amico_05_2003 - Opera don Calabria
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Messaggio in bottiglia «Naturalmente la gente comune non vuole la guerra: né in Russia, né in Inghilterra, né in Germania. Questo è comprensibile. Ma, dopotutto, sono i governanti del Paese che determinano la politica, ed è sempre facile trascinare con sé il popolo, sia che si tratti di una democrazia, o di una dittatura fascista, o di un parlamento, o di una dittatura comunista. Che abbia voce o no, il popolo può essere sempre portato al volere dei capi. È facile. Tutto quello che dovete fare è dir loro che sono attaccati, e denunciare i pacifisti per mancanza di patriottismo, in quanto espongono il Paese al pericolo. Funziona allo stesso modo in tutti i Paesi». (Dichiarazione di Hermann Göring, gerarca nazista, al processo di Norimberga) 2 «Conoscere una sola lingua, un solo lavoro, un solo costume, una sola civiltà, conoscere una sola logica è prigione». Sommario (NDJOCK NGANA YOGO - Camerun) 4 Editoriale Cronaca di un evento di grazia 6 IX Capitolo generale della Congregazione delle Povere Serve della Divina Provvidenza CARITÀ 6 Cronaca calabriana CRONACA DI UN EVENTO DI GRAZIA L’ULTIMA CAMPANELLA «SIATE APOSTOLI, SIATE SANTAMENTI CONTAGIOSI» (don Calabria) L’AMICO RITROVATO 12 Speciale Campi Estivi 20 Se non ritornerete... LE FARFALLE E IL FORMICONE L’ultima campanella 8 San Zeno in Monte Chiude definitivamente la Scuola Media San Giovanni Calabria 22 L’Opera nel mondo CAMMINANDO LUNGO LA VIA... PROVOCATI DALLA PROVVIDENZA DIVINA IERI, OGGI E DOMANI 27 Teologia in pillole DAVANTI A DIO L’UOMO SI RISCOPRE POETA 28 Urge meditare È FONDAMENTALE INTERVENIRE PRESTO! 30 Spazio Fiorito Mariano GOCCE DI SAPIENZA DI FR. VITTORINO 31 Poesia della santità 12 Speciale Campi estivi LEOPARDI 32 Le vie della carità DALLA PARTE DEI SOFFERENTI 34 Ricordando UNA VITA DI CARITÀ 36 U.M.M.I. 70° ANNIVERSARIO U.M.M.I. Ricordando 34 Una vita di carità Il 10 agosto scorso ci ha lasciati fratel Matteo Ponteggia RUBRICHE MESSAGGIO IN BOTTIGLIA Direzione - Amministrazione: VIA SAN ZENO IN MONTE, 23 - 37129 VERONA TEL. 045.805.29.32 - C.C.P. 18543371 Redazione: Centro Culturale Calabriano - tel. 045.805.2.928 Sito Internet: http://www.lamico.it • E-Mail: [email protected] NOTIZIE FELICITAZIONI - TORNATI AL PADRE APPUNTAMENTI 2 37 39 40 Direttore: d. GIUSEPPE PASINI • Responsabile: d. LUIGI PIOVAN • Segretario: d. PIERGIORGIO MURARI Collaboratori. La collaborazione è aperta a tutti gli amici dell’Opera. Indirizzare gli articoli al direttore. Non contiene pubblicità. Autorizzazione Tribunale Verona n. 19/93 del 15.1.1993. Stampato dalla Tipolitografia don Calabria di Verona, Via San Zeno in Monte, 23 - 37129 Verona Tel. 045.805.29.96 - fax 045.805.29.63 - Portineria 045.805.29.11 L’AMICO non ha quota di abbonamento ma vive delle offerte spontanee dei nostri lettori, fidandosi della Provvidenza. NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 5 SETTEMBRE 2003 Questo periodico è associato all’UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA 3 Editoriale Carità Mano che si intreccia alla mano dell’altro e lo solleva. Voce che penetra nel cuore dell’altro e lo incoraggia. vevamo già deciso di continuare a trattare anche in questo editoriale il tema della carità, quando ci è arrivata la triste notizia della morte di fratel Matteo Ponteggia. Permettetemi di offrire il mio piccolo contributo alla memoria di questo amato fratello, dedicandogli queste poche righe su un tema che non fu a lui semplicemente caro, ma che fu la sostanza stessa della sua vita, la carità, appunto. A Viviamo un’epoca in cui l’offerta spirituale si è fatta variegata, molteplice, in certi casi accattivante. La spiritualità riveste abiti dalle forme sgargianti, facendo balenare davanti agli occhi degli uo- La Parola del Papa L’esercizio della Carità «L’opzione, o amore preferenziale per i poveri. È [...] una forma speciale di primato nell’esercizio della carità cristiana, testimoniata da tutta la Tradizione della Chiesa. Essa si riferisce alla vita di ciascun cristiano, in quanto imitatore della vita di Cristo, ma si applica egualmente alle nostre responsabilità sociali e, perciò, al nostro vivere, alle decisioni da prendere coerentemente circa la proprietà e l’uso dei beni. Oggi poi, attesa la dimensione mondiale che la questione sociale ha assunto, questo amore preferenziale, con le decisioni che esso ci ispira, non può non abbracciare le immense moltitudini di affamati, di mendicanti, di senzatetto, senza assistenza medica e, soprattutto, senza speranza di un futuro migliore: non si può non prendere atto dell’esistenza di queste realtà. L’ignorarle significherebbe assimilarci al “ricco epulone”, che fingeva di non conoscere Lazzaro il mendico, giacente fuori della sua porta (Lc 16,19)». (GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo Rei Socialis, VI) 4 mini affascinanti universi multicolori, capaci di soddisfare qualsiasi esigenza, di sollevare da qualsiasi fragilità, di aprire porte ad inattese consapevolezze interiori. È il baluginante mondo della newage, della spiritualità a misura di psiche, delle emozioni trascendentali, che ci trasportano verso vette inimmaginabili. Ma Dio dov’è? Sì, Dio, quella realtà che al di fuori della definizione del catechismo non sappiamo mai come descrivere. Dio dov’è? Dov’è Dio, dentro quel fumoso paese dei balocchi che è oggi la spiritualità contemporanea? Risposta non facile e degna di penne e menti ben più fini della mia. Ma un tentativo, da seguace di don Calabria, desidero farlo. Oggi c’è bisogno di un Dio che sia carità. Senza carità non c’è Dio. Il mondo può esiliarsi dalla fede, può veder fuggire ogni speranza, ma non può fare a meno della carità. Per questo il mondo contemporaneo, sempre più dimentico della fede, sempre più estraneo alla speranza, ha bisogno di forti segni della presenza della carità. E cos’è mai oggi la carità? Un invito generico all’amore? L’offerta del nostro superfluo, che va ad abbattere i nuovi “record di offerte pervenute”? Il crampo al cuore che ci prende appena vediamo i volti tumefatti dalla violenza e dalla fame che percorrono il mondo? Salvo riprenderci subito dopo, pronti a commuoverci ben più seriamente per Editoriale l’ennesima disavventura, dell’ennesimna eroina, dell’ennesima puntata, dell’ennesima telenovela a cui siamo tanto devoti! Carità è mano che si intreccia alla mano dell’altro e lo solleva. Carità è voce che penetra nel cuore dell’altro e lo incoraggia. Carità è sguardo che acccoglie e protegge. Carità è l’altro divenuto più importante di me stesso, della mia sicurezza, della mia tranquillità. Carità è l’altro da perdonare e da curare nelle sue ferite più profonde. Carità è l’altro da riverire e da cui scuotere la polvere omicida della storia. Carità è l’altro da sottrarre alla solitudine, all’oblio, all’emarginazione dei cuori. Non esistono cifre per esprimere l’immane sofferenza che avvolge quotidianamente il mondo. Con quali cifre esprimere l’anima di un bimbo, che vaga per le strade dopo aver visto morire di fame la propria madre? Quali cifre possono dar conto della fame, che spinge milioni di persone a vendere se stesse nelle maniere più insensatamente orribili ed abbiette che menti – ahimè, umane! – possano pensare? Non voglio dar cifre al dolore del mondo, esso è senza misura e ha bisogno di una risposta senza misura. Così deve essere la nostra carità: senza misura, senza tornaconto, senza bilancio, né commissioni di controllo. Carità, carità, nient’altro che carità! Sì, Dio oggi non può che essere carità. E ognuno di noi può essere colui che qui, ora, oggi, può rendere evidente Dio. Che magnifica opportunità, che splendida occasione, che terribile responsabilità. Uomo del mio tempo non mentire a te stesso, tu sai dov’è Dio: è nella tua carità. fr. Carlo Toninello La Parola del Padre Il dono di fare la carità «Iddio che riceve come fatto a Sé medesimo tutto quello che facciamo al prossimo rivolto in suo nome, per suo amore, vi renda il merito e vi conceda tutte quelle grazie di cui avete bisogno, prima per le vostre anime e poi anche per i vostri cari, per i vostri interessi materiali. Ricordatevi che il fare la carità a chi soffre è un dono grande che il Signore fa a chi lo merita. Molti che sono ricchi non fanno la carità, è perché non ne sono degni, non meritano questa grazia. Ma voi l’avete meritata questa grazia, questo dono di fare la carità e beati voi! Ricordate che a fare la carità non si impoverisce, ma si arricchisce e chi fa la carità ha la tessera firmata per il Paradiso. La carità è figlia primogenita di Dio. Qual dono, quale grazia non fa il Signore quando ci chiede di fare la carità, di far del bene ai nostri fratelli, è una grazia così grande che bisogna meritarla, molti, sono molti coloro che hanno dei mezzi, che sono ricchi, ma non meritano questa grazia». (SAN GIOVANNI CALABRIA, Documento senza titolo e senza data) 5 Cronaca calabriana Maguzzano - luglio 2003 Cronaca di un evento di grazia IX Capitolo generale della Congregazione delle Povere Serve della Divina Provvidenza arebbe semplice fare la sintesi degli Scome“atti” del IX Capitolo Generale, che Congregazione abbiamo da poco celebrato, ma un Capitolo è ben più di un semplice incontro fra Sorelle... è un evento di grazia, è l’esperienza viva che Gesù è presente: «dove due o tre sono riuniti nel mio nome...». Il Capitolo è stato anzitutto un toccare con mano l’azione dello Spirito, che si manifesta in modo più chiaro e forte quando i cuori che lo invocano si uniscono, non solo nella preghiera, ma nella vita fraterna, nell’ascolto reciproco, nella condivisione della propria esperienza spirituale. Consapevoli che era lo Spirito il protagonista principale di questo evento, l’abbiamo invocato insistentemente, sentendo in questo la fraternità di tutta la Famiglia calabriana che in quei giorni ci era vicina nella preghiera. 6 Le Sorelle capitolari posano con il vescovo di Verona, p. F. R. Carraro, nel chiostro dell’Abbazia di Maguzzano Domenica 6 luglio è stata celebrata la solenne Messa di apertura del IX Capitolo generale, a S. Zeno in Monte, presieduta dal Casante, don Waldemar Longo, e alla quale hanno partecipato numerosi membri dell’Opera. Quello stesso pomeriggio ci siamo trasferite nell’Abbazia di Maguzzano e la sera abbiamo iniziato gli Esercizi Spirituali assieme ad altre Sorelle e ad un gruppo di Fratelli Poveri Servi. Gli esercizi sono stati animati da don Giuseppe Pasini, Delegato per l’Europa, sul tema: Consacrati a Cristo nell’Opera e nel mondo. È stata una settimana in- tensa, di riflessione e di preghiera, vissuta in un clima di famiglia, che ci ha permesso di gustare la bellezza del Carisma che don Calabria ci ha lasciato in dono. Sabato 12 l’abbiamo dedicato ad una lavoro di aggiornamento. Al mattino, fr. Carlo Toninello (PSDP) ci ha orientate con una riflessione sulla metodologia del discernimento capitolare, mentre nel pomeriggio padre Waldemar ha presentato la dimensione spirituale che ci doveva animare in quei giorni capitolari. Inoltre il Casante, quale «garante dello spirito puro e genuino dell’Opera», ha accompagnato i lavori capitolari durante tutta la loro durata, diventando per noi Fratello, Padre, guida sicura nel discernere lo Spirito del Signore. La giornata si è conclusa con una solenne celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo di Verona, padre Flavio Roberto Carraro; era presente anche il Vicario episcopale per la Vita Consacrata della Diocesi, mons. Sulmona. È stato un vero e sentito momento di comunione con la Chiesa locale e universale. Lunedì 14 luglio Madre Maria Sponda, quale Presidente del Capitolo, ha dichiarato ufficial- Cronaca calabriana Il giorno dopo c’è stata l’elezione del Consiglio generale, che è risultato così composto: Sor. Gloria Dolzani (Vicaria generale), Sor. Lucia Bressan, Sor. Carla Furlan e Sor. Graciela Ramseyer (Consigliere generali). mente aperti i lavori capitolari. Si è iniziato con la lettura, da parte della Madre, delle Delegate dell’America Latina, Angola e India e dell’Economa generale, delle relazioni sul sessennio trascorso. Si è affrontato poi il vero lavoro di riflessione capitolare sul tema: Ripartire da Cristo per riscoprire la nostra profezia carismatica nell’Opera e nel mondo, attraverso lo studio del documento Instrumentum laboris, che la Commissione precapitolare aveva preparato sulla base dei contributi delle Sorelle dei diversi Territori e Delegazioni, e di altri strumenti riguardanti alcuni temi specifici (“Essere donna oggi, nell’Opera e nel mondo”; Contributi della Famiglia calabriana; Documentazione sulle vicende dell’abito nella storia della Congregazione). Abbiamo riflettuto, anzitutto, sull’attualità profetica della nostra identità carismatica. È emerso unanime il desiderio di “Ripartire da Cristo” e con Lui, per Lui ed in Lui fare esperienza del nostro Carisma di filiale abbandono in Dio Padre Provvidente, esperienza che consideriamo vitale, per promuovere una vera spiritualità di comunione e di accoglienza nella semplicità dello spirito di Famiglia che ci è proprio. Da una lettura della realtà del mondo e della Chiesa in cui siamo inserite, sentiamo forte la sfida a vivere in pienezza la ricchezza della nostra femminilità e maternità spirituale, quale trasparenza della tenerezza di Dio Padre, che ama con totale gratuità e si prende cura della vita di ogni uomo, specialmente di chi è ai margini dalla società. Mercoledì 23 luglio è stato un giorno speciale di preghiera e di comunione con l’intera Congregazione nell’invocare lo Spirito, perché ci illuminasse nella scelta di colei che il Signore avrebbe chiamato alla guida della nostra Famiglia religiosa per il nuovo sessennio. È stata eletta come Superiora generale Sor. Maria Chiara Grigolini, veronese e missionaria in questi ultimi anni in India. Un altro momento significativo è stato sabato 26 luglio, giornata che abbiamo trascorso in gioiosa e profonda fraternità assieme alla Famiglia calabriana. Al mattino ci siamo ritrovate con i Consigli generali e di Delegazione italiana dei Fratelli Poveri Servi e delle Sorelle Missionarie dei Poveri; il pomeriggio l’abbiamo trascorso coi rappresentanti dei diversi rami laici della Famiglia Calabriana. Abbiamo sperimentato la ricchezza dello scambio fraterno di quanto ogni ramo dell’unica Opera sente come vitale per crescere nella comunione e condivisione dell’unico Carisma. Abbiamo offerto i frutti di questa giornata al Signore, concludendo con la celebrazione Eucaristica, perché fosse Lui la sorgente ed il sostegno del nostro desiderio di camminare assieme. Le prime felicitazioni a Sor. Maria Chiara Grigolini per l’elezione a Superiora generale della Congregazione Martedì 29 luglio abbiamo concluso ufficialmente il IX Capitolo. Per ringraziare Dio Padre per quanto Lui ha operato in noi durante questi giorni, assieme alla Famiglia calabriana abbiamo partecipato ad uno spettacolo lirico-musicale, animato da una corale coreana, nel teatro tenda di S. Zeno in Monte. Come coronamento festivo e celebrativo di questi giorni di vera fraternità e di profonda esperienza spirituale, noi Sorelle capitolari ci siamo recate in pellegrinaggio a Roma, centro della fede universale, per confermare ai piedi della tomba di S. Pietro gli impegni assunti ed il desiderio di vivere in profondità la nostra vocazione di Povere Serve della Divina Provvidenza e la nostra missione nella Chiesa. Siamo consapevoli che un Capitolo generale con i documenti prodotti non ha in sé la capacità di rinnovarci, ma la Grazia di Dio sì. Possa questo evento aiutarci a ritornare all’essenza del nostro Carisma, che è racchiuso nell’invito che ancor oggi san Giovanni Calabria ci rivolge: «Sorelle, fatevi sante nello spirito puro e genuino dell’Opera di Dio: che fortuna per voi, per tutta l’Opera, per il mondo che ha estremo bisogno di santi». Le sorelle capitolari Il nuovo Consiglio generale della Congregazione delle Povere Serve della Divina Provvidenza. Da sin.: Sor. Gloria Dolzani (Vicaria generale), Sor. Carla Furlan, Sor. Maria Chiara Grigolini (Madre generale), Sor. Graciela Ramseyer, Sor. Lucia Bressan 7 Cronaca calabriana L’ULTIMA CAMPANELLA SAN ZENO IN MONTE Chiude definitivamente la Scuola Media San Giovanni Calabria Nel corso degli anni era diventata un solido punto di riferimento all’interno del panorama scolastico provinciale 10 giugno 2003 alle ore 12.35 è suonata l’ultiInilmaCalabria, campanella della Scuola Media Don Giovanchiudendo non solo l’anno scolastico 2002-2003, ma anche l’attività dopo tanti, tanti anni durante i quali ha visto passare dai suoi banchi migliaia di ragazzi o, meglio, di Buoni Fanciulli, che il Padre don Giovanni ha così tanto amato. La chiusura della Scuola Media Don Giovanni Calabria difficilmente potrà essere surrogata da altre istituzioni o dalla volontà di uno o più insegnanti: essa, nel panorama dell’offerta scolastica, era un prezioso punto di riferimento non solo per le scuole private cattoliche, ma anche per quelle statali: quanti ragazzi inseriti per trovare un’attenzione che li rendesse protagonisti e quante famiglie hanno ritrovato la serenità perché il loro figliolo «adesso viene a scuola volentieri; pensi, carica addirittura la sveglia per non perdere l’autobus!». Ricordo una coppia di genitori che, dopo aver iscritto ad anno scolastico iniziato il proprio ragazzo, erano venuti a ringraziare il Signore perché finalmente di notte potevano dormire. Anche il Vescovo, padre Flavio Roberto Carraro, saputo dell’imminente chiusura poneva una chiara domanda: «Se chiude la Scuola Media Don Giovanni Calabria, chi ci rappresenterà come Chiesa nella carità cristiana in questo settore?». È vero: la Scuola Media Don Giovanni Calabria, con tutto il rispetto per le altre istituzioni scolastiche cattoliche veronesi che pure si prodigano per i poveri, si è sempre distinta nell’accoglienza verso chiunque bussasse alla sua porta. La nostra scuola riusciva ad accogliere, assieme ad 8 alunni con situazioni familiari e vissuti scolastici normali, numerosi ragazzi con vari problemi: situazioni familiari difficili, insuccessi scolastici dovuti a problemi relazionali e a carenze intellettive. Questo sforzo d’integrazione, fondamentale in un ambiente scolastico, richiedeva grandi sforzi agli insegnanti ed agli educatori, per progettare ed attuare progetti educativi e formativi fortemente individualizzati. La scuola, inoltre, era strutturata in modo tale da accogliere i ragazzi per tutto l’arco della giornata dal mattino al tardo pomeriggio. La Scuola Media Don Giovanni Calabria, seguendo i desideri del Fondatore, orientava i ragazzi alla vita, proponendo un’attività scolastica che avesse non solo l’obiettivo di “informare”, ma anche quello di “formare buoni cristiani ed onesti cittadini”, seguendo un itinerario che prevedeva la responsabile partecipazione di alunni, genitori, insegnanti ed educatori. Tra le molte attività che hanno fortemente caratterizzato la Scuola Media Don Giovanni Calabria alcune vanno ricordate per il forte spessore educativo: l’orientamento e il teatro. L’orientamento, impegno di tutti gli insegnanti, coinvolgeva alunni e genitori e si concludeva nel proporre delle scelte professionali che valorizzassero le capacità di ciascuno: molti ragazzi sono passati a salutarci contenti del lavoro che stavano facendo (capomastri, elettricisti, meccanici...) e dei valori appresi, che finalmente potevano mettere in pratica nella società. Il teatro era quell’attività che meglio sintetizzava la realtà complessiva della scuola. Coinvolgeva alunni, insegnanti e religiosi e qui non si possono non ricordare i grandi risultati ottenuti: ragazzi che in aula non riuscivano ad aprire bocca, sul palcoscenico manifestavano il meglio di se stessi; ragazzi che in aula difficilmente collaboravano, sul palcoscenico riuscivano a stare insieme; ragazzi timorosi e timidi, erano capaci di recitare addirittura davanti ad un pubblico esterno! E poi le musiche scritte di pugno da Fr. Fortini... la cura delle prove e dei costumi da parte di Fr. Fausto... carissimi Fr. Fortini e Fr. Fausto... in cielo, ne sono certo, su qualche nuvoletta continuate la vostra opera di musica e di allegria! È chiaro che i ragazzi al termine degli studi e nel corso della loro vita hanno sempre ricordato e ricordano ancora con soddisfazione questi momenti vissuti all’interno della scuola, ma fuori dalle aule scolastiche. Il raggiungimento di questi risultati è stato possibile perché essi vivevano quell’età dove è ancora possibile investire nell’educazione, dove è possibile prenderli per mano, fare loro proposte educative e formative. Quella dell’educazione è una priorità di qualsiasi società; del resto san Giovanni Bosco, cui san Giovanni Calabria saggiamente si ispirava in campo pedagogico, così scriveva: «La porzione dell’umana società, su cui sono fondate le speranze del presente e dell’avvenire, la porzione degna dei più attenti riguardi è senza dubbio la gioventù. Se la gioventù sarà rettamente educata, vi sarà ordine e moralità; al contrario: vizio e disordine». Sul problema dell’educazione dei giovani san Giovanni Calabria così scriveva (Lettera LIII, 7 ottobre 1947): «A tutti è noto quanto stia a cuore al Santo Padre la cura e l’assistenza dei giovanetti più poveri ed abbandonati e, appunto per questo, esposti a maggiori pericoli. [...] L’invito del Papa è sceso in fondo al nostro cuore e ci impone di fare quanto più è possibile per realizzarlo in forma concreta e pratica, tanto più essendo questa la finalità propria della nostra Casa Buoni Fanciulli, che da quarant’anni (19071947) si è andata prodigando per raccogliere sotto i padiglioni della Divina Provvidenza centinaia di giovinetti abbandonati. [...] Tuttavia finora l’Opera nostra si è limitata ai soli fanciulli interni; ma sembra giunto il momento di allargare il raggio di attività e di carità, estendendo anche agli esterni l’umile nostra azione di bene. [...] Contemporaneamente un’altra importante attività si è svolta, e si svolgerà ancora, a vantaggio dei giovani studenti che dalla provincia vengono in città per frequentare la scuola, creando per essi la “Casa dello studente”. In essa detti studenti trovano amorosa assistenza durante l’orario extra-scolastico, ed hanno pure una refezione calda, aule riscaldate per lo studio e un lieto e conveniente sollievo. In questo nuovo anno è volontà di Dio che si abbia a dare inizio contemporaneamente ad un’altra opera, la cui importanza non può sfuggire ad alcuno: le Scuole Professionali, che, a Dio piacendo, si inizieranno entro il mese di Novembre. In dette scuole si accoglieranno giovanetti poveri che, terminate le scuole elementari, desiderano imparare un mestiere; vi si fermeranno dalla mattina alla sera, alternando le ore del lavoro con ore di studio e di conveniente sollievo. Si darà loro anche la refezione del mezzogiorno, il tutto gratuitamente, secondo il programma e lo spirito della nostra Opera. [...] Certo i pesi che ci verremo addossando non sono lievi, le difficoltà saranno senza numero, ma confidiamo nell’aiuto della Divina Provvidenza, della quale tuttavia sollecitiamo molti che ne hanno la possibilità a divenire ministri e cooperatori in un’opera così bella, così necessaria e provvidenziale. Dovremo abbandonare l’impresa per mancanza di mezzi? Ci sembrerebbe tradire la nostra speciale missione di bene! [...]». Nonostante alcune difficoltà trascorse, la chiusura della Scuola Media ha comunque suscitato in tutte le persone coinvolte nel corso degli anni sentimenti di ringraziamento a Gesù Cristo; pertanto, la sera del 24 giugno, dopo aver consegnato l’ultimo diploma ed aver ascoltato il suono dell’ultima campanella, insegnanti e religiosi si sono ritrovati in chiesa per la S. Messa e, davanti alla tomba del Padre, hanno recitato insieme anche l’ultima preghiera della storia della Scuola Media San Giovanni Calabria. Andrea Pescarin 9 Cronaca calabriana «Dobbiamo essere Vangeli viventi, per irradiare intorno a noi la luce di Cristo... Guardiamo di essere fedelissimi ai santi Voti; saranno un giorno la nostra gloria...». (DON GIOVANNI CALABRIA) ANDREA BENNATI Figlio di Pierino e di Adami Teresa, è nato a San Bonifacio (Verona) il 15 luglio del 1962. Ha sempre vissuto con la sua famiglia ad Illasi (Verona). Dopo aver compiuto gli studi nella scuola media inferiore è entrato nel mondo del lavoro come operaio in un’azienda di falegnameria. In età adulta ha iniziato un cammino di crescita spirituale accompagnato dall’allora parroco don Silvano Mantovani, il quale lo ha aiutato nel discernimento vocazionale, che lo ha portato ad orientarsi verso la consacrazione come fratello. A 37 anni è entrato nella Comunità di Nazareth il 17 settembre 1999. Ha trascorso due anni di formazione a Nazareth ed ha poi fatto un anno di postulato presso la Comunità dei fratelli di Negrar. San Zeno in Monte - Verona «Siate apostoli, siate santamente contagiosi» (don Calabria) Domenica 7 settembre 2003 Andrea, Emanuel e Massimiliano hanno emesso la loro prima professione religiosa come Poveri Servi della Divina Provvidenza. L’intera famiglia calabriana si è stretta attorno a questi tre giovani, che con coraggio hanno imboccato una via non certo facile da seguire. EMANUEL BULAI arissimi Andrea, Emmanuel e Massimiliano, Cpreparato siamo certi che l’anno di Noviziato che vi ha a questo evento è trascorso portandovi tutti quei doni di grazia e pienezza nello spirito, che tale periodo immancabilmente reca con sé. Vogliamo manifestarvi la nostra simpatia e il nostro affetto, augurandovi che la giornata della vostra consacrazione al Signore sia solo l’inizio di una grande storia tra voi e Dio, una storia che non potrà essere se non una storia d’amore. Il mondo è pieno di anime che attendono cuori capaci e desiderosi di accoglierle, vi auguriamo di essere degni di questa chiamata a servire i più poveri in nome e per conto del Padrone dell’Opera. Che Maria Santissima Madre dei Poveri vi indichi la via da seguire per essere pienamente fedeli alla vostra grande chiamata. Di nazionalità rumena, Emanuel è nato a Tàmàseni il 1° luglio 1976 da Valentin e Dumitrica Cimpoiesu. Ha studiato per qualche tempo presso i francescani, raggiungendo il diploma di scuola superiore. Ha conosciuto la Comunità don Calabria in Romania, mentre era ospite delle Suore Campostrini a Tàmàseni. È entrato in Casa a Ràcàciuni il 15 settembre del 1997. L’anno successivo è stato mandato in Italia, per iniziare gli studi filosofico-teologici e per la formazione. Ha fatto due anni di aspirantato a Nazareth e due anni di postulato in via Roveggia. MASSIMILIANO PARRELLA Massimiliano Parrella è nato a Roma il 24 aprile 1977 da Ottavio e Ivana Neri. Figlio unico, fin da fanciullo ha sempre frequentato la parrocchia di S. Maria Assunta e San Giuseppe di Primavalle, crescendo accanto a splendide figure di Poveri Servi e coltivando una grande stima per l’Opera. Si è diplomato in contabilità aziendale presso una scuola statale del quartiere. È entrato nel COV di Roma nel settembre del 1997. Ha quindi vissuto per un altro anno in famiglia, pur continuando a studiare filosofia all’Urbaniana. L’anno successivo è entrato a Nazareth, dove ha proseguito gli studi teologici ed ha fatto il cammino di aspirante e di postulante, inserendosi nelle attività vocazionali della Comunità. Torino - 25 maggio 2003 Tradizionale incontro annuale degli ex allievi L’amico ritrovato Dopo anni il seme piantato nella buona terra ha dato i suoi frutti la fine di giugno del 1974 ed erano appena Edo,raterminati gli esami di terza media. Faceva calnon sapevo cosa fare per affrontare l’estate. Non c’erano né oratorio, né cinema o altro tipo di divertimento in quel piccolissimo paese. Un bel giorno, mentre da solo sedevo su una panchina della piazza, mi si fermò davanti un furgoncino di colore rosso targato Verona. Conoscevo di vista il conducente che da tempo frequentava il nostro paese e sul conto del quale si dicevano belle cose. Era un prete molto giovane, dinamicissimo e, soprattutto, da come si vestiva sembrava un laico. Era uno del Nord e stava cercando un ragazzo col quale recarsi, insieme ad altri, ad aiutare gli ammalati in un ospedale di un paese vicino a Verona: Negrar. Affascinato dall’idea di fare un’esperienza nuova e particolare, lo pregai di venire a parlare coi miei genitori, affinché mi permettessero di andare con lui. Finalmente arrivò il giorno stabilito e con altri due ragazzi partimmo alla volta di Verona. A Negrar aiutavamo ammalati e personale di quel grandissimo ospedale. Il nostro lavoro si svolgeva durante la mattina e, di pomeriggio, il giovane prete ci portava a visitare diversi luoghi nei dintorni di Verona. Dopo quel mese trascorso lontano da casa, affascinato dal modo educato, sereno e fraterno in cui si viveva in mezzo a queste “persone di Chiesa”, come diciamo noi del Sud, decisi di seguire ancora quel prete, frequentando un anno scolastico lontano da casa. Mi iscrissi allora al primo anno di Ragioneria a Lamezia Terme, città dove conobbi altre figure della Congregazione cui apparteneva quel giovane prete: don Santino, don Lorenzo, don Bartolo, suor Rosalia (preparava degli ottimi risotti), suor Maria (buona, semplice ed amorevolmente mamma nostra). Si trattava della Congregazione di don Giovanni Calabria, che a poco a poco stava seminando nel mio cuore sentimenti dei quali solo da adulto avrei capito la preziosità. Sono passati molti anni da allora, sono cresciuto, mi sono trasferito al Nord, sono felicemente sposato e padre di due ragazzi. Un giorno di agosto di tre anni fa, passando da Lamezia Terme, ho sentito dentro di me un richiamo e sono entrato nella chiesa dove ci sono ancora quei preti di don Calabria. Ho chiesto se mi potevano mettere in contatto con don Primo Ferrari, quel giovane prete che avevo conosciuto molti anni prima. Lo fecero e non so come descriverti, caro Amico, l’emozione che ebbi nel sentirlo rispondere al telefono. Scoppiai in lacrime. Da quel momento ho ritrovato non solo l’amico che pensavo di avere perso, ma anche il classico tesoro. Sì, perché quel piccolo seme introdotto molti anni prima nel mio cuore, oggi è stato trasmesso anche alla mia famiglia, ha messo radici ed è diventato una grande e bella pianta. Nel frattempo ho scoperto che esistono molti amici che hanno avuto delle esperienze simili alla mia e che dopo essere entrati in contatto con la Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, spesso vi rimangono legati per tutta la vita. La cosa più bella l’ho vissuta lo scorso mese di maggio, quando un ex allievo mi ha telefonato, per invitarmi ad un incontro in Piemonte con altri ex allievi dell’Opera. In vita mia non mi sono mai sentito così importante ed onorato. Quella domenica abbiamo vissuto una giornata memorabile, poiché siamo riusciti, noi del Piemonte e gli amici venuti per l’occasione da Verona, a condividere con affetto e spontaneità il seme che don Calabria, direttamente o indirettamente, ha inserito in noi. Ho scoperto che gli amici del Piemonte si impegnano quotidianamente nel volontariato e sento di aver trovato dei veri fratelli con cui condividere momenti intensi, veri ed importanti. 25 maggio 2003: il gruppo di ex allievi riunitosi a Torino Salvatore Rizzuto 11 Speciale Campi Estivi Estate, tempo di vacanze, di spiagge, di montagne, di campeggi... e i giovani calabriani quest’estate cos’hanno fatto? Anche per loro è stato il tempo delle ferie, chiaramente, ma ferie nello spirito della Casa. Sembra infatti che la grande semina degli scorsi Meeting stia dando veramente buoni frutti: quante amicizie intrecciate fra i gruppi del Sud del Centro e del Nord Italia, quanti appuntamenti, quante corrispondenze... i Campi estivi sono aspettati un po’ da tutti come un momento per ritrovarsi finalmente vicini, per fare gruppo, per sentirsi famiglia unita. Bello sentire i giovani parlare una sola lingua, bello vederli unito sotto un unico spirito. Ecco allora quasi la necessità di questo Speciale Campi Estivi: una cronaca, un riassunto, una bacheca su cui appuntare impressioni, desideri, saluti e ringraziamenti e infine, perché no?, anche un piccolo album fotografico in cui guardarsi, riconoscersi e, sorridendo, darsi appuntamento al prossimo anno. Spazio Fiorito Mariano Esperienze d’estate Campo adolescenti Primo giorno. Sotto lo sguardo vigile di don Gustavo il primo giorno è stato di routine: arrivo, sistemazione nelle stanze, cena, formazione dei gruppi e vari giochi, che sono serviti per conoscerci un attimino meglio. Finite le “presentazioni” uno spuntino e poi tutti a letto. Secondo giorno. Il secondo giorno è cominciato con una bella colazione e una dose mega di sbadigli: la sera prima siamo andati a letto presto, ma ci siamo addormentati tardi!!! Poi tutti in salone per vedere la prima di una serie di puntate dedicate a Pinocchio. Finito il filmato ci siamo divisi in gruppi di lavoro – gli “abbecedari” – nei quali dovevamo discutere tra di noi e con gli animatori di ciò che avevamo visto. Nel pomeriggio ci siamo divisi in altri gruppi, a nostra scelta, per partecipare alle attività pomeridiane: animazione, cucina, giardinaggio e laboratorio di ceramica. Dopo, tutti in pineta per giocare a “bandiera”, una sfida tra ragazzi e animatori. Terzo giorno. La mattina successiva ci siamo svegliati a suon di musica diretta dal nostro dj Rocky... c’erano anche le dediche! Colazione, filmato AD OTTOBRE ripartono i nostri incontri invernali. Se hai intenzione di unirti a noi, chiedi informazioni a DON FELIX, telefonando allo 045.99.18.66 dell’Oasi San Giacomo di Vago di Lavagno. e al lavoro negli “abbecedari”. Dopo pranzo fino alle 17.00 circa abbiamo partecipato ai vari laboratori e poi abbiamo dato inizio al mega-torneo pomeridiano, in cui le varie squadre si sono sfidate in tre classiche specialità olimpiche: pallavolo, palla-prigioniera e palla-popolo!!!!!! Quarto giorno. Per il giorno successivo stesso copione tranne che per un piccolo particolare: prima del torneo pomeridiano ogni squadra doveva scegliere un rappresentante, che insieme agli altri organizzasse la serata. Dopo cena abbiamo acceso un enorme falò al centro del campo da calcio e ci siamo seduti attorno in cerchio a cantare e a raccontarci barzellette, ma la cosa più divertente è stata quando ci siamo divisi in tre “battaglioni”: i romani, gli aretini e i veronesi... no, potete star tranquilli che non siamo arrivati alle mani: è stata una guerra a suon di canzoni. Infatti quando un gruppo attaccava con qualche canzone tipica del suo paese, l’altro ribatteva con la sua. È stato davvero divertente. Quinto giorno. La grande novità è però arrivata la sera dopo: la coena mundi. Siamo entrati a coppie nel salone, che era stato diviso in varie parti rappresentanti l’intero mondo: il Brasile, l’India, l’America e via dicendo. Ognuno doveva pescare un bigliettino sul quale c’era un numero e a seconda del numero si doveva prendere posto in una determinata parte del mondo. Voi penserete: «Bello, vi hanno fatto assaggiare i cibi tipici d’ogni paese»... magari! In realtà tutto s’è svolto in un altro modo: quelli che sedevano al tavolo dei paesi ricchi (America, Europa, etc.) mangiavano antipasto, primo e secondo; quelli della Russia cioccolata calda e biscotti; quelli dell’India riso scotto, un pezzo di pane e del tè e così via. Quelli del tavolo dei ricchi potevano portare qualcosa ai poveri, ma molto spesso non lo facevano. Risultato? Sono volati parecchi insulti! Con la coena mundi i nostri animatori hanno voluto farci capire, tra le tante cose, che non è bello avanzare la roba da mangiare nel piatto e che questo è un insulto a chi da mangiare non ne ha. Molte guerre scoppiano per il cibo, ma soprattutto per l’indifferenza totale della gente ricca, nei confronti di chi non ha niente... la mattina seguente a colazione non abbiamo avanzato neanche una briciola! Sesto giorno. Il giorno dopo è stato il più divertente del campo, perché abbiamo passato l’intera giornata in piscina. Fra bagni, tuffi, partite di calcio ed altro la giornata è volata e presto è stata l’ora di tornare a San Mauro, dove ci aspettavano la cena e una splendida serata a base di karaoche e danze. Settimo giorno. Il pomeriggio del giorno dopo ci sono stati i giochi d’acqua, ma credo siano stati in realtà solo un pretesto per scatenare una furiosa battaglia a base, ovviamente, d’acqua. Una volta asciutti eravamo già pronti per la stratosferica dance night: come in discoteca ci sono stati schetch, musica, balli ed alcool... no, sto scherzando per l’alcool: sappiamo divertirci anche senza rovinarci. Ottavo giorno. Il giorno successivo, che era l’ultimo, c’è stato tutto un complicatissimo scambio di numeri telefonici, indirizzi, fotografie, saluti, baci e abbracci, poi c’è stata la Messa finale e lo scambio delle magliette del campo con firme e dediche. Così si è concluso un altro campo estivo, che tristezza... mi mancano già tutti gli amici di San Mauro. Ma nella mente mi restano una quantità di stupende immagini... ricordi cari e preziosi, che non cederò mai a nessuno. Volete anche voi dei momenti così? E dei nuovi amici? Allora vi aspetto a San Mauro il prossimo anno! Baci. Grazia Nicolis Campo Elementari Ciao, sono sempre io, Grazia. Vi racconto un altro campo, stavolta ero animatrice o... aiutoanimatrice... o partecipante... beh, alla fine non saprei dire se è stato più un lavoro o un divertimento... forse però un divertimento... Primo giorno. 15.30: stanno per arrivare circa un’ottantina di bambini tra i sette e gli unidici anni, per partecipare al campo estivo dello Spazio Fiorito Mariano, insieme a Pinocchio, alla Fata Turchina, al Gatto e alla Volpe e, naturalmente, insieme all voce della coscienza: il Grillo Parlante. Quest’anno con l’aiuto di Pinocchio e compagnia, si insegnerà che ogni burattino può diventare un bambino vero, ma solo se si è buoni, obbedienti e disposti a crescere assumendosi le proprie responsabilità. Dopo Messa spediamo con fatica i genitori a casa e facciamo cenare i bambini. Poi ci siamo divisi in gruppi di “mussi” [asini, ndr] colorati (che pensano solo a giocare): verdi, rossi, gialli e via dicendo. Fatti alcuni giochi per conoscerci meglio tra noi siamo andati tutti a letto con la “storia della buona notte”, che ci ha accompagnati nel mondo dei sogni. Secondo giorno. Sveglia alle 8.00 con musica e ginnastica sul piazzale. Ovviamente c’è stato qualche musso che ha disertato... ma dopo ha lavato i piatti! Finita la colazione abbiamo assistito alla seconda parte della recita su Pinocchio, quindi ci siamo divisi nei vari “abbecedari”, cioè nei gruppi di lavoro, dove abbiamo discusso di vari argomenti fino all’ora di pranzo. Dopo pranzo c’è stato un po’ di tempo libero per giocare, mentre gli animatori preparavano un altro pezzo della storia di Pinocchio, che hanno poi mostrato ai bambini nel pomeriggio. Alla sera è cominciata una sfida avvincente fatta di giochi a punti tra le varie squadre. A giochi conclusi tutti a letto con una bella favola. Terzo giorno. Stranamente quasi nessuno ha disertato la ginnastica del mattino... Dopo la colazione ci siamo divisi secondo le varie fasce d’età. Mentre i più grandi si confessavano, i più piccoli facevano dei lavoretti di creta da portare come offerta all’altare durante la preghiera serale. Quarto giorno. Tutti ci siamo alzati prima del solito, poiché c’era in programma una camminata fino alla Madonna delle Salette. C’è voluta più di un’ora per arrivare e alla fine i bambini hanno prosciugato la fontanella. Dopo una rapida spiegazione della storia della Madonna delle Salette ci siamo preparati alla S. Messa, che abbiamo celebrato nel boschetto. Il tempo ha retto fino al momento di iniziare i giochi, poi è scoppiato un temporale. Ci siamo rifugiati in Chiesa, mentre il pulmino faceva la spola tra la Salette e San Mauro per riportarci a casa asciutti. Quinto giorno. C’è stata una grandiosa caccia al tesoro: il gioco consisteva nel risolvere indovinelli, rebus e altri rompicapi, per avere un indizio su dove si trovavano delle chiavi di carta con scritta sopra una parola, che si riferiva alla storia di don Calabria. Ogni chiave di carta dava la possibilità di pescare una chiave autentica, per aprire un forziere che conteneva un misterioso tesoro, il quale altro non era se non una... valanga di caramelle! Ultimo giorno. Stanze vuote, valige ammucchiate, bambini che si preparano per la partenza... a Messa conclusa, tutti in scena per l’ultimo atto: firme sulle maglie del campo, saluti e anche qualche lacrima. Infine partenza verso casa! Passeggiando per i corridoi vuoti, attraversando le sale deserte e silenziose, a noi animatori si stringe il cuore e pensiamo: che facciamo ora? Già ci mancano i bambini. Ma poi torna subito l’allegria e sulla via del ritorno troviamo la medicina per combattere la malinconia: in fin dei conti dobbiamo solo aspettare l’anno prossimo, per ritrovarci tutti assieme. A presto! Grazia Nicolis 13 Speciale Campi Estivi Le voci dei giovani che hanno partecipato a “Lavori in corso” Giovani costruttori al lavoro Più di 100 giovani riuniti a Lamezia Terme per un’esperienza unica, ribattezzata in calabrese “U mìting di i guajjuni”, che ha saputo coniugare momenti di intensa spiritualità, impegno e condivisione, con tutta l’allegria, il movimento, la capacità di “fare rumore”... ma non per nulla! Entusiasmo alle stelle e tanta voglia di essere davvero i protagonisti della nuova civiltà dell’amore. Ma quando si comincia? Cronaca di un’attesa carica di fatica e di entusiasmo... Noi giovani della parrocchia di San Giovanni Calabria di Lamezia, siamo stati felicissimi di poter ospitare il grande evento dell’estate che aspettiamo con ansia ogni anno. Nonostante l’attesa fosse grande, come pure il desiderio di prepararci bene, fra di noi c’era la paura di non essere all’altezza, ma durante l’ultima settimana tutte le nostre paure sono scomparse perché tanti sono stati gli impegni affinché tutto andasse per il meglio: preparare i cartelloni dei LAVORI IN CORSO, prepararci spiritualmente, imparare i tanti canti che hanno animato il nostro Meeting, insieme ad alcuni amici venuti da Roma e da Verona! Sono stati dei giorni intensi, duri, ma ricchi di entusiasmo... Ed ecco arrivare il giorno dell’accoglienza: «Dove sono le GIRLANDE...? Sono pronti i fiori...?» [I giovani di Lamezia hanno accolto ogni ragazza con un fiore e ogni ragazzo con una ghirlanda intorno al collo, che qualcuno si ostinava a chiamare “girlanda”...]. L’ansia cresceva, emozioni indimenticabili e all’improvviso: “ECCOLI”!!! Angela e Davide (Lamezia T.) 14 E dopo 1.000 km arrivare... in famiglia! Non c’è un grazie abbastanza grande per l’accoglienza ricevuta nelle famiglie... L’ospitalità delle famiglie calabresi é sicuramente una delle più gradite realtà riscontrate nel soggiorno a Capizzaglie. Tutte le famiglie che ci hanno ospitato sono state talmente generose e affabili che sarebbe sembrato a chiunque di vivere tra gli affetti delle proprie mura domestiche. Non dimenticheremo mai il calore con cui siamo stati accolti la prima sera del meeting, dopo un viaggio lungo più di 1000 km, e con quel caldo... Le prelibatezze tipiche del luogo non mancavano mai sui tavoli in cucina (come si possono dimenticare le olive farcite, il salame casareccio, i sorbetti?), come nemmeno mancava il rapporto schietto e sincero instaurato subito con i componenti delle famiglie. Il piacere di vivere in una realtà così lontana fisicamente, ma vicina affettivamente non può che ispirare in ognuno di noi un senso fortissimo e universale di fratellanza e amorevole condivisione. Daniele (Vicenza) Pregare con sabbia, mattoni e cemento...?! Dove c’è creatività c’è lo Spirito: tanti simboli per scoprire una casa che man mano cresce dentro di noi... Attenzione! Attenzione! Scusate il disagio, stiamo lavorando per voi. In quei giorni alla Domus Bethaniae pareva proprio di essere in un grande cantiere: mattoni, secchi di sabbia, pietre, cartelli vari e tanti giovani trasformati per l’occasione in muratori “speciali”, pronti a costruire... «A costruire cosa?», vi chiederete. La nuova città di Dio, una città eretta «da giovani costruttori che, mossi da autentico amore sappiano porre pietra su pietra per edificare, nella città dell’uomo, la città di Dio» (Giovanni Paolo II). I “Lavori in corso” sono quindi cominciati con il rito della consegna del mattone, un piccolo oggetto che ognuno di noi ha tenuto con sé durante tutto il Meeting e che rappresentava un po’ la nostra vita. Nei vari momenti di preghiera abbiamo visto come dal buono o cattivo uso di questi mattoni si avevano costruzioni più o meno stabili. Abbiamo infatti provato a porre mattoni sulla sabbia, fragile e instabile, ma – che delusione! – la nostra costruzione è caduta subito. Niente paura, il giorno dopo ci siamo impegnati a rafforzare la nostra fede, ponendo le nostre firme sul Vangelo, e da qui, via! a costruire ponendo i nostri mattoni sulle pietre, stabili e sicure. Non solo, abbiamo anche rafforzato la nostra casa ponendo delle fondamenta eccezionali, ovvero i capisaldi della spiritualità calabriana. Nemmeno il terremoto più potente avrebbe potuto abbatterla! Le fondamenta sono state poste, ora sta a noi, con l’impegno e la coerenza, portare avanti la costruzione... i “Lavori in corso” non finiscono mai! Federica (Verona) Una strada piena di segnali... Il punto di partenza? Non poteva che essere la Paternità di Dio... la strada che ci ha portato qui è quella tracciata per tutti noi da san Giovanni Calabria! Iniziano i nostri “Lavori in corso” e scopriamo che ogni giornata è caratterizzata da un segnale stradale. Il primo segnale presentato è PATERNITÀ PERMANENTE CONTINUA, segnale guida che ci accompagnerà per tutto il Meeting. Viene sottolineata la figura del Padre che si prende cura dei suoi figli conducendoli per mano, e quella dei figli che si fidano ciecamente di Lui. Per essere costruttori nella città di Dio dobbiamo essere questi figli, che si abbandonano alla volontà del Padre, perché un Padre vuole solo il bene dei suoi figli e anche quando pensiamo che Lui si sia allontanato, ci è sempre accanto, perché la sua presenza è “permanente” e “continua”. Abbiamo quindi preso un impegno importante: il Meeting è stato solo l’inizio dei nostri lavori: ora tocca a noi andare avanti e portarli a termine nelle nostre parrocchie e comunità, impegnandoci fino in fondo. Per fare ciò chiediamo l’intercessione del nostro san Giovanni Calabria, affinché non ci vengano mai a mancare le forze e la perseveranza. Marilù, Donatella e Debora (Lamezia T.) 15 Speciale Campi Estivi ... Salite e strettoie! Una strada in salita, sotto il peso della croce. Quello che va bene per Gesù, va bene anche per noi... (ma che fatica!) La giornata di mercoledì è cominciata con il cartello “Attenzione strettoia”, che simboleggia le difficoltà da superare per seguire la strada di Dio. La nostra fatica inizia proprio qui... Eccoci così subito in cammino sotto il sole cocente verso una meta per noi sconosciuta: la Domus Bethaniae, una piramide sperduta tra i colli calabresi. Ovviamente la nostra camminata non poteva essere una camminata qualunque. Durante il percorso ciascuno di noi doveva portare un mattone, simbolo dei costruttori di una nuova civiltà, e, inoltre, abbiamo potuto sperimentare il peso della croce trasportandone una vera e propria. Nel pomeriggio il tema è stato svolto con l’esperienza dei “materassi”: l’ingresso della porta era ostruito da due materassi, che formavano una “porta stretta” e, dietro a questi, due animatori ci schiacciavano rendendo difficile il passaggio. Dopodiché è seguito un momento di riflessione, in cui abbiamo volto uno sguardo alle ferite che alcune scelte possono comportare. Non è mancato nemmeno il tempo per giocare: alla sera, infatti, ci siamo intrattenuti in giochi divertenti e spiritosi, come quello della patata o del pennarello passato da piede a piede. Come si può vedere, le nostre giornate sono sempre state piene e il tempo per annoiarsi proprio non c’è stato! Daniela e Lisa (Verona) In missione per le strade di Capizzaglie... Da ascoltatori della Parola a testimoni: chi ha il coraggio di suonare un campanello per... annunciare Gesù? Che grande giornata! L’abbiamo vissuta come il “giorno della scelta di vita”. Lasciare la precedenza a Cristo nella propria vita significa sceglierlo come fondamento della propria esistenza e cercarlo in ogni persona che ci circonda, ma soprattutto non vergognarsi mai di essere suoi testimoni. Tutto ciò l’abbiamo vissuto grazie alla rappresentazione della testimonianza di vita di tre grandi del nostro tempo e un grande del passato: Giovanni Paolo II, Madre Teresa di Calcutta, don Calabria e S. Francesco. Con la loro grande umiltà e il loro SÌ a Dio ci continuano a dare un grande esempio da seguire. Ma per sentirci testimoni di Cristo, giovedì 7 agosto abbiamo fatto qualche cosa in più! Abbiamo vinto le nostre paure ed abbassato le nostre barriere andando di casa in casa ad invitare la gente della parrocchia a partecipare alla nostra festa conclusiva e a far loro sapere che noi vogliamo essere testimoni di Dio. Che fatica quando ci hanno trattati con un po’ di diffidenza! Abbiamo capito, almeno un pochino, come si deve essere sentito Gesù e ciò ci ha resi ancora più forti e saldi, perché se Lui che è il Maestro ha dovuto sopportare questo, certo anche noi possiamo. Quindi ben vengano le umiliazioni e avanti tutta con grande coraggio! Silvia e Riccardo (Ferrara) Costruttori sulla sabbia... Giocare per distruggere i disvalori che ci vengono proposti come enormi castelli di sabbia, ma anche giocare sulla sabbia, quella vera, per costruire fraternità e allegria! 16 Castelli di Sabbia: la giornata è cominciata con la S. Messa, nella quale ogni costruttore ha firmato il contratto di lavoro con Dio, cioè lo stile evangelico che don Calabria predicava. Poi i nostri gruppi (i mitici cantieri!) si sono divisi due a due per l’attività di costruttori/distruttori: prendendo spunto da una pubblicità, un gruppo esaltava i disvalori del mondo d’oggi e l’altro li distruggeva, proponendo riflessioni sui veri valori mediante comici sketch. Pomeriggio e serata sono volati in spiaggia tra tuffi, risate, canzoni e invocazioni allo Spirito Santo intorno ad un mega falò. Sara (Roma) ... o costruttori sulla roccia? La festa finale Risse e code all’ingresso della discoteca... – Errore! – Risse e code per raggiungere i confessori... Siamo arrivati alla roccia, finalmente! Musica, scenette ed allegria contagiosa dei costruttori... nella gioia! Un grande abbraccio tra i giovani e l’intera Parrocchia: un’unica, grande famiglia! Un centinaio di giovani... uno alla volta si avvicinano alla croce, posano una pietra e ascoltano le parole di don Calabria, per scoprire quali sono i pilastri che permettono di edificare sulla roccia: Dio Padre, Divina Provvidenza, spirito di famiglia e amore per i poveri. Ecco come è iniziata la quarta giornata del Meeting calabriano, che aveva come tema “costruire sulla roccia”. Dopo un momento di riflessione, ciascun cantiere si è trovato a disegnare delle crepe... le crepe che rovinano il rapporto con noi stessi, con la società e con Dio. Come cancellare i segni che queste lasciano nella nostra vita? Condividere le esperienze, confrontarsi, ricercare e ascoltare la Parola di Dio, questi sono gli strumenti che abbiamo per riparare le crepe e per trovare i “pilastri” della nostra vita. La giornata è proseguita con un pellegrinaggio al Santuario della Madonna di Porto, dove tutti i giovani sono stati chiamati a vivere un momento penitenziale. Ognuno si è preso del tempo per guardarsi dentro, per ricevere l’abbraccio misericordioso del Padre e giungere così alla riconciliazione. Tutto si è concluso con una preghiera di ringraziamento e con tanti cuori che hanno ritrovato la pace e sentito il desiderio di seguire Gesù Cristo sulle orme di don Calabria... per essere costruttori della civiltà dell’amore. «... mattone su mattone crescerà / la casa sulla roccia forte resterà / il senso della vita troverai / in Dio e nei fratelli tuoi...». Francesca (Verona) ... e dalla Calabria siamo pronti a ripartire con lo stesso entusiasmo. Ovunque ci troviamo siamo chiamati ad essere costruttori di questa nuova civiltà dell’amore, perché tutto il mondo è di Dio! Domenica sera si apre il sipario con la Messa di chiusura del Meeting e dopo la Mensa Eucaristica arriva quella calabrese: ogni famiglia porta prelibatezze per i nostri palati. Il tempo corre veloce e di gran fretta parte l’animazione della serata: scenette romane e calabresi ossia montagne di risate. Pumaduaru presentava le giornate del Meeting ricordando le kikke più buffe e significative. Pezzo forte e indispensabile è stata la mitica band: 15 ragazzi per 1000 canzoni da sogno. Come un sipario calante il cielo stellato della Calabria ci ha salutati fra gli applausi di tutti. Paolo P.P.P. (Roma) Cosa rimane da dire? Tralasciamo il reportage sui fiumi di lacrime al momento di salutarci (!) e passiamo subito a qualche ricordo. Noi ci siamo conosciuti proprio in Calabria... È stato fantastico... soprattutto la grande scalata al monte Everest... [ma come, non era il “Calvario”?] In questo meeting abbiamo fatto nuove amicizie e nuove esperienze. I “Lavori in corso” ci hanno fatto maturare nel campo spirituale, nella ricerca di noi stessi; ogni giorno, la Messa era piacevole da ascoltare anche grazie agli stupendi canti che ci proponeva il coro. Il punto forte del Meeting è stato quello di dividerci in “cantieri”, che ci hanno permesso di fare giochi e scenette di gruppo. Il gioco che ci ha divertito di più è stato quello della patata. L’esperienza più divertente è stata sicuramente l’uscita al mare, dove abbiamo approfondito le nostre amicizie; la cena intorno al fuoco è stata fantastica, grazie alla buona volontà di chi è riuscito ad accenderlo... Uno dei personaggi più simpatici di questo meeting è stato la mascotte di Calabrialand, Pumaduaru, un personaggio che ha portato molta allegria nel gruppo. E in conclusione facciamo un grande applauso alle famiglie di Lamezia Terme, per l’ospitalità che ci hanno riservato e per il cibo squisito che ci hanno offerto. Grazie a tutti per la vostra simpatia e generosità. Ciao e... alla prossima avventura! Andrea, Alex e Ruslan (Arezzo) 17 Speciale Campi Estivi C’eravamo anche noi! Anche un gruppo di ragazzi di Ferrara ha partecipato ai Lavori in corso calabriani Una delle attività estive che hanno reso speciale il mese di agosto è stato il Meeting calabriano organizzato dalla Pastorale Giovanile a Capizzaglie di Lamezia Terme, in Calabria. Un piccolo gruppo di Ferrara si è unito ai più di cento giovani, provenienti dalle diverse realtà calabriane presenti in Italia, che hanno partecipato a questa bellissima esperienza ricca di preghiera, giochi e condivisione. Partiti in pullman da Roma, siamo arrivati stremati a Capizzaglie, dove ci attendevano i ragazzi calabresi della parrocchia, che ci hanno accolto in modo veramente splendido, con entusiasmo e amicizia. La sera stessa siamo stati ospiti di alcune famiglie che avevano dato la loro disponibilità e l’ospitalità ricevuta è stata veramente un esempio di fratellanza cristiana e condivisione. Nei giorni successivi abbiamo soggiornato presso la Domus Bethaniae, una costruzione piramidale edificata a 1000 m. di altitudine nel bel mezzo di un bosco. Qui ai momenti di preghiera e di gruppo mattutini abbiamo alternato le varie uscite pomeridiane, che sono state tutte esperienze molto interessanti e spiritualmente forti. La prima è stata senza dubbio la più divertente e allo stesso tempo formativa, perché abbiamo vinto le nostre paure, abbassato le nostre barriere e siamo andati di casa in casa ad invitare i paesani alla nostra festa di chiusura della domenica, testimoniando così la nostra fede cristiana. Il terzo e quarto giorno abbiamo sperimentato la differenza esistente tra il costruire la propria casa sulla sabbia e l’edificarla invece sulla roccia. Nel primo caso con momenti di preghiera e di svago al mare, nel secondo caso con la visita al santuario della Madonna di S. Gimigliano, dove la giornata penitenziale ha realmente toccato il cuore di tutti i giovani. La festa finale di domenica ha chiuso un incontro che a detta di tutti i presenti ha arricchito profondamente la nostra fede in Dio e ha reso molto più corta l’Italia, facendo sì che un gruppo di cento giovani si sentisse fortemente unito: fratelli e sorelle legati dal comune desiderio di scoprire Cristo in ogni istante della propria vita. 18 Vacanza campagnola Quest’estate la Comunità Educativa don Calabria di Ferrara, ha trascorso quindici giorni nella campagna ferrarese, esattamente a Bondeno. Il primo giorno appena arrivati abbiamo montato le tende, dove molti di noi ragazzi hanno poi dormito. Le attività svolte durante le varie giornate sono state molte: alcuni ragazzi la mattina andavano a lavorare, accompagnati dagli operatori, mentre per chi rimaneva si organizzavano partite di pallone, gare di freesby, o giochi di società. Un’altra bella occupazione era la pesca ai gamberi di canale, che facevamo in un piccolo corso d’acqua che scorreva non molto lontano dal nostro campo. A pranzo ci si trovava tutti insieme a tavola, per mangiare quello che le nostre cuoche avevano preparato. A volte nel pomeriggio si riprendevano le attività iniziate la mattina, altre volte invece ci avventuravamo in altri giochi, ad esempio con i gavettoni, o facevamo delle corse in campagna con i motori, abbiamo persino fatto il pane! Alla sera, dopo aver cenato, guardavamo un film proiettato sullo schermo gigante montato all’aperto. Al termine del film si mangiava il cocomero, parlando e scherzando fino all’ora di andare a letto. Questa esperienza è stata molto bella. Salvatore e Agnese Campo Mobile siciliano Siamo ancora noi, i ragazzi del “don Calabria” di Ferrara, che vi vogliamo raccontare di come nel mese d’agosto la nostra comunità abbia... messo le ruote. Sì, proprio le ruote. Ragazzi ed operatori, capeggiati da don Fabio, muniti di pulmino, camper e tende, hanno attraversato l’Italia per far sosta qualche giorno in Calabria, prima di arrivare nella lontana Sicilia (Km 1300!!!!!!!). La vacanza è stata sia un momento di svago per il corpo, con gite nei luoghi caratteristici delle due regioni, degustazioni di prodotti tipici e tanti bagni nel mar Tirreno e Mediterraneo; sia un momento di riflessione per lo spirito, visitando le più belle Cattedrali di Palermo, Cefalù, Ragusa... e altre chiese meno conosciute, ma non meno belle. Il soggiorno estivo, chiamato “Campo Mobile”, è stato un’esperienza bella, perché ha permesso a tutti i partecipanti di vivere una realtà nuova, all’insegna della spontaneità dei comportamenti, senza porre vincolo alla conoscenza reciproca, che all’interno di una comunità educativa non è così scontata. La vacanza è iniziata il 31 luglio. Partendo non sono mancati gli imprevisti: appena usciti dal cancello di Casa, dopo soli 50 m. è scoppiato un pneumatico del camper! I ragazzi si sono prodigati nella sostituzione, sotto una pioggia battente, per poter poi verificare se sia poi vero che “vacanza bagnata, vacanza fortunata”. Finalmente partiti, ci siamo accorti che il camper sbandava. Tutti pensavamo che don Fabio guidasse in stato d’ebbrezza, ma in realtà ci siamo poi accorti che tutto dipenseva dai pneumatici: non ce n’era uno uguale all’altro! Dopo ore di viaggio, arrivati distrutti in Calabria, abbiamo cominciato la ricerca del campeggio tanto desiderato da tutti (che sonno avevamo!). Superate le formalità alla reception, tentiamo di sistemarci nella piazzola assegnataci, montando le nostre tende, ma un po’ per la stanchezza, un po’ per l’inesperienza, ci rassegniamo a saltare il pisolino e ad andare tutti in spiaggia per un bel bagno ristoratore (comunque poi le tende siamo riusciti a montarle). L’avventura del campeggio è durata tre giorni, dopo di che siamo ripartiti per la Sicilia, dove siamo stati ospitati nel Centro socio-ricreativo dell’Opera don Calabria di Termini Imerese (PA). Abbiamo fatto anche una visita alla comunità terapeutica gestita da don Gino, dove abbiamo condiviso con i giovani della struttura una giornata a stretto contatto con la natura – c’erano animali da cortile d’ogni genere e grandezza... bellissimoooo – rendendoci partecipi delle loro attività quotidiane. La seconda settimana, ci siamo trasferiti a Piazza Armerina (EN), ospiti in un istituto di suore, dove le comodità erano quasi nulle e la sistemazione era veramente da campo mobile. Alla fine della vacanza stanchi, ma contenti, abbiamo intrapreso il viaggio di ritorno verso Ferrara, ricchi di ricordi e di nuove amicizie da conservare e coltivare con piacere negli anni futuri. Natascia e Riccardo 19 Se non ritornerete... Le farfalle e il formico era una volta nel bel mezzo della Foresta Incantata una radura luminosa, dove vivevano in pace tra loro moltissimi animaletti. C’erano formiche, api, vespe, calabroni, farfalle e molti altri ancora, che tutto il giorno lavoravano alacremente per procurarsi il cibo. Tra le creature della radura, le più allegre e spensierate erano due coloratissime farfalle, che con le loro ali variopinte svolazzavano serenamente da un fiore all’altro, succhiando il nettare e fermandosi ogni tanto a bere dell’acqua da qualche gocciolina di rugiada rimasta sui fili d’erba. Anna e Maria – questi erano i nomi delle due farfalle – avevano un sacco di amici. Erano infatti assai gentili con gli altri animali ed anche molto premurose e questo le rendeva amate e benvolute da tutti. Quando scoprivano un fiore dal nettare particolarmente dolce, ad esempio, non cercavano di tenere la cosa per sé e di succhiarselo tutto, ma subito spargevano la notizia, in modo che anche gli altri animaletti potessero approfittarne. «Buongiorno, signora coccinella. Porti i suoi bambini su quella margherita laggiù in fondo, quella vicino al cardo selvatico, sentirà che nettare dolce e vedrà quanto!» «Grazie Anna. Grazie Maria. – rispondeva allora la coccinella – Ci volo subito. Forza bambini, andiamo!» %’ 20 E così i giorni trascorrevano sereni e tranquilli per tutti gli animaletti della radura. Una brutta mattina, però, arrivò nel prato un formicone nero, che nessuno aveva mai visto. Era grande, molto più grande degli altri insetti della sua specie, con delle mandibole assai affilate e minacciose, degli occhi infuocati che non promettevano nulla di buono e una corazza più dura dei più duri ciottoli dello stagno. Anna e Maria lo incontrarono quasi subito in uno dei loro voli mattutini alla ricerca di cibo: «Buongiorno a te, formicone. Io sono Anna». «E io sono Maria. Buongiorno. Come ti chiami, formicone?» «Che v’importa del mio nome?» rispose bruscamente il nero insetto. Che caratterino! Non sarebbe stato facile fare amicizia con lui, ma Anna e Maria non se la presero. «Ciao, formicone. Noi andiamo, ma se hai bisogno di qualcosa chiamaci pure, verremo senz’altro» e volarono spensieratamente su di un altro fiore e poi su un altro e un altro e un altro ancora, fino a scomparire dalla vista del nuovo arrivato. Purtroppo quel breve incontro era stato sufficiente per far venire al formicone una bruttissima idea. Dovete infatti sapere che fin da piccolo aveva sofferto moltissimo per la sua mole e per il suo colore nero, che lo rendevano assai più minaccioso di quanto in realtà non fosse. Tutti gli animali si spaventavano quando lo vedevano ed il formicone finiva sempre per restare solo. Ora, vedendo le ali variopinte di Anna e Maria, pensò che se fosse riuscito ad impadronirsi di quei colori, avrebbe potuto diventare più attraente e farsi Se non ritornerete... one finalmente degli amici. Così pensò di catturare le due farfalle, di strappare loro le ali e di farne un vestito da indossare sopra la sua nera corazza. Preparò velocemente una rete con dei fili d’erba intrecciati e poi chiamò con quanto fiato aveva in gola: «Anna, Maria. Venite, presto. Ho bisogno di voi. Anna, Maria». Le farfalle, anche se ormai lontane, sentirono quel richiamo e subito si affrettarono verso il formicone. «Chissà cosa vorrà?» si chiedeva Anna. «Che ne dici? – rispondeva Maria – Forse si è reso conto di essere stato un po’ maleducato e vuole scusarsi». «Sì, hai ragione. Probabilmente vuole solo fare amicizia». Appena arrivate si posarono su di un filo d’erba e subito il formicone gettò la sua rete. Anna, che si era posata più in alto sullo stelo, fece in tempo a spiccare il volo e a fuggire, ma Maria, purtroppo, restò intrappolata. «Aiuto! Aiuto!» gridava la poveretta. «Aiuto! Anna, aiuto! Aiutami!» «Maria! Maria! Resisti! Resisti!» gridava Anna disperata. Il formicone si avvicinò minaccioso a Maria. Strinse le corde della rete e attirò a sé la farfalla disperata. «Aiuto! Aiuto! – continuava a gridare Maria – Che vuoi farmi? Aiuto!» «Ti strapperò le ali e le indosserò come un vestito!» tuonò il formicone iniziando ad aprire la rete. A quelle parole Anna si gettò disperatamente sul formicone per tentare di liberare l’amica. «Non farlo! – gridava – La ucciderai! Prendi me piuttosto. Prendi me al suo posto». «No, no! – gridava allora Maria più forte – Prendi me, lascia stare Anna. Fuggi, Anna. Fuggi!» Ma Anna insisteva: «Prendi me e libera Maria». Anche Maria insisteva: «Prendi me e lascia stare Anna». «Prendi me!» «Prendi me!» «No, prendi me!» «Me!» Il formicone era commosso da tanto altruismo. Non sapeva più cosa fare. Ad un tratto due grossi lacrimoni gli spuntarono dagli occhi infuocati e sentì come un nodo stringergli il cuore. Tutti gli animaletti della radura erano intanto accorsi per cercare di liberare le due farfalle. «Andate. – disse ad un tratto il nero insetto tra le lacrime – E, se potete, perdonatemi. Non posso fare del male a due amiche generose come voi. Volevo i vostri colori per trovare degli amici, ma il vostro altruismo mi ha fatto capire che non è questa la via». Abbattuto e disperato per quello che stava per fare il formicone si voltò e si diresse verso il bosco, deciso ad abbandonare la radura e a sparire per sempre. «Poverino, – esclamò allora Anna – deve sentirsi molto solo». «Sì – continuò Maria – davvero molto solo. Su, avanti: chiamiamolo. In fondo non è poi così cattivo». Le due farfalle lo raggiunsero e, perdonatolo di cuore, lo fecero tornare nella radura con tutti gli altri animaletti, dove visse per sempre felice e contento. Aveva infatti capito, che i veri amici non danno importanza al vestito esteriore, ma guardano piuttosto alla bellezza del cuore. Testo di un amico delle farfalle Illustrazioni di M. G. Bonadiman 21 L’Opera nel mondo Ufà - Russia Camminando lungo la via... Riflessioni sulla nuova missione russa dell’Opera don Calabria La comunità cristiana di Ufà Foto di gruppo della comunità cristiana lungo le strade di Ufà 22 del tempo che ho a disposizione, Apresopprofittando tra una lezione e l’altra di lingua russa, ho l’abitudine di fare delle lunghe passeggiate per la città di Ufà. È un bel modo per visitarla senza fretta, per osservare molti particolari, ma anche per fantasticare e per pregare silenziosamente. Durante queste passeggiate mi fa sempre di più impressione la gente che incrocio lungo la strada, nel parco, alle fermate dell’autobus o che se ne sta seduta sulle panchine. Dai loro volti, che sembrano sempre guardare lontano, nel vuoto, in attesa di qualcosa o di qualcuno d’indefinito e sconosciuto, par di percepire, di intuire, a volte di toccare con mano, la quasi assoluta mancanza di una idea di Dio e della Sua trascendenza; anzi, più semplicemente, dell’idea della Sua esistenza. Durante le camminate, vedo i monumenti a Lenin in mezzo alle piazze principali, i mosaicimurales raffiguranti lo stesso Lenin, le “stelle rosse” poste in cima alle guglie delle torri dei palazzi pubblici, gli stemmi del passato regime sulle facciate e sui portoni di ingresso degli uffici pubblici. Noto, soprattutto, l’indifferenza della gente che passa sotto o accanto a questi simboli: semplicemente non li degna di uno sguardo. Forse evocano tempi e momenti storici da dimenticare. Forse ricordano un periodo difficile della vita. In questo atteggiamento indifferente delle persone verso i simboli del passato, mi sembra di percepire un senso di vuoto spirituale, di smarrimento, di assenza dell’esperienza di paternità. Mi convinco sempre di più che se viene a mancare il dono della fede nell’esistenza e nella trascendenza di Dio, viene a mancare anche il senso della figliolanza e della fratellanza cristiana. Osservo, ancora, come le persone che vanno per la strada, siano assorte, ciascuna diretta verso la propria destinazione, incurante di tutte le altre. Difficilmente sento qualcuno che saluti un altro, non vedo nessuno che sorrida, non noto nessuno che faccia un cenno di riconoscimento ad un altro. Men che meno sento gente conversare, dialogare, parlare animatamente con altri. Mi sembra, almeno quando cammino per strada, di vivere in un mondo di sordomuti. Uniche eccezioni sono i bambini, che nei loro giochi lanciano qualche grido tra l’indifferenza della gente. Purtroppo questo sembra essere il risultato di decenni di annullamento dei sentimenti religiosi, di livellamento verso il basso dei valori umani ed etici, di indottrinamento, di ateismo, di cultura del sospetto reciproco. Mentre passeggio cerco anche di osservare attentamente le mani, i volti, gli occhi delle persone che incrocio. Mi sembrano molto espressivi: parlano più loro di tanti discorsi. Qualche volta mi sembra di scorgere sulle labbra di qualcuno un movimento impercettibile, quasi di preghiera, ma forse è solo la mia immaginazione o un mio desiderio. Allora penso: «E se invece della mia immaginazione, fosse davvero così?». In fondo anch’io faccio lo stesso. Mentre cammino mormoro la coroncina alla Provvidenza, recito il santo Rosario in russo e qualche altra preghiera. Personalmente mi sembra di essere – anzi voglio essere! – come un seminatore, che sparge preghiere e giaculatorie su ogni metro di strada percorso. L’Opera nel mondo Dicevo prima: e se fosse vero che qualcuno prega mentre cammina per la strada? In fondo anche la Bibbia ci dice come Dio possa avere tanti adoratori sconosciuti nelle città dei pagani. Certamente anche ad Ufà Dio ha degli adoratori fedeli, dei testimoni autentici, degli esempi di fede stupendi, dei giusti. Forse sono i pochi che, nei piani di Dio, possono salvare i molti. Pensiamo alla preghiera di Abramo che chiede a Dio di salvare la città infedele per la presenza in essa di dieci giusti. Molti di questi giusti soltanto Lui li conosce. Ma c’è anche, in questa città di Ufà che conta più di un milione di abitanti, una piccola comunità riconosciuta di cattolici: uomini, donne, giovani, bambini, che hanno superato molte prove ed umiliazioni e che ancora devono superare grandi difficoltà per incontrarsi a pregare e per celebrare la Santa Messa. Per ora questa è soltanto una piccola comunità “familiare”. Si incontra nella parrocchia, che ha la sua sede in un appartamento della città, ma le prospettive sono buone, soprattutto se rimarrà intatta la saldezza nella fede, mantenuta e tramandata nel segreto per tanti anni dalle nonne (babuske), che nascostamente battezzavano i nipotini e insegnavano loro a pregare; oppure se saranno coltivati bene ed aiutati i ragazzi e i giovani, che non hanno avuto l’educazione (o la diseducazione!) atea intensiva nelle scuole, nelle università, nei campi scuola (qui si chiamano “lager”) come i loro genitori. Con loro sarà possibile costruire qualcosa di molto bello per il futuro, anche se qui è tuttora difficile essere cattolici. In questi giorni sono venuto a sapere che tutti coloro che si definiscono e si riconoscono ufficialmente come cattolici sono schedati, con tanto di foto-tessera, negli archivi delle autorità di polizia. Anche per la mia registrazione come parroco cattolico ho dovuto consegnare una foto tessera negli uffici competenti. Sono certo, però, che della Russia e dei russi non si può parlare solo in negativo, perché c’è molto di più e di meglio di quanto non si veda in superficie. E noi cattolici, qui ad Ufà, dobbiamo essere i primi a riconoscere la presenza di questo bene, guidati anche dalla fiducia e dall’insegnamento del Papa. La Russia è un grande paese, è una grande nazione, sono tanti popoli che convivono insieme, che hanno un grande destino. È la Santa Russia dei secoli passati, ma vivente ancora oggi; è il secondo “polmone” della Cristianità in Europa. Fantasticando vedo, perciò, un grande futuro spirituale per la Russia. Speriamo che quanto prima arrivi anche qui l’eco del grido del Papa: «Aprite le porte a Cristo! Non abbiate paura di Cristo, Lui è amico dell’uomo!», è amico anche dell’uomo russo! Quello che invece non è mia fantasticheria, ma realtà, è il Giubileo della parrocchia cattolica “Esaltazione della Santa Croce”, che si celebra quest’anno. In questa occasione uscirà un piccolo volume, che narra le vicende dei cattolici nella regione degli Urali Meridionali. È quasi un memoriale, un martirologio. È stato scritto da un cattolico di Ufà, appunto in occasione del 140° anniversario della fondazione della prima comunità cattolica nella regione della Baskiria e del 10° anniversario della riapertura della stessa comunità dopo i decenni difficili del secolo scorso. Per prepararci in modo adeguato alla celebrazione del Giubileo nel mese di settembre, tra le altre iniziative abbiamo deciso di andare, insieme con la comunità, sui luoghi dove erano costruite le due Chiese cattoliche, per recitare il santo Rosario. Sono luoghi molto significativi per i cattolici di Ufà, perché lì nel 1937, il periodo più buio delle persecuzioni, hanno visto uccidere il parroco e, con lui, 189 fedeli. Speriamo quanto prima di avere l’autorizzazione dalle autorità cittadine di poter erigere, su questi luoghi benedetti, il segno della croce. Qui nella città di Ufà da poco tempo si è stabilita anche la nostra comunità religiosa di Poveri Servi. È un grande dono che Dio ci ha fatto, non solo a noi che siamo qui, ma a tutta l’Opera. È anche una grande responsabilità e un grande impegno per noi, perché dobbiamo testimoniare in questo luogo, la fede nel Signore secondo lo spirito del nostro fondatore san Giovanni Calabria, e perché dobbiamo sia consolidare le fondamenta della comunità cattolica, sia costruire le fondamenta della nuova Chiesa parrocchiale. Da sinistra: fr. Corrà, don Pasini, don Damoli e don Roberto posano ai piedi della statua che domina il panorama della città don Roberto Zamboni 23 L’Opera nel mondo Provocati dalla Provvidenza Accoglienza dei ragazzi di strada e impegno sanitario. Sono due i fronti d’intervento dell’Opera in Kenya: Nairobi e Nakuru a missione in Kenya si avvia a muovere passi decisivi sulla via di una sua maggiore integrazione con la realtà locale. Dopo più di un anno vissuto in una casa in affitto negli immediati sobborghi di Nairobi, la comunità locale sembra ora intenzionata a spostarsi in direzione di una cittadina satellite della capitale keniana: Ongata Rongai. Grazie all’interessamento di un sacerdote comboniano brasiliano che opera nella parrocchia di tale cittadina, la comunità è venuta a conoscenza di questa realtà per molti aspetti simile ad altre nelle quali l’Opera si trova ad operare nel mondo. La cittadina di Ongata Rongai si trova a una ventina di chilometri dal centro di Nairobi, ma a non più di quindici minuti dai college frequentati dai nostri studenti di teologia. È una realtà sociale in evidente espansione e forte crescita. Si sviluppa praticamente lungo la strada principale e confina con il parco nazionale di Nairobi, motivo per cui spesso si incrociano lungo la strada alcuni animali selvatici. Si tratta di una zona di insediamento prevalentemente Masai, anche se ultimamente si sta assistendo ad una forte immigrazione, che sta trasformando rapidamente la realtà sociale. Il territorio della parrocchia è vasto e comprende circa centocinquatamila abitanti. Vi si L possono trovare tutti i problemi propri di tali realtà dall’improvvisata e violenta espansione. Come calabriani si viene subito colpiti dalla forte presenza di ragazzini di strada, che praticamente “tappezzano” i bordi delle strade. A parte la via principale, le altre sono di terra battuta con i relativi problemi che da ciò derivano quando piove. A fianco di palazzine e ville di discreta fattura si trovano agglomerati di capanne di fango, dove vivono numerosissime famiglie ai limiti dell’indigenza. La soluzione che, almeno in via provvisoria, sembra prospettarsi per la Comunità calabriana, è quella di una casa in affitto nei pressi di uno slum (baraccopoli), dove un gruppo di volontariato locale sta impegnandosi, tra molte difficoltà e privo di aiuti esterni, a portare avanti un piccolo centro per bambini e bambine poveri e abbandonati, dove viene offerta un po’ d’istruzione, una merenda e un pasto. Di tale piccola realtà dovrebbero cominciare ad interessarsi anche i nostri giovani religiosi, in vista di un loro pieno coinvolgimento appena ve ne saranno le condizioni. Ho parlato di soluzione provvisoria, perchè l’intenzione dell’Opera è quella di dar vita ad una realtà di accoglienza per bambini di strada, costruendo una piccola abitazione per una quindicina di ragazzini in una zona che si ritiene possa offrire i requisiti per svolgere adeguatamente il lavoro. La parrocchia è molto interessata ad un tale tipo di lavoro e sarebbe disponibile ad offrire gratuitamente un vasto terreno a circa un’ora di distanza dalla cittadina (quando L’Opera nel mondo non piove e le strade sono asciutte e percorribili!), dove si potrebbero svolgere attività agricole e di allevamento in cui impegnare i ragazzini accolti nella Casa. Sul terreno che acquisteremo (se la Provvidenza lo permetterà) andremo a costruire, oltre alla Casa per i ragazzini di strada, anche una piccola abitazione per i nostri studenti, che in questo modo avrebbero l’opportunità di vivere costantemente a contatto con i ragazzi, potendo familiarizzare ulteriormente con questa attività, che è la prima tra quelle proprie dell’Opera. Ma l’Opera in Kenya ha anche un altro fronte aperto ed è quello della nostra presenza a Nakuru. In tale diocesi, come già sapete, l’Opera ha ricevuto di Provvidenza un vasto e paesaggisticamente splendido terreno, dove si ha in programma di avviare un’attività sanitaria. Il terreno si trova su di un altipiano, che si pone allo sbocco della Rift Valley e che domina il lago Elementeita, dove vivono colonie di affascinanti aironi rosa. A poca distanza vi è lo splendido parco nazionale di Nakuru, ricco di animali selvatici, dai leoni, ai rinoceronti bianchi, sino alle eleganti giraffe. Si ratta di una zona vulcanica ricca di geiser e dai paesaggi che lasciano senza fiato. Il progetto sanitario che ci vede impegnati è di ampie dimensioni, anche se seguirà ritmi di sviluppo adeguati alle possibilità dell’Opera. Man mano che passano i mesi si sta notando come l’impegno sanitario in queste zone sia quanto mai necessario e urgente. L’Opera si impegnerà nei prossimi tempi ad avviare i lavori di costruzione di un primo stralcio di un ampio progetto. Tale prima realizzazione vedrà la realizzazione di una Casa per i volontari che giungeranno dall’Italia e la costruzione di un padiglione che servirà da dispensario o da centro analisi me- diche. L’auspicio è che si tratti di un primo passo verso la realizzazione globale del progetto, che ha come meta ultima la costruzione di un ospedale. In entrambi i progetti l’Opera si sente provocata dalla Provvidenza e messa alla prova nella sua fiducia in quelli che appaiono essere con sempre maggior chiarezza i piani di Dio. Una provocazione che viene non solo dallo sforzo economico che tali progetti comporteranno, ma soprattutto dalla necessità di impegnare personale religioso qualificato di cui l’Opera attualmente sente una certa carenza. L’auspicio è che anche sul fronte della missione e dell’operatività missionaria la collaborazione con i laici giunga a compiere decisivi passi sulla linea di una effettiva condivisione, affinchè tali iniziative vengano ad assumere sempre più l’aspetto di impegni di tutta intera la Famiglia calabriana, religiosi, religiose e laici. Sono personalmente convinto, che la sfida a cui tutta l’Opera viene chiamata anche con questi progetti, potrà offrire inattese opportunità ed aprire nuove strade di collaborazione e di condivisione. fr. Carlo Toninello Il cortile interno della Scuola di Ongata Rongai I bambini della Scuola di Ongata Rongai 25 L’Opera nel mondo Luanda - Quartiere del Golf Divina ieri, oggi e domani Festeggiati i 10 anni della Scuola Divina Provvidenza nvestire nell’educazione significa garantire la sopravvivenza di una nazione. L’educazione mette in movimento i cuori e le menti delle persone, trasforma le realtà e costruisce la persona umana. Furono questi i pensieri che, nel 1993, guidarono l’inizio dell’attività educativa nel Bairro Golf a Luanda. Fu solo l’inizio perché l’anno successivo, approfittando di un accordo firmato tra Chiesa e Stato il 16 giugno, giorno dell’infanzia africana, fu inaugurata la Scuola Divina Provvidenza, che ebbe come patrono don Giovanni Calabria, allora beato e oggi santo. I dieci anni trascorsi hanno visto sacrifici e fatiche, progressi e ritardi, luci e ombre, conseguenze di una crescita della struttura, che ora copre vari gradi di insegnamento e offre il suo servizio a circa 2100 alunni. In questa festa non possiamo dimenticare quanto il Signore ha fatto per noi e ringraziarlo per le persone che ci hanno permesso di realizzare questa storia: il prof. Nkosi Celestino, il prof. Horácio, Mamã Eufémia e un buon numero di alunni, che oggi I 26 insieme a Dio-Padre festeggiano e intercedono per noi. Dobbiamo poi ringraziare tutti coloro che con abnegazione offrono giorno dopo giorno la loro vita e la loro testimonianza per quest’opera educativa di primaria importanza. Ricordiamo con gratitudine tutti, dai primi che cominciarono a portare avanti questa idea, fino alle persone che operano ancora oggi nella struttura: la direzione, i professori e i collaboratori che lavorano in tutti i settori. Guardando alle tante persone che sono passate di qui, possiamo essere certi che la storia di questa Scuola continuerà, nella misura in cui manterremo acceso il desiderio di fare di noi e delle persone che ci vengono affidate i cittadini di una nuova società. L’aggettivo “Divina” nel nome della Scuola indica chiaramente chi mantiene in vita l’intera struttura: la Divina Provvidenza. Questa si manifesta in molti modi, dentro e fuori l’Angola. Siamo certi che Essa continuerà ad aver cura di questa Sua opera nella misura esatta in cui noi crederemo, tanto che sempre potremo affermare: Divina ieri, Divina oggi, Divina domani. prof. Manuel Lutoto Kuavi Teologia in pillole Introduzione ai Salmi Davanti a Dio l’uomo si scopre poeta La poetica ebraica nel Salterio enetrare i significati reconditi di un salmo è un Pbiano po’ come imparare a volare. Ricordate il GabJonathan Livingston con tutte le acrobazie e le cadute per imparare il movimento delle ali fino ad avvicinarsi sempre più alla perfezione? I salmi sono preghiere e ogni preghiera si esprime nel modo più appropriato e congeniale alla sua natura mediante la poesia. Quando un uomo dà voce al proprio desiderio di Dio si scopre poeta ed esprime attraverso l’arte la sua preghiera. Nei salmi, quindi, proprio perché sono poesia e preghiera assieme, emerge uno straordinario connubio di armonia fonetica e musicale, frammenti di umanità frugati e investigati dalla lente dell’esperienza e della sapienza. Al tempo stesso sono poesia semitica e quindi risentono della cultura e della sensibilità di un tempo molto lontano dal nostro; proprio per questo talvolta la loro comprensione può apparirci ostica. I salmi ci risultano stranieri, perché vengono da lontano e sono stati scritti in una lingua diversa. Essendo nati intorno a grandi simboli e ad immagini vive, siamo chiamati a metterci in ascolto per capire il loro linguaggio ed evitare conclusioni erronee ed affrettate. Nella misura in cui entreremo nella poetica e nel simbolismo del tempo, questa preghiera diventerà familiare e intima, entrerà in casa nostra e farà parte del nostro focolare interiore. In Israele probabilmente esistevano scuole di poesia, che custodivano e tramandavano regole pratiche, che avrebbero costituito in embrione una poetica ebraica formulata dagli stessi ebrei. Ciò che possiamo notare leggendo un salmo è che ogni verso si compone di due frasi, a volte anche di tre; mentre il ritmo del verso, come è emerso dagli studi, è basato sull’accento tonico della parola. Per la comprensione del testo è importante familiarizzare con la tecnica del parallelismo, fenomeno ricorrente in tutto il Salterio. Il principio è semplice: due frasi sono accostate l’una all’altra in modo da determinare un rapporto che può essere di somiglianza, parallelismo sinonimico, di complementarietà, parallelismo sintetico, o di opposizione, parallelismo antitetico. È importante il rapporto che si stabilisce fra le frasi. A prima vista può sembrare che una frase venga ripetuta due volte ed apparire come un’inutile ripetizione, in realtà bisogna comprendere che cosa la seconda parte aggiunge alla prima ed interpretare l’incremento di significato che deriva dall’accostamento delle due frasi e dal loro rapporto. Qualche esempio: nel primo caso, «In me languisce il mio spirito, / si agghiaccia il mio cuore» (Sal 143,4); nel secondo, «Benedici il Signore, anima mia, / non dimenticare tanti suoi benefici» (Sal 103,2); nel terzo, «Chiunque spera in te non resti deluso, / sia confuso chi tradisce per un nulla» (Sal 25,3). Un altro procedimento stilistico frequente è il merismo, un modo di esprimere la totalità mediante la menzione di due estremi: “cielo e terra”, ad esempio, identificano l’universo, “notte e giorno” il tempo, “entrare e uscire”, invece, evocano l’attività dell’uomo, oppure la nascita e la morte, quindi una vita intera. Nella tradizione ebraica alcuni maestri dicono che «la poesia annulla lo spirito cattivo»: se un uomo si trova in uno stato di inquietudine, recitando un salmo trova un certo sollievo. Ricordate il re Saul che soffriva di depressione? Fu chiamato Davide, perché suonasse la cetra recitando alcune poesie, per placare l’animo esacerbato e amareggiato del re (1 Sam 16, 14-23). Pertanto vi invitiamo a recitare i salmi contemplando la loro dimensione poetica. Non è escluso che verbalizzando tutto lo spettro emotivo celato in ogni versetto, i salmi possano avere anche una ricaduta terapeutica, essere quindi rimedio efficace per chi è turbato da preoccupazioni. Antonella Anghinoni REMBRANDT, Saul and David, 1655-60, Olio su tela, 130,5 x 164 cm, Mauritshuis, The Hague 27 Urge meditare Per ottenere risultati importanti è necessario agire entro il terzo mese di vita e' fondamentale intervenire presto! Proposta di intervento diagnostico e riabilitativo precoce, a scopo preventivo, in neonati a rischio di ritardo nello sviluppo neuro e psicomotorio bbiamo esperienze drammatiche di bambini e adulti con patologie gravi per esiti di sofferenze cerebrali neonatali. Le esperienze di eccessivi tempi di attesa di una diagnosi neurofunzionale, nella speranza di una ipotetica capacità di recupero dei neonati in difficoltà, portatori di condizioni e forme patologiche le più diverse, sono molto numerose. Solitamente, almeno in molti casi, queste esperienze si concludono con successive diagnosi molto pesanti dal punto di vista neuro-funzionale e purtroppo ad una età non più ottimale per il recupero mediante una terapia adeguata. In questo modo si compromettono lo sviluppo fisiologico del bambino e le condizioni della futura vita della sua famiglia (per non parlare del suo inserimento nella società!). Evidentemente la responsabilità di tali situazioni è da riferirsi innanzi tutto al ritardo con cui si effettua normalmente la diagnosi neuro-funzionale, in secondo luogo alla superficialità con cui verrebbe effettuata la stessa o anche alla inadeguatezza delle modalità tecniche scelte per realizzarla. Se in tutti i campi della medicina si ritiene importantissimo l’intervento precoce a seguito di una diagnosi tempestiva e puntuale, nel periodo neonatale ciò si rende particolarmente necessario. Sappiamo tutti che il Sistema Nervoso Centrale del neonato è ancora immaturo e in una A 28 situazione complessa, in un contesto di sviluppo imponente e rapido, sia funzionale che strutturale. Per questo motivo una diagnosi precoce precisa e la messa in atto di un tempestivo ed efficace programma terapeutico sono indispensabili. Il tempo perduto può comportare lo svilupparsi di alterazioni o danni difficilmente recuperabili, se non addirittura irreversibili. Purtroppo, invece, attualmente il 90% dei trattamenti eseguiti sono rivolti a bambini con un’età che compromette l’efficacia del trattamento e la possibilità di recupero. La nostra esperienza suggerisce che il trattamento nei bambini sospetti di futuro sviluppo patologico neuro e psicomotorio sia iniziato prima del completamento del terzo mese. Dal momento che determinate situazioni patologiche alla nascita hanno alta possibilità di accompagnarsi con reali patologie dello sviluppo, crediamo sia di fondamentale importanza la strategia di indagare e ricercare in tutti questi casi anche i minimi segni che possano far sospettare il rischio (che in questo caso definiremo come “rischio sintomatico”) di un futuro sviluppo patologico anche solo probabile. Ma altrettanto fondamentale e importante ci sembra debba essere l’attenzione per la scelta delle modalità che intendiamo usare per la stessa indagine, in quanto dall’esperienza che abbiamo ci parrebbe poter confermare che le tecniche tradizionalmente usate sono responsabili dell’eccessivo ritardo della diagnosi e di conseguenza del ritardo della presa in carico del paziente qualora si rendesse necessario. A nostro modo di vedere sia il momento diagnostico che quello dello stimolo al recupero neuro-funzionale del bambino a rischio, dovrebbero fondarsi sullo stesso principio, essendo strettamente dipendenti l’uno dall’altro. Quindi, dopo vari anni di esperienza, riteniamo di poter concludere che i segni e i sintomi da ricercare debbano essere legati essenzialmente alla “competenza posturale” ed alla “iniziativa neuro e psicomotoria” del bambino, le cui espressioni funzionali potranno essere comparate con una tabella ideale, rappresentativa di una norma di sviluppo del bambino statisticamente accertata. Qualora fosse necessario intervenire terapeuticamente sul versante neuro-funzionale, gli stimoli da proporre al piccolo paziente per il suo sviluppo devono essere in grado di facilitare l’adeguamento sia delle sue competenze posturali che della sua iniziativa neuro e psicomotoria allo sviluppo fisiologico, confrontabile sempre con la stessa tabella ideale. Sarebbe opportuno che tutti i neonati fossero seguiti nel modo che noi consigliamo, ma ci è facile comprendere come una tale evenienza sarebbe destinata a rimanere utopica. Riteniamo però indispensabile che questa nostra modalità di approccio diagnostico sia applicata regolarmente a bambini che alla nascita rientrano in una di quelle patologie ad “alto peso statistico”, per essere associate con le forme patologiche conclamate ormai note, a seguito delle nostre ricerche “retrospettive”: - parti prematuri - parti dismaturi - parti gemellari - crisi convulsive neonatali - iperbilirubinemia a rischio - ittero neonatale grave - crisi ipoglicemiche ed ipocalcemiche con segni neurologici anche minimi - indice di Apgar inferiore a 3 a 1’ e inferiore a 7 a 5’ - parti da madri diabetiche - parti da madri con gestosi parti distocici (forcipe - ventosa - TC) parti con infezione (acque verdastre) neonati con infezione in atto Infatti, è un dato ormai noto a tutti che il 95% dei bambini con paralisi cerebrali infantili hanno nella loro storia una o più di queste condizioni patologiche. Il programma terapeutico eventualmente istituito, qualora la diagnosi precoce si rivelasse eccessivamente severa (falso positivo), essendo un programma senza “complicanze” e comunque e sempre di grande utilità per tutti nel facilitare uno sviluppo armonico, risulterebbe alla fine solo utile, anche se non necessario, al neonato, e potrà essere sospeso tranquillamente nel momento in cui il nostro giudizio confermerà la normalità. In caso sia necessario l’intervento di stimolazione del neonato facilitante il recupero, la metodica che noi proponiamo può essere così definita: Terapia neuro e psicomotoria su base neuro e psico evolutiva evocante schemi congeniti o innati di carattere locomotorio, mediante stimoli adatti in posture adeguate. Detta terapia si propone di raggiungere una riduzione di almeno il 50% dell’incidenza della patologia e/o della gravità della stessa tra i piccoli pazienti del Dipartimento di Patologia Neonatale in relazione: - all’autonomia funzionale nella vita di relazione; - alle competenze psico-intellettive; - ai comportamenti adeguati. Tra gli aspetti decisamente importanti della terapia vi è anche quello di sollecitare l’impegno e il coinvolgimento psicologico e affettivo dei genitori in un campo, quello medico, da cui purtroppo spesso restano esclusi. don Mario Castagnini 29 Spazio Fiorito Mariano Gocce di sapienza di fr. Vittorino Cosa direbbe oggi don Calabria? ei momenti particolari di calamità, di soffeN renza per l’umanità, di prove e persecuzioni, don Calabria era presente. Questo uomo di Dio Un gruppo di religiosi e fratelli con don Calabria e don Pedrollo. Fr. Vittorino è nella seconda fila dal basso il primo da sinistra. 30 respirava con la Chiesa, respirava con l’umanità. Era un uomo unito al suo Dio, cioè al nostro Dio. Don Calabria cercava in tutte le maniere di assomigliare a Gesù, a questo Spirito di Gesù che si è fatto uno di noi. Viveva nascostamente, ma era presente nelle difficoltà del mondo. La sua vita è stata un atteggiamento di adorazione a Dio e perciò di profonda umiltà e di profonda fede, che si esprimevano ringraziando costantemente il Signore. Offriva tridui e preghiere per le calamità e subito dopo ringraziava. Ma chi era don Calabria? Chi era questo uomo di Dio? Aveva un grande equilibrio di virtù e voleva insegnarlo agli altri. Le anime che si sarebbero donate a lui, le spingeva a fare opere nella Chiesa, nella vita sociale o politica, perché riconosceva i loro carismi. Don Calabria respingeva le anime più amate, non le portava con sé in grembo alla sua Congregazione, ma le portava in grembo alla volontà di Dio, perché la vera vocazione è la volontà di Dio. Seguendo queste anime promuoveva l’umanità. Quando Dio ha creato l’universo ha creato l’uomo, non ha creato preti, frati, suore, ma ha creato l’uomo e la donna e ha formato la coppia. Allora non c’era bisogno di medici, né di avvocati, c’era solo bisogno che l’uomo e la donna si comprendessero e formassero un ideale nobile e santo. Come vengono presentati oggi l’uomo e la donna, attraverso la televisione? Cosa direbbe oggi don Calabria? Che cosa farebbe ai nostri giorni? Incoraggerebbe certe iniziative. Cosa farebbe questa sera se fosse presente? Mi sembra che lui mi dica: «Vittorino, quello che hai pensato durante la Messa: benedico!». Per raccogliere un frutto ci vuole prima la semina e a qualcuno piacciono i frutti piccoli, ad altri quelli colorati, ad alcuni piace la mela ver- de, ad altri la mela rossa... ci sono tante mode. Oggi il ragazzo e la ragazza non sanno scegliere, perché subentrano la timidezza o altri fattori strani. Noi dobbiamo superare la timidezza e la paura, perché sono figlie della superbia. Se c’è la semplicità c’è anche una sapienza nell’incontrarsi e l’amicizia può arrivare a fiorire, a produrre il frutto di una coppia meravigliosa o di una chiamata inaspettata! Don Calabria, questo uomo di Dio, se fosse presente direbbe: «Ma tu hai una missione da compiere. Oggi bisogna sostenere la coppia, perché la coppia è la cosa fondamentale». Quindi ci vogliono delle persone che seguano le coppie: il sacerdote, l’anima consacrata, il religioso o la religiosa e i laici ben preparati, che sentono una chiamata speciale per dare degli insegnamenti, per prepararci ad aiutare i nostri fratelli e le nostre sorelle giovani. Noi tutti siamo chiamati a fare la volontà di Dio! Casa d’incontri S. Giacomo Poesia della santità Un santo e (è) un poeta Leopardi La poesia è sorella della fede poiché fa crescere in noi lo stupore e genera la tensione verso l’eterno e l’infinito di cui si alimenta: nonostante tutta la sua negazione, Leopardi – ateo – lo afferma; quando uno non è definito dal limite in cui è, significa che afferma, anzi grida, una Presenza che lo compie. «Cara beltà». Con queste parole Leopardi (Recanati 1798 – Napoli 1837) inizia il suo canto più bello: in esso v’è la sintesi di tutta la sua ragionevole e commossa posizione di fronte all’esistenza. Dice in un suo appunto il poeta: «Una giovane dai sedici ai diciotto anni ha nel suo viso, nei suoi moti un non so che divino che niente può agguagliare. Quella speranza incolume che si legge nel viso e negli atti, quell’aria d’innocenza e d’ignoranza completa delle sventure, fanno in voi un’impressione così viva, così profonda, così ineffabile che voi non vi saziate di guardare quel viso; ed io non conosco cosa che più di questa sia capace di elevarci l’anima, di trasportarci in un altro mondo, di darci un’idea d’angeli, di paradiso, di divinità, di felicità». Qui non è a ciò che ha davanti che presta omaggio; non la donna, l’amorosa idea, egli vagheggia ed ama, ma ciò a cui la donna lo richiama: è il concetto cristiano di segno, ossia una realtà sperimentabile il cui senso è un Altro. Nell’ininterrotto discorso sul gigante di Recanati, si medita se sia più filosofo che poeta: ma nel pensiero di natura, poesia e filosofia si incontrano anzi non si sono mai separate. La filosofia cerca il vero, la poesia il bello e in questo sembrano divergere, ma il bello che Giacomo persegue e che riconosce come poetico è quello proveniente dalla domanda inconscia che la filosofia non spegne né limita, anzi è proprio da questi sentimenti puri e forti che nasce l’incanto della poesia e del senso religioso. Dall’Infinito, agli Idilli, al Canto notturno fino alla suprema Ginestra c’è il vero poeta sommamente disposto a essere un gran filosofo. È il cuore di una volta che nella sovrana purezza del canto e nella sua bellezza senza tempo si fonde con la filosofia. Il centro è nel Dialogo in cui l’islandese domanda alla natura perché gli sia nemica, questa risponde che l’uomo gli è indifferente e che il dolore è una necessità biologica, cosmica. Il materialismo desolato di Leopardi non può fornire una soluzione. Eppure in questo genio poetico vi è come un presagio che annuncia Il Principe della soluzione che porta gli affanni di funerea vita con noi, compagno: «Che paradiso è quello là dove spesso il Tuo stupendo incanto parmi innalzar!» Urge un motivo per vivere: non c’è nulla nella vita di gioioso, di grande, di bello se non questo avvenimento, se non questo respiro sognante che è la bellezza richiamata dal volto di una donna o dalle forme di un sogno notturno o nello spettacolo della natura: «Cara beltà che amore / lunge m’ispiri o nascondendo il viso, fuor se nel sonno il core ombra diva mi scuoti, o’ né campi ove splenda più vaga il giorno e di natura il riso»: versi che potrebbero essere letti come preghiera di ringraziamento dopo la comunione. «Natura umana, or come, se frale in tutto e vile, se polve sei, tant’alto senti?» Ecco la domanda, il mirabile interrogativo che è lo stesso che ci fa alzare ogni mattina perché costituisce il cuore, ossia la ragione (non quella illuminista che ci ha insepolcrati vivi) dell’uomo a cui la cultura del pensiero debole, oggi dominante, non può rispondere che in maniera cerebrale, posticcia, esteriore e dunque estranea al senso della vita. Idalgo Carrara 31 Le vie della carità Traslitterazione della dedica di don Calabria: «7.2.46 - Il Sacro Cuore di Gesù benedica, protegga e compia i suoi divini disegni sulla Sua Casa del S. Cuore di Negrar a bene dei Fratelli che soffrono. In C. J. Sac. G. Calabria» Ospedale di Negrar - Verona Dalla parte dei sofferenti La Cittadella della Carità tra storia e modernità uando negli anni ‘30 san Giovanni Calabria la Q accetta in eredità, la piccola “Casa del Sacro Cuore” di Negrar è uno di quegli esempi eroici Una delle prime “feste del Sacro Cuore” alla Cittadella della Carità, presente don Calabria 32 di assistenza parrocchiale spontanea destinata agli anziani e ai bisognosi. Affidandosi alla collaborazione delle Piccole Suore della Sacra Famiglia e di un numero sempre crescente di laici qualificati, i discepoli di don Calabria accompagnano lo sviluppo di questo piccolo ricovero fino alle dimensioni dell’odierno complesso socio-sanitario, che tutti conoscono come Ospedale di Negrar (in realtà, nel linguaggio calabriano, Cittadella della Carità). San Giovanni Calabria aveva in mente una struttura che unisse l’aspetto umanitario, profondamente radicato nella tradizione cristiana della cura al sofferente, a una dotazione tecnico-scientifica altamente professionale: solo un’equilibrata interazione tra questi due aspetti poteva garantire la cura globale del sofferente. Per ottenere questo risultato è stato necessario ampliare costantemente le dimensioni della struttura e del suo organico, pur nelle incerte e altalenanti congiunture economiche e legislative della sanità italiana. Oggi la sfida che ogni ospedale deve affrontare è duplice: una sfida visibile, cioè l’aggior- namento costante delle strutture, e una sfida invisibile, ma forse ancora più importante: la qualità dell’assistenza, che si gioca sulla consapevolezza degli operatori e su un’efficiente organizzazione di tutto il processo sanitario. Come dice il direttore sanitario, dott. Fabrizio Nicolis, «nel mondo complesso della sanità odierna, l’imperativo calabriano di mettere “il paziente al centro di tutto” passa anche per la “qualità” dell’assistenza sanitaria. Questa qualità si concretizza sia in un rapporto cristiano e umano con il paziente, che nell’adeguatezza delle attrezzature e dell’organizzazione e richiede l’impegno responsabile di tutti noi». Proprio quest’anno, durante la consueta Festa del Sacro Cuore, si sono festeggiati due eventi che sono centrali rispetto a questi fronti di impegno: l’inaugurazione delle ultime tre sale a completamento del nuovo blocco operatorio e la certificazione di qualità del “processo operatorio”. A questo lato “tecnico”, che accomuna ormai tutte le strutture sanitarie di qualità, sia “laiche” che “religiose”, la Cittadella della Carità si impegna ad affiancare una ricerca del giusto spirito di accoglienza ed assistenza, che ha come poli ispiratori il Consiglio Pastorale ospedaliero e il Centro Formazione e Solidarietà, ma che è fondata prima di tutto sull’impegno quotidiano e personale di ogni operatore. Come spiega il direttore amministrativo, dott. Mario Piccinini, «la “missione” dell’ospedale, quella di mettere il paziente al centro di tutto, non è certo un compito facile e richiede ogni giorno lo sforzo e l’impegno di tutti gli operatori, pur in mezzo alle mille difficoltà quotidiane. Se mancasse la ricerca di questo obbiettivo e di questa testimonianza, la Congregazione farebbe bene a investire le risorse di Negrar in altre opere sanitarie o sociali». Cronologia della Cittadella della Carità L’Ospedale di Negrar e il Sacro Cuore Ogni anno, ormai per tradizione, il giorno in cui il calendario ricorda la devozione al Sacro Cuore di Gesù, l’ospedale di Negrar festeggia il suo patrono. Il legame tra la Cittadella della Carità e il Sacro Cuore risale all’origine stessa della Cittadella. Fu don Angelo Sempreboni a dedicare al Sacro Cuore la prima piccola casa di riposo. Si potrebbe dire che tutta la struttura si è sviluppata da questo nucleo come dal Cuore palpitante di Cristo e a tutt’oggi “Sacro Cuore” è il nome dell’ospedale per “acuti”. La devozione al Sacro Cuore, da sempre implicita nella tradizione cristiana, ma esplicitata nei modi oggi noti nel Settecento, in Francia, si basa sulla funzione simbolica del cuore all’interno dell’essere umano. Da sempre e in tutte le culture questo organo ha rappresentato l’amore, nei due aspetti complementari della vita (il calore) e della conoscenza (la luce). Esso non era ritenuto solo la sede della vita e del calore corporeo, ma anche della coscienza e dell’intuizione spirituale (in contrapposizione al cervello, organo del pensiero razionale). Essendo quindi l’organo che meglio sintetizza le qualità migliori dell’essere umano, è stato per questo preso a simbolo della carità e della misericordia dell’uomo-Dio, Gesù Cristo. Questi significati non potevano che sposarsi alla perfezione con la missione della Cittadella della Carità nel suo servizio agli infermi, come era nella visione di Don Calabria. ■ 1933: Don Angelo Sempreboni, parroco di Negrar, muore: tra le opere parrocchiali da lui fondate c’è una casa di riposo per anziani e bisognosi, la Casa del Sacro Cuore. 1933 - agosto: Fr. Antonio Consolaro, per conto di don Calabria, incontra il cav. Luigi Salgari, presidente della Casa del S. Cuore e il dott. Brugnoli, a nome della zia Maria, incaricati di trattare la cessione dell’ospizio alla Congregazione calabriana. 1933 - 20 dicembre: Avviene la presa di possesso. Sono presenti don Calabria, don Franchini e fr. Consolaro, accompagnati dal dott. Brugnoli. 1943: Bombardato l’Ospedale Civile di Verona, in parte occupato dalle truppe tedesche, l’autorità sanitaria di Verona non sa dove ospitare i degenti e chiede alla Casa del Sacro Cuore di accoglierne alcuni. Comincia a farsi strada la possibilità concreta di realizzare il sogno del fondatore della Casa, don Sempreboni, cioè quella di trasformare l’ospizio in un ospedale. 1944 - 8 maggio: In una sala chirurgica, affrettatamente attrezzata, il chirurgo dott. Zanuso, reduce dal fronte, pratica il primo intervento chirurgico su un’ernia strozzata. Il lavoro, pur nella scarsità di tutto, diviene via via frenetico. 1945: Il numero degli ospiti e la loro diversa tipologia impongono ormai la costruzione di una nuova casa per anziani autonoma dall’ospedale anche se integrata in esso. 1952 - 31 maggio: Viene firmato l’atto notarile di acquisto di 22.000 mq di terreno. Don Calabria, a fronte delle pressanti richieste di pagamento L’entrata dell’ospedale “Sacro Cuore” da parte dei proprietari incoraggia i suoi: «Non preoccupatevi dei soldi. Fate il progetto, cominciate al più presto». Don Calabria muore nel 1954 con la visione profetica del nuovo grandioso edificio di cui non potrà vedere neanche l’inizio. 1955 - aprile: Cominciano i lavori del “Geriatrico”. Nella festa patronale del Sacro Cuore viene benedetta la prima pietra. 1958 - 12 settembre: Viene ultimata la costruzione del “Geriatrico”, inaugurato dall’arcivescovo Giovanni Urbani. Il nuovo edificio può ospitare fino a 400 persone e viene chiamato Ospedale Geriatrico Don Calabria. 1970: A seguito della legge ospedaliera del 1968, l’Ospedale generale di zona Sacro Cuore e l’Ospedale provinciale per Lungodegenti Don Calabria vengono “classificati”, cioè definiti a tutti gli effetti ospedali pubblici benché a gestione privata. Questa configurazione è stata ribadita dalla successiva riforma sanitaria del 1978. 1984 - 26 novembre: Sul terreno dell’ospedale viene ultimata la costruzione della Casa Fr. Francesco Perez destinata ad accogliere persone povere ed emarginate che non possono restare in famiglia (esiti della famosa “legge 180”) e sacerdoti anziani della diocesi e di alcuni istituti religiosi. 1988 - 17 aprile: Papa Giovanni Paolo II, nell’ambito delle celebrazioni per la beatificazione di don Calabria, si reca in visita pastorale presso la Cittadella della Carità per impartire la sua benedizione apostolica agli operatori e agli ammalati. 1996 - 14 giugno: viene ufficialmente inaugurata la Casa Fr. Pietro Nogarè, che si configura come RSA e casa di riposo per anziani. Dal novembre 2001 ospita anche un reparto per pazienti in coma permanente. 33 Ricordando Una vita di carità Il 10 agosto scorso ci ha lasciati fratel Matteo Ponteggia fr. Matteo, ti parlo da cuore a cuore come Canni.aro abbiamo fatto tante volte in questi ultimi sei Vorrei sottolineare il tuo cammino di uomo Fr. Matteo Ponteggia con il vescovo di Verona, padre Flavio Roberto Carraro buono, umile e santo, dello scalatore tenace verso la vetta che è il Signore. I primi passi li hai fatti in famiglia e da subito ti sei mostrato un ragazzino calmo, docile ed obbediente. Nella seconda tappa, da studente, i superiori confermarono questo tuo passo costante, sicuro e desideroso di consacrarti al Signore. La terza tappa della tua lunga scalata è cominciata con l’assistenza ai ragazzi a S. Zeno in Monte. Da buon padre li seguivi, li amavi e li difendevi. Fino al 1990 sei sempre rimasto legato alla formazione dei giovani, per approdare poi all’Ospedale di Negrar fino al ritorno alla casa del Padre. Hai collaborato con molti settori dell’Ospedale, ma noi ti ricordiamo soprattutto per l’amore e l’attenzione ai poveri. Il motivo di una carità così squisita, che va oltre la pura assistenza, lo hai scritto tu stesso nel tuo programma di vita fatto nel 1964: «Amare i miei fratelli e tutti quelli con i quali dovrò trattare come li ha amati Gesù, vedendo in loro Gesù, convinto di quello che dice Lui: che qualsiasi cosa farò a uno di essi la farò a Gesù stesso». 34 E la tua santità, fraternità e amore ai poveri hanno fatto di te un fratello caro, voluto e rispettato da tutti. Ma la salita alla montagna è spesso insidiosa e così, mentre scalavi le più alte vette della tua consacrazione a Dio e del tuo servizio ai poveri, un male impietoso e violento ti ha colpito. È qui è emerso il vero scalatore, che non molla e trova le migliori energie per arrampicarsi anche nelle situazioni più difficili. La tua grande fede non solo ti ha mantenuto in vetta, anzi i passi si son fatti ancora più sicuri e la salita, quanto più era dura, tanto più acquisiva il sapore della sfida e dell’eroismo. Non hai mai ceduto il passo e credo che la tua serenità e il tuo abbandono nella fede di fronte alla malattia sia stata una vera evangelizzazione per tutti noi. Cosa dire della vita? Con quali criteri giudicare la vita di una persona? Per gli anni della sua vita? Per i ruoli che ha ricoperto? Tu, Matteo, ne hai avuti, ma certamente non ti sei montato la testa. La vita è un dono che il buon Padre ci ha fatto e la realizziamo pienamente quando siamo capaci di ridonarla a Dio attraverso il servizio ai fratelli. Buon conoscitore della montagna hai intravisto la cima ormai vicina. Pochi giorni prima di lasciarci mi avevi chiesto di lasciare il ruolo di Superiore della Comunità ed il permesso di andare nel tuo Trentino, per l’ultimo saluto alla tua gente e alle tue montagne sulle quali ti ritiravi soprattutto per pregare. Che cosa avrai detto in quei momenti al Signore? Una cosa la immagino: «Non mi lamento per la fine ormai vicina, ma Ti ringrazio per i sei anni che mi hai dato per vivere questa esperienza della malattia e dei limiti... è stata un dono». Non ti sei lasciato sorprendere nella tua vita spirituale e hai chiesto che l’unzione degli infermi ti fosse amministrata con le piene facoltà, perchè sentivi la necessità della forza di Dio per terminare la salita, senza mollare, senza scivolare e poter arrivare in cima a godere della visione beatificante, della comunione con il Signore. Caro fr. Matteo, sei stato un vero Povero Servo: la tua forza era una vita spirituale dalle radici profondamente piantate nella Parola e nella liturgia. Hai colto l’essenza della spiritualità cala- briana: l’umiltà che ti ha portato ad abbandonarti nelle mani amorose del Padre, come un bambino. Don Calabria diceva che l’uomo è una costruzione spirituale dove «Le fondamenta sono la fede; le pareti la speranza e il tetto la carità». Non aggiungo altro, perchè il più bel commento a questa indicazione del nostro santo Fondatore l’hai fatto tu stesso, Matteo, con il tuo Programma di vita, scritto alla fine del Noviziato e con la tua stessa vita: «Carità: “Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” ha detto Gesù. Questo sarà anche il mio programma di vita. Amare i miei fratelli e tutti quelli con i quali dovrò trattare come li ha amati Gesù, vedendo in loro Gesù, convinto di quello che dice Lui: che qualsiasi cosa farò a uno di essi la farò a Gesù stesso. Perciò in concreto non dirò mai male di nessuno, ma degli altri dirò sempre bene. Devo convincermi che sono l’ultimo di tutti e perciò a servizio di tutti. Quindi quando vedrò un mio confratello che sta faticando, io non potrò stare indifferente a guardarlo, ma dovrò mettermi ad aiutarlo. Umiltà: Se dovessi ricevere qualche offesa, qualche umiliazione, non dovrò reagire o avermene a male e neanche dimostrarlo, anzi dovrò ringraziare il Signore che mi fa partecipare a un po’ delle Sue umiliazioni, convinto che in confronto all’inferno che ho meritato quello non è niente. Nelle discussioni dovrò cedere sempre lasciando la ragione agli altri, anche se mi pare di avere ragione, convinto che può essere il mio amor proprio che mi inganna. Preghiera: Senza la preghiera sarebbe inutile questo mio programma perché con le mie sole forze non potrei fare niente. Poi dalla preghiera devo convincermi che dipende tutto e specialmente la mia santificazione. Quindi assoluta fedeltà a tutte le pratiche prescritte e consigliate dalle S. Costituzioni. Devo farle tutte con molto impegno ma specialmente dovrò puntare con più impegno sulla S. Messa e la S. Comunione la quale deve essere veramente il centro della giornata. E poi anche la S. Meditazione che preparerò sempre la sera prima e che ricorderò spesso durante la giornata. Ogni giorno devo trovare il tempo per fare almeno una visita in Chiesa in più di quelle previste. Ma poi se avrò del tempo libero il mio primo desiderio sarà quello di andare a trovare Gesù. Gesù e la Sua e mia mamma Maria Santissima, vedendo la mia debolezza e miseria, ma d’altra parte anche la mia buona volontà, mi aiutino ad attuare questo mio programma. Nov. Ponteggia Matteo» FRATEL MATTEO PONTEGGIA è nato a San Lorenzo in Banale (Trento) il 21 novembre 1944. È entrato in Casa il 29 settembre 1956 ed ha iniziato il Noviziato il 7 settembre del 1964. Ha emesso la sua prima professione l’8 settembre 1965. Dal 1965 al 1973 è stato assistente dei ragazzi delle scuole di San Zeno in Monte, dal 1973 al 1980 ha svolto lo stesso incarico a Ferrara. Dal settembre del 1980 fino al settembre del 1985 è stato Direttore del Centro Professionale di Via Roveggia (Verona), ha poi ricoperto lo stesso incarico, più quello di Superiore della Comunità religiosa, fino al luglio del 1990 a Ferrara. Dal 25 luglio del 1990 è sempre stato presso gli Ospedali di Negrar ricoprendo vari incarichi: Direttore del personale, Vicepresidente degli Ospedali, Superiore della Comunità religiosa. Alla sua intensa attività in favore dei poveri e degli ammalati, dal 1990 al 2002 ha anche affiancato il prezioso lavoro di Consigliere generale della Congregazione. È tornato alla Casa del Padre il 10 agosto di quest’anno. La carità, nella vita di fr. Matteo era il tetto che copriva tutto. Sull’esempio di don Calabria, è stato un campione di evangelica carità. Prima di tutto con i fratelli e i ragazzi che ha seguito da giovane religioso. Verso i poveri ha poi avuto carità evangelica a piene mani, che non umilia ma rende dignità al povero. Matteo è stato un modello per tutti noi, ma specialmente per i giovani. Quindi, non abbiate paura di rispondere al Signore... davvero riceverete, come Matteo, il centuplo su questa terra ed in più la vita eterna. Il Padre ha voluto chiamarlo di domenica, il giorno luminoso della risurrezione e allo stesso tempo nel giorno di S. Lorenzo – titolare e patrono del suo paese nativo San Lorenzo in Banale – giorno nel quale contempliamo le stelle cadenti. Quest’anno c’è stata una stella che invece di cadere è salita in cielo. Sei arrivato alla vetta, caro Matteo, e ora dall’alto, per sempre, non solo puoi capire la durezza della salita, ma puoi anche contemplare la bellezza della comunione con il Padre. Intercedi, presso di Lui, per l’Opera, per tutti noi, per i tuoi familiari e per i tuoi poveri. Fr. Matteo (a sinistra) saluta Giovanni Paolo II il giorno della canonizzazione di san Giovanni Calabria don Waldemar Longo 35 70° anniversario U.M.M.I. U.M.M.I. Verona, Sabato 18 Ottobre 2003 ISTITUTO DON CALABRIA Via San Zeno in Monte, 23 - 37129 VERONA 70 anni al servizio della missione L’Unione Medico Missionaria Italiana si prepara a vivere un importante appuntamento che avrà il suo momento culminante sabato 18 ottobre “Giornata della memoria” e vigilia della Giornata Missionaria Mondiale. Sarà un momento di preghiera, di riflessione e di condivisione per ricordare, rivedere le motivazioni che fondano il volontariato internazionale, la cooperazione missionaria e l’aiuto ai Paesi in via di sviluppo, camminare insieme e con fiducia verso nuovi orizzonti. PROGRAMMA MATTINA 15.30 Momento formativo spirituale, RISERVATO A SOCI UMMI E VOLONTARI 9.30 10.30 Arrivi: momento iniziale di preghiera e presentazione dell’incontro DR. ANDREA FORACCHIA - Medico CUAMM Coffee break 17.00 Relazione “LA SALUTE INTEGRALE”; riflessioni e approfondimento del messaggio evangelico: andate, annunciate, guarite... Coffee break 12.00 S. Messa celebrata dal Vescovo di Verona MONS. FLAVIO ROBERTO CARRARO 13.00 Buffet DON MARIO GADILI, P.S.D.P. • Lo spirito dell’UMMI e le sue attività DR. ALESSANDRO GALVANI Presidente UMMI • L’UMMI nel panorama italiano PROF. FELICE RIZZI già presidente FOCSIV • L’incontro con l’UMMI. La cooperazione vista “dagli altri” J. LEONARD TOUADI, giornalista RAI POMERIGGIO Moderatore: RAFFAELLO ZORDAN, Giornalista redazione NIGRIZIA Momento informativo e formativo, APERTO A TUTTI 15.00 Arrivi: saluti e introduzione all’incontro TAVOLA ROTONDA: “L’UMMI nella storia e nel mondo” • La Storia dell’UMMI DON ANDREA GAINO - Docente Studio Teologico S. Zeno 11.30 Relazione: “La salute integrale nella cooperazione internazionale oggi” 18.30 Saluti finali DR. ALESSANDRO GALVANI - Presidente UMMI DON WALDEMAR LONGO - Sup. Gen. Poveri Servi della Divina Provvidenza 36 Per informazioni rivolgersi a: SEGRETERIA U.M.M.I. - Viale Rizzardi, 4 - 37024 Negrar (VR) Tel. 045.750.05.01 - Fax 045.600.08.47 - E-mail [email protected] Coord. sig. ANDREA DANESE Notizie DON CALABRIA LA SUA VOCE Pubblicato un Cd con le registrazioni di alcuni discorsi del Padre NOTTE D’ESTATE A SAN ZENO IN MONTE In onore del IX Capitolo generale delle Povere Serve della Divina Provvidenza, la sera di martedì 29 luglio 2003 si è esibito nel teatro-tenda di San Zeno in Monte il gruppo di solisti coreani Astra Corea Opera. Il concerto lirico ha visto una grande partecipazione di pubblico ed ha riscosso notevole successo, sia per la bravura degli interpreti, che per il repertorio particolarmente coinvolgente. I solisti erano: Kim Mi Sung (Soprano); Kim Chul Ho (Tenore); Hong Chan Sun (Soprano); Jeon Mi Suk (Soprano); Yang Jang Keun (Baritono); Oh Seul Ghi (Pianista). Le nostre relazioni non sono fatte solo di una conoscenza razionale delle persone che incontriamo, ma anche di aspetti emotivi che vanno non solo considerati, ma salvaguardati e coltivati. Questa raccolta di alcuni brani registrati della voce del Padre don Calabria, fatta dagli ex allievi, non ci restituisce solo una vecchia voce distorta dal tempo, ma ci dona la possibilità di provare emozioni altrimenti impossibili. A tutti il mio augurio che l’ascolto di questa voce rinnovi in noi la spinta a «cercare in primo luogo il Regno di Dio e la sua giustizia», percorrendo quella via della santità sulla quale il Padre don Calabria ci ha preceduti. Sac. Waldemar Longo UNA VIA INTITOLATA A SAN GIOVANNI CALABRIA Roncà, domenica 27 luglio 2003 – Alla presenza di don Primo Ferrari, Vicario dell’Opera don Calabria, di fr. Mario Bonora, presidente degli Ospedali di Negrar e naturalmente del Sindaco di Roncà, è stata intitolata al nostro santo Fondatore una via della cittadina. Dopo i vari interventi, il Sindaco, tra gli applausi di una folta rappresentanza di ex allievi, ha scoperto la targa con il nuovo nome della via. Alla fine della cerimonia un generoso rinfresco offerto dall’amministrazione comunale ha simpaticamente chiuso la celebrazione dell’evento. Achille Coltro FESTA DELLA FAMIGLIA A CAMPOSILVANO Favoriti dal bel tempo e da una buona ed efficace organizzazione, il 22 giugno scorso si sono ritrovati a Camposilvano un gran numero di ex-allievi, accompagnati da familiari ed amici, per celebrare la tradizionale Festa della Famiglia. La partecipazione assai numerosa testimonia di quanto don Calabria e la sua Opera siano ancora vicini alle persone con cui sono entrati in contatto. 37 Notizie Già all’arrivo si respirava un’aria di amicizia e di serenità, grazie alla calorosa accoglienza degli organizzatori. Il momento centrale della giornata è stato senz’altro segnato dalla celebrazione eucaristica: l’aver vissuto insieme la S. Messa, ha aiutato a rinvigorire il senso di comunità, che si ritrova nell’insegnamento cristiano di don Calabria. Il pomeriggio è stato caratterizzato da giochi, cui hanno partecipato bambini e ragazzi, ma anche molti adulti: ci sono stati premi per tutti, ma soprattutto molta allegria! Con l’impegno e l’augurio che anche negli anni futuri ci si possa ritrovare con lo stesso entusiasmo di quest’anno, ci siamo salutatii nel tardo pomeriggio. La presidenza centrale ex allievi ULTIMI EX ALLIEVI DI SAN ZENO IN MONTE Cerimonia strana quella di quest’anno durante la quale, come di consueto, sono state consegnate agli alunni uscenti dalla Scuola Media don Giovanni Calabria di San Zeno in Monte le tessere dell’associazione ex allievi. Strana perché, come ormai ben saprete, la Scuola Media chiude definitivamente i battenti. Queste sono state dunque le ultime tessere consegnate agli ultimi ex allievi di San Zeno in Monte. Ultimi almeno per il momento, non si sa mai, infatti, quali possano essere le vie della Provvidenza e cosa ci riservino per il futuro. Un grazie sentito al preside, fr. Mario Grigolini, al prof. Andrea Pescarin, già valentissimo preside per parecchi anni, a tutti i professori, ai collaboratori, agli educatori, ai religiosi delle Comunità di San Zeno in Monte e di San Benedetto e, ultimi nell’elenco, ma in realtà veri protagonisti dei tutti questi anni di lavoro scolastico, un grazie anche ai ragazzi che sono passati per le aule della Casa Madre. 38 A tutti l’augurio che l’evangelico «Cercate in primo luogo...» sia stata la lezione più bella ed importante appresa sui banchi della Scuola Media don Giovanni Calabria. Andrea Ciet MARIA MADRE DELLA PROVVIDENZA Il dono più prezioso che l’umanità ha ricevuto dal Padre è Suo Figlio Gesù, che è nato dalla Vergine Maria. L’umanità senza questa presenza di Mamma è orfana. L’Angola ha compiuto questa esperienza concreta in questi ultimi 30 anni di guerra. È la fede e l’amore della gente più semplice che è riuscita a “strappare” dal cuore della Mamma il dono della pace: «Maria, Regina della Pace, donaci la Pace». Il popolo unanime ha attribuito a Lei il grande dono della pace. In occasione dell’anno del Rosario, per onorare Maria, a Luanda nell’Oasi Divina Providencia, è stata eretta una grotta con il nome di Maria Madre della Provvidenza. È uno dei segni di come Maria è presente nel nostro cammino di Povere Serve e Poveri Servi in Angola. Da una piccola cosa è sorto un grande dono della Provvidenza non solo per noi, ma anche per gli alunni, i professori, i gruppi parrocchiali e per il popolo tutto. Ora le nostre attività pastorali e formative saranno sempre sotto lo sguardo materno di Maria Madre Provvidente. Ir. Merice Bertolini Scuola Materna di Madonna di Campagna FESTA DI FINE ANNO SCOLASTICO Giunti alla fine della programmazione scolastica, anche quest’anno nella Scuola Materna di Madonna di Campagna si è tenuta la tradizionale Festa di fine anno. Si è trattato di uno spettacolo vero e proprio in cui i protagonisti sono stati proprio loro, i bambini, affiancati dai genitori, dai fratelli e dalle sorelle maggiori. Notizie ANGOLA - HUAMBO Il tema della programmazione e della festa finale è stato quello dell’amicizia e della solidarietà tra i popoli e così i “piccoli”, con le loro magliette rosse, si sono trasformati in tanti indiani; i “medi” con le magliette gialle hanno impersonato la popolazione cinese, mentre i “grandi”, in maglietta blu con fascia tricolore, hanno mantenuto la loro nazionalità italiana. Le esibizioni prevedevano canti di gruppo, ma anche indovinelli e il racconto di una storia fantastica. Anche i genitori si sono impegnati a fondo per la buona riuscita della Festa e questa è la prova dell’atmosfera che si respira in questa scuola materna: familiarità e amicizia. La Scuola Materna Madonna di Campagna è sorta ancora in vita don Giovanni Calabria. Fondata all’ombra del Santuario Madonna della Pace, essa si prefigge di trasmettere i valori evangelici della gioia, della bontà nella semplicità, della spontanea fraternità di chi vive sapendosi in ogni momento sotto lo sguardo di Dio Padre e della Vergine Maria. Rosaria Di Martino Felicitazioni ❖ A Venezia, Palazzo San Giovanni Battista, il 1° maggio 2003 Sergio Bazerla, ex allievo di via Roveggia e dirigente bancario, è stato insignito della Stella al Merito del Lavoro su proposto del ministro del Welfar e firmato dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. ❖ All’ospedale di Negrar il 27 giugno 2003, giorno del Sacratissimo Cuore di Gesù e giornata mondiale di santificazione sacerdotale, è nata Rita, figlia dei fratelli esterni Ermes e Angelina Bampa. ❖ All’ospedale di Negrar il 26 luglio 2003 è nata Benedetta, figlia di M.Francesca Salzani e Lucio Faccioli. Lucio è nipote di don Gabriele Cordioli e di suor M.Ausilia Cordioli. ❖ A Zevio (Vr) il 5 agosto 2003 è nata Linda, figlia di Veronica Moretto e Marco Taddei. Lo annunciano con gioia i nonni Luigi Moretto e Luigina Solari. ❖ Il 9 agosto 2003 è nato Marco, figlio terzogenito di Federica e del dott. Alberto Campagnola. Lo annunciano felici le sorelline Francesca e Silvia. Alberto è figlio di Silvano Campagnola, ex allievo del Patronato del 1953. ❖ A Verona il 19 agosto 2003 è nata Rachele. Lo annunciano con gioia Nereo e Cristina Faggioni con il nonno Riccardo, ex allievo. Il Governo della provincia angolana di Huambo ha messo a disposizione della Congregazione, in regime di comodato e a tempo indeterminato, un Centro per svolgere attività a favore dei bambini di strada. Si tratta di una Centro con varie case, capaci di dare ospitalità a più di cinquanta ragazzini, i quali potranno godere, oltre che del vitto e dell’alloggio, anche dei servizi della scuola, della formazione professionale e delle strutture sportive. Vi si trovano anche una piccola chiesa e un centro medico. Il Governo di Huambo si assumerà tutti i costi relativi al personale e alla manutenzione, lasciando l’amministrazione e la conduzione educativo-pedagogica del Centro stesso alla Congregazione. Tornati al Padre ◆ Il giorno 6 giugno 2003 è deceduta Norina De Vogli, ved. Giovanni Trezzolani, ex allievo di San Zeno in Monte. La raccomandiamo al Signore e facciamo le condoglianze ai figli Luciana e Renato. ◆ A Vago di Lavagno (Vr) il 29 luglio 2003 è morto Giampietro Dalla Valle di anni 44, ex allievo di S. Benedetto. ◆ Dopo mesi di sofferenza il giorno 18 agosto 2003 è deceduto in Svizzera, dove si era trasferito dopo il matrimonio, Leonzio Di Grazia, ex allievo esterno di Costozza (Vi). Lascia 3 figlie. ◆ A San Giovanni Lupatoto il giorno 20 agosto 2003 è mancato all’affetto dei suoi cari Giulio Canteri, fratello di M. Elisa Canteri. ◆ All’età di 92 anni si è spenta, il 20 agosto 2003, Teresa Pistoia, suocera di Gianfranco Righetti, ex allievo di via Roveggia e zia di Giuliana ed Edoardo Giordani, ex allievo di San Zeno in Monte. Molto affezionata alla Casa, aveva partecipato con tanta gioia ed entusiasmo all’ultimo convegno di ex allievi di San Zeno in Monte (molti ex si ricorderanno di questa simpatica ed anziana signora). Nell’ultimo suo viaggio verso il cielo ha voluto indossare il fouldard di San Giovanni Calabria che sempre portava nelle ricorrenze e nelle celebrazioni. ◆ Il 21 agosto è mancata improvvisamente Alessandra Negrini in Marchi, molto legata all’Opera. ◆ A Valdagno (Vi) è deceduto Glauco Rossi, ex allievo di Costozza (Vi). ◆ A Villafranca (Vr) nel mese di agosto è deceduta la signora Maria Golia, moglie di Mario Bedin, ex allievo di S. Benedetto. ◆ A Roma lo scorso agosto è mancato il prof. Ivo Pini, grande amico dell’Opera. ◆ Lo scorso agosto è deceduto Laerte Viviani, fratello di Attilio ex allievo del Patronato. 39 APPUNTAMENTI CENTRO DI CULTURA E SPIRITUALITÀ CALABRIANA Sabato 15 novembre 2003 XXV GIORNATA DI STUDI CALABRIANI Interverranno: DOTT.SSA ANTONELLA ANGHINONI Il Male nella Bibbia PROF.SSA IDA ZILIO GRANDI (Istituto Orientale di Napoli) Il Male e il Corano bei momenti trascorsi assieme e dei doni ricevuti tra quelle mura. L’incontro inizierà alle ore 9.30. EX ALLIEVI DI MILANO Domenica 9 novembre 2003 FESTA ANNUALE Invitiamo tutti gli ex allievi, con parenti e amici, presso il Centro Vismara di via dei Missaglia. Ci si potrà prenotare per il pranzo il giorno stesso. Nell’occasione si svolgerà l’elezione del nuovo Direttivo. Giovedì 4 dicembre 2003 Incontro di formazione per il clero della diocesi di Verona e inizio eventi celebrativi per il 50° anniversario della morte del p. don Calabria. Interverrà: PROF. DON MAURILIO GUASCO La formazione del prete EX ALLIEVI DEL PATRONATO E VIA ROVEGGIA Venerdì 5 dicembre 2003 GITA-PELLEGRINAGGIO Presentazione del primo volume dell’Opera Omnia di san Giovanni Calabria presso “Fondazione Toniolo”. Interverranno: PROF. VITTORIO CASTAGNA PROF. DON LUIGI MEZZADRI CONVEGNO USMI E CISM Gita a Maguzzano per visitare le tombe dei nostri religiosi defunti. Un invito caloroso è rivolto a tutti gli ex allievi ed amici dell’Opera con le loro famiglie. Ritrovo alle ore 10.30 a Maguzzano. Per informazioni e prenotazioni per il pranzo: • Amadori (045.89.04.220) • Armando Gambarini (045.51.21.17) • Livio Marchi (045.95.35.84) Si può essere amici nella vita consacrata? Interverranno: PROF.SSA CETTINA MILITELLO PROF.SSA SR. PINA DEL CORE FMA PROF. DON NICO DAL MOLIN PROF. DON MARIO DE MAIO EX ALLIEVI DEL PATRONATO E VIA ROVEGGIA - S. MARCO Incontri di Lectio divina - Avvento Venerdì 7 novembre 2003 Come ormai consuetudine, durante i venerdì del periodo di Avvento 2003 a San Zeno in Monte si terranno degli incontri di LECTIO DIVINA con inizio alle ore 21.00 presso la chiesa di san Zeno in Monte. TRADIZIONALE CASTAGNATA Sabato 6 dicembre 2003 Sabato 25 ottobre 2003 Presso il nuovo Centro di via San Marco - Spianà. L’invito è rivolto a tutti gli ex allievi ed amici dell’Opera. Sarà un’occasione per trascorrere una serata in allegria, ricordando i tempi trascorsi nelle Case dell’Opera. EX ALLIEVI DI FERRARA Domenica 12 ottobre 2003 INCONTRO ANNUALE E FESTA DI S. GIOVANNI CALABRIA L’invito, che si terrà presso la Città del Ragazzo con inizio alle ore 9.30, è rivolto agli ex allievi e loro familiari. EX ALLIEVI DI RONCO E RONCÀ Domenica 16 novembre 2003 CONVEGNO ANNUALE Per informazioni: • Achille Coltro (340.23.12.386 - 045.58.14.82) EX ALLIEVI DI MAGUZZANO Domenica 19 ottobre 2003 EX ALLIEVI DI SAN ZENO IN MONTE CONVEGNO ANNUALE Domenica 9 novembre 2003 Come consuetudine sono invitati all’incontro tutti gli ex allievi e amici dell’Abbazia con le rispettive famiglie, per ringraziare il Signore dei CONVEGNO EX ALLIEVI Tutti gli ex allievi e amici della Casa di San Zeno in Monte con le loro N. 5 - Settembre-Ottobre 2003 - Anno LXXIV - Spedizione in A.P. art. 2 comma 20/c legge 662 /96 - Filiale di Verona In caso di mancato recapito restituire all’ufficio C.M.P. VR, detentore del conto, per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.