiore rispetto a conseguire profitti nulli. In definitiva, la 14 Una precisazione è necessaria. Se le imprese producono un bene omogeneo e fissano lo stesso prezzo, possiamo determinare solo la quantità totale domandata dal mercato ma non la domanda relativa alla singola impresa. In tal caso, si assumerà che le imprese si ripartiscono il mercato in parti uguali. Si noti, inoltre, che stiamo implicitamente assumendo che non esistano vincoli alla capacità produttiva delle imprese, almeno relativamente alla massima quantità che il mercato potrebbe richiedere. 14 coppia di prezzi ( p1 ; p 2 ) = (3;3) individua l’equilibrio di Nash; solo in tale circostanza ciascuna impresa, una volta osservato il prezzo fissato dall'altra, non si pentirà della scelta fatta. In generale, nel caso in cui due imprese competono alla Bertrand producendo un bene omogeneo con costi medi costanti uguali, l'equilibrio di Nash prevede prezzi uguali al costo medio e profitti nulli. Quest'ultima conclusione è in netto contrasto con quanto osservato per il modello di Cournot. Sostituendo, quindi, l'ipotesi di concorrenza sulle quantità con quella di concorrenza sui prezzi si ottengono risultati radicalmente differenti. In particolare, il modello di Bertrand prevede un prezzo di vendita uguale a quello che prevarrebbe in un equilibrio di concorrenza perfetta, nonostante che il mercato sia composto, dal lato dell'offerta, di sole due imprese. 4.4 Il modello di Bertrand con differenziazione del prodotto. Nell’esempio precedente si è ipotizzato che il bene prodotto dalle imprese fosse omogeneo. Si assuma ora invece che i consumatori ritengano che le due imprese vendano beni analoghi ma non perfettamente uguali. Dal punto di vista dei consumatori, i due beni sono valutati diversamente o per effetto di campagne pubblicitarie, che inducono a ritenerli tali sebbene identici nella sostanza, o grazie ad alcune caratteristiche distintive. In entrambi i casi possiamo definire una curva di domanda per il bene venduto dall’impresa 1 ed un’altra per il bene venduto dall’impresa 2. Si assuma allora che la curva di domanda per il bene 1 sia Q1 = 16 − 2 p 1 + p 2 mentre quella per il bene 2 sia Q 2 = 16 − 2 p 2 + p 1 . In tal caso, un aumento di prezzo da parte di un’impresa induce un incremento nella quantità domandata del bene venduto dall’altra impresa, oltre a determinare una riduzione nella quantità domandata del proprio bene. I due beni sono, quindi, sostituti.15 Dovendo analizzare una competizione alla Bertrand, si assuma che ciascuna impresa scelga, simultaneamente ed indipendentemente dall’altra, il prezzo di vendita del bene che produce, con l’obiettivo di massimizzare i profitti. Assumendo costi medi costanti ed uguali tra imprese, pari a 4, il problema di scelta strategica può essere scritto come segue: max π1 ( p1 , p 2 ) = p1 (16 − 2 p 1 + p 2 ) − 4 (16 − 2 p1 + p 2 ) p1 per l’impresa 1, e max π 2 ( p1 , p 2 ) = p 2 (16 − 2 p 2 + p1 ) − 4 (16 − 2 p 2 + p1 ) p2 Si noti che a differenza del modello di Cournot, il profitto di entrambe le imprese è ora espresso in funzione dei prezzi. La condizione del primo ordine relativa al problema dell’impresa 1 è ∂ π1 / ∂ p1 = 16 − 4 p1 + p 2 + 8 = 0 , mentre quella relativa al problema dell’impresa 2 è ∂ π 2 / ∂ p 2 = 16 − 4 p 2 + p1 + 8 = 0 . In termini di funzione di reazione, le due condizioni del primo ordine implicano 24 + p 2 p1 = 4 per l’impresa 1 e 24 + p1 p2 = 4 per l’impresa 2. La figura 8 riporta le due funzioni di reazione nel piano ( p1 , p 2 ) . Poiché vogliamo determinare una coppia di prezzi tale che per entrambe le imprese il prezzo adottato massimizzi il profitto, dato il prezzo scelto dall’altra impresa, è necessario derivare quella coppia di prezzi che soddisfa entrambe le condizioni del primo ordine. In tal caso, dato il prezzo 15 Si noti che l’ipotesi di differenziazione implica che prezzi differenti sono compatibili con una quantità domandata positiva per entrambi i beni. 15 dell’impresa concorrente ogni impresa avrà scelto il prezzo che massimizza il proprio profitto. La soluzione del sistema composto dalle due condizioni del primo ordine è: p1 = p 2 = 8 . Graficamente ciò corrisponde al punto d’intersezione delle due curve di reazione. Per verificare ulteriormente che la coppia di strategie-prezzi ( p1 = 8; p 2 = 8) costituisce un equilibrio di Nash, individuiamo qual è il prezzo che un’impresa deve adottare per massimizzare il proprio profitto, dato che l’altra impresa fissa un prezzo pari a 8. Limitandoci a considerare il problema dell’impresa 1, la massimizzazione del profitto implica: ∂ π1 / ∂ p1 = 16 − 4 p1 + p 2 + ( ∂ p 2 / ∂ p1 ) + 8 − 4 (∂ p 2 / ∂ p1 ) = 0 . Poiché stiamo assumendo che l’impresa 1 preveda p 2 = 8 , sostituendo tale valore nella condizione del primo ordine e notando che, essendo ∂ p 2 / ∂p1 = 0 , si ottiene p2 = 8 una costante, p 1 = 8 . Poiché il problema dell’impresa 2 è simmetrico rispetto a quello dell’impresa 1, possiamo concludere che la coppia ( p1 = 8; p 2 = 8) costituisce l’equilibrio di Nash del duopolio alla Bertrand. In equilibrio il prezzo è maggiore del costo medio ed entrambe le imprese conseguono un profitto positivo.16 Figura 7: Funzioni di reazione ed equilibrio Nash-Bertrand p1 Funzione di reazione impresa 2: p 2 = ( 24 + p1 ) / 4 Funzione di reazione impresa 1: p 1 = ( 24 + p 2 ) / 4 • 8 Equilibrio: p1 = p 2 = 8 6 6 p2 8 4.5. L’instabilità dei cartelli: collusione ed incentivo a deviare In precedenza abbiamo verificato che per un gioco statico, quale ad esempio il dilemma del prigioniero, la collusione non è un risultato di equilibrio. Una conclusione analoga si ottiene laddove si considera un modello di oligopolio con competizione alla Cournot o alla Bertrand. Per verificare ciò riprendiamo nuovamente in esame il modello di Cournot con costi uguali e assumiamo che le due imprese stiano prendendo in considerazione la possibilità di colludere così da incrementare i profitti. L’obiettivo è agire in maniera tale che il profitto totale (cioè la somma dei profitti delle due imprese) sia massimo, così da rendere massima la somma di denaro da dividersi. Per massimizzare il profitto 16 Quest’ultimo risultato non dipende strettamente dall’ipotesi che ∂Qi / ∂p i ≠ ∂ Qi / ∂p j . 16 congiunto le due imprese devono produrre (e vendere) in totale quanto produrrebbe un monopolista. Nel caso in esame la massimizzazione del profitto congiunto implicherebbe: 21 − 2Q = 3 da cui si ottiene Q = 9 , p = 12 e π 1 + π 2 = 81 . Assumendo che le due imprese decidano di ripartirsi il profitto in parti uguali, producendo ognuna metà della quantità di monopolio, ognuna produrrebbe 4 ,5 e guadagnerebbe 40 ,5 . Ciascuna impresa otterrebbe, quindi, un profitto maggiore di quello conseguibile nell’equilibrio di Cournot; sembrerebbe, dunque, che la collusione sia un esito molto probabile. In realtà, ciascuna impresa, una volta valutata l’opportunità di un accordo, prenderà in considerazione l’opportunità di non mettere in atto quanto previsto dall’accordo stesso, cioè prenderà in considerazione l’opportunità di produrre e immettere sul mercato una quantità diversa da 4 ,5 . Guidata dal proprio personale interesse e consapevole che nel caso in cui non dovesse ottemperare all’accordo tale inadempienza non sarebbe punibile, ciascuna impresa valuterà quale sarebbe il beneficio di deviare dall’accordo. Si assuma allora che una delle due imprese, ad esempio l’impresa 1, ritenga che l’altra produrrà effettivamente la quantità di collusione, q 2 = 4 ,5 . In base alla funzione di reazione, la risposta ottima dell’impresa 1 è tale quantità come risposta a q 2 = 4 ,5 , l’impresa 1 q 1 = 6 ,75 . Producendo otterrebbe, infatti, un profitto π 1 = 55 ,6875 maggiore del profitto di collusione, inducendo un profitto per l’impresa 2 pari a π 2 = 37 ,125 , minore del profitto di collusione. L’impresa 1 ha, quindi, incentivo a deviare dall’accordo collusivo. Chiaramente alla stessa conclusione giungerebbe l’impresa 2 se dovesse valutare la convenienza a deviare, nell’ipotesi che l’impresa 1 rispettasse l’accordo. Il cartello tra le due imprese è quindi instabile: entrambe hanno incentivo a deviare dall’accordo di collusione. 5. D UOPOLIO CON INFORMAZIONE ASIMMETRICA I modelli presentati in precedenza erano caratterizzati dall’ipotesi di informazione completa e simmetrica tra le parti. In questa sezione, riprendendo in esame il modello di duopolio alla Cournot, analizzeremo le conseguenze della rimozione di tale ipotesi.17 Al di là dell’interesse per il modello in quanto tale, la possibilità di informazione asimmetrica si rivelerà molto utile quando prenderemo in esame strategie tendenti ad innalzare barriere all’entrata in un mercato o ad indurre l’uscita dal mercato di un concorrente. Si assuma allora che il lato della domanda è rappresentato dalla funzione Q = 21− p e che due imprese competono producendo un bene omogeneo. A differenza del modello analizzato in precedenza, una delle due imprese, ad esempio l’impresa 2, non conosce i costi dell’altra e quindi non è in grado di calcolare il profitto del proprio avversario. In particolare, si assuma che entrambe le imprese conoscano il costo medio unitario di produzione dell’impresa 2, che assumiamo pari a 3, e che entrambe sanno che l’altra è a conoscenza di ciò. Al contrario, l’impresa 1 conosce il proprio costo medio unitario di produzione con esattezza, mentre l’impresa 2 non è in possesso di tale informazione.18 L’impresa 2 sa solo che il costo medio dell’altra potrebbe essere pari a 1 o a 3 e che uno dei due valori è effettivamente il costo medio di produzione dell’impresa 1. Esiste, quindi, asimmetria informativa tra le due imprese; dal punto di vista dell’impresa 2 l’impresa 1 può essere di due tipi diversi, a seconda del costo medio a cui produce. Nel caso in cui la funzione di costo dell’impresa 1 fosse C1 ( q 1 ) = q1 , l’impresa 2 dovrebbe competere con un’impresa che adotta una tecnologia più efficiente della propria, mentre se C1 ( q1 ) = 3q 1 le funzioni di costo delle due imprese sarebbero identiche. Si assuma, inoltre, che con probabilità µ l’impresa 2 competa con un’impresa il cui costo unitario è pari a 3 e con probabilità 1 − µ 17 18 Considerazioni analoghe valgono per il modello di Bertrand con differenziazione del prodotto. Per entrambe le assunzioni vale l’ipotesi di conoscenza comune. 17 competa con un’impresa il cui costo unitario è pari a 1. Tale informazione è nota all’impresa 1, quale che sia il suo tipo.19 Restano valide infine le altre ipotesi che caratterizzavano il modello con informazione completa. In generale, quale che sia il proprio costo medio di produzione l’impresa 1 sceglie la quantità da produrre con l’obiettivo di massimizzare il profitto, data l’ipotesi sulla quantità prodotta dall’altra impresa. Se l’impresa 1 fosse in grado di produrre ad un costo unitario pari a 1, sceglierebbe la propria quantità risolvendo il seguente problema: max π1 = [ 21 − ( q1 (1) + q 2 )] q1 − q1 (1) q1 (1) dove q 1 (1) individua la quantità relativa ad un’impresa con costo medio pari a 1. In tal caso, si otterrebbe la seguente funzione di reazione: 20 − q 2 q 1 (1) = . 2 Analogamente, se l’impresa 1 producesse ad un costo medio pari a 3 si avrebbe: max π1 = [ 21 − ( q1 (3) + q 2 )]q 1 − 3q 1 ( 3) q1( 3) dove q 1 ( 3) individua appunto la quantità relativa ad un’impresa con costo medio pari a 3. In tal caso, risolvendo il problema di massimizzazione si otterrebbe: 18 − q 2 q 1 ( 3) = . 2 Dal punto di vista dell’impresa 1, quindi, il problema è analogo a quello incontrato per il modello con informazione simmetrica. A seconda di quale tipo d’impresa 1 effettivamente compete sul mercato, sarà valida una delle due funzioni di reazione per il calcolo dell’effettiva quantità prodotta. In particolare, poiché l’impresa 1 dispone di tutte le informazioni rilevanti per il calcolo del profitto dell’impresa 2, essa è perfettamente in grado di risolvere il problema di scelta ottima di quest’ultima. Si consideri ora il problema dell’impresa 2, cioè dell’impresa che possiede informazione incompleta. Nel caso in cui l’impresa con cui compete producesse con costi bassi, l’impresa 2 dovrebbe scegliere la propria quantità così da massimizzare la funzione di profitto π 2 = [ 21 − ( q1 (1) + q 2 )] q 2 − 3 q 2 ; allo stesso tempo, se l’impresa 2 affrontasse un’impresa che produce ad un costo medio pari a 3 dovrebbe scegliere la propria quantità avendo come riferimento la funzione di profitto π 2 = [ 21 − (q 1 ( 3) + q 2 )]q 2 − 3q 2 . Le due funzioni si differenziano rispetto alla previsione che l’impresa 2 fa della quantità prodotta dall’impresa 1; tale previsione sarà diversa a seconda di qual è l’effettivo costo di produzione dell’impresa 1. Difatti, a differenza del modello con informazione completa, l’impresa 2 non è più in grado di risolvere il problema di scelta ottima dell’impresa 1, poiché non conosce con esattezza il costo medio di produzione di quest’ultima. In base alle informazioni di cui dispone, l’impresa 2 sa che la funzione di profitto π 2 = [ 21 − ( q1 (1) + q 2 )] q 2 − 3 q 2 è quella rilevante con probabilità 1 − µ , mentre l’altra si rivelerà corretta con probabilità pari a µ. In tal caso assumiamo che l’impresa 2 scelga la quantità da produrre così da massimizzare il valore atteso del profitto: max E( π 2 ) = (1 − µ ){[ 21 − (q 1 (1) + q 2 )]q 2 − 3q 2 } + µ{[ 21 − ( q1 (3) + q 2 )]q 2 − 3q 2 } . q2 Risolvendo il precedente dell’impresa 2 è problema si ottiene che la funzione di reazione 18 − q1 (1) 18 − q 1 ( 3) 18 − [(1 − µ ) q1 (1) + µ q1 (3)] +µ = 2 2 2 dove (1 − µ )q 1 (1) + µq1 (3 ) indica il valore atteso, dal punto di vista dell’impresa 2, della quantità prodotta dall’impresa 1. La massimizzazione dei profitti implica, quindi, tre funzioni di reazione, una relativa all’impresa 2 ed una per ciascuno dei due possibili tipi di impresa 1. L’equilibrio richiede che l’impresa 2 produca la quantità che massimizza il profitto, dato il livello atteso di produzione dell’impresa 1, e che l’impresa 1, sia con costi bassi che con costi q 2 = (1 − µ ) 19 Si noti che non abbiamo stabilito qual è l’effettiva funzione di costo relativa all’impresa 1. 18 alti, produca la quantità che massimizza il profitto, data la quantità prodotta dall’impresa 2. Essendo incompleta l’informazione di cui dispone l’impresa 2, quest’ultima sceglierà la quantità da produrre sulla base del valore atteso del livello di produzione dell’impresa 1 e non sulla base del livello effettivo. Per ottenere le quantità di equilibrio poniamo a sistema le tre funzioni di reazione: 20 − q 2 q 1 (1) = 2 18 − q 2 q 1 (3 ) = 2 18 − [(1 − µ ) q1 (1) + µ q1 (3)] q 2 = . 2 Sostituendo la q 1 (1) e la q 1 ( 3) nella terza equazione si ottiene la quantità prodotta in equilibrio dall’impresa 2, q 2 = (16 + 2µ ) / 3 . Sostituendo tale quantità nelle funzioni di reazione relative ai due possibili tipi di impresa 1, si ottiene che in equilibrio l’impresa 1 produce q 1 (1) = ( 22 − µ ) / 3 se la tecnologia che adotta implica un costo medio pari a 1, mentre produce q 1 (3) = (19 − µ ) / 3 se il costo medio è pari a 3.20 In equilibrio, il profitto atteso dell’impresa 2 è E ( π 2 ) = [(16 + 2 µ ) / 3] 2 ed il profitto dell’impresa 2 1 è π 1 (1) = [( 22 − µ ) / 3 ] 2 o π 1 (1) = [(19 − µ ) / 3] , a seconda del costo a cui produce. Al crescere del valore di µ cresce la quantità prodotta dall’impresa 2 e si riduce il livello di produzione dell’impresa 1, quale che sia il suo tipo. In altre parole, quanto maggiore è la probabilità che l’impresa 1 produca ad un costo medio pari a 3, tanto minore è la differenza tra le quantità effettivamente prodotte dalle due imprese. Ad esempio, se µ = 0,5 si ottiene q1 (1) = 7,1 6 , q1 (3) = 6,1 6 e q 2 = 5, 6 ; se µ = 1 , cioè nel 21 caso in cui sicuramente l’impresa 1 produca a costi alti, si ottiene q 1 = q 2 = 6 . Inoltre, confrontando i casi di informazione completa (con costi uguali o differenti) ed incompleta, poiché 5, 3 < (16 + 2µ) / 3 < 6 per 0 < µ < 1 , segue che con informazione incompleta l’impresa 2 produce più di quanto avrebbe prodotto in caso di duopolio con costi differenti ed informazione completa e meno di quanto avrebbe prodotto nel caso di duopolio con costi uguali ed informazione completa. La possibilità che l’impresa 1 produca a costi bassi induce l’impresa 2 a ridurre la quantità prodotta rispetto al caso in cui l’impresa 1 è sicuramente un’impresa con costi alti; allo steso tempo, la possibilità che l’impresa 1 produca a costi alti induce l’impresa 2 a produrre più di q 2 = 5, 3 , cioè della quantità scelta nel caso in cui sicuramente l’impresa 1 produca a costi bassi. Analogamente, l’impresa 1 con costi alti è incentivata a produrre più di quanto avrebbe prodotto in assenza d’incertezza (6 < (19 − µ ) / 3 ), mentre l’impresa 1 con costi bassi è costretta a produrre meno di quanto avrebbe prodotto se fosse stato noto all’impresa 2 il proprio costo medio di produzione ( (22 − µ) / 3 < 7, 3 ).22 Parte II – DECISIONI SEQUENZIALI 6. G IOCHI DINAMICI E CREDIBILITÀ : EQUILIBRIO DI NASH PERFETTO 20 La terna di quantità individuata costituisce un equilibrio di Nash-Bayes. Si noti che l’impresa 2 deve limitarsi a calcolare un profitto atteso poiché non conosce con certezza la quantità prodotta dall’impresa 1, a causa dell’informazione incompleta sui costi di quest’ultima, e quindi non è in grado di prevedere quale sarà il prezzo di mercato. Al contrario, l’impresa 1, quale che sia il suo tipo, è in grado di calcolare in anticipo il proprio profitto. 22 Si noti che ciò implica che, se fosse possibile, un’impresa con costi bassi avrebbe incentivo a segnalare il proprio costo medio di produzione. 21 19 Definiamo gioco dinamico, un gioco in cui i giocatori mettono in atto le proprie strategie ad istanti di tempo successivi, eventualmente dopo aver osservato la scelta di chi ha giocato precedentemente. La figura 9a fornisce la rappresentazione ad albero di un semplice gioco in cui due giocatori devono scegliere, all’istante in cui sono chiamati a giocare, tra due possibili azioni. Il giocatore G1, a cui spetta la prima mossa, deve scegliere tra le azioni A e B. Poiché prima della sua scelta nessun’altra decisione è stata presa e nessun evento è accaduto, G1 non può condizionare la propria decisione rispetto a qualche esito passato. Il giocatore G1 dispone, quindi, di due strategie che coincidono con le azioni. Il giocatore G2, invece, gioca dopo aver osservato la strategia di G1, scegliendo tra le azioni S e D. In particolare, G2 potrà essere chiamato a giocare in due differenti circostanze, a seconda della strategia messa in atto da G1. Difatti, G2 potrebbe trovarsi a giocare nel ramo alto dell’albero, se G1 avesse scelto la strategia A, o in quello basso nel caso in cui G1 avesse scelto la strategia B. In base alla definizione di strategia ciò implica che, prima della scelta di G1, G2 ha a disposizione quattro strategie: § S sempre § D sempre § S se G1 giocasse A e D se G1 giocasse B § S se G1 giocasse B e D se G1 giocasse A. Figura 9a S A G2 G1 (1,4) D (3,3) S B G2 (0,0) D (2,1) Combinando le strategie di G1 con quelle di G2 otteniamo otto coppie di strategie: (A; S sempre), (A; D sempre) , (A; S se G1 giocasse A e D se G1 giocasse B), (A; S se G1 giocasse B e D se G1 giocasse A), (B; S sempre), (B; D sempre), (B; S se G1 giocasse A e D se G1 giocasse B), (B; S se G1 giocasse B e D se G1 giocasse A). Inoltre, il gioco può svilupparsi lungo quattro sentieri: (A → S) , (A → D) , (B → S) e (B → D). I numeri in parentesi indicano i profitti che ogni giocatore ottiene alla fine del gioco; il primo numero si riferisce al giocatore G1. Per verificare quali tra le coppie di strategie delineate costituiscono equilibri di Nash possiamo procedere come abbiamo fatto per i giochi statici. Si consideri, ad esempio, la coppia di strategie (A; S sempre). Se G1 scegliesse A, ossia se il gioco si sviluppasse lungo il sentiero alto, al giocatore G2 converrebbe giocare S; difatti, giocando l’azione S otterrebbe un profitto pari a 4 laddove giocando D otterrebbe un profitto pari a 3. Se G1 giocasse A, la miglior risposta di G2 sarebbe, quindi, S che è parte del profilo di strategie che stiamo analizzando. Allo stesso tempo, se il giocatore G2 avesse come strategia S sempre, G1 otterrebbe un profitto pari a 1 giocando A (ramo alto) ed un profitto pari a 0 giocando B (ramo basso). La miglior risposta per G1 è, quindi, la strategia A. E' evidente, dunque, che la coppia di strategie (A; S sempre) costituisce un equilibrio di Nash. Inoltre, possiamo immediatamente concludere che la coppia di strategie (B; S sempre) non è un equilibrio di Nash, in quanto B non può costituire la risposta ottima per G1 alla strategia S sempre giocata da G2. Procedendo in maniera analoga, possiamo verificare che la coppia (B; S se G1 giocasse A e D se G1 giocasse B) costituisce un altro equilibrio di Nash. Infatti, se G1 giocasse B la miglior risposta per G2 tra S (profitto pari a 0) e D (profitto pari a 1) sarebbe giocare D, proprio come prescritto dal profilo in esame. Di contro, data la strategia che assumiamo giochi G2, se G1 giocasse B otterrebbe un guadagno pari a 2, in quanto G2 risponderebbe giocando D, mentre se G1 giocasse A otterrebbe un guadagno pari a 1, poiché in base alla strategia di G2 questi risponderebbe 20 giocando l’azione S. La miglior risposta per G1 è dunque giocare B, come prescritto dal profilo in esame. La coppia di strategie (B; S se G1 giocasse A e D se G1 giocasse B) è quindi un equilibrio di Nash. Procedendo in maniera analoga possiamo facilmente constatare che le altre coppie di strategie non costituiscono equilibri di Nash. Si consideri, ad esempio, la coppia (B; S se G1 giocasse B e D se G1 giocasse A). Se G1 giocasse B, la risposta ottima di G2 sarebbe D; quest'ultima però non è contemplata dal profilo che stiamo sottoponendo a verifica. Il profilo non è un equilibrio di Nash. In conclusione, il gioco in esame presenta due equilibri di Nash. Senza altre eventuali considerazioni non abbiamo una previsione univoca circa l’esito del gioco. 6.1 Soluzione mediante induzione all'indietro Il gioco rappresentato in figura 9a presenta due equilibri di Nash: (A; S sempre) e (B; S se G1 giocasse A e D se G1 giocasse B). Al primo è associato il sentiero (A → S) mentre al secondo il sentiero (B → D). Dall'esame dell'albero si nota immediatamente che l'esito ottimale per G2 è dato dalla sequenza di azioni (A → S); in tal caso, infatti, G2 otterrebbe il massimo profitto possibile pari a 4. Si assuma allora che, prima che G1 abbia effettuato la propria scelta, G2 tenti di incidere sull'esito del gioco mediante la seguente dichiarazione pubblica: "qualunque azione G1 scelga, la mia scelta sarà giocare S". Tale dichiarazione corrisponde alla strategia S sempre. Chiaramente, con tale dichiarazione (strategia) G2 tenta di indurre G1 a giocare A; difatti se G1 credesse nella dichiarazione di G2 sarebbe indotto a scegliere A, che renderebbe un profitto pari 1, piuttosto che B che renderebbe un profitto pari a 0 come risultato della sequenza (B → S). In altre parole, A è la miglior risposta alla strategia dichiarata da G2. D'altro canto se G1 scegliesse A, la miglior risposta di G2 sarebbe S che è parte della strategia dichiarata da G2. Potremmo dire, quindi, che l’equilibrio (A; S sempre) si fonda sulla minaccia da parte di G2, perpetuata prima che il gioco inizi, di prospettare a G1 un profitto pari a 0 laddove scegliesse di giocare B. Constatato ciò, è (A → S) l'esito prevedibile del gioco? Il punto di partenza per rispondere al quesito è l'analisi che G1 fa della strategia dichiarata da G2; in particolare, G1 dopo aver appreso la dichiarazione di G2 e prima di scegliere la propria mossa, deve stabilire se la dichiarazione di G2 è credibile. L'albero mostra che la minaccia non è credibile. Difatti, G1 si rende immediatamente conto che, nell’istante in cui sarà chiamato a giocare, G2 non avrebbe alcun incentivo a mettere in atto la strategia dichiarata in partenza, e quindi a giocare S come risposta a B, poiché in tal caso otterrebbe un profitto pari a 0, laddove potrebbe ottenere 1 giocando D. Quest'ultima risulta l'azione ottimale per G2 come risposta all'azione B giocata da G1, dato che una volta che sarà chiamato a giocare G2 avrà come unico obiettivo quello di scegliere l'azione che massimizza il profitto. E' evidente, inoltre, che giocare S è ottimale per G2 solo se G1 giochi A. G1 prevede, quindi, che G2 giocherebbe D come risposta di B e S come risposta a A. In generale, un giocatore non avrà alcun interesse a mettere in atto una minaccia se questa non implichi una strategia ottima nell'istante in cui è chiamato a giocare. Concludendo, G1 prevede che G2 giochi la strategia S se G1 giocasse A e D se G1 giocasse B. Dal punto di vista di G1, quindi, è come se il gioco si riducesse alla seguente situazione: Figura 9b A 1 G1 B 2 21 Ovviamente, dall’esame della figura 9b si conclude che G1 sceglie la strategia B. Nonostante, quindi, il gioco presenti due equilibri di Nash, l’esito prevedibile è che G1 giochi B e G2 risponderà giocando D (B → D). L’esito prevedibile è, dunque, associato alla coppia di strategie (B; S se G1 giocasse A, D se G1 giocasse B). Cos'è che porta ad escludere (A → S) quale esito del gioco, sebbene sia associato ad un equilibrio di Nash? Come visto in precedenza, l'esito (A → S) è associato alla dichiarazione-strategia di G2 di giocare sempre S, qualunque sia stata la scelta di G1. L'albero mostra, però, che lungo il ramo basso l'azione S non è ottimale. Il giocatore G1 non ha alcun motivo, quindi, di credere che laddove scegliesse B il suo avversario metterà in atto la minaccia, poiché ciò andrebbe contro i suoi stessi interessi: a seguito di B, l'azione S non è la miglior risposta. In altre parole, se analizziamo unicamente la parte del gioco che rappresenta le scelte di G2 e prendiamo in considerazione la parte del profilo di strategie (A; S sempre) relativa a G2, cioè S sempre, quest'ultima non prescrive l’azione ottima in ogni circostanza. Quando G2 è chiamato a giocare (ovvero analizzando unicamente la parte del gioco che rappresenta le scelte di G2), affinché le sue scelte siano in ogni caso ottime, egli deve scegliere S come risposta a A e D come risposta a B. La strategia S se G1 giocasse A e D se G1 giocasse B è la sola coerente con la circostanza che G2 dichiari sempre la risposta ottima, una volta che è chiamato a giocare. Quest’ultima è la strategia che G1 prevede per G2. In base a tale previsione il gioco di figura 9a si riduce alla rappresentazione in figura 9b e G1 conclude che la strategia ottima è B. Tale procedimento di analisi è definito di induzione all’indietro. La coppia di strategie (B; S se G1 giocasse A, D se G1 giocasse B) è, quindi, un equilibrio di Nash con il requisito ulteriore che la strategia del secondo giocatore è ottima indipendentemente dalla scelta di G1, cioè prevede l’azione ottima sia che G2 si dovesse trovare a giocare lungo il ramo alto che in quello basso. L’equilibrio associato alla soluzione ottenuta mediante il procedimento di induzione all’indietro è detto equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi. 7 COMPETIZIONE TRA IMPRESE E INDUZIONE ALL ’INDIETRO 7.1 Un esempio di minaccia non credibile: la strategia della quantità limite Si assuma che nel mercato descritto dalla funzione di domanda Q = 21− p attualmente operi una sola impresa, indicata con I. L’impresa I, sebbene monopolista da anni, potrebbe perdere tale privilegio in quanto una seconda impresa, che denotiamo con E, sta valutando l’opportunità di entrare nel mercato. L’impresa E sarebbe in grado di produrre il bene a costi marginali costanti pari a 3, come l’impresa I; per entrare nel mercato E deve però sostenere un costo fisso F = 16 . Si consideri allora la seguente sequenza di eventi: § all’inizio del periodo t = 1 , l’impresa I decide quanto produrre per il periodo in esame e dichiara di produrre tale quantità anche nel periodo t = 3 ; § in t = 2 , l’impresa E decide se entrare nel mercato; § all’inizio del periodo t = 3 se E è entrata le due imprese fisseranno simultaneamente il livello di produzione valido per il periodo corrente, altrimenti l’impresa I agirà da monopolista. Consapevole del fatto che l’impresa E sta valutando l’opportunità di entrare nel mercato, I decide di produrre in t =1 una quantità q lI , detta quantità limite. Quest’ultima è tale che in caso di duopolio con q I = q lI la quantità che E potrebbe vendere non le consentirebbe un profitto positivo. Inoltre, avendo come obiettivo di evitare che si crei un duopolio, I dichiara di 22 produrre la quantità limite anche in t = 3 , se l’impresa E dovesse entrare nel mercato.23 Dall’analisi del modello di Cournot sappiamo che per ogni livello di produzione q I la quantità che massimizza il profitto dell’impresa E è pari a q E = (18 − q I ) / 2 . Il massimo profitto che E potrebbe conseguire in caso d’ingresso è dunque: 2 18 − q I 18 − q I 18 − q I max π E = 18 − q I − − 16 = − 16 2 2 2 Poiché max π E dipende in maniera inversa dalla quantità prodotta dall’impresa I, esiste un livello di q I che rende nullo il massimo profitto dell’impresa E: max π E = 0 → q Il = 10 . In altre parole, se in un duopolio un’impresa producesse la quantità limite, l’altra impresa, pur producendo in base alla funzione di reazione, non potrebbe ottenere un profitto positivo, poiché sarebbe indotta a produrre una bassa quantità del bene. Dalla precedente relazione sembrerebbe, quindi, che l’impresa I possa determinare la quantità da produrre in maniera strategica, così da evitare l’ingresso di una seconda impresa nel mercato. In particolare, producendo una quantità (maggiore o) uguale a q lI l’impresa E dovrebbe essere scoraggiata dall’entrare in competizione con I. Chiaramente, la decisione dell’impresa E in merito all’ingresso nel mercato dipende in maniera cruciale dalla valutazione che essa fa della dichiarazione dell’impresa I. Se E ritenesse che I metterà in atto la minaccia di mantenere il livello di produzione q lI , pur rispondendo in maniera ottimale in base alla funzione di reazione non potrebbe ottenere un profitto positivo.24 In altre parole, la miglior risposta da parte dell’impresa E al livello di produzione q lI è non entrare nel mercato. Analogamente però al giocatore G1 dell’esempio precedente, l’impresa E riterrà credibile la minaccia del proprio avversario, se quest’ultima è associata ad un equilibrio di Nash del gioco in t = 3 . Analizzando il contesto strategico che prevarrebbe nel (sottogioco relativo al) periodo t =3 in caso d’ingresso, l’impresa E realizza immediatamente che l’equilibrio (di Nash) è associato alla coppia di quantità di Cournot. L’impresa E prevede, quindi, che nel terzo periodo l’impresa I modificherà il livello di produzione, rispetto a quello posto in essere in t = 1 e dichiarato valido anche in t = 3 . Difatti, una volta che E è entrata nel mercato le due imprese si troveranno a competere come nel modello di Cournot, per cui ognuna agirà alla stregua di un duopolista alla Cournot. La dichiarazione fatta in t = 1 da parte dell’impresa I, una volta raggiunto il tempo t = 3 con l’impresa E che è nel mercato, non ha più alcuna rilevanza. L’impresa E prevede, quindi, che in caso d’ingresso nel mercato guadagnerà un profitto pari a 20: chiaramente all’impresa conviene entrare nel mercato. Se il costo fisso d’ingresso della potenziale entrante è sufficientemente basso, la minaccia di produrre la quantità limite non è credibile, poiché è associata ad un equilibrio che non è perfetto. Del resto se la minaccia di produrre la quantità limite in t = 3 non è credibile, ciò implica che la decisione di produrre tale quantità nel primo periodo non altererà l’esito del gioco nel terzo periodo, rispetto alla soluzione di Nash. E poiché alla quantità q I , Lim nel primo periodo è associato un profitto inferiore di quello ottenibile producendo la quantità di monopolio pari a 9, q lI nel primo periodo non è una strategia ottimale. In un equilibrio di Nash perfetto, quindi, la strategia di I è quella di produrre la quantità di monopolio nel primo periodo e, nel terzo periodo, di produrre (la quantità di monopolio se E non entra o) la quantità di Cournot se E entra. La strategia ottima dell’impresa E è entrare nel mercato 23 Poiché vale l’ipotesi di equilibrio tra domanda ed offerta, l’impresa I è in grado di vendere la quantità limite anche in caso di duopolio. Alternativamente si potrebbe assumere fedeltà da parte dei consumatori rispetto all’impresa I. 24 Si assuma che nel caso di profitto pari a 0 l’impresa E decida di non entrare. 23 (indipendentemente dalla dichiarazione fatta in t = 1 ) e produrre la quantità di Cournot. Infine, se il costo fisso d’ingresso che la potenziale entrante deve sostenere fosse sufficientemente alto, nel nostro caso F ≥ 36 , l’impresa E deciderebbe di non entrare nel mercato, a prescindere dalla dichiarazione che I fa nel primo periodo: l’entrata nel mercato è bloccata.25 Qualunque sia il valore del costo fisso d’ingresso nel mercato, quindi, l’impresa I non è in grado di determinare con la propria strategia la decisione dell’impresa rivale. 7.2 Duopolio e induzione all’indietro: il modello di Stackelberg Prendiamo nuovamente in considerazione due imprese che devono stabilire il livello di produzione di un bene omogeneo ma, rispetto al caso di Cournot, modifichiamo la struttura del gioco, assumendo che le scelte avvengano in sequenza. In particolare, si assuma che (i) l'impresa 2 (spesso denominata impresa follower) scelga la quantità da produrre dopo aver osservato la scelta dell'impresa 1; (ii) l'impresa 1 (spesso denominata impresa leader) è consapevole che la sua scelta sarà nota all'impresa 2. Si assuma, inoltre, che l’impresa 1, pur volendo, non può modificare il livello di produzione una volta nota la scelta dell’impresa 2. L’impresa 1 è quindi vincolata a produrre quanto dichiarato all’inizio del gioco.26 Il lato della domanda è rappresentato dalla funzione di domanda lineare Q = 21− p . Manteniamo, infine, l’ipotesi di tecnologia simmetrica con rendimenti di scala costanti, assumendo che entrambe le imprese producano a costi medi pari a 3. La similitudine, in termini di domanda, tecnologia e numero di imprese, con il modello di Cournot analizzato in precedenza, assicura che eventuali differenze, che si dovessero riscontrare circa l’esito della competizione, sono indotte dalla sola differenza nella struttura informativa. Per individuare le strategie di equilibrio delle due imprese, procediamo applicando il metodo di induzione all’indietro partendo dal prendere in considerazione la scelta della seconda impresa. Nel momento in cui l’impresa 2 si accinge a scegliere la quantità da produrre, ha già osservato la scelta dell’impresa 1 per cui deve risolvere il problema: max π 2 (q 2 ) = [ 21 − ( q 1 + q 2 )] q 2 − 3 q 2 , q2 dove l’unica variabile è q 2 poiché q 1 , a differenza del modello di Cournot, è 27 Dato q 1 , la quantità ottima è: 18 − q1 q 2 ( q1) = . (5) 2 Poiché la precedente relazione vale per differenti quantità dell’impresa 1, possiamo generalizzare il ragionamento considerando q 1 come una variabile; in tal caso la (5) rappresenta la funzione di reazione dell'impresa 2, ossia la regola che l’impresa 2 deve seguire per massimizzare il proprio profitto. In base ad essa l’impresa 2 reagisce in maniera ottima alla quantità scelta da parte dell’impresa leader. La (5) descrive, quindi, una strategia per l’impresa 2, poiché individua le sue scelte in termini di quantità, per ogni circostanza in cui potrebbe essere chiamata a scegliere, cioè per ogni possibile quantità prodotta dall’impresa 1. Poiché l'impresa 1 è in grado di calcolare la funzione di reazione dell'impresa 2, essa è in grado di prevedere, per ogni livello di produzione q 1 che dovesse scegliere, quale sarebbe la produzione dell’impresa 2, quale sarebbe il prezzo di mercato e, di conseguenza, il proprio profitto. L'impresa 1 deve, quindi, scegliere la quantità tale che: un valore che l’impresa 2 conosce. max π1 ( q1 ) = [ 21 − q1 − q 2 ( q1 )]q 1 − 3q1 . (6) q1 25 Si noti che tale condizione implica che la quantità limite è minore della quantità di Cournot. In altre parole, poiché in equilibrio di duopolio l’impresa I produrrebbe la quantità di Cournot, se tale quantità è minore della quantità limite ciò rende profittevole l’entrata da parte di E. Allo stesso tempo, se la quantità limite è minore di quella di duopolio l’entrata è bloccata. 26 Si noti che tale ipotesi, la cui importanza sarà chiara in seguito, se introdotta anche nel modello di Cournot non ne avrebbe modificato l’esito, in quanto in equilibrio nessuna delle due imprese ha incentivo a modificare la propria scelta. 27 L’impresa 2 sceglie la quantità da produrre rispetto alla domanda residuale q 2 = ( 21 − q1 ) − p . 24 Si noti che la funzione di profitto dell'impresa 1 dipende unicamente dalla propria quantità, dato che l’impresa 1 sa che l’impresa 2 sceglierà in base alla (5) dopo aver osservato q 1 .28 Massimizzando il profitto rispetto a q 1 si ottiene la strategia ottima per l’impresa leader, q 1 = 9 ; sostituendo la quantità ottenuta nella (5) si ricava la quantità prodotta in equilibrio dall'impresa 2. In definitiva, la coppia di strategie ( q1 = 9 ; q 2 ( q1 ) = (18 − q 1 ) / 2 ) , costituisce l'equilibrio di Nash perfetto del modello. In base all’equilibrio, la coppia di quantità scelte dalle due imprese è ( 9;4,5 ) mentre la coppia di profitti è ( 40 ,5;20 , 25 ) . Dichiarare per primi il livello di produzione, o più in generale vincolarsi a produrre un dato livello di output, consente di ottenere un profitto maggiore rispetto all’impresa rivale e maggiore rispetto al caso di Cournot. La circostanza per cui l’impresa 1 individua la propria quantità sapendo che l’impresa 2 deciderà conoscendo tale quantità determina una riduzione nei profitti dell’impresa 2. L’informazione di cui dispone al momento della decisione danneggia, quindi, l’impresa 2. La figura 10 fornisce una rappresentazione grafica della soluzione di Stackelberg ed un confronto con la soluzione di Cournot. Oltre alle funzioni di reazione delle due imprese, il grafico contiene due curve di isoprofitto relative all’impresa 1. Ogni curva rappresenta l’insieme di coppie ( q1 , q 2 ) a cui è associato un identico livello di profitto per l’impresa 1. In generale, ad ogni livello di profitto è associato una curva di isoprofitto; nel grafico la curva esterna identifica un livello di profitto inferiore rispetto all’altra.29 Graficamente il problema dell’impresa 1 consiste, quindi, nell’individuare la coppia ( q1 , q 2 ) che massimizza il profitto, cioè che si trova su una curva il più possibile spostata a sinistra, tenendo conto del vincolo che la quantità q 2 si trovi sulla funzione di reazione dell’impresa 2. Ciò è necessario in quanto l’impresa 2 deciderà la propria quantità in base alla funzione di reazione. La figura mostra che la soluzione di Stackelberg si trova sulla funzione di reazione dell’impresa 2 ma non su quella dell’impresa 1.30 Per chiarire il significato dell’equilibrio ( q1 = 9 ; q 2 ( q1 ) = (18 − q 1 ) / 2 ) può essere utile confrontarlo con la coppia ( q1 = 6; q 2 ( q1 ) = 6 ) che individua la soluzione di Cournot. Quest’ultima rappresenta un altro equilibrio di Nash per il modello di Stackelberg. Difatti, se l’impresa 1 producesse 6 la miglior risposta per l’impresa 2 sarebbe 6, come prescritto dalla (5). Allo stesso tempo, se l’impresa 1 ritiene che l’impresa 2 produrrà 6, la miglior risposta per essa sarebbe produrre 6, come risulta dalla (6) se si sostituisce 6 al posto di q 2 (q 1 ) e si massimizza. Tale equilibrio si basa, quindi, sulla previsione, da parte dell’impresa 1, che l’impresa 2 una volta chiamata a scegliere produrrà una quantità pari a 6. Potremmo quindi dire che l’equilibrio si basa sulla dichiarazione dell’impresa 2, fatta prima che l’impresa 1 scelga, di produrre 6 in ogni circostanza, cioè quale che sia la scelta dell’impresa 1. Tale dichiarazione corrisponde appunto alla strategia q 2 (q 1 ) = 6 . Ancora una volta però ci troviamo di fronte ad una dichiarazione non credibile; difatti, una volta che l’impresa 1 ha scelto di produrre una quantità pari a 9, l’impresa 2, osservata tale quantità, non ha alcun incentivo a seguire la strategia q 2 (q 1 ) = 6 e quindi a mettere in atto la minaccia fatta in precedenza. La miglior risposta sarà produrre 4,5, come prescritto dalla strategia q 2 (q 1 ) = 9 − q1 / 2 . In altre parole, in 28 Il problema dell’impresa 1 evidenzia che per essa non vale l’ipotesi di congetture alla Cournot. Dato un livello di produzione per l’impresa 1, al crescere della quantità prodotta dall’impresa 2 il prezzo si riduce ed il profitto dell’impresa 1 diminuisce. 30 Si noti che se, dopo la scelta dell’impresa 2, l’impresa 1 potesse cambiare la propria quantità sarebbe incentivata a farlo. Prevedendo ciò però l’impresa 2 non produrrebbe 4,5 ma una quantità maggiore il che determinerebbe per l’impresa 1 un profitto minore. Il vincolo di dover produrre quanto dichiarato in partenza consente dunque all’impresa 1 di ottenere un profitto maggiore. L’equilibrio si basa quindi sulla circostanza che l’impresa 2 produrrà 4,5 a seguito di una quantità prodotta dall’impresa 1 pari a 9, ma “dichiara” di produrre quantità differenti da 4,5, come prescritto dalla funzione di reazione, laddove l’impresa 1 dovesse produrre una quantità differente da 9. 29 25 tale modello la coppia di strategie di Cournot è associata ad un equilibrio di Nash che non è perfetto. Figura 10: Funzioni di reazione ed equilibrio Nash-Stackelberg q1 18 Curva di isoprofitto impresa 1 Soluzione di Stackelberg: q 1 = 9 e q 2 = 4 . 5 9 • Soluzione di Cournot: q 1 = q 2 = 6 • 6 4.5 6 9 18 q2 Prima di passare oltre può essere utile soffermarsi sulla differenza tra strategie di equilibrio, cioè la coppia di strategie ( 9;9 − q1 / 2 ) , e soluzione di equilibrio, cioè la coppia di quantità prodotte ( 9;4,5 ) . Si noti che ( 9;4,5 ) non costituisce una coppia di strategie di equilibrio, in quanto la miglior risposta per l’impresa 1 a q 2 = 4 ,5 sarebbe produrre 6,75. La figura 10 mostra, infatti, che la soluzione di Stackelberg non si trova sulla funzione di reazione dell’impresa 1. L’impresa 1, quindi, decide di produrre una quantità pari a 9, anticipando che in tal modo l’impresa 2 produrrà una quantità pari a 4,5 e anticipando anche che se dovesse produrre una quantità differente l’impresa 2 non produrrebbe più 4,5. L’impresa 1, quindi, in equilibrio produrrà una quantità pari a 9 anche perché prevede che, se decidesse di produrre una quantità diversa da 9, l’impresa 2, in base alla sua funzione di reazione, risponderebbe producendo una quantità diversa da 4,5. Senza questa considerazione, l’impresa 1 produrrebbe una quantità diversa da 9. 8. B ARRIERE ALL’ENTRATA E LIMITAZIONE DELLA CONCORRENZA Dall’analisi di un gioco dinamico è emerso un argomento di rilevante interesse sviluppato dalla teoria dei giochi. In un mercato di duopolio, un’impresa che in t = 1 volesse agire così da influenzare le scelte, relative al tempo t = 2 , di un’altra impresa, tentando di limitarne la produzione o di escluderla del tutto dal mercato, dovrebbe porre in essere in t = 1 qualche azione che incida sull’equilibrio di Nash della (eventuale) futura competizione. In altre parole, non è sufficiente annunciare in t = 1 che in futuro si agirà in maniera diversa da quanto prevede l’equilibrio di Nash, poiché tale annuncio non sarebbe credibile. Piuttosto, l’impresa in esame deve fare in modo che nell’istante in cui il concorrente potenziale prenderà la propria decisione (t = 2 ), ad esempio in merito all’entrata nel mercato, questi dovrà trovare razionale non avviare la produzione, dato l’equilibrio di Nash in t = 2 . Se al tempo t = 1 l’impresa I mettesse in atto una qualche azione tale che l’equilibrio di Nash in t = 2 26 preveda che essa produca la quantità limite, ciò renderebbe la quantità limite una strategia credibile. L’impresa I riuscirebbe così ad evitare l’ingresso nel mercato dell’impresa E; quest’ultima, infatti, anticipando che in caso di duopolio otterrebbe un profitto (al massimo) pari a zero sarebbe disincentivata dall’entrare nel mercato. Inoltre, come evidenziato dal modello di Stackelberg, un’impresa che si vincolasse in maniera credibile a produrre una data quantità, inducendo la rivale a scegliere in maniera residuale, incrementerebbe il proprio profitto rispetto al caso di Cournot. In proposito, si assuma che l’impresa I e l’impresa E siano entrambe in grado di produrre un bene ad un costo medio pari a 3, dopo aver pagato un costo fisso F < 20 , 25 , e che la domanda del mercato è rappresentata da Q = 21− p . L’equilibrio di Nash nel caso di competizione alla Cournot implica che q Ic = q Ec = 6 e che π cI = π cE = 36 − F . Nel caso in cui l’impresa I riuscisse a produrre una quantità maggiore di quella di Cournot, a discapito dell’impresa E, potrebbe ottenere un profitto maggiore. Ad esempio, se, per un qualche motivo, I avesse la possibilità di vincolare in maniera credibile il proprio livello di produzione a quello del leader di Stackelberg, inducendo in tal modo l’impresa E a scegliere la propria quantità in maniera residuale, l’equilibrio mediante induzione all’indietro implicherebbe q Is = 9 , q Es = 4 ,5 , π sI = 40 , 5 − F e π sE = 20 , 25 − F . Chiaramente, l’impresa I ha incentivo a vincolare in anticipo il proprio livello di produzione. Avendo introdotto la possibilità di vincolare la quantità prodotta ad un livello diverso da quello di Cournot, si assuma ora che tale livello sia ancora più elevato e corrisponda alla quantità limite q lI = 18 − 2 F > 9 , cosicché la scelta residuale dell’impresa E sia q lE = 0 . In tal caso il profitto dell’impresa I sarebbe pari a π lI = 2 F (18 − 2 F ) − F . Per valori del costo fisso non troppo bassi si ottiene un ulteriore incremento del profitto, π lI > π sI .31 Infine, nel caso in cui l’impresa I operasse in condizioni di monopolio e non dovesse far fronte alla possibilità d’ingresso nel mercato di un concorrente si avrebbe q Im = 9 e π m I = 81 − F . Esistono, quindi, una serie di valori del costo fisso tali che per l’impresa I π c < π s < π l < π m . Espandere il proprio livello di produzione a discapito dell’impresa rivale sarebbe, quindi, profittevole. Di seguito analizzeremo due possibili situazioni in cui l’impresa I può agire strategicamente in t = 1 , così da evitare l’ingresso nel mercato del concorrente potenziale. 8.1 Espansione della quantità ed informazione asimmetrica Si consideri nuovamente il problema di un monopolista che tenta di evitare l’ingresso nel mercato di un concorrente potenziale. Come abbiamo visto in precedenza, nel primo periodo il monopolista non ha alcun incentivo ad espandere la produzione al di là del livello di monopolio, poiché in tal caso otterrebbe un profitto inferiore senza peraltro influire sulla scelta del concorrente potenziale. Analizziamo ora nuovamente tale situazione rimovendo l’ipotesi di informazione completa, coerentemente con l’analisi sviluppata nel paragrafo 7. Si assuma allora che l’impresa E non conosca il costo marginale di produzione del monopolista; l’informazione di cui dispone è che tale costo potrebbe essere pari a 1 con probabilità 1 − µ e pari a 3 con probabilità µ. Tali probabilità sono assegnate in maniera esogena in t = 0 , ossia prima che qualsiasi decisione sia presa. Si assuma, inoltre, che il costo fisso d’ingresso è tale che, se il monopolista producesse ad un costo marginale pari a 1 (e tale informazione fosse pubblica), l’impresa E non entrerebbe nel mercato, mentre se il monopolista producesse ad un costo marginale pari a 3 (e tale informazione fosse pubblica), l’impresa E avrebbe convenienza ad entrare nel mercato.32 Poiché E non conosce il 31 La disuguaglianza vale per F > 81 − 54 2 ≅ 4,64 . In particolare, per renderebbe all’impresa I un profitto 32 πlI = 64 . In base alla solita funzione di domanda ciò implica 28,4 < F < 36 . 27 F = 16 un equilibrio con qlI = 10 tipo di monopolista con cui potrebbe competere, valuterà l’opportunità di entrare nel mercato sulla base del profitto atteso in t = 3 . Ciò implica che se (16 + 2µ ) 2 −F >0 l’impresa decide di entrare 9 concludere, quindi, che in t = 3 ci sarà un duopolio se E (πE ) = nel mercato. Possiamo 16 − 3 F , 2 cioè se la probabilità che l’impresa 1 produca ad un costo marginale basso sia relativamente bassa. Si assuma allora che in base alle probabilità esogene iniziali tale disuguaglianza sia verificata. Se assumessimo che il monopolista, quale che sia il suo tipo, scegliesse di volta in volta la quantità che massimizza il profitto del singolo periodo, la strategia in t = 1 sarebbe immediatamente delineabile. Difatti, il monopolista sceglierebbe q I = 10 se il costo marginale fosse pari a 1 e q I = 9 se il costo marginale fosse pari a 3. Essendo diversi a seconda del costo marginale, il prezzo o la quantità potrebbero segnalare all’impresa E il tipo di monopolista presente nel mercato. In altre parole, se in t = 2 l’impresa E osservasse che il prezzo fissato in t = 1 da parte del monopolista è stato p = 12 potrebbe inferire che si tratta di un monopolista a costi alti, mentre se osservasse p = 11 concluderebbe che il costo marginale del monopolista sarebbe pari a 1. In t = 2 E sarebbe in grado, quindi, di aggiornare il valore iniziale (esogeno) della probabilità che il monopolista produca a costi bassi o alti, sulla base del livello di produzione del primo periodo. In particolare, l’impresa E fisserebbe µ ( q I ) = 0 se osservasse q I = 9 e µ ( q I ) = 1 se osservasse q I = 10 . In t = 2 la probabilità è funzione della quantità prodotta dal monopolista nel primo periodo poiché l’impresa E ha aggiornato il valore iniziale esogeno in base ad essa. Si consideri, allora, il caso di un monopolista che produce ad un costo marginale µ< pari a 3. In t = 1 si ha q I = 9 e π m I = 81 − F ; in t = 2 l’impresa E osserva che il monopolista ha prodotto una quantità pari a 9, inferisce che si tratta di un monopolista a costi alti e decide di pagare il costo fisso per entrare nel mercato; in t =3 le due imprese competono alla Cournot con q Ic = q Ec = 6 e π cI = π cE = 36 . In tal caso, il profitto totale del monopolista è pari a π I = 117 − F . Poiché il monopolista deve scegliere il livello di produzione in due periodi differenti è plausibile ipotizzare che la scelta del primo periodo sia basata anche tenendo in considerazione il profitto futuro. In tal caso appare plausibile assumere che l’obiettivo del monopolista è massimizzare la somma dei profitti in t = 1 e t = 3 . Poiché il monopolista sa che la quantità prodotta nel primo periodo inciderà sulla probabilità che l’impresa E assegna al valore del costo marginale, I potrebbe avere convenienza a farsi passare per un’impresa che produce a costi bassi ed evitare l’ingresso di E. Ovviamente per fare ciò deve agire come agirebbe un monopolista con costi bassi, cioè dovrebbe produrre q I = 10 nel primo periodo così che l’impresa E non avrebbe informazioni con cui aggiornare le iniziali probabilità. Tale quantità offrirebbe ad I un profitto pari a π m I = 80 − F nel primo periodo, inferiore rispetto al caso precedente dato che q I = 10 non è la quantità ottima per un monopolista con costi alti. La perdita iniziale, consentendo di mantenere la posizione di monopolio sarebbe però più che compensata dall’incremento di profitto nel terzo periodo. Difatti, il profitto totale sarebbe pari a π I = 161 − F . Il monopolista con costi alti è quindi incentivato, nel primo periodo, ad espandere la produzione al di là del livello di monopolio, se ciò consente di evitare l’ingresso nel mercato di un concorrente potenziale. La strategia di espandere la quantità per evitare l’entrata ha successo poiché l’impresa E, osservando q I = 10 , non è in grado di inferire con quale monopolista si troverà a competere e quindi non può aggiornare il valore iniziale delle probabilità. Inoltre, poiché per ipotesi il 28 valore di µ è tale che il profitto atteso dell’impresa E è negativo, E decide di non entrare.33 8.2 Investimento irreversibile e posizione dominante La soluzione di equilibrio di un duopolio alla Cournot, assumendo costi marginali di produzione pari a c I e c E , consiste in una coppia di quantità rispettivamente pari a q I = ( 21 − 2 c I + c E ) / 3 e q E = ( 21 − 2 c E + c I ) / 3 . Costi marginali di produzione differenti implicano, quindi, che l’equilibrio con scelte simultanee si caratterizza per livelli di produzione differenti. Quanto maggiore è il differenziale di costo tra le imprese, tanto maggiore è il differenziale tra le quantità prodotte. Qualora un’impresa, prima che la competizione si realizzi, riuscisse a ridurre il proprio costo marginale di produzione, sarebbe in grado di produrre più di quanto avrebbe prodotto nel caso di costi marginali uguali. In particolare, l’asimmetria dei costi ex post renderebbe possibile un profitto almeno pari a quello del leader di Stackelberg come risultato di un gioco simultaneo.34 Per modellare tale circostanza, si assuma allora che la funzione di costo delle due imprese, al netto del costo fisso d’ingresso che grava sull’impresa E, sia data da: C = c k k + cq q dove k è la capacità produttiva installata, q è la quantità prodotta, costo unitario della capacità produttiva e cq è il costo ck è il marginale di produzione, con c = c k + c q e i = I , E . La capacità produttiva installata individua il limite superiore alla produzione ottenibile. In base alla funzione di costo, se al momento di decidere quanto produrre la capacità produttiva è già stata installata, il costo marginale (di produzione) dell’impresa è pari a c q 35 (ovviamente fino al livello della capacità installata). Di contro, se le due decisioni relative alla capacità produttiva da installare e al livello di produzione fossero prese simultaneamente e k = q , il costo unitario totale c k + cq . Dal lato della domanda il mercato è rappresentato dalla solita funzione lineare Q = 21− p . Le ipotesi in merito alla domanda e alla sarebbe pari a tecnologia implicano che nel caso in cui entrambe le imprese hanno costi marginali pari a c , poiché nessuna ha già installato la capacità produttiva, l’equilibrio alla Cournot consiste in una coppia di quantità pari a ( 21 − c) / 3 . Nel caso in cui invece una delle due imprese, ad esempio l’impresa I, al momento della scelta simultanea delle quantità avesse già installato la capacità produttiva, si determinerebbe l’equilibrio asimmetrico con q I = (21− 2c q + c) / 3 e q E = (21 − 2c + c q ) / 3 .36 Poiché 21 − 2c q + c > 21− c e 21 − 2c + c q < 21 − c , l’impresa che ha installato capacità produttiva in anticipo produrrebbe in equilibrio più dell’impresa rivale e più di quanto avrebbe prodotto se non avesse già installato la capacità produttiva, mentre l’altra impresa produrrebbe meno. Si consideri allora la seguente sequenza di eventi: § in t = 1 , l’impresa I, che è già nel mercato, decide quanta capacità produttiva installare; § in t = 2 , l’impresa E decide se pagare un costo fisso pari a F ed entrare nel mercato; 33 L’analisi presentata dell’argomento è elementare ed incompleta; per una trattazione formale si veda Kreps (1990). 34 Ad esempio, se i costi marginali delle due imprese fossero uguali e pari a 9 in equilibrio alla Cournot entrambe le imprese produrrebbero 4, mentre nel caso di competizione alla Stackelberg l’impresa leader produrrebbe 6. Se l’impresa I riuscisse a ridurre il proprio costo marginale a 6 in equilibrio alla Cournot produrrebbe una quantità pari a 6, come il leader di Stackelberg nel caso di costi uguali. 35 Si assuma, inoltre, che ogni unità di capacità produttiva corrisponde ad una unità di produzione. 36 Tale conclusione è corretta se l’impresa I ha installato capacità produttiva a sufficienza ed il costo fisso d’ingresso è particolarmente basso. 29 in t = 3 se E è entrata nel mercato le due imprese fisseranno simultaneamente il livello di produzione; altrimenti l’impresa I agirà da monopolista.37 A seconda dei valori dei costi unitari di produzione e di capacità e del costo d’ingresso diverse situazioni possono verificarsi. In particolare, si assuma che 21 − 2 cq + c 21 − c < q lI < . La prima disuguaglianza implica che la quantità limite, 3 3 ossia la quantità che disincentiva l’ingresso nel mercato dell’impresa E, è maggiore della quantità di equilibrio alla Cournot con costi marginali uguali. Come abbiamo visto nel paragrafo 8.2, la minaccia di produrre la quantità limite non è credibile. La seconda disuguaglianza implica invece che la quantità di equilibrio alla Cournot che produrrebbe un’impresa caratterizzata da costi unitari c q (e capacità produttiva sufficiente), in competizione con un’impresa § che produce a costi marginali c , sarebbe maggiore della quantità limite, ossia della quantità che disincentiva l’ingresso nel mercato dell’impresa E. In tale circostanza l’impresa E non entra nel mercato. Si assuma, allora, che in t = 1 l’impresa I abbia installato un livello di capacità produttiva pari a q lI . Una volta in t = 3 , l’impresa I avrebbe come migliore risposta, in caso di ingresso da parte di E, la quantità q lI . Anticipando tale conclusione l’impresa E non entra nel mercato. In definitiva, la possibilità di installare la capacità produttiva prima della potenziale entrante, modifica l’esito del gioco in t = 3 così che la quantità limite può risultare la miglior risposta per l’impresa I in un equilibrio di Nash. Produrre la quantità limite sarebbe quindi credibile. Parte III – DECISIONI RIPETUTE NEL TEMPO 9. G IOCHI RIPETUTI: TENTAZIONE , PUNIZIONE E REPUTAZIONE Una delle principali conclusioni emerse fin’ora è che, in contesti strategici quali il Dilemma del Prigioniero e i modelli di competizione alla Cournot ed alla Bertrand, la collusione non è un esito di equilibrio. Inoltre, l'analisi di un semplice gioco dinamico ha mostrato che strategie di deterrenza all’entrata e limitazione della concorrenza appaiono spesso poco plausibili, se analizzate con gli strumenti propri della teoria dei giochi. Ciò ha condotto al concetto di minacce non credibili. Nonostante la ferrea logica con cui sono state ottenute, le precedenti conclusioni non sembrano descrivere in maniera adeguata tutte le situazioni reali. Non possiamo escludere, ad esempio, che a volte la condotta delle imprese appare più di tipo collusivo che competitivo, così come in alcuni casi sembrano ravvisabili strategie di limitazione della concorrenza. Diventa allora importante verificare se le ipotesi su cui si basavano i modelli descritti in precedenza non siano troppo restrittive e tali da non tenere nella giusta considerazione aspetti importanti della realtà. Due situazioni in tal senso sono già state descritte. Rimovendo l’ipotesi di informazione completa è emersa la razionalità di una strategia di espansione della quantità come deterrente all’entrata; inoltre, introducendo la possibilità di vincolare le proprie azioni, è emersa la convenienza ad anticipare le scelte strategiche rispetto agli avversari, ad esempio effettuando in anticipo investimenti irreversibili. Non ancora abbiamo analizzato però un altro aspetto molto importante della realtà, cioè che le imprese prendono le proprie decisioni strategiche ripetutamente nel tempo. In altre parole, per descrivere adeguatamente la realtà, i giochi analizzati fin’ora, sia quelli con scelte simultanee che quelli con scelte sequenziali, devono essere considerati parte di un gioco più complesso che si compone del singolo gioco elementare giocato più volte. In tal caso, diventa interessante verificare se minacce o promesse riguardanti la condotta in futuro possano influenzare le strategie correnti.38 37 Al momento di stabilire quanto produrre, l’impresa E decide anche la capacità da installare. 38 In generale il gioco elementare può essere caratterizzato da scelte simultanee o in sequenza. Nel prosieguo ci limiteremo a considerare solamente giochi elementari statici. 30 9.1 Il Dilemma del Prigioniero ripetuto nel tempo Si consideri il Dilemma del Prigioniero rappresentato in figura 2. Come sappiamo tale gioco è caratterizzato da un solo equilibrio di Nash, che consiste nella coppia di strategie (Confesso; Confesso). Verifichiamo allora se le scelte di equilibrio dei due giocatori si modifichino assumendo di giocare il Dilemma del Prigioniero due volte di seguito. La figura 11 descrive il gioco ripetuto che intendiamo analizzare. In t = 1 due giocatori giocano un Dilemma del Prigioniero; in t = 2 , dopo aver osservato l’esito passato, i due giocatori giocano nuovamente il Dilemma del Prigioniero. All’inizio del gioco entrambi i giocatori sanno che il gioco elementare sarà giocato due volte, ognuno dei due sa che l’altro sa e così via. Figura 11: Il Dilemma del Prigioniero ripetuto due volte G2 Gioco elementare in t = 1 G1 Nego -2,-2 0,-6 Nego Confesso G2 Gioco elementare in t = 2 G1 Confesso -6,0 -4,-4 Nego -2,-2 0,-6 Nego Confesso Confesso -6,0 -4,-4 Poiché un gioco ripetuto è un gioco dinamico, dato che le scelte in t = 2 sono successive alle scelte in t = 1 note quest’ultime, per risolverlo adottiamo la tecnica d’induzione all'indietro. A tal fine individuiamo dapprima le azioni che presumibilmente i due giocatori sceglieranno nel secondo periodo. In t = 2 i due giocatori saranno posti di fronte ad un Dilemma del Prigioniero che, come sappiamo, presenta un unico equilibrio di Nash, cioè (Confesso; Confesso); quest’ultimo individua, quindi, la corretta previsione circa l’esito del gioco elementare nel secondo periodo. A questo punto trasferiamoci idealmente in t = 1 e analizziamo le scelte strategiche in merito al Dilemma del Prigioniero che sarà giocato in tale periodo. Una volta in t = 1 , i due giocatori saranno perfettamente in grado di prevedere quale sarà l’equilibrio di Nash del gioco elementare che giocheranno nel secondo periodo. Difatti, in t = 1 entrambi prevederanno (Confesso; Confesso) come esito del gioco elementare in t = 2 . Entrambi si renderanno conto, quindi, che quali che siano le scelte relative al gioco elementare in t = 1 , queste non influenzeranno il risultato del gioco elementare in t = 2 . In altre parole, in t = 1 ogni giocatore sceglierà la propria azione concentrandosi unicamente su quale sia la migliore strategia da adottare per il gioco elementare corrente, incurante del fatto che il gioco sarà giocato nuovamente. Ovviamente in t = 1 l’equilibrio di Nash è rappresentato dalla coppia (Confesso; Confesso). Ne consegue che l'unico risultato perfetto nei sottogiochi del Dilemma del Prigioniero ripetuto due volte prevede (Confesso; Confesso) in entrambi i periodi. La ripetizione del gioco non modifica, quindi, l’esito dei singoli giochi elementari. Possiamo intuire, inoltre, che il risultato può essere generalizzato ad un gioco con più di due periodi; in particolare, vale la seguente proposizione. Proposizione: se il gioco elementare ha un unico equilibrio di Nash, allora il gioco costituito dalla ripetizione del gioco elementare un numero finito di volte ha un unico equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi: l'equilibrio di Nash del gioco elementare è giocato ad ogni ripetizione. 9.1.1 Un esempio: Prezzi predatori e “Il Paradosso dei Grandi Magazzini” Una delle applicazioni del precedente risultato va sotto il nome di “Paradosso dei grandi magazzini”. Si assuma che un’impresa I possieda una filiale in ognuna delle T città in cui opera. In ogni città I compete con un’impresa locale; 31 ciascun mercato locale è, quindi, caratterizzato da una situazione di duopolio. Si assuma, inoltre, che l’impresa I, nell’intento di diventare monopolista nei vari mercati, abbia segnalato, in qualche modo, l’intenzione di praticare in futuro prezzi bassi in quei mercati in cui dovesse permanere una situazione di duopolio. Si assuma, infine, che le decisioni strategiche relative ai vari mercati si susseguano nel tempo: in t = 1 si stabiliscono i prezzi nella città 1; in t = 2 si stabiliscono i prezzi nella città 2; e così via. Prima di stabilire il prezzo di vendita, l’impresa locale deve aver già deciso se restare o meno nel mercato. Possiamo, quindi, formalizzare quanto detto assumendo che all’inizio di ogni periodo l’impresa locale di turno decide se competere con l’impresa I o uscire dal mercato. Nel caso di duopolio, in ogni mercato i prezzi saranno fissati simultaneamente. Definiamo, infine, come predatore un prezzo che se attuato da parte di un’impresa determinerebbe l’uscita dal mercato dell’impresa rivale. In tale contesto vogliamo valutare la plausibilità di una strategia di prezzi predatori da parte dell’impresa I.39 La definizione di prezzo predatore fornita in precedenza è, non a caso, piuttosto vaga poiché è legata all’effetto che dovrebbe procurare piuttosto che a qualche dato oggettivo di costo o altro.40 Tale circostanza rende molto difficile nella pratica distinguere un prezzo predatore da un prezzo competitivo, complicando notevolmente l’analisi di un qualche ente preposto a vigilare sul corretto comportamento delle imprese. Premesso ciò, si assuma che un prezzo predatore praticato da parte dell’impresa I determinerebbe un profitto negativo per l’impresa rivale ed un profitto per I inferiore a quello di Nash. Poiché la competizione tra l’impresa I e le imprese locali si sussegue nel tempo, si potrebbe pensare ad una strategia di prezzi predatori da parte di I, almeno nei primi mercati, così da determinare l’uscita delle imprese rivali nei successivi mercati, ottenendo in questi un profitto di monopolio. Per valutare la validità di tale ragionamento, procediamo a ritroso partendo dall’ultimo mercato. Si assuma, quindi, di trovarci in t = T . In tale mercato l’impresa locale sa che l’impresa I non ha alcun incentivo a fissare un prezzo predatore poiché non deve indurre ad uscire dal mercato nessun’impresa in futuro, essendo quello in esame l’ultimo mercato. L’impresa locale prevede, quindi, che I fissi il prezzo relativo all’equilibrio di Nash e decide di restare nel mercato. La congettura dell’impresa locale si rivelerà corretta poiché effettivamente l’impresa I non ha alcun incentivo a fissare un prezzo (predatore) che le renderebbe un profitto inferiore a quello di Nash, dato che non deve segnalare il proprio intento predatore a nessuna impresa in futuro. In tal caso, qualunque sia stato l’esito delle passate competizioni, quella relativa al tempo T ha un risultato ben definito: entrambe le imprese fissano il prezzo di equilibrio di Nash. Si consideri allora la competizione relativa al tempo T −1 . Nel mercato T −1 le due imprese sanno quale sarà il risultato della competizione successiva nel mercato T e concludono, quindi, che qualunque sia il risultato della competizione in T −1 , in futuro l’impresa locale resterà nel mercato e l’impresa I non fisserà un prezzo predatore. In base a tale argomentazione l’impresa I conclude che non conviene fissare un prezzo predatore (e perdere quindi parte dei profitti di Nash) per tentare di modificare l’esito della futura competizione, in quanto la minaccia implicita in tale strategia non sarà ritenuta credibile da parte dell’impresa locale che opera nel mercato T . L’impresa I conclude, quindi, che è meglio fissare il prezzo dell’equilibrio di Nash; stessa conclusione sarà raggiunta dall’impresa locale. Andando a ritroso fino al mercato iniziale tale ragionamento implica che una strategia di prezzi predatori non è credibile in nessun mercato; in altre parole, in ogni singolo mercato prevarrà una situazione di duopolio il cui esito prevedibile è quello associato all’equilibrio di Nash.41 9.2 Il Dilemma del Prigioniero ripetuto un numero infinito di volte 39 Una versione alternativa del gioco ripetuto che stiamo esaminando si può costruire assumendo un gioco elementare di limitazione all’entrata del tipo analizzato nel paragrafo 7.1. 40 Per una discussione della politica dei prezzi predatori si veda il capitolo IX. 41 Il precedente risultato si è guadagnato l’appellativo di paradosso, poiché è apparso scarsamente realistico che la strategia di prezzi predatori non fosse plausibile e perché, come intuiremo fra poco, la conclusione cambia se si considera una ripetizione infinita. 32 Come abbiamo visto in precedenza, l’esito di un gioco ripetuto è strettamente legato all’esito del gioco elementare su cui si basa. Per quel che c’interessa, ciò implica che la collusione tra duopolisti non può essere un risultato di equilibrio anche assumendo che le imprese fissano i prezzi o le quantità ripetutamente nel tempo. L’analisi effettuata con il procedimento di induzione all’indietro porterebbe, infatti, a stabilire quantità di Cournot o prezzi di Bertrand ad ogni ripetizione. Tale conclusione è valida indipendentemente dal numero, purché finito e determinato, di ripetizioni della competizione. Il punto chiave del risultato è che essendo finito l’orizzonte temporale del gioco, nell’ultima ripetizione le scelte dei giocatori non possono essere lungimiranti ma sono dettate unicamente dalla massimizzazione del profitto corrente. L’obiettivo che ci eravamo prefissi, cioè spiegare la collusione come un esito di equilibrio, non è stato quindi raggiunto. Resta da verificare se le conclusioni si modifichino nel caso in cui il gioco elementare si ripeta un numero infinito o indeterminato di volte.42 L’aspetto importante di un gioco ripetuto con orizzonte infinito è che, in ogni ripetizione del gioco elementare, i giocatori hanno sempre la possibilità di valutare le proprie scelte correnti in maniera lungimirante, cioè tenendo conto degli effetti che queste possono avere sul comportamento futuro. Cade quindi il presupposto principale dei giochi ad orizzonte finito. L'obiettivo allora è verificare se, assumendo di ripetere il Dilemma del Prigioniero un numero infinito di volte, esista un equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi tale da determinare un esito analogo a quello di collusione. Si noti, a tal proposito, che non prenderemo in esame tutte le possibili strategie che si possono delineare con le azioni a disposizione; bensì individueremo una coppia di strategie tale che soluzioni del tipo (Nego; Nego) o (Prezzo alto; Prezzo alto) ripetute nel tempo costituiscano un risultato plausibile, essendo associate ad equilibri di Nash perfetti nei sottogiochi. Si consideri, a tal fine, il gioco elementare rappresentato in figura 3 in cui due giocatori hanno a disposizione due azioni, cioè Prezzo alto e Prezzo basso, con cui costruire all’inizio del gioco la propria strategia. Ricordiamo, inoltre, che per ognuno dei due giocatori la strategia deve stabilire con esattezza quale azione sarà giocata in futuro, in tutte le ripetizioni del gioco. Ad esempio, una semplice strategia potrebbe essere Prezzo basso sempre; il giocatore che sceglie tale strategia giocherà l’azione Prezzo basso ad ogni ripetizione del gioco, indipendentemente da quanto accaduto in passato. E’ immediato verificare che la coppia di strategie (Prezzo basso; Prezzo basso) costituisce un equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi. Difatti, se uno dei due giocatori fisserà un prezzo basso ad ogni ripetizione del gioco all’altro non resta che fissare un prezzo basso sempre. Si consideri ora una strategia che condizioni l’azione giocata in una data ripetizione rispetto alla storia del gioco fino a quel momento. In particolare, si consideri la seguente strategia denominata Trigger Strategy: § scegliere l’azione Prezzo alto nel primo periodo; § nel t-esimo periodo scegliere l’azione Prezzo alto se fino al periodo t − 1 tutti gli esiti sono sempre stati (Prezzo alto; Prezzo alto), altrimenti scegliere l’azione Prezzo basso. Per chiarirne le implicazioni si assuma che, indipendentemente l’uno dall’altro, entrambi i giocatori decidano, al tempo zero, di adottare la Trigger Strategy. In tal caso, pur agendo in maniera autonoma essi determinerebbero il risultato (Prezzo alto; Prezzo alto) ad ogni ripetizione del gioco. Difatti, si avrebbe (Prezzo alto; Prezzo alto) nel primo periodo, come conseguenza della prima parte della strategia; nel secondo periodo, poiché il risultato del primo periodo è stato (Prezzo alto; Prezzo alto), i due giocatori, coerentemente con la Trigger Strategy, determinerebbero nuovamente (Prezzo alto; Prezzo alto); nel terzo periodo, poiché il risultato dei primi due periodi è stato (Prezzo alto; Prezzo alto), si determinerebbe nuovamente (Prezzo alto; Prezzo alto) e così via. La coppia di strategie (Trigger Strategy; Trigger Strategy) è, quindi, potenzialmente in grado di indurre (Prezzo alto; Prezzo alto) ad ogni ripetizione del gioco. Allo stesso tempo, se uno dei due giocatori scegliesse una strategia diversa dalla Trigger Strategy e determinasse, ad esempio nel 42 In effetti analizzeremo solamente il caso di un gioco con ripetizione infinita; il caso di ripetizione un numero indeterminato di volte porta a conclusioni analoghe. 33 periodo T , un risultato diverso da (Prezzo alto; Prezzo alto), tale risultato non potrebbe verificarsi mai più in futuro. A partire dal periodo T +1 , infatti, il giocatore che adotta la Trigger Strategy sceglierebbe sempre l’azione Prezzo basso, per cui l’avversario avrebbe come risposta ottima l’azione Prezzo basso ad ogni ripetizione. Dal periodo T +1 in avanti l’esito sarà, quindi, sempre (Prezzo basso; Prezzo basso). Possiamo allora interpretare la Trigger Strategy dicendo che la prima parte costituisce la disponibilità a colludere, sebbene senza un esplicito accordo; la seconda parte descrive invece la punizione che si prospetta all’avversario in caso di defezione. Premesso ciò, verifichiamo se la coppia (Trigger Strategy; Trigger Strategy) è un equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi. In altre parole, verifichiamo se, nel caso uno dei due giocatori adotti la Trigger Strategy, per l’altro giocare la Trigger Strategy è una risposta ottima ad ogni istante del gioco e viceversa. Si assuma allora che in ogni periodo il gioco è descritto dalla figura 3, che G1 adotti la Trigger Strategy e che, ad ogni ripetizione del gioco, i due giocatori conoscano tutte le azioni che sono state scelte da entrambi precedentemente. Si assuma, inoltre, che ciascun giocatore sconti i profitti futuri ad un tasso annuale δ < 1 ed abbia come obiettivo quello di massimizzare il valore attuale dei profitti, ∑∞t =1δ t −1π i,t .43 In un contesto ad orizzonte infinito quest’ultima ipotesi diventa indispensabile poiché in ogni periodo un giocatore nel prendere una decisione terrà presente gli effetti che la scelta ha sul profitto corrente e sui profitti futuri. L’obiettivo è valutare se G2 ha incentivo ad adottare la Trigger Strategy o una diversa strategia. Premesso che G1 adotti la Trigger Strategy, se anche G2 adottasse tale strategia entrambi i giocatori giocherebbero l’azione Prezzo alto nel primo periodo ed in tutti i successivi periodi. In tal caso, entrambi i giocatori guadagnerebbero un profitto pari a 10 in ogni periodo ed il valore attuale al tempo 1 della sequenza di profitti sarebbe: 10 VTrigger Strategy = 10 + 10 δ + 10 δ 2 + 10 δ 3 + ⋅ ⋅ ⋅ = . 1− δ Consideriamo ora la possibilità di una strategia diversa dalla Trigger Strategy, come risposta alla Trigger Strategy giocata da G1. A tal fine si noti innanzitutto che se tale strategia alternativa prevedesse che G2 giochi Prezzo basso in una data ripetizione, ad esempio nel periodo T , ciò indurrebbe G1 a giocare Prezzo basso da T +1 in avanti. Ne consegue che da T +1 in avanti G2 dovrebbe giocare necessariamente Prezzo basso, poiché in caso contrario otterrebbe un profitto inferiore. La strategia alternativa renderebbe, quindi, a G2 un profitto pari a 5, invece che 10, in ogni periodo da T +1 in avanti. Allo stesso tempo però, la strategia alternativa renderebbe un profitto pari a 18, invece che 10, nel periodo T , cioè nel primo periodo in cui G2 giochi Prezzo basso. In tal caso a G2 si pone il problema di confrontare l’extraprofitto in T pari a 8, con il minor profitto da T +1 in avanti. Si assuma allora che G2, tentato dalla possibilità di guadagnare un profitto pari a 18 nel primo periodo, giocando Prezzo basso come risposta a Prezzo alto, valuti le conseguenze di determinare un esito pari a (Prezzo alto; Prezzo basso) nel primo periodo. Poiché nel secondo ed in tutti i successivi periodi G1 giocherebbe Prezzo basso, la strategia alternativa di G2 sarebbe Prezzo basso sempre. In tal caso, G2 otterrebbe 18 nel primo periodo e 5 in ogni successivo periodo. Il valore attuale al tempo 1 della strategia Prezzo basso sempre in risposta alla Trigger Strategy giocata da G1 sarebbe, quindi, pari a: 5δ 10 + ( 8 − 13 δ ) V prezzo basso sempre = 18 + 5δ + 5 δ 2 + 5δ 3 + ⋅ ⋅ ⋅ = 18 + 5 δ(1 + δ + δ 2 + ⋅ ⋅ ⋅) = 18 + = . 1− δ 1− δ La Trigger Strategy è preferibile se VTrigger Strategy ≥ V prezzo basso sempre cioè se 43 Il fattore di sconto esprime la valutazione che un individuo fa al tempo t di una lira guadagnata al tempo t +1 . Un valore δ < 1 indica che, al tempo t , un individuo valuta 1 lira guadagnata in t +1 meno di una lira guadagnata in t . 34 10 10 + (8 − 13 δ ) ≥ . 1− δ 1− δ La precedente diseguaglianza è verificata per δ ≥ 8 / 13 . In altre parole, se il fattore di sconto è sufficientemente alto la Trigger Strategy consente un valore attuale dei profitti maggiore della strategia Prezzo basso sempre. Per generalizzare tale risultato si consideri la strategia denominata Alternativa: Prezzo alto per i primi T −1 periodi e Prezzo basso da T in avanti, dove T è un generico periodo.44 Il valore attuale di tale strategia è: V Alternativa = 10 + 10 δ + ⋅ ⋅ ⋅ + 10 δ T −2 + 18 δ T −1 + 5 δ T + 5 δ T +1 + 5 δ T +2 + ⋅ ⋅ ⋅ = = 10 E’ immediato verificare 1 − δ T −1 5δ T 10 + δ T −1 (8 − 13 δ ) + 18 δ T −1 + = . 1−δ 1−δ 1− δ che VTrigger Strategy ≥ V Alternativa per δ ≥ 8 / 13 .45 Possiamo concludere, quindi, che se δ ≥ 8 / 13 la Trigger Strategy giocata da G2 è una risposta ottima alla Trigger Strategy giocata da G1. Inoltre, poiché una conclusione simile si sarebbe raggiunta invertendo l’ordine dei giocatori, possiamo affermare che, se il fattore di sconto è sufficientemente alto, nel caso in esame δ ≥ 8 / 13 , la coppia (Trigger Strategy; Trigger Strategy) è un equilibrio di Nash e la soluzione (Prezzo alto; Prezzo alto) ad ogni ripetizione è realistica.46 Resta da verificare se assumendo δ ≥ 8 / 13 la coppia (Trigger Strategy; Trigger Strategy) è un equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi. Date le azioni a disposizione dei due giocatori, ogni ripetizione del gioco ha quattro possibili esiti; ciò implica che se, ad esempio, il gioco si ripetesse tre volte esisterebbero 64 sentieri. Al crescere del numero di ripetizioni cresce il numero di sentieri o storie possibili. Si consideri allora un generico periodo T . In linea di principio prima di T il gioco potrebbe essersi sviluppato secondo una qualunque delle tante storie possibili. Sebbene diverse tra loro, le storie o sentieri del gioco possono raggrupparsi in sole due classi: a) in tutti i periodi precedenti T si è sempre verificato (Prezzo alto; Prezzo alto); b) in almeno un periodo precedente T si è verificato un risultato diverso da (Prezzo alto; Prezzo alto). Ad ogni ripetizione del gioco esistono, quindi, due soli tipi di sottogiochi: quello che segue la storia a) e quelli che hanno alle spalle una storia del tipo b). Nel caso in cui in un generico T G2 si trovi a decidere dopo una sequenza di tipo b), egli sa che G1 giocherà Prezzo basso nel periodo corrente e in tutti i successivi periodi (poiché così prescrive la Trigger Strategy). La miglior risposta per G2 dopo una sequenza di tipo b) è, quindi, la strategia Prezzo basso sempre da T in poi. Tale risposta è coerente con la circostanza che G2 adotti la Trigger Strategy dall’inizio del gioco; difatti, se G2 adottasse dall’inizio la Trigger Strategy risponderebbe con Prezzo basso sempre al verificarsi della circostanza b). Si consideri, ora, il caso a). Se G2 si dovesse trovare a giocare dopo una sequenza di (Prezzo alto; Prezzo alto) dall’inizio fino a T −1 , dovrebbe valutare se giocare la Trigger Strategy o la strategia Alternativa da T in avanti. Poiché per quanto abbiamo verificato in precedenza VTrigger Strategy ≥ V Alternativa (se δ ≥ 8 / 13 ), conviene rispondere con la Trigger Strategy anche successivamente alla storia a).47 Possiamo concludere, quindi, che 44 Per T = 1 si ottiene il caso precedente. Il caso appena esaminato mostra che il valore attuale della strategia Alternativa si riduce al crescere di T, cioè man mano che si pospone il periodo di defezione. 46 Si noti che la coppia di strategie (Prezzo alto sempre; Prezzo alto sempre) non è un equilibrio di Nash. 47 In realtà mentre in precedenza abbiamo confrontato i valori attuali al tempo 1 di sequenze di profitti incassati a partire dal tempo 1, ora stiamo considerando i valori attuali al tempo T di flussi di profitto incassati a partire da un generico periodo T. Poiché l’orizzonte è infinito i valori attuali sono gli stessi. 45 35 la coppia (Trigger Strategy; Trigger Strategy) è un equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi 9.2.1 Collusione tacita in equilibrio: il modello di Bertrand ripetuto Alla luce di quanto appena visto riesaminiamo il modello di competizione alla Bertrand.48 Si assuma che le imprese debbano fissare il proprio prezzo ripetutamente nel tempo; ad ogni ripetizione della competizione valgono le ipotesi viste in precedenza per il modello di Bertrand. Ad ogni ripetizione della competizione le due imprese conoscono tutti i prezzi che sono stati scelti da entrambe precedentemente. Ciascuna impresa sconta i profitti futuri ad un tasso annuale pari a δ < 1 e ha come obiettivo quello di massimizzare il valore attuale dei profitti, ∞ ∑t =1δT −1π i,t . La strategia di un’impresa determina il prezzo p i ,t , che fisserà in ciascun periodo, in funzione di tutte le coppie di prezzi scelte in precedenza dalle due imprese. In particolare, si assuma che entrambe le imprese giochino una strategia del tipo Trigger Strategy: § fissare un prezzo pari a quello di monopolio (o prezzo di collusione) nel primo periodo; § in un generico periodo, se in passato nessuna delle due imprese ha fissato un prezzo diverso da quello di monopolio continuare a fissare un prezzo di monopolio; in caso contrario fissare un prezzo pari al costo marginale. Vogliamo verificare che se un’impresa ritenga che l’altra stia giocando una strategia del tipo Trigger Strategy, allora le conviene rispondere con una strategia analoga. Vogliamo verificare, quindi, che esista la possibilità che, pur senza un esplicito accordo, entrambe le imprese possano trovare conveniente di volta in volta fissare un prezzo di collusione. A tal fine, si assuma di trovarci in un generico periodo T . Prima di T la competizione tra le due imprese può essersi sviluppata secondo due possibili storie: a) almeno una volta un’impresa ha fissato un prezzo diverso da quello di monopolio; b) entrambe le imprese hanno sempre fissato un prezzo pari a quello di monopolio. Per determinare se la coppia (Trigger Strategy; Trigger Strategy) è un equilibrio perfetto nei sottogiochi dobbiamo verificare se costituisce un equilibrio di Nash perfetto rispetto ad entrambe le storie possibili. Si assuma allora di trovarci nel caso a). La Trigger Strategy prevede che le imprese fissino un prezzo pari al costo marginale sempre. Poiché la coppia di strategie (Prezzo uguale al costo marginale sempre; Prezzo uguale al costo marginale sempre) è un equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi, la coppia (Trigger Strategy; Trigger Strategy) implica che ciascun’impresa giochi in maniera ottima, data la strategia dell’altra, rispetto al sottogioco di tipo a). Si assuma ora, invece, di trovarci nel caso b). Se in passato le due imprese hanno sempre fissato un prezzo di monopolio, una generica impresa sa che attenendosi alla Trigger Strategy, e fissando quindi ancora una volta un prezzo pari a quello di monopolio, otterrebbe un profitto pari a Π M / 2 nel periodo in esame e, di conseguenza, in tutti i successivi periodi. In tal caso, il valore attuale dei profitti sarebbe pari a: ΠM ΠM Π M 2 ΠM 3 ΠM /2 + δ+ δ + δ + ⋅⋅⋅ = 2 2 2 2 (1 − δ ) Si consideri ora la possibilità di giocare una strategia alternativa che preveda un prezzo diverso da quello di monopolio in T . L’impresa che valuta tale possibilità sa che da T +1 in avanti otterrebbe un profitto pari a zero; l’impresa rivale, infatti, in tutte le future ripetizioni fisserà un prezzo pari al costo marginale, rispetto al quale è ottimale rispondere con un prezzo pari al costo marginale. Premesso ciò, l’impresa che intendesse deviare prenderebbe in considerazione la strategia di fissare in T un prezzo di poco inferiore a quello di monopolio. Difatti, in tal caso l’altra impresa non venderebbe nulla VTrigger Strategy = consentendole di guadagnare un profitto di poco inferiore a Π M . Qualsiasi altro prezzo determinerebbe la stessa reazione da parte dell’impresa rivale, ma un profitto per se stessa inferiore. In conclusione, in un generico periodo T 48 Un ragionamento analogo vale per il modello di Cournot. 36 dopo una storia di tipo b), un’impresa che devia dal fissare un prezzo di monopolio otterrà un valore attuale dei profitti (approssimativamente) pari a Π M . L’impresa in esame continuerà a prescritto dalla Trigger Strategy, se: fissare un prezzo di monopolio, come ΠM M ≥Π 2 (1 − δ ) cioè se δ ≥ 0 .5 . In conclusione, se δ ≥ 0 .5 la coppia (Trigger Strategy; Trigger Strategy) è un equilibrio di Nash perfetto nei sottogiochi e, quindi, una sequenza di prezzi pari al prezzo di monopolio è un risultato plausibile, pur senza un esplicito accordo tra le imprese.49 49 L’ipotesi di orizzonte infinito rende plausibili le strategie di limitazione della concorrenza (quantità limite o prezzi predatori) anche con informazione completa. Per intuire il perché si assuma che un’impresa monopolista su vari mercati, che fronteggia la possibilità d’ingresso da parte di imprese locali, giochi la seguente strategia: quantità di monopolio in caso di monopolio e quantità limite in caso di duopolio. A differenza del caso con orizzonte finito, un’impresa che sta valutando l’opportunità di entrare nel mercato può decidere di non entrare, poiché può rendersi credibile la minaccia del monopolista di produrre la quantità limite. Con orizzonte infinito, infatti, per dati valori del fattore di sconto il minor profitto corrente, dovuto alla circostanza di rispondere con la quantità limite all’ingresso da parte di un’impresa locale, è più che compensato dal fatto che la quantità limite disincentivi altre imprese dall’entrare nel mercato, consentendo così di mantenere profitti di monopolio in futuro. Allo stesso tempo, un’impresa che opera su più mercati in duopolio con imprese locali può costituirsi la reputazione di leader e produrre in equilibrio la quantità del leader di Stackelberg in ogni singolo mercato, pur in un contesto di scelte simultanee nei vari mercati. 37