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ATTI In memoria di Antonio Antonucci Michele Buttiglione che, con le opere e il pensiero, hanno tracciato una strada a difesa del malato di mente e della sua dignità. Il loro operato resti quale segno di onore civile per se stessi e di vincolante impegno per noi, che continueremo a percorrere la via da loro indicata. Un ringraziamento caloroso a tutti i relatori per la competenza, la passione e la partecipazione con cui hanno offerto il loro contributo di pensiero e di proposta ai lavori del convegno. Boccia Antonella Unità Operativa di Salute Mentale – Distretto Sanitario 68 – ASL Salerno. Bellomo Antonello, Direttore DSM ASL FG Professore Associato di Psichiatria - Università Foggia Campedelli Massimo Coordinatore Laboratorio Epidemiologico di Cittadinanza Negri Sud Corrivetti Giulio Società Italiana di Riabilitazione Psicosociale De Donatis Tiziana Psichiatra DSM ASL LE De Michele Michele Direttore DSM ASL BA Di Bella Grazia Direttore DSM ASL BR De Giorgi Serafino Direttore DSM ASL LE Lacarra Francesco Dirigente Ufficio di Piano del Comune di Bari Nardini Marcello, Vice Presidente SIP Direttore Dipartimento Scienze neurologiche e Psichiatriche-Università di Bari Olivero Andrea Presidente Nazionale ACLI Pansini Nicola Direttore Generale ASL Bari Pierri Gianpaolo Presidente Classi di laurea della Riabilitazione-Università di Bari Saccotelli Giuseppe, Direttore DSM ASL BT Past President SIRP Semisa Domenico Componente Commissione Salute Mentale della Conferenza Stato Regioni Direttore Centro Salute Mentale n. 5 ASL BA Ursi Antonio Direttore Area Servizi Socio-Sanitari ASL TA Vendola Nichi Presidente Regione Puglia Gli Atti del Convegno “La domanda di cura nella riabilitazione psichiatrica - La sfida dell’innovazione e dell’integrazione nell’offerta dei servizi territoriali. - Il ruolo del Terzo settore” (Hotel Sheraton, Bari, 15 giugno del 2010), che qui presentiamo, rappresentano la tappa conclusiva di un itinerario fondamentale per la vita delle ACLI di Bari e dell’Ente da loro promosso, l’EPASSS, impegnato da oltre 35 anni nel campo della riabilitazione psichiatrica. I qualificatissimi contributi dei Relatori di fama nazionale, dei principali protagonisti locali nel campo della psichiatria, dei numerosissimi interventi di psichiatri, psicologi e operatori professionali partecipanti alle sessioni parallele, nonché gli autorevoli interventi a livello politico tra cui quelli del Presidente nazionale ACLI, del Presidente della Regione Puglia e del rappresentante del Sindaco di Bari, rappresentano una riflessione corale che hanno confermato la validità della Legge 180, a oltre 30 anni dalla sua approvazione, e la necessità di continuare la lotta allo stigma della malattia e della sofferenza mentale, che è ancora presente in gran parte del tessuto sociale. La Puglia, anche con questo Convegno, si caratterizza per essere un attivo laboratorio di ricerca sull’integrazione e sulla diversificazione dei servizi sociosanitari alla persona, pur in presenza di vincoli economici sempre più stringenti. Il significativo successo dell’iniziativa, sia dal punto di vista politico che da quello tecnicoscientifico, rappresenta quindi una forte spinta allo sviluppo e alla qualificazione ulteriore della riflessione. Pertanto possiamo annunciare che sono in via di preparazione altri incontri –sia di natura tecnico-scientifica che politica- per il 2011. Questi Atti, quindi, rappresentano una sorta di prima documentazione preparatoria in vista dei prossimi appuntamenti. Due ringraziamenti. Il primo riguarda il grandissimo impegno profuso dal Presidente Giuseppe Ardito che, dopo aver condotto per tre lustri l’EPASSS e aver creato le condizioni per la realizzazione del Convegno, ha ritenuto di concludere la propria esperienza di guida dell’Ente, valorizzando le nuove energie che nel frattempo ha fatto crescere. Il secondo è rivolto a tutto il management, sia della Direzione Generale che delle strutture Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 9 territoriali dell’Ente. Entrambi non solo hanno contribuito alla realizzazione dell’appuntamento, ma soprattutto lavorano con passione, creatività, intelligenza e sacrificio per gli ultimi e le loro famiglie. E un saluto finale: ad Antonio Antonucci e a Michele Buttiglione che, con i dirigenti delle ACLI di allora, hanno posto quasi 40 anni fa le fondamenta di questa realtà e oggi potranno leggere dall’Alto i risultati del loro impegno. Il Presidente Pasquale Leccese 10 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton Vincenzo Purgatorio Presidente Provinciale ACLI Bari Cari amici, a nome della Presidenza Provinciale delle ACLI di Bari e del Consiglio di Amministrazione dell’ Ente Provinciale ACLI Servizi Sociali e Sanitari, do avvio a questo Convegno di Studi dedicato alla “Domanda di cura nella riabilitazione psichiatrica” e alla sfida dell’innovazione e dell’integrazione nell’offerta dei servizi territoriali che coinvolge anche il ruolo del Terzo Settore. In primo luogo consentitemi un ringraziamento al Presidente dell’Epasss, l’amico Pinuccio Ardito, ai componenti della Giunta, Leccese e Fanelli, al Direttore Generale Campanale e all’intero Consiglio di Amministrazione, per aver creato questa importante occasione di riflessione e di confronto tra eminenti specialisti anche a livello universitario, professionisti, responsabili del Governo Regionale e degli Enti Locali, responsabili e operatori delle strutture sanitarie a vari livelli. E’ un Convegno, questo, che riveste un ruolo strategico per la vita delle ACLI di Bari e dell’Ente da loro promosso, l’EPASSS, impegnato da oltre 35 anni nel campo della riabilitazione psichiatrica. La validità della Legge 180, a oltre 30 anni dalla sua approvazione, conserva tutta la sua attualità, come dimostrerà lo stesso proficuo dialogo odierno. Lo stigma della malattia e della sofferenza mentale è tuttavia ancora vivo in gran parte del tessuto sociale. Da oltre 35 anni le ACLI di Bari hanno inteso sperimentare in questa provincia un impegno qualificato, profondamente motivato dal punto di vista ideale e scientifico; l’attenzione del Presidente Nazionale delle ACLI, l’amico Andrea Oliviero, che sarà tra poco presente ai nostri lavori, lo starà a dimostrare. Questi 35 anni di storia hanno maturato un sentire diffuso e un sapere consapevole, che va ben oltre il pur delicatissimo e fondamentale tema della salute mentale. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 11 Se è vero, infatti, che la chiusura dei manicomi voluta dalla Legge Basaglia, ha avviato la linea della deistituzionalizzazione e della centralità degli interventi a livello territoriale, attraverso la psichiatria socio-comunitaria si è delineato un modello reticolare di azioni volte a tutelare la salute mentale che non può essere messo in discussione nemmeno dalle ventilate ipotesi di riforma della Legge. Ipotesi che non ci vedono consenzienti perché rappresenterebbero comunque un passo indietro nella diffusione di una cultura sociale in cui al centro c’è la persona, con la sua rete di sostegno, dalle famiglie alle strutture territoriali, dai soggetti del volontariato a quelli del Terzo Settore, dai servizi degli Enti Locali a quelli della Scuola. E tuttavia, come abbiamo riportato nel sottotitolo del nostro Convegno, le sfide dell’innovazione e dell’integrazione ci proiettano nel futuro. Infatti, le nuove frontiere della salute mentale non possono prescindere da una cultura del Welfare locale che si basi sulla parola d’ordine della integrazione dei servizi e delle strutture, senza monopoli, ma con una forte spinta alla collaborazione solidale e alla organizzazione a rete. A questo proposito, mi preme sottolineare come sia indispensabile promuovere organicamente e concretamente l’integrazione tra i vari servizi pubblici, sociali e sanitari. Fino a quando Enti Locali e ASL marceranno separatamente, magari indirizzati ad un mero taglio dei costi nelle rispettive competenze, non sarà possibile avviare quella riforma permanente che concepisce uno stesso modo di organizzare la spesa sociale e e quella sanitaria con modalità integrate, come previsto dall’attuale legislazione. Le ACLI, dal canto loro, hanno già avviato una riflessione complessiva in questo senso e l’impegno dell’EPASSS si inserisce in un itinerario che intende ampliare tutte le iniziative che già i vari servizi del Movimento, i Circoli ACLI e le attività, anche cooperativistiche, promuovono nel territorio. Le ACLI non difendono privilegi o sprechi. Le ACLI non intendono arroccarsi in rendite di posizione. Anzi. Le ACLI si pongono l’obiettivo di contribuire a sostenere tutte le azioni di riforma che vadano nella direzione della tutela della persona e della famiglia. Proprio per questo, va considerato un altro aspetto fondamentale che nasce dall’esperienza di questi anni delle ACLI baresi: mi riferisco alla stretta collaborazione tra soggetti pubblici e organismi del privato sociale. Un lavorare insieme, sviluppato sin dagli inizi degli anni ‘70 con l’Amministrazione Provinciale, poi con la Regione e le ASL, attraverso i Dipartimenti di Salute Mentale e i C.S.M., attraverso il quale abbiamo avviato una costruttiva integrazione dei ruoli che ha costituito una significativa esperienza non solo a livello locale. Tuttavia, la nuova domanda di cura nella riabilitazione psichiatrica richiede a tutti un rinnovato slancio, un “Osare il futuro”, come dicevamo nel titolo di un Congresso Nazionale delle ACLI, al quale le ACLI di Bari e l’EPASSS non intendono sottrarsi, insieme a tutti i soggetti che già oggi svolgono un significativo impegno in questo campo, a cominciare proprio dal Terzo Settore. 12 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton Infatti, l’apporto del privato sociale alla realizzazione delle politiche di Welfare è per noi una garanzia per il principio, sancito dalla Costituzione, per cui la Salute è un bene pubblico e non può essere considerato strumento di profitto, ma riveste una dimensione etica anche nelle aziende attive nel mercato con capitale di rischio. Concludo questo mio breve intervento d’apertura, lasciando ai due Chairman della mattina, il prof Marcello Nardini, Vice Presidente della Società Italiana di Psichiatria e Direttore del Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche dell’Università di Bari e al Prof. Gianpaolo Pierri, Presidente del Corso di Laurea della Tecniche della Riabilitazione Psichiatrica dell’Università di Bari, il compito di condurci per mano nei lavori “tecnici” della mattinata. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 13 Luigi Campanale Direttore Generale EPASSS Riflettendo sull’incipit di questa mia breve introduzione, una semplice parola si è fissata nella mia mente: Grazie. • In primo luogo, credo sarete d’accordo anche Voi, un Grazie sincero sento di doverlo esprimere ai tanti lavoratori in servizio in tutte le strutture riabilitative – non solo quelle dell’EPASSS – perché, grazie alla loro disponibilità, molti di noi hanno potuto essere presenti ai lavori di questo convegno di studi; • In secondo luogo un Grazie sincero sento di doverlo rivolgere a ciascuna e ciascuno di Voi. La Vostra adesione, inaspettatamente ma piacevolmente numerosa, ha messo a durissima prova la struttura organizzativa nostra e dello Sheraton. A tutti gli operatori EPASSS che stanno seguendo i lavori in video-conferenza in un’altra sala dello Sheraton, va il mio personale ringraziamento anche per la loro benevola comprensione; • Un Grazie, davvero né formale né rituale, sento di doverlo esprimere al prof. Marcello Nardini, al prof. Gianpaolo Pierri, al dott. Giuseppe Saccotelli e al dott. Domenico Semisa per la particolare apprezzata sensibilità testimoniata nei confronti del nostro Ente. Con gli stessi sentimenti ringrazio anche tutti i relatori intervenuti, Massimo Campedelli, Antonio Ursi, Antonello Bellomo, Michele De Michele, Grazia Di Bella, Serafino De Giorgi, Tiziana De Donatis e, con molta gratitudine, ringrazio il dott. Giulio Corrivetti che, last minute, ha dato la disponibilità a sostituire l’imprevista assenza del prof. Ferrannini; • Un Grazie affettuoso ed un tenero abbraccio a Lina e Linda Antonucci, oggi qui con noi, ed a Rossella e Donato, non presenti per ragioni professionali. Il dolore che ancora li accompagna per la tragica dipartita di Antonio appartiene anche a noi che lo abbiamo conosciuto stimato ed apprezzato nel corso della Sua attività lavorativa. La Sua improvvisa scomparsa, peraltro, è coincisa con una fase davvero difficile e complessa per il nostro Ente, ma credo anche, senza eccessiva enfasi, per la riabilitazione psichiatrica in Puglia. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 15 Antonio, infatti, come ricordava il dott. Saccotelli al Convegno della SIRP del giugno 2009, “è stata una persona che col suo ruolo ha permesso e facilitato l’integrazione tra pubblico e privato, è stato aperto ai cambiamenti intervenuti in questi 30 anni e ha contribuito a portare avanti la Legge 180 con la realizzazione delle reti di strutture riabilitative necessarie per il trattamento dei pazienti più gravi. Oltre che di rapporti professionali, era capace di rapporti umani e di amicizia vera. Conosceva tutti e tutti lo conoscevano, ai vari livelli operativi, gestionali, amministrativi e politici. Ci mancherà la sua gioia, la sua vitalità e la sua leggerezza nell’affrontare le diverse difficoltà legate al nostro difficile lavoro; la sua voglia di credere nelle cose che facciamo per costruire il diritto di cittadinanza degli ammalati mentali, il suo incoraggiamento nei momenti più difficili”. Le sfide del FUTURO Nel corso di quest’ultimo anno ci siamo ritrovati spesse volte a riflettere sulla nostra esperienza e su come ripensarla, esportarla e proiettarla nel futuro. Tre semplici, ma complesse parole, rappresentano una sintesi efficace delle nostre riflessioni: INNOVAZIONE INTEGRAZIONE INCLUSIONE SONO TRE SFIDE INELUDIBILI E, A NOSTRO AVVISO, INDIFFERIBILI. Sappiamo che la parola SFIDA si presta a molteplici significati. Per noi la parola SFIDA sintetizza la volontà, la determinazione, il coraggio di intraprendere un nuovo percorso, una nuova rotta, con lo sguardo rivolto con fiducia al futuro. Futuro opportunità o minaccia Un futuro da non percepire come minaccia ma come una nuova e feconda opportunità di emancipazione, di rinascita per tutte quelle persone che reclamano il giusto diritto alla cura e la reale fruizione dei diritti di cittadinanza, troppe volte negati. Un futuro da non percepire come minaccia ma come opportunità per tutti gli operatori – sia quelli del servizio pubblico, sia quelli del privato sociale – impegnati nei servizi di riabilitazione psichiatrica. Una opportunità di reciproco riconoscimento delle rispettive funzioni e ruoli; di crescita professionale, sostenuta, ovviamente, da adeguati processi formativi; di varianza dei contesti lavorativi (strutture, territorio, domiciliarità). Un futuro da non percepire come minaccia ma come feconda opportunità per tutti gli attori del privato sociale, a nostro avviso chiamati oggi a liberarsi di antiche resistenze, delle diffidenze e dei pregiudizi per aprire, insieme, un cantiere di ricerca finalizzato alla condivisione di nuove regole, di nuovi modelli organizzativi, flessibili e più omogeneamente distribuiti sul territorio; di nuove pratiche operative più efficaci ed efficienti su cui confrontarsi unitariamente con l’interlocutore pubblico. Riteniamo questa fase propizia per sviluppare una riflessione aperta e partecipata sull’esperienza della riabilitazione psichiatrica in Puglia che sappia riconoscere e potenziare i punti di forza e con intelligenza, ma con fermezza, intervenire sulle criticità da correggere per dare risposte adeguate ed appropriate ai nuovi e vecchi bisogni di cura. 16 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton In questa sede mi limito a richiamare sinteticamente solo alcune criticità da affrontare con rigore, responsabilità ed equilibrio: • l’eccessiva offerta di residenzialità h 24; • un forte squilibrio nella distribuzione territoriale delle strutture residenziali; • un disomogenea modalità nella definizione degli accordi contrattuali (sia nei contenuti sia per la validità temporale degli stessi) fra servizio pubblico (ASL) ed organizzazioni del privato sociale ed imprenditoriale con conseguenti riflessi, ancora oggi, sul sistema di remunerazione; • la difficoltà, in alcuni casi, a riconoscere il privato sociale in una funzione integrata e complementare al servizio pubblico nel rispetto del principio di sussidiarietà. UN CAMBIAMENTO SI IMPONE. Alla responsabilità delle Istituzioni, del privato sociale e di tutti gli attori in campo compete individuare modalità efficaci per governare la fase di cambiamento verso un nuovo sistema di servizi integrati territoriali. In alcune ASL è già stato avviato un significativo e partecipato processo di riorganizzazione e riconversione. Un processo che consentirà, senza alcun aggravio di costi ma riqualificando la spesa, di attivare strutture residenziali più leggere; di dare maggiore impulso a forme di sperimentazione innovativa e assistere, rispetto al passato, un maggior numero di persone affette da sofferenza mentale. Consideriamo indifferibile estendere questo processo su base regionale armonizzandolo agli obiettivi di programmazione generale richiamati nel Piano Regionale della Salute e nel Piano Regionale delle Politiche Sociali. La sfida dell’INNOVAZIONE L’innovazione è la sfida che tutti dobbiamo affrontare nel prossimo futuro per svolgere con il migliore livello di efficacia ed efficienza la propria mission. Innovazione di processo, innovazione come RICERCA/AZIONE Per noi che non gestiamo imprese di produzione di beni materiali, innovazione di processo significa agire, anche attraverso la leva della formazione, sulle risorse umane; ovvero sulle persone che, a tutti i livelli, intervengono ed interagiscono nel processo con il proprio contributo di idee, di creatività, di entusiasmo. Processo che mira ad accrescere ed implementare competenze professionali e capacità manageriali. Innovazione come RICERCA/AZIONE dovrà favorire: • la sperimentazione di nuova offerta di cura; • lo scambio di esperienze; • la diffusione di nuove pratiche. Il nostro senso di responsabilità è sollecitato a ricercare modalità di INTEGRAZIONE e di positiva CONTAMINAZIONE. Sappiamo bene che è una SFIDA né facile né di breve durata. TUTTAVIA PER NOI E’ UNA SFIDA INELUDIBILE! Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 17 La sfida dell’INTEGRAZIONE La sfida dell’integrazione nell’offerta dei servizi sanitari e socio-sanitari non va confusa come mera opportunità di diversificazione o di riposizionamento delle organizzazioni e delle imprese sociali ed imprenditoriali nel “MERCATO” della salute e del benessere sociale. AL CONTRARIO. La sfida dell’integrazione va colta come strategia atta a soddisfare contemporaneamente ed unitariamente bisogni di salute e di cura con azioni di protezione sociale. Le problematiche relative a cronicità, lungodegenza, minori, giovani, anziani, doppia diagnosi, autori di reato, ecc. sono tutti ambiti che sollecitano risposte integrate, dal carattere innovativo e sperimentale. La legislazione regionale in materia costituisce un indiscusso punto di partenza qualificato e particolarmente avanzato. Tuttavia, riteniamo necessario che la Regione Puglia promuova un partecipato confronto finalizzato ad alleggerire alcune “rigidità” che si rilevano nei regolamenti in vigore. • • • La sfida dell’INCLUSIONE Una sfida da cogliere COME APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE (sanitario, socio-sanitario, sociale, politiche attive del lavoro) Ossia: Recupero delle abilità, come attenzione complessiva alla qualità di vita del paziente (dimensione clinica, relazionale, sociale); Integrazione sanitaria e sociale per attivare circoli virtuosi dove il territorio e la rete sociale esterna diventano attori del percorso inclusivo; Tutela del diritto al lavoro, possibilmente stabile e duraturo, attivando percorsi step by step partendo da un accurato bilancio di competenze della persona. L’approccio MULTIDISCIPLINARE può favorire una migliore efficacia di esito nell’attuazione dei progetti riabilitativi individuali. In conclusione, le matrici del cambiamento per noi sono: • innovazione • inclusione • integrazione • territorialità • sussidiarietà • qualità Concetti che si iscrivono in un cantiere di lavoro dinamico, in evoluzione continua, che ruotano e con esso interagiscono, con al centro la PERSONA ed i suoi diritti di cura e di cittadinanza. In questa dimensione intendiamo governare il cambiamento, proiettandoci al futuro imminente, con l’approccio di chi, pur valorizzando la propria storia e le buone prassi già consolidate, mira a riconsiderarsi in una dimensione circolare di lavoro di rete. 18 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton Un cantiere in cui pubblico e privato si contaminano ed insieme costruiscono ponti per l’offerta di cura. Marco Polo descrive un ponte, realizzato pietra su pietra. “Ma qual è la pietra che sostiene il ponte?”- chiede Kublai Khan. “Il ponte non è sostenuto da questa o da quella pietra”- risponde Marco Polo, - “ma dalla linea dell’arco che esse formano”. Kublai Khan rimase silenzioso, riflettendo poi aggiunse: “Perché mi parli delle pietre? E’ solo dell’arco che mi importa”. Marco Polo risponde: “Senza pietre non c’è arco.” INSIEME POSSIAMO ESSERE PIETRE ED ARCO! Grazie. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 19 Marcello Nardini Vice Presidente SIP, Direttore Dipartimento Scienze neurologiche e Psichiatriche Università di Bari Possiamo cominciare i lavori. Un saluto a tutti quanti e un ringraziamento per l’invito personale, per le Istituzioni che io e Gianpaolo Pierri rappresentiamo. L’Istituzione Accademica, mi piace ancora chiamarla così nelle sue articolazioni, e la Società Italiana di Psichiatria, che in questo momento rappresento a nome del nostro presidente Luigi Ferranini, che ho incontrato sabato scorso a Roma, in occasione dell’esecutivo nazionale. Si scusa di non essere presente come promesso e riportato in programma. Ha pregato me di portare questo saluto suo e di tutto l’esecutivo a questa iniziativa. Voi sapete Luigi Ferranini è barese, e credetemi, ritorna sempre volentieri nella sua terra anche dove ritrova amici oltre che familiari. Non è potuto venire perchè impegnato nella sua funzione istituzionale a livello ministeriale. E credo che sia lì il suo posto. Il saluto c’è, sentito, a tutta la comunità psichiatrica pugliese, psichiatrica in senso lato. Questo convegno, secondo me, è dedicato anche ad Antonio Antonucci. È un ricordo quello di Antonio Antonucci che accompagna il mio arrivo a Bari e il mio percorso barese e pugliese, dal ’94 in poi. È stata una delle prime persone che ho conosciuto assieme ad altri colleghi e ad altre persone del Privato Sociale. Mi viene in mente Tragni. Quindi è un momento di riflessione perchè un tempo è passato. E allora una riflessione mia personale. È un percepito mio e ve lo giro, non lo so, ma credo di condividere anche l’ipotesi di Ferranini e di tanti altri colleghi. Noi siamo di fronte a un domani -qui si sente parlare di sfide e innovazione- in cui, usando il mio linguaggio, nulla sarà più come prima. Perchè? Forse nel mio recente passato, nel nostro recente passato -io l’ho già passata questa cosa negli anni ‘60 – ’70- in cui percepivamo che nulla sarà come prima. E adesso siamo nuovamente qui. Nel passato c’era stata la guerra, adesso c’è stato un cambiamento incredibile. È arrivato Google, e, attraverso esso, il marketing virale. È una rivoluzione incredibile, “le sigle sono diventati loghi”. Bisogna riproConvegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 21 gettare, non replicare. Questa, nella mia ottica, è fare salute. Salute mentale e salute del cittadino. Un cambiamento incredibile. I loghi: immaginate quanti loghi abbiamo nella nostra storia recente. Sigle che sono diventati loghi. Dobbiamo creare nuove sigle, nuovi progetti, non sapendo bene quali sono. Perchè saremo costretti a farlo. Nel mio modo di pensare sicuramente ci leggerete un po’ di Bauman e di postmodernismo. Nessuno ha pensato all’impatto, in un mondo globalizzato, della riforma di Obama. Non ancora realizzata. Dopo centocinquanta anni sono riusciti a fare un qualche cosa che grandi americani e presidenti non sono riusciti. Ma avete pensato: è inerte per il mondo globale? Mah, io penso di no. È un ritornare indietro o una occasione per andare avanti verso nuovi scenari che neppure immaginiamo? È un mio percepito. Lo passo a voi. Vi porto il saluto del Dipartimento che dirigo e ringrazio. Smetterò di chiacchierare, farò il chairman e adesso passerò la parola a Gianpaolo Pierri che porta il saluto anche di un’altra istituzione universitaria. 22 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton Gianpaolo Pierri Presidente Classi di laurea della Riabilitazione, Università di Bari Due parole per ricordare Antonio Antonucci: io sono un po’ stanziale e anziano. Ricordo la prima volta che incontrai Antonio. Vi devo dire la verità, non ebbi un’immediata buona impressione e mi scattò la definizione di guascone, forse perché agevolato dalla sua fisicità prorompente, dalla sua capacità di gesticolare. Però poi, nel corso del tempo, ho avuto veramente modo di apprezzare come questa sua grossa vivacità fosse al servizio di una vivacità di creazione e di iniziativa. Era sempre lì a macinare progetti, possibilità, innovazioni e quello che mi colpì molto era la capacità, e riprendo un termine usato dal Direttore Campanale, di essere sussidiario. Lui non s’imponeva mai, imponeva però l’iniziativa, poi si affidava alla collaborazione, all’amicizia, alla cordialità di coloro i quali lui sceglieva e a cui chiedeva aiuto per realizzare queste imprese. Io ho una buona memoria visiva: lo ricordo seduto alla sedia del mio studio, nel suo classico atteggiamento con le braccia divaricate, tipico esempio del linguaggio extraverbale di accoglienza, di apertura, di amicizia e forse, perché no, anche di fraternità. Adesso un piccolo ringraziamento sia alla psichiatria che alle ACLI. Diceva Marcello Nardini, mio compagno di tutta l’avventura per i corsi di laurea professionalizzanti, (lui ha diretto per molti anni il Corso di laurea per Educatori, io quello di Tecnico della riabilitazione) che abbiamo fatto cose anche notevoli; però le cose notevoli le abbiamo fatte in un campo, diceva il Direttore Campanale, come quello della psichiatria. Io sono Presidente della Società Italiana di Psicoterapia Medica, per cui abbiamo, insieme a Marcello, Vice Presidente della SIP, una sensibilità particolare verso i “nostri” pazienti. Dico “nostri” perché –come diceva il grande studioso americano- dobbiamo sempre ricordare che dietro ogni paziente c’è una persona: qualche volta questo lo dimentichiamo noi, qualche volta lo dimenticano le istituzioni, le quali, poverine, come diceva il buon Alessandro Manzoni, sono in tutt’altre faccende affaccendate. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 23 I valori della persona: purtroppo ultimamente questo concetto si sta perdendo, se non fosse per queste istituzioni, se non fosse per i colleghi che vedo qui tutti quanti schierati, colleghi e amici grazie ai quali la grande macchina dell’assistenza psichiatrica continua a muoversi, non senza sussulti e sofferenza. E in questo settore il ruolo delle ACLI è stato fondamentale. Io ricordo la legge 180 nel 1978, quando ci fu una grandissima crisi perché da un giorno all’altro fu vietato il ricovero in ospedali psichiatrici. Non si sapeva più dove mandare i nostri pazienti e l’aiuto delle ACLI fu fondamentale nel dare una mano per ospitare questa persone. E poi, oltre tutto il loro lavoro, io ringrazio veramente tutti i colleghi medici e non medici che lavorano nelle strutture dell’EPASSS, perché i nostri laureandi (educatori, tecnici della riabilitazione psichiatrica e anche alcuni fisioterapisti) sono guidati, tutorati, e portati avanti dal personale dell’EPASSS che sempre con un sorriso e con disponibilità concorre all’ottima formazione di questi giovani. Perché questo personale possiede non soltanto la competenza nell’operare, ma anche l’entusiasmo: perché sono operatori che lavorano con piacere, che hanno dentro di loro quella fiammella di altruismo che è assolutamente necessaria per operare nel nostro difficile, difficilissimo campo, che speriamo possa andare, come diceva Marcello, sempre più avanti e possa essere sempre, con l’aiuto anche delle associazioni come le ACLI, fonte di innovazione, di progresso e di migliore stile e regime di vita. Grazie. 24 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton “La domanda di cura nella riabilitazione psichiatrica” relazione magistrale a cura di Giulio Corrivetti Società Italiana di Riabilitazione Psicosociale e-mail: [email protected] Antonella Boccia Unità Operativa di Salute Mentale Distretto Sanitario 68 ASL Salerno Premessa Il crescente interesse per gli interventi riabilitativi nel campo della salute mentale dimostra l’evoluzione che negli ultimi anni ha subito la cura delle psicosi maggiori. Parallelamente, hanno sollevato altrettanto interesse i progressi ottenuti dalle ricerche nel campo della farmacologia e dello studio dei mediatori cerebrali. Curare la schizofrenia rappresenta oggi una sfida importante e tale sfida viene affrontata prevalentemente con strategie di integrazione degli interventi farmacologici nuovi e più raffinati e con un diverso uso delle strategie di prevenzione delle disabilità personali. E’ possibile affermare che esiste una grande variabilità nel decorso e negli esiti della schizofrenia e che a questa diagnosi non corrisponde certo una sola, infausta prognosi. Spesso la riabilitazione psicosociale risente ancora di una reputazione negativa all’interno dei servizi di salute mentale tanto che vi si ricorre ancora quando altri interventi non hanno sortito risultati. Ciò può essere dovuto all’aspecificità e all’approssimazione di molti trattamenti, definiti “riabilitativi”, che consistono nella ripetizione acritica di attività, scisse dagli obiettivi di vita degli utenti, incuranti delle loro preferenze, e svolte magari in ambienti artificiali. Oggi serve una diversa filosofia per un quadro più completo della struttura concettuale della psichiatria. Proprio le neuroscienze hanno promosso l’evidenza sempre maggiore di questioni filosofiche tradizionali e l’emergenza di una nuova ed efficace filosofia della psiConvegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 25 chiatria negli ultimi anni del ventesimo secolo è coincisa con i notevoli progressi nel campo delle neuroscienze. Molti studi condotti nell’ambito del Progetto Nazionale Salute Mentale hanno dimostrato quanto siano indispensabili gli strumenti di valutazione standardizzati nel guidare i percorsi terapeutico-riabilitativi e nel valutarne gli esiti. L’utilizzo di linee guida e di strumenti di valutazione nella pianificazione e conduzione di interventi riabilitativi è in grado di migliorare significativamente l’esito di disturbi mentali gravi. Il concetto di riabilitazione psicosociale si fonda sul presupposto che il paziente può sviluppare e realizzare il miglioramento della propria qualità di vita attraverso un cammino che lo aiuti a sviluppare il massimo delle proprie potenzialità psicofisiche, affettive e relazionali, nonostante la sofferenza e la disabilità che sono indotte dalla malattia. Il concetto di “Disabilità” Il concetto di “Disabilità” in psichiatria, è stato definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “perdita o restrizione delle capacità di svolgere particolari ruoli sociali, che sono normalmente attesi dall’individuo nel suo ambiente”. Senza soffermarci qui sulle cause di disabilità nel 1981 Wing le raggruppò in tre tipi, sostanzialmente caretterizzati dai sintomi stessi della malattia, dalle reazioni individuali ed ambientali a tali manifestazioni, dalle concomitanti condizioni familiari e sociali svantaggiate), va detto che molte ricerche hanno documentato quanto il livello di funzionamento sociale dopo un episodio psichiatrico sia funzione del livello di funzionamento sociale e familiare precedente l’episodio. Wing nel 1987 ha, altresì, provato a definire l’ambiente ideale per la cura delle persone affette da schizofrenia con esiti di disabilità. Gli studi dell’OMS sull’argomento hanno dimostrato il peso delle circostanze ambientali sul decorso della schizofrenia, nei diversi paesi. In riferimento al parametro della disabiltà gli interventi di riabilitazione svolgono il compito di stimolare nella persona la capacità di usare al meglio le sue capacità residue. In un certo senso, è possibile affermare che più che alla riabilitazione dell’handicap, lo scopo del processo terapeutico-riabilitativo è quello di puntare ai talenti personali (pregressi, residui, inespressi, etc.), nel tentativo di rilanciarne il destino. Un primo elemento di valutazione riguarda la considerazione della storia individuale del paziente stesso. In generale non ci possiamo aspettare da un paziente che non ha mai funzionato come individuo autonomo e indipendente, che non ha mai intrecciato significative relazioni interpersonali o che non ha mai lavorato, che diventi capace, in tempi rapidi, di avere questo tipo di prestazioni. In linea generale è stato stabilito da numerose ricerche che più basso è il livello di funzionamento sociale e familiare nel periodo antecedente al disturbo psichiatrico peggiore sarà il livello di funzionamento dopo l’episodio psichiatrico. D’altra parte è importante pensare al funzionamento dell’individuo non come ad un processo unitario, ma piuttosto come ad un complesso di sistemi semi indipendenti l’uno dall’altro. Così le diverse disabilità possono modificarsi in modo non omogeneo nel tempo ed è possibile che ad un elevato grado di 26 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton disabilità in un’area, corrisponde invece uno scarso livello di disabilità in un’altra area o addirittura il conseguimento di livelli di funzionamento relativamente buoni. Con pazienti che presentano un alto grado di disabilità il mantenimento nel tempo di standard accettabili di funzionamento sociale rappresenta di per sé un successo dell’èquipe riabilitativa. Spesso l’èquipe avendo il paziente tutti i giorni “sotto gli occhi” non è in grado di riconoscere anche i piccoli ma significativi miglioramenti messi in atto dal paziente, per esempio nella cura della propria persona. L’utilizzazione di una forma regolare di verifica del processo riabilitativo, permette di evidenziare tali modificazioni. In caso contrario vi è nuovamente il rischio che il non riconoscimento dell’efficacia dell’intervento riduca l’attività, la tensione e l’aspettativa degli operatori nei confronti del paziente considerato “irrecuperabile”. Tuttavia è possibile monitorare i progressi del paziente solo se è stata effettuata un’accurata valutazione iniziale del livello di disabilità. Le disabilità che possono manifestarsi in un soggetto portatore di una patologia psichica sono strettamente correlate alla patologia, al soggetto, al suo ambiente circostante, ma una schematizzazione può essere rappresentata da: 1. Difficoltà di relazione interpersonale in ambito familiare e sociale. 2. Difficoltà di integrazione in relazione ai ruoli sociali attesi. 3. Difficoltà di riconoscere, esprimere, gestire e regolare il proprio potenziale affettivo ed emotivo nelle relazioni con gli altri. 4. Dipendenza materiale ed emotiva nei confronti degli altri. 5. Riduzione delle capacità logiche e conoscitive, difficoltà di astrazione, sintesi, eccetera. 6. Riduzione dell’iniziativa motoria. 7. Deficit del sistema motivazionale con conseguente disinvestimento sia nei confronti della propria realtà personale che della realtà esterna. 8. Difficoltà delle performances concrete. 9. Comportamenti disfunzionali che possono essere legati a sintomi specifici. Le definizioni di riabilitazione psicosociale Le definizioni date alla riabilitazione sono molte, ecco alcuni esempi: secondo il National Institut of Mental Health (USA) “il termine riabilitazione psicosociale si riferisce ad uno spettro di programmi per persone con disabilità psichiatriche gravi e di lunga durata. L’obiettivo è quello di migliorare la loro qualità della vita assistendoli ad assumersi la responsabilità della propria esistenza, a funzionare il più attivamente ed indipendentemente possibile nella società. L’approccio si rivolge all’individuo come persona, piuttosto che come paziente, stimolando la responsabilità individuale, il controllo, il senso di autostima ed incoraggiando la partecipazione al processo riabilitativo”. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la riabilitazione psicosociale si riferisce in modo ampio agli interventi volti ad alleviare le menomazioni, la disabilità e gli handicap negli individui con disturbi mentali e migliorare nei limiti del possibile, la loro vita. Questi interventi prevedono: la massima partecipazione ed integrazione dell’individuo nella famiglia, nella comunità e nella società in generale; la partecipazione del paziente al proprio progetto Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 27 riabilitativo o la diminuzione delle sue disabilità, la riduzione delle recidive e la promozione dell’integrazione sociale. Lo scopo è quello di assicurare che le persone con una disabilita’ psichiatrica possano disporre di abilita’ fisiche, psichiche ed emotive necessarie per vivere, apprendere e lavorare nella comunita’. L’obiettivo della riabilitazione è rappresentato dalla ricostituzione delle capacità di mantenere il miglior adattamento possibile al mondo, al lavoro, alle persone con cui il soggetto entra in contatto. Il recupero deve essere inteso come una riattivazione globale della parte sana che è sempre presente, anche nel paziente più compromesso. In altri termini si sta parlando della guarigione sociale, che è rappresentata dal raggiungimento di un equilibrio e di un adattamento che rendano possibile, al soggetto, un’integrazione, la più ampia e completa possibile, all’interno del proprio ambito sociale. Tutti gli interventi riabilitativi sono sostanzialmente finalizzati al rinforzo e allo sviluppo delle funzioni dell’Io e si rivolgono all’individuo nella sua globalità e quindi non sono indirizzati al paziente o alla sua patologia. Questo comporta che la relazione operatore/fruitore e l’agire riabilitativo tendono ad individuare le risorse, le capacità, anche residue, del soggetto, i suoi bisogni e da questi elementi si parte per attuare il percorso che, attraverso il potenziamento dei nuclei sani, porta allo sviluppo delle risorse del soggetto. Schematicamente gli obiettivi della riabilitazione sono costituiti da: 1. Sostegno e supporto delle funzioni compromesse. 2. Riacquisizione, per quanto possibile, delle capacità nelle aree in cui è presente una disabilità. 3. Conseguimento, al massimo livello possibile, dell’autonomia e della capacità d’espressione. 4. Riduzione della dipendenza istituzionale. 5. Acquisizione di modelli di comportamento e di relazione (sia da parte del paziente che del suo ambiente) reciprocamente tollerabili e condivisibili. 6. Miglioramento dell’autostima personale del paziente. 7. Collocazione di questi processi nella quotidianità esistenziale e concreta del soggetto. 8. Riduzione della sua vulnerabilità. Tuttavia è possibile monitorare i progressi del paziente solo se è stata effettuata un’accurata valutazione iniziale del livello di disabilità. Gli ambiti di valutazione della disabilità si disarticolano generalmente in tre aree che riguardano prevalentemente: a-le relazioni sociali, b-la vita familiare e la cura personale, c-l’attività lavorativa, con una valutazione crescente dell’autonomia che va dalle capacità elementari a quelle superiori. A tale scopo esistono molti strumenti standardizzati di valutazione delle disabilità (interviste strutturate, semistrutturate, scale di valutazione), che vanno ad arricchire tutti gli 28 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton strumenti non strutturati di valutazione (l’osservazione diretta, etc.). Oggetto fondamentale del processo di valutazione iniziale è il comportamento sia attuale che passato del paziente in relazione a diversi contesti ambientali in cui è vissuto. Le informazioni dovrebbero essere raccolte dal maggior numero possibile di fonti (il paziente stesso, i familiari, i colleghi di lavoro, lo psichiatra e lo psicoterapeuta curanti) al fine di verificare le differenze di comportamento del paziente in differenti contesti. I bisogni di cura e la prospettiva riabilitativa attualmente alcune linee guida indicano che nessuna tecnica riabilitativa è da sola sufficiente e che gli approcci più efficaci sono quelli integrati, che il contesto territoriale e’ preferibile a quello istituzionale, che la famiglia va coinvolta nel programma ed infine, che occorre una presa in carico prolungata in grado di fornire al paziente punti di riferimento, sia come occasioni di vita sociale che come supporto alla precaria stima di sé. Per quanto riguarda la pianificazione di un progetto riabilitativo serve operare, innanzitutto, un’analisi della domanda di riabilitazione (vale a dire stabilire chi pone la richiesta e l’adeguatezza di tale richiesta). Segue, poi, una valutazione del paziente nella sua globalità attraverso colloqui sia individuali sia familiari ed eventualmente la somministrazione di alcuni test considerando i seguenti punti: la condizione psicopatologica, la storia personale e familiare, gli eventuali deficit cognitivi, le capacità relazionali e sociali ed infine le aree di disabilità (vita domestica, relazioni sociali, lavoro/studio). Il successo di un buon intervento di riabilitazione psicosociale è determinato dall’indirizzamento delle azioni sulle abilità presenti, sulle potenzialità del paziente e sulle sue attitudini, mentre l’orizzonte strategico deve essere guidato dalla motivazione personale del paziente ad intraprendere un programma riabilitativo. I bisogni di cura, all’interno di una adeguata strategia terapeutico-riabilitativa possono essere soddisfatti solo sulla base dell’individuazione degli obiettivi, dei luoghi, dei tempi e delle modalità di attuazione di un programma personale individualizzato. Il passo successivo è determinato dalla valutazione dei bisogni, delle disabilità e delle abilità residue dell’utente. In un passo successivo si può procedere alla distribuzione chiara dei compiti e dei ruoli e funzioni tra gli operatori implicati nel progetto. Il monitoraggio delle varie fasi ed eventuali riassestamenti correttivi degli obiettivi serve per definire lo scopo del trattamento (vale a dire l’esito che si vuole ottenere, cercando di individuare lo specifico bisogno del paziente e le reali possibilità). Il progetto, infine, va discusso e condiviso con il paziente e i suoi familiari. La valutazione del lavoro riabilitativo in ambito psicosociale - Considerazioni generali La messa in atto di una procedura o di un complesso di procedure finalizzate a uno scopo terapeutico o alla produzione di un cambiamento dovrebbe presupporre l’intenzione e la possibilità di verificare i risultati conseguiti, nonché la possibilità di un confronto con altre procedure orientate a conseguire obbiettivi dello stesso tipo. L’assenza di un orientamento teso alla valutazione critica dei risultati, e specificatamente alla ricerca di modalità empiriche di controllo sull’attività svolta, comporta il rischio di un primato dell’ideologia sull’esperienConvegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 29 za, di incongruenze nella programmazione nonchè la possibilità di far prevalere gli interessi dell’istituzione a quelli degli interessi degli utenti. Le cause della disabilità nel campo psichiatrico, sono, secondo Wing Morris (1981) di tre tipi: 1. le menomazioni primarie o intrinseche rappresentate dai sintomi psichiatrici che il paziente presenta e che lo portano a contatto con i servizi psichiatrici. Ad esempio la sindrome più comunemente associata con la schizofrenia cronica è caratterizzata da sintomi psichiatrici che spesso determinano un grave deterioramento delle relazioni sociali del paziente. Uno dei più comuni problemi nell’attività riabilitativa psichiatrica consiste proprio nel far fronte alla disabilità indotta da questi disturbi. 2. Gli handicap secondari sono invece legati alle relazioni dell’individuo e del suo ambiente di fronte al disturbo psichiatrico. 3. Gli handicap estrinseci sono legati ad una svantaggiata condizione sociale e familiare. Povertà, solitudine, mancanza di un lavoro o di una abitazione sono tutti fattori che implicano la disabilità, dovuta agli handicaps primari o secondari. Abbiamo visto come la disabilità che accompagna i disturbi psichiatrici sia causata da molteplici fattori tra i quali i principali sono i sintomi psichiatrici stessi, le reazioni negative dell’individuo e dell’ambiente e le condizioni ambientali svantaggiate. La riabilitazione da questo punto di vista, è il processo attraverso il quale vengono identificati, prevenuti e possibilmente ridotti questi fattori in cui l’individuo disabile viene aiutato ad utilizzare al meglio le sue capacità residue in un contesto sociale il più possibile adeguato. L’interesse per la disabilità e per le tecniche a carattere riabilitativo è nata, negli anni sessanta, come conseguenza del processo di rinnovamento delle strutture psichiatriche. Già l’istituzionalismo fu individuato come fattore di danno (handicap) secondario caratterizzato da una graduale accettazione da parte del paziente della vita nell’istituzione e culminante con il non avere più desiderio di vivere altrove (più a lungo il paziente era stato in ospedale, più difficilmente era portato a lasciare quell’ambiente). La trasformazione dell’assistenza psichiatrica ha accentuato l’interesse per il funzionamento sociale dei pazienti e quindi per l’attivazione di programmi riabilitativi sia nella comunità (territorio), sia all’interno di strutture specificamente orientate (Centri Diurni di riabilitazione, etc.). Il problema che si è posto e che si pone ai servizi psichiatrici territoriali è quello di attivare un’efficace intervento a carattere riabilitativo nei confronti dei pazienti disabili. Nei servizi psichiatrici il processo di valutazione del livello e delle caratteristiche della disabilità dei pazienti e dell’efficacia degli interventi riabilitativi (assessment) è spesso compiuto in modo informale nel contesto clinico, senza che vengano designati spazi specifici per questa attività e anche questo livello non strutturato ed informale di valutazione è spesso trascurato. Liberman ha affermato che «la ripresa della tematica della riabilitazione è dovuta all’aggravarsi del problema della cronicità” (Liberman 1997). Forse più che un aggravarsi di tale problema possiamo dire che oggi la cronicità è divenuta, finalmente, un obiettivo delle strategie terapeutiche. Un atteggiamento moderno e colto in risposta alle logiche precedenti della rassegnazione e del disinteresse. 30 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton Il campo della Salute Mentale, attraverso la cultura e le strategie della riabilitazione tende a contrastare soprattutto la sintomatologia negativa, intesa come “passività patologica” ed espressa come mancanza, o perdita (condizione di dipendenza, comportamenti disfunzionali, deficit nella cura di sé, nel proprio ruolo e nelle proprie relazioni sociali), ed in questa sfida coinvolge tanto le persone affette da tali patologie, quanto coloro che del lavoro con questi pazienti hanno fatto uno scopo ed una finalità primaria. Due studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO 1986) hanno dimostrato, tra l’altro, che, nell’ambito delle manifestazioni schizofreniche, per quanto riguarda l’esito della disabilità sociale, il valore predittivo in base ai sintomi negativi è molto maggiore di quello relativo ai sintomi positivi. Infine, uno stimolo ulteriore a questa sfida è dato dalle trasformazioni istituzionali del Sistema Sanitario in Italia e dalla necessità di valutare i costi della malattia mentale. La cultura della valutazione degli interventi e degli esiti, nel settore della riabilitazione psicosociale, assume un ruolo determinante nel tutelare le strategie dell’intervento dall’approssimazione e dalle frammentazioni. Tali interventi, inoltre, vanno assumendo sempre più una dimensione strategica complessiva e precoce del trattamento. Management dei percorsi di riabilitazione psicosociale Il governo manageriale delle aziende sanitarie ha introdotto filosofie e criteri di gestione derivate dal modello delle imprese. L’aziendalizzazione delle vecchie Unità Sanitarie Locali ha rappresentato, infatti, il tentativo di trasformarle in base ai comportamenti delle aziende operanti sul mercato. Esiste però un problema legato al fatto che non è possibile tradurre fedelmente, al settore sanitario pubblico, le esperienze maturate nelle imprese, in particolare per quanto riguarda i meccanismi di competizione che possono modificare radicalmente la struttura del settore stesso. L’esigenza di fornire servizi pubblici con elevati standard qualitativi necessita oggi di approfondimenti e studi atti a determinare alternative ai meccanismi competitivi tipici delle aziende, pur rispettando le strategie e le politiche tipiche del governo aziendale, il principio di autonomia sancito dalle normative e la adeguata valutazione delle leve su cui tale governo può incidere al fine di ottenere i risultati previsti. Un ulteriore aspetto di questa premessa è relativo ai meccanismi e alle modalità di finanziamento, che oggi alla luce del federalismo regionale, necessitano di una riflessione attenta e disincantata, orientata al miglioramento dell’efficienza nell’offerta ma anche di una razionalizzazione fondata su principi di equità e trasparenza. Sempre più, nel mondo delle aziende private si fa riferimento alla flessibilità dell’organizzazione quale meccanismo in grado di rispondere ad un più ampio spettro di problematiche, con la capacità di analisi dei problemi emergenti e di adattamento alle esigenze specifiche del settore o ai cambiamenti del mercato. Nell’ambito sanitario, il criterio della flessibilità sembra rispondere maggiormente alle rinnovate esigenze di adeguare la domanda di assistenza alla disponibilità delle risorse e di definire, secondo criteri omogenei, quali sono le priorità assistenziali per il buon impiego delle risorse stesse. Appaiono, così, di fonConvegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 31 damentale importanza la revisione periodica dei progetti e l’orientamento delle attività per obiettivi che, in base alla organizzazione di un sistema flessibile, possono essere, di volta in volta, adeguati alle rinnovate esigenze di un territorio. Anche la cultura della riabilitazione psicosociale è cresciuta orientando l’indirizzo strategico ed operazionale di un dato servizio in senso progettuale al punto che appare oggi diffusamente improntata in base alla metodologia del project management. Tale metodologia rappresenta, per la salute mentale, un modello che coniuga le esigenze della presa in carico, con quelle del controllo di gestione. Così, la produzione dei servizi e delle prestazioni in relazione agli obiettivi può essere, caso per caso, realizzata in base alle effettive risorse a disposizione (gli obiettivi devono sempre fare seguito ad una opportuna valutazione dei bisogni sanitari di una specifica popolazione). In tale prospettiva una configurazione dinamica dell’organizzazione dei servizi di salute mentale, ed al loro interno dei programmmi per la riabilitazione psicosociale, permette di superare la staticità del modello gerarchico-burocratico più tipico delle vecchie organizzazioni pubbliche e dei più rigidi schemi aziendalistici del passato. Nel presente, la notevole complessità del sistema sanitario italiano, ed al suo interno l’organizzazione dei servizi per la salute mentale, è caratterizzata proprio dalla capacità di modulare l’offerta di prestazioni in funzione delle dinamiche dello scenario in cui si opera, e dalla sua intrinseca potenzialità a trasformarsi in un modello flessibile e adattabile. Ciononostante due punti critici concorrono a limitarne la continuità e l’integrazione: essi sono rappresentati dal regime di libera concorrenzialità (che mal si adatta alle esigenze di omologare in un ambito territoriale i percorsi terapeutico-riabilitativi in base alle strategie specifiche per quel territorio) e l’assetto del SSN basato sul sistema di remunerazione a tariffa delle prestazioni che, nell’ambito di una azienda, determina un bipolarismo tra il livello superiore (direttivo-gestionale) ed il livello operativo (dei servizi). Quest’ultimo deve sempre rispondere ad un duplice criterio: a- quello dell’autonomia scientifica e culturale di chi lo pianifica e lo realizza e, b- il rispetto dell’integrazione funzionale poli-specialistica a livello distrettuale. Per superare le possibili disarmonie tra il livello direttivo-gestionale e quello operativo è necessario che una Azienda Sanitaria articoli la sua organizzazione secondo tre linee direttrici: 1. La linea dei prodotti orientata sulla produzione dei Livelli Uniformi di Assistenza 2. La linea delle specializzazioni orientata sulla capacità di governare le risorse, le funzioni e le specialità applicate alla produzione 3. La linea della progettualità orientata a modulare il prodotto in relazione a gruppi di popolazione identificabili secondo particolari condizioni e bisogni Su questo terzo punto riteniamo che il case-management e, meglio ancora, il modello più evoluto del project management possano rappresentare metodi operazionali adeguati a superare le modalità organizzative di tipo verticistico e ad orientare le istituzioni nella prospettiva dell’integrazione. Sistemi di finanziamento in salute mentale Un primo aspetto relativo al meccanismo di finanziamento pubblico nel settore della 32 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton sanità è legato alla corenza con la missione ed il management delle strutture e delle attività. In salute mentale sono state anticipate da tempo, nelle attività e negli stili organizzativi tutti i modelli più attuali proposti per i servizi sanitari. Le connessioni ed i dipartimenti interaziendali, i percorsi terapeutici dei pazienti in tutti i settori della medicina oggi ripropongono il modello della presa in carico dei pazienti che da tanto tempo ha caratterizzato l’organizzazione ed ora il management in salute mentale. La salute mentale è attualmente caratterizzata da una struttura di finanziamento basata su due riferimenti principali: Il Progetto-obiettivo 1998-2000 (5% del fondo Sanitario Nazionale) e quello successivi. A questi fanno seguito le normative regionali in materia. I riferimenti tariffari stabiliti dalle normative individuano sistemi di finanziamento diversi a seconda della caratteristica assistenziale delle strutture, per tutti gli ambiti di attività che nella complessa organizzazione dei servizi di salute mentale, si sviluppano per aree e tipologie differenti. Infatti il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura è finanziato con i DRG per ricovero, mentre il Centro di Salute Mentale è finanziato con lo schema tariffario per prestazione. Il Day-Hospital ed il Centro Diurno sono finanziati a giornata, ed allo stesso modo le strutture residenziali. In tale disomogeneo panorama, l’efficacia dell’attività non può essere garantita a priori da nessun sistema di finanziamento ma necessita ancor più di meccanismi di articolazione e monitoraggio degli obiettivi di risultato, tipici dei sistemi di management. In una tale direzione hanno contribuito, negli ultimi anni alcuni tentativi dei disegnare e descrivere un percorso che potesse permettere la trasposizione in un sistema alternativo di finanziamento teso a superare questo triplice disomogeneo meccanismo. Alcuni tentativi sono stati anche in parte sperimentati. In questo lavoro verranno analizzati solo l’esperimento del DRG psichiatrico, nei modi proposti dall’apposito gruppo di lavoro della Società Italiana di Psichiatria ed in conclusione il sistema del “budget di cura” quale sistema di finanziamento a lungo temine di progetti di cura e riabilitazione psicosociale, in un unico percorso terapeutico che possa includere tutte le forme lungo i tre assi suindicati. Il budget di cura: come finanziare un progetto terapeutico-riabilitativo individualizzato Il budget di cura è la sintesi finanziata di un progetto Terapeutico Riabilitativo individuale e si articola come uno strumento di contrattazione. I contratti per i budgets di cura (progetti Terapeutico Riabilitativi individuali) costituiscono l’atto formale che regola i rapporti tra l’utente, il servizio pubblico (ASL/Comune) ed il partner privato. In tale spazio di contrattazione, i soggetti sociali idonei concorrono per la cogestione dei budgets di cura/progetti terapeutico-riabilitativi individuali a favore di utenti dell’Azienda Sanitaria Locale e degli Ambiti che aderiscono ad uno specifico bando. I fruitori sono gli utenti dei servizi dell’Azienda Sanitaria e degli Ambiti Territoriali di riferimento affetti da disabilità sociale e/o marginalità socio-ambientale per i quali è indispensabile fornire supporti ed opportunità per la cura ed il miglioramento delle competenze psico-sociali. Tali utenti devono rientrare tra coloro che esprimono bisogni di cura e di riabilitazione valutati idoneamente che corrispondono a quelli con prevalenza sanitaria ed espressività sociale e che progressivamente possono trasformarsi in prestazioni sociali a rilevanza sanitaria. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 33 Il budget di cura, così si propone come la base della costruzione di un nuovo welfare e punta a promuovere effettivi percorsi di riabilitazione sui seguenti assi: a. formazione/lavoro, b. casa/habitat sociale, c. affettività/socialità. Esso si proprone, altresì, il fine di promuovere, attraverso prestazioni sociali a rilevanza sanitaria effettivi percorsi riabilitativi individualizzati volti alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite attraverso il sostegno attivo all’accesso ed al mantenimento dei diritti. Inoltre, nelle situazioni ad alta integrazione socio-sanitaria, per evitare l’instaurarsi di sistemi autoreferenziali pubblici e privati tendenti a perpetuare le condizioni di marginalità e di esclusione attraverso il tecnicismo, l’assistenza e la restituzionalizzazione, questo strumento rappresenta il maggior livello di flessibilità e di progettualità, valutabile in progress, con i maggiori livelli di garanzia dei diritti e di condivisione delle responsabilità terapeutiche e finanziarie. Le Aziende Sanitarie, i Comuni degli Ambiti Territoriali, la Provincia, le organizzazioni del III settore e del privato imprenditoriale costituiscono, così, un nuovo collegamento pubblico/privato, per la gestione comune delle attività finalizzate allo sviluppo ed al mantenimento della dignità e dell’Habitat sociale delle persone che si trovano nelle situazioni descritte. Conclusioni La lotta contro l’esclusione sociale è innanzitutto lotta per il superamento delle barriere culturali. Queste implicano il riconoscimento della legittimità dell’altro nella sua diversità. Diceva Benedetto Saraceno che “solo all’interno di una dinamica degli scambi si crea un effetto abilitante (….) tale processo pone al centro non l’autonomia, bensì la partecipazione, di modo che l’obiettivo non sia quello di far cessare ai deboli di essere deboli per poter stare con i forti, ma di modificare le regole della scena, cosicchè in essa vi siano deboli e forti in scambio permanente di competenze ed interessi” (Saraceno, 1995). Come Amartya Sen ha cercato in più occasioni di dimostrare “l’economia del benessere può essere sostanzialmente arricchita dal prestare una maggiore attenzione all’etica, e che lo studio dell’etica può anch’esso beneficiare di un più stretto contatto con l’economia”. In realtà, un aiuto all’economia predittiva e descrittiva può giungere proprio facendo più spazio alle considerazioni circa il benessere sociale nella determinazione dei comportamenti e delle scelte aziendali o di una specifica comunità. In tale prospettiva le esigenze di “razionalità sociale” richiedono comunque formulazioni parametriche che tengano conto delle circostanze sociali contingenti ad una data epoca e ad uno specifico territorio. Ciò è quanto più ha condizionato i diversi tentativi di definire formule di finanziamento alternativi per il rispetto della complessità di particolari settori come quello della riabilitazione psicosociale. Ma ciò, invece di demoralizzare, deve indurre sempre più uno spirito di sperimentazione spinto a motivare e promuovere modelli di ricerca, di formazione e di informazione che siano incentrati sulle esperienze concrete coerenti con i principi qui delineati, nel rispetto dei cambiamenti dello scenario legislativo, economico e sociale di un dato territorio. In tale processo, il decentramento amministratvo regionale impone ancora di più l’esigenza di fondare su questo spirito di ricerca le formule più idonee al rispetto delle esigenze del welfeare 34 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton e delle specifiche caratteristiche dell’organizzazione dei sistemi sanitari regionali. In particolare, poi è necessario ipotizzare il Bilancio partecipativo come terreno su cui ripensare una diversa professionalità di lavoro socio-sanitario rinnovandone “l’impianto metodologico secondo i principi del lavoro in rete”. Il bisogno di valorizzazione dei percorsi in salute mentale è evidente proprio alla luce delle esperienze maturate oggi in Italia. Attualmente è necessario approfondire il modo in cui il “recovery” e la guarigione sociale incidono sul funzionamento degli stati mentali e su quello neurofisiologico. Su questo terreno si avverte la necessità di un nuovo linguaggio ed una nuova metodologia per lo studio dei processi di riabilitazione psicosociale. Per comprendere lo scenario e le prospettive della guarigione è necessario integrare i dati dei diversi saperi necessari a comprenderne i meccanismi. Serve un nuovo modello che leghi valori e prove d’efficaci, (un modello basato innanzitutto sui valori). Serve una nuova filosofia della psichiatria in grado di influenzare i livelli operazionali alla luce dei nuovi sviluppi del modello bio-psico-sociale nel campo psicologico/psichiatrico soprattutto su tre aree specifiche: la pratica centrata sul paziente, i nuovi modelli di erogazione dei servizi e la ricerca neuro scientifica. Riferimenti Bibliografici Andreasen G., “Positive versus negative schizophrenia”, Schizophrenia Bulletin, 11, 1985, pp. 380-389. Archibald R. D., Project Management, Franco Angeli, Milano, 1985. Ba G., (1994), Metodologia della riabilitazione psicosociale, F. Angeli, Milano. Ballerini M. e tanghellini G., (2010), Criterio B (disfunzione sociale) in persone affette da schizofrenia: il puzzle, Noos, VOL 16, N 1, pp. 9-29. Bellack A. S., Morrison R. L., Wixted J.T., Mueser K.T. (1990), “An Analysis of Social Competence in schizophrenia, British Journal of psichyatry, 156, pp. 809-818. Conti L.,(1999), Repertorio delle Scale di Valutazione in Psichiatria. 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Un certo Kandel, grande premio Nobel, ha illustrato il modello bio-psicosociale, un modello molto complesso; Rizzolatti, certamente, ha colpito l’immaginazione con i suoi neuroni specchio, che sono un aspetto applicativo di questo modello bio-psicosociale. Ci sono tantissime possibilità. Ecco, due considerazioni soltanto prima passare la parola al Prof. Nardini: la prima è che in realtà esistono ben 377 modalità di intervento psicoterapico descritte in letteratura. Sono tantissime. La seconda, è che, alcune volte, invece di pensare a modelli euristici ottimali di intervento, forse sarebbe bene che ognuno, nell’ambito delle sue esperienze, -ecco l’importanza dell’Evidence Based Medicine -, riporti i suoi dati piuttosto che pensare a quale potrebbe essere il modello migliore per affrontare le relazioni. La seconda osservazione che lascio così com’è, riguarda un aspetto epistemologico: il collega Corrivetti ha spesso utilizzato il termine “intersoggettività”. Io faccio qualche riserva su questo termine. Preferisco usare il termine “relazione interpersonale”. Perché? Può sembrare una questione speciosa. Però se noi consideriamo la relazione derivato dell’intersoggettività, allora creiamo due pilastri, due monoblocchi, che interagendo tra loro danno la relazione; se parliamo di relazione, la soggettività deriva dalla relazione e non è più qualcosa Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 39 di fisso, perché altrimenti corriamo il rischio di tornare ad una visione individualista dell’essere, che forse contrasta con l’epistemologia di tipo socio-relazionale. Ciò detto rimedio a una mancanza vi porto i saluti della Facoltà di Medicina che augura a tutti quanti noi un ottimo lavoro. Passo la parola al Prof. Nardini per la presentazione del prossimo relatore. 40 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton “Innovazione ed integrazione nell’offerta dei servizi territoriali sanitari e socio-sanitari” relazione magistrale a cura di Massimo Campedelli Coordinatore Laboratorio Epidemiologico di Cittadinanza Negri Sud Grazie di questo invito, grazie alle ACLI, con cui da tanti anni ci si conosce. Anch’io ho a che fare con le ACLI della Lombardia, del Patronato nazionale e così via. Stavo cercando un po’ di rappresentarmi in quale situazione ci stiamo trovando. C’è una metafora che ci aiuta e mi aiuta ad introdurre la riflessione che vi porto: è quella di un treno. È come se noi fossimo su una carrozza, in uno scompartimento di una carrozza, in cui ci sono persone che da anni condividono linguaggi, percorsi, storie. Questa carrozza è attaccata ad un treno. Il treno è quello della Regione Puglia che ha iniziato qualche anno fa a mettere mano alla legislazione sanitaria e sociale, a rivedere la sua programmazione, il piano delle politiche sociali, il piano sanitario e così via. E poi c’è la rete ferroviaria. Su questa rete ferroviaria stanno sistemando e modificando i tragitti, gli svincoli e gli snodi. Cito due elementi: la manovra Tremonti e le prospettive indicate dal Ministro Sacconi con il “Libro Bianco”. Ora, nel ragionare su integrazione e innovazione del sanitario e del socio-sanitario, lo sforzo che dobbiamo fare è, appunto, di tener presente che siamo su una carrozza, che c’è questo treno che sta viaggiando e che contemporaneamente sta cambiando, o almeno sembra che stia cambiando, il sistema ferroviario. Ecco, io vorrei darvi questa metafora per collocare le cose che vi dirò. La prima questione di fondo è una velocissima spiegazione di ciò di cui stiamo parlando: integrazione sociosanitaria, integrazione tra sociale e sanitario, insomma integrazione. Bene, mi pare, come è stato già ribadito, che sia una di quelle parole, quasi un mantra, Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 41 nella evoluzione delle Politiche Sociali e Sociosanitarie e del welfare del nostro Paese e non solo. A volte ci si dimentica che il punto di riferimento di questo termine è dentro la Costituzione, è nella lettura coordinata degli articoli fondamentali della Costituzione, dei diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione. Poi, c’è stata l’evoluzione, la riforma sanitaria, c’è stata la Legge 180, le ulteriori riforme sanitarie, la 328 e i decreti attuativi, e così via. Ecco, noi stiamo dentro questo percorso. Ma su questo percorso, dove poi approfondiremo meglio il termine “innovazione”, c’è un elemento che si colloca in maniera molto forte rispetto al tema di oggi. Il mondo della psichiatria, comunque lo si voglia definire, è costitutivamente, almeno dalla Legge 180 in poi, un contesto di integrazione e innovazione. Le cose che sono state dette stamattina ci danno questo immediato sentore. Quindi, la psichiatria parla a pieno titolo di innovazione e di integrazione. E le pratiche psichiatriche sono state di riferimento anche per altri comparti, per altri pezzi del nostro sistema di welfare sanitario e socio-sanitario. C’è un punto, però, da tener presente: se io analizzo i processi di programmazione regionale e i processi di programmazione integrata territoriale, spesso è come se la psichiatria fosse un po’ avanti e un po’ a lato. Cito un esempio: il piano socio-sanitario integrato dell’Emilia Romagna 2008-2010. Alla fine del 2009 è stato pubblicato il Piano di salute mentale dell’Emilia Romagna. Come dire, la psichiatria sta dentro, ma c’è una tensione costante tra questa capacità di anticipare e questa difficoltà di stare dentro l’integrazione complessiva del sistema dei servizi e della programmazione che c’è alla base. Sta dentro la logica del territorio, del sociale, del mondo normale e della quotidianità, ma il sistema della rete dei servizi psichiatrici è come interno, non è completamente integrato. Tanto per chiarirci su cosa vuol dire integrazione, noi sappiamo che ormai in tutte le leggi e i decreti, più o meno con linguaggi molto simili in tutte le programmazioni regionali, si parla di quattro tipi di integrazione: integrazione istituzionale, quando gli enti -Comuni, Regione e ASL- trovano il punto di incontro per lavorare insieme; l’integrazione gestionale, ovvero come organizzare sistemi di servizi integrati; integrazione professionale, su come lavorare insieme tra figure sociali, sanitarie ed educative; infine, integrazione comunitaria, ovvero come mettere insieme con tutto questo anche gli attori che operano sul territorio. Allora l’integrazione, da questo punto di vista, per definizione è sperimentazione, è ricerca. Non si fa integrazione se non si ha un approccio, come dire, non di definizione di confini ma di accettazione. Tu, Luigi, prima parlavi del ponte e della linea, bene di scavalcamento: l’integrazione è un lavoro di transfrontalieri, di chi parte da un paese e va a lavorare nell’altro. -Le ACLI di Como ne sanno qualcosa con i lavoratori che vanno in Svizzera, e ultimamente anche viceversa, prima di questa ultima pesante crisi.- Allora, integrazione è lavorare sui confini, ma questo vuol dire un grande sforzo di ricerca e sperimentazione, anche culturale. Questo impegno, questa ricerca, questa riflessione, questo stare a cavallo e a scavalco, vuol dire anche assumere il fatto che non ci si può accontentare di dire chi sono quelli che partecipano, chi deve fare che cosa, quali sono le figure che devono partecipare a fare i 42 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton servizi, quali attori della comunità devono essere coinvolti. Certo, ogni tanto, bisogna dare dei punti fermi, ma bisogna capire che i punti fermi servono per ripartire, non per fermarsi. Provate a pensare da quanti anni noi ragioniamo sull’integrazione tra sociale e sanitario, e quali sono le asimmetrie profonde che tengono separati sociale e sanitario. Tre esempi banali. Il sistema di organizzazione: non so come andrà a finire con le ultime manovre del Governo, ma si spinge affinché i Comuni si aggreghino e lavorino insieme: solo così possono fare alcune cose, appunto il sociale integrato. Ma dall’altra parte abbiamo un sistema sanitario che ha una struttura verticale: la Regione, le ASL e dentro le ASL la filiera verticale. Ora un sistema è a rete, diffuso, disseminato, l’altro modello è verticistico, è a filiera verticale. Livelli essenziali: noi abbiamo livelli essenziali sanitari, ma non abbiamo livelli essenziali sociali. Salvo poi che nei comuni quando un bambino viene lasciato per strada da qualche parte bisogna metterlo. Possiamo aggiungere altri elementi. C’è questa asimmetria, per cui l’integrazione è questo sforzo, questo continuo andare avanti. E l’innovazione? L’innovazione di che cosa? Chi mi ha preceduto, ha concluso dicendo che noi dobbiamo ragionare sull’evidenza, ma anche sui valori. Allora, se prendiamo sul serio questa cosa, dobbiamo assumere una lettura disincantata di quello che a volte succede. Le nostre politiche di welfare, -non parlo solo della psichiatria, parlo in generale-, sono spesso deficitarie nel dare visibilità alle persone, alla popolazione. Abbiamo fatto una serie di analisi comparate per capire se ci sono dati epidemiologici sul care giver nella Provincia autonoma di Bolzano che non è una zona proprio povera. Non li abbiamo trovati. Siamo andati a cercarli in Emilia Romagna: non ci sono. Siamo andati a cercarli in Toscana: non ci sono. Ora, vi do questo elemento: si stima che in Italia ci siano più o meno 2.600.000 persone invalide, con un 1.000.000 di badanti. Vuol dire che ci sono 1.000.000 di persone prese in cura. Il personale del Servizio Sanitario Nazionale è di meno. Questo milione di operatori “informali” si prendono a carico persone: i propri congiunti, malati gravi, oncologici, persone con disagio mentale grave, persone che hanno demenza, e così via. Ebbene, chi si interroga sulla salute di queste persone? C’è qualcuno che dice che abbiamo qualche dato. Noi abbiamo provato a cercare, a parte la letterature straniera, e una delle poche ricerche disponibili è una ricerca del CENSIS di circa dieci anni fa, che stima che il care giver che ha un congiunto con demenza, in genere usa più psicofarmaci, ha stati d’ansia e di stress molto alti, ha tassi di morbilità più alti, e anche, tassi di mortalità più alti. Bene, sembra quasi che il nostro welfare di queste persone, in quanto attori forti e principali, non se ne occupi. Chi da legittimità e riconoscimento a questo sapere? Cioè il sapere di chi riesce a permettere a qualcuno di stare a casa, di poter avere quella residua autonomia, di insegnare come si posiziona un bicchiere perchè uno non debba chiamare altri per ottenere un goccio d’acqua. Ecco, a questo sapere, chi da legittimità e riconoscimento? Ritengo abbiamo qualche difficoltà nella capacità di riconoscere i diritti. E a volte abbiamo qualche difficoltà sulla reiterazione di quello che facciamo; cioè, noi siamo abituati a produrre e a riprodurre le logiche dal punto di vista dell’offerta, non dal punto di vista del bisogno. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 43 Innovare significa mettere in discussione questo. Questa è la proposta. Ma innovazione è, di nuovo, ricerca. E io credo, che ci siano tre parole chiave che ci possono aiutare: evidenze, diritti e sperimentalità. Evidenze: si è parlato già prima delle evidenze; cioè, trattamento cauto delle evidenze, non perché le evidenze non servano, ma perché le evidenze devono essere collocate dentro un disegno, dentro una proposta. Sta crescendo, da parte di ricercatori ed epidemiologi, una critica epistemologica alla medicina basata sull’evidenza, ma non è questo l’importante. L’importante è avere delle evidenze dentro a dei disegni, dentro delle strategie. Cioè l’evidenza può essere definita una prova, ma può essere definita anche un elemento a sostegno di un’ipotesi. Se l’innovazione è ricerca, noi abbiamo bisogno di farci delle domande, di costruire delle ipotesi. Dobbiamo avere informazioni efficaci da queste ipotesi e dobbiamo usare in modo appropriato queste informazioni. Abbiamo delle informazioni, abbiamo le capacità di raccontare, di narrare, dobbiamo trovare il modo per rendere tutto questo comprensibile. Dobbiamo saper usare l’evidenza. Il secondo termine è quello dei diritti. Qualche giorno fa leggendo la newsletter della BBC -non so se i giornali italiani lo hanno riportato- c’era la notizia che un’industria farmaceutica, che produce farmaci essenziali, ha deciso di non fornirli alla Grecia, perché la Grecia, sulla base delle misure per salvarsi dal default, ha tagliato del 25% il riconoscimento economico di quei farmaci. Bene, sono farmaci essenziali. Allora, noi abbiamo un sistema di diritto - le fonti statali, sovrastatali, il diritto internazionale- ma poi abbiamo anche degli altri diritti, la lex mercatoria, per esempio, che è antecedente anche al Diritto degli Stati e degli organismi internazionali. Questi livelli di diritto sono interconnessi, si rapportano, interagiscono. Noi che conosciamo bene cosa vuol dire Terzo settore, sappiamo che per esempio l’obbligo delle gare in Italia, e l’affidamento dei servizi sociali attraverso gara, avvenne perché la Comunità Europea decise di vincolare tutte le transazioni economiche attraverso il principio di concorrenza. Per esempio: così come avveniva nei primi anni novanta si ricorreva a gara per affidare l’asfaltatura delle strade, allo stesso modo si doveva applicare il principio di concorrenza alla gestione dei servizi. Di conseguenza è accaduto che tantissime cooperative sociali, da un giorno all’altro, in pochi mesi, si sono trovate a dover gestire servizi in affidamento attraverso gare. Ora cosa centra l’asfaltatura delle strade con l’educativa di strada, passatemi questo collegamento per i ragazzi a rischio. Dal punto di vista del principio di concorrenza sono identiche anche se si tratta di mondi diversi, di concezioni diverse. Questo diritto cresce e si sviluppa, ma soprattutto noi non sappiamo e non abbiamo mai definitivamente la certezza che questo diritto, che è l’idea dell’uomo su se stesso, venga interiorizzato, venga soggettivizzato in modo adeguato. Il diritto bisogna collocarlo, bisogna farlo parlare, bisogna inserirlo dentro un’idea di progetto. E ritorniamo al discorso della ricerca e del progetto. Allora, il diritto è una barra per il progetto, è un’indicazione, è la bussola che ci aiuta ad andare avanti. Il terzo termine è quello della sperimentalità; io non so se è il termine più adeguato, ma ci stiamo discutendo. Forse ci sono altri termini più brillanti. Sperimentalità che cosa vuol 44 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton dire? Vuol dire farsi le domande giuste, vuol dire interrogarsi per cercare di capire quello che serve, quello che noi facciamo, se serve per l’autonomia o serve per la dipendenza, se serve per elementi di appropriatezza clinica assistenziale e magari condizionata dai vincoli di bilancio, se serve per dare risposte adeguate o se serve per ridurre la spesa. Questo approccio, queste domande, valgono per tutti i comparti del welfare, valgono per la sanità e per l’assistenza o no? Certo, se oggi analizziamo quelli che sono i capisaldi della manovra appena varata dal Governo, io credo che il sociale sarà molto più penalizzato di quanto lo sia il sanitario nel breve termine. Si parla di un miliardo su cento miliardi di euro di riduzione del fondo sanitario nazionale. Detto questo, però, a livello territoriale, a livello comunale e così via, il sociale è molto più sotto pressione. Bene, queste differenze che cosa hanno a che fare con l’approccio e con le idee e le prospettive che abbiamo noi? Ci sono differenze di scala nella valutazione e nella verifica delle politiche che stiamo facendo? Non c’è dubbio. Se andiamo a vedere le modalità di valutazione che a livello comunitario hanno fatto delle politiche comunitarie, cogliamo un’analisi discutibile, ma che certamente c’è. Se andiamo a vedere la valutazione delle politiche a livello territoriale qualche dubbio viene. La programmazione che facciamo, quanto è informata dalla valutazione? Quanto nei Piani di zona che si rinnovano si tiene conto dei risultati della programmazione precedente? Ma anche nella programmazione regionale, quanto si tiene conto della precedente? E quali sono i criteri di valutazione? L’effettività dei diritti richiede indicatori e misure che abbiano come protagonisti diretti o no le persone? Mi pare che stamattina sia risultato evidente. La caratteristica di strategia e i criteri di utilizzazione degli indicatori devono essere coniugati con la flessibilità. L’effettività dei diritti è l’unico indicatore delle qualità di un progetto di salute? Io penso di sì. Una logica di uso intensivo di misure-indicatori dell’effettività dei diritti deve essere considerata prioritaria e obbligatoria in una società che vuole, nella sostanza, essere democratici? Io non so se per voi sono domande retoriche oppure no, ma in queste domande ci giochiamo una partita grossa che ci riguarda. Dipende dal punto di vista dell’organizzazione delle risposte, le conseguenze che le risposte possono avere. Perché sperimentalità significa attivare una risposta che nella sua costruzione contenga gli elementi di verificabilità, ovvero di evidenziazione della corrispondenza o meno a quanto ipotizzato in termini di obiettivi raggiunti o non raggiunti. Una sperimentazione è tale se riesce a produrre valore aggiunto sia in termini conoscitivi che di modalità operative, di sapere e saper fare. Il fallimento, quindi, è tale solo se esso non produce alcun che di nuovo in termini, per l’appunto, di sapere e saper fare. Tutto questo che cosa significa per il welfare pugliese? Non c’è dubbio: se noi confrontiamo i principi davvero convergenti, tra la legislazione sociale della Puglia, il Piano Regionale delle politiche sociali, il piano sanitario e la legislazione sanitaria della Puglia, c’è una sostanziale convergenza tra i due piani. D’altra parte sono gli stessi uffici. Molti attori sono i medesimi e così via. E c’è una forte convergenza su questa idea dei diritti, delle evidenze e della sperimentalità. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 45 Il sociale ha stabilito il piano sociale delle proprie finalità e ha sostenuto: che siamo entrati in una nuova fase, abbiamo costruito negli anni precedenti le basi normative, strategiche e metodologiche. Il sanitario sostiene: noi vogliamo fare una politica per la salute che sia di promozione della partecipazione della comunità, che garantisca azioni efficaci e sostenibili, che le programmazioni, anche quelle territoriali, siano orientate in modo coerente e che siano garantiti i livelli essenziali di assistenza. Qual è il quadro sociale dal punto di vista del Piano Regionale sociale che viene descritto? Qui torniamo ai punti dolenti: forte squilibrio nella distribuzione interprovinciale dei servizi e delle strutture, carenza di strutture a ciclo diurno, evoluzione ancora molto lenta verso tipologie innovative di strutture e servizi per l’accoglienza e l’inclusione sociale dei soggetti fragili. Le scelte concrete, secondo il piano delle politiche sociali, hanno evidenziato una politica orientata alla continuità dei servizi tradizionalmente avviati negli anni precedenti alla riforma del welfare regionale, poco inclini a sperimentare azioni e politiche di intervento in aree di bisogno non tutelate da specifiche normative di settore. Le ASL pugliesi hanno scelto di essere molto selettive nell’allocazione delle proprie risorse, di scarsa rilevanza sembra l’attenzione riservata all’area della salute mentale. La dichiarazione di un cofinanziamento da parte delle ASL ha assunto, spesso, più che altro un carattere figurativo. E cosa dice lo scenario che emerge dal piano sanitario? Debolezza strutturale dei consultori, sovrabbondanza e bassa qualità della rete ospedaliera, fragilità del sistema di prevenzione e risposta alla violenza sulle donne, fatica nell’avvio della razionalizzazione della sanità penitenziaria, necessità di riorganizzare i distretti sanitari, disallineamento tra domiciliare assistenziale e domiciliare sanitario, disomogeneità nella presenza di Unità di valutazione multidisciplinari e nell’attivazione di Porte Uniche di Accesso (PUA), sottoutilizzo dei posti letto nelle RSA, necessità di maggiore appropriatezza nelle prescrizioni farmacologiche, necessità di integrazione tra la visione di governo politico-clinico e di quello della cittadinanza attiva. E poi, ci sono le priorità strategiche che già conoscete. E il contesto della psichiatria? Secondo il Piano Sanitario, è fondamentale sviluppare la salute mentale di comunità, che stimoli il protagonismo dei pazienti e dei familiari, che punti sulle risorse umane dei volontari e non professionisti, che sviluppi una reale integrazione con i servizi socio-sanitari. A fronte dell’incremento delle richieste di intervento, dell’aumento epidiemologico del disagio psichico, si rendono necessarie azioni di verifica sulla situazione epidiemologica e sulla congruità dell’assetto dei servizi rispetto ai bisogni rilevati. Bisogna seguire i processi di cambiamento che sono stati attivati, serve un concorso di più professionalità per un’azione complessiva multiprofessionale e multidimensionale, il sistema di servizi a rete, la continuità dell’assistenza e delle finalità riabilitative, il rifiuto di logiche istituzionalizzanti di segregazione, i programmi riabilitativi individualizzati, il ridimensionamento delle residenzialità a vantaggio della territorialità nella domiciliarità. 46 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton Bene, ma quali sono, sulla base di quali dati, di quali informazioni, di quali evidenze si dice questo? Io personalmente sottoscrivo quanto è stato stabilito, almeno come linea di principio. La domanda è: ma su quali basi il sistema pugliese sta lavorando e ha lavorato per stabilire i propri obiettivi? Si citano i dati dell’OMS, ma non si citano altri dati: il Piano Sanitario era precedente. Per esempio quello del Progetto PASSI sugli stili di vita dove emergono alcuni dati più o meno gravi sul disagio psichico in Puglia. Ma i dati propriamente pugliesi? Nel piano delle politiche sociali si citano una serie di dati pugliesi, sono dati sociali e la domanda è: se circa il 6% dei minori in Puglia è a carico dei servizi residenziali in affido, i genitori di questi bambini hanno o potrebbero avere a che fare con il disagio psichico? Ci sono state 57.000 domande di assegno di cura. Se si calcola che una famiglia su 10 ha una persona disabile e che il 60% delle famiglie con disabili hanno un care giver è evidente che un normo dotato si prende cura di un disabile. Qualcuno conosce o sorveglia lo stato di salute di queste persone? Nel mondo delle donne che subiscono violenza, quale disagio psichico dei maschi e a volte delle vittime, magari consequenziale, si nasconde? Guardiamo i comportamenti del disturbo alimentare: sappiamo dare una profilo di questo territorio? aNelle cartelle cliniche di chi fa uso di alcool e di doghe o nelle storie di immigrazione, qual è il carico di disagio psichico che emerge? Invece abbiamo molti dati sull’offerta: sappiamo che i Centri di Salute Mentale sono aperti solo sei ore al giorno, che c’è una grande carenza di personale, un eccesso di strutture residenziali psichiatriche, il budget dei Dipartimenti è insufficiente, scarsa attenzione all’inserimento lavorativo e si stanno riducendo le commesse alle cooperative di tipo B, manca l’assistenza psichiatrica in carcere, c’è un’assenza di alternative abitative alla degenza dei ricoverati negli ospedali psichiatrico–giudiziari e c’è una carenza di posti letto nella neuropsichiatria infantile. E poi disponiamo i dati sulla residenzialità dai quali emerge, per esempio, che dal ’97 ad oggi c’è stata un’impennata di strutture residenziali, ma è anche vero che molte delle persone che sono nelle strutture residenziali sono in genere di provenienza del territorio dove sono collocate queste strutture. Chi sono le persone accolte? Altro dato che emerge da questa ricognizione è che vi sono ridotte dimissioni, di cosa sono indicatore? Lo stesso piano regionale dice che non ci sono dimissioni perché non ci sono servizi sul territorio, non c’è un servizio adeguato o sufficientemente adeguato nel territorio. Allora, davanti a questo quadro, è possibile fare della partecipazione la leva per promuovere il diritto alla salute, anche quella mentale, come ci ha ricordato la Conferenza di Helsinki? In altri termini è possibile superare una comunicazione, un discorso, un dibattito che sia evocativo di comunità, di responsabilità, di sussidarietà, di riabilitazione territoriale, di partecipazione dei pazienti e dei familiari, di coprogettazione, di sperimentazione, insomma, se volete anche di advocacy? Si può fare un discorso che sia efficace? Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 47 Qualche spunto: l’EPASSS, e non solo, ha a disposizione molti dati sulle persone che sono assistite. Oggi, è possibile, attraverso una metodica che chiamiamo epidemiologia assistenziale, ricostruire tramite i dati amministrativi la storia delle persone. Oggi questo è possibile. Si può lavorare sugli eventi-sentinella. Decidiamo quali sono gli eventi-sentinella. Io non sono uno psichiatra ma certamente ci sono fatti che ci danno il segnale, la sollecitazione per capire che qualcosa sta avvenendo. E sui bisogni evasi? Casa, lavoro e così via. Non si parla solo di numeri, queste cose si fanno anche con le storia delle persone, con le narrazioni, sia di quelle prese in carico, sia degli operatori. Secondo: consolidare e promuovere diritti e responsabilità. Qui c’è una partita rilevante. Io non conosco nel dettaglio il sistema di accreditamento pugliese, ho seguito altri modelli di accreditamento, ma il modello di accreditamento diventa determinante perché molti diritti dei pazienti dipendono dal riconoscimento dei diritti dei lavoratori e, quindi, dalle modalità di rapporto tra servizi del privato sociale e realtà regionale, ma nel contempo è anche possibile oggi -perché di fatto i Comuni lo fanno già- stabilire e definire che per i prossimi anni questi livelli essenziali siano garantiti alla popolazione. È vero, la prima obiezione è: ma tu non hai appena detto che un mese fa hanno cambiato il piano finanziario dei prossimi tre o quattro anni? È vero! Ma noi dobbiamo considerare che se i livelli di assistenza sono essenziali, vanno rispettati. Non sono di risulta. Se non fossero essenziali non avremmo bisogno di fissarli. O prendiamo sul serio il termine oppure continuiamo a parlarne in un’ottica quasi retorica. In una continua retorica dell’essenzialità. A livello territoriale questo è possibile farlo; i Comuni lo fanno già per quanto riguarda alcuni interventi: in coda alla Legge 328 sono scritte norme che rimangono in vigore a livello territoriale e, ancora di più, vale per i livelli essenziali sanitari. Il terzo punto di questo discorso è quello di consolidare e promuovere diritti attiene l’advocacy. Il Patronato delle ACLI ha fatto della tutela dei diritti dei lavoratori, dei loro familiari e di tutti cittadini la propria funzione ovvero difendere i diritti dei cittadini, fare un’azione di advocacy. E poi il quarto punto: programmare la sperimentalità, titolo quasi blasfemo. Ci sono tre elementi fondamentali su cui riflettere nelle sessioni parallele. Il primo è il problema del rapporto tra titolarità e governance: bisogna essere molto chiari su chi è titolare della responsabilità nei confronti dei cittadini e sulla corresponsabilità da parte di altri attori nell’affermazione di quella responsabilità. In Toscana con la nascita delle “Strade della Salute”, hanno costituito ufficialmente consorzi tra le ASL e i Comuni dotati di due organi: il primo è il Comitato di partecipazione al quale partecipano i rappresentanti dei cittadini e discutono sull’andamento delle politiche sanitarie, territoriali e sociali; il secondo è la Consulta del Terzo settore a cui partecipano gli Enti che producono servizi. Non sono distanti, non sono mondi lontani, sono differenziati ma complementari. Credo che questa sia una ipotesi: chiarire queste differenze per rafforzare la governance. Secondo elemento è il discorso della coprogettazione. La coprogettazione è un’autostrada che va e che torna. Si può pensare ad una coprogettazione come ad un investimento del 48 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton privato sociale oppure si può pensare al contrario che sia l’istituzione pubblica a chiedere e riconoscere competenze a soggetti non pubblici, ma che possono svolgere una funzione pubblica nel pensare progetti che sono importanti. Le ACLI Lombarde, nel quartiere di Quarto Oggiaro di Milano, insieme alla Regione Lombardia, su richiesta di quest’ultima stanno portando avanti una coprogettazione dove non c’è stato un bando particolare. La Regione Lombardia ha riconosciuto alle ACLI competenze che potevano essere messe a disposizione di Quarto Oggiaro che nell’immaginario milanese è uno dei quartieri più difficili da sempre. Terzo elemento. Nuove partnership: l’impresa sociale. L’impresa sociale è un titolo generale, ma è anche una qualifica stabilita dalla legge. La legge sull’impresa sociale permette, oggi, forme completamente nuove e innovative di partnership tra pubblico e privato e tra attori diversi. Perché non pensare che nel futuro dei servizi territoriali o dei servizi residenziali o dei servizi domiciliari del contesto pugliese non ci possano essere forme di partnership nuove, forti e consolidate tra pubblico e privato, usando anche questa formula? Bene, noi vogliamo costruire un welfare di comunità. Allora permettetemi la battuta finale. Io mi auguro che si possa cominciare a eliminare il sottotitolo -l’ho trovato in una RSA, all’ingresso della residenza delle suore che gestivano la struttura- ACCESSO RISERVATO. Facciamo in modo che ci sia posto per tutti. Grazie. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 49 Andrea Olivero Presidente Nazionale ACLI Rivolgendo un saluto a tutti. Saluto in particolar modo il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, che, nonostante gli impegni istituzionali, ci onora della sua presenza. A lui esprimo la stima e l’attenzione da parte della nostra organizzazione, da parte dell’EPASSS, da parte di tutte le strutture delle ACLI che in questa Regione operano cercando, in un’ottica di sussidiarietà, di andare a implementare lo spazio del Servizio pubblico, andando a offrire a tutti i nostri concittadini delle possibilità vere di crescita comunitaria. Il valore aggiunto di questa giornata è far incontrare l’esperienza altamente qualificata che qui è testimoniata da professionisti di qualità con il cuore di una comunità, con una società civile che ha voglia di includere, che ha voglia di essere partecipe e attenta a tutti. Colgo l’occasione per ringraziare tutti i Dirigenti dell’EPASSS, a partire dal Presidente, che hanno promosso questo appuntamento e rimarcare il nostro impegno. Voglio dire al Presidente Vendola che noi vogliamo proseguire su questa strada e operare come associazione affinché le nostre attività -anche le attività di servizio, attività che promuovano un modello sociale di un certo tipo- vengano fatte, ora e anche in futuro, con questa forte attenzione a creare comunità, con un progetto che aumenti l’integrazione, aumenti questa appartenenza a una società solidale. In questo momento sentiamo forte l’esigenza che questo sia rimarcato. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 51 Nichi Vendola Presidente Regione Puglia Caro Andrea e cari amici, è un momento di particolare drammaticità. Il passaggio che vive l’Europa e non solo l’Italia rischia di schiantare le culture, gli orizzonti, le utopie che hanno visto nel corso di 100 anni immaginare questo come il continente capace di impastare -come si impasta la farina con l’acqua- i diritti sociali, i diritti di libertà e i diritti umani. La crisi ha la forza e la violenza di uno tsunami. Ottanta milioni di poveri sono la triste aritmetica di un’Europa che non se ne occupa, se non nelle chiacchiere dei burocrati, venti milioni di bambini sono in area povertà in Europa. L’Europa è questa cosa metaforica che fa documenti spettacolari, tipo “Europa 2020” in cui si afferma che bisogna ridurre la povertà di 20 milioni di unità. Poi, la stessa Commissione, che si bea di questi proclami, diciamo così, a forte contenuto sociale, approva le manovre finanziarie dei governi d’Europa che hanno nella propria pancia tanta di quella povertà che moltiplicheranno i fenomeni di marginalizzazione e di criminalizzazione delle povertà e dei poveri. Stiamo tornando a una condizione di arcaica modernità, quella per la quale si lotta contro i poveri e non contro la povertà. Qui in Italia dobbiamo decidere che paese siamo. Dobbiamo farlo scuotendo le fondamenta dell’Europa perchè dobbiamo decidere che continente vogliamo essere. A me è capitato di avere l’incarico di concludere, a Bruxelles qualche giorno fa, per conto delle istituzioni comunitarie, un convegno sulla povertà. L’Europa è nata fondamentalmente da una propensione a liberarsi da questa scena abitata dai bambini poveri di cui parlavano Charles Dickens in “Oliver Twist”, o Victor Hugo ne “I miserabili”. L’Europa è nata e l’europeismo è diventato una proposta attrattiva perchè era una specie di Stato di diritto sociale. Oggi il punto è quello di un regresso, netto, radicale e aspro. Badate: voi pagherete immediatamente le conseguenze di questo clima, vorrei che fosse chiaro. Primo perché tutto quello che abbiamo imparato sul fatto che le persone non Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 53 sono dei problemi, ma delle risorse, sono chiacchiere. No, le persone non saranno più qualunque persona: un disabile, un vecchio, un bimbo marginale, un tossicodipendente, un alcool dipendente. Quello che abbiamo imparato in questi anni lottando contro l’emarginazione, contro l’idea che la sofferenza mentale potesse essere affrontata con il contenimento psichiatrico, con la segregazione in una forma doppiamente punitiva del dolore e dell’alienazione, sono chiacchiere. Torneremo a quel punto. Voi sapete che anche in Italia la tentazione di riaprire i manicomi è tornata senza più vergognarsi delle proprie argomentazioni. Noi oggi dobbiamo sapere che lo sguardo sulle periferie, per esempio sul tema della dispersione e della mortalità scolastica, è uno sguardo chiuso, accecato; noi oggi dobbiamo sapere che le famiglie, per esempio quelle numerose, stanno ruzzolando drammaticamente. Lo dico a te, Andrea -con tanto affetto- perché questo dovrebbe essere il momento adeguato per richiamare in campo i soggetti del Family-day. Le parrocchie -sul territorio sono gli unici termometri organizzati di quello che sta accadendo- ci raccontano di come si moltiplica in maniera esponenziale l’area delle povertà, delle nuove e delle vecchie povertà che si intrecciano. È curioso che, se non ci fosse la Caritas in Italia, non avremmo un quadro ricognitivo serio per discutere di migranti. È curioso che il Terzo settore, oggi, è il vuoto a perdere che cerca in qualche maniera di surrogare uno Stato interamente latitante. La tendenza di un secolo che per me è stato anche glorioso era quella di immaginare il pieno esercizio dei diritti di cittadinanza e quindi un modello di società inclusiva, oggi stiamo rapidamente regredendo ad un modello di società escludente, penalizzante per chi è già penalizzato. Penso che siamo dentro il seguente paradigma: uno Stato che è garantista con i garantiti e giustizialista con quelli già giustiziati dalla vita e dalle loro condizioni sociali. Il punto è molto serio. Abbiamo accumulato saperi, abbiamo fatto percorsi, intrecciato esperienze. Ma dove siamo? Siamo tutti risucchiati in un gigantesco cono d’ombra. Forse il senso generale di quello che il Terzo settore rappresenta rischia di botto di smarrirsi; forse noi ci siamo dimenticati di prendere lo Stato per la giacca, di scuoterlo per ricordare i fondamentali, che non sono solo le virtù civiche dei singoli cittadini ma sono i doveri di solidarietà, sono il tema delle politiche che consentono ad ogni uomo e ad ogni donna di poter dare valore alla propria esperienza esistenziale. Dobbiamo reagire, non dobbiamo arrenderci. Chiedo scusa per il tono particolarmente angosciato perché se faccio i conti praticamente devo dichiarare che sono diventato l’amministratore fallimentare della Regione, come tutti i Presidenti di regione d’Italia, sono amministratori fallimentari delle loro Regioni. Nel migliore dei casi saremo super amministratori delle ASL che a loro volta saranno tutte commissariate. Non abbiamo più margini di spesa, abbiamo il bilancio autonomo completamente prosciugato. Io dovrei inaugurare 30 strutture del “Dopo di noi” che riguardano le persone disabili e probabilmente taglierò il nastro e poi ordinerò la chiusura della struttura perché non ci sarà più un euro per gestire queste strutture. 54 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton Non so se è chiaro quello di cui si parla, i trasferimenti per il trasporto pubblico locale, per i servizi sociali, per le politiche ambientali non ci sono più. Noi abbiamo avuto trasferiti dallo Stato importanti poteri e competenze con le famose Bassanini. Le Bassanini che ci trasferivano queste competenze, a oggi, sono per la prima volta completamente de-finanziate. Vorrei condividere con voi non una fuga dai miei doveri ma un dolore vero. È vero, quando c’è la crisi bisogna stringere la cinghia, però non bisogna stringerla attorno al collo delle persone che stanno già soffrendo. Quando c’è la crisi forse bisogna fare dei sacrifici distribuiti equamente; forse è il momento in cui possa pagare l’Italia dei “Briatore” e un po’ meno l’Italia di chi ha sempre già pagato. E’ forse il momento in cui si spieghi all’Italia se i sacrifici servono a produrre una nuova stagione di crescita economica per dare speranza alle giovani generazioni. Altrimenti il rischio è che noi alla fine di questa stagione dovremo ricordare che ci fu un tempo meraviglioso nel quale avevamo pensato che la lotta contro il disagio mentale era lotta contro la produzione sociale di miseria mentale. No, ci eravamo sbagliati, torneranno i farmaci a parlare al posto nostro. Grazie. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 55 Giuseppe Ardito Presidente E.P.A.S.S.S. Cari amici e amiche, avvio la seconda parte del nostro Convegno e da aclista rivolgo affettuosamente un saluto al Presidente nazionale delle ACLI Andrea Olivero, a Pierpaolo Napoletano Responsabile Nazionale sviluppo associativo delle ACLI, al Presidente regionale delle ACLI Gianluca Budano e al Presidente Provinciale delle ACLI, Vincenzo Purgatorio. Saluto il dott. Saccotelli che coordinerà i lavori in questa seconda sessione e un abbraccio particolare a tutti coloro che hanno permesso la realizzazione di questo appuntamento -dalla Giunta, dal Consiglio di amministrazione dell’EPASSS e a tutta la Presidenza del Consiglio provinciale delle ACLI- soprattutto abbraccio lo staff della Direzione generale dell’EPASSS, con i quali ho condiviso questa straordinaria esperienza umana e di impegno ideale e politico negli ultimi tre lustri. Molte volte in questi anni con Antonio Antonucci, ora in un’altra dimensione, e Luigi Campanale, nelle loro diverse responsabilità, abbiamo cercato di tenere fede a quella intuizione che tre dirigenti provinciali delle ACLI di Bari, Giovanni Intini, Nicola Occhiofino e Pasquale Altamura e due grandi professionisti, Donato Lorusso e Michele Buttiglione, avevano individuato come terreno di impegno delle ACLI baresi a favore degli ultimi tra gli ultimi. Molti sono stati i tornanti che abbiamo superato in questi anni sempre difficili e complessi, impegnati in un miglioramento continuo della qualità del nostro lavoro, ma soprattutto aperti alla sfida della costante innovazione necessaria per rispondere alle priorità ideali, politiche, culturali, scientifiche e umane: la sfida della domanda di salute mentale da parte dei malati, delle loro famiglie e del contesto sociale in cui erano inseriti. Questo Convegno, che abbiamo immaginato tecnico e politico insieme a dimostrazione dell’impossibilità di scindere i due aspetti, è un ulteriore segnale che lanciamo a noi stessi che non siamo mai appagati, che non ci sentiamo mai arrivati ma siamo sempre pronti a intraprendere un viaggio, che anche Antonio segue da un altro binario. Oggi questo viaggio ci mette di fronte a un nuovo cantiere per costruire la salute menConvegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 57 tale in Puglia. Un cantiere aperto in cui la presenza dell’EPASSS vuole essere una risorsa per tutti. Un cantiere costruito con spirito aperto al confronto e alla collaborazione di tutti i soggetti che hanno come priorità la salute e il benessere dei cittadini e cittadine di Puglia. Come affrontare gli scenari articolati e complessi che ci sono di fronte? Come coniugare innovazione e valori, integrazione e sussidiarietà, partecipazione attiva dei corpi intermedi e senso delle istituzioni? Questa è la sfida del futuro. Su questi temi rimando alla riflessione dell’amico Pasquale Leccese, vice presidente dell’EPASSS, che ringrazio per la collaborazione assicurata in questi 15 anni. Grazie. 58 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton Andrea Olivero Presidente nazionale ACLI Grazie per questa occasione di incontro e per la modalità con cui è stato gestito. Mi rendo conto che era importante modificare alcuni assetti ma credo che le persone che sono qui presenti in sala siano tra coloro che in assoluto sanno modificare gli assetti a seconda delle circostanze. Credo che davvero voi abbiate quella sensibilità che ci rende la vita per certi versi più difficile e per altri più facile perchè la sappiamo prendere, la sappiamo appunto affrontare per quella che è e sappiamo coglierne gli elementi positivi anche tra le difficoltà. Un Convegno, quello di oggi, cui ho dato molto volentieri la mia adesione, non solo con la partecipazione ma anche con la convinzione che qui si giocasse una parte importante della riflessione delle ACLI sul loro ruolo, perché come ricordava il Presidente Ardito, qui non si gioca solo sul discutere le soluzioni migliori a fronte dei problemi che ben conosciamo, ma invece si vuole insieme riflettere, da un punto di vista tecnico e politico, su quale è la modalità più corretta per la nostra società per venire incontro alle esigenze di una parte di cittadini che hanno determinate problematiche. Questo è il tema che non può essere segmentato e lasciato agli esperti, anche se tutto oggi sembra incanalarsi in questa maniera. Sempre di più, con l’avanzare delle conoscenze sia in ambito medico che in tanti altri settori noi stiamo segmentando e specializzando gli ambiti di azione; ma così facendo rischiamo spesso di dimenticare la responsabilità collettiva. Rischiamo di dimenticare che l’accoglienza e l’integrazione non sono questioni riguardanti solo le istituzioni e coloro che possono far molto in quanto esperti. Sono invece una responsabilità collettiva, della comunità. Responsabilità di tutti noi cittadini che in qualche modo ci dobbiamo fare carico, se vogliamo essere pienamente cittadini, di andare a costruire le basi di una comunità solidale. Ed è per questo che vorrei introdurre un elemento di ottimismo a fronte delle tante note così cupe che ha presentato il Presidente Vendola quest’oggi, perché se è vero che forse, anzi siConvegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 59 curamente, non stiamo attraversando un momento facile per quanto riguarda le casse delle nostre Regioni e dei nostri Stati, è vero altresì che noi possiamo e dobbiamo non arrenderci e trovare il modo all’interno della nostra società di andare a convogliare energie affinché quelli che sono i progetti che stiamo portando avanti, che l’EPASSS sta portando avanti, che altri soggetti con noi portano avanti, rimangano e, anzi, crescano. Qui c’è un tema più generale che io vorrei che avessimo tutti presente come scenario: questa maledetta crisi, che poi si ripercuote sui soggetti che sono nelle condizioni di fragilità, è una crisi che è innanzitutto di senso, che ci porta a interrogarci su qual è per noi il “ben-essere”, qual è lo sviluppo -termine tanto utilizzato nelle nostre società occidentali- che effettivamente può condurci verso la felicità, verso una condizione migliore. Se noi continuiamo ad interpretare la realtà con gli occhi della società che ha prodotto i guasti e non riusciamo a cambiare i paradigmi del nostro mondo, difficilmente affronteremo con un’attenzione sufficiente le tematiche che quest’oggi vogliamo affrontare. Noi dobbiamo fare sì che ogni persona, a prescindere dalle problematiche che può vivere socialmente per le cause più varie, sia integrata e abbia una sua possibilità di piena realizzazione di sé. Questa è la modalità per vivere tutti meglio. Ebbene se non partiamo da questo presupposto come concetto di sviluppo, se lo sviluppo non è lo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini -per citare la “Populorum Progressio” testo fondamentale della Dottrina Sociale della Chiesa- difficilmente faremo dei passi in avanti e usciremo da questa crisi. Allora il ragionamento dell’incontro odierno tecnico e politico insieme, rappresenta per le ACLI un passaggio, perché le ACLI si rendano conto sempre più che noi avremo ragion d’essere soltanto realizzando esperienze che hanno, da un lato la concretezza di quello che voi state facendo, e dall’altro la strategia culturale e politica di indicazione di quale polis, di quale cittadinanza noi vogliamo insieme. Le ACLI vivono non solo per l’aggregazione ma anche per la modalità con cui riescono a costruire i propri servizi, a dare senso alle loro imprese sociali, a caratterizzare la loro presenza all’interno della società in maniera qualificata e preparata. Vi sono poi dei particolari nodi strategici che ci stanno a cuore nella giornata odierna: da un lato rimarchiamo la necessità che si vadano a porre in essere degli elementi che facciano si che sempre più le questioni che ci stanno a cuore stiano tra i diritti dei cittadini e che le politiche per l’integrazione, per la salute e tutto ciò che dà dignità alla persona, rientri tra i livelli essenziali che sono così importanti, perché ci danno spazio anche come società civile, per poter poi andar a combattere le nostre giuste battaglie per il riconoscimento di ogni persona. Se non vi è il quadro di riferimento, il nostro lavoro è in gran parte vano e non riesce ad aver appigli specifici. Pertanto su questa linea noi andiamo avanti -e oggi più che mai- nell’ambito del disagio e della malattia mentale. Ribadiamo che se continuano a persistere le disuguaglianze mostruose esistenti all’interno del paese si devono stabilire degli elementi oggettivi rispetto ai quali non ci possono essere cittadini di serie A e B. E ancora: la centralità della cura della salute mentale nelle po60 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton litiche dell’integrazione socio-sanitaria, con tutti i risvolti anche a livello socio-assistenziale. L’integrazione che più volte è stata proclamata ma che nel concreto fatica a venir fuori. Quell’integrazione è uno degli indici veri della qualità. In tema di integrazione, invece, riscontriamo scarse attenzioni da parte delle nostre amministrazioni. E ancora: l’attenzione al dimensionamento dei servizi territoriali e al pluralismo nelle realtà locali. Le ACLI come soggetto del Terzo settore, più di altri, si rendono conto che il legame con la comunità è decisivo per le risposte. Un modello di costruzione dei servizi che non tenga conto delle specificità territoriali e che sia volto esclusivamente a una armonizzazione di quelli che sono i criteri di spesa, in molti casi, non ha alcuna efficacia. Dobbiamo essere concreti su questo e, ancora, io credo che nell’ambito del ragionamento vada rimarcato qual è il giusto ruolo del Terzo settore che si spende in tanti ambiti a fianco delle persone in condizione di malattia mentale e anche in molti casi con le famiglie per evitare lo stigma che spesso segna le persone e gli stessi nuclei. Noi come Terzo settore non vogliamo essere meri esecutori di politiche da altri determinate. Il che non vuol dire che chiediamo di essere autonomi, di non essere controllati, vigilati e pronti a raccordarci profondamente con le politiche pubbliche. Lungi da noi l’idea di andare ad assommare responsabilità che sono di altri che hanno, appunto, le competenze specifiche. Noi non siamo utili come meri esecutori, perchè in quella veste noi manifestiamo talvolta più affanni e fatiche di altri, anche se ci stiamo attrezzando e cerchiamo sempre più di essere professionalmente rigorosi e attenti. Ma noi siamo, invece, capaci di rappresentare un di più nella misura in cui siamo messi a parte della pianificazione, in cui siamo considerati come un soggetto in grado di andare a creare un ponte tra le strutture, tra le istituzioni, le famiglie, i singoli cittadini, i territori e altri soggetti sociali. È questa la nostra potenzialità e io vi spingo ad avere il coraggio di affrontare in questo modo le cose. Questo comporta da parte nostra, del Terzo settore, di fare di più e meglio il nostro lavoro, di non andare a giocare soltanto sui tavoli della contrattazione, laddove si discute delle cifre -che è un compito ingrato ma necessario per tutelare i lavoratori e per qualificarli- ma comporta di andare, come oggi, a riflettere, pianificare, pensare a quello che è effettivamente il nostro specifico. Interrogarsi su quali compiti noi possiamo svolgere, che altri non possono svolgere. Infine qualche nodo politico per il prossimo futuro: va rimarcata la necessità di una difesa dello spirito della Legge 180. Sembra scontato in questi ambienti, dove si condivide un processo, che sia una conquista di civiltà, ma non lo è nel nostro Paese. Non lo è perché in molti casi una cattiva stampa e una cattiva informazione non perdono occasione, la dove ci sono drammi, di soffiare sul fuoco, di dare interpretazioni falsate di quella che è la realtà. Non lo è perché purtroppo, dopo la Legge 180, ci sono stati tanti tradimenti e tante famiglie si sono ritrovate sole; tante amministrazioni locali non sono state messe in condizione di rispondere alle esigenze che comparivano nei territori. A fronte di questo noi non dobbiamo arretrare. Dobbiamo sostenere la cultura e questa è una iniziativa che le ACLI devono assumersi come organizzazione sociale. Un secondo punto è relativo alla necessità che la complessità delle domande di cura Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 61 e assistenza, l’impossibilità di rispondere con schematismi e semplificazioni, non faccia sì che questo tema rimanga solo per gli esperti. Cerchiamo di assumerci insieme la responsabilità. Facciamo in modo che di questo tema si parli, che della malattia mentale si parli serenamente in Italia, che non diventi solo un’appendice della cronaca nera oppure quel sordo chiacchiericcio di cui si è parlato molte volte che massacra le persone e che esclude costantemente. Infine, io credo che una parola vada detta rispetto alla tutela delle professionalità che operano in questo campo. Noi siamo associazione di lavoratori e i lavoratori nell’ambito del sociale in questi anni hanno pagato un prezzo altissimo per la professionalizzazione, perché la richiesta è venuta sempre più forte, e giustamente per molti versi, ma in cambio non hanno ricevuto quasi nulla. Come datori di lavoro ci troviamo in imbarazzo rispetto a questa situazione perchè operiamo in un mercato che non riconosce le professioni sociali per quello che sono. In questo settore noi dobbiamo andare a chiedere che a fronte della professionalizzazione vi sia anche un rafforzamento della dignità dei lavoratori. Soltanto partendo da questa prospettiva possiamo crescere qualitativamente e possiamo dare delle risposte convincenti. Non vogliamo settorializzare, ma la professionalità va valutata per quella che è, bisogna guardare a questi operatori ringraziandoli e sentendoli vicini a noi perché compartecipi di un disegno di società più inclusiva e solidale per tutti. Grazie. 62 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton Giuseppe Saccotelli Past President SIRP – Direttore DSM ASL BT Noi dobbiamo coniugare i diritti e i valori anche con gli aspetti economici di cui ci parlava il Presidente Vendola. E’ un lavoro da fare da parte nostra poiché la frammentazione e la specializzazione, come diceva Olivero, sono dispendiose e sprecano risorse. Ora dobbiamo chiederci: è possibile inventarci dei modelli organizzativi che integrino meglio le risorse fra di loro ed è possibile fare una riabilitazione meno costosa? È possibile riconvertire la residenzialità in interventi leggeri, domiciliari e territoriali? È possibile -unendo le responsabilità, tutte le parti, anche il Privato sociale- metterci insieme e riprogettare gli interventi e cercare delle risorse nel territorio costruendo delle reti insieme? La crisi economica è una tragedia oppure può anche essere un’opportunità, una possibilità di metterci insieme e costruirci un futuro insieme? Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 63 Francesco Lacarra Dirigente Ufficio di Piano del Comune di Bari Buonasera, porto il saluto del Sindaco Emiliano. Senza dubbio gli ultimi interventi hanno qualificato il problema dell’intervento politico che dev’essere fatto per lavorare in una prospettiva di superamento di questa crisi. Noi abbiamo avviato con le ACLI, l’EPASSS e con la ASL un percorso impegnativo su alcune progettualità innovative per quanto attiene una “Casa per la vita” e un Servizio di mediazione per l’inserimento lavorativo, in cui abbiamo messo a sistema una progettualità per parlare di razionalizzazione delle risorse. E lo abbiamo fatto diventare un punto di forza del nostro Piano sociale di zona in cui abbiamo integrato le risorse. Da qualche mese abbiamo avviato un percorso nuovo di gestione delle politiche sociali, anche per il cambio di amministrazione che c’è stato alla ASL, dove, per la prima volta, sono stati avviati dei percorsi di collaborazione profonda nella progettualità del Piano sociale di zona. Eravamo abituati a predisporre un Piano sociale di zona dove si prendevano le schede dei progetti, che erano sui tavoli di ogni singolo funzionario, si assemblavano, si faceva una relazione sociale di base, si consegnava il tutto al Consiglio Comunale che approvava. Questo è stato il Piano sociale di zona nella prima edizione. Abbiamo rivoluzionato questo sistema e abbiamo cominciato a ragionare sui tavoli di lavoro. Il Comune di Bari ha elaborato un Piano sociale di zona impegnativo. Si pensi all’integrazione sanitaria dove abbiamo cominciato con la ASL una serie di percorsi –parlo della PUA e dell’UVM– e, superando tutti gli ostacoli e tutte le burocrazie, abbiamo messo su, con l’ausilio del Terzo settore, gli uffici della PUA e dell’UVM. Per cui adesso a Bari stiamo sperimentando il primo modello di integrazione. Questo si realizza dopo un decennio. Dopo che altre regioni, altre province e comuni hanno sviluppato questo percorso. Il problema importante e la difficoltà che noi abbiamo è proprio quella di metterci insieme, di razionalizzare le progettualità. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 65 Ritornando all’intervento del Presidente Vendola, in un momento di crisi della nostra Regione, bisogna guardare a quello che è stato progettato in questi anni. È stato tutto utile quello che abbiamo messo in campo? Quale utilità ha determinato nella nostra Regione la vecchia programmazione del FSE e del FESR? Vogliamo capire qual è stato l’impatto? Se ci mettessimo insieme, riusciremmo sicuramente a determinare delle economie di scala e il Privato sociale e le strutture sanitarie potrebbero avviare un grande patto, quello di riprogettare il Welfare dei nostri territori. Per quanto riguarda il Comune di Bari avremo delle difficoltà, dobbiamo cominciare a ridiscutere con il Terzo settore e con gli attori locali della progettazione messa in campo magari facendo a meno di qualche doposcuola per fare interventi di sostegno alla famiglia. Bisognerà pensare quali. Probabilmente la famiglia ha bisogno di servizi diversi rispetto a quelli cui abbiamo pensato fino ad oggi. Credo che la salute mentale sia stato un settore che l’amministrazione locale ha tenuto in stand-bay, tranne qualche partecipazione e sostegno a qualche progettualità locale. A Bari abbiamo iniziato ad invertire la rotta, a ragionare mettendo una serie di capitoli importanti in settori quali l’assistenza domiciliare e i Centri diurni. Questi saranno capitoli che, nonostante la crisi, non saranno messi da parte. E da qui dobbiamo ripartire per fare una nuova progettualità e credo che il Comune di Bari sia a disposizione per riaprire un Tavolo di lavoro che possa ridefinire i bisogni dei cittadini. Grazie. 66 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton Nicola Pansini Direttore Generale ASL Bari I soggetti interessati in questo specifico campo hanno una complessità tale che forse possono essere l’emblema di quello che può essere il discorso di integrazione socio-sanitaria. Dal punto di vista personale e sanitario credo che i DSM e i CSM debbano rappresentare un luogo di transito veloce per questi soggetti che, il più velocemente possibile, bisognerebbe cercare di recuperare nel sociale. Questo dovrebbe essere l’obiettivo finale. Da un altro punto di vista penso che i pazienti sono eterogenei e hanno bisogno di alte professionalità di tipo integrato. Credo si modifichi anche la tipologia del paziente in riferimento alle modifiche dello stato di vita. Da una parte ci sono gli anziani dall’altra ci sono i giovani che hanno patologie correlate talvolta ad altri tipi di dipendenza, come tossicodipendenze, da cui poi si innescano meccanismi di tipo psicologico e psichiatrico. Noi abbiamo iniziato con il Comune un discorso di approccio diverso alle problematiche in cui ognuno deve assumere delle responsabilità. A questo senso di responsabilità è chiamato anche il Privato sociale. Condivido l’idea di iniziare un percorso integrato tra i vari attori -la componente sanitaria, quella sociale, il Terzo settore- però con un ragionamento di tipo diverso. Molto spesso ho sentito parlare solo di contrattazione e di soldi, e ognuno di noi deve fare un po’ di autocritica. In un percorso di progettualità condivisa è necessario cambiare idea sotto l’aspetto culturale, cosa abbastanza difficile, in situazione culturale come quella meridionale in cui è molto forte lo spirito di tipo individualistico. Si è parlato di vari problemi e del fatto che le Regioni meridionali saranno fortemente penalizzate anche per colpa nostra perché non siamo riusciti a superare nel tempo questo senso di individualismo. Ora se s’intende da parte del Governo finanziare il livello regionale partendo dalla fenomenologia del così detto costo standard -per cui ogni prestazione viene dimensionata sulla base dei parametri delle regioni più virtuose che per storicità e Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 67 maggiori fondi sono quelle del nord- si determina una situazione piuttosto allarmante. Ciò avverrebbe in un momento in cui le industrie stesse aborrendo il metodo del costo standard, perché sanno che non è più possibile attualizzarlo, applicano il metodo Lean, cioè il metodo del flusso secondo il quale non importa il costo del prodotto ma il percorso che porta a un determinato prodotto. Insomma lo stesso che stiamo cercando di fare noi. Quello che interessa non è la cura della malattia ma la salvaguardia dello stato di salute mediante l’integrazione dei processi. Quindi lo Stato vuole imporre il costo standard, seppure fallimentare, quando invece bisognerebbe analizzare tutti i vari momenti del processo per dopo tradurli in un momento economico. Infatti, non si parla più di LEA ma di LEP - Livelli Essenziali di Prestazioni. Per quanto mi riguarda mi sento motivato ad andare avanti e costruire nel mio ruolo istituzionale opportunità di integrazione delle politiche. Grazie. 68 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton Pasquale Leccese Vice Presidente EPASSS È difficile tentare di annodare i fili di quella rete che oggi è emersa come una trama di rapporti, di esperienze professionali, di saperi consapevoli, di volontà politiche e anche di esperienze che diventano vita. Io stravolgo l’intervento partendo dalla fine e accolgo la sfida del dott. Pansini, del dott. Lacarra e del Presidente nazionale e pongo come primo aspetto del mio intervento quello relativo alle risorse economiche. Vi sembrerà strano -voi mi conoscete come persona che costruisce sulle idee, che sta attento alle azioni, per quanto possibile alle organizzazioni- ma la drammatica testimonianza del Presidente Vendola oggi, forse quasi in anteprima, ci costringe a fare i conti con i finanziamenti, con i trasferimenti, con le risorse, con gli sprechi, i tagli, i risparmi e così via. Sembrano diventare l’unico principio di riferimento, in questi termini negativi. Il nodo attorno al quale tutto si aggroviglia e al tempo stesso tutto si scioglie, perchè poi alla fine, “se non ci sono i soldi…non si fanno le nozze con i fichi secchi!” Forse questa frase ricorderà qualcuno… Questo ci costringe a riformulare tutte le categorie relative a innovazione, integrazione, territorialità, sussidiarietà, parole d’ordine che comunque rimangono ineludibili nella costruzione di un modo diverso di rispondere a domande che richiedono concretezza. Consentitemi di citare una parola poco usata anzi a volte negletta e rifiutata: sobrietà. Questo concetto ci costringe a fare i conti con una autolimitazione ma al tempo stesso con una scelta di vita e di valori da un lato ma anche di bilanci, trasferimenti e investimenti che mettono in moto le azioni concrete. Non sono in alternativa, questo voglio spiegare, tentare di capire insieme a voi. Dobbiamo trattare i soldi con sobrietà, non solo nel campo della psichiatria. Ma in tutti i territori dei servizi alla persona dobbiamo essere capaci di questa sobrietà e di questa capacità di rispondere ai bisogni. E non significa necessariamente ridurre ma qualificare dare qualità anche ai pochi soldi, come facciamo nelle nostre famiglie. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 69 Dare qualità ai servizi alla persona e, attraverso questi, alle Istituzioni. Se i nostri servizi sanno rispondere ai bisogni della gente significa che diamo qualità alle Istituzioni con le quali sviluppiamo le iniziative che sono necessarie e diamo qualità anche ai soggetti che sono protagonisti degli interventi. La sobrietà, quindi, è un valore aggiunto tutto economico, produce ricchezza e la ridistribuisce, è una restituzione delle somme stanziate con le risorse pubbliche e private. Ecco perché con il Convegno di oggi intendiamo segnare un’ulteriore tappa nella qualificazione del nostro lavoro ma anche contribuire, con umiltà e disponibilità, ad aggiungere qualità al lavoro degli altri. Vogliamo inaugurare tutti insieme adesso -lo faremo, anche, con il momento, per noi alto, delle due borse di studio alla memoria di Antonio Antonucci- un cantiere comune che, nel rispetto rigoroso delle regole che sono state definite dalle Istituzioni e condivise dai cittadini, nel reciproco riconoscimento dei soggetti, sappia edificare il futuro al servizio delle cittadine e dei cittadini di Puglia, coniugando i diritti alla salute e i diritti dei lavoratori, quelli di cittadinanza e di libera iniziativa e delle professionalità scientifiche e tecniche. Un cantiere che -come avrebbe detto Antonio- veda i soggetti del Terzo settore -ed è questo il nostro orizzonte, il nostro stile e la nostra proposta- in stretta integrazione funzionale con i soggetti pubblici. Integrazione, innovazione, territorialità, sussidiarietà e qualità: un cantiere che le ACLI e l’EPASSS intendono da oggi ravvivare con l’attenzione agli ultimi e a chi soffre, con il valore della solidarietà e con la storia degli Aclisti di questa provincia. Grazie. 70 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton Giuseppe Saccotelli Past President SIRP – Direttore DSM ASL BT Dobbiamo riconoscere alle ACLI e all’EPASSS la capacità di mettere insieme più risorse, privato e pubblico, i direttori dei Dipartimenti di salute mentale, i rappresentanti dei Comuni, della ASL, della Regione -e non è cosa semplice- per interrogarsi su quelli che sono i problemi, gli scenari futuri su cui dobbiamo riflettere. Riflettere e cercare di comprendere che dalle crisi possiamo uscire o rafforzando i nostri legami oppure aumentando la nostra conflittualità, mettendoci l’uno contro l’altro, in una guerra tra poveri. Le crisi sono sempre bivalenti, noi dobbiamo fare in modo di cogliere la possibilità più costruttiva possibile, questo è nella maturità e responsabilità di tutti. Grazie. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 71 REPORTS DELLE SESSIONI PARALLELE “Innovazione e integrazione nei Servizi Sanitari e Sociosanitari” Relatore: Antonio Ursi Direttore Area Servizi Socio-Sanitari ASL TA Report: Cristina Filograno Psicologa E.P.A.S.S.S. Nella prima parte del report, si riporta l’analisi teorica di alcuni dei concetti base connessi all’integrazione socio-sanitaria, esposti dal dott. Ursi nel suo intervento, caratterizzanti l’argomento di riflessione in merito al dibattito seguito, circa le possibili traduzioni di quelle idee nella pratica istituzionale e professionale. L’enfasi attribuita all’integrazione come punto di arrivo, piuttosto che come presupposto o punto di partenza, ha reso possibile la declinazione di una serie di articolazioni di significato, non caratterizzate da categorie di assoluta certezza, quanto piuttosto da elementi di dinamicità, novità e motivazione. Il primo punto su cui l’analisi si è fondata ha riguardato l’integrazione come processo di innovazione. L’integrazione rappresenta un processo innovativo, dal momento che, caratterizzato da un confronto di molteplici soggetti, costituisce “un ibrido di differenze” da cui dipartono l’incontro e il riconoscimento dell’altro. L’integrazione è ancora innovazione, quando, con un cambiamento di paradigma, si pensa alla definizione di un concetto di salute, che giunga dal “curare” al “prendersi cura” e dalla “malattia” alla “promozione della salute” del cittadino, come portatore di bisogni. La salute del cittadino, cui il paradigma dell’integrazione socio–sanitaria mira, esprime complessità, perché nasce dall’incontro di soggetti, saperi e punti di vista, la cui integrazione produce, in modo circolare, salute. In questa prospettiva, va enfatizzato il concetto di co–evoluzione, in quanto processo Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 75 che indica la complessità e la fatica dell’interagire tra i diversi interlocutori istituzionali e sociali, quali sanità, welfare, terzo settore, volontariato, piuttosto che quello di progressione, visto come un percorso lineare. L’integrazione, quindi, è osservata come articolato processo di co-evoluzione collettiva. Integrazione è, però, anche linea di confine. Essere sulla linea di confine può comportare sia un pericolo, che una grossa opportunità. La minaccia e l’opportunità sono posti alle estremità di uno stesso continuum. Il pericolo può evidenziarsi, nel caso in cui il confronto tra i diversi soggetti conduca allo scontro, alla dissociazione e alla stasi. L’opportunità, viceversa, può verificarsi, se l’incontro si caratterizza nel rispetto, valorizzazione e riconoscimento dell’altro. Va da sé come, in questo senso, l’integrazione possa costituire il presupposto di un’autentica ricchezza. La connotazione di integrazione con elementi evolutivi e di processo non può renderla avulsa da sperimentazione, anzi da “sperimentalità”, una sorta di neologismo, il cui significato evoca l’attivazione dinamica di diverse soggettività, in riferimento ad alcuni punti peculiari, ognuno dei quali potrebbe preludere ad approfondite riflessioni: - la creazione di punti di vista condivisi; - la sollecitazione di network territoriali (CSM, Consultori, Medicina generale, Scuola, terzo settore, associazioni di categoria e di promozione sociale, volontariato, ecc.); - la definizione di problem–setting, più che di problem–solving; - la rigenerazione di capitale sociale; - l’epidemiologia della “vulnerabilità” (scoprire i “nuovi” portatori di bisogni sociali); - la formazione. Le riflessioni del pubblico, avvenute nella fase di dibattito, hanno posto l’attenzione sulle ricadute concrete che l’integrazione assume nell’ambito dei diversi contesti sociali e istituzionali. Si parli di punti considerati più problematici. In primo luogo, ci si è chiesti se l’integrazione sia reale o possibile solo in teoria. Sono emersi, infatti, molti aspetti critici, atti a rappresentare il mancato sviluppo di un processo di integrazione in ambito sanitario e socio–sanitario. Primo fra tutti, la difficoltà di comunicazione tra diverse istituzioni, ma anche all’interno degli stessi servizi. In seconda istanza, una percepita assenza di motivazione al volersi confrontare e conoscere. In ultima analisi, l’evitamento al confronto che si realizza, quando ci si “deve” occupare dei problemi di urgenza. Sono, tuttavia, anche molto sentiti la diversa velocità nel processo di integrazione sociosanitaria tra la Puglia e le altre regioni italiane, oltre che, nella nostra regione, una maggiore difficoltà a far decollare l’integrazione socio–sanitaria, rispetto a quella prevista solo in ambito sanitario. Analogamente agli aspetti più critici, anche i punti di forza, rilevati dal pubblico, hanno riguardato esperienze effettuate sul campo, che sembrano aver rappresentato forza propulsiva per la gestione dei problemi definiti e per il raggiungimento dell’obiettivo integrazione. 76 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton Prima fra tutte, la co–progettazione. L’integrazione è possibile e si realizza concretamente, non in quanto luogo o risultato precostituito, ma, come in precedenza delineato sul piano teorico, come processo. Pur non essendo un percorso semplice, progettare insieme può trovare rinforzo a fronte di un forte interesse e di una finalità comune. I dati rintracciabili di questa esperienza nella realtà istituzionale appartengono al lavoro dei Piani di zona. L’assimilazione dell’integrazione ad un processo complesso e dinamico richiama una riflessione avanzata precedentemente. L’integrazione non è presupposto, ma un punto d’arrivo. E’ caratterizzata da lunghi processi, che prevedono, la compartecipazione di gruppi multi-professionali, provenienti da mondi diversi, con altrettanti diversi codici, ma che, attivamente, come parte di un sistema che attribuisce alle sue parti uguale dignità e valore, possono incontrarsi e progettare insieme. In questa prospettiva, grande importanza attiene alla formazione, una condizione attraverso la quale è possibile raggiungere l’obiettivo dell’integrazione. Sono state citate esperienze nelle quali la formazione alla conoscenza delle dinamiche relazionali e istituzionali di un sistema è stata in grado di produrre, efficacemente, integrazione, come processo e come esito. In ultima analisi, si riflette sulla funzione del privato sociale nel processo di integrazione. Nell’intervento iniziale, diverse funzioni sono ad esso avocate. In primo luogo, quella di una presenza all’interno dei processi sociali, non disgiunta da fattori di imprenditorialità/competizione, che sollecitano la produzione di sapere, anche per una conoscenza vasta e diretta dei problemi sociali. In seconda istanza, la ricaduta concreta che comporta una vasta e approfondita conoscenza dei problemi, da parte di chi vi è inestricabilmente coinvolto, attraverso una funzione di advocacy e, quindi, di tutela dei bisogni di chi vive condizioni di disagio. Grazie. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 77 “L’innovazione nei servizi residenziali” Relatore: Antonello Bellomo Direttore DSM ASL FG Professore Associato di Psichiatria - Università Foggia Report: Maria A. Partipilo Psichiatra E.P.A.S.S.S. Il nostro relatore, il Dott. Bellomo, ha fatto un excursus storico-normativo dal manicomio ai giorni nostri evidenziando le varie leggi che si sono succedute nel corso degli anni. Il dibattito ha offerto un ampio spazio di confronto fra esperienze diverse nelle diverse realtà lavorative e sono emerse criticità e proposte innovative. La prima criticità evidenziata è la mancanza di inserimenti “programmati” poichè si sono verificate situazioni in cui tali inserimenti in contesti residenziali, sono stati effettuati in fase acuta e post-acuta, con l’impossibilità di poter iniziare un percorso riabilitativo adeguato. Naturalmente il dibattito è stato abbastanza animato sulle varie responsabilità degli attori, C.S.M., strutture riabilitative, S.P.D.C.. Di fatto risulta fondamentale una maggiore collaborazione, coordinazione e integrazione fra enti gestori, operatori dell’intero settore privato e D.S.M., C.S.M. e S.P.D.C. Altra criticità emersa è la mancanza di strutture idonee alla gestione di pazienti nella fase intermedia, realtà presente al nord, dove in alcune residenze del privato sociale i pazienti vengono gestiti e accolti con progetti a 60-90 giorni e poi inseriti nelle strutture riabilitative o riportati nel contesto familiare. Fondamentale è sempre e comunque una maggiore fluidità nel passaggio nelle strutture riabilitative, attenendosi ai tempi stabiliti nei PTR anche se questo di fatto è una realtà già presente là dove esiste una buona integrazione tra privato sociale e C.S.M. inviante. Si è anche evidenziata la necessità, all’interno delle CRAP, di monitorare nel tempo gli interventi riabilitativi e si è condiviso il modello sperimentale di schede di monitoraggio Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 79 specifico per ogni paziente adottato in alcune strutture, in modo da poter avere una visione d’insieme della situazione del paziente stesso nelle varie fasi del suo percorso riabilitativo. Tutto ciò per motivare gli Educatori con dati evidenti poiché spesso nella quotidianità ciò va perso. Infine, tenendo conto della sempre maggiore presenza nelle strutture riabilitative di nuove figure professionali, si è prospettata la necessità di avviare corsi di formazione più specifici tali da creare maggiori competenze per permettere agli stessi operatori di proiettarsi all’esterno al fine di favorire una maggiore integrazione dei pazienti nel contesto sociale e, soprattutto, in quello lavorativo. La mia sessione è stata abbastanza movimentata ma sicuramente è stato riconosciuto ai percorsi di residenzialità un ruolo strategico sia per la guarigione che per l’inclusione sociale. E’ dunque fondamentale, per il raggiungimento di questi obiettivi, porre l’attenzione ai luoghi di vita intesi come contesti privilegiati per promuovere capacità relazionali e realizzare autonomie personali per l’inserimento a pieno titolo nei contesti sociali di appartenenza. 80 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton “Innovazione nei servizi domiciliari e territoriali” Relatore: Michele De Michele Direttore DSM ASL BA Report: Marina Di Cagno Psicologa E.P.A.S.S.S. La Sessione parallela coordinata dal dott. De Michele ha coinvolto un gruppo costituito da Educatori e addetti all’assistenza domiciliare dipendenti del privato sociale. I contributi sono stati molto ricchi. In una prima fase sono stati forniti degli spunti di riflessione a riguardo dei servizi domiciliari territoriali in ambito psichiatrico, così come previsti e descritti dal Piano sanitario regionale 2008-2010 e dal Piano delle politiche regionali 2009-2011. Per riprendere le parole del Dott. Campedelli, su innovazione e ricerca, noi siamo partiti dal farci delle domande. Una prima domanda è stata “Per questa nuova utenza che da un lato è stabilizzata con buone autonomie e dall’altra è giovane, con livelli culturali elevati, con bisogni di inclusione sociale e lavorativa, che tipologia d’interventi è necessario strutturare?” Sicuramente è necessario strutturare una serie di interventi articolati fra loro e integrati a livello sociale, sanitario e lavorativo, ed è fondamentale offrire un ventaglio di soluzioni terapeutiche e riabilitative al fine di dare piena cittadinanza ai nostri pazienti, partendo dal diritto alla cura. L’altra domanda che ci siamo posti è: “perché proprio adesso si parla di domiciliarità in ambito psichiatrico?” Una possibile risposta è che per questa nuova utenza si richiedono interventi più leggeri, più flessibili ma non meno complessi. La domiciliarità dell’intervento porta un risparmio nella spesa sanitaria, gli interventi residenziali e di gruppi appartamento sono molto più costosi. Si è parlato poi della complessità a livello domiciliare che viene spesso sottovalutata. Gli operatori che si occupano di domiciliarità dovrebbero avere una formazione più specifica. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 81 La domiciliarità è quindi un servizio complesso, perché l’operatore è spesso solo ed è inserito in un sistema complesso che è quello della famiglia o comunque il domicilio del paziente è lì, dove è la sua famiglia, con le sue leggi. L’intervento domiciliare non è stato attivato da tutti i Servizi di salute mentale e il criterio di distinzione tra domicilio e residenza assistita non è ancora chiaro. Nell’EPASSS sono attive, allo stato attuale, 8 residenze assistite e 20 progetti domiciliari per un totale di 39 pazienti in assistenza; l’intervento terapeutico è caratterizzato da una chiara definizione degli obiettivi, da buone strategie operative, centrate sul compito, efficaci modalità di confronto all’interno dell’équipe curante. Nel corso della giornata l’operatore domiciliare risponde a diverse necessità. Si va dalla cura dell’igiene personale al sostegno relazionale alla coppia, prestazioni professionali che richiedono competenze articolate dell’operatore, quindi è fondamentale approfondire l’organizzazione del servizio nonché i contenuti e le dinamiche fra operatore, paziente e famiglia. E’ comunque enfatizzato il ruolo della famiglia con la quale si cerca di costruire una rete di sostegno. In questo contesto risultano essenziali i rapporti con le istituzioni del territorio. Ci siamo anche chiesti cosa si può fare per migliorare la qualità del servizio con una valutazione delle criticità e dei punti di forza. Sicuramente sarebbe utile una definizione dei criteri per l’accessibilità al servizio domiciliare, la specificità della formazione degli operatori, la dimensione integrata degli interventi e inoltre è importante lavorare in rete con gli altri attori del territorio cercando di superare i fisiologici antagonismi; c’è stato qualcuno che ha ipotizzato il coordinamento e un lavoro di rete tra i C.S.M. nello specifico della riabilitazione psichiatrica in ambito domiciliare. Quindi fondamentale sembra essere la necessità di formulare linee guida del Servizio domiciliare e di sviluppare una formazione specifica degli operatori. 82 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton “Valutazione e qualità nei Servizi di Riabilitazione Psichiatrica” Relatore: Grazia Di Bella Direttore DSM ASL BR Report: Antonietta Favia Psichiatra E.P.A.S.S.S. La dottoressa Di Bella, Direttore DSM ASL Brindisi, nella sua relazione mette in evidenza il nuovo scenario in cui si muove la riabilitazione psichiatrica. Dall’“emozione” della Legge 180 del 1978 si è passati alla regolamentazione centrata sui nuovi scenari economici e all’aziendalizzazione che pone al centro efficienza e valutazione delle risorse impiegate. Si pone l’accento sulla necessità di un lavoro d’integrazione tra pubblico e privato in cui è essenziale l’azione del DSM che promuove “salute mentale”. Promuovere salute mentale significa fare prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione e reinserimento sociale. La capillarità dell’intervento del DSM si estrinseca attraverso l’azione del CSM che è l’agenzia del territorio che partecipa, coordina, sovrintende al percorso riabilitativo. Garantisce i diritti dell’utente mediante il pieno coinvolgimento dello stesso e della sua famiglia, sia in luogo pubblico che privato. La distinzione tra strutture riabilitative, pubbliche o private, diventa secondaria rispetto alla centralità dell’utente nella sua comunità di appartenenza. Il CSM garantisce che i diritti dell’utente al trattamento siano sempre rispettati, omogenei e trasversali in tutto il territorio, e che vi sia circolarità delle informazioni sul percorso riabilitativo e sulla applicazione di buone prassi con periodico monitoraggio e valutazione degli obiettivi da raggiungere. Il percorso riabilitativo deve essere “fatto” con il coinvolgimento di tutti gli attori secondo competenze e responsabilità specifiche, in un tempo determinato; il PTR è il “luogo della conoscenza” dei bisogni dell’utente, delle sue capacità potenziali o residuali, della sua crescita, della sua emancipazione e recupero. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 83 La dottoressa Di Bella ha portato la propria esperienza all’interno del Dipartimento di cui è a capo, dove ha promosso un lavoro integrato pubblico-privato a partire dal 2007. L’azione prevede la messa a norma delle procedure organizzative per le strutture pubbliche e private attraverso l’elaborazione di indicatori di qualità e di processo con l’indicazione alla costituzione di un tavolo permanente per la riabilitazione all’interno del DSM. Nel secondo semestre del 2008 era stata già istituita una Carta dei servizi delle strutture di Riabilitazione Psichiatrica del DSM Brindisi, con informazioni utili alla conoscenza e fruizione della rete dei servizi dell’Azienda Sanitaria. Successivamente, nel 2009, è stato istituito un gruppo di lavoro per l’individuazione di Linee Guida del percorso riabilitativo nelle strutture psichiatriche, in cui sono individuati i fondamentali processi di interfaccia tra pubblico e privato e definite linee comuni di comportamento e di intervento. Obiettivo è il miglioramento continuo della qualità dei servizi di riabilitazione psichiatrica e il coinvolgimento di tutti gli stakeholder – parti interessate: operatori del pubblico/privato, utenti e famiglie, associazioni, medici di famiglia, strutture accreditate, fornitori, pubblica amministrazione, università. Le Linee Guida nelle aree del percorso riabilitativo prevedono: 1) progetto terapeutico riabilitativo (PTR); 2) gestione liste d’attesa; 3) gestione dell’emergenza – urgenza psichiatrica; 4) gestione dei farmaci; 5) gestione del denaro; 6) gestione della formazione degli operatori; 7) gestione dei reclami; 8) programmazione delle attività nelle strutture. Si sta procedendo alla certificazione di tali processi con l’ISO 9000 e a verifiche ispettive, disposte dallo stesso DSM, all’interno delle strutture riabilitative. Le attuali Linee Guida sono il risultato di una ricerca tra le migliori soluzioni possibili, attendendo che la pratica quotidiana individui procedure e prassi ottimali nell’ottica del miglioramento continuo. L’esperienza descritta è un esempio virtuoso di lavoro integrato tra pubblico e privato che privilegia sia la centralità dell’utente che la professionalità di tutti gli operatori impegnati nella promozione della salute mentale. Sicuramente le dimensioni del DSM della ASL BA rendono più difficoltose l’attuazione di prassi analoghe, ma l’individuazione di una griglia da seguire nei percorsi terapeuticoriabilitativi che accomuni DSM/CSM ed enti gestori, sicuramente accresce le possibilità di centrare gli obiettivi riabilitativi di un progetto. La Di Bella ha concluso con un frase: “da un certo punto in avanti non c’è più modo di tornare indietro. È quello il punto al quale si deve arrivare. (F. Kafka)” Grazie. 84 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton “L’inserimento lavorativo nel progetto di riabilitazione globale” Relatore: Serafino De Giorgi Direttore DSM ASL LE Report: Tiziana De Donatis Psichiatra DSM ASL LE Il nostro simposio si è occupato dell’inserimento lavorativo nel progetto che abbiamo chiamato “riabilitazione globale”. L’aggettivo non era casuale; ci è venuto in modo intuitivo e ha avuto un senso anche durante il dibattito che è poi seguito. Noi abbiamo presentato il nostro protocollo operativo complesso che viene da una lunga storia di impegno in questo settore da parte del gruppo di riabilitazione psicosociale del DSM della ASL provinciale di Lecce. Il gruppo di lavoro, coordinato dalla dott.ssa De Donatis, psichiatra, si compone delle assistenti sociali dott.sse Marra, Fontana e Montanaro. Il dibattito c’è stato da parte di molti operatori che lavorano nel così detto privato sociale; è arrivato il tempo di aggiornare la nostra mente, di ridefinire i nostri ruoli e bisogna smettere con la visione pseudo-cartesiana di una realtà che ci ha ormai superato. Dobbiamo superare le antinomie che hanno caratterizzato la psichiatria e la psicopatologia classica: non c’è un prima o dopo, un psico-sociale, un biologico, un ambiente, un individuo, non c’è un pubblico e un privato. C’è stata una forte richiesta di integrazione vera che passa attraverso una ridefinizione dei nostri paradigmi mentali, non c’è alternativa. Abbiamo anche evocato Jung nel nostro dibattito parlando di sincronicità. Ci sono troppe chiacchiere, come diceva Vendola. La realtà fattuale, la realtà vera, il così detto “real world” va molto più avanti di noi, ci sta superando e noi rischiamo di fare ancora discorsi di retroguardia. Nel 2005 ci dicevamo queste cose, in un convegno che abbiamo organizzato a Lecce con Angelo Fioritti e altri studiosi del settore, e si prendeva spunto da un editoriale Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 85 comparso su Psichiatria Oggi nel 2005. A distanza di 5 anni sembra sia stato scritto oggi. Stiamo correndo il rischio di una reistituzionalizzazione quella che in maniera molto più brutale si chiama manicomializzazione –questo lo scrivevano Stefan Priebe e Angelo Fioritti nel 2005. Noi dopo tre mesi abbiamo organizzato nel nostro Dipartimento questo convegno sulla riabilitazione, in cui mettevamo l’accento su alcuni aspetti fondamentali che richiamano l’etica ma anche la relazione con i nostri pazienti, l’autonomia, l’autodeterminazione, la passivizzazione del rapporto quando non è finalizzato a un progetto vero e le nuove forme di controllo sociale che stanno tornando in maniera preponderante attraverso i numerosissimi inserimenti da parte dell’autorità giudiziaria. Bisogna richiamare la dichiarazione della salute mentale per l’Europa -Helsinki 2005- che poi è stata fatta propria dal prof. Maj nel suo programma di Presidente della WPA “Non c’è salute senza salute mentale”. Questa è una sollecitazione a tutti noi ad impegnarci nonostante tutto. Grazie. 86 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton Massimo Campedelli Coordinatore Laboratorio Epidemiologico di Cittadinanza Negri Sud Alla fine del 2009 è uscito un libro in italiano dal titolo “Misurare l’anima” di Wilkinson e Pickett: sono due epidemiologi e la tesi di fondo di questo libro è “la differenza di salute dipende dalla disuguaglianza”. Confrontando realtà ricche e povere del mondo, confrontando realtà povere e ricche degli Stati Uniti e mettendo a confronto circa 500 studi e facendo un’analisi comparata degli studi, Wilkinson e Pickett sostengono la promozione dell’uguaglianza. Fare i conti con il fatto che siamo un Paese profondamente disuguale. Questa è la nostra grande vulnerabilità. In questo contesto si aprono altri due ragionamenti velocissimi: l’uguaglianza si crea con il diritto, il mercato non crea uguaglianza ma se l’uguaglianza si crea col diritto allora gli operatori della salute devono recuperare una dimensione del diritto che è dentro la Carta Costituzionale. Tra alcuni giorni a Marzabotto – Monte Sole con alcuni amici ricorderemo Pino Trotta, capo ufficio studi delle ACLI nazionali per alcuni anni, e rifletteremo con i monaci di Dossetti su una pagina di Rossetti quando dice: “facciamo in modo di fare le cose che dobbiamo fare finché c’è tempo”. Io credo che quando ragioniamo su situazioni concrete, per esempio la domiciliarità, non possiamo pensare alla domiciliarità solo come problema di organizzazione, di integrazione operativa, dobbiamo sempre aver presente il fine per cui stiamo operando. La scommessa forte della domiciliarità è permettere alle persone di vivere quell’autonomia e di vivere in quelle reti che consentono alle stesse persone di dire che la propria esistenza ha un senso e un valore anche quando si è ammalati. Questo presuppone che quelle persone hanno diritto alla loro esistenza: in questo senso la domiciliarità non è una scala di autonomia –certo le scale di autonomia ci possono aiutare per capire cosa è meglio fare- non è solo l’organizzazione di qualche ora di intervento a casa, è il progetto con e per le persone affinché esse possano vivere quella vita che hanno nel miglior modo possibile. Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 87 Chiudo con una battuta che ho imparato da scout: “non c’è buono e cattivo tempo ma buono e cattivo equipaggiamento”. Grazie. 88 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton Giulio Corrivetti Società Italiana di Riabilitazione Psicosociale Posso dire che sono contento di aver conosciuto una realtà, la vostra, che mi ha emozionato ed entusiasmato e mi ha motivato a ritenere che questo gemellaggio che, con Saccotelli e con altri amici pugliesi, abbiamo inventato e promosso da tempo sia una cosa positiva. Noi stiamo lavorando per cercare di definire, sul piano delle esperienze, quali sono gli elementi specifici del modello italiano di riabilitazione psichiatrica che possano anche essere tradotti in un linguaggio di evidenza. Esistono caratteristiche specifiche di questo meraviglioso network di servizi che è stato messo in piedi dall’E.P.A.S.S.S. e che, come giustamente abbiamo detto tutti, va al di là di un modello stereotipato di integrazione. Dobbiamo definire qual è il modello del futuro. Con tutti gli amici pugliesi, nell’ambito delle società scientifiche, ci impegneremo per dare evidenza a questo obiettivo. Grazie Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 89 A conclusione del Convegno si è proceduto alla cerimonia di consegna della: BORSA DI STUDIO 2010 “ANTONIO ANTONUCCI” In ricordo di Antonio: la forza di idee innovative, la passione e la determinazione nel realizzarle, la ricchezza di emozioni ed opere sono un patrimonio da salvaguardare e da trasmettere alle nuove generazioni. D’intesa con l’Università di Bari, Facoltà di Medicina - Corso di Laurea in Tecniche della riabilitazione psichiatrica e di Educazione professionale, la Borsa di Studio è stata attribuita: - alla dott.ssa Rosanna De Lucia per essersi distinta nel Corso di Laurea in Educazione Professionale. La borsa di studio le è stata conferita con la seguente motivazione letta dal prof. Gianpaolo Pierri, Presidente Classi di Laurea della Riabilitazione, Università di Bari: la dott.ssa Rosanna De Lucia fornita di elevate doti di comunicatività, di ottime capacità di relazione interpersonale e di lodevole impegno nelle attività di studio -ha prestato anche attività di volontariato nell’ambito dell’associazionismo cattolico nel suo paese- ha svolto una tesi a carattere sperimentale dal titolo “Epidemiologia assistenziale del disturbo afasico – Il contesto ospedaliero: indagine preliminare di fattibilità”, Relatore il prof. Vito Lepore. La tesi della dott.ssa De Lucia mira a individuare all’interno di una micro realtà quale quella della Stroke Unit della Clinica neurologica del Policlinico di Bari i casi di afasia come conseguenza di accidenti di natura vascolari, ambito nel quale la letteratura educativo-riabilitativa appare piuttosto scarna. Nel caso di soggetti affetti da afasia, in cui la comunicazione viene lesa in maniera notevole, da un punto di vista educazionale la comunicazione è di fondamentale importanza sia per comunicare con questi soggetti Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 91 sia per sollecitare la loro comunicazione. La tesi svolta dalla dott.ssa De Lucia ha portato la sperimentazione di diverse scale di valutazione, quindi di quantificazione del danno e delle risorse da poter utilizzare, somministrate a un congruo numero di pazienti ricoverati presso la stesso Stroke Unit del Policlinico di Bari. - alla dott.ssa Regina Cirone per essersi distinta nel Corso di Laurea in Tecniche della Riabilitazione Psichiatrica con la seguente motivazione letta dal prof. Gianpaolo Pierri, Presidente Classi di laurea della Riabilitazione, Università di Bari: la dott.ssa Cirone ha frequentato il CSM di Bari di via Pasubio 173, diretto dalla prof.ssa Maristella Buonsante, con la quale ha anche svolto la sua tesi. Nel corso del suo iter di studi ha approfondito soprattutto gli aspetti di riabilitazione di soggetti che sono oggetto di stigma o emarginazione sociale, dedicandosi attivamente a iniziative di volontariato. In questo ambito ha effettuato un viaggio a Gramsh in Albania, per due settimane insieme a un team e per un mese da sola. Quindi ha effettuato un altro viaggio di volontariato, nel gennaio 2009, in Africa in Kenia con un team di sei persone per fornire assistenza nei villaggi, collaborazione alle famiglie locali e supporto psicologico a donne oggetto di abuso. In Albania ha fornito anche collaborazione alle Chiese locali e a centri di ragazze madri e minori abbandonati, dove ha svolto anche attività ludiche ed educazionali con bambini dei villaggi albanesi. La sua tesi di laurea dal titolo “Dall’etnopsichiatria un nuovo know how terapeutico nella società multiculturale del villaggio globale” affronta il fondamentale tema dell’accoglienza, della riabilitazione e dell’integrazione di soggetti che cercano asilo nel nostro Paese, spesso provenienti da realtà umane e sociali disperate. (I testi raccolti in questa pubblicazione non sono stati riletti dai relatori tranne l’intervento del dott. Giulio Corrivetti.) 92 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton INDICE Presentazione della pubblicazione Pasquale Leccese, Presidente E.P.A.S.S.S. SESSIONE MATTUTINA Chairman Marcello Nardini, Vice Presidente Società Italiana Psichiatria Direttore Dipartimento Scienze neurologiche e Psichiatriche - Università di Bari Gianpaolo Pierri, Presidente Classi di laurea della Riabilitazione, Università di Bari Apertura dei lavori Vincenzo Purgatorio, Presidente Provinciale ACLI Bari Introduzione ai lavori Luigi Campanale, Direttore Generale E.P.A.S.S.S. RELAZIONI MAGISTRALI La domanda di cura nella riabilitazione psichiatrica Giulio Corrivetti, Società Italiana di Riabilitazione Psicosociale Antonella Boccia, Unità Operativa di Salute Mentale – Distretto Sanitario 68 – ASL Salerno. Innovazione ed integrazione nell’offerta dei servizi territoriali sanitari e socio-sanitari Massimo Campedelli, Coordinatore Laboratorio Epidemiologico di Cittadinanza Negri Sud SESSIONE POMERIDIANA Chairman Giuseppe Saccotelli, Past President SIRP – Direttore DSM ASL BT Domenico Semisa, Componente Commissione Salute Mentale della Conferenza Stato Regioni Direttore Centro Salute Mentale n. 5 ASL BA La salute mentale nella programmazione della Regione Puglia Nichi Vendola, Presidente Regione Puglia Convegno di Studi • LA DOMANDA DI CURA NELLA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA 93 Il ruolo dell’E.P.A.S.S.S. per l’innovazione e il cambiamento nella riabilitazione psichiatrica Giuseppe Ardito, Past President E.P.A.S.S.S. L’impegno delle ACLI per la salute mentale Andrea Olivero, Presidente nazionale ACLI L’integrazione necessaria: la rete dei servizi sanitari e socio-sanitari territoriali Francesco Lacarra, Dirigente Ufficio di Piano del Comune di Bari La sfida dell’integrazione pubblico privato-sociale nei servizi sanitari territoriali Nicola Pansini, Direttore Generale ASL Bari Chiusura dei Lavori Pasquale Leccese, Vice Presidente E.P.A.S.S.S. REPORTS DELLE SESSIONI PARALLELE “Innovazione e integrazione nei Servizi Sanitari e Sociosanitari” Relatore: Antonio Ursi, Direttore Area Servizi Socio-Sanitari ASL TA Report: Cristina Filograno, Psicologa E.P.A.S.S.S. “L’innovazione nei servizi residenziali” Relatore: Antonello Bellomo, Direttore DSM ASL FG Professore Associato di Psichiatria - Università Foggia Report: Maria A. Partipilo, Psichiatra E.P.A.S.S.S. “Innovazione nei servizi domiciliari e territoriali” Relatore: Michele De Michele, Direttore DSM ASL BA Report: Marina Di Cagno, Psicologa E.P.A.S.S.S. “Valutazione e qualità nei Servizi di Riabilitazione Psichiatrica” Relatore: Grazia Di Bella, Direttore DSM ASL BR Report: Antonietta Favia, Psichiatra E.P.A.S.S.S. “L’inserimento lavorativo nel progetto di riabilitazione globale” Relatori: Serafino De Giorni, Direttore DSM ASL LE Tiziana De Donatis, Psichiatra DSM ASL LE CERIMONIA DI CONSEGNA DELLA BORSA DI STUDIO 2010 “ANTONIO ANTONUCCI” 94 BARI • 15 giugno 2010 • Hotel Sheraton