Febbraio 2014 - Piccole Suore della Sacra Famiglia

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Febbraio 2014 - Piccole Suore della Sacra Famiglia
V.G.M.G.
Castelletto, 1 gennaio 2014
Carissime sorelle,
Buon Anno! Il tradizionale augurio che ci scambiamo in questo tempo di grazia vuole
ricordarci che il tempo è sotto il segno della benedizione di Dio, per questo è “buono”. Nel nostro
augurio sono racchiusi il desiderio e la richiesta che il Signore ci custodisca, ancora e sempre, forti
nella fede, pazienti nella speranza e perseveranti nella carità, e disponga i nostri giorni nel suo
amore e nella sua pace.
L’inizio di ogni nuovo anno ci invita a considerare come gli eventi della vita personale,
comunitaria, ecclesiale e sociale vadano sempre letti e vissuti alla luce della storia di salvezza che
Dio realizza con ogni persona. Il mistero dell’incarnazione si colloca “nella pienezza del tempo”:
tempo reso denso dalla presenza del Figlio di Dio che irrompe nella storia umana e la trasforma. La
nascita nella carne del Verbo di Dio è, come ogni nuova nascita, promessa di futuro, apertura allo
stupore della novità dentro il quotidiano scorrere del tempo, che va verso il compimento, verso la
pienezza del bene.
Il primo gennaio, al termine della celebrazione eucaristica, saremo nuovamente raggiunte
dalla benedizione di Dio, che ci inonda con la luce del suo Volto, ci accompagna con la sua
benevolenza e ci dona la pace. Se la accogliamo con semplicità di cuore, fiducia e gratitudine,
siamo portate a ridonarla al prossimo. Possiamo diventare noi coloro che dicono bene della vita
degli altri e della storia; donne che riconoscono il bene, lo augurano e lo costruiscono. La paura
del domani perde di consistenza poiché siamo certe che la nostra vita è custodita dal Padre celeste,
un Dio che ci guarda sorridendo, con sguardo benevolo e fiducioso. Egli desidera mettersi in
relazione con noi e colmarci gratuitamente di tutti i suoi doni.
Dentro questo orizzonte di grazia, benedizione e benevolenza di Dio, possiamo
comprendere, accogliere e vivere serenamente le difficoltà e gli ostacoli inevitabili nel vivere
insieme. La comunione trinitaria, come abbiamo già riflettuto, è la sorgente della nostra vita
comune, e la Santa Famiglia il riferimento a cui guardare per imparare a vivere la fraternità della
vita consacrata. Il comune dono della consacrazione ci riunisce in comunità di vita e la grazia di Dio
ci abilita a costruire relazioni mature, ma dobbiamo ammettere che ciò non toglie limiti, fatiche e
sofferenza.
Non si cresce spontaneamente: è necessario curare la nostra umanità perché ciascuna di noi
sia resa capace di “vedere bene, volere bene e dire bene”. Ciò significa allenarci a riconoscere il
bene che Dio rende disponibile per noi, concorrere a promuoverlo e proclamarlo con la voce, uscire
da noi stesse per scoprire il positivo nella nostra vita, in quella degli altri, sentire la responsabilità di
custodirlo e promuoverlo. In questo cammino non siamo esenti da difficoltà e paure, che tuttavia
non possono prevalere sulla spinta positiva della Grazia che ci apre ad orizzonti di libertà e di pace.
Cosa ci impedisce di vivere secondo tale dinamismo? Il Documento programmatico
capitolare individua alcuni ostacoli: fede debole, individualismo, difficoltà ad accogliere i limiti
personali e comunitari, prevalere di una logica puramente umana (p. 23). Tutto questo ci impedisce
di “sperimentare la comunità come luogo della manifestazione della presenza di Dio e come segno
profetico per il nostro tempo”; inoltre “ostacola la nostra capacità di discernere insieme nuovi
cammini di autentica fraternità, che sia segno visibile della prossimità ai fratelli” (p. 23). Vengono
compromesse l’identità e la missione della vita fraterna: la comunità non è più luogo nel quale
crescere nel segno forte della comunione che diviene sacramento della Presenza del Signore in
mezzo a noi.
Cosa fare? Lo Spirito ci anima ad un costante rinnovamento. La fraternità si costruisce
giorno per giorno a partire da noi stesse, attraverso la cura paziente e attenta di ogni dimensione
della nostra persona: razionale, emotiva, spirituale, fisica, relazionale. Lasciamo che la bontà di Dio
edifichi la nostra vita e la conformi progressivamente all’umanità di Cristo, anche attraverso la
purificazione che le situazioni quotidiane comportano. Più ci conosciamo alla luce della Parola di
Dio, Parola di verità e di bene, più ci scopriamo e accogliamo come esseri fragili e feriti, ma amati
infinitamente e gratuitamente. Questa certezza, continuamente riconfermata dall’esperienza, rende
meno necessario alzare difese e reagire con aggressività. Ci ritroviamo a poco a poco più libere dai
nostri condizionamenti, dalle aspettative degli altri, dal bisogno di affermarci e dalla tentazione di
prevaricare. Nell’accoglienza della nostra povertà siamo più disponibili a comprendere e a
perdonare le fragilità delle sorelle; tante tensioni si sciolgono e i pregiudizi si indeboliscono;
riusciamo a vedere nell’altra il positivo di cui ogni persona è portatrice e possiamo riconoscere le
meraviglie che la bontà di Dio sa operare dentro la nostra povertà.
L’identità di “sorella” diventa primaria e ognuna di noi può esprimere la propria originalità con le
doti e le caratteristiche che le appartengono, nella sinfonia delle diversità creata dallo Spirito (p.
26). Dio ci chiama a edificare comunità nelle quali la differenza è vissuta come ricchezza, segni
eloquenti che offrono alla società, “spesso segnata dall’edonismo, dalla sete di potere e
dall’autosufficienza, la testimonianza di un nuovo stile di vita fraterna connotato da libertà di cuore,
servizio, sobrietà e condivisione, come profezia per il Regno” (p. 27).
È il compito che ci è affidato, il “talento” da far fruttificare a bene nostro e di tutti.
Ciascuna è protagonista responsabile della propria vita e di quella della comunità: del clima
relazionale, dello slancio missionario, dello spirito di preghiera, dello stile del servizio. “Siamo
chiamate a vivere in semplicità e letizia il comandamento dell’amore, perché la comunione tra
sorelle, dono offertoci da Dio, sia un riflesso della comunione d’amore della Trinità vissuta dalla
Famiglia di Nazareth” (p. 23).
“Come” e “con” Gesù, Maria e Giuseppe coltiviamo la disposizione interiore di chi cerca
l’incontro, la concordia, la condivisione e la solidarietà. Custodiamo e meditiamo il mistero
dell’umanità di Dio e come Maria, nel silenzio, ricomponiamo i frammenti di un evento altrimenti
incomprensibile. Alla luce della fede, tale mistero ci rivela il progetto di Dio che tutti siano uno in
Lui e si lascino salvare dall’Amore fattosi carne. Così la benedizione di Dio su di noi prende forma
nel nostro essere e agire da figlie del Padre, sorelle nella grande famiglia di Dio.
Carissime, accogliamo con fiducia la vita di Dio che opera in noi e in tutti e lasciamo che
diventi la “caritas Christi” che ci abilita a costruire comunità davvero fraterne. Ce lo auguriamo
reciprocamente, di vero cuore, e chiediamo l’intercessione del Fondatore e di Madre Maria, dei
quali in questo tempo celebriamo la memoria liturgica. La loro testimonianza di vita risplenda
luminosa e guidi i nostri passi nel quotidiano “pregare, lavorare e patire” di questo 2014.
Vostra aff.ma Madre
Suor Angela Merici Pattaro