Il Tintoretto Il Tintoretto

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Il Tintoretto Il Tintoretto
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Il Tintoretto
<<il più terribile cervello che
abbia avuto mai la pittura>>
R
il Vasari
Vita e formazione artistica
Jacopo Robusti, nacque a Venezia nel 1518. Fu soprannominato in seguito Tintoretto, a causa del mestiere che il padre
svolgeva, ovvero quello di tintore di tessuti.
Il Tintoretto fu un grande innovatore, in un contesto dominato ormai dalla pittura tonale, dettata dalla mancanza di
disegno e dal forte uso del colore. Tanto grande sarà stato il suo contributo da aprire successivamente persino le porte al
linguaggio artistico del Barocco.
Il Tintoretto a quindici anni volle entrare nella bottega di Tiziano, considerato allora il leader nel campo della pittura tonale,
sia a livello italiano che europeo. Si dice che Tiziano, vedendo che il giovane discepolo mostrava sin dagli esordi
straordinarie doti artistiche, avesse deciso di allontanarlo dalla propria bottega, forse a causa di qualche gelosia
professionale.
È però certo che Jacopo Robusti non fu mai del tutto preso dalla tradizione pittorica del suo periodo, tanto da distaccarsi
per un attimo dal colorismo veneto e a dare il via a una produzione artistica
propria.
Fondamentale per la sua maturazione artistica fu il contatto con la scuola di
disegno fiorentino-romana e soprattutto lo studio di Michelangelo, che divenne
il suo modello di riferimento, per quanto riguarda le tecniche di disegno e i
soggetti. In un'epoca in cui l'importanza del disegno stava man mano
diminuendo, il Tintoretto vi si dedicò assiduamente. Il Vasari tuttavia
successivamente lo accusò di essere un disegnatore superficiale e disordinato,
valorizzandolo tuttavia per le sue innovazioni e la sua produttività.
Oltre alla presenza delle tecniche di Michelangelo tuttavia non si può dire che
il Tintoretto non sia stato influenzato in parte anche dalla tonalismo tizianesco di
cui adottò il colore, anche se in maniera diversa, in quanto questo elemento era
da lui utilizzato per accendere di luce il disegno.
La luce è difatti la parola chiave di questo artista: fu il Tintoretto il primo pittore
rinascimentale ad utilizzarla in modo tanto straordinario e inconsueto,
evidenziando i personaggi e gli oggetti, staccandoli da qualsiasi contesto
reale e proiettandoli in uno spazio scenografico.
La presenza di tale elemento è ben visibile anche nei suoi numerosi ritratti, nei quali la luce caratterizza la psicologia dei
volti e le vesti ricche, conferendo dignità e fierezza ai suoi soggetti.
La particolarità del Tintoretto è la capacità di far vivere in ciascuno di essi le caratteristiche e l'individualità del
singolo, grazie alla luce che modella i lineamenti e i particolari, tutto ciò nonostante la varietà delle classi sociali di
appartenenza.
L'artista non fu tuttavia apprezzato dai suoi contemporanei quanto nei secoli successivi, durante i quali godrà di grande
fama. In Italia fu meno amato di Tiziano, così come non fu il preferito all'estero a causa del suo disegno considerato
impreciso, perché basato su modelli schematizzati.
Egli morì nel 1594, colto da febbre altissima, mentre ancora stava concludendo la sua ultima opera, Ultima Cena.
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Opere
Miracolo dello schiavo (o Miracolo di San Marco)
Il miracolo dello schiavo, 1548.
Olio su tela, 415x541. Venezia, Gallerie dell'Accademia.
Il soggetto
Il Tintoretto si dedica alla rappresentazione del Miracolo di san Marco, il patrono di Venezia.
I personaggi sono colti nel momento in cui il santo interviene rendendo invulnerabile uno schiavo che era stato condannato
dal proprio padrone pagano. Egli infatti, aveva osato venerare le reliquie di san Marco e per questo fu comandato di
martirizzarlo. Il santo tuttavia salva lo schiavo, sopra il quale gli strumenti di tortura si spezzano miracolosamente.
La scena è ricca di luci e movimento. L’ambientazione è scenografica, influenzata dall’architettura di Sebastiano Serio. Il
tutto è inserito tra un colonnato e delle rovine e sotto un pergolato, che fanno da quinte, mentre lo sfondo è un loggiato
manierista, dove si può ben notare una piazza sulla quale, dietro a un portale classicheggiante, si affaccia un rigoglioso
giardino.
Tra i personaggi troviamo lo chiavo, rappresentato di traverso, fra gli strumenti di tortura spezzati, con il petto nudo.
San Marco, che appare in prospettiva dal sotto in su, visibile solo allo schiavo. Infine, come al vertice di un triangolo
immaginario, è presente lo stesso padrone, o forse un giudice, che osserva stupefatto lo strumento distrutto che gli sta
mostrando uno dei carnefici.
Tutta la composizione in primo piano, caratterizzata da ombre marcate e e colori violenti, si staglia per contrasto su uno
sfondo luminoso che rende la scena molto teatrale. Il colore dona forza e credibilità alla scena,al fine di incrementare
l'illusione dello sfondamento prospettico. Data la drammaticità della scena tutti i personaggi sono colti in atteggiamenti
concitati e in manieristiche torsioni, fortemente plastiche e lo si vede nello schiavo il cui corpo è scorciato con virtuosismo
rispetto a quello di San Marco.
La luce è fondamentale ed è la protagonista, talvolta vivida e naturale, nella piazza oppure fosca per sottolineare la
tragedia, sotto il pergolato. Talvolta è innaturale e divina, promanata da San Marco in volo e che si riflette sul corpo dello
schiavo.
È presente qui un compromesso tra la pittura tipicamente veneta e quella manieristica di tintoretto, con i suoi modi
scenografici e teatrali, con i contrasti chiaroscurali, con inquieta espressività. Trattandosi di una scena movimentata c'è un
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contrapposto. I personaggi sono posizionati in modo tale che quelli a sinistra si sporgono verso destra, per osservare
meglio, mentre quelli a destra si ritraggono, in uno misto di meraviglia e orrore.
Il ritrovamento del corpo di san Marco
Ritrovamento del corpo di san Marco, 1562-66
Olio su tela, 405x405 cm. Pinacoteca di Brera, Milano.
La composizione è ambientata nella navata laterale di una chiesa che si presenta scorciata. Troviamo dunque una classica
prospettiva accidentale. Abbiamo un punto di vista rialzato, mentre sul fianco destro si susseguono dei sepolcri i in maniera
ritmata. L’evento è suddiviso in tre momenti: a destra vediamo che vengono ispezionati i sepolcri, mentre si cerca il corpo di
san Marco. Sul fondo è visibile il momento in cui il corpo viene ritrovato in una tomba che si trova sul pavimento.
In primo piano poi vediamo il corpo del santo, anche questo fortemente scorciato, posto sul pavimento. Abbiamo poi il
santo stesso che appare luminoso mentre stra compiendo un miracolo, su di un indemoniato a destra.
Analisi tecnica e compositiva
I colori sono cupi e smorzati tutti uniformati su tonalità brune, la scena è molto movimentata anche grazie a alle luci
soprannaturali e fredde e dal bagliore fulmineo in primo piano e dalla dinamicità dei corpi, che sembrano come bloccati nel
mezzo dell’azione. Il gruppo con l’indemoniato, il cui moto verso lo spettatore enfatizzato dallo scorcio prospettico, sembra
quasi sbalzare fuori dalla composizione.
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Susanna e i Vecchioni
Susanna e i Vecchioni, 1557.
Olio su tela, 147x194. Vienna, Kunsthistorisches Museum.
Storia
Secondo l'Antico Testamento la bellissima Susanna, moglie del ricco babilonese Ioàchim, era una giovane di grande virtù e
purezza. Accadde che due vecchi giudici, invaghendosi della donna, si fecero rinchiudere in un giardino del suo palazzo
quando ella, credendosi sola, si era spogliata per fare il bagno. Dopo averla a lungo spiata i fecero avanti per possederla,
ma, poiché Susanna non aveva voluto accondiscendere alle loro turpi voglie, fu da questi vendicativamente accusata di
essersi intrattenuta in segreto con un amante. Poiché il marito e il popolo credettero alla falsa versione dei giudici la
giovane venne condannata, secondo la barbara usanza del tempo, alla lapidazione.
Analisi
Si tratta di un'opera in cui è fortemente presente il taglio prospettico, caratterizzato dalla siepe, dietro alla quale si
nascondono i due vecchi che spiano la giovane. Questa composizione è estremamente innovativa, come la postura della
donna, la cui scompostezza è giustificata dalla coscienza serena di essere sola e inosservata. Il realismo è la caratteristica
del personaggio di Susanna che sta svolgendo azioni informali.
Nonostante il riferimento biblico, viene realizzato un nudo femminile che in realtà è più simile a quello delle dee della
mitologia classica, che a un personaggio di tradizione ebraico-cristiana. Questo aspetto si contrappone così alla
particolarità della prospettiva appena descritta.
La prospettiva poi sprofonda fra gli alberi del favoloso giardino, in una luce tiepida che si contrappone invece ai toni freddi
della fonte in cui la giovane è immersa.
Il vecchio che si affaccia da dietro la siepe, al centro, è tratteggiato da pennellate veloci e tocchi d'oro.
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Ultima Cena
Ultima Cena, 1592-1594.
Olio su tela, 365x568 cm. Venezia, Chiesa di San Giorgio Maggiore.
Essa fu realizzata per la chiesa palladiana di san Giorgio maggiore, a Venezia, nel periodo di poco antecedente alla morte
del Tintoretto.
Quest'opera, nonostante il tema tradizionale ripreso e comune alla pittura del tempo, è di grande innovazione.
La novità si può intuire perfino rispetto all'Ultima Cena di Leonardo. L'ambientazione è quella di un'osteria popolare, dove la
mensa è disposta trasversalmente, scorciata dalla prospettiva e non parallela al piano del dipinto.
Con quest’opera l’artista vuole esprimere attraverso i forti contrasti chiaroscurali, la sua crisi spirituale e religiosa . La luce è
livida e spettrale l’ambiente è misterioso, tanto è vero che gli angeli si trasformano in fantasmi luminoso e questi reggono il
clima dell’imminente tragedia. La composizione è similare agli altri che abbiamo visto, troviamo infatti la prospettiva
accidentale e lo scorcio che passa per il tavolo, nella composizione dove ogni personaggio ha una luce propria.
I bagliori delle fiamme percorrono tutto l'ambiente irregolarmente, fermandosi su oggetti e personaggi.
L'atmosfera è quella di una taverna veneziana del tempo, che è segno di un forte realismo.
La luce naturale rossastra, appesantita dalla fumosità dell'ambiente si sovrappone a quella degli Apostoli, totalmente
innaturale e quasi fluorescente. Non si tratta solamente di un’aureola ma di una fonte luminosa che contrasta con la
penombra presente nell’ambiente. La luce quindi diventa protagonista dell’opera di cui la fonte principale è data dalla
lampada ad olio appesa al soffitto.