IMPATTO AMBIENTALE E SICUREZZA DEGLI ALIMENTI: DUE

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IMPATTO AMBIENTALE E SICUREZZA DEGLI ALIMENTI: DUE
IMPATTO AMBIENTALE E SICUREZZA
DEGLI ALIMENTI:
DUE NORMATIVE COLLEGATE
di Roberta Bianchi
Produzione e logistica >> Normativa ambientale
Il diritto ambientale, nel suo insieme, costituisce certamente uno dei settori più articolati e
problematici di ogni ordinamento.
Ciò deriva, com'è noto, dalla stratificazione al suo interno di norme di diversa origine
(economica, scientifica, ecologica), e dalla conflittualità esistente tra la dimensione assunta dal
diritto comunitario e quella nazionalista, propria soprattutto del nostro diritto. In tale contesto,
il rapporto tra impatto ambientale e diritto agro-alimentare offre attualmente un ricco campionario di questioni, spesso complesse, dovute alle svariate forme di reciproca interferenza tra le
due discipline. L'agricoltura e l'industria alimentare sono, infatti, tra i comparti produttivi
che maggiormente interferiscono con l'ambiente in quanto, più di altri, utilizzano e
trasformano le risorse naturali e i prodotti derivati (suolo, acqua, rifiuti).
Negli ultimi anni, tale forma di interferenza ha assunto nuove dimensioni, dovute all'aumento
delle produzioni agricole e degli allevamenti intensivi.
IL REGOLAMENTO (CE) N. 1774/2002
Il problema, inizialmente avvertito da ecologisti e vegetariani, è stato in seguito recepito anche
da economisti, scienziati e nutrizionisti, inducendo il legislatore comunitario ad elaborare un
quadro normativo coordinato per la protezione della salute umana, degli animali e
dell'ambiente, istituito con il regolamento (CE) n. 1774 del 3 ottobre 2002, recante norme
sanitarie per i sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano.
L'obiettivo principale del regolamento (CE) n. 1774/2002 è stato quello di stabilire un
collegamento tra la normativa comunitaria igienico-sanitaria e quella ambientale, disciplinando
la gestione dei sottoprodotti derivati dagli allevamenti, evitandone la dispersione nell’ambiente
e ponendo divieti al loro reinserimento nella catena alimentare attraverso la produzione dei
mangimi.
Il problema trae origine dall'aumento dei rifiuti animali (frattaglie, carcasse, deiezioni) e si
dirama in tutti i settori ad esso connessi (tutela delle acque, dell'aria, del suolo e della salute
dei cittadini).
Al riguardo, il regolamento (CE) n. 1774/2002 effettua una distinzione tra scarti da
macello considerati «ad alto rischio», poiché contenenti agenti patogeni trasmissibili
(encefalopatia spongiforme bovina, influenza aviaria, afta epizootica ecc...) o residui di
contaminanti ambientali (agenti chimici, diossine ecc...), da escludere totalmente dalla
catena alimentare ed eliminare tramite sotterramento, incenerimento o messa in discarica, oppure da riciclare nella produzione di fertilizzanti organici e biogas, e materiali «a basso
rischio», ottenuti da animali sani e riutilizzabili sul mercato, previo trattamento termico,
nell'industria del pellame o come componenti per mangimi, cosmetici e farmaceutici. In questo
modo, il regolamento stabilisce un rapporto tra la direttiva 90/667/CEE sui rifiuti di origine
animale e la direttiva quadro sui rifiuti 75/442CEE, combinando tra loro alcuni aspetti della
politica ambientale e dei consumatori.
L'IMPATTO AMBIENTALE DEGLI ALLEVAMENTI
Il regolamento (CE) n. 1774/2002, rivelatosi efficace nei primi anni di applicazione, soprattutto
laddove ha imposto divieti all'impiego di scarti animali nella preparazione dei mangimi,
identificati come principale veicolo di infezione da BSE, e ha proposto opzioni alternative (incenerimento con recupero di energia, insalinamento, idrolisi e compostaggio), compatibili con
la tutela ambientale, rassicuranti per l'opinione pubblica ed economicamente incentivanti,
poiché idonee a consentire un recupero dei costi e a beneficiare di sostegni finanziari, sta
incontrando difficoltà applicative sempre maggiori in proporzione all'aumento degli
allevamenti, specie quelli intensivi, ed al carico inquinante che ne deriva a tutti i livelli.
Il costante aumento della produttività in questo settore starebbe infatti generando, secondo i
più recenti riscontri scientifici, un impatto ambientale non più sostenibile, nemmeno con le
soluzioni proposte dal regolamento (CE) n. 1774/2002.
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Al riguardo, sono state evidenziate, in ordine d'importanza crescente, diverse tipologie
d'impatto degli allevamenti sull'ecosistema globale, dovuto rispettivamente nella percentuale:
1. del 3-4% alle deiezioni animali, divenute responsabili dei processi di acidificazione ed
eutrofizzazione in misura superiore ai pesticidi e ai fertilizzanti chimici;
2. del 10-12% alle deforestazioni delle zone pluviali per la creazione di pascoli destinati ad
allevamenti di bovini e ovini (7);
3. del 13-14% allo sfruttamento di terre fertili per la produzione ed esportazione di cereali e
soia per mangimi;
4. del 15-18% ai trattamenti per la conservazione e la consumabilità delle carni con sostanze
inquinanti, come azoto e composti chimici inorganici;
5. del 20% agli scarti di macellazione (grassi animali, ossa, interiora), causa del costante
aumento di discariche abusive e sotterramenti illegali ad opera delle stesse aziende di
produzione, non disponibili a soste nere costi aggiuntivi per altri trattamenti, e conseguente
inquinamento dei terreni e della falde acquifere sottostanti;
6. del 45% circa al consumo delle risorse idriche da parte degli allevamenti per la produzione
del latte.
In questo modo gli animali da macello, quali consumatori di risorse essenziali del pianeta,
stanno diventando un rischio per l'ambiente, così come l'inquinamento rappresenta, a sua
volta, un rischio per le sue conseguenze sulla catena alimentare.
L'ALIMENTAZIONE CON PRODOTTI ANIMALI
Com'è noto, la crisi della BSE e quella della diossina hanno suscitato una diffusa
preoccupazione circa la qualità degli ingredienti di origine animale utilizzati nella preparazione
dei mangimi, e recenti provvedimenti comunitari, come il regolamento sull'agricoltura
biologica e le carni di qualità, hanno vietato l'impiego di scarti di macellazione
nell'alimentazione degli animali d'allevamento.
L'immagine negativa provocata da questi fenomeni non ha, tuttavia, disincentivato l'aumento
degli allevamenti, né ha determinato la crisi del settore generando, al contrario, una situazione
non più gestibile con soli i metodi previsti dal regolamento (CE) n. 1774/2002. Sotto il profilo
alimentare, il problema ha assunto particolare rilievo in quanto coinvolge tutti i cittadini in
qualità di consumatori di carni di animali alimentati con possibili rifiuti, determinando la
necessità di ulteriori interventi del legislatore comunitario.
GLI ULTIMI PROVVEDIMENTI COMUNITARI
La criticità della situazione, e l'esigenza di mantenere un adeguato livello di tutela della salute
umana e dell'ambiente, hanno imposto, su parere dell'Autorità europea per la sicurezza
alimentare (EFSA) e del Comitato di coordinamento scientifico (CCS), un riesame generale e
un adeguamento istituzionale dell'intera disciplina. I primi provvedimenti in linea con questa
«riforma» risalgono all'inizio di quest'anno e sono, principalmente, il regolamento (CE) n.
12/2005, il regolamento (CE) n. 92/2005, recanti entrambi nuove modalità di trasformazione
dei grassi e dello stallatico in impianti di compostaggio e produzione di biogas, e il regolamento
(CE) n. 183/2005, che stabilisce i requisiti minimi per l'igiene dei mangimi.
L'obiettivo comune dei tre regolamenti è quello di assicurare uno standard di sicurezza
proporzionale alla produzione di carni su scala industriale, stabilendo regole precise per le
operazioni di eliminazione, trattamento e trasformazione degli scarti animali c.d. «ad alto
rischio» e per l'utilizzo sicuro di quelli a «basso rischio» nella preparazione dei mangimi.
In particolare, il regolamento (CE) n. 183/2005 estende l'ambito di applicazione del
regolamento (CE) n. 178/2000 ai rischi per la salute animale e per l'ambiente dovuti a mangimi somministrati ad animali non destinati al consumo umano, ed introduce un sistema
armonizzato di registrazione di tutte le imprese operanti nel settore e di controlli ufficiali sugli
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ingredienti impiegati lungo l'intera filiera alimentare, garantendone così la piena rintracciabilità
in ogni fase del processo produttivo (provenienza, importazione da paesi terzi, trasporto,
trasformazione e distribuzione sul mercato).
In tale contesto, la responsabilità primaria è stata assegnata ai produttori e ai fornitori degli
ingredienti, mentre alle autorità nazionali è stato affidato il compito di istituire sistemi di
sorveglianza e controllo, e alla Commissione quello di valutarne l'idoneità e il buon
funzionamento tramite ispezioni e audit.
In considerazione della gravita degli illeciti contro la salute pubblica, e delle conseguenze
economiche degli incidenti registrati durante le singole fasi della filiera, comportanti il ritiro del
prodotto dal mercato, era stata avanzata, in sede di proposta legislativa, l'idea di istituire un
sistema generalizzato di responsabilità finanziaria sotto forma di assicurazione, e di
imporre sanzioni penali in caso di violazioni commesse con dolo o colpa grave.
Secondo la Commissione, un regime di responsabilità oggettiva per i danni provocati
nell'ambito di questa attività, prevalentemente sostenuti con fondi pubblici, comporterebbe,
infatti, notevoli vantaggi economici per la società, ed il ricorso a sanzioni di natura penale
sarebbe utile in quanto indice di riprovazione sociale con effetto maggiormente deterrente per i
trasgressori rispetto alle sanzioni amministrative o ai meccanismi compensativi di diritto civile.
Le difficoltà di realizzazione dell'iniziativa, dovute essenzialmente alle difformità delle prassi
vigenti negli Stati membri, hanno tuttavia determinato il Consiglio UE a soprassedere
sull'argomento, demandando momentaneamente agli Stati il compito di stabilire sanzioni
dissuasive, e alla Commissione quello di presentare nuove proposte.
Altra idea non trasposta nel regolamento (CE) n. 183/ 2005 è il conferimento alla
Commissione, in caso di riscontrata violazione della normativa comunitaria, di poteri
d'intervento cautelativo diretti sull'attività ritenuta illegittima, senza ricorso alla procedura
d'infrazione di cui all'art. 226 del Trattato.
OSSERVAZIONI
Quanto precede induce ad alcune riflessioni sulla futura politica di questo nuovo settore «agroambientale» e, in particolare, sulla possibilità di consentire il progressivo ampliamento degli
allevamenti e, contemporaneamente, escludere gli scarti animali dalla catena alimentare. È
evidente, infatti, che la corretta applicazione dello stesso regolamento (CE) n. 183/2005,
certamente più garantistica per la protezione della salute umana, potrebbe provocare un
aumento degli scarti di macellazione da eliminare o da trattare con i sistemi alternativi di
protezione dell'ambiente previsti dai regolamenti (CE) n. 12/2005 e (CE) n. 92/2005, con il
rischio di rendere l'intero sistema una sorta di coperta corta. Il dibattito pubblico non permette
di trarre conclusioni certe sull'argomento, ma di individuare, quanto meno, un punto fermo del
problema.
Dai sondaggi risulta che i cittadini, i consumatori e le organizzazioni professionali sono
generalmente favorevoli all'esclusione di scarti animali dai mangimi, mentre coloro che ne
devono sostenere i costi sono, ovviamente, contrari a questa scelta ed inclini ai sotterramenti
illegali.
Anche alcuni organismi governativi, dovendo sostenere con fondi pubblici i danni economici
provocati da produzioni di mangimi non conformi, e dal loro ritiro dal mercato, hanno
difficoltà ad adeguarsi a normative restrittive, e indugiano nel renderle operative. Per
questa ragione, prescindendo dai motivi etici legati ai maltrattamenti e all'uccisione degli
animali negli allevamenti intensivi, una possibile soluzione potrebbe essere la messa a punto di
un sistema di controlli quantitativi, oltre che qualitativi, delle produzioni carni, valutato in
misura proporzionale al reale fabbisogno pro capite.
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GLOSSARIO
Preparazione dei mangimi
Per quanto riguarda le modalità di preparazione dei mangimi, la decisione 94/381/CE ha
introdotto il divieto di somministrare ai ruminanti proteine derivate da tessuti di mammiferi
in tutta la comunità (G.U.C.E., 7 luglio 1994, L 172) e la decisione 98/272/CE ha stabilito
che gli animali abbattuti o morti a causa di encefalopatie spongiformi trasmissibili debbono
essere abbattuti (G.U.C.E., 24 aprile 1998, L 122).
Scarti di macellazione
In Italia, il costo della raccolta e della trasformazione dei materiali di scarto dei macelli è
determinato dal prezzo di mercato dei grassi e delle farine di carne e di ossa.
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Documento reperibile, assieme ad altre monografie, nella sezione Dossier del sito http://www.sanpaoloimprese.com/
Documento pubblicato su licenza di WKI - Ipsoa Editore
Fonte: Ambiente - Mensile di consulenza e pratica per l'impresa, Ipsoa Editore
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