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«In più occasioni ci siamo trovati, come nazione, ad
accogliere gente che proveniva da luoghi e situazioni
diverse, ma non solo: noi stessi siamo stati i beneficiari
della generosità di altre nazioni che ci hanno accolto nei
momenti difficili.
Nel 1850 assistemmo a un’ondata d'immigrazione di
tedeschi, invitati dal governo cileno a colonizzare il sud
del Cile, la Selva Valdiviana, un territorio non dei più
facili. La colonia di tedeschi riuscì ad affermarsi e a
costituire una porzione di popolazione importante per il
sud del Cile. Questo è solo un esempio, ma è utile per
capire come il Cile si sia dimostrato aperto ad accogliere
gli immigrati fin dal 1850 e in avanti. In seguito, si sono
verificate altre ondate di immigrazione: per esempio,
oggi il Cile ospita la comunità palestinese più grande del
mondo. Il fenomeno dell’immigrazione si è accentuato
soprattutto negli ultimi dieci anni. Se si considera la
situazione economica generale dell’America Latina, il Cile
appare come la nazione più avvantaggiata, di conseguenza attrae un numero sempre maggiore di
cittadini sudamericani – peruviani, colombiani, ecuadoregni – che vengono in Cile perché le
condizioni economiche, politiche e sociali sono migliori di quelle dei nostri paesi fratelli.
La nostra tendenza e apertura ad accogliere chi ha bisogno è un impegno che ha radici storiche
ben salde; ma si può anche considerare come una specie di risarcimento per tutti quelli che, dal
1973 in avanti, con la fine della democrazia e l’instaurazione della dittatura, furono costretti
all’esilio. L’esilio è il peggior castigo che ci sia, perché comporta un livello di sradicamento molto
alto. Alla fine, non riesci mai ad adattarti del tutto nel tuo nuovo paese, ti manca la tua terra, e i
tuoi figli sono di un’altra nazionalità: ti disconnetti completamente.
I cileni che se ne sono dovuti andare sono stati ben accolti in Europa: la Svezia ha la colonia di
cileni più grande nel mondo, e l’Australia ne ha una grande quantità. Noi partecipiamo in prima
persona a questa dinamica di accogliere ed essere accolti: viviamo le migrazioni sia in una
direzione sia nell’altra, andata e ritorno.
In Cile possiamo osservare inoltre un significativo fenomeno di migrazione interna, dalla
campagna alla città. Gli abitanti della campagna si rendono conto che nelle zone rurali la viabilità
è difficile e quello che guadagnano con i loro prodotti non basta sempre per sopravvivere. Io credo
che, in maniera sbagliata, o troppo avventata, questo abbia portato a un ingigantimento dei
quartieri poveri delle grandi città. Si pensi anche solo a Santiago, dove vivono otto milioni di
abitanti dei sedici milioni totali del Cile. Io temo che questo abbia generato un invecchiamento
della campagna cilena: i giovani oggi hanno altre ambizioni, non vogliono saperne di coltivare la
terra, vengono attirati dalle luci della città.
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Chino (Juan Eduardo Henriquez) di Apicoop Valdivia. Foto I.Favè
Per quanto riguarda il ruolo del Commercio Equo e Solidale in questa dinamica di migrazione
interna, il risultato del nostro lavoro con i piccoli produttori nel commercio del miele si traduce nel
capitale investito nell’istruzione dei nostri figli e dei figli dei nostri produttori. Oggi, e questo è il
nostro orgoglio più grande, tra tutti i nostri soci ci sono più o meno mille figli impegnati in ogni
livello di istruzione. Abbiamo figli che oggi sono avvocati, che studiano medicina, che fanno i
dentisti o i tecnici agricoli; uno dei nostri soci, per esempio, ha due gemelli ed entrambi studiano
agronomia e sono compagni di corso di mia figlia. Stiamo crescendo una generazione di giovani
professionisti, alcuni dei quali torneranno alla campagna, altri invece intraprenderanno un’altra
carriera, perché hanno nel loro bagaglio degli strumenti diversi da quelli che avevano i loro
genitori, mantenendo però delle radici rurali molto salde.
Ci stiamo impegnando per educare una generazione che avrà uno sguardo di insieme molto più
ampio e, soprattutto, un’opportunità di scegliere, cosa che i loro genitori non hanno avuto. È un
processo lungo, ma siamo sicuri che i nostri figli un giorno saranno in grado di lavorare il campo
meglio dei loro genitori, perché hanno ricevuto l’istruzione e gli strumenti per migliorare.
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Dal dossier “Popolazioni in movimento per #UNALTROVIVERE” - Altromercato 2016
Chino e Andrey di ApiCoop, Ilaria e Damiano di Altromercato
Il nostro contributo allo sviluppo non sarebbe possibile se non avessimo soci come Altromercato e
altre imprese di Commercio Equo e Solidale che capiscono e sostengono questo processo di ampio
respiro. Lo stesso discorso vale anche per Altromercato e per le migliaia di volontari e di
consumatori in tutto il mondo. Questo è un lavoro di educazione e come tale ci vogliono degli
anni perché si ottengano dei risultati: armiamoci di pazienza e continuiamo a lavorare insieme.
Perché tutti insieme, come le api, ci possiamo salvare e aiutare.»
Ascolta Chino nel video: https://youtu.be/ec8AEHldQIg
Il miele di Apicoop, Valdivia
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Dal dossier “Popolazioni in movimento per #UNALTROVIVERE” - Altromercato 2016