Consulta il testo - Il Diritto Amministrativo

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Rimedi non giurisdizionali a tutela del consumatore, la rete SOLVIT, la
direttiva sulla mediazione in materia civile e commerciale: è possibile enucleare
una nozione comunitaria di ADR?
(Profili di continuità nella disciplina comunitaria)
di Saverio Sticchi Damiani
L’obiettivo di questo contributo è stabilire se esista una continuità tra la rete SOLVIT e gli
altri meccanismi non giurisdizionali introdotti dall’ordinamento comunitario; la sussistenza di
caratteri sostanzialmente omogenei potrebbe, infatti, costituire sintomo del consolidamento di una
nozione “comunitaria” di ADR, peraltro, non priva di caratteri di originalità rispetto ai tradizionali
modelli di risoluzione alternativa.
Da ultimo, ci si propone di verificare la “tenuta” di siffatta nozione alla luce del più recente
e fondamentale intervento normativo dell’Unione Europea in materia di ADR , ossia la direttiva
2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 con cui l’istituto della
mediazione è stato esteso a tutta la materia civile e commerciale.
1. Le ADR endoprocessuali come strumento di deflazione del contenzioso giurisdizionale
Prendendo le mosse proprio dai primi casi di ADR, è appena il caso di ricordare che la
promozione di meccanismi non giurisdizionali per la risoluzione dei conflitti ha avuto origine negli
Stati Uniti intorno agli anni settanta.1 In una prima fase tale fenomeno ha interessato principalmente
le ADR endoprocessuali, vale a dire quei meccanismi che, incardinati nella struttura del processo
ordinario, consentivano un preliminare tentativo di composizione bonaria della lite.
1
Quando si parla delle origini del movimento ADR negli USA, non si fa riferimento alle prime e spesso incerte
manifestazioni del fenomeno, anteriori agli anni settanta, bensì ai primi interventi con cui il legislatore diede una
sistematica disciplina alla materia. Sul punto e più in generale sulle ADR negli USA si segnalano solo alcuni tra i
numerosissimi contributi: G. DE PALO - G. GUIDI, Risoluzione alternativa delle controversie nelle Corti Federali
degli Stati Uniti, Giuffrè, Milano, 1999, 6; R.M. ACKERMAN, ADR: An Appropriate Alternative?, in Willelmette Law
Review, 1997, vol.33, 497; J.W. ADLER - W.L.F. FELSTINER - D.R. HENSlLER - M.A. PETTERSON, The Pace of
Litigation: Conference Proceedings, in Dispute Resolution Journal, 1997, 1313; T. ARNOLD, Why is ADR the
answer?, in Comparative Law, 1998, 13; J.S. AUERBACH, Justice without law?, in Conciliation Courts Review, 1983;
W.F. BARON, ADR in technology Disputes, in Dispute Resolution Journal, 1996, 88; M.A. BEDIKIAN, Overview of
alternative dispute resolution techniques, in Harvard Law Review, 1986, 876; F. BERNINI, Small claims: conciliazione
e arbitrato anche nell’esperienza straniera, in Quaderni dell’avvocatura, 1993, 135; C.B. CRAVER, Alternative
dispute resolution: the advocate’s perspective, in Journal Dispute Resolution, 1997, 237; T.E. CARBONNEAU,
Alternative dispute resolution: melting the lances and dismounting the steeds, in Negotiation Journal, 1989; C.H.
CROWNE, The Alternative Dispute Resolution Act of 1998: implementing a new paradigm of justice, in New York Law
Review, 2001, 1768; F. CUOMO ULLOA, Modelli di conciliazione nell’esperienza nordamericana, in Riv. Trim. Dir.
Proc. Civ., IV, 2000, 1283; R. GILKEY, Alternative dispute resolution: hazardous or helpful?, in Emory Law Journal,
1987, 575; T.U. GUILL, A framework for understanding and using ADR, in Tulane Law Review, 1997, 1313; J.R.
HOLBROOK - L.M. GRAY, Court-Annexed alternative dispute resolution, in J. Contemp Law, 1995, 1; M. IRVINE,
The lady or the tiger: dispute resolution in the federal courts, in University Toledo Law Review, 1996, 795; A.L.
LEVIN - D. GOLASH, Alternative dispute resolution in Federal District Courts, in University of Florida Law Review,
1985, 29; J.K. LIEBERMAN - J.H. HENRY, Lessons from the alternative dispute resolution movement, in University
of Chicago Law Review, 1986, 424; R. LOWRY, Alternative dispute resolution, in Pepperdine Law Review, 1997, 946;
S. PRESS, Alternative dispute resolution (ADR). A critical review of a recent literature, in Justice System Journal,
1991, 257; J. RESNIK, Managerial Judges, in Harvard Law Review, 1982, 374; Id., Due process: a public dimension,
in Harvard Law Review, 1988, 234; J.D. ROSENBERG – H.J. FOLBERG, Alternative dispute resolution: an empirical
analysis, in Stanford Law Review, 1994, 1487; P.M. WALD, Adr and the courts: an update, in Duke Law Journal,
1997, 1445.
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L’esperibilità di tali rimedi all’interno del processo ordinario ha indotto la dottrina
statunitense a qualificare tali procedure come pubbliche, in contrapposizione alle ADR cd. private,
estranee invece ai procedimenti giurisdizionali.2
L’ordinamento nordamericano, spinto dalla necessità di decongestionare le affaticate Courts,
ha scelto, infatti, un modello che, senza incoraggiare una fuga dai tribunali verso arbitri e
conciliatori esterni, favorisse l’impiego di ADR incardinate nella fase preliminare dello stesso
procedimento giurisdizionale.3
Le ADR in quella fase rappresentarono uno dei principali rimedi per ridurre i costi ed i
ritardi della giurisdizione ordinaria in crisi. Il legislatore statunitense decise, infatti, di utilizzare tali
sistemi nella fase preliminare dei giudizi dinanzi alle Corti Federali: se il tentativo esperito, o dallo
stesso giudice preposto a decidere della controversia o da un soggetto terzo non togato, avesse avuto
buon fine, il conflitto sarebbe stato deciso in via non giurisdizionale. Tutto ciò contribuì, almeno in
parte, a ridurre l’arretrato delle Corti ed a riportare l’amministrazione della giustizia in una
situazione di quasi regolare funzionamento.
Le ADR nascono dunque, ma soprattutto si diffondono, come strumento da affiancare alla
giurisdizione ordinaria in una posizione alternativa ad essa, al duplice fine di offrire al cittadino una
tutela extragiudiziaria rapida e contemporaneamente contribuire al decongestionamento delle
sovraffollate Courts.
In particolare, le ADR che si collocano nella fase preliminare di un giudizio, definite
appunto endoprocessuali, perseguono generalmente tale fine deflattivo: il buon esito della procedura
extragiudiziaria consente, infatti, di evitare il successivo procedimento giurisdizionale.
2. Appropriate Dispute Resolution nell’ordinamento comunitario
Diversa è stata invece la scelta dell’ordinamento comunitario, che, pur avendo decisamente
promosso i rimedi non giurisdizionali per la risoluzione dei conflitti, ha principalmente incoraggiato
l’uso di ADR private o extraprocessuali. La scelta non è casuale; essa costituisce, infatti, un
corollario della volontà delle istituzioni comunitarie di utilizzare tali procedure principalmente per
offrire al cittadino europeo una protezione nei settori in cui la tutela giurisdizionale non appare
adeguata.4
In altre parole, i metodi ADR promossi dall’ordinamento comunitario non mirano
tendenzialmente a ridurre il carico di lavoro dei giudici nazionali o sopranazionali, offrendo
strumenti alternativi di tutela, bensì garantiscono una risposta ad una domanda di giustizia che
rischierebbe di restare priva di protezione se affidata ai tradizionali strumenti giurisdizionali.
Sono emblematiche in tal senso le iniziative assunte in materia di tutela del consumatore. In
questo settore, infatti, possono sorgere dei conflitti, spesso transnazionali, che vertono su beni o
2
In questo senso, H.T. EDWARDS, Alternative Dispute Resolution: Panacea or Anathema?, in Harvard Law Review,
1986, 655.
3
Si tratta in particolare delle seguenti procedure: court-annexed arbitration, court annexed mediation, appellate
mediation, early neutral evaluation e summary jury trial. Per una dettagliata descrizione del funzionamento di tali
procedure: G. DE PALO – G. GUIDI, Risoluzione alternativa delle controversie nelle Corti Federali degli Stati Uniti,
cit., 25. Nel 1990 il Congresso degli Stati Uniti ha approvato il Civil Justice Reform Act (CJRA), con cui ha riformato il
sistema della giustizia civile. Il CJRA, senza imporre una riforma generale della giustizia civile, ha prima obbligato
ciascun distretto federale ad individuare le cause degli eccessivi costi e ritardi ed in un secondo momento ha invitato gli
organi distrettuali competenti ad elaborare un piano di azione personalizzato per ridurre spese e tempi. Ogni distretto,
nel redigere tale piano, ha utilizzato alcuni dei rimedi prospettati direttamente dal CJRA. Tra questi, al punto 6, viene
espressamente incoraggiato il rinvio delle cause, se idonee, ai procedimenti ADR endoprocessuali di cui sopra. Al CJRA
ha fatto seguito, nel 1998, l’Alternative dispute resolution act.
4
Sul tema delle ADR nell’ordinamento comunitario si veda M.P. CHITI, Le forme di risoluzione delle controversie con
la pubblica amministrazione alternative alla giurisdizione, in Riv. It. Dir. Pubbl. Comunitario, 2000, 8; R. DANOVI,
Le ADR (Alternative Dispute Resolution) e le iniziative dell’Unione europea, in Giur. It., 1997, IV, 326; G. DELLA
CANANEA, Regolazione del mercato e tutela della concorrenza nella risoluzione delle controversie in tema di
comunicazioni elettroniche, in Dir. Pubbl., 2005, 601; S. STICCHI DAMIANI, Sistemi alternativi alla giurisdizione
(ADR) nel Diritto dell’Unione europea, Milano, 2004
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interessi di modesto valore; in tali ipotesi la parte che subisce il pregiudizio rischia di rimanere
priva di tutela giurisdizionale, se la sproporzione tra valore del petitum e costi processuali non
giustifica l’instaurazione di un processo ordinario.
Per questi conflitti di modesto valore economico (small claims) l’Unione europea ha
promosso l’impiego di procedure ADR che, o gratuitamente o con costi assai ridotti, si occupano di
tali specifiche fattispecie. Il “legislatore europeo” ha utilizzato a tali fini una tipologia di ADR
definita extraprocessuale perché esterna al procedimento giurisdizionale.
È evidente che la funzione di tali istituti non è più quella di ridurre il carico di lavoro degli
organi giurisdizionali - difficilmente simili controversie sarebbero instaurate dinanzi ad un giudice bensì di garantire una tutela extragiudiziaria ad una domanda di giustizia altrimenti destinata a
restare priva di adeguata protezione.
Il Libro Verde del 2002 sui “modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia
civile e commerciale” precisa, infatti, che “l’ADR si colloca pienamente nel contesto delle politiche
volte al miglioramento dell’accesso alla giustizia. L’ADR svolge, in effetti, un ruolo complementare
rispetto ai procedimenti giurisdizionali, in quanto i metodi adoperati dalle ADR spesso sono più
adatti alla natura delle controversie. L’ADR può così permettere alle parti d’instaurare un dialogo
che sarebbe stato altrimenti impossibile”.
Una simile definizione giustifica la scelta di tradurre l’acronimo ADR con l’espressione
appropriate dispute resolution, tecnicamente più corretta per qualificare dei rimedi non più
alternativi bensì complementari alla giurisdizione.5
Con riferimento agli specifici vantaggi che questa tipologia di ADR può arrecare alle parti
in conflitto, la dottrina ravvisa l’indubbia predisposizione di tali procedure a preservare gli eventuali
rapporti interpersonali intercorrenti tra le stesse prima della lite.6
Il procedimento estremamente informale che caratterizza tali meccanismi ADR consente di
giungere ad una composizione del conflitto spesso concordata e condivisa dalle parti; anche quando
la decisione è rimessa ad un terzo neutrale, è possibile che essa sia il frutto di reciproche
concessioni fatte dalle parti in sede di contraddittorio.
Per tali ragioni si ritiene che le ADR siano uno strumento in grado di preservare i rapporti
personali o economici tra le parti molto meglio di quanto non possa accadere in seguito ad un
processo dinanzi al giudice. La giurisdizione tradizionale definisce i rapporti, ma spesso provoca
insanabili spaccature tra le parti; al contrario, le ADR rappresentano uno strumento di risoluzione
delle controversie in grado anche di preservare i rapporti pregressi.
Tali meccanismi ADR si caratterizzano inoltre per i costi ridotti dei relativi procedimenti.
Tale specificità consente di evitare a chi soccombe (o ad entrambe le parti, in caso di
compensazione) spese processuali sproporzionate rispetto al valore della controversia.7
A ciò si aggiunga che per numerose procedure extragiudiziarie non è richiesta alcuna
assistenza legale: la parte, se lo ritiene opportuno, può legittimamente stare in giudizio da sola e
quindi abbattere ulteriormente i costi processuali.
Questi principi hanno trovato puntuale definizione (sempre con riferimento alla materia
della tutela del consumatore) in due Raccomandazioni adottate dalla Commissione.8 La scelta di
utilizzare due documenti separati deriva dalla volontà di tenere distinte le due principali tipologie di
5
In tal senso, S. STICCHI DAMIANI, Sistemi alternativi alla giurisdizione (ADR) nel Diritto dell’Unione europea,
cit., 39, 112.
6
Come sostiene BROWN in J. BROWN - A. MARRIOT, Alternative Dispute Resolution Principles and Practice,
Londra, 1999, 213; “All ADR practitioners accept the preposition that is more beneficial for parties to resolve their
differences by ADR rather than through contentious proceedings (…). The common experience is that ADR processes
preserve or enhance personal and business relationship that might otherwise be damaged by the adversarial process”.
7
Sul punto, tra gli altri: P.H. GULLIVER, Disputes and Negotiation: a Cross-Cultural Perspective, Academic Press,
New York, 1989.
8
Raccomandazioni della Commissione n. 98/257/CE, in GUCE. L.115, del 17 aprile 1998 e n. 2001/310/CE, in GUCE,
L. 109 del 19 aprile del 2001. I principi individuati dalle due Raccomandazioni sono stati successivamente recepiti dal
nostro Codice del consumo (articoli 140 e 141 del d.lgs 6 settembre 2005, n. 206).
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ADR: la prima generalmente affidata ad un soggetto terzo con funzioni decidenti (adjudicatory
ADR), la seconda “gestita” invece da un soggetto che ha il compito di agevolare una soluzione
consensuale della lite (consensual ADR). La delimitazione delle due distinte tipologie di ADR non
scalfisce tuttavia l’unicità dello scopo cui tali meccanismi devono tendere, vale a dire il
miglioramento dell’accesso alla giustizia attraverso nuove e più ampie possibilità di tutela. Ciò
implica che anche dal testo delle due Raccomandazioni si possa dedurre un rapporto tra questi
strumenti di risoluzione delle controversie e la tutela giurisdizionale costruito più in termini di
complementarietà che non di alternatività.
3. Il “network” come elemento essenziale delle ADR comunitarie
Le diverse premesse da cui ha avuto origine il medesimo fenomeno nei due ordinamenti,
statunitense e dell’Unione europea, esaltano dunque l’autonomia dell’esperienza comunitaria in
materia e determinano la sostanziale originalità dei caratteri che connotano le procedure che le
stesse istituzioni europee hanno formalmente qualificato come ADR.
Occorre tuttavia stabilire se l’esperienza comunitaria in materia di ADR sia talmente
rilevante da costituire un indirizzo generale, un modus operandi diffuso, oppure se si tratti di un
orientamento che, data la specificità degli obiettivi cui mira, può trovare applicazione solo in
materia di tutela del consumatore. Nel secondo caso sarebbe difficile, oltre che inutile, estrapolare
una nozione comunitaria di ADR che possa essere decontestualizzata dalla specifica materia cui si
riferisce.
La rapida risoluzione dei conflitti, i costi processuali contenuti, la possibilità di stare in
giudizio senza l’assistenza di un legale sembrerebbero essere peculiarità in grado di arrecare
benefici a controversie relative a qualsiasi materia, non solo nel settore della tutela del
consumatore.9 Ciò che però rende le ADR in materia di consumo un modello difficilmente
esportabile in altri settori è la particolare struttura organizzativa su cui esse poggiano; quest’ultima
risulta essere talmente funzionale alla natura appropriate di tali meccanismi da divenire un
elemento caratterizzante della nozione.
Questo specifico aspetto merita di essere chiarito.
È opportuno precisare che in materia di tutela del consumatore, il diritto comunitario non ha
creato o istituito organismi per la risoluzione in via non giurisdizionale dei conflitti, ma si è limitato
a promuovere la cooperazione tra i sistemi nazionali a ciò preposti. Come detto, le due
raccomandazioni della Commissione hanno anche fissato delle linee guida che, pur non essendo
vincolanti, mirano comunque a coordinare le iniziative degli Stati membri in materia.
Spetta, dunque, a ciascuno Stato membro, preferibilmente nel rispetto dei predetti principiguida, provvedere alla creazione di tali organismi ed alla regolamentazione delle relative procedure.
Tale processo, oltre ad interessare le procedure extragiudiziarie non ancora istituite, riguarda
anche le ADR preesistenti all’entrata in vigore della citate raccomandazioni: anche in relazione a
queste ultime gli Stati membri possono verificare la conformità agli standards europei al fine di
apportare le opportune modifiche ai regolamenti istitutivi.
La Commissione agendo in questo modo ha di fatto sollecitato, in ambito nazionale,
l’istituzione di meccanismi ADR in materia di tutela del consumatore, ma soprattutto ha contribuito,
individuando degli standards comuni (tempi processuali ridotti, costi contenuti, informalità delle
procedure, ecc.), ad una omogeneizzazione delle caratteristiche di questi ultimi tra i vari Stati
membri. Gli small claims in materia di consumo trovano, dunque, una tutela appropriate
sostanzialmente uniforme presso ciascuno Stato membro. Questo risultato anziché costituire un
9
In tal senso anche M. GIOVANNINI, Amministrazione pubblica e risoluzione alternativa delle controversie, Bonomia
University Press, Bologna, 2007, 44; l’A. sostiene che “i principi richiamati finiranno per condizionare l’intero
sviluppo dei metodi alternativi, anche laddove si tratti di risolvere controversie non strettamente attinenti l’ambito del
consumo”.
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punto di arrivo ha rappresentato il presupposto per compiere un ulteriore passo verso forme di tutela
ancora più specifiche e dunque anche complementari rispetto a quelle offerte delle autorità
giurisdizionali.
Se il valore economico del petitum può non giustificare, in alcuni casi, i costi ed i tempi
della giustizia ordinaria, anche quando insorga una controversia tra un consumatore ed un operatore
economico del medesimo Stato membro, tale sproporzione è destinata ad aumentare qualora il
contrasto riguardi parti che risiedono in Stati membri differenti. Se già nel primo caso si può
giustificare la preferenza per meccanismi appropriate, nella seconda ipotesi tale eventualità
consente addirittura di evitare ad una delle parti di partecipare ad un giudizio dinanzi ad un’autorità
giurisdizionale di altro Stato membro. Da ciò l’idea della Commissione di creare un network
europeo di ADR in materia di consumo in cui far confluire tutti i meccanismi appropriate istituiti
da ciascuno Stato, se in possesso dei requisiti enucleati dalle due raccomandazioni.
Il vantaggio offerto da tale modello organizzativo è quello di consentire la risoluzione non
giurisdizionale delle controversie transfrontaliere, in tempi rapidi, a costi limitatissimi e soprattutto
senza imporre alcuno spostamento alle parti (si stabilisce un contatto on line tra il centro di
compensazione dello Stato in cui risiede il consumatore e l’ADR istituita presso il paese in cui ha
sede l’operatore che ha venduto il bene o il servizio); non vi è dubbio, infatti, che i conflitti
transnazionali si caratterizzino, ancora di più di quelli interni, per i tempi lunghi ed i costi elevati se
condotti dinanzi alle competenti autorità giurisdizionali.10
La necessità di una rete siffatta deriva, infatti, dal grande aumento di controversie
transfrontaliere in materia di consumo dovuto a tre fattori fondamentali: l’introduzione della moneta
unica, la facilità di spostamenti che consente di accedere senza difficoltà ai beni ed ai servizi offerti
da operatori economici situati in altri Stati membri e la diffusione del commercio elettronico, prima
causa, secondo le istituzioni comunitarie, dell’aumento delle liti transfrontaliere. Esiste, dunque, un
rapporto assai stretto tra la nascita di una rete europea di ADR per la risoluzione delle controversie
transfrontaliere in materia di consumo e il forte incremento, verificatosi in quest’ultimi anni, dell’ecommerce e, di conseguenza, delle liti derivanti dall’acquisto di beni e servizi attraverso internet.
A fronte di questa specifica tendenza, la predisposizione del network consente di garantire
una giustizia appropriate anche nel caso di conflitti tra consumatori ed operatori economici di Stati
membri differenti.11 In questo senso, il particolare modello organizzativo che collega le ADR
nazionali contribuisce ad accrescere la “natura appropriate” di tali meccanismi al punto da risultare
elemento essenziale della nozione. La complementarietà di tali sistemi rispetto alla giustizia
ordinaria è dunque ascrivibile anche alla possibilità di garantire ugualmente tempi e costi assai
ridotti anche nel caso di small claims tranfrontalieri ed il network che garantisce tale possibilità
rappresenta un elemento essenziale dell’intero sistema.
4. La rete SOLVIT: un network di appropriate dispute resolution per la risoluzione dei casi
di maladministration
Occorre a questo punto stabilire, come si è detto in premessa, se rispetto al modello
organizzativo descritto ed in relazione alla particolare ratio che caratterizza le ADR che lo
compongono, l’ordinamento comunitario abbia inteso replicare l’intero sistema anche in altri
10
Sul funzionamento del network europeo di ADR in materia di tutela del consumatore si veda, S. STICCHI
DAMIANI, Sistemi alternativi alla giurisdizione (ADR) nel Diritto dell’Unione europea, cit. 70 e ss. Si veda inoltre la
risoluzione del Consiglio relativa ad “ Una rete comunitaria di organi nazionali per la risoluzione extragiudiziale delle
controversie in materia di consumo” del 25.05.2000.
11
Sul tema del network come modello organizzativo utilizzato dall’ordinamento comunitario, si veda S. CASSESE, Le
reti come figura organizzativa di collaborazione, in A. PREDIERI - M. MORISI (a cura di), L’Europa delle reti,
Torino, 2001, 43; E. CHITI, Le agenzie europee: unità e decentramento nelle amministrazioni comunitarie, Cedam,
Padova, 2002.
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settori. Ciò evidentemente potrebbe legittimare l’aspettativa di giungere ad una nozione comunitaria
di ADR che non sia circoscritta alla sola materia della tutela del consumatore.
Una simile verifica può essere validamente condotta attraverso una comparazione tra il
modello descritto ed il network recentemente istituito per agevolare la risoluzione non
giurisdizionale delle controversie transfrontaliere tra privati e pubbliche amministrazioni riguardanti
l’erronea applicazione della normativa comunitaria sul mercato interno.
La Commissione europea, infatti, nell’ambito di una più ampia politica per la “soluzione
efficace dei problemi del mercato interno”, ha previsto, con comunicazione del 27 novembre 2001,
12
l’istituzione di SOLVIT: una rete di centri di coordinamento nazionali per la risoluzione non
giurisdizionale delle controversie riguardanti l’applicazione di norme sul mercato interno.13
La rete SOLVIT ha molti punti di contatto con il network europeo di ADR in materia di
tutela del consumatore. I due modelli mirano infatti ad agevolare una risoluzione informale delle
controversie attraverso procedimenti rapidi - in quanto supportati da sistemi telematici - ed
economici sotto il profilo dei costi processuali. In entrambi i casi la struttura del network costituisce
la soluzione organizzativa per conferire una competenza transfrontaliera ai due sistemi. SOLVIT,
infatti consente, attraverso il collegamento dei centri di coordinamento nazionali, di risolvere
controversie intercorrenti tra un cittadino comunitario (o un’impresa comunitaria) ed una pubblica
amministrazione di altro Stato membro all’interno del quale il richiedente intenda esercitare una
delle attività consentite dal Trattato.
Il centro di coordinamento competente a decidere (“centro SOLVIT capofila”), vale a dire
quello situato nello Stato in cui si trova la p.a. intimata, non emette decisioni vincolanti, ma si limita
a prospettare possibili soluzioni all’amministrazione nei cui confronti si contesta la scorretta
applicazione della normativa comunitaria.
Alla stessa stregua delle decisioni adottate dalle ADR in materia di consumo, le pronunce
espresse nell’ambito di SOLVIT non sono equiparabili, sotto profilo delle efficacia, ad una
decisione resa in sede giurisdizionale. La decisione del centro SOLVIT non ha natura vincolante,
per cui l’amministrazione intimata non è tenuta a conformarsi.
12
Ci si riferisce, in particolare alla Raccomandazione della Commissione sui “principi per l’utilizzo di SOLVIT, la
rete per la soluzione dei problemi del mercato interno” (2001/893/CE), GUCE L-133/79 del 15 dicembre 2001. Si
vedano, inoltre, i riferimenti di seguito riportati:
Communication from the Commission to the Council, the European Parliament , the Economic and Social
Committee of the Regions on “Effective Problem Solving in the Internal Market” [COM(2001)0702]
Commission Recommendation of 7 December 2001”on principles for using SOLVIT” – the Internal Market
Problem Solving Network” [OJ L 331, 15.12.2001, p.79]
of 12 July 2004 on “the transposition into national law Directives affecting the internal market” [OJ L 98,
16.4.2005, p. 47]
Commission staff working paper of 20 July2005 on ”an Action plan to improve communicating Europe by the
Commission
Commission staff working paper of 8 May2008 on ”an Action plan on an integrated approach for providing Single
Market Assistance Services to citizens and business [SEC(2008)1882]
Commission resolution of 4 September 2007 on “the Single Market Review; tackling barriers and inefficiencies
through implementation and enforcement” [SEC(2009)1007]
Commission Recommendation of 29 June 2009 on “measures to improve the functioning of the single market” [OJ
L 176, 7.7.2009, p. 17]
Council Conclusions (Competitiveness – Internal Market, Industry and Research) of 24 September 2009 on “how
to make the Internal Market work better [Council document 13024/2009]
13
Per un’attenta analisi sul funzionamento della rete SOLVIT si veda, M. LOTTINI, La rete Solvit: uno strumento di
risoluzione delle controversie transfrontaliere, in Riv. Ital. Dir. Pubbl. Comunitario, 2006, 1089.
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Sembrerebbe sussistere, alla luce degli elementi forniti, una sostanziale omogeneità tra i due
modelli descritti: sia con riferimento alla competenza transfrontaliera, riconosciuta ad entrambi in
virtù del supporto organizzativo offerto dal network di ADR, sia in relazione alle caratteristiche
delle procedure decisionali, espressamente previste come snelle ed economiche, sia in ultimo alle
decisioni finali, prive di carattere vincolante, o comunque non equiparabili, sotto il profilo
dell’efficacia, a sentenze rese in sede giurisdizionale.
La Commissione non ha previsto nulla di diverso rispetto a quanto già stabilito in materia di
tutela del consumatore anche per ciò che concerne il rapporto tra il sistema SOLVIT ed i
procedimenti giurisdizionali. Anche in questo caso costituisce condizione necessaria per poter
intraprendere l’azione extragiudiziaria la circostanza che la controversia non sia già oggetto di
procedimenti giurisdizionali a livello comunitario o nazionale. Al pari delle ADR in materia di
consumo, anche i centri di coordinamento che partecipano a SOLVIT rappresentano dunque degli
strumenti extraprocessuali del tutto estranei ai procedimenti giurisdizionali. Se durante il
procedimento SOLVIT una delle parti decide di intraprendere la via giurisdizionale, il centro di
coordinamento dovrà sospendere l’istruttoria; inoltre, a conferma dell’incomunicabilità dei due
procedimenti, l’accesso a SOLVIT non interrompe i termini per la proposizione del ricorso in sede
giurisdizionale.
Gli elementi appena evidenziati appaiono sintomatici di una ratio comune che sembra aver
ispirato la Commissione nella scelta di promuovere gli strumenti ADR sia nel settore della tutela del
consumatore sia per la risoluzione di conflitti transfrontalieri tra privati e pubbliche
amministrazioni. Sembrerebbe, infatti, che l’ordinamento comunitario abbia inteso predisporre
anche in quest’ultimo caso un network di ADR per risolvere principalmente conflitti non
adeguatamente tutelabili in sede giurisdizionale. In altri termini, anche la finalità di SOLVIT
sembrerebbe essere quella di offrire una tutela appropriate più che alternative.
Non a caso la dottrina che si è occupata di questo specifico tema sostiene che SOLVIT offre
protezione a coloro che tendenzialmente non accederebbero alla tutela giurisdizionale. “Si tratta di
singoli cittadini e di piccole imprese che solo con difficoltà potrebbero rivolgersi ad un giudice,
considerate le problematiche ed i costi di una controversia da iniziare di fronte ad una
giurisdizione straniera”.14
La natura appropriate di SOLVIT non è tuttavia così chiaramente desumibile dai documenti
pubblicati sul sito ufficiale, che descrivono le funzioni del network.15 Il sistema SOLVIT è infatti
descritto come una sorta di difensore civico con competenza transfrotaliera che interviene in via non
giurisdizionale per risolvere casi di maladministration. Ora per stabilire se SOLVIT rappresenti un
meccanismo effettivamente complementare rispetto alla giustizia amministrativa ovvero sia
addirittura un’alternativa ad essa, occorre stabilire cosa si intenda, in sede comunitaria, per
maladministration.
È stato il Mediatore europeo a dare un contributo fondamentale in tal senso, fornendo, nel
1995, una prima definizione che include nella medesima nozione sia l’attività amministrativa
illegittima, e quindi non conforme “ai trattati, agli atti comunitari vincolanti, alle norme, ai
principi giuridici stabiliti dalla Corte di giustizia o dal Tribunale (..)” sia l’attività amministrativa
impropria, contraria cioè a norme non giuridiche di buona amministrazione (“gestione scadente,
disfunzioni, ritardi evitabili, irregolarità amministrative, rifiuto di informazioni”).16
14
In tal senso, M. LOTTINI, La rete Solvit: uno strumento di risoluzione delle controversie transfrontaliere, cit. 1104.
Si veda il sito http:/ec.europa.eu/solvit.
16
Relazione del Mediatore europeo al Parlamento del 1995, II, 2. Su questo specifico aspetto si veda, S. STICCHI
DAMIANI, Il Mediatore europeo, in M.P. CHITI– G. GRECO (a cura di), Trattato di Diritto Amministrativo Europeo,
Parte Speciale, Tomo III, Milano, 2007, 1362. Si veda, inoltre ANSELMO ALICE, Il ruolo dell’Ombusdam
nell’ordinamento comunitario, in Rivista di Diritto dell’Economia, dei Trasporti, e dell’Ambiente, 2011, p. 109 ss.
15
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Parte della dottrina ha criticato tale definizione sostenendo l’opportunità di limitare la
nozione di cattiva amministrazione alla sola attività amministrativa impropria: l’esclusione da tale
concetto dell’attività amministrativa invalida scongiurerebbe, infatti, secondo il medesimo
orientamento, il rischio di pericolose sovrapposizioni tra Mediatore e giudici comunitari.17 La tesi
muove dall’assunto che il Mediatore sia organismo complementare rispetto ai giudici comunitari,
nel senso che, mentre i secondi valutano la validità dell’azione amministrativa, spetta
esclusivamente al primo il compito di giudicare se vi sia “attività amministrativa impropria”. In
questo caso il Mediatore non rappresenterebbe un’alternativa al potere giudiziario bensì uno
strumento preposto in modo esclusivo alla protezione di interessi non tutelabili in sede
giurisdizionale (appropriate dispute resolution).
Quel che è certo è che il significato di cattiva amministrazione continua ad essere per molti
versi oscuri, nonostante si sia tentato più volto di essere definito da parte dello stesso mediatore o
delle stesse amministrazioni comunitarie.18
È evidente che il rapporto tra SOLVIT e gli organi giudiziari nazionali è destinato a variare,
al pari di quello tra Mediatore e giudici comunitari, a seconda del significato che si attrbuisca al
concetto di cattiva amministrazione.
I casi di maladministration di cui sino ad ora si è occupato SOLVIT riguardano i settori più
disparati (riconoscimento di diplomi e delle qualifiche professionali, accesso all’istruzione,
permessi di soggiorno, sicurezza sociale, patenti di guida, immatricolazione di veicoli a motore,
accesso al mercato di prodotti, accesso al mercato di servizi, avvio di attività commerciali, appalti
pubblici, fiscalità, libera circolazione di capitali).
Nella quasi totalità dei casi, SOLVIT è intervenuto su questioni riguardanti attività
amministrativa impropria, contraria cioè a norme non giuridiche di buona amministrazione: piccole
disfunzioni, ritardi evitabili, irregolarità amministrative, rifiuto di informazioni, ecc.19 Occorre
tuttavia segnalare che, soprattutto con riferimento al settore degli appalti pubblici, SOLVIT ha
recentemente risolto controversie in cui la p.a. aveva posto in essere un’attività amministrativa
illegittima e non semplicemente ingiusta.20
Sembrerebbe pertanto confermato, anche per ciò che concerne l’esperienza di SOLVIT,
quanto affermato dal Mediatore con la relazione del 1995, secondo cui la cattiva amministrazione
non concerne soltanto i casi di amministrazione impropria, ma include anche l’attività
amministrativa invalida. Per cui potrebbe sembrare limitativo definire SOLVIT solo come
appropriate dispute resolution, avendo lo stesso competenze almeno in parte coincidenti con quella
dei giudici comunitari. In effetti, lo stesso documento della Commissione, imponendo a SOLVIT di
non procedere quando i fatti denunciati formino o abbiano formato oggetto di una procedura
giudiziale, ammette implicitamente la competenza di quest’ultimo su questioni astrattamente
sottoponibili (ma effettivamente non sottoposte) ai giudici.
In realtà, se per un verso appare più convincente l’idea di una nozione “allargata” di cattiva
amministrazione, per altro verso non può condividersi la qualificazione di SOLVIT come rimedio
alternativo alla giurisdizione. Pur accogliendo la definizione contenuta nella relazione del
Mediatore del 1995, non può negarsi, infatti, che SOLVIT abbia una competenza più estesa rispetto
a quella dei giudici nazionali, ben potendo esercitare il proprio controllo anche su comportamenti
formalmente legittimi che tuttavia non sono equi, né efficaci, né conformi ai principi di buona
17
Così M.P. CHITI, Il mediatore europeo e la buona amministrazione comunitaria, in Riv. It. Dir. Pubbl. Comunitario,
I, 2000, 315.
18
CHITI M.P., Diritto amministrativo europeo, III ed. , Giuffrè. Milano, 2008, p. 382.
19
Un’ampia casistica delle controversie risolte da SOLVIT è pubblicata sul sito http:/ec.europa.eu/solvit.
20
Emblematico è il caso di un ente turistico francese che aveva indetto un bando di gara per la fornitura di servizi. Un
consulente Belga interessato a parteciparvi inoltrava una richiesta via fax per ricevere maggiori ragguagli, ma non
riceveva risposta. Il centro SOLVIT francese, dopo aver interpellato le autorità competenti, segnalava l’illegittimità del
bando che limitava la partecipazione alla gara alle sole imprese francesi. Il bando iniziale veniva annullato e si avviava
una nuova procedura per permettere a tutte le imprese di partecipare a parità di condizioni. Il caso è stato risolto in sette
settimane. Il caso è riportato sul sito http:/ec.europa.eu/solvit
www.ildirittoamministrativo.it
amministrazione. Inoltre, anche quando SOLVIT interviene su casi astrattamente rientranti nel
mandato dei giudici nazionali, esso non rappresenta un rimedio alternativo perchè offre una tutela
differente rispetto a quella giurisdizionale. SOLVIT non emette sentenze, ma propone soluzioni,
che mirano non ad effetti giuridici immediati e diretti in favore di un ricorrente, ma a promuovere
mutamenti nella prassi e nelle regole applicate dalle amministrazioni degli Stati membri.
Può dunque esistere una parziale sovrapposizione tra il sindacato di SOLVIT ed il sindacato
giurisdizionale che riguarda la comune competenza a giudicare la validità dell’azione
amministrativa anche sulla base dei medesimi parametri normativi. Tale sovrapposizione non si
estende tuttavia al tipo di tutela offerta che invece continua ad apparire complementare rispetto a
quella giurisdizionale sotto il profilo delle regole procedurali, dei tempi procedimentali, dei
possibili esiti, ma soprattutto delle finalità perseguite.
In questo specifico senso SOLVIT si pone in una posizione di continuità rispetto al passato e
legittima l’aspirazione di continuare a tradurre, almeno in sede comunitaria, l’acronimo ADR come
appropriate dispute resolution.
5.
La Direttiva in materia di mediazione in materia civile e commerciale: ultima fase
nell’evoluzione comunitaria delle ADR
Gli strumenti di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione presentano
peculiarità proprie strettamente connesse all’esperienza europea che valgono a porne in rilievo
l’originalità rispetto al modello nordamericano.
Occorre, dunque, chiedersi se la nozione comunitaria di ADR enucleata dalle discipline
settoriali sopra analizzate sia stata riproposta nel modello di mediazione delineato dal legislatore
comunitario per la materia civile e commerciale.
Come si è già evidenziato, il diritto comunitario ha preferito armonizzare le legislazioni
nazionali piuttosto che istituire ADR a livello comunitario. La direttiva 2008/52/CE si segnala
per essere il primo atto vincolante emanato dalle istituzioni comunitarie in materia di ADR. Non
solo; la direttiva in questione ha un’importanza particolare anche perché con essa le procedure
ADR, in una prima fase ideate con un ambito limitato a specifici settori, sono state generalizzate
a tutta la materia civile e commerciale.21
Il modello di mediazione che emerge dalla normativa comunitaria si colloca nel solco della
tradizione europea di ADR, essendo un procedimento extra-processuale svolto da soggetti privati.
Il punto sul quale maggiormente interrogarsi per ravvisare la sussistenza o meno di profili di
continuità con il passato è la persistenza del carattere di appropriate dispute resolution.
L’ambito di applicazione della disciplina ha ad oggetto le controversie transfrontaliere,
anche se, come disposto all’ottavo considerando, “nulla dovrebbe vietare agli stati membri di
applicare tali disposizioni anche ai procedimenti di mediazione interni”.
È proprio il carattere transfrontaliero delle controversie che induce a ritenere che permanga
il carattere appropiate anche nelle procedure ADR introdotte nel 2008. Invero, il carattere
transfrontaliero aggrava e di molto il costo del procedimento giurisdizionale.
Le controversie transfrontaliere, soprattutto se di modesto valore economico, sono quelle
che rischiano di restare prive di tutela per essere il rapporto costi/benefici decisamente
sfavorevole.
Proprio per esse un sistema snello e rapido, senza obbligo di difesa tecnica, la mediazione
può essere non uno strumento alternativo, ma l’unico strumento di tutela realmente adeguato.
21
Espressione che peraltro stata interpretata in maniera molto ampia includendovi, ad esempio il diritto di famiglia.
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L’impostazione di fondo dell’ordinamento comunitario risulta, quindi, confermata. Con
l’accrescersi della complessità dei rapporti nell’ambito dell’ordinamento comunitario, le
esigenze di tutela che si sono poste inizialmente per i consumatori e poi per i cittadini nei
confronti delle amministrazioni22, riguardano ora una varietà eterogenea di soggetti e di
controversie.
D’altra parte, nella direttiva viene espressamente chiarito che lo scopo delle ADR è di
migliorare l’accesso alla giustizia attraverso nuove e più ampie possibilità di tutela; tale concetto
viene ribadito in più punti, quasi con insistenza.
Il principio di accesso alla giustizia è un valore molto sentito nell’ordinamento comunitario
e, infatti, si precisa che il procedimento di mediazione non dove essere mai di ostacolo per chi
volesse intraprendere un’azione legale e proprio per questo espressamente si puntualizza che la
disciplina sulla prescrizione e della decadenza deve essere opportunamente adattata in tal senso.
Una novità dell’ultimo intervento legislativo è costituita dal tentativo di rafforzare gli effetti
dell’accordo raggiunto dalle parti. “La mediazione non dovrebbe essere ritenuta un’alternativa
deteriore al procedimento giudiziario nel senso che il rispetto degli accordi derivanti dalla
mediazione dipenda dalla buona volontà delle parti”23
Viene così assicurata l’esecutività dell’accordo. Tale possibilità è però riservata alla
concorde volontà delle parti24. In questo elemento si coglie un elemento differenziale rispetto al
processo in cui la sentenza è in ogni caso vincolante per le parti.
Persiste la differenza tra processo e procedura ADR, dunque, proprio perché queste non è
concepita come concorrente, ma appunto come complementare.
È stato sapientemente chiarito che il corretto significato di alternatività non deve essere
inteso come aut-aut tra diversi strumenti di tutela, che si porrebbe immancabilmente in contrasto
proprio con uno dei principi-cardine dell’ordinamento comunitario, ossia col principio di
effettività della tutela giurisdizionale, specificamente nelle sua accezione di accesso a un giudice.
Si consolida così la nozione comunitaria di ADR, come strumento complementare alla
giurisdizione che arricchisce gli strumenti a disposizione del cittadino per ottenere giustizia e,
senza mai escludere l’accesso al giudice, può costituire talvolta, non lo strumento alternativo,
quanto piuttosto quello maggiormente adeguato.
22
CABELLA PISU L. Cittadini e consumatori nel diritto dell’Unione Europea, in Contratto e impresa/
Europa, 2007, p. 674 ss rileva che I cittadini e i consumatori rappresentano due insiemi con un’ampia zona comune. In
particolare, la tutela dei consumatori rappresenta un buon angolo visuale per osservare le politiche europee.
23
19° considerando Dir. 52/2008/CE.
24
Si veda, però, il d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 in cui non è richiesto il consenso di tutte le parti per chiedere
l’esecutività del verbale di conciliazione.