amico_05_2003 - Opera don Calabria

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amico_05_2003 - Opera don Calabria
Messaggio in bottiglia
«Naturalmente la gente comune non vuole la guerra: né
in Russia, né in Inghilterra, né in Germania. Questo è
comprensibile. Ma, dopotutto, sono i governanti del Paese
che determinano la politica, ed è sempre facile trascinare
con sé il popolo, sia che si tratti di una democrazia, o di una
dittatura fascista, o di un parlamento, o di una dittatura
comunista. Che abbia voce o no, il popolo può essere
sempre portato al volere dei capi. È facile. Tutto quello che
dovete fare è dir loro che sono attaccati, e denunciare i
pacifisti per mancanza di patriottismo, in quanto
espongono il Paese al pericolo. Funziona allo stesso modo in
tutti i Paesi».
(Dichiarazione di Hermann Göring, gerarca nazista,
al processo di Norimberga)
2
«Conoscere una sola lingua, un solo lavoro, un solo costume,
una sola civiltà, conoscere una sola logica è prigione».
Sommario
(NDJOCK NGANA YOGO - Camerun)
4 Editoriale
Cronaca di un evento
di grazia
6
IX Capitolo generale
della Congregazione delle Povere Serve
della Divina Provvidenza
CARITÀ
6 Cronaca calabriana
CRONACA DI UN EVENTO DI GRAZIA
L’ULTIMA CAMPANELLA
«SIATE APOSTOLI, SIATE SANTAMENTI
CONTAGIOSI» (don Calabria)
L’AMICO RITROVATO
12 Speciale Campi Estivi
20 Se non ritornerete...
LE FARFALLE E IL FORMICONE
L’ultima campanella
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San Zeno in Monte
Chiude definitivamente
la Scuola Media San Giovanni Calabria
22 L’Opera nel mondo
CAMMINANDO LUNGO LA VIA...
PROVOCATI DALLA PROVVIDENZA
DIVINA IERI, OGGI E DOMANI
27 Teologia in pillole
DAVANTI A DIO L’UOMO SI RISCOPRE POETA
28 Urge meditare
È FONDAMENTALE INTERVENIRE PRESTO!
30 Spazio Fiorito Mariano
GOCCE DI SAPIENZA DI FR. VITTORINO
31 Poesia della santità
12
Speciale
Campi estivi
LEOPARDI
32 Le vie della carità
DALLA PARTE DEI SOFFERENTI
34 Ricordando
UNA VITA DI CARITÀ
36 U.M.M.I.
70° ANNIVERSARIO U.M.M.I.
Ricordando
34
Una vita di carità
Il 10 agosto scorso ci ha lasciati
fratel Matteo Ponteggia
RUBRICHE
MESSAGGIO IN BOTTIGLIA
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NOTIZIE
FELICITAZIONI - TORNATI AL PADRE
APPUNTAMENTI
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Collaboratori. La collaborazione è aperta a tutti gli amici dell’Opera. Indirizzare gli articoli al direttore.
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L’AMICO non ha quota di abbonamento ma vive delle offerte spontanee dei nostri lettori, fidandosi della Provvidenza.
NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 5 SETTEMBRE 2003
Questo periodico è associato
all’UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA
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Editoriale
Carità
Mano che si intreccia alla mano dell’altro e lo solleva.
Voce che penetra nel cuore dell’altro e lo incoraggia.
vevamo già deciso di continuare a
trattare anche in questo editoriale il tema della carità, quando ci è arrivata la
triste notizia della morte di fratel Matteo
Ponteggia. Permettetemi di offrire il mio
piccolo contributo alla memoria di questo amato fratello, dedicandogli queste
poche righe su un tema che non fu a lui
semplicemente caro, ma che fu la sostanza stessa della sua vita, la carità, appunto.
A
Viviamo un’epoca in cui l’offerta spirituale si è fatta variegata, molteplice, in
certi casi accattivante. La spiritualità riveste abiti dalle forme sgargianti, facendo balenare davanti agli occhi degli uo-
La Parola del Papa
L’esercizio della Carità
«L’opzione, o amore preferenziale per i poveri. È [...]
una forma speciale di primato nell’esercizio della carità
cristiana, testimoniata da tutta la Tradizione della Chiesa.
Essa si riferisce alla vita di ciascun cristiano, in quanto
imitatore della vita di Cristo, ma si applica egualmente
alle nostre responsabilità sociali e, perciò, al nostro vivere, alle decisioni da prendere coerentemente circa la proprietà e l’uso dei beni. Oggi poi, attesa la dimensione mondiale che la questione sociale ha assunto, questo amore preferenziale,
con le decisioni che esso ci ispira, non può non abbracciare le immense moltitudini di affamati, di mendicanti, di senzatetto, senza assistenza medica e, soprattutto,
senza speranza di un futuro migliore: non si può non prendere atto dell’esistenza
di queste realtà. L’ignorarle significherebbe assimilarci al “ricco epulone”, che
fingeva di non conoscere Lazzaro il mendico, giacente fuori della sua porta (Lc
16,19)».
(GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo Rei Socialis, VI)
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mini affascinanti universi multicolori,
capaci di soddisfare qualsiasi esigenza,
di sollevare da qualsiasi fragilità, di aprire porte ad inattese consapevolezze interiori. È il baluginante mondo della newage, della spiritualità a misura di psiche,
delle emozioni trascendentali, che ci trasportano verso vette inimmaginabili. Ma
Dio dov’è? Sì, Dio, quella realtà che al
di fuori della definizione del catechismo
non sappiamo mai come descrivere. Dio
dov’è? Dov’è Dio, dentro quel fumoso
paese dei balocchi che è oggi la spiritualità contemporanea?
Risposta non facile e degna di penne e
menti ben più fini della mia. Ma un tentativo, da seguace di don Calabria, desidero farlo.
Oggi c’è bisogno di un Dio che sia carità. Senza carità non c’è Dio. Il mondo
può esiliarsi dalla fede, può veder fuggire ogni speranza, ma non può fare a meno della carità. Per questo il mondo contemporaneo, sempre più dimentico della
fede, sempre più estraneo alla speranza,
ha bisogno di forti segni della presenza
della carità. E cos’è mai oggi la carità?
Un invito generico all’amore? L’offerta
del nostro superfluo, che va ad abbattere
i nuovi “record di offerte pervenute”? Il
crampo al cuore che ci prende appena
vediamo i volti tumefatti dalla violenza e
dalla fame che percorrono il mondo?
Salvo riprenderci subito dopo, pronti a
commuoverci ben più seriamente per
Editoriale
l’ennesima disavventura, dell’ennesimna
eroina, dell’ennesima puntata, dell’ennesima telenovela a cui siamo tanto devoti!
Carità è mano che si intreccia alla mano dell’altro e lo solleva. Carità è voce
che penetra nel cuore dell’altro e lo incoraggia. Carità è sguardo che acccoglie e
protegge. Carità è l’altro divenuto più
importante di me stesso, della mia sicurezza, della mia tranquillità. Carità è
l’altro da perdonare e da curare nelle sue
ferite più profonde. Carità è l’altro da riverire e da cui scuotere la polvere omicida della storia. Carità è l’altro da sottrarre alla solitudine, all’oblio, all’emarginazione dei cuori.
Non esistono cifre per esprimere l’immane sofferenza che avvolge quotidianamente il mondo. Con quali cifre esprimere l’anima di un bimbo, che vaga per
le strade dopo aver visto morire di fame
la propria madre? Quali cifre possono
dar conto della fame, che spinge milioni
di persone a vendere se stesse nelle maniere più insensatamente orribili ed abbiette che menti – ahimè, umane! – possano pensare?
Non voglio dar cifre al dolore del
mondo, esso è senza misura e ha bisogno
di una risposta senza misura. Così deve
essere la nostra carità: senza misura, senza tornaconto, senza bilancio, né commissioni di controllo. Carità, carità,
nient’altro che carità!
Sì, Dio oggi non può che essere carità.
E ognuno di noi può essere colui che
qui, ora, oggi, può rendere evidente Dio.
Che magnifica opportunità, che splendida occasione, che terribile responsabilità.
Uomo del mio tempo non mentire a
te stesso, tu sai dov’è Dio: è nella tua
carità.
fr. Carlo Toninello
La Parola del Padre
Il dono di fare la carità
«Iddio che riceve come fatto a Sé medesimo tutto
quello che facciamo al prossimo rivolto in suo nome, per
suo amore, vi renda il merito e vi conceda tutte quelle
grazie di cui avete bisogno, prima per le vostre anime e
poi anche per i vostri cari, per i vostri interessi materiali.
Ricordatevi che il fare la carità a chi soffre è un dono
grande che il Signore fa a chi lo merita. Molti che sono
ricchi non fanno la carità, è perché non ne sono degni,
non meritano questa grazia.
Ma voi l’avete meritata questa grazia, questo dono di
fare la carità e beati voi!
Ricordate che a fare la carità non si impoverisce, ma si arricchisce e chi fa la
carità ha la tessera firmata per il Paradiso.
La carità è figlia primogenita di Dio. Qual dono, quale grazia non fa il Signore
quando ci chiede di fare la carità, di far del bene ai nostri fratelli, è una grazia così
grande che bisogna meritarla, molti, sono molti coloro che hanno dei mezzi, che
sono ricchi, ma non meritano questa grazia».
(SAN GIOVANNI CALABRIA, Documento senza titolo e senza data)
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Cronaca calabriana
Maguzzano - luglio 2003
Cronaca di un evento
di grazia
IX Capitolo generale della Congregazione delle Povere Serve
della Divina Provvidenza
arebbe semplice fare la sintesi degli
Scome“atti”
del IX Capitolo Generale, che
Congregazione abbiamo da poco
celebrato, ma un Capitolo è ben più di
un semplice incontro fra Sorelle... è un
evento di grazia, è l’esperienza viva che
Gesù è presente: «dove due o tre sono
riuniti nel mio nome...».
Il Capitolo è stato anzitutto un toccare
con mano l’azione dello Spirito, che si
manifesta in modo più chiaro e forte
quando i cuori che lo invocano si uniscono, non solo nella preghiera, ma nella vita fraterna, nell’ascolto reciproco, nella
condivisione della propria esperienza
spirituale.
Consapevoli che era lo Spirito il protagonista principale di questo evento,
l’abbiamo invocato insistentemente, sentendo in questo la fraternità di tutta la
Famiglia calabriana che in quei giorni ci
era vicina nella preghiera.
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Le Sorelle capitolari
posano con il
vescovo di Verona,
p. F. R. Carraro,
nel chiostro
dell’Abbazia di
Maguzzano
Domenica 6 luglio è stata celebrata la solenne
Messa di apertura del IX Capitolo generale, a S.
Zeno in Monte, presieduta dal Casante, don Waldemar Longo, e alla quale hanno
partecipato numerosi membri dell’Opera.
Quello stesso pomeriggio ci siamo trasferite nell’Abbazia di Maguzzano e la sera abbiamo iniziato
gli Esercizi Spirituali assieme ad altre Sorelle e ad un gruppo di Fratelli
Poveri Servi. Gli esercizi sono stati
animati da don Giuseppe Pasini,
Delegato per l’Europa, sul tema:
Consacrati a Cristo nell’Opera e
nel mondo. È stata una settimana in-
tensa, di riflessione e di preghiera, vissuta in un
clima di famiglia, che ci ha permesso di gustare
la bellezza del Carisma che don Calabria ci ha
lasciato in dono.
Sabato 12 l’abbiamo dedicato ad una lavoro
di aggiornamento. Al mattino, fr. Carlo Toninello (PSDP) ci ha orientate con una riflessione sulla metodologia del discernimento capitolare,
mentre nel pomeriggio padre Waldemar ha presentato la dimensione spirituale che ci doveva
animare in quei giorni capitolari. Inoltre il Casante, quale «garante dello spirito puro e genuino
dell’Opera», ha accompagnato i lavori capitolari
durante tutta la loro durata, diventando per noi
Fratello, Padre, guida sicura nel discernere lo
Spirito del Signore. La giornata si è conclusa con
una solenne celebrazione eucaristica presieduta
dal Vescovo di Verona, padre Flavio Roberto
Carraro; era presente anche il Vicario episcopale
per la Vita Consacrata della Diocesi, mons. Sulmona. È stato un vero e sentito momento di comunione con la Chiesa locale e universale.
Lunedì 14 luglio Madre Maria Sponda, quale
Presidente del Capitolo, ha dichiarato ufficial-
Cronaca calabriana
Il giorno dopo c’è stata l’elezione del Consiglio generale, che è risultato così composto: Sor.
Gloria Dolzani (Vicaria generale), Sor. Lucia
Bressan, Sor. Carla Furlan e Sor. Graciela Ramseyer (Consigliere generali).
mente aperti i lavori capitolari. Si è iniziato con
la lettura, da parte della Madre, delle Delegate
dell’America Latina, Angola e India e dell’Economa generale, delle relazioni sul sessennio trascorso.
Si è affrontato poi il vero lavoro di riflessione capitolare sul tema: Ripartire da Cristo per
riscoprire la nostra profezia carismatica nell’Opera e nel mondo, attraverso lo studio del documento Instrumentum laboris, che la Commissione precapitolare aveva preparato sulla base
dei contributi delle Sorelle dei diversi Territori e
Delegazioni, e di altri strumenti riguardanti alcuni temi specifici (“Essere donna oggi, nell’Opera e nel mondo”; Contributi della Famiglia calabriana; Documentazione sulle vicende dell’abito nella storia della Congregazione).
Abbiamo riflettuto, anzitutto, sull’attualità
profetica della nostra identità carismatica. È
emerso unanime il desiderio di “Ripartire da Cristo” e con Lui, per Lui ed in Lui fare esperienza
del nostro Carisma di filiale abbandono in Dio
Padre Provvidente, esperienza che consideriamo
vitale, per promuovere una vera spiritualità di
comunione e di accoglienza nella semplicità dello spirito di Famiglia che ci è proprio.
Da una lettura della realtà del mondo e della
Chiesa in cui siamo inserite, sentiamo forte la
sfida a vivere in pienezza la ricchezza della nostra femminilità e maternità spirituale, quale trasparenza della tenerezza di Dio Padre, che ama
con totale gratuità e si prende cura della vita di
ogni uomo, specialmente di chi è ai margini dalla
società.
Mercoledì 23 luglio è stato un giorno speciale
di preghiera e di comunione con l’intera Congregazione nell’invocare lo Spirito, perché ci illuminasse nella scelta di colei che il Signore avrebbe
chiamato alla guida della nostra Famiglia religiosa per il nuovo sessennio. È stata eletta come Superiora generale Sor. Maria Chiara Grigolini, veronese e missionaria in questi ultimi anni in India.
Un altro momento significativo è stato sabato 26 luglio, giornata che abbiamo trascorso in
gioiosa e profonda fraternità assieme alla Famiglia calabriana. Al mattino ci siamo ritrovate
con i Consigli generali e di Delegazione italiana
dei Fratelli Poveri Servi e delle Sorelle Missionarie dei Poveri; il pomeriggio l’abbiamo trascorso coi rappresentanti dei diversi rami laici
della Famiglia Calabriana. Abbiamo sperimentato la ricchezza dello scambio fraterno di quanto
ogni ramo dell’unica Opera sente come vitale
per crescere nella comunione e condivisione dell’unico Carisma. Abbiamo offerto i frutti di questa giornata al Signore, concludendo con la celebrazione Eucaristica, perché fosse Lui la sorgente ed il sostegno del nostro desiderio di camminare assieme.
Le prime
felicitazioni a
Sor. Maria Chiara
Grigolini
per l’elezione
a Superiora
generale della
Congregazione
Martedì 29 luglio abbiamo
concluso ufficialmente il IX
Capitolo. Per ringraziare Dio
Padre per quanto Lui ha operato in noi durante questi giorni, assieme alla Famiglia calabriana abbiamo partecipato ad
uno spettacolo lirico-musicale, animato da una corale coreana, nel teatro tenda di S.
Zeno in Monte.
Come coronamento festivo
e celebrativo di questi giorni
di vera fraternità e di profonda
esperienza spirituale, noi Sorelle capitolari ci siamo recate in pellegrinaggio
a Roma, centro della fede universale, per confermare ai piedi della tomba di S. Pietro gli impegni
assunti ed il desiderio di vivere in profondità la
nostra vocazione di Povere Serve della Divina
Provvidenza e la nostra missione nella Chiesa.
Siamo consapevoli che un Capitolo generale
con i documenti prodotti non ha in sé la capacità
di rinnovarci, ma la Grazia di Dio sì.
Possa questo evento aiutarci a ritornare all’essenza del nostro Carisma, che è racchiuso nell’invito che ancor oggi san Giovanni Calabria ci
rivolge: «Sorelle, fatevi sante nello spirito puro e
genuino dell’Opera di Dio: che fortuna per voi,
per tutta l’Opera, per il mondo che ha estremo
bisogno di santi».
Le sorelle capitolari
Il nuovo Consiglio
generale della
Congregazione
delle Povere Serve
della Divina
Provvidenza.
Da sin.:
Sor. Gloria Dolzani
(Vicaria generale),
Sor. Carla Furlan,
Sor. Maria Chiara
Grigolini (Madre
generale),
Sor. Graciela
Ramseyer,
Sor. Lucia Bressan
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Cronaca calabriana
L’ULTIMA
CAMPANELLA
SAN ZENO IN MONTE
Chiude definitivamente la Scuola Media San Giovanni Calabria
Nel corso degli anni era diventata un solido punto di riferimento
all’interno del panorama scolastico provinciale
10 giugno 2003 alle ore 12.35 è suonata l’ultiInilmaCalabria,
campanella della Scuola Media Don Giovanchiudendo non solo l’anno scolastico
2002-2003, ma anche l’attività dopo tanti, tanti anni durante i quali ha visto passare dai suoi banchi
migliaia di ragazzi o, meglio, di Buoni Fanciulli,
che il Padre don Giovanni ha così tanto amato.
La chiusura della Scuola Media Don Giovanni
Calabria difficilmente potrà essere surrogata da
altre istituzioni o dalla volontà di uno o più insegnanti: essa, nel panorama dell’offerta scolastica,
era un prezioso punto di riferimento non solo per
le scuole private cattoliche, ma anche per quelle
statali: quanti ragazzi inseriti per trovare un’attenzione che li rendesse protagonisti e quante famiglie hanno ritrovato la serenità perché il loro figliolo «adesso viene a scuola volentieri; pensi, carica addirittura la sveglia per non perdere l’autobus!». Ricordo una coppia di genitori che, dopo
aver iscritto ad anno scolastico iniziato il proprio
ragazzo, erano venuti a ringraziare il Signore perché finalmente di notte potevano dormire.
Anche il Vescovo, padre Flavio Roberto Carraro, saputo dell’imminente chiusura poneva una
chiara domanda: «Se chiude la Scuola Media Don
Giovanni Calabria, chi ci rappresenterà come
Chiesa nella carità cristiana in questo settore?».
È vero: la Scuola Media Don Giovanni Calabria, con tutto il rispetto per le altre istituzioni
scolastiche cattoliche veronesi che pure si prodigano per i poveri, si è sempre distinta nell’accoglienza verso chiunque bussasse alla sua porta. La
nostra scuola riusciva ad accogliere, assieme ad
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alunni con situazioni familiari e vissuti scolastici
normali, numerosi ragazzi con vari problemi: situazioni familiari difficili, insuccessi scolastici
dovuti a problemi relazionali e a carenze intellettive. Questo sforzo d’integrazione, fondamentale in
un ambiente scolastico, richiedeva grandi sforzi
agli insegnanti ed agli educatori, per progettare ed
attuare progetti educativi e formativi fortemente
individualizzati. La scuola, inoltre, era strutturata
in modo tale da accogliere i ragazzi per tutto l’arco della giornata dal mattino al tardo pomeriggio.
La Scuola Media Don Giovanni Calabria, seguendo i desideri del Fondatore, orientava i ragazzi alla vita, proponendo un’attività scolastica che
avesse non solo l’obiettivo di “informare”, ma anche quello di “formare buoni cristiani ed onesti
cittadini”, seguendo un itinerario che prevedeva la
responsabile partecipazione di alunni, genitori, insegnanti ed educatori.
Tra le molte attività che hanno fortemente caratterizzato la Scuola Media Don Giovanni Calabria alcune vanno ricordate per il forte spessore
educativo: l’orientamento e il teatro.
L’orientamento, impegno di tutti gli insegnanti,
coinvolgeva alunni e genitori e si concludeva nel
proporre delle scelte professionali che valorizzassero le capacità di ciascuno: molti ragazzi sono
passati a salutarci contenti del lavoro che stavano
facendo (capomastri, elettricisti, meccanici...) e
dei valori appresi, che finalmente potevano mettere in pratica nella società.
Il teatro era quell’attività che meglio sintetizzava la realtà complessiva della scuola. Coinvolgeva
alunni, insegnanti e
religiosi e qui non si
possono non ricordare i grandi risultati ottenuti: ragazzi che in
aula non riuscivano ad
aprire bocca, sul palcoscenico manifestavano il meglio di se
stessi; ragazzi che in
aula difficilmente collaboravano, sul palcoscenico riuscivano a
stare insieme; ragazzi timorosi e timidi, erano
capaci di recitare addirittura davanti ad un pubblico esterno! E poi le musiche scritte di pugno da
Fr. Fortini... la cura delle prove e dei costumi da
parte di Fr. Fausto... carissimi Fr. Fortini e Fr. Fausto... in cielo, ne sono certo, su qualche nuvoletta
continuate la vostra opera di musica e di allegria!
È chiaro che i ragazzi al termine degli studi e
nel corso della loro vita hanno sempre ricordato e
ricordano ancora con soddisfazione questi momenti vissuti all’interno della scuola, ma fuori
dalle aule scolastiche. Il raggiungimento di questi
risultati è stato possibile perché essi vivevano
quell’età dove è ancora possibile investire nell’educazione, dove è possibile prenderli per mano,
fare loro proposte educative e formative.
Quella dell’educazione è una priorità di qualsiasi società; del resto san Giovanni Bosco, cui
san Giovanni Calabria saggiamente si ispirava in
campo pedagogico, così scriveva:
«La porzione dell’umana società, su cui sono
fondate le speranze del presente e dell’avvenire,
la porzione degna dei più attenti riguardi è senza
dubbio la gioventù. Se la gioventù sarà rettamente
educata, vi sarà ordine e moralità; al contrario: vizio e disordine».
Sul problema dell’educazione dei giovani san
Giovanni Calabria così scriveva (Lettera LIII, 7
ottobre 1947):
«A tutti è noto quanto stia a cuore al Santo Padre la cura e l’assistenza dei giovanetti più poveri
ed abbandonati e, appunto per questo, esposti a
maggiori pericoli. [...]
L’invito del Papa è sceso in fondo al nostro
cuore e ci impone di fare quanto più è possibile
per realizzarlo in forma concreta e pratica, tanto
più essendo questa la finalità propria della nostra
Casa Buoni Fanciulli, che da quarant’anni (19071947) si è andata prodigando per raccogliere sotto
i padiglioni della Divina Provvidenza centinaia di
giovinetti abbandonati. [...]
Tuttavia finora l’Opera nostra si è limitata ai
soli fanciulli interni; ma sembra giunto il momento di allargare il raggio di attività e di carità,
estendendo anche agli esterni
l’umile nostra azione di bene.
[...]
Contemporaneamente un’altra importante attività si è svolta, e si svolgerà ancora, a vantaggio dei
giovani studenti che dalla provincia vengono in
città per frequentare la scuola, creando per essi la
“Casa dello studente”.
In essa detti studenti trovano amorosa assistenza durante l’orario extra-scolastico, ed hanno pure
una refezione calda, aule riscaldate per lo studio e
un lieto e conveniente sollievo.
In questo nuovo anno è volontà di Dio che si
abbia a dare inizio contemporaneamente ad un’altra opera, la cui importanza non può sfuggire ad
alcuno: le Scuole Professionali, che, a Dio piacendo, si inizieranno entro il mese di Novembre. In
dette scuole si accoglieranno giovanetti poveri
che, terminate le scuole elementari, desiderano
imparare un mestiere; vi si fermeranno dalla mattina alla sera, alternando le ore del lavoro con ore
di studio e di conveniente sollievo. Si darà loro
anche la refezione del mezzogiorno, il tutto gratuitamente, secondo il programma e lo spirito della nostra Opera. [...]
Certo i pesi che ci verremo addossando non sono lievi, le difficoltà saranno senza numero, ma
confidiamo nell’aiuto della Divina Provvidenza, della quale tuttavia sollecitiamo
molti che ne hanno la possibilità a divenire
ministri e cooperatori in un’opera così bella, così necessaria e provvidenziale.
Dovremo abbandonare l’impresa per
mancanza di mezzi? Ci sembrerebbe tradire
la nostra speciale missione di bene! [...]».
Nonostante alcune difficoltà trascorse, la
chiusura della Scuola Media ha comunque
suscitato in tutte le persone coinvolte nel
corso degli anni sentimenti di ringraziamento a Gesù Cristo; pertanto, la sera del
24 giugno, dopo aver consegnato l’ultimo
diploma ed aver ascoltato il suono dell’ultima campanella, insegnanti e religiosi si sono ritrovati in chiesa per la S. Messa e, davanti alla
tomba del Padre, hanno recitato insieme anche
l’ultima preghiera della storia della Scuola Media
San Giovanni Calabria.
Andrea Pescarin
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Cronaca calabriana
«Dobbiamo essere
Vangeli viventi,
per irradiare intorno
a noi la luce
di Cristo...
Guardiamo di essere
fedelissimi
ai santi Voti;
saranno un giorno
la nostra gloria...».
(DON GIOVANNI CALABRIA)
ANDREA BENNATI
Figlio di Pierino e di Adami
Teresa, è nato a San Bonifacio
(Verona) il 15 luglio del 1962.
Ha sempre vissuto con la sua
famiglia ad Illasi (Verona).
Dopo aver compiuto gli
studi nella scuola media inferiore è entrato nel mondo del
lavoro come operaio in
un’azienda di falegnameria.
In età adulta ha iniziato un
cammino di crescita spirituale
accompagnato
dall’allora
parroco don Silvano Mantovani, il quale lo ha aiutato nel
discernimento vocazionale,
che lo ha portato ad orientarsi verso la consacrazione come fratello.
A 37 anni è entrato nella
Comunità di Nazareth il 17
settembre 1999. Ha trascorso
due anni di formazione a Nazareth ed ha poi fatto un anno di postulato presso la Comunità dei fratelli di Negrar.
San Zeno in Monte - Verona
«Siate apostoli, siate santamente
contagiosi» (don Calabria)
Domenica 7 settembre 2003 Andrea, Emanuel e Massimiliano hanno
emesso la loro prima professione religiosa come Poveri Servi della
Divina Provvidenza. L’intera famiglia calabriana si è stretta attorno
a questi tre giovani, che con coraggio hanno imboccato una via
non certo facile da seguire.
EMANUEL BULAI
arissimi Andrea, Emmanuel e Massimiliano,
Cpreparato
siamo certi che l’anno di Noviziato che vi ha
a questo evento è trascorso portandovi
tutti quei doni di grazia e pienezza nello spirito,
che tale periodo immancabilmente reca con sé.
Vogliamo manifestarvi la nostra simpatia e il
nostro affetto, augurandovi che la giornata della
vostra consacrazione al Signore sia solo l’inizio
di una grande storia tra voi e Dio, una storia che
non potrà essere se non una storia d’amore.
Il mondo è pieno di anime che attendono cuori capaci e desiderosi di accoglierle, vi auguriamo di essere degni di questa chiamata a servire i
più poveri in nome e per conto del Padrone dell’Opera.
Che Maria Santissima Madre dei Poveri vi indichi la via da seguire per essere pienamente fedeli alla vostra grande chiamata.
Di nazionalità rumena, Emanuel è nato a Tàmàseni il 1° luglio 1976 da Valentin e Dumitrica
Cimpoiesu.
Ha studiato per qualche tempo presso i francescani, raggiungendo il diploma di scuola superiore. Ha conosciuto la Comunità don Calabria in Romania, mentre era ospite delle Suore
Campostrini a Tàmàseni. È entrato in Casa a Ràcàciuni il 15 settembre del 1997. L’anno successivo è stato mandato in Italia, per iniziare gli studi filosofico-teologici e per la formazione. Ha
fatto due anni di aspirantato a Nazareth e due
anni di postulato in via Roveggia.
MASSIMILIANO PARRELLA
Massimiliano Parrella è nato a Roma il
24 aprile 1977 da Ottavio e Ivana Neri. Figlio unico, fin da fanciullo ha sempre frequentato la parrocchia di S. Maria Assunta
e San Giuseppe di Primavalle, crescendo accanto a splendide figure di Poveri Servi e
coltivando una grande stima per l’Opera. Si
è diplomato in contabilità aziendale presso
una scuola statale del quartiere.
È entrato nel COV di Roma nel settembre
del 1997. Ha quindi vissuto per un altro anno in famiglia, pur continuando a studiare
filosofia all’Urbaniana. L’anno successivo è
entrato a Nazareth, dove ha proseguito gli
studi teologici ed ha fatto il cammino di
aspirante e di postulante, inserendosi nelle
attività vocazionali della Comunità.
Torino - 25 maggio 2003
Tradizionale incontro annuale degli ex allievi
L’amico ritrovato
Dopo anni il seme piantato nella buona terra ha dato i suoi frutti
la fine di giugno del 1974 ed erano appena
Edo,raterminati
gli esami di terza media. Faceva calnon sapevo cosa fare per affrontare l’estate.
Non c’erano né oratorio, né cinema o altro tipo
di divertimento in quel piccolissimo paese. Un
bel giorno, mentre da solo sedevo su una panchina della piazza, mi si fermò davanti un furgoncino di colore rosso targato Verona.
Conoscevo di vista il conducente che da tempo frequentava il nostro paese e sul conto del
quale si dicevano belle cose. Era un prete molto
giovane, dinamicissimo e, soprattutto, da come si
vestiva sembrava un laico.
Era uno del Nord e stava cercando un ragazzo
col quale recarsi, insieme ad altri, ad aiutare gli
ammalati in un ospedale di un paese vicino a Verona: Negrar.
Affascinato dall’idea di fare un’esperienza
nuova e particolare, lo pregai di venire a parlare
coi miei genitori, affinché mi permettessero di
andare con lui.
Finalmente arrivò il giorno stabilito e con altri
due ragazzi partimmo alla volta di Verona.
A Negrar aiutavamo ammalati e personale di
quel grandissimo ospedale. Il nostro lavoro si
svolgeva durante la mattina e, di pomeriggio, il
giovane prete ci portava a visitare diversi luoghi
nei dintorni di Verona.
Dopo quel mese trascorso lontano da casa, affascinato dal modo educato, sereno e fraterno in
cui si viveva in mezzo a queste “persone di Chiesa”, come diciamo noi del Sud, decisi di seguire
ancora quel prete, frequentando un anno scolastico lontano da casa. Mi iscrissi allora al primo anno di Ragioneria a Lamezia Terme, città dove
conobbi altre figure della Congregazione cui apparteneva quel giovane prete: don Santino, don
Lorenzo, don Bartolo, suor Rosalia (preparava
degli ottimi risotti), suor Maria (buona, semplice
ed amorevolmente mamma nostra). Si trattava
della Congregazione di don Giovanni Calabria,
che a poco a poco stava seminando nel mio cuore sentimenti dei quali solo da adulto avrei capito
la preziosità.
Sono passati molti anni da allora, sono cresciuto, mi sono trasferito al Nord, sono felicemente sposato e padre di due ragazzi.
Un giorno di agosto di tre anni fa, passando
da Lamezia Terme, ho sentito dentro di me un richiamo e sono entrato nella chiesa dove ci sono
ancora quei preti di don Calabria. Ho chiesto se
mi potevano mettere in contatto con don Primo
Ferrari, quel giovane prete che avevo conosciuto
molti anni prima. Lo fecero e non so come descriverti, caro Amico, l’emozione che ebbi nel
sentirlo rispondere al telefono. Scoppiai in lacrime.
Da quel momento ho ritrovato non solo
l’amico che pensavo di avere perso, ma anche il
classico tesoro. Sì, perché quel piccolo seme introdotto molti anni prima nel mio cuore, oggi è
stato trasmesso anche alla mia famiglia, ha
messo radici ed è diventato una grande e bella
pianta.
Nel frattempo ho scoperto che esistono molti
amici che hanno avuto delle esperienze simili alla mia e che dopo essere entrati in contatto con la
Congregazione dei Poveri Servi della Divina
Provvidenza, spesso vi rimangono legati per tutta
la vita.
La cosa più bella l’ho vissuta lo scorso mese di maggio, quando un ex allievo mi ha telefonato, per invitarmi ad un incontro in Piemonte con altri ex allievi dell’Opera. In vita
mia non mi sono mai sentito così importante
ed onorato.
Quella domenica abbiamo vissuto una giornata memorabile, poiché siamo riusciti, noi del Piemonte e gli amici venuti per l’occasione da Verona, a condividere con affetto e spontaneità il
seme che don Calabria, direttamente o indirettamente, ha inserito in noi.
Ho scoperto che gli amici del Piemonte si impegnano quotidianamente nel volontariato e sento di aver trovato dei veri fratelli con cui condividere momenti intensi, veri ed importanti.
25 maggio 2003:
il gruppo
di ex allievi
riunitosi a Torino
Salvatore Rizzuto
11
Speciale Campi Estivi
Estate, tempo di vacanze, di spiagge, di montagne, di campeggi... e i giovani calabriani quest’estate cos’hanno fatto? Anche per loro è stato il tempo delle ferie, chiaramente, ma ferie nello spirito della Casa. Sembra infatti che la grande semina degli
scorsi Meeting stia dando veramente buoni frutti: quante amicizie intrecciate fra i
gruppi del Sud del Centro e del Nord Italia, quanti appuntamenti, quante corrispondenze... i Campi estivi sono aspettati un po’ da tutti come un momento per ritrovarsi
finalmente vicini, per fare gruppo, per sentirsi famiglia unita. Bello sentire i giovani
parlare una sola lingua, bello vederli unito sotto un unico spirito.
Ecco allora quasi la necessità di questo Speciale Campi Estivi: una cronaca, un riassunto, una bacheca su cui appuntare impressioni, desideri, saluti e ringraziamenti e
infine, perché no?, anche un piccolo album fotografico in cui guardarsi, riconoscersi
e, sorridendo, darsi appuntamento al prossimo anno.
Spazio Fiorito Mariano
Esperienze d’estate
Campo adolescenti
Primo giorno. Sotto lo sguardo vigile di don Gustavo il primo giorno è stato di routine: arrivo, sistemazione nelle stanze,
cena, formazione dei gruppi e vari giochi, che sono serviti per
conoscerci un attimino meglio. Finite le “presentazioni” uno
spuntino e poi tutti a letto.
Secondo giorno. Il secondo giorno è cominciato con una
bella colazione e una dose mega di sbadigli: la sera prima siamo
andati a letto presto, ma ci siamo addormentati tardi!!! Poi tutti in salone per vedere la prima di una serie di puntate dedicate
a Pinocchio. Finito il filmato ci siamo divisi in gruppi di lavoro –
gli “abbecedari” – nei quali dovevamo discutere tra di noi e con
gli animatori di ciò che avevamo visto.
Nel pomeriggio ci siamo divisi in altri gruppi, a nostra scelta,
per partecipare alle attività pomeridiane: animazione, cucina,
giardinaggio e laboratorio di
ceramica. Dopo, tutti in pineta per giocare a “bandiera”,
una sfida tra ragazzi e animatori.
Terzo giorno.
La mattina successiva ci siamo
svegliati a suon
di musica diretta dal nostro dj
Rocky... c’erano anche le
dediche! Colazione, filmato
AD OTTOBRE
ripartono
i nostri incontri
invernali.
Se hai intenzione
di unirti a noi,
chiedi informazioni a
DON FELIX, telefonando
allo 045.99.18.66
dell’Oasi San Giacomo
di Vago di Lavagno.
e al lavoro negli
“abbecedari”. Dopo pranzo fino alle 17.00 circa abbiamo partecipato ai vari laboratori e poi abbiamo dato inizio
al mega-torneo
pomeridiano,
in cui le varie
squadre si sono sfidate in
tre classiche specialità olimpiche: pallavolo,
palla-prigioniera e palla-popolo!!!!!!
Quarto giorno. Per il giorno successivo stesso copione tranne che per un piccolo particolare: prima del torneo pomeridiano ogni squadra doveva scegliere un rappresentante, che insieme agli altri organizzasse la serata.
Dopo cena abbiamo acceso un enorme falò al centro del
campo da calcio e ci siamo seduti attorno in cerchio a cantare e
a raccontarci barzellette, ma la cosa più divertente è stata
quando ci siamo divisi in tre “battaglioni”: i romani, gli aretini
e i veronesi... no, potete star tranquilli che non siamo arrivati
alle mani: è stata una guerra a suon di canzoni. Infatti quando
un gruppo attaccava con qualche canzone tipica del suo paese,
l’altro ribatteva con la sua. È stato davvero divertente.
Quinto giorno. La grande novità è però arrivata la sera dopo: la coena mundi. Siamo entrati a coppie nel salone, che era
stato diviso in varie parti rappresentanti l’intero mondo: il Brasile, l’India, l’America e via dicendo. Ognuno doveva pescare un
bigliettino sul quale c’era un numero e a seconda del numero si
doveva prendere posto in una determinata parte del mondo.
Voi penserete: «Bello, vi hanno fatto assaggiare i cibi tipici
d’ogni paese»... magari! In realtà tutto s’è svolto in un altro
modo: quelli che sedevano al tavolo dei paesi ricchi (America,
Europa, etc.) mangiavano antipasto, primo e secondo; quelli
della Russia cioccolata calda e biscotti; quelli dell’India riso scotto, un pezzo di pane e del tè e così via. Quelli del tavolo dei ricchi potevano portare qualcosa ai poveri, ma molto spesso non
lo facevano. Risultato? Sono volati parecchi insulti!
Con la coena
mundi i nostri animatori hanno voluto farci capire,
tra le tante cose,
che non è bello
avanzare la roba da mangiare nel piatto e
che questo è
un insulto a
chi da mangiare non ne
ha.
Molte
guerre scoppiano per
il cibo, ma soprattutto per l’indifferenza totale della gente ricca, nei confronti di chi
non ha niente... la mattina seguente a colazione non abbiamo
avanzato neanche una briciola!
Sesto giorno. Il giorno dopo è stato il più divertente del
campo, perché abbiamo passato l’intera giornata in piscina. Fra
bagni, tuffi, partite di calcio ed altro la giornata è volata e presto è stata l’ora di tornare a San Mauro, dove ci aspettavano la
cena e una splendida serata a base di karaoche e danze.
Settimo giorno. Il pomeriggio del giorno dopo ci sono stati
i giochi d’acqua, ma credo siano stati in realtà solo un pretesto
per scatenare una furiosa battaglia a base, ovviamente, d’acqua. Una volta asciutti eravamo già pronti per la stratosferica
dance night: come in discoteca ci sono stati schetch, musica, balli ed alcool... no, sto scherzando per l’alcool: sappiamo divertirci
anche senza rovinarci.
Ottavo giorno. Il giorno successivo, che era l’ultimo, c’è stato tutto un complicatissimo scambio di numeri telefonici, indirizzi, fotografie, saluti, baci e abbracci, poi c’è stata la Messa finale
e lo scambio delle magliette del campo con firme e dediche.
Così si è concluso un altro campo estivo, che tristezza... mi
mancano già tutti gli amici di San Mauro. Ma nella mente mi
restano una quantità di stupende immagini... ricordi cari e preziosi, che non cederò mai a nessuno.
Volete anche voi dei momenti così? E dei nuovi amici? Allora
vi aspetto a San Mauro il prossimo anno! Baci.
Grazia Nicolis
Campo Elementari
Ciao, sono sempre io, Grazia.
Vi racconto un altro campo, stavolta ero animatrice o... aiutoanimatrice... o partecipante...
beh, alla fine non saprei dire se
è stato più un lavoro o un divertimento... forse però un divertimento...
Primo giorno. 15.30:
stanno per arrivare circa
un’ottantina di bambini tra i
sette e gli unidici anni, per partecipare
al campo estivo dello Spazio Fiorito Mariano, insieme
a Pinocchio, alla Fata Turchina, al Gatto e alla Volpe e, naturalmente, insieme all voce della coscienza: il Grillo Parlante.
Quest’anno con l’aiuto di Pinocchio e compagnia, si insegnerà che ogni burattino può diventare un bambino vero, ma solo
se si è buoni, obbedienti e disposti a crescere assumendosi le
proprie responsabilità.
Dopo Messa spediamo con fatica i genitori a casa e facciamo
cenare i bambini. Poi ci siamo divisi in gruppi di “mussi” [asini,
ndr] colorati (che pensano solo a giocare): verdi, rossi, gialli e
via dicendo. Fatti alcuni giochi per conoscerci meglio tra noi siamo andati tutti a letto con la “storia della buona notte”, che ci
ha accompagnati nel mondo dei sogni.
Secondo giorno. Sveglia alle 8.00 con musica e ginnastica
sul piazzale. Ovviamente c’è stato qualche musso che ha disertato... ma dopo ha lavato i piatti!
Finita la colazione abbiamo
assistito alla seconda parte della
recita su Pinocchio, quindi ci siamo divisi nei vari “abbecedari”,
cioè nei gruppi di lavoro, dove
abbiamo discusso di vari argomenti fino all’ora di pranzo.
Dopo pranzo c’è stato un po’
di tempo libero per giocare,
mentre gli animatori preparavano un altro pezzo della storia di
Pinocchio, che hanno poi mostrato ai bambini nel pomeriggio.
Alla sera è cominciata una sfida avvincente fatta di giochi a
punti tra le varie squadre. A giochi conclusi tutti a letto con una
bella favola.
Terzo giorno. Stranamente quasi nessuno ha disertato la
ginnastica del mattino... Dopo la colazione ci siamo divisi secondo le varie fasce d’età. Mentre i più grandi si confessavano, i
più piccoli facevano dei lavoretti di creta da portare come offerta all’altare durante la preghiera serale.
Quarto giorno. Tutti ci siamo alzati prima del solito, poiché
c’era in programma una camminata fino alla Madonna delle Salette. C’è voluta più di un’ora per arrivare e alla fine i bambini
hanno prosciugato la fontanella. Dopo una rapida spiegazione
della storia della Madonna delle Salette ci siamo preparati alla
S. Messa, che abbiamo celebrato nel boschetto. Il tempo ha retto fino al momento di iniziare i giochi, poi è scoppiato un temporale. Ci siamo rifugiati in Chiesa, mentre il pulmino faceva la
spola tra la Salette e San Mauro per riportarci a casa asciutti.
Quinto giorno. C’è stata una grandiosa caccia al tesoro: il
gioco consisteva nel risolvere indovinelli, rebus e altri rompicapi, per avere un indizio su dove si trovavano delle chiavi di carta
con scritta sopra una parola, che si riferiva alla storia di don Calabria. Ogni chiave di carta dava la possibilità di
pescare una chiave autentica, per aprire un
forziere che conteneva un misterioso tesoro, il quale altro non era se non una... valanga di caramelle!
Ultimo giorno. Stanze vuote, valige ammucchiate, bambini che si preparano per la
partenza... a Messa conclusa, tutti in scena
per l’ultimo atto: firme sulle maglie del campo, saluti e anche qualche lacrima. Infine partenza verso casa!
Passeggiando per i corridoi vuoti, attraversando le sale deserte e silenziose, a noi animatori si stringe il cuore e pensiamo: che facciamo
ora? Già ci mancano i bambini. Ma poi torna
subito l’allegria e sulla via del ritorno troviamo
la medicina per combattere la malinconia: in fin dei conti
dobbiamo solo aspettare l’anno prossimo, per ritrovarci tutti
assieme.
A presto!
Grazia Nicolis 13
Speciale Campi Estivi
Le voci dei giovani che hanno partecipato a “Lavori in corso”
Giovani
costruttori
al lavoro
Più di 100 giovani riuniti a Lamezia Terme per un’esperienza unica,
ribattezzata in calabrese “U mìting di i guajjuni”, che ha saputo coniugare
momenti di intensa spiritualità, impegno e condivisione, con tutta l’allegria,
il movimento, la capacità di “fare rumore”... ma non per nulla!
Entusiasmo alle stelle e tanta voglia di essere davvero i protagonisti
della nuova civiltà dell’amore.
Ma quando si comincia?
Cronaca di un’attesa carica di fatica e di entusiasmo...
Noi giovani della parrocchia di San Giovanni Calabria
di Lamezia, siamo stati felicissimi di poter ospitare il
grande evento dell’estate che aspettiamo con ansia
ogni anno. Nonostante l’attesa fosse grande, come
pure il desiderio di prepararci bene, fra di noi c’era
la paura di non essere all’altezza, ma durante
l’ultima settimana tutte le nostre paure sono
scomparse perché tanti sono stati gli impegni
affinché tutto andasse per il meglio: preparare i cartelloni dei LAVORI IN CORSO, prepararci spiritualmente,
imparare i tanti canti che hanno animato il nostro Meeting, insieme ad alcuni amici venuti da Roma e da Verona! Sono stati dei
giorni intensi, duri, ma ricchi di entusiasmo...
Ed ecco arrivare il giorno dell’accoglienza: «Dove sono le GIRLANDE...? Sono pronti i fiori...?» [I giovani di Lamezia hanno accolto ogni ragazza con un
fiore e ogni ragazzo con
una ghirlanda intorno al
collo, che qualcuno si ostinava a chiamare “girlanda”...]. L’ansia cresceva,
emozioni indimenticabili e
all’improvviso: “ECCOLI”!!!
Angela e Davide
(Lamezia T.)
14
E dopo 1.000 km arrivare...
in famiglia!
Non c’è un grazie abbastanza grande
per l’accoglienza ricevuta nelle famiglie...
L’ospitalità delle famiglie calabresi é sicuramente una delle più gradite realtà riscontrate nel soggiorno a Capizzaglie.
Tutte le famiglie che ci hanno ospitato sono state talmente generose e affabili che sarebbe sembrato a chiunque di vivere tra gli affetti delle proprie mura domestiche.
Non dimenticheremo mai il calore con cui siamo
stati accolti la prima sera del meeting, dopo un
viaggio lungo più di 1000 km, e con quel caldo... Le
prelibatezze tipiche del luogo non mancavano mai
sui tavoli in cucina (come si possono dimenticare le
olive farcite, il salame casareccio, i sorbetti?), come
nemmeno mancava il rapporto schietto e sincero
instaurato subito con i componenti delle famiglie.
Il piacere di vivere in una realtà così lontana fisicamente, ma vicina affettivamente non può che
ispirare in ognuno di noi un senso fortissimo e universale di fratellanza e amorevole condivisione.
Daniele (Vicenza)
Pregare con sabbia, mattoni e cemento...?!
Dove c’è creatività c’è lo Spirito: tanti simboli per scoprire
una casa che man mano cresce dentro di noi...
Attenzione! Attenzione! Scusate il disagio, stiamo lavorando
per voi. In quei giorni alla Domus Bethaniae pareva proprio di
essere in un grande cantiere: mattoni, secchi di sabbia, pietre,
cartelli vari e tanti giovani trasformati per l’occasione in muratori “speciali”, pronti a costruire... «A costruire cosa?», vi chiederete. La nuova città di Dio, una città eretta «da giovani costruttori
che, mossi da autentico amore sappiano porre pietra su pietra
per edificare, nella città dell’uomo, la città di Dio» (Giovanni
Paolo II). I “Lavori in corso” sono quindi cominciati con il rito
della consegna del mattone, un piccolo oggetto che ognuno di
noi ha tenuto con sé durante tutto il Meeting e che rappresentava un po’ la nostra vita. Nei vari momenti di preghiera abbiamo visto come dal buono o cattivo uso di questi mattoni si avevano costruzioni più o meno stabili. Abbiamo infatti provato a
porre mattoni sulla sabbia, fragile e instabile, ma – che delusione! – la nostra costruzione è caduta subito. Niente paura, il giorno dopo ci siamo impegnati a rafforzare la nostra fede, ponendo le nostre firme sul Vangelo, e da qui, via! a costruire ponendo i nostri mattoni sulle pietre, stabili e sicure. Non solo, abbiamo anche rafforzato la nostra casa ponendo delle fondamenta
eccezionali, ovvero i capisaldi della spiritualità calabriana. Nemmeno il terremoto più potente avrebbe potuto abbatterla! Le
fondamenta sono state poste, ora sta a noi, con l’impegno e la
coerenza, portare avanti la costruzione... i “Lavori in corso” non
finiscono mai!
Federica (Verona)
Una strada
piena di segnali...
Il punto di partenza? Non poteva che
essere la Paternità di Dio... la strada
che ci ha portato qui è quella tracciata
per tutti noi da san Giovanni Calabria!
Iniziano i nostri “Lavori in corso” e scopriamo che ogni giornata è caratterizzata
da un segnale stradale. Il primo segnale
presentato è PATERNITÀ PERMANENTE
CONTINUA, segnale guida che ci accompagnerà per tutto il Meeting.
Viene sottolineata la figura del Padre
che si prende cura dei suoi figli conducendoli per mano, e quella dei figli che si
fidano ciecamente di Lui. Per essere costruttori nella città di Dio dobbiamo essere questi figli, che si abbandonano alla
volontà del Padre, perché un Padre vuole solo il bene dei suoi figli e anche
quando pensiamo che Lui si sia allontanato, ci è sempre accanto, perché la sua
presenza è “permanente” e “continua”.
Abbiamo quindi preso un impegno importante: il Meeting è stato solo l’inizio dei nostri lavori: ora tocca a noi andare avanti e portarli a termine nelle nostre parrocchie e comunità, impegnandoci fino in fondo. Per fare ciò chiediamo
l’intercessione del nostro san Giovanni
Calabria, affinché non ci vengano mai a
mancare le forze e la perseveranza.
Marilù, Donatella e Debora
(Lamezia T.)
15
Speciale Campi Estivi
... Salite e strettoie!
Una strada in salita, sotto il peso della croce.
Quello che va bene per Gesù,
va bene anche per noi... (ma che fatica!)
La giornata di mercoledì è cominciata con il cartello
“Attenzione strettoia”, che simboleggia le difficoltà da superare per seguire la strada di Dio. La nostra fatica inizia
proprio qui... Eccoci così subito in cammino sotto il sole cocente verso una meta per noi sconosciuta: la Domus Bethaniae, una piramide sperduta
tra i colli calabresi. Ovviamente la nostra camminata
non poteva essere una camminata qualunque. Durante
il percorso ciascuno di noi
doveva portare un mattone,
simbolo dei costruttori di
una nuova civiltà, e, inoltre,
abbiamo potuto sperimentare il peso della croce trasportandone una vera e
propria.
Nel pomeriggio il tema è
stato svolto con l’esperienza
dei “materassi”: l’ingresso della porta era ostruito da due
materassi, che formavano una
“porta stretta” e, dietro a questi, due animatori ci schiacciavano rendendo difficile il passaggio. Dopodiché è seguito un
momento di riflessione, in cui
abbiamo volto uno sguardo alle ferite che alcune scelte possono comportare.
Non
è
mancato nemmeno il tempo per giocare: alla sera, infatti, ci siamo intrattenuti in giochi divertenti e spiritosi,
come quello della patata o del pennarello passato da piede a piede.
Come si può vedere, le nostre giornate sono sempre state piene e il tempo per annoiarsi proprio non c’è stato!
Daniela e Lisa (Verona)
In missione per le strade
di Capizzaglie...
Da ascoltatori della Parola a testimoni:
chi ha il coraggio di suonare un campanello per...
annunciare Gesù?
Che grande giornata! L’abbiamo vissuta come il “giorno
della scelta di vita”. Lasciare la precedenza a Cristo nella
propria vita significa sceglierlo come fondamento della
propria esistenza e cercarlo in ogni persona che ci circonda, ma soprattutto non vergognarsi mai di essere suoi testimoni. Tutto ciò l’abbiamo vissuto grazie alla rappresentazione della testimonianza di vita di tre grandi del nostro
tempo e un grande del passato: Giovanni Paolo II, Madre
Teresa di Calcutta, don Calabria e S. Francesco. Con la
loro grande umiltà e il loro SÌ a Dio ci continuano a dare un grande esempio da seguire. Ma per sentirci testimoni di Cristo, giovedì 7 agosto abbiamo fatto qualche
cosa in più! Abbiamo vinto le nostre paure ed abbassato le nostre barriere andando di casa in casa ad invitare
la gente della parrocchia a
partecipare alla nostra festa
conclusiva e a far loro sapere che noi vogliamo essere
testimoni di Dio. Che fatica
quando ci hanno trattati con
un po’ di diffidenza! Abbiamo capito, almeno un pochino, come si deve essere sentito Gesù e ciò ci ha resi ancora
più forti e saldi, perché se Lui
che è il Maestro ha dovuto sopportare questo, certo anche
noi possiamo. Quindi ben vengano le umiliazioni e avanti
tutta con grande coraggio!
Silvia e Riccardo (Ferrara)
Costruttori sulla sabbia...
Giocare per distruggere i disvalori che ci vengono proposti come enormi castelli di sabbia,
ma anche giocare sulla sabbia, quella vera, per costruire fraternità e allegria!
16
Castelli di Sabbia: la giornata è cominciata con la S. Messa, nella quale ogni costruttore ha firmato
il contratto di lavoro con Dio, cioè lo stile evangelico che don Calabria predicava. Poi i nostri gruppi (i
mitici cantieri!) si sono divisi due a due per l’attività di costruttori/distruttori: prendendo spunto da
una pubblicità, un gruppo esaltava i disvalori del mondo d’oggi e l’altro li distruggeva, proponendo
riflessioni sui veri valori mediante comici sketch. Pomeriggio e serata sono volati in spiaggia tra
tuffi, risate, canzoni e invocazioni allo Spirito Santo intorno ad un mega falò.
Sara (Roma)
... o costruttori sulla roccia?
La festa finale
Risse e code all’ingresso della discoteca... –
Errore! – Risse e code per raggiungere
i confessori... Siamo arrivati alla roccia,
finalmente!
Musica, scenette ed allegria contagiosa dei costruttori...
nella gioia! Un grande abbraccio tra i giovani e l’intera
Parrocchia: un’unica, grande famiglia!
Un centinaio di giovani... uno alla volta si avvicinano alla croce, posano una pietra e ascoltano le parole di don Calabria, per scoprire quali sono i pilastri
che permettono di edificare sulla roccia: Dio Padre,
Divina Provvidenza, spirito di famiglia e amore per i
poveri. Ecco come è iniziata la quarta giornata del
Meeting calabriano, che aveva come tema “costruire
sulla roccia”.
Dopo un momento di riflessione, ciascun cantiere si
è trovato a disegnare delle crepe... le crepe che rovinano il rapporto con noi stessi, con la società e con Dio.
Come cancellare i segni che queste lasciano nella
nostra vita?
Condividere le esperienze, confrontarsi, ricercare
e ascoltare la Parola di Dio, questi sono gli strumenti
che abbiamo per riparare le crepe e per trovare i
“pilastri” della nostra vita. La giornata è proseguita
con un pellegrinaggio al Santuario della Madonna di
Porto, dove tutti i giovani sono stati chiamati a vivere un momento penitenziale. Ognuno si è preso del
tempo per guardarsi dentro, per ricevere l’abbraccio
misericordioso del Padre e giungere così alla riconciliazione.
Tutto si è concluso con una preghiera di ringraziamento e con
tanti cuori che hanno ritrovato la
pace e sentito il desiderio di seguire Gesù Cristo sulle orme di don
Calabria... per essere costruttori
della civiltà dell’amore.
«... mattone su mattone crescerà / la casa sulla roccia forte resterà / il senso della vita troverai / in
Dio e nei fratelli tuoi...».
Francesca (Verona)
... e dalla Calabria
siamo pronti a ripartire
con lo stesso entusiasmo.
Ovunque ci troviamo
siamo chiamati
ad essere costruttori
di questa nuova civiltà
dell’amore, perché
tutto il mondo
è di Dio!
Domenica sera si apre il sipario con la Messa di chiusura del Meeting e dopo la Mensa Eucaristica arriva quella calabrese: ogni famiglia porta prelibatezze per i nostri palati. Il tempo corre veloce e di
gran fretta parte l’animazione della serata: scenette romane e calabresi ossia montagne di risate. Pumaduaru presentava le giornate del Meeting ricordando le kikke più buffe e significative. Pezzo
forte e indispensabile è stata la mitica band: 15 ragazzi per 1000
canzoni da sogno. Come un sipario calante il cielo stellato della Calabria ci ha salutati fra gli applausi di tutti.
Paolo P.P.P. (Roma)
Cosa rimane da dire?
Tralasciamo il reportage sui fiumi di lacrime al momento
di salutarci (!) e passiamo subito a qualche ricordo.
Noi ci siamo conosciuti proprio in Calabria...
È stato fantastico... soprattutto la grande scalata al monte
Everest... [ma come, non era il “Calvario”?] In questo meeting abbiamo fatto nuove amicizie e nuove esperienze. I “Lavori in corso” ci hanno fatto maturare nel campo spirituale,
nella ricerca di noi stessi; ogni giorno, la Messa era piacevole
da ascoltare anche grazie agli stupendi canti che ci proponeva il coro. Il punto forte del Meeting è stato quello di dividerci in “cantieri”, che ci hanno permesso di fare giochi e scenette di gruppo. Il gioco che ci ha divertito di più è stato quello
della patata.
L’esperienza più divertente è stata sicuramente l’uscita al mare, dove abbiamo approfondito le nostre amicizie; la cena intorno al fuoco è stata fantastica,
grazie alla buona volontà di chi è riuscito
ad accenderlo... Uno dei personaggi più
simpatici di questo meeting è stato la
mascotte di Calabrialand, Pumaduaru, un
personaggio che ha portato molta allegria nel gruppo. E in conclusione facciamo un grande applauso alle famiglie di Lamezia Terme, per l’ospitalità che ci hanno riservato e per il cibo
squisito che ci hanno offerto. Grazie a tutti per la vostra simpatia e generosità. Ciao e... alla prossima avventura!
Andrea, Alex e Ruslan (Arezzo)
17
Speciale Campi Estivi
C’eravamo
anche noi!
Anche un gruppo di ragazzi di Ferrara
ha partecipato ai Lavori in corso calabriani
Una delle attività estive che hanno reso speciale il mese
di agosto è stato il Meeting calabriano organizzato dalla
Pastorale Giovanile a Capizzaglie di Lamezia Terme, in
Calabria. Un piccolo gruppo di Ferrara si è unito ai più di
cento giovani, provenienti dalle diverse realtà calabriane
presenti in Italia, che hanno partecipato a questa bellissima esperienza ricca di preghiera, giochi e condivisione.
Partiti in pullman da Roma, siamo arrivati stremati a
Capizzaglie, dove ci attendevano i ragazzi calabresi della
parrocchia, che ci hanno accolto in modo veramente
splendido, con entusiasmo e amicizia. La sera stessa siamo
stati ospiti di alcune famiglie che avevano dato la loro disponibilità e l’ospitalità ricevuta è stata veramente un
esempio di fratellanza cristiana e condivisione.
Nei giorni successivi abbiamo soggiornato presso la Domus Bethaniae, una costruzione piramidale edificata a
1000 m. di altitudine nel bel mezzo di un bosco. Qui ai
momenti di preghiera e di gruppo mattutini abbiamo alternato le varie uscite pomeridiane, che sono state tutte
esperienze molto interessanti e spiritualmente forti. La
prima è stata senza dubbio la più divertente e allo stesso
tempo formativa, perché abbiamo vinto le nostre paure,
abbassato le nostre barriere e siamo andati di casa in casa
ad invitare i paesani alla nostra festa di chiusura della domenica, testimoniando così la nostra fede cristiana.
Il terzo e quarto giorno abbiamo sperimentato la differenza esistente tra il costruire la propria casa sulla sabbia
e l’edificarla invece sulla roccia. Nel primo caso con momenti di preghiera e di svago al mare, nel secondo caso
con la visita al santuario della Madonna di S. Gimigliano,
dove la giornata penitenziale ha realmente toccato il
cuore di tutti i giovani.
La festa finale di domenica ha chiuso un incontro che a detta di tutti i
presenti ha arricchito profondamente
la nostra fede in Dio e ha reso molto
più corta l’Italia, facendo sì che un
gruppo di cento giovani si sentisse fortemente unito: fratelli e sorelle legati
dal comune desiderio di scoprire Cristo in ogni istante della propria vita.
18
Vacanza
campagnola
Quest’estate la Comunità Educativa don Calabria di Ferrara, ha trascorso quindici giorni nella
campagna ferrarese, esattamente a Bondeno.
Il primo giorno appena arrivati abbiamo montato le tende, dove molti di noi ragazzi hanno poi
dormito. Le attività svolte durante le varie giornate sono state molte: alcuni ragazzi la mattina andavano a lavorare, accompagnati dagli operatori,
mentre per chi rimaneva si organizzavano partite
di pallone, gare di
freesby, o giochi di
società.
Un’altra bella occupazione era la
pesca ai gamberi di
canale, che facevamo in un piccolo
corso d’acqua che
scorreva non molto
lontano dal nostro
campo.
A pranzo
ci si trovava
tutti insieme a tavola, per mangiare quello che le
nostre cuoche avevano preparato.
A volte
nel pomeriggio si riprendevano le attività iniziate
la mattina, altre volte invece ci avventuravamo in
altri giochi, ad esempio con i gavettoni, o facevamo delle corse in campagna con i motori, abbiamo persino fatto il pane!
Alla sera, dopo aver cenato, guardavamo un
film proiettato sullo schermo gigante montato
all’aperto. Al termine del film si mangiava il cocomero, parlando e scherzando fino all’ora di
andare a letto. Questa esperienza è stata molto
bella.
Salvatore e Agnese
Campo
Mobile siciliano
Siamo ancora noi, i ragazzi del “don Calabria” di Ferrara, che vi vogliamo raccontare di come nel mese d’agosto la nostra comunità abbia... messo le ruote. Sì, proprio
le ruote. Ragazzi ed operatori, capeggiati da don Fabio,
muniti di pulmino, camper e tende, hanno attraversato
l’Italia per far sosta qualche giorno in Calabria, prima di
arrivare nella lontana Sicilia (Km 1300!!!!!!!).
La vacanza è stata sia un momento di svago per il corpo, con gite nei luoghi caratteristici delle due regioni,
degustazioni di prodotti tipici e tanti bagni nel mar Tirreno e Mediterraneo; sia un momento di riflessione per
lo spirito, visitando le più belle Cattedrali di Palermo, Cefalù, Ragusa... e altre chiese meno conosciute, ma non
meno belle.
Il soggiorno estivo, chiamato “Campo Mobile”, è stato
un’esperienza bella, perché ha permesso a tutti i partecipanti di vivere una realtà nuova, all’insegna della spontaneità dei comportamenti, senza porre vincolo alla conoscenza reciproca, che all’interno di una comunità educativa non è così scontata.
La vacanza è iniziata il 31 luglio. Partendo non sono mancati gli imprevisti: appena usciti dal cancello di Casa, dopo soli 50 m. è scoppiato un pneumatico del
camper! I ragazzi si sono prodigati nella sostituzione, sotto una pioggia battente,
per poter poi verificare se sia poi vero che “vacanza bagnata, vacanza fortunata”. Finalmente partiti, ci siamo accorti che il camper sbandava. Tutti pensavamo
che don Fabio guidasse in stato d’ebbrezza, ma in realtà ci siamo poi accorti che
tutto dipenseva dai pneumatici: non ce n’era uno uguale all’altro!
Dopo ore di viaggio, arrivati distrutti in Calabria, abbiamo cominciato la ricerca del campeggio tanto desiderato da tutti (che sonno avevamo!). Superate le
formalità alla reception, tentiamo di sistemarci nella piazzola assegnataci, montando le nostre tende, ma un po’ per la stanchezza, un po’ per l’inesperienza, ci
rassegniamo a saltare il pisolino e ad andare tutti in spiaggia per un bel bagno ristoratore (comunque poi le tende siamo riusciti a montarle).
L’avventura del campeggio è durata tre giorni, dopo di che siamo ripartiti per
la Sicilia, dove siamo stati ospitati nel Centro socio-ricreativo dell’Opera don Calabria di Termini Imerese (PA).
Abbiamo fatto anche una visita alla comunità terapeutica gestita da don Gino,
dove abbiamo condiviso con i giovani della struttura una giornata a stretto contatto con la natura – c’erano animali da cortile d’ogni genere e grandezza... bellissimoooo – rendendoci partecipi delle loro attività quotidiane.
La seconda settimana, ci siamo trasferiti a Piazza Armerina (EN), ospiti in un istituto di suore, dove le
comodità erano quasi nulle e la sistemazione era veramente da campo mobile.
Alla fine della vacanza stanchi, ma contenti, abbiamo intrapreso il viaggio di ritorno verso Ferrara, ricchi di ricordi e di nuove amicizie da conservare e coltivare con piacere negli anni futuri.
Natascia e Riccardo
19
Se non ritornerete...
Le farfalle e il formico
era una volta nel bel mezzo della Foresta Incantata una radura luminosa, dove vivevano
in pace tra loro moltissimi animaletti. C’erano formiche, api, vespe, calabroni, farfalle e molti altri ancora, che tutto il giorno lavoravano alacremente
per procurarsi il cibo.
Tra le creature della radura, le più allegre e spensierate erano due coloratissime farfalle, che con le
loro ali variopinte svolazzavano serenamente da un
fiore all’altro, succhiando il nettare e fermandosi
ogni tanto a bere dell’acqua da qualche gocciolina
di rugiada rimasta sui fili d’erba.
Anna e Maria – questi erano i nomi delle due farfalle – avevano un sacco di amici. Erano infatti assai
gentili con gli altri animali ed anche molto premurose
e questo le rendeva amate e benvolute da tutti.
Quando scoprivano un fiore dal nettare particolarmente dolce, ad esempio, non cercavano di tenere la
cosa per sé e di succhiarselo tutto, ma subito spargevano la notizia, in modo che anche gli altri animaletti potessero approfittarne.
«Buongiorno, signora coccinella. Porti i suoi bambini su quella margherita laggiù in fondo, quella vicino al cardo selvatico, sentirà che nettare dolce e vedrà quanto!»
«Grazie Anna. Grazie Maria. – rispondeva allora
la coccinella – Ci volo subito. Forza bambini, andiamo!»
%’
20
E così i giorni trascorrevano sereni e tranquilli per
tutti gli animaletti della radura.
Una brutta mattina, però, arrivò nel prato un formicone nero, che nessuno aveva mai visto. Era
grande, molto più grande degli altri insetti della
sua specie, con delle mandibole assai affilate e minacciose, degli occhi infuocati
che non promettevano nulla di buono e una
corazza più dura dei più duri ciottoli dello stagno.
Anna e Maria lo incontrarono quasi subito
in uno dei loro voli mattutini alla ricerca
di cibo:
«Buongiorno a te, formicone. Io sono Anna».
«E io sono Maria. Buongiorno. Come ti chiami,
formicone?»
«Che v’importa del mio nome?» rispose bruscamente il nero insetto.
Che caratterino! Non sarebbe stato facile fare
amicizia con lui, ma Anna e Maria non se la presero.
«Ciao, formicone. Noi andiamo, ma se hai bisogno di qualcosa chiamaci pure, verremo senz’altro»
e volarono spensieratamente su di un altro fiore e poi
su un altro e un altro e un altro ancora, fino a scomparire dalla vista del nuovo arrivato.
Purtroppo quel breve incontro era stato sufficiente
per far venire al formicone una bruttissima idea. Dovete infatti sapere che fin da piccolo aveva sofferto
moltissimo per la sua mole e per il suo colore nero,
che lo rendevano assai più minaccioso di quanto in
realtà non fosse. Tutti gli animali si
spaventavano quando lo vedevano
ed il formicone finiva sempre per
restare solo.
Ora, vedendo
le ali variopinte di
Anna e Maria, pensò
che se fosse riuscito ad
impadronirsi di quei
colori, avrebbe
potuto diventare più attraente e farsi
Se non ritornerete...
one
finalmente degli amici. Così pensò di catturare le due farfalle, di strappare loro le
ali e di farne un vestito da indossare sopra la sua nera corazza.
Preparò velocemente una rete con dei
fili d’erba intrecciati e poi chiamò con
quanto fiato aveva in gola:
«Anna, Maria. Venite, presto. Ho bisogno di voi. Anna, Maria».
Le farfalle, anche se ormai lontane,
sentirono quel richiamo e subito si affrettarono verso il formicone.
«Chissà cosa vorrà?» si chiedeva
Anna.
«Che ne dici? – rispondeva
Maria – Forse si è reso conto
di essere stato un po’ maleducato e vuole scusarsi».
«Sì, hai ragione.
Probabilmente vuole solo
fare amicizia».
Appena arrivate si posarono su
di un filo d’erba e subito il formicone gettò la sua rete. Anna, che si era posata più in alto sullo stelo, fece in tempo a spiccare il volo e a fuggire, ma Maria,
purtroppo, restò intrappolata.
«Aiuto! Aiuto!» gridava la poveretta.
«Aiuto! Anna, aiuto! Aiutami!»
«Maria! Maria! Resisti! Resisti!» gridava Anna disperata.
Il formicone si avvicinò minaccioso a Maria. Strinse
le corde della rete e attirò a sé la farfalla disperata.
«Aiuto! Aiuto! – continuava a gridare Maria –
Che vuoi farmi? Aiuto!»
«Ti strapperò le ali e le indosserò come un vestito!» tuonò il formicone iniziando ad aprire la rete.
A quelle parole Anna si gettò disperatamente sul
formicone per tentare di liberare l’amica.
«Non farlo! – gridava – La ucciderai! Prendi me
piuttosto. Prendi me al suo posto».
«No, no! – gridava allora Maria più forte
– Prendi me, lascia stare Anna. Fuggi,
Anna. Fuggi!»
Ma Anna insisteva: «Prendi me e libera Maria».
Anche Maria insisteva: «Prendi
me e lascia stare Anna».
«Prendi me!»
«Prendi me!»
«No, prendi me!»
«Me!»
Il formicone era commosso da tanto altruismo.
Non sapeva più cosa fare. Ad un tratto due grossi
lacrimoni gli spuntarono dagli occhi infuocati e sentì
come un nodo stringergli il cuore. Tutti gli animaletti
della radura erano intanto accorsi per cercare di liberare le due farfalle.
«Andate. – disse ad un tratto il nero insetto tra le
lacrime – E, se potete, perdonatemi. Non posso fare del male a due amiche generose come voi. Volevo i vostri colori per trovare degli amici, ma il vostro altruismo mi ha fatto capire che non è questa
la via».
Abbattuto e disperato per quello che stava per
fare il formicone si voltò e si diresse verso il bosco,
deciso ad abbandonare la radura e a sparire per
sempre.
«Poverino, – esclamò allora Anna – deve sentirsi
molto solo».
«Sì – continuò Maria – davvero molto solo. Su,
avanti: chiamiamolo. In fondo non è poi così cattivo».
Le due farfalle lo raggiunsero e, perdonatolo di
cuore, lo fecero tornare nella radura con tutti gli altri
animaletti, dove visse per sempre felice e contento.
Aveva infatti capito, che i veri amici non danno importanza al vestito esteriore, ma guardano piuttosto
alla bellezza del cuore.
Testo di un amico delle farfalle
Illustrazioni di M. G. Bonadiman
21
L’Opera nel mondo
Ufà - Russia
Camminando
lungo la via...
Riflessioni sulla nuova missione russa
dell’Opera don Calabria
La comunità
cristiana di Ufà
Foto di gruppo
della comunità
cristiana lungo
le strade di Ufà
22
del tempo che ho a disposizione,
Apresopprofittando
tra una lezione e l’altra di lingua russa, ho
l’abitudine di fare delle lunghe passeggiate
per la città di Ufà. È un bel modo per visitarla
senza fretta, per osservare molti particolari, ma
anche per fantasticare e per pregare silenziosamente.
Durante queste passeggiate mi fa sempre di
più impressione la gente che incrocio lungo la
strada, nel parco, alle fermate dell’autobus o che
se ne sta seduta sulle panchine.
Dai loro volti, che sembrano sempre guardare
lontano, nel vuoto, in attesa di qualcosa o di
qualcuno d’indefinito e sconosciuto, par di percepire, di intuire, a volte di toccare con mano, la
quasi assoluta mancanza di una idea di Dio e della Sua trascendenza; anzi, più semplicemente,
dell’idea della Sua esistenza.
Durante le camminate, vedo i monumenti a
Lenin in mezzo alle piazze principali, i mosaicimurales raffiguranti lo stesso Lenin, le “stelle
rosse” poste in cima alle guglie delle torri dei palazzi pubblici, gli stemmi del passato regime sulle facciate e sui portoni di ingresso degli uffici
pubblici. Noto, soprattutto,
l’indifferenza
della gente che passa
sotto o accanto a questi
simboli: semplicemente non li degna di uno
sguardo.
Forse evocano tempi e momenti storici da
dimenticare. Forse ricordano un periodo
difficile della vita.
In questo atteggiamento indifferente delle persone verso i simboli del passato, mi
sembra di percepire un
senso di vuoto spirituale, di smarrimento, di assenza dell’esperienza di paternità.
Mi convinco sempre di più che se viene a mancare il dono della fede nell’esistenza e nella trascendenza di Dio, viene a mancare anche il senso
della figliolanza e della fratellanza cristiana.
Osservo, ancora, come le persone che vanno
per la strada, siano assorte, ciascuna diretta verso
la propria destinazione, incurante di tutte le altre.
Difficilmente sento qualcuno che saluti un altro, non vedo nessuno che sorrida, non noto nessuno che faccia un cenno di riconoscimento ad
un altro. Men che meno sento gente conversare,
dialogare, parlare animatamente con altri. Mi
sembra, almeno quando cammino per strada, di
vivere in un mondo di sordomuti. Uniche eccezioni sono i bambini, che nei loro giochi lanciano qualche grido tra l’indifferenza della gente.
Purtroppo questo sembra essere il risultato di
decenni di annullamento dei sentimenti religiosi,
di livellamento verso il basso dei valori umani ed
etici, di indottrinamento, di ateismo, di cultura
del sospetto reciproco.
Mentre passeggio cerco anche di osservare attentamente le mani, i volti, gli occhi delle persone che incrocio. Mi sembrano molto espressivi:
parlano più loro di tanti discorsi.
Qualche volta mi sembra di scorgere sulle labbra di qualcuno un movimento impercettibile,
quasi di preghiera, ma forse è solo la mia immaginazione o un mio desiderio.
Allora penso: «E se invece della mia immaginazione, fosse davvero così?».
In fondo anch’io faccio lo stesso. Mentre
cammino mormoro la coroncina alla Provvidenza, recito il santo Rosario in russo e qualche altra
preghiera.
Personalmente mi sembra di essere – anzi voglio essere! – come un seminatore, che sparge
preghiere e giaculatorie su ogni metro di strada
percorso.
L’Opera nel mondo
Dicevo prima: e se fosse vero
che qualcuno prega mentre cammina per la strada? In fondo anche la Bibbia ci dice come Dio
possa avere tanti adoratori sconosciuti nelle città dei pagani.
Certamente anche ad Ufà Dio
ha degli adoratori fedeli, dei
testimoni autentici, degli
esempi di fede stupendi, dei
giusti. Forse sono i pochi che, nei
piani di Dio, possono salvare i molti.
Pensiamo alla preghiera di Abramo che chiede a Dio di salvare la città infedele per la presenza in essa di dieci giusti. Molti di questi giusti
soltanto Lui li conosce.
Ma c’è anche, in questa città di Ufà che conta
più di un milione di abitanti, una piccola comunità riconosciuta di cattolici: uomini, donne, giovani, bambini, che hanno superato molte prove
ed umiliazioni e che ancora devono superare
grandi difficoltà per incontrarsi a pregare e per
celebrare la Santa Messa. Per ora questa è soltanto una piccola comunità “familiare”. Si incontra
nella parrocchia, che ha la sua sede in un appartamento della città, ma le prospettive sono buone, soprattutto se rimarrà intatta la saldezza nella
fede, mantenuta e tramandata nel segreto per tanti anni dalle nonne (babuske), che nascostamente
battezzavano i nipotini e insegnavano loro a pregare; oppure se saranno coltivati bene ed aiutati i
ragazzi e i giovani, che non hanno avuto l’educazione (o la diseducazione!) atea intensiva nelle
scuole, nelle università, nei campi scuola (qui si
chiamano “lager”) come i loro genitori. Con loro
sarà possibile costruire qualcosa di molto bello
per il futuro, anche se qui è tuttora difficile essere cattolici.
In questi giorni sono venuto a sapere che tutti
coloro che si definiscono e si riconoscono ufficialmente come cattolici sono schedati, con tanto
di foto-tessera, negli archivi delle autorità di polizia. Anche per la mia registrazione come parroco cattolico ho dovuto consegnare una foto tessera negli uffici competenti.
Sono certo, però, che della Russia e dei russi
non si può parlare solo in negativo, perché c’è
molto di più e di meglio di quanto non si veda in
superficie. E noi cattolici, qui ad Ufà, dobbiamo
essere i primi a riconoscere la presenza di questo
bene, guidati anche dalla fiducia e dall’insegnamento del Papa.
La Russia è un grande paese, è una grande nazione, sono tanti popoli che convivono insieme,
che hanno un grande destino. È la Santa Russia
dei secoli passati, ma vivente ancora oggi; è il
secondo “polmone” della Cristianità in Europa.
Fantasticando vedo, perciò, un grande futuro
spirituale per la Russia.
Speriamo che quanto prima arrivi anche qui
l’eco del grido del Papa: «Aprite le porte a Cristo! Non abbiate paura di Cristo, Lui è amico
dell’uomo!», è amico anche dell’uomo russo!
Quello che invece non è mia fantasticheria,
ma realtà, è il Giubileo della parrocchia cattolica
“Esaltazione della Santa Croce”, che si celebra
quest’anno.
In questa occasione uscirà un piccolo volume,
che narra le vicende dei cattolici nella regione
degli Urali Meridionali. È quasi un memoriale,
un martirologio.
È stato scritto da un cattolico di Ufà, appunto
in occasione del 140° anniversario della fondazione della prima comunità cattolica nella regione della Baskiria e del 10° anniversario della riapertura della stessa comunità dopo i decenni difficili del secolo scorso.
Per prepararci in modo adeguato alla celebrazione del Giubileo nel mese di settembre, tra le altre iniziative abbiamo deciso di andare, insieme
con la comunità, sui luoghi dove erano costruite le
due Chiese cattoliche, per recitare il santo Rosario.
Sono luoghi molto significativi per i cattolici
di Ufà, perché lì nel 1937, il periodo più buio
delle persecuzioni, hanno
visto uccidere il parroco e,
con lui, 189 fedeli. Speriamo quanto prima di avere
l’autorizzazione dalle autorità cittadine di poter erigere, su questi luoghi benedetti, il segno della croce.
Qui nella città di Ufà da
poco tempo si è stabilita
anche la nostra comunità
religiosa di Poveri Servi. È
un grande dono che Dio ci
ha fatto, non solo a noi che
siamo qui, ma a tutta
l’Opera.
È anche una grande responsabilità e un grande impegno per noi, perché dobbiamo
testimoniare in questo luogo,
la fede nel Signore secondo lo
spirito del nostro fondatore
san Giovanni Calabria, e perché dobbiamo sia consolidare
le fondamenta della comunità
cattolica, sia costruire le fondamenta della nuova Chiesa
parrocchiale.
Da sinistra:
fr. Corrà,
don Pasini,
don Damoli e
don Roberto
posano ai piedi
della statua
che domina
il panorama
della città
don Roberto Zamboni
23
L’Opera nel mondo
Provocati
dalla Provvidenza
Accoglienza dei ragazzi di strada e impegno sanitario.
Sono due i fronti d’intervento dell’Opera in Kenya:
Nairobi e Nakuru
a missione in Kenya si avvia a muovere
passi decisivi sulla via di una sua maggiore
integrazione con la realtà locale. Dopo più di
un anno vissuto in una casa in affitto negli
immediati sobborghi di Nairobi, la comunità locale sembra ora intenzionata a spostarsi in direzione di una cittadina satellite della capitale keniana: Ongata Rongai.
Grazie all’interessamento di un sacerdote comboniano brasiliano che opera
nella parrocchia di tale cittadina, la comunità è venuta a conoscenza di questa
realtà per molti aspetti simile ad altre
nelle quali l’Opera si trova ad operare
nel mondo. La cittadina di Ongata
Rongai si trova a una ventina di chilometri dal centro di Nairobi, ma a non
più di quindici minuti dai college
frequentati dai nostri studenti di teologia. È una realtà sociale in evidente espansione e forte crescita. Si sviluppa praticamente lungo la strada principale e confina
con il parco nazionale di Nairobi, motivo per
cui spesso si incrociano lungo la strada alcuni
animali selvatici. Si tratta di
una zona di insediamento prevalentemente Masai, anche se
ultimamente si sta assistendo
ad una forte immigrazione, che
sta trasformando rapidamente
la realtà sociale.
Il territorio della parrocchia
è vasto e comprende circa centocinquatamila abitanti. Vi si
L
possono trovare tutti i problemi propri di tali
realtà dall’improvvisata e violenta espansione.
Come calabriani si viene subito colpiti dalla
forte presenza di ragazzini di strada, che praticamente “tappezzano” i bordi delle strade. A
parte la via principale, le altre sono di terra battuta con i relativi problemi che da ciò derivano
quando piove. A fianco di palazzine e ville di
discreta fattura si trovano agglomerati di capanne di fango, dove vivono numerosissime famiglie ai limiti dell’indigenza.
La soluzione che, almeno in via provvisoria, sembra prospettarsi per la Comunità calabriana, è quella di una casa in affitto nei pressi
di uno slum (baraccopoli), dove un gruppo di
volontariato locale sta impegnandosi, tra molte
difficoltà e privo di aiuti esterni, a portare
avanti un piccolo centro per bambini e bambine poveri e abbandonati, dove viene offerta un
po’ d’istruzione, una merenda e un pasto. Di
tale piccola realtà dovrebbero cominciare ad
interessarsi anche i nostri giovani religiosi, in
vista di un loro pieno coinvolgimento appena
ve ne saranno le condizioni.
Ho parlato di soluzione provvisoria, perchè
l’intenzione dell’Opera è quella di dar vita ad
una realtà di accoglienza per bambini di strada,
costruendo una piccola abitazione per una quindicina di ragazzini in una zona che si ritiene
possa offrire i requisiti per svolgere adeguatamente il lavoro. La parrocchia è molto interessata ad un tale tipo di lavoro e sarebbe disponibile ad offrire gratuitamente un vasto terreno a
circa un’ora di distanza dalla cittadina (quando
L’Opera nel mondo
non piove e le strade
sono asciutte e percorribili!), dove si potrebbero svolgere attività agricole e di allevamento in cui impegnare i ragazzini accolti nella
Casa. Sul terreno che acquisteremo (se la Provvidenza lo permetterà) andremo a costruire, oltre alla Casa per i ragazzini di strada, anche una
piccola abitazione per i nostri studenti, che in
questo modo avrebbero l’opportunità di vivere
costantemente a contatto con i ragazzi, potendo
familiarizzare ulteriormente con questa attività,
che è la prima tra quelle proprie dell’Opera.
Ma l’Opera in Kenya ha anche un altro fronte aperto ed è quello della nostra presenza a
Nakuru. In tale diocesi, come già sapete,
l’Opera ha ricevuto di Provvidenza un vasto e
paesaggisticamente splendido terreno, dove si
ha in programma di avviare un’attività sanitaria. Il terreno si trova su di un altipiano, che si
pone allo sbocco della Rift Valley e che domina
il lago Elementeita, dove vivono colonie di
affascinanti aironi rosa. A poca distanza vi è
lo splendido parco nazionale di Nakuru, ricco di animali selvatici, dai leoni, ai rinoceronti bianchi, sino alle eleganti giraffe. Si
ratta di una zona vulcanica ricca di geiser e
dai paesaggi che lasciano senza fiato.
Il progetto sanitario che ci vede impegnati
è di ampie dimensioni, anche se seguirà ritmi
di sviluppo adeguati alle possibilità dell’Opera. Man mano che passano i mesi si sta
notando come l’impegno sanitario in queste
zone sia quanto mai necessario e urgente.
L’Opera si impegnerà nei prossimi tempi ad
avviare i lavori di costruzione di un primo
stralcio di un ampio progetto. Tale prima
realizzazione vedrà la realizzazione di una
Casa per i volontari che giungeranno dall’Italia e la costruzione di un padiglione che
servirà da dispensario o da centro analisi me-
diche. L’auspicio è che
si tratti di un primo passo
verso la realizzazione
globale del progetto, che
ha come meta ultima la costruzione di un ospedale.
In entrambi i progetti
l’Opera si sente provocata
dalla Provvidenza e messa
alla prova nella sua fiducia in
quelli che appaiono essere con
sempre maggior chiarezza i
piani di Dio. Una provocazione
che viene non solo dallo sforzo economico che
tali progetti comporteranno, ma soprattutto dalla necessità di impegnare personale religioso
qualificato di cui l’Opera attualmente sente una
certa carenza. L’auspicio è che anche sul fronte
della missione e dell’operatività missionaria la
collaborazione con i laici giunga a compiere
decisivi passi sulla linea di una effettiva condivisione, affinchè tali iniziative vengano ad assumere sempre più l’aspetto di impegni di tutta
intera la Famiglia calabriana, religiosi, religiose
e laici. Sono personalmente convinto, che la
sfida a cui tutta l’Opera viene chiamata anche
con questi progetti, potrà offrire inattese opportunità ed aprire nuove strade di collaborazione
e di condivisione.
fr. Carlo Toninello
Il cortile interno
della Scuola di
Ongata Rongai
I bambini
della Scuola di
Ongata Rongai
25
L’Opera nel mondo
Luanda - Quartiere del Golf
Divina ieri,
oggi e domani
Festeggiati i 10 anni della Scuola Divina Provvidenza
nvestire nell’educazione significa garantire
la sopravvivenza di una nazione. L’educazione mette in movimento i cuori e le menti delle
persone, trasforma le realtà e costruisce la persona umana. Furono questi i pensieri che, nel
1993, guidarono l’inizio dell’attività educativa
nel Bairro Golf a Luanda.
Fu solo l’inizio perché l’anno successivo,
approfittando di un accordo firmato tra
Chiesa e Stato il 16 giugno, giorno dell’infanzia africana, fu inaugurata la Scuola Divina Provvidenza, che ebbe come patrono
don Giovanni Calabria, allora beato e oggi
santo.
I dieci anni trascorsi hanno visto sacrifici e
fatiche, progressi e ritardi, luci e ombre, conseguenze di una crescita della struttura, che
ora copre vari gradi di insegnamento e offre il
suo servizio a circa 2100 alunni.
In questa festa non possiamo dimenticare
quanto il Signore ha fatto per noi e ringraziarlo
per le persone che ci hanno permesso di realizzare questa storia: il prof. Nkosi Celestino, il
prof. Horácio, Mamã Eufémia e un buon
numero di alunni, che
oggi
I
26
insieme a Dio-Padre festeggiano e intercedono
per noi.
Dobbiamo poi ringraziare tutti coloro che
con abnegazione offrono giorno dopo giorno
la loro vita e la loro testimonianza per quest’opera educativa di primaria importanza. Ricordiamo con gratitudine tutti, dai primi che
cominciarono a portare avanti questa idea, fino
alle persone che operano ancora oggi nella
struttura: la direzione, i professori e i collaboratori che lavorano in tutti i settori.
Guardando alle tante persone che sono passate di qui, possiamo essere certi che la storia
di questa Scuola continuerà, nella misura in
cui manterremo acceso il desiderio di fare di
noi e delle persone che ci vengono affidate i
cittadini di una nuova società.
L’aggettivo “Divina” nel nome della Scuola
indica chiaramente chi mantiene in vita l’intera struttura: la Divina Provvidenza. Questa si
manifesta in molti modi, dentro e fuori l’Angola. Siamo certi che Essa continuerà ad aver
cura di questa Sua opera nella misura esatta in
cui noi crederemo, tanto che sempre potremo
affermare: Divina ieri, Divina oggi, Divina domani.
prof. Manuel Lutoto Kuavi
Teologia in pillole
Introduzione ai Salmi
Davanti a Dio
l’uomo si scopre poeta
La poetica ebraica nel Salterio
enetrare i significati reconditi di un salmo è un
Pbiano
po’ come imparare a volare. Ricordate il GabJonathan Livingston con tutte le acrobazie
e le cadute per imparare il movimento delle ali
fino ad avvicinarsi sempre più alla perfezione?
I salmi sono preghiere e ogni preghiera si
esprime nel modo più appropriato e congeniale
alla sua natura mediante la poesia. Quando un
uomo dà voce al proprio desiderio di Dio si scopre poeta ed esprime attraverso l’arte la sua preghiera. Nei salmi, quindi, proprio perché sono
poesia e preghiera assieme, emerge uno straordinario connubio di armonia fonetica e musicale,
frammenti di umanità frugati e investigati dalla
lente dell’esperienza e della sapienza. Al tempo
stesso sono poesia semitica e quindi risentono
della cultura e della sensibilità di un tempo molto
lontano dal nostro; proprio per questo talvolta la
loro comprensione può apparirci ostica. I salmi
ci risultano stranieri, perché vengono da lontano
e sono stati scritti in una lingua diversa.
Essendo nati intorno a grandi simboli e ad immagini vive, siamo chiamati a metterci in ascolto
per capire il loro linguaggio ed evitare conclusioni erronee ed affrettate. Nella misura in cui entreremo nella poetica e nel simbolismo del tempo, questa preghiera diventerà familiare e intima,
entrerà in casa nostra e farà parte del nostro focolare interiore.
In Israele probabilmente esistevano scuole di
poesia, che custodivano e tramandavano regole
pratiche, che avrebbero costituito in embrione
una poetica ebraica formulata dagli stessi ebrei.
Ciò che possiamo notare leggendo un salmo è
che ogni verso si compone di due frasi, a volte
anche di tre; mentre il ritmo del verso, come è
emerso dagli studi, è basato sull’accento tonico
della parola.
Per la comprensione del testo è importante familiarizzare con la tecnica del parallelismo, fenomeno ricorrente in tutto il Salterio. Il principio è
semplice: due frasi sono accostate l’una all’altra
in modo da determinare un rapporto che può essere di somiglianza, parallelismo sinonimico, di
complementarietà, parallelismo sintetico, o di opposizione, parallelismo antitetico. È importante il
rapporto che si stabilisce fra le frasi. A prima vista può sembrare che una frase venga ripetuta due
volte ed apparire come un’inutile ripetizione, in
realtà bisogna comprendere che cosa la seconda
parte aggiunge alla prima ed interpretare l’incremento di significato che deriva dall’accostamento
delle due frasi e dal loro rapporto. Qualche esempio: nel primo caso, «In me languisce il mio spirito, / si agghiaccia il mio cuore» (Sal 143,4); nel
secondo, «Benedici il Signore, anima mia, / non
dimenticare tanti suoi benefici» (Sal 103,2); nel
terzo, «Chiunque spera in te non resti deluso, /
sia confuso chi tradisce per un nulla» (Sal 25,3).
Un altro procedimento stilistico frequente è il
merismo, un modo di esprimere la totalità mediante la menzione di due estremi: “cielo e terra”, ad esempio, identificano l’universo, “notte e
giorno” il tempo, “entrare e uscire”, invece, evocano l’attività dell’uomo, oppure la nascita e la
morte, quindi una vita intera.
Nella tradizione ebraica alcuni maestri dicono
che «la poesia annulla lo spirito cattivo»: se un
uomo si trova in uno stato di inquietudine, recitando un salmo trova un certo sollievo. Ricordate
il re Saul che soffriva di depressione? Fu chiamato Davide, perché suonasse la cetra recitando
alcune poesie, per placare l’animo esacerbato e
amareggiato del re (1 Sam 16, 14-23).
Pertanto vi invitiamo a recitare i salmi contemplando la loro dimensione poetica. Non è
escluso che verbalizzando tutto lo spettro emotivo celato in ogni versetto, i salmi possano
avere anche una ricaduta terapeutica, essere
quindi rimedio efficace per chi è turbato da preoccupazioni.
Antonella Anghinoni
REMBRANDT,
Saul and David,
1655-60,
Olio su tela,
130,5 x 164 cm,
Mauritshuis,
The Hague
27
Urge meditare
Per ottenere risultati importanti è necessario agire
entro il terzo mese di vita
e' fondamentale
intervenire presto!
Proposta di intervento diagnostico e riabilitativo precoce,
a scopo preventivo, in neonati a rischio di ritardo nello sviluppo
neuro e psicomotorio
bbiamo esperienze drammatiche di bambini
e adulti con patologie gravi per esiti di sofferenze cerebrali neonatali.
Le esperienze di eccessivi tempi di attesa di
una diagnosi neurofunzionale, nella speranza di
una ipotetica capacità di recupero dei neonati
in difficoltà, portatori di condizioni e forme patologiche le più diverse, sono molto numerose.
Solitamente, almeno in molti casi, queste esperienze si concludono con successive diagnosi
molto pesanti dal punto di vista neuro-funzionale e purtroppo ad una età non più ottimale
per il recupero mediante una terapia adeguata.
In questo modo si compromettono lo sviluppo
fisiologico del bambino e le condizioni della
futura vita della sua famiglia (per non parlare
del suo inserimento nella società!).
Evidentemente la responsabilità di tali situazioni è da riferirsi innanzi tutto al ritardo
con cui si effettua normalmente la diagnosi
neuro-funzionale, in secondo luogo alla superficialità con cui verrebbe effettuata la stessa o
anche alla inadeguatezza delle modalità tecniche scelte per realizzarla.
Se in tutti i campi della medicina si ritiene
importantissimo l’intervento precoce a seguito
di una diagnosi tempestiva e puntuale, nel periodo neonatale ciò si rende particolarmente
necessario.
Sappiamo tutti che il Sistema Nervoso Centrale del neonato è ancora immaturo e in una
A
28
situazione complessa, in un contesto di sviluppo imponente e rapido, sia funzionale che
strutturale. Per questo motivo una diagnosi
precoce precisa e la messa in atto di un tempestivo ed efficace programma terapeutico sono
indispensabili.
Il tempo perduto può comportare lo svilupparsi di alterazioni o danni difficilmente recuperabili, se non addirittura irreversibili.
Purtroppo, invece, attualmente il 90% dei
trattamenti eseguiti sono rivolti a bambini con
un’età che compromette l’efficacia del trattamento e la possibilità di recupero.
La nostra esperienza suggerisce che il
trattamento nei bambini sospetti di futuro
sviluppo patologico neuro e psicomotorio
sia iniziato prima del completamento del
terzo mese.
Dal momento che determinate situazioni patologiche alla nascita hanno alta possibilità di
accompagnarsi con reali patologie dello sviluppo, crediamo sia di fondamentale importanza la strategia di indagare e ricercare in tutti
questi casi anche i minimi segni che possano
far sospettare il rischio (che in questo caso definiremo come “rischio sintomatico”) di un futuro sviluppo patologico anche solo probabile.
Ma altrettanto fondamentale e importante ci
sembra debba essere l’attenzione per la scelta
delle modalità che intendiamo usare per la
stessa indagine, in quanto dall’esperienza che
abbiamo ci parrebbe poter confermare che le
tecniche tradizionalmente usate sono responsabili dell’eccessivo ritardo della diagnosi e di
conseguenza del ritardo della presa in carico
del paziente qualora si rendesse necessario.
A nostro modo di vedere sia il momento
diagnostico che quello dello stimolo al recupero neuro-funzionale del bambino a rischio, dovrebbero fondarsi sullo stesso principio, essendo strettamente dipendenti l’uno dall’altro.
Quindi, dopo vari anni di esperienza, riteniamo di poter concludere che i segni e i sintomi
da ricercare debbano essere legati essenzialmente alla “competenza posturale” ed alla
“iniziativa neuro e psicomotoria” del bambino, le cui espressioni funzionali potranno essere comparate con una tabella ideale, rappresentativa di una norma di sviluppo del bambino statisticamente accertata.
Qualora fosse necessario intervenire terapeuticamente sul versante neuro-funzionale,
gli stimoli da proporre al piccolo paziente per
il suo sviluppo devono essere in grado di facilitare l’adeguamento sia delle sue competenze posturali che della sua iniziativa neuro e psicomotoria allo sviluppo fisiologico,
confrontabile sempre con la stessa tabella
ideale.
Sarebbe opportuno che tutti i neonati fossero seguiti nel modo che noi consigliamo, ma ci
è facile comprendere come una tale evenienza
sarebbe destinata a rimanere utopica.
Riteniamo però indispensabile che questa
nostra modalità di approccio diagnostico sia
applicata regolarmente a bambini che alla nascita rientrano in una di quelle patologie ad
“alto peso statistico”, per essere associate con
le forme patologiche conclamate ormai note, a
seguito delle nostre ricerche “retrospettive”:
- parti prematuri
- parti dismaturi
- parti gemellari
- crisi convulsive neonatali
- iperbilirubinemia a rischio
- ittero neonatale grave
- crisi ipoglicemiche ed ipocalcemiche con
segni neurologici anche minimi
- indice di Apgar inferiore a 3 a 1’ e inferiore a 7 a 5’
- parti da madri diabetiche
-
parti da madri con gestosi
parti distocici (forcipe - ventosa - TC)
parti con infezione (acque verdastre)
neonati con infezione in atto
Infatti, è un dato ormai noto a tutti che
il 95% dei bambini con paralisi cerebrali
infantili hanno nella loro storia una o più
di queste condizioni patologiche.
Il programma terapeutico eventualmente istituito, qualora la diagnosi precoce si rivelasse eccessivamente severa
(falso positivo), essendo un programma
senza “complicanze” e comunque e sempre di
grande utilità per tutti nel facilitare uno sviluppo armonico, risulterebbe alla fine solo utile, anche se non necessario, al neonato, e potrà essere sospeso tranquillamente nel momento in cui il nostro giudizio confermerà la
normalità.
In caso sia necessario l’intervento di stimolazione del neonato facilitante il recupero, la
metodica che noi proponiamo può essere così
definita:
Terapia neuro e psicomotoria su base neuro
e psico evolutiva evocante schemi congeniti o
innati di carattere locomotorio, mediante stimoli adatti in posture adeguate.
Detta terapia si propone di raggiungere una
riduzione di almeno il 50% dell’incidenza della patologia e/o della gravità della stessa tra i
piccoli pazienti del Dipartimento di Patologia
Neonatale in relazione:
- all’autonomia funzionale nella vita di relazione;
- alle competenze psico-intellettive;
- ai comportamenti adeguati.
Tra gli aspetti decisamente importanti della
terapia vi è anche quello
di sollecitare l’impegno
e il coinvolgimento psicologico e affettivo dei
genitori in un campo,
quello medico, da cui
purtroppo spesso restano
esclusi.
don Mario Castagnini
29
Spazio Fiorito Mariano
Gocce di sapienza
di fr. Vittorino
Cosa direbbe oggi don Calabria?
ei momenti particolari di calamità, di soffeN
renza per l’umanità, di prove e persecuzioni,
don Calabria era presente. Questo uomo di Dio
Un gruppo di
religiosi e fratelli
con don Calabria
e don Pedrollo.
Fr. Vittorino è
nella seconda fila
dal basso il primo
da sinistra.
30
respirava con la Chiesa, respirava con l’umanità.
Era un uomo unito al suo Dio, cioè al nostro Dio.
Don Calabria cercava in tutte le maniere di assomigliare a Gesù, a questo Spirito di Gesù che
si è fatto uno di noi. Viveva nascostamente, ma
era presente nelle difficoltà del mondo. La sua
vita è stata un atteggiamento di adorazione a Dio
e perciò di profonda umiltà e di profonda fede,
che si esprimevano ringraziando costantemente il
Signore. Offriva tridui e preghiere per le calamità e subito dopo ringraziava.
Ma chi era don Calabria? Chi era questo uomo di Dio?
Aveva un grande equilibrio di virtù e voleva
insegnarlo agli altri. Le anime che si sarebbero
donate a lui, le spingeva a fare opere nella Chiesa, nella vita sociale o politica, perché riconosceva i loro carismi. Don Calabria respingeva le anime più amate, non le portava con sé in grembo
alla sua Congregazione, ma le portava in grembo
alla volontà di Dio, perché la vera vocazione è la
volontà di Dio. Seguendo queste anime promuoveva l’umanità.
Quando Dio ha creato l’universo ha creato
l’uomo, non ha creato preti, frati, suore, ma ha
creato l’uomo e la donna e ha formato la coppia.
Allora non c’era bisogno di medici, né di avvocati, c’era solo bisogno che l’uomo e la donna si
comprendessero e formassero un ideale nobile e
santo. Come vengono presentati oggi l’uomo e la
donna, attraverso la televisione? Cosa direbbe
oggi don Calabria? Che cosa farebbe ai nostri
giorni? Incoraggerebbe certe iniziative. Cosa farebbe questa sera se fosse presente? Mi sembra
che lui mi dica: «Vittorino, quello che hai pensato durante la Messa: benedico!».
Per raccogliere un frutto ci vuole prima la semina e a qualcuno piacciono i frutti piccoli, ad
altri quelli colorati, ad alcuni piace la mela ver-
de, ad altri la mela rossa... ci sono tante mode.
Oggi il ragazzo e la ragazza non sanno scegliere,
perché subentrano la timidezza o altri fattori strani. Noi dobbiamo superare la timidezza e la paura, perché sono figlie della superbia. Se c’è la
semplicità c’è anche una sapienza nell’incontrarsi e l’amicizia può arrivare a fiorire, a produrre il
frutto di una coppia meravigliosa o di una chiamata inaspettata!
Don Calabria, questo uomo di Dio, se fosse
presente direbbe: «Ma tu hai una missione da
compiere. Oggi bisogna sostenere la coppia, perché la coppia è la cosa fondamentale». Quindi ci
vogliono delle persone che seguano le coppie: il
sacerdote, l’anima consacrata, il religioso o la religiosa e i laici ben preparati, che sentono una
chiamata speciale per dare degli insegnamenti,
per prepararci ad aiutare i nostri fratelli e le nostre sorelle giovani. Noi tutti siamo chiamati a
fare la volontà di Dio!
Casa d’incontri S. Giacomo
Poesia della santità
Un santo e (è) un poeta
Leopardi
La poesia è sorella della fede poiché fa crescere in noi lo stupore e genera la tensione
verso l’eterno e l’infinito di cui si alimenta:
nonostante tutta la sua negazione, Leopardi –
ateo – lo afferma; quando uno non è definito
dal limite in cui è, significa che afferma, anzi
grida, una Presenza che lo compie.
«Cara beltà». Con queste parole Leopardi
(Recanati 1798 – Napoli 1837) inizia il suo
canto più bello: in esso v’è la sintesi di tutta la
sua ragionevole e commossa posizione di fronte all’esistenza.
Dice in un suo appunto il poeta: «Una giovane dai sedici ai diciotto anni ha nel suo viso,
nei suoi moti un non so che divino che niente
può agguagliare.
Quella speranza incolume che si legge nel
viso e negli atti, quell’aria d’innocenza e
d’ignoranza completa delle sventure, fanno in
voi un’impressione così viva, così profonda,
così ineffabile che voi non vi saziate di guardare quel viso; ed io non conosco cosa che più
di questa sia capace di elevarci l’anima, di trasportarci in un altro mondo, di darci un’idea
d’angeli, di paradiso, di divinità, di felicità».
Qui non è a ciò che ha davanti che presta
omaggio; non la donna, l’amorosa idea, egli vagheggia ed ama, ma ciò a cui la donna lo richiama: è il concetto cristiano di segno, ossia una
realtà sperimentabile il cui senso è un Altro.
Nell’ininterrotto discorso sul gigante di Recanati, si medita se sia più filosofo che poeta:
ma nel pensiero di natura, poesia e filosofia si
incontrano anzi non si sono mai separate.
La filosofia cerca il vero, la poesia il bello e
in questo sembrano divergere, ma il bello che
Giacomo persegue e che riconosce come poetico è quello proveniente dalla domanda inconscia che la filosofia non spegne né limita, anzi
è proprio da questi sentimenti puri e forti che
nasce l’incanto della poesia e del senso religioso.
Dall’Infinito, agli Idilli, al
Canto notturno fino alla suprema Ginestra c’è il vero
poeta sommamente disposto
a essere un gran filosofo.
È il cuore di una volta che
nella sovrana purezza del
canto e nella sua bellezza
senza tempo si fonde con la
filosofia.
Il centro è nel Dialogo in
cui l’islandese domanda alla
natura perché gli sia nemica,
questa risponde che l’uomo
gli è indifferente e che il dolore è una necessità biologica, cosmica.
Il materialismo desolato di
Leopardi non può fornire una
soluzione.
Eppure in questo genio
poetico vi è come un presagio che annuncia Il Principe della soluzione
che porta gli affanni di funerea vita con noi,
compagno: «Che paradiso è quello là dove
spesso il Tuo stupendo incanto parmi innalzar!»
Urge un motivo per vivere: non c’è nulla
nella vita di gioioso, di grande, di bello se non
questo avvenimento, se non questo respiro sognante che è la bellezza richiamata dal volto di
una donna o dalle forme di un sogno notturno
o nello spettacolo della natura: «Cara beltà che
amore / lunge m’ispiri o nascondendo il viso,
fuor se nel sonno il core ombra diva mi scuoti,
o’ né campi ove splenda più vaga il giorno e di
natura il riso»: versi che potrebbero essere letti
come preghiera di ringraziamento dopo la comunione.
«Natura umana, or come, se frale in tutto e
vile, se polve sei, tant’alto senti?»
Ecco la domanda, il mirabile interrogativo
che è lo stesso che ci fa alzare ogni mattina perché costituisce il cuore, ossia la ragione (non
quella illuminista che ci ha insepolcrati vivi)
dell’uomo a cui la cultura del pensiero debole,
oggi dominante, non può rispondere che in maniera cerebrale, posticcia, esteriore e dunque
estranea al senso della vita.
Idalgo Carrara
31
Le vie della carità
Traslitterazione
della dedica
di don Calabria:
«7.2.46 - Il Sacro
Cuore di Gesù
benedica, protegga
e compia i suoi
divini disegni
sulla Sua Casa del
S. Cuore di Negrar
a bene dei Fratelli
che soffrono.
In C. J. Sac. G. Calabria»
Ospedale di Negrar - Verona
Dalla parte
dei sofferenti
La Cittadella della Carità
tra storia e modernità
uando negli anni ‘30 san Giovanni Calabria la
Q
accetta in eredità, la piccola “Casa del Sacro
Cuore” di Negrar è uno di quegli esempi eroici
Una delle prime
“feste del Sacro
Cuore” alla
Cittadella della
Carità, presente
don Calabria
32
di assistenza parrocchiale spontanea destinata
agli anziani e ai bisognosi.
Affidandosi alla collaborazione delle Piccole
Suore della Sacra Famiglia e di un numero sempre crescente di laici qualificati, i discepoli di
don Calabria accompagnano lo sviluppo di questo piccolo ricovero fino alle dimensioni dell’odierno complesso socio-sanitario, che tutti conoscono come Ospedale di Negrar (in realtà, nel
linguaggio calabriano, Cittadella della Carità).
San Giovanni Calabria aveva in mente una
struttura che unisse l’aspetto umanitario, profondamente radicato nella tradizione cristiana della
cura al sofferente, a una dotazione tecnico-scientifica altamente professionale: solo un’equilibrata interazione tra questi due aspetti poteva garantire la cura globale del sofferente.
Per ottenere questo risultato è stato necessario
ampliare costantemente le dimensioni della struttura e del suo
organico, pur
nelle incerte e
altalenanti
congiunture
economiche e
legislative della sanità italiana.
Oggi la sfida che ogni
ospedale deve
affrontare
è
duplice: una
sfida visibile,
cioè l’aggior-
namento costante delle strutture, e una sfida invisibile, ma forse ancora più importante: la qualità
dell’assistenza, che si gioca sulla consapevolezza
degli operatori e su un’efficiente organizzazione
di tutto il processo sanitario. Come dice il direttore sanitario, dott. Fabrizio Nicolis, «nel mondo
complesso della sanità odierna, l’imperativo calabriano di mettere “il paziente al centro di tutto” passa anche per la “qualità” dell’assistenza
sanitaria. Questa qualità si concretizza sia in un
rapporto cristiano e umano con il paziente, che
nell’adeguatezza delle attrezzature e dell’organizzazione e richiede l’impegno responsabile di
tutti noi».
Proprio quest’anno, durante la consueta Festa
del Sacro Cuore, si sono festeggiati due eventi
che sono centrali rispetto a questi fronti di impegno: l’inaugurazione delle ultime tre sale a completamento del nuovo blocco operatorio e la certificazione di qualità del “processo operatorio”.
A questo lato “tecnico”, che accomuna ormai
tutte le strutture sanitarie di qualità, sia “laiche”
che “religiose”, la Cittadella della Carità si impegna ad affiancare una ricerca del giusto spirito
di accoglienza ed assistenza, che ha come poli
ispiratori il Consiglio Pastorale ospedaliero e il
Centro Formazione e Solidarietà, ma che è fondata prima di tutto sull’impegno quotidiano e personale di ogni operatore. Come spiega il direttore
amministrativo, dott. Mario Piccinini, «la “missione” dell’ospedale, quella di mettere il paziente
al centro di tutto, non è certo un compito facile e
richiede ogni giorno lo sforzo e l’impegno di tutti
gli operatori, pur in mezzo alle mille difficoltà
quotidiane. Se mancasse la ricerca di questo obbiettivo e di questa testimonianza, la Congregazione farebbe bene a investire le risorse di Negrar in altre opere sanitarie o sociali».
Cronologia della
Cittadella della Carità
L’Ospedale di Negrar
e il Sacro Cuore
Ogni anno, ormai per tradizione, il giorno in
cui il calendario ricorda la devozione al Sacro
Cuore di Gesù, l’ospedale di Negrar festeggia il
suo patrono.
Il legame tra la Cittadella della Carità e il Sacro Cuore risale all’origine stessa della Cittadella. Fu don Angelo Sempreboni a dedicare al Sacro Cuore la prima piccola casa di riposo. Si potrebbe dire che tutta la struttura si è sviluppata da
questo nucleo come dal Cuore palpitante di Cristo e a tutt’oggi “Sacro Cuore” è il nome dell’ospedale per “acuti”.
La devozione al Sacro Cuore, da sempre implicita nella tradizione cristiana, ma esplicitata
nei modi oggi noti nel Settecento, in Francia, si
basa sulla funzione simbolica del cuore all’interno dell’essere umano.
Da sempre e in tutte le culture questo organo
ha rappresentato l’amore, nei due aspetti complementari della vita (il calore) e della conoscenza
(la luce). Esso non era ritenuto solo la sede della
vita e del calore corporeo, ma anche della coscienza e dell’intuizione spirituale (in contrapposizione al cervello, organo del pensiero razionale). Essendo quindi l’organo che meglio sintetizza le qualità migliori dell’essere umano, è stato
per questo preso a simbolo della carità e della
misericordia dell’uomo-Dio, Gesù Cristo. Questi
significati non potevano che sposarsi alla perfezione con la missione della Cittadella della Carità nel suo servizio agli infermi, come era nella
visione di Don Calabria.
■
1933: Don Angelo Sempreboni,
parroco di Negrar, muore: tra le opere parrocchiali da lui fondate c’è una
casa di riposo per anziani e bisognosi, la Casa del Sacro Cuore.
1933 - agosto: Fr. Antonio Consolaro, per conto di don Calabria, incontra il cav. Luigi Salgari, presidente
della Casa del S. Cuore e il dott. Brugnoli, a nome della zia Maria, incaricati di trattare la cessione dell’ospizio
alla Congregazione calabriana.
1933 - 20 dicembre: Avviene la
presa di possesso. Sono presenti don
Calabria, don Franchini e fr. Consolaro, accompagnati dal dott. Brugnoli.
1943: Bombardato l’Ospedale Civile di Verona, in parte occupato dalle truppe tedesche, l’autorità sanitaria
di Verona non sa dove ospitare i degenti e chiede alla Casa del Sacro
Cuore di accoglierne alcuni. Comincia a farsi strada la possibilità concreta di realizzare il sogno del fondatore
della Casa, don Sempreboni, cioè
quella di trasformare l’ospizio in un
ospedale.
1944 - 8 maggio: In una sala chirurgica, affrettatamente attrezzata, il
chirurgo dott. Zanuso, reduce dal
fronte, pratica il primo intervento chirurgico su un’ernia strozzata. Il lavoro, pur nella scarsità di tutto, diviene
via via frenetico.
1945: Il numero degli ospiti e la
loro diversa tipologia impongono ormai la costruzione di una nuova casa
per anziani autonoma dall’ospedale
anche se integrata in esso.
1952 - 31 maggio: Viene firmato
l’atto notarile di acquisto di 22.000
mq di terreno. Don Calabria, a fronte
delle pressanti richieste di pagamento
L’entrata dell’ospedale “Sacro Cuore”
da parte dei proprietari incoraggia i
suoi: «Non preoccupatevi dei soldi.
Fate il progetto, cominciate al più presto». Don Calabria muore nel 1954
con la visione profetica del nuovo
grandioso edificio di cui non potrà
vedere neanche l’inizio.
1955 - aprile: Cominciano i lavori
del “Geriatrico”. Nella festa patronale
del Sacro Cuore viene benedetta la
prima pietra.
1958 - 12 settembre: Viene ultimata la costruzione del “Geriatrico”,
inaugurato dall’arcivescovo Giovanni
Urbani. Il nuovo edificio può ospitare
fino a 400 persone e viene chiamato
Ospedale Geriatrico Don Calabria.
1970: A seguito della legge ospedaliera del 1968, l’Ospedale generale
di zona Sacro Cuore e l’Ospedale
provinciale per Lungodegenti Don Calabria vengono “classificati”, cioè definiti a tutti gli effetti ospedali pubblici
benché a gestione privata. Questa
configurazione è stata ribadita dalla
successiva riforma sanitaria del 1978.
1984 - 26 novembre: Sul terreno
dell’ospedale viene ultimata la costruzione della Casa Fr. Francesco Perez
destinata ad accogliere persone povere ed emarginate che non possono restare in famiglia (esiti della famosa
“legge 180”) e sacerdoti anziani della diocesi e di alcuni istituti religiosi.
1988 - 17 aprile: Papa Giovanni
Paolo II, nell’ambito delle celebrazioni
per la beatificazione di don Calabria,
si reca in visita pastorale presso la
Cittadella della Carità per impartire la
sua benedizione apostolica agli operatori e agli ammalati.
1996 - 14 giugno: viene ufficialmente inaugurata la Casa Fr. Pietro
Nogarè, che si configura come RSA e
casa di riposo per anziani. Dal novembre 2001 ospita anche un reparto
per pazienti in coma permanente.
33
Ricordando
Una vita di carità
Il 10 agosto scorso ci ha lasciati
fratel Matteo Ponteggia
fr. Matteo, ti parlo da cuore a cuore come
Canni.aro
abbiamo fatto tante volte in questi ultimi sei
Vorrei sottolineare il tuo cammino di uomo
Fr. Matteo
Ponteggia
con il vescovo
di Verona, padre
Flavio Roberto
Carraro
buono, umile e santo, dello scalatore tenace verso la vetta che è il Signore.
I primi passi li hai fatti in famiglia e da subito
ti sei mostrato un ragazzino calmo, docile ed obbediente.
Nella seconda tappa, da studente, i superiori
confermarono questo tuo passo costante, sicuro e
desideroso di consacrarti al Signore.
La terza tappa della tua lunga scalata è cominciata con l’assistenza ai ragazzi a S. Zeno in
Monte. Da buon padre li seguivi, li amavi e li difendevi. Fino al 1990 sei sempre rimasto legato
alla formazione dei giovani, per approdare poi
all’Ospedale di Negrar fino al ritorno alla casa
del Padre.
Hai collaborato con molti settori dell’Ospedale, ma noi ti ricordiamo soprattutto per
l’amore e l’attenzione ai poveri. Il motivo di
una carità così squisita, che va oltre la pura assistenza, lo hai scritto tu stesso nel tuo programma di vita fatto nel 1964:
«Amare i miei fratelli e tutti quelli
con i quali dovrò trattare come li ha
amati Gesù, vedendo in loro Gesù, convinto di quello che dice Lui: che qualsiasi cosa farò a uno di essi la farò a Gesù
stesso».
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E la tua santità, fraternità e amore ai poveri
hanno fatto di te un fratello caro, voluto e rispettato da tutti.
Ma la salita alla montagna è spesso insidiosa e
così, mentre scalavi le più alte vette della tua
consacrazione a Dio e del tuo servizio ai poveri,
un male impietoso e violento ti ha colpito.
È qui è emerso il vero scalatore, che non molla e trova le migliori energie per arrampicarsi anche nelle situazioni più difficili. La tua grande
fede non solo ti ha mantenuto in vetta, anzi i passi si son fatti ancora più sicuri e la salita, quanto
più era dura, tanto più acquisiva il sapore della
sfida e dell’eroismo.
Non hai mai ceduto il passo e credo che la tua
serenità e il tuo abbandono nella fede di fronte
alla malattia sia stata una vera evangelizzazione
per tutti noi. Cosa dire della vita? Con quali criteri giudicare la vita di una persona? Per gli anni
della sua vita? Per i ruoli che ha ricoperto? Tu,
Matteo, ne hai avuti, ma certamente non ti sei
montato la testa. La vita è un dono che il buon
Padre ci ha fatto e la realizziamo pienamente
quando siamo capaci di ridonarla a Dio attraverso il servizio ai fratelli.
Buon conoscitore della montagna hai intravisto la cima ormai vicina. Pochi giorni prima di
lasciarci mi avevi chiesto di lasciare il ruolo di
Superiore della Comunità ed il permesso di andare nel tuo Trentino, per l’ultimo saluto alla tua
gente e alle tue montagne sulle quali ti ritiravi
soprattutto per pregare. Che cosa avrai detto in
quei momenti al Signore? Una cosa la immagino: «Non mi lamento per la fine ormai vicina,
ma Ti ringrazio per i sei anni che mi hai dato per
vivere questa esperienza della malattia e dei limiti... è stata un dono».
Non ti sei lasciato sorprendere nella tua vita
spirituale e hai chiesto che l’unzione degli infermi ti fosse amministrata con le piene facoltà,
perchè sentivi la necessità della forza di Dio per
terminare la salita, senza mollare, senza scivolare
e poter arrivare in cima a godere della visione
beatificante, della comunione con il Signore.
Caro fr. Matteo, sei stato un vero Povero Servo: la tua forza era una vita spirituale dalle radici
profondamente piantate nella Parola e nella liturgia. Hai colto l’essenza della spiritualità cala-
briana: l’umiltà che ti ha portato ad abbandonarti
nelle mani amorose del Padre, come un bambino.
Don Calabria diceva che l’uomo è una costruzione spirituale dove «Le fondamenta sono la fede; le pareti la speranza e il tetto la carità».
Non aggiungo altro, perchè il più bel commento a questa indicazione del nostro santo Fondatore l’hai fatto tu stesso, Matteo, con il tuo
Programma di vita, scritto alla fine del Noviziato e con la tua stessa vita:
«Carità: “Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri come io ho
amato voi” ha detto Gesù. Questo sarà anche il mio programma di vita.
Amare i miei fratelli e tutti quelli con i
quali dovrò trattare come li ha amati Gesù,
vedendo in loro Gesù, convinto di quello
che dice Lui: che qualsiasi cosa farò a uno
di essi la farò a Gesù stesso.
Perciò in concreto non dirò mai male di
nessuno, ma degli altri dirò sempre bene.
Devo convincermi che sono l’ultimo di
tutti e perciò a servizio di tutti. Quindi
quando vedrò un mio confratello che sta faticando, io non potrò stare indifferente a
guardarlo, ma dovrò mettermi ad aiutarlo.
Umiltà: Se dovessi ricevere qualche offesa, qualche umiliazione, non dovrò reagire o avermene a male e neanche dimostrarlo, anzi dovrò ringraziare il Signore che mi
fa partecipare a un po’ delle Sue umiliazioni, convinto che in confronto all’inferno
che ho meritato quello non è niente.
Nelle discussioni dovrò cedere sempre
lasciando la ragione agli altri, anche se mi
pare di avere ragione, convinto che può essere il mio amor proprio che mi inganna.
Preghiera: Senza la preghiera sarebbe
inutile questo mio programma perché con
le mie sole forze non potrei fare niente.
Poi dalla preghiera devo convincermi
che dipende tutto e specialmente la mia
santificazione.
Quindi assoluta fedeltà a tutte le pratiche prescritte e consigliate dalle S. Costituzioni.
Devo farle tutte con molto impegno ma
specialmente dovrò puntare con più impegno sulla S. Messa e la S. Comunione la
quale deve essere veramente il centro della
giornata.
E poi anche la S. Meditazione che preparerò sempre la sera prima e che ricorderò
spesso durante la giornata.
Ogni giorno devo trovare il tempo per fare almeno una visita in Chiesa
in più di quelle previste.
Ma poi se avrò del tempo
libero il mio primo desiderio sarà quello di andare a trovare Gesù.
Gesù e la Sua e mia
mamma Maria Santissima, vedendo la mia debolezza e miseria, ma d’altra
parte anche la mia buona
volontà, mi aiutino ad attuare questo mio programma.
Nov. Ponteggia
Matteo»
FRATEL MATTEO PONTEGGIA è nato a San
Lorenzo in Banale (Trento) il 21 novembre
1944. È entrato in Casa il 29 settembre 1956
ed ha iniziato il Noviziato il 7 settembre del
1964. Ha emesso la sua prima professione l’8
settembre 1965.
Dal 1965 al 1973 è stato assistente dei ragazzi delle scuole di San Zeno in Monte, dal
1973 al 1980 ha svolto lo stesso incarico a Ferrara.
Dal settembre del 1980 fino al settembre del
1985 è stato Direttore del Centro Professionale
di Via Roveggia (Verona), ha poi ricoperto lo
stesso incarico, più quello di Superiore della
Comunità religiosa, fino al luglio del 1990 a
Ferrara.
Dal 25 luglio del 1990 è sempre stato presso gli Ospedali di Negrar ricoprendo vari incarichi: Direttore del personale, Vicepresidente
degli Ospedali, Superiore della Comunità religiosa. Alla sua intensa attività in favore dei poveri e degli ammalati, dal 1990 al 2002 ha anche affiancato il prezioso lavoro di Consigliere
generale della Congregazione.
È tornato alla Casa del Padre il 10 agosto di
quest’anno.
La carità, nella vita di fr.
Matteo era il tetto che copriva tutto. Sull’esempio di don
Calabria, è stato un campione di evangelica carità. Prima di tutto con i fratelli e i ragazzi che ha seguito da giovane religioso. Verso i poveri ha poi
avuto carità evangelica a piene mani, che non
umilia ma rende dignità al povero.
Matteo è stato un modello per tutti noi, ma
specialmente per i giovani. Quindi, non abbiate
paura di rispondere al Signore... davvero riceverete, come Matteo, il centuplo su questa terra ed
in più la vita eterna.
Il Padre ha voluto chiamarlo di domenica, il
giorno luminoso della risurrezione e allo stesso
tempo nel giorno di S. Lorenzo – titolare e patrono del suo paese nativo San Lorenzo in Banale – giorno nel quale contempliamo le stelle cadenti. Quest’anno c’è stata una stella che invece
di cadere è salita in cielo.
Sei arrivato alla
vetta, caro Matteo, e
ora dall’alto, per sempre, non solo puoi capire la durezza della
salita, ma puoi anche
contemplare la bellezza della comunione
con il Padre. Intercedi,
presso di Lui, per
l’Opera, per tutti noi,
per i tuoi familiari e
per i tuoi poveri.
Fr. Matteo
(a sinistra) saluta
Giovanni Paolo II
il giorno della
canonizzazione
di san Giovanni
Calabria
don Waldemar
Longo
35
70° anniversario
U.M.M.I.
U.M.M.I.
Verona, Sabato 18 Ottobre 2003
ISTITUTO DON CALABRIA
Via San Zeno in Monte, 23 - 37129 VERONA
70 anni al servizio della missione
L’Unione Medico Missionaria Italiana si prepara a vivere un importante appuntamento che avrà il suo momento culminante sabato 18 ottobre “Giornata della
memoria” e vigilia della Giornata Missionaria Mondiale. Sarà un momento di preghiera, di riflessione e di condivisione per ricordare, rivedere le motivazioni che
fondano il volontariato internazionale, la cooperazione missionaria e l’aiuto ai
Paesi in via di sviluppo, camminare insieme e con fiducia verso nuovi orizzonti.
PROGRAMMA
MATTINA
15.30
Momento formativo spirituale, RISERVATO A SOCI UMMI E VOLONTARI
9.30
10.30
Arrivi: momento iniziale di preghiera e presentazione dell’incontro
DR. ANDREA FORACCHIA - Medico CUAMM
Coffee break
17.00
Relazione “LA SALUTE INTEGRALE”;
riflessioni e approfondimento del
messaggio evangelico: andate, annunciate, guarite...
Coffee break
12.00
S. Messa celebrata dal Vescovo di
Verona MONS. FLAVIO ROBERTO CARRARO
13.00
Buffet
DON MARIO GADILI, P.S.D.P.
• Lo spirito dell’UMMI
e le sue attività
DR. ALESSANDRO GALVANI
Presidente UMMI
• L’UMMI nel panorama italiano
PROF. FELICE RIZZI
già presidente FOCSIV
• L’incontro con l’UMMI.
La cooperazione vista “dagli altri”
J. LEONARD TOUADI, giornalista RAI
POMERIGGIO
Moderatore: RAFFAELLO ZORDAN,
Giornalista redazione NIGRIZIA
Momento informativo e formativo, APERTO
A TUTTI
15.00
Arrivi: saluti e introduzione all’incontro
TAVOLA ROTONDA:
“L’UMMI nella storia e nel mondo”
• La Storia dell’UMMI
DON ANDREA GAINO - Docente Studio Teologico S. Zeno
11.30
Relazione: “La salute integrale nella
cooperazione internazionale oggi”
18.30
Saluti finali
DR. ALESSANDRO GALVANI - Presidente UMMI
DON WALDEMAR LONGO - Sup. Gen. Poveri
Servi della Divina Provvidenza
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Per informazioni rivolgersi a: SEGRETERIA U.M.M.I. - Viale Rizzardi, 4 - 37024 Negrar (VR)
Tel. 045.750.05.01 - Fax 045.600.08.47 - E-mail [email protected]
Coord. sig. ANDREA DANESE
Notizie
DON CALABRIA LA SUA VOCE
Pubblicato un Cd con le
registrazioni di alcuni discorsi del Padre
NOTTE D’ESTATE
A SAN ZENO IN MONTE
In onore del IX Capitolo generale delle Povere Serve della Divina Provvidenza, la sera di martedì 29 luglio 2003 si è esibito nel teatro-tenda di San Zeno in
Monte il gruppo di solisti coreani Astra Corea Opera.
Il concerto lirico ha visto una grande partecipazione di
pubblico ed ha riscosso notevole successo, sia per la
bravura degli interpreti, che per il repertorio particolarmente coinvolgente. I solisti erano: Kim Mi Sung (Soprano); Kim Chul Ho (Tenore); Hong Chan Sun (Soprano); Jeon Mi Suk (Soprano); Yang Jang Keun
(Baritono); Oh Seul Ghi (Pianista).
Le nostre relazioni non sono fatte solo di una conoscenza razionale delle persone che incontriamo, ma
anche di aspetti emotivi che vanno non solo considerati, ma salvaguardati e coltivati.
Questa raccolta di alcuni brani registrati della voce
del Padre don Calabria, fatta dagli ex allievi, non ci restituisce solo una vecchia voce distorta dal tempo, ma
ci dona la possibilità di provare emozioni altrimenti
impossibili.
A tutti il mio augurio che l’ascolto di questa voce
rinnovi in noi la spinta a «cercare in primo luogo il Regno di Dio e la sua giustizia», percorrendo quella via
della santità sulla quale il Padre don Calabria ci ha
preceduti.
Sac. Waldemar Longo
UNA VIA INTITOLATA
A SAN GIOVANNI CALABRIA
Roncà, domenica 27 luglio 2003 – Alla presenza di
don Primo Ferrari, Vicario dell’Opera don Calabria, di
fr. Mario Bonora, presidente degli Ospedali di Negrar
e naturalmente del Sindaco di Roncà, è stata intitolata
al nostro santo Fondatore una via della cittadina. Dopo
i vari interventi, il Sindaco, tra gli applausi di una folta
rappresentanza di ex allievi, ha scoperto la targa con il
nuovo nome della via. Alla fine della cerimonia un generoso rinfresco offerto dall’amministrazione comunale ha simpaticamente
chiuso la celebrazione
dell’evento.
Achille
Coltro
FESTA DELLA FAMIGLIA
A CAMPOSILVANO
Favoriti dal bel tempo e da una buona ed efficace
organizzazione, il 22 giugno scorso si sono ritrovati a
Camposilvano un gran numero di ex-allievi, accompagnati da familiari ed amici, per celebrare la tradizionale Festa della Famiglia.
La partecipazione assai numerosa testimonia di
quanto don Calabria e la sua Opera siano ancora vicini
alle persone con cui sono entrati in contatto.
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Notizie
Già all’arrivo si respirava un’aria di amicizia e di
serenità, grazie alla calorosa accoglienza degli organizzatori. Il momento centrale della giornata è stato
senz’altro segnato dalla celebrazione eucaristica:
l’aver vissuto insieme la S. Messa, ha aiutato a rinvigorire il senso di comunità, che si ritrova nell’insegnamento cristiano di don Calabria.
Il pomeriggio è stato caratterizzato da giochi, cui
hanno partecipato bambini e ragazzi, ma anche molti
adulti: ci sono stati premi per tutti, ma soprattutto molta allegria!
Con l’impegno e l’augurio che anche negli anni futuri ci si possa ritrovare con lo stesso entusiasmo di
quest’anno, ci siamo salutatii nel tardo pomeriggio.
La presidenza centrale ex allievi
ULTIMI EX ALLIEVI
DI SAN ZENO IN MONTE
Cerimonia strana quella di quest’anno durante la quale, come di consueto, sono state consegnate agli alunni
uscenti dalla Scuola Media don Giovanni Calabria di
San Zeno in Monte le tessere dell’associazione ex allievi. Strana perché, come ormai ben saprete, la Scuola
Media chiude definitivamente i battenti. Queste sono
state dunque le ultime tessere consegnate agli ultimi ex
allievi di San Zeno in Monte. Ultimi almeno per il momento, non si sa mai, infatti, quali possano essere le vie
della Provvidenza e cosa ci riservino per il futuro.
Un grazie sentito al preside, fr. Mario Grigolini, al
prof. Andrea Pescarin, già valentissimo preside per parecchi anni, a tutti i professori, ai collaboratori, agli
educatori, ai religiosi delle Comunità di San Zeno in
Monte e di San Benedetto e, ultimi nell’elenco, ma in
realtà veri protagonisti dei tutti questi anni di lavoro
scolastico, un grazie anche ai ragazzi che sono passati
per le aule della Casa Madre.
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A tutti l’augurio che l’evangelico «Cercate in primo
luogo...» sia stata la lezione più bella ed importante
appresa sui banchi della Scuola Media don Giovanni
Calabria.
Andrea Ciet
MARIA
MADRE DELLA
PROVVIDENZA
Il dono più prezioso che
l’umanità ha ricevuto dal Padre è Suo Figlio Gesù, che è nato dalla Vergine Maria.
L’umanità senza questa presenza di Mamma è orfana.
L’Angola ha compiuto questa esperienza concreta in
questi ultimi 30 anni di guerra. È la fede e l’amore della gente più semplice che è riuscita a “strappare” dal
cuore della Mamma il dono della pace: «Maria, Regina
della Pace, donaci la Pace». Il popolo unanime ha attribuito a Lei il grande dono della pace.
In occasione dell’anno del Rosario, per onorare Maria, a Luanda nell’Oasi Divina Providencia, è stata eretta una grotta con il nome di Maria Madre della Provvidenza. È uno dei segni di come Maria è presente nel nostro cammino di Povere Serve e Poveri Servi in Angola.
Da una piccola cosa è sorto un grande dono della
Provvidenza non solo per noi, ma anche per gli alunni,
i professori, i gruppi parrocchiali e per il popolo tutto.
Ora le nostre attività pastorali e formative saranno
sempre sotto lo sguardo materno di Maria Madre Provvidente.
Ir. Merice Bertolini
Scuola Materna di Madonna di Campagna
FESTA DI FINE ANNO
SCOLASTICO
Giunti alla fine della programmazione scolastica, anche quest’anno nella Scuola Materna di Madonna di
Campagna si è tenuta la tradizionale Festa di fine anno.
Si è trattato di uno spettacolo vero e proprio in cui i
protagonisti sono stati proprio loro, i bambini, affiancati dai genitori, dai fratelli e dalle sorelle maggiori.
Notizie
ANGOLA - HUAMBO
Il tema della programmazione e della festa finale è
stato quello dell’amicizia e della solidarietà tra i popoli
e così i “piccoli”, con le loro magliette rosse, si sono
trasformati in tanti indiani; i “medi” con le magliette
gialle hanno impersonato la popolazione cinese, mentre i “grandi”, in maglietta blu con fascia tricolore,
hanno mantenuto la loro nazionalità italiana. Le esibizioni prevedevano canti di gruppo, ma anche indovinelli e il racconto di una storia fantastica.
Anche i genitori si sono impegnati a fondo per la
buona riuscita della Festa e questa è la prova dell’atmosfera che si respira in questa scuola materna: familiarità e amicizia.
La Scuola Materna Madonna di Campagna è sorta
ancora in vita don Giovanni Calabria. Fondata all’ombra del Santuario Madonna della Pace, essa si prefigge
di trasmettere i valori evangelici della gioia, della bontà
nella semplicità, della spontanea fraternità di chi vive
sapendosi in ogni momento sotto lo sguardo di Dio Padre e della Vergine Maria.
Rosaria Di Martino
Felicitazioni
❖ A Venezia, Palazzo San Giovanni Battista, il 1° maggio
2003 Sergio Bazerla, ex allievo di via Roveggia e dirigente bancario, è stato insignito della Stella al Merito del
Lavoro su proposto del ministro del Welfar e firmato dal
Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
❖ All’ospedale di Negrar il 27 giugno 2003, giorno del Sacratissimo Cuore di Gesù e giornata mondiale di santificazione sacerdotale, è nata Rita, figlia dei fratelli esterni
Ermes e Angelina Bampa.
❖ All’ospedale di Negrar il 26 luglio 2003 è nata Benedetta, figlia di M.Francesca Salzani e Lucio Faccioli. Lucio
è nipote di don Gabriele Cordioli e di suor M.Ausilia
Cordioli.
❖ A Zevio (Vr) il 5 agosto 2003 è nata Linda, figlia di Veronica Moretto e Marco Taddei. Lo annunciano con gioia i nonni Luigi Moretto e Luigina Solari.
❖ Il 9 agosto 2003 è nato Marco, figlio terzogenito di Federica e del dott. Alberto Campagnola. Lo annunciano felici le
sorelline Francesca e Silvia. Alberto è figlio di Silvano
Campagnola, ex allievo del Patronato del 1953.
❖ A Verona il 19 agosto 2003 è nata Rachele. Lo annunciano con gioia Nereo e Cristina Faggioni con il nonno
Riccardo, ex allievo.
Il Governo della provincia angolana di Huambo ha
messo a disposizione della Congregazione, in regime
di comodato e a tempo indeterminato, un Centro per
svolgere attività a favore dei bambini di strada. Si tratta di una Centro con varie case, capaci di dare ospitalità a più di cinquanta ragazzini, i quali potranno godere,
oltre che del vitto e dell’alloggio, anche dei servizi
della scuola, della formazione professionale e delle
strutture sportive. Vi si trovano anche una piccola
chiesa e un centro medico.
Il Governo di Huambo si assumerà tutti i costi relativi al personale e alla manutenzione, lasciando l’amministrazione e la conduzione educativo-pedagogica
del Centro stesso alla Congregazione.
Tornati al Padre
◆ Il giorno 6 giugno 2003 è deceduta Norina De Vogli,
ved. Giovanni Trezzolani, ex allievo di San Zeno in
Monte. La raccomandiamo al Signore e facciamo le condoglianze ai figli Luciana e Renato.
◆ A Vago di Lavagno (Vr) il 29 luglio 2003 è morto Giampietro Dalla Valle di anni 44, ex allievo di S. Benedetto.
◆ Dopo mesi di sofferenza il giorno 18 agosto 2003 è deceduto in Svizzera, dove si era trasferito dopo il matrimonio, Leonzio Di Grazia, ex allievo esterno di Costozza (Vi). Lascia 3 figlie.
◆ A San Giovanni Lupatoto il giorno 20 agosto 2003 è
mancato all’affetto dei suoi cari Giulio Canteri, fratello
di M. Elisa Canteri.
◆ All’età di 92 anni si è spenta, il 20 agosto 2003, Teresa
Pistoia, suocera di Gianfranco Righetti, ex allievo di via
Roveggia e zia di Giuliana ed Edoardo Giordani, ex allievo di San Zeno in Monte. Molto affezionata alla Casa,
aveva partecipato con tanta gioia ed entusiasmo all’ultimo convegno di ex allievi di San Zeno in Monte (molti
ex si ricorderanno di questa simpatica ed anziana signora). Nell’ultimo suo viaggio verso il cielo ha voluto indossare il fouldard di San Giovanni Calabria che sempre
portava nelle ricorrenze e nelle celebrazioni.
◆ Il 21 agosto è mancata improvvisamente Alessandra Negrini in Marchi, molto legata all’Opera.
◆ A Valdagno (Vi) è deceduto Glauco Rossi, ex allievo di
Costozza (Vi).
◆ A Villafranca (Vr) nel mese di agosto è deceduta la signora Maria Golia, moglie di Mario Bedin, ex allievo di
S. Benedetto.
◆ A Roma lo scorso agosto è mancato il prof. Ivo Pini,
grande amico dell’Opera.
◆ Lo scorso agosto è deceduto Laerte Viviani, fratello di
Attilio ex allievo del Patronato.
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APPUNTAMENTI
CENTRO DI CULTURA E SPIRITUALITÀ
CALABRIANA
Sabato 15 novembre 2003
XXV GIORNATA DI STUDI CALABRIANI
Interverranno:
DOTT.SSA
ANTONELLA ANGHINONI
Il Male nella Bibbia
PROF.SSA IDA ZILIO GRANDI (Istituto Orientale di Napoli)
Il Male e il Corano
bei momenti trascorsi assieme e dei doni ricevuti tra quelle mura.
L’incontro inizierà alle ore 9.30.
EX ALLIEVI DI MILANO
Domenica 9 novembre 2003
FESTA ANNUALE
Invitiamo tutti gli ex allievi, con parenti e amici, presso il Centro
Vismara di via dei Missaglia. Ci si potrà prenotare per il pranzo il
giorno stesso. Nell’occasione si svolgerà l’elezione del nuovo Direttivo.
Giovedì 4 dicembre 2003
Incontro di formazione per il clero della diocesi di Verona e inizio eventi
celebrativi per il 50° anniversario della morte del p. don Calabria.
Interverrà:
PROF. DON MAURILIO GUASCO
La formazione del prete
EX ALLIEVI DEL PATRONATO
E VIA ROVEGGIA
Venerdì 5 dicembre 2003
GITA-PELLEGRINAGGIO
Presentazione del primo volume dell’Opera Omnia di san Giovanni
Calabria presso “Fondazione Toniolo”.
Interverranno: PROF. VITTORIO CASTAGNA
PROF. DON LUIGI MEZZADRI
CONVEGNO USMI E CISM
Gita a Maguzzano per visitare le tombe dei nostri religiosi defunti.
Un invito caloroso è rivolto a tutti gli ex allievi ed amici dell’Opera
con le loro famiglie. Ritrovo alle ore 10.30 a Maguzzano.
Per informazioni e prenotazioni per il pranzo:
• Amadori (045.89.04.220)
• Armando Gambarini (045.51.21.17)
• Livio Marchi (045.95.35.84)
Si può essere amici nella vita consacrata?
Interverranno: PROF.SSA CETTINA MILITELLO
PROF.SSA SR. PINA DEL CORE FMA
PROF. DON NICO DAL MOLIN
PROF. DON MARIO DE MAIO
EX ALLIEVI DEL PATRONATO
E VIA ROVEGGIA - S. MARCO
Incontri di Lectio divina - Avvento
Venerdì 7 novembre 2003
Come ormai consuetudine, durante i venerdì del periodo di Avvento
2003 a San Zeno in Monte si terranno degli incontri di LECTIO DIVINA
con inizio alle ore 21.00 presso la chiesa di san Zeno in Monte.
TRADIZIONALE CASTAGNATA
Sabato 6 dicembre 2003
Sabato 25 ottobre 2003
Presso il nuovo Centro di via San Marco - Spianà. L’invito è rivolto a
tutti gli ex allievi ed amici dell’Opera. Sarà un’occasione per
trascorrere una serata in allegria, ricordando i tempi trascorsi nelle
Case dell’Opera.
EX ALLIEVI DI FERRARA
Domenica 12 ottobre 2003
INCONTRO ANNUALE E FESTA DI S. GIOVANNI
CALABRIA
L’invito, che si terrà presso la Città del Ragazzo con inizio alle ore
9.30, è rivolto agli ex allievi e loro familiari.
EX ALLIEVI DI RONCO E RONCÀ
Domenica 16 novembre 2003
CONVEGNO ANNUALE
Per informazioni:
• Achille Coltro (340.23.12.386 - 045.58.14.82)
EX ALLIEVI DI MAGUZZANO
Domenica 19 ottobre 2003
EX ALLIEVI DI SAN ZENO IN MONTE
CONVEGNO ANNUALE
Domenica 9 novembre 2003
Come consuetudine sono invitati all’incontro tutti gli ex allievi e amici
dell’Abbazia con le rispettive famiglie, per ringraziare il Signore dei
CONVEGNO EX ALLIEVI
Tutti gli ex allievi e amici della Casa di San Zeno in Monte con le loro
N. 5 - Settembre-Ottobre 2003 - Anno LXXIV - Spedizione in A.P. art. 2 comma 20/c legge 662 /96 - Filiale di Verona
In caso di mancato recapito restituire all’ufficio C.M.P. VR, detentore del conto,
per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.