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leggi, scrivi e condividi le tue 10 righe dai libri http://www.10righedailibri.it p A mo’ di introduzione Negli ultimi tempi, fino a venerdì 11 gennaio 2011 alle ore 16, Hosni Mubarak è stato di pessimo umore: non aveva il tempo di tingersi i capelli. Non faceva più sport per mantenersi in forma. Era di cattivo umore perché il suo popolo insisteva affinché lasciasse il potere e anche l’Egitto. Ma lui se ne stava lì, non capendo questa insistenza che giudicava indecente. È dimagrito di qualche chilo, ha assunto un colorito pallido, ha perso l’appetito. Come un condannato a morte, non dormiva più, ossessionato dalle immagini di Saddam Hussein che pregava pochi minuti prima della sua esecuzione. La moglie Suzanne e i suoi figli per precauzione sono andati a farsi dimenticare a Londra. Lui, invece, ora che è a Sharm el-Sheik, non può uscire dal suo palazzo. Sa che se mettesse il naso fuori, il popolo lo lincerebbe. Si immagina di fronte al tribunale e gli prende il panico. Ha mal di pancia. Una diarrea di origine 5 0050.Testo_CS4.indd 5 16/02/11 11:54 politica. Ha commesso troppe ingiustizie, troppi crimini per non pagare. Ma non vuole ammetterlo. Come molti dirigenti arabi, ha confuso il paese con casa sua. Ha creduto che l’Egitto in quanto stato e nazione fosse una sua proprietà privata. E che poteva disporne come voleva. Ha saputo accumulare molto denaro, talmente tanto che gli ci vorranno parecchie vite per goderne completamente (“The Guardian” parla di 70 miliardi di dollari!). Si è rivolto a Dio e gli ha chiesto lunga vita per avere salute, giovinezza e potere assoluto. Ci sono voluti trent’anni per mettere in piedi il sistema che gli ha permesso di restare al potere così a lungo: ha ordinato al sarto del quartiere di fargli un partito su misura; ha chiesto consigli ad alcuni specialisti dei sistemi di tortura per creare una polizia onnipresente e totalmente dedicata al suo sistema; ha dato avvio a una processo di corruzione che arricchisce lui e impoverisce il paese. La rete di servizi segreti è modellata su quella degli ex paesi sovietici. Ha dichiarato lo stato di emergenza, ha creato un parlamento su misura, ha messo i suoi uomini nei centri nevralgici dei media, ha giocato la carta del pericolo fondamentalista per giustificare la repressione, gli arresti e la tortura. Ha buoni 6 0050.Testo_CS4.indd 6 16/02/11 11:54 rapporti con gli americani e con gli israeliani. Ha sempre offerto ospitalità ai responsabili politici occidentali in visita privata in Egitto. Ha buone relazioni con la maggior parte degli Emirati del Golfo Arabo. Eppure, il popolino miserabile, infettato da un virus di origine non controllata, gli ha impedito di fare colazione nel suo giardino e soprattutto gli ha tolto la voglia di tingersi i capelli. Qualcuno gli ha detto che i capelli tinti rivelano il suo aspetto femminile. E lui non ha apprezzato la battuta. All’inizio del suo regno, circolavano dei noukats (“barzellette”) su di lui. Ogni giorno ce n’era una nuova che faceva ridere gli egiziani. La cosa lo innervosiva e non avendo senso dell’umorismo decise di scatenare i suoi servizi segreti alla ricerca del mascalzone che lo ridicolizzava. Ben presto fu individuato un pover’uomo, un vecchio che se ne stava seduto a un caffè popolare di Khan el-Khalili. Fu arrestato e portato da Mubarak. Quando questi lo vide non capì come quel vecchio uomo sdentato, miserabile, fosse in grado di nuocere all’immagine del rais. Decise di rimproverarlo (era troppo vecchio per essere torturato): 7 0050.Testo_CS4.indd 7 16/02/11 11:54 – Com’è possibile? Racconti cose tremende su di me, che ho salvato questo paese dalla miseria, che ho portato la libertà, la prosperità e la democrazia a questo popolo ingrato! Racconti delle falsità! Io sono la persona che più lavora per il bene degli egiziani; non dormo; non faccio che pensare a come migliorare la vita dei miei cittadini… Il vecchio lo fermò e gli disse: – Signor presidente, le giuro che questa barzelletta io non l’ho mai raccontata. In questo stesso periodo cosa fa Ben Ali, il tunisino che è fuggito il 14 gennaio? Ha scelto l’esilio in Arabia Saudita. Ma come trascorre le sue giornate? Guarda la televisione. Si lascia andare. Anche lui non ha più voglia di tingersi i capelli. È depresso. Vive in una prigione dorata. Non può uscire, non può andare a prendere un caffè nel centro commerciale più vicino. Ben Ali piange. Rivede il corpo avvolto dalle bende di Mohamed Buazizi e lo maledice, non crede più in Dio. Perché Dio in questo momento sta dalla parte dei poveri, dalla parte delle persone nella condizione di Mohamed Buazizi: “È colpa di questo imbecille che si è fatto prendere dall’ira, 8 0050.Testo_CS4.indd 8 16/02/11 11:54 che ha dato fuoco ai suoi vestiti, se io, io che ho portato la prosperità ai tunisini, oggi mi ritrovo in questo palazzo, solo, senza amici, senza i miei divertimenti, senza niente. E poi le televisioni del mondo intero mi innervosiscono, parlano a vanvera. La mia testa è piena di immagini come queste in cui la sola cosa che interessa ai giornalisti è la fawda, il disordine e il panico. Rivoluzione! Casino, sì, distruggeranno tutto in questo bel paese; almeno io sono riuscito a far venire milioni di turisti; ho creato una classe media, ho chiuso con i fondamentalisti islamici, ho lavorato per rassicurare gli occidentali ed ecco che ora tutti mi girano le spalle. L’essere umano è ingrato. Odio l’umanità. Odio questo palazzo, questo impianto di condizionamento eccessivo, queste confezioni di kleenex nelle loro scatole dorate, odio questi paesaggi giallastri, bianchi, e poi non mi piace questo cibo. Ma di questo me ne frego, tanto non ho più fame, quel figlio di puttana di Buazizi ha mandato all’aria la mia vita!” Cadono dei “muri di Berlino”. Alcuni delinquenti vengono mandati via (se avessero un briciolo di onore, si suiciderebbero). Altri dovrebbero seguirli. Non farò nomi per non 9 0050.Testo_CS4.indd 9 16/02/11 11:54 rischiare di dimenticarne qualcuno. Ma si riconosceranno. Più niente sarà come prima in questo mondo arabo che è stato per troppo tempo confiscato da bruti che hanno fatto del male a milioni di cittadini indifesi. 10 0050.Testo_CS4.indd 10 16/02/11 11:54 La situazione 0050.Testo_CS4.indd 11 16/02/11 11:54 0050.Testo_CS4.indd 12 16/02/11 11:54 Rivolta? Rivoluzione? Questa primavera in pieno inverno non assomiglia a nulla nella storia recente del mondo. Potrebbe far pensare alla rivoluzione dei garofani in Portogallo (novembre 1974), ma è diversa. I popoli arabi hanno subito e sono stati rassegnati per molto tempo. Di tanto in tanto, qualcuno si è ribellato e si è fatto uccidere. In generale, però, il Maghreb e il Machrek hanno questo in comune: l’individuo non è riconosciuto come tale. Tutto è organizzato in modo che l’emergere dell’individuo in quanto entità singolare e unica sia impedito. È la rivoluzione francese che ha permesso ai cittadini di Francia di diventare individui dotati di diritti e doveri. Nel mondo arabo, ciò che viene riconosciuto è il clan, la tribù, la famiglia, non la singola persona. L’individuo invece sarebbe una voce, non un soggetto da sottomettere. Un individuo è una persona che ha da dire la sua e che la dice andan13 0050.Testo_CS4.indd 13 16/02/11 11:54 do a votare liberamente e senza falsificazioni. In questo sta la base della democrazia – una cultura basata sul contratto sociale; si elegge qualcuno per rappresentare un popolo in un determinato periodo e poi o lo si rinnova nelle sue funzioni o lo si rispedisce a casa. Nel mondo arabo, i presidenti della repubblica si comportano come dei monarchi assoluti al punto che restano al potere con la forza, attraverso la corruzione, la menzogna e il ricatto. Bashar al-Assad è succeduto al padre Hafez al-Assad; Seif al-Islam è ritenuto il successore di suo padre Gheddafi, quando questi morirà; Mubarak ha ovviamente cercato di imporre suo figlio alla successione, ma con la rivoluzione di gennaio tutti i suoi piani sono saltati. Il principio è semplice: quando arrivano al potere, pensano di essere lì per l’eternità, che il popolo lo voglia o no. Per non indisporre troppo gli occidentali, instaurano una sorta di “democrazia formale”, giusto una maschera, un po’ di fumo per gli occhi di chi li osserva. Ma è tutto nelle loro mani e non tollerano alcuna contestazione, alcuna opposizione. Il resto del tempo, considerano il paese come una loro proprietà privata, dispongono delle sue entrate, fanno affari, si arricchiscono e mettono i 14 0050.Testo_CS4.indd 14 16/02/11 11:54 loro beni al sicuro in banche svizzere, americane o europee. Quello che è successo in Tunisia e in Egitto è una protesta morale ed etica. È un rifiuto assoluto e senza mezzi termini dell’autoritarismo, della corruzione, del furto dei beni del paese, rifiuto del nepotismo, del favoritismo, rifiuto dell’umiliazione e della illegittimità che è alla base dell’arrivo al potere di questi dirigenti il cui comportamento prende a prestito molti metodi dalla mafia. Una protesta per stabilire un’igiene morale in una società che è stata sfruttata e umiliata fino all’inverosimile. È per questo che non è una rivoluzione ideologica. Non c’è un leader, non c’è un capo, non c’è un partito che porta avanti la rivolta. Milioni di persone qualunque sono scese in strada perché quando è troppo è troppo! È una rivoluzione di tipo nuovo: spontanea e improvvisata. È una pagina della storia scritta giorno per giorno, senza una pianificazione, senza premeditazione, senza intrallazzi, senza trucchi. È come una poesia che sgorga dal cuore di un poeta che scrive sotto dettatura della vita, che si ribella e vuole giorni migliori. 15 0050.Testo_CS4.indd 15 16/02/11 11:54 La responsabilità dei dirigenti europei è importante nel mantenimento di questi regimi impopolari e autoritari. Essi tacciono e lasciano fare usando due scuse: 1. pensano che Mubarak, come Ben Ali, sia lì per impedire che si stabilisca una repubblica islamica in stile iraniano; 2. pensano che non dicendo loro che devono rispettare i diritti dell’uomo, si assicureranno succosi affari. Su entrambe le cose si sbagliano. La rivoluzione iraniana è stata possibile perché lo sciismo è strutturato gerarchicamente (himam, mollah, ayatollah ecc.). Per gli sciiti, l’islam è politico o non è (è questo che aveva dichiarato Khomeini al suo arrivo a Teheran). L’islam sunnita non ha mai pensato la pratica religiosa in modo gerarchico. Nel Corano si dice che nell’islam non ci sono sacerdoti. Né preti, né rabbini, né ayatollah. Sul piano politico, la società araba è attraversata da diverse correnti islamiche; la corrente fondamentalista non è il solo movimento presente in Egitto. Non c’è ragione di pensare che i fondamentalisti arrivino al potere, a meno che non si verifichi un colpo di stato militare, il che 16 0050.Testo_CS4.indd 16 16/02/11 11:54 vorrebbe dire che tutto l’esercito è fondamentalista, cosa assurda. Se c’è una democrazia, questo vuol dire che c’è multipartitismo, che ci sono differenze e opinioni diverse che si fronteggiano in un campo politico libero. Quanto al secondo punto, gli occidentali chiudono gli occhi ovunque possano fare affari, che sia in Cina, in Libia o in Algeria. Ma da quando Barack Obama ha invocato il rispetto dei diritti dell’uomo davanti al suo ospite cinese, nel gennaio 2011, non è più possibile anteporre gli affari ai diritti dell’uomo. Tutto ciò è avvolto da ipocrisia e accondiscendenza. Abbiamo appena saputo che alcuni ministri francesi accettavano inviti in Tunisia, in Egitto, e facevano coppia perfetta con dittatori di cui sapevano tutto, compreso il modo in cui torturavano e facevano sparire gli oppositori del governo. Queste rivoluzioni di oggi avranno almeno un vantaggio: più niente sarà come prima, né all’interno del paese né all’esterno. Quanto agli altri stati arabi in cui sussistono gli ingredienti affinché qualcosa si muova e ci si ribelli, io credo che riformeranno il loro sistema 17 0050.Testo_CS4.indd 17 16/02/11 11:54 e saranno più vigili sul rispetto dei diritti della persona. Il cittadino non sarà più un soggetto sottomesso, a disposizione di un potere arbitrario e sprezzante; diventerà un individuo che ha un nome, una voce e tutti i suoi diritti. 18 0050.Testo_CS4.indd 18 16/02/11 11:54 Tunisia, dicembre 2010-gennaio 2011 L’inno nazionale tunisino finisce con questi quattro versi del poeta Aboul Kacem Chabbi: Il giorno in cui il popolo aspira alla vita Il destino deve darsi una risposta Le tenebre dissiparsi E le catene spezzarsi. I manifestanti cantavano questa strofa come i loro nonni l’avevano recitata al momento della lotta per l’indipendenza (1957). Il regime di Ben Ali era paragonabile a un’occupazione coloniale: ugualmente illegittima e feroce. Ben Ali ha passato più di vent’anni a costruire reti e strutture necessarie solo a rendere il paese una sua proprietà privata. Con la scusa che liberava il paese dal pericolo fondamentalista, si è consentito qualsiasi cosa, e questo sotto lo sguardo benevolo e incoraggiante degli stati europei. 19 0050.Testo_CS4.indd 19 16/02/11 11:54 È durante le rivoluzioni e i periodi di resistenza che i poeti vengono visitati dal soffio forte dell’ispirazione. Dopo la Tunisia, che sta stabilendo un nuovo modo di vivere e di lavorare, l’Egitto ha rovesciato tutti gli elementi che facevano del mondo arabo un blocco maledetto, votato ai dittatori e al regresso. Ma certi scrittori hanno passato la vita a denunciare questa maledizione. Il poeta è necessariamente visionario, non chiaroveggente ma capace di sentire ciò che deve assolutamente cambiare. I dittatori farebbero bene a leggere i poeti. Ma in fondo li disprezzano fino al giorno in cui la resistenza popolare diventa essa stessa una sorta di poema, come abbiamo visto nelle strade della Tunisia e poi dell’Egitto. Oggi si parla di un immenso muro di Berlino che cade. Sì, molti muri, molti tabù, molti blocchi stanno cadendo. Pensiamo ai poeti, che hanno avuto ragione prima di chiunque altro: pensiamo al russo Vladimir Majakovskij, al turco Nazim Hikmet, al palestinese Mohamud Darwish, all’iracheno Shaker Essayab, all’egiziano Mohamed Chawki e a tutte le altre voci che si sono levate, nel secolo scorso, per dire l’intollerabile, il bisogno vitale di libertà e di giustizia. 20 0050.Testo_CS4.indd 20 16/02/11 11:54 Ma nessun regime autoritario ha preso sul serio i poeti e gli artisti. L’Egitto è il più grande paese arabo esistente. Per molto tempo, è stato il faro della cultura e della civiltà araba. Ma poco a poco, sotto la pressione dei militari, con le ferite delle numerose guerre contro Israele, con l’emergere di un islamismo retrogrado, questo grande paese è diventato il territorio degli scacchi, delle sconfitte: con la complicità di America, Israele ed Europa si è installato un regime di polizia basato sulla corruzione, sul favoritismo e sull’arbitrio. Siccome però è un paese strategico, l’Occidente doveva aiutarlo e non criticarlo. Si è tollerato tutto di questo regime, perché è stato il solo paese arabo a siglare una pace con Israele (con il viaggio a sorpresa di Anwar al-Sadat nel 1977 a Gerusalemme, gesto di grande coraggio politico, ma che non è stato riconosciuto con il valore che meritava dagli israeliani, che non hanno mai voluto concludere una pace effettiva con gli altri paesi arabi e soprattutto con il popolo palestinese). Non si possono accusare gli scrittori, i registi e gli intellettuali egiziani di non aver fatto il loro lavoro, quello di dire e mostrare ciò che succedeva quotidianamente nel loro paese. I romanzi di 21 0050.Testo_CS4.indd 21 16/02/11 11:54 Sun Allah Ibrahim, di Ghitani, di Alaa al-Aswani, di Khaled el-Khamissi sono stati tutti testimoni della loro epoca e della loro società in ciò che essa ha di più intollerabile. Tutti sapevano che cosa succedeva nei commissariati; la stampa internazionale (come in Tunisia) dava voce alla repressione di cui erano vittime le persone del popolo, gli emarginati, i derelitti, coloro che subivano ingiustizie e non potevano esprimersi né difendersi. Libri scritti da giornalisti o da militanti in esilio hanno descritto queste dittature che avevano il vantaggio di sembrare “dolci” agli occhi dei dirigenti occidentali. Ma come in ogni rivolta, tutto parte da un incidente, un diverbio con la polizia, un’ingiustizia urlata, un atto intollerabile che potrebbe essere definito “la goccia che fa traboccare il vaso”. Sia nel caso della Tunisia che in quello dell’Egitto, molti vasi erano già traboccati, si erano già rotti ed erano stati buttati nella spazzatura. E però tutto questo sembrava normale: è così che si vive nei paesi in via di sviluppo, è così che si muore nei paesi in cui agli occhi dell’Occidente la stabilità o la sicurezza sono garantite ma in cui in effetti regna il disprezzo del cittadino e delle sue libertà, dei suoi diritti. 22 0050.Testo_CS4.indd 22 16/02/11 11:54 La presa del potere da parte di Ben Ali era stata sostenuta da tutto il mondo. Si era parlato di “colpo di stato curativo”. Un bel mattino, il 7 novembre 1987, colui che Habib Bourguiba aveva nominato ministro dell’interno e poi primo ministro entra nel palazzo e fa alzare un vecchio malato, lo obbliga a lasciare il suo letto e gli comunica che non è più presidente. La sera prima aveva riunito al ministero dell’interno sette medici e li aveva obbligati a firmare una dichiarazione di “incapacità di Bourguiba a governare”. Si dice che uno dei medici che non voleva firmare perché non vedeva Bourguiba da due anni si sentì dire da Ben Ali: “Firma, non hai scelta”. Contemporaneamente, Ben Ali aveva già collocato di forza alcuni suoi uomini nei ministeri. Deponeva un gran signore e prendeva il suo posto senza vergogna, senza pudore. Certo, Bourguiba avrebbe potuto andarsene da solo, prendere la decisione di lasciare il potere perché il suo stato di salute non gli permetteva più di governare. Ma quando una persona è stata al potere, agisce come se fosse stata contaminata da un virus. Solo Léopold Sédar Senghor, il presidente del Senegal, ha abbandonato di propria iniziativa le funzioni presidenziali per dedicarsi 23 0050.Testo_CS4.indd 23 16/02/11 11:54 alla scrittura, alla poesia, alla lettura. Ma non tutti i capi di stato sono dei poeti. Mi sembra d’obbligo qui ricordare come Bourguiba sia stato un grande capo di stato, anche se autoritario e ingiusto, soprattutto con coloro che si opponevano democraticamente alla sua politica. Qui ricorderemo di quest’uomo solo le qualità e gli atti di coraggio, diciamo la sua modernità. Fu lui a negoziare con la Francia l’indipendenza del suo paese. Presto ha inserito la Tunisia nella scia di una modernità rara all’epoca, nel mondo arabo. Ha iniziato col cambiare lo statuto della famiglia; la Tunisia è stato il primo, e per molto tempo l’unico, paese musulmano e arabo a riconoscere alle donne i loro diritti: divieto di poligamia, divorzio autorizzato e aborto legalizzato (ben prima della Francia!). Era un rivoluzionario. È stato il solo uomo di stato ad aver sostenuto la laicità concretamente: un giorno di Ramadan (marzo 1964) si presentò in televisione e bevve un bicchiere di aranciata in diretta, davanti ai telespettatori allibiti. Giustificò il suo gesto con ragioni economiche. Non poteva tollerare che l’economia del paese sonnecchiasse per un mese intero perché i lavoratori digiunavano e non avevano né la forza né l’energia per fare bene il 24 0050.Testo_CS4.indd 24 16/02/11 11:54 loro lavoro. Per decenni, i tunisini furono liberi di digiunare o non digiunare. I caffè e i ristoranti restavano aperti. Le persone consumavano quel che volevano in tutta serenità. Coloro che, per fede personale, seguivano il Ramadan, non erano rimproverati né importunati da alcuno. Il 3 marzo 1965, a Gerico, Bourguiba tenne un discorso da visionario che nessuno all’epoca poté accettare. Consigliò agli arabi di “normalizzare le loro relazioni con lo Stato d’Israele” dicendo che “la politica del tutto o niente aveva portato i palestinesi solo alla sconfitta”. Si era inimicato tutti i capi di stato arabi e soprattutto l’egiziano Nasser, di cui criticava il nazionalismo fanatico. La folla dei paesi arabi scese nelle strade per protestare a favore della capitolazione di “un traditore della causa sacra della Palestina”. Cosa che non gli impedì di chiedere all’onu “la creazione di una federazione fra gli stati arabi della regione e Israele”. Due anni dopo, il 5 giugno 1967, i paesi arabi della regione scatenarono una guerra contro Israele che persero in modo pietoso. Perciò ci si riferisce a questa sconfitta in termini di naqba (“catastrofe”). Oggi il sogno dei palestinesi è di ritrovare i territori che avevano prima del giugno 25 0050.Testo_CS4.indd 25 16/02/11 11:54 1967. Eppure mai Israele accorderà loro un solo metro quadrato di territorio. Bourguiba era un uomo laico, colto, visionario. Il suo temperamento di uomo autoritario ha rovinato il suo percorso, ma questo temperamento non era una ragione sufficiente perché un militare, sposato a una parrucchiera, lo deponesse come una vecchia carcassa che aspetta la morte. Ben Ali non ha cambiato tutto subito, quando ha preso il potere. Ha continuato le riforme di Bourguiba, soprattutto nel campo dell’istruzione. Ha chiamato Mohamed Charfi, un militante per i diritti dell’uomo e gli ha assegnato il ministero dell’educazione nazionale con la missione di ripulire i manuali scolastici dell’ideologia fondamentalista e fanatica. Mohamed Charfi, insieme con un gruppo di una cinquantina di professori, ha svolto un lavoro davvero notevole. Ha rifatto tutti i manuali scolastici con uno spirito illuministico e di apertura critica. Ben Ali non gli ha impedito di lavorare. Una volta finita la missione, Mohamed Charfi ha dato le dimissioni e ha recuperato la sua libertà. Tutto il lavoro di Ben Ali è stato pensato nell’ottica della lotta contro gli islamici integralisti. Questa lotta, però, ha preso ben presto 26 0050.Testo_CS4.indd 26 16/02/11 11:54 l’aspetto di una caccia alle streghe con arresti arbitrari, torture negli uffici della polizia, prigionia in condizioni inimmaginabili. Con la scusa di lottare contro il pericolo islamico, Ben Ali ha esercitato il potere in modo dittatoriale, diffondendo la paura nel paese, vietando la stampa straniera, perseguitando gli oppositori, anche quelli che non avevano niente a che vedere con il fondamentalismo islamico. Insomma, la crescita economica e la stabilità ottenuta attraverso la repressione faranno di Ben Ali quello che gli occidentali chiameranno “un baluardo contro il fondamentalismo islamico”. È così che per tre decenni, Ben Ali, sotto uno sguardo benevolo e perfino incoraggiante, sottoporrà il suo paese a una dittatura in cui il cittadino tunisino non ha alcun diritto. La Tunisia diventerà una sua faccenda privata. La sua famiglia, in senso letterale e allargato, ne approfitterà con eccessi e senza vergogna. Uno dei suoi fratelli, preso in Francia con le mani nel sacco in un traffico di droga, sarà liberato a Parigi e raggiungerà tranquillamente le sue ville dorate di Tunisi. In questo periodo, i militanti vengono arrestati e i giovani diplomati sono in strada, senza lavoro; alcuni di loro tentano l’immigrazione clandestina a rischio 27 0050.Testo_CS4.indd 27 16/02/11 11:54 della propria vita. La Tunisia e il suo presidente che ogni cinque anni si fa rieleggere con una preferenza che rasenta il 99% sono ben noti alle cancellerie occidentali. Quando ci sono delle visite ufficiali in Europa, il signor Ben Ali è applaudito, celebrato, proposto come esempio, simbolo di “buon progresso della democrazia”. A me sembra di sognare. Quando è fuggito come un ladro (o meglio, in quanto ladro), le televisioni hanno fatto rivedere i discorsi di Jacques Chirac, Nicolas Sarkozy, Dominique Strauss-Kahn, Silvio Berlusconi ecc. Era incredibile sentire cosa queste persone dichiaravano di Ben Ali e cosa hanno balbettato nel momento in cui quel mascalzone è fuggito. Ma è quello che si chiama “real politik”. La Tunisia è così diventata un’eccellente meta turistica. Tanto meglio, anche se gli aspetti scandalosi del regime a un turista non sono mai stati visibili; dovevi essere un giornalista accorto o uno scrittore con grande spirito di osservazione. Io sono andato in Tunisia nel 2005, invitato dal centro culturale francese di Tunisi per parlare agli studenti di un liceo. Ero continuamente seguito da poliziotti in borghese. Gli studenti mi 28 0050.Testo_CS4.indd 28 16/02/11 11:54 ponevano domande strettamente letterarie e, dopo la conferenza, venivano da me e mi parlavano all’orecchio. Ho odiato quel viaggio e quell’atmosfera plumbea. Durante gli anni di Ben Ali, i giornalisti che hanno osato denunciare questo sistema iperpoliziesco sono stati messi in prigione. Il più celebre di loro si chiama Ben Brik. I media francesi hanno diffuso i suoi messaggi di sconforto. Tutti erano al corrente che nel paese di Ben Ali vigeva la tortura e che gli oppositori del regime venivano fatti sparire. Con l’attentato alla sinagoga di Djerba (11 aprile 2002, 21 morti) all’improvviso si è capito che se Ben Ali era riuscito a far tacere i fondamentalisti islamici del suo paese, tuttavia la sua polizia non aveva potuto impedire ad Al Qaeda di perpetrare un sanguinoso attentato. Il kamikaze veniva da una famiglia immigrata in Francia e aveva relazioni con un tedesco convertito all’islam. 29 0050.Testo_CS4.indd 29 16/02/11 11:54