La Geometria da Euclide a Fibonacci
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La Geometria da Euclide a Fibonacci
! La Geometria da Euclide a Fibonacci ! “Il libro della natura è scritto in lingua matematica ed i suoi caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto”. Così affermava Galileo Galilei nel trattato il “Saggiatore” dedicato a Urbano VIII nel 1623, mettendo in evidenza l’importanza della matematica sopra ad ogni altra disciplina. Questo concetto è molto antico e trova le sue radici in Egitto, Mesopotamia e Grecia; dopo Pitagora e Platone fu Euclide a portare un grande contributo alla geometria e alla scienza matematica. Euclide tra il IV e il III secolo a.C. raccolse nel suo “Elementi” tutto lo scibile matematico fino ad allora conosciuto, dando un quadro completo dei principi della geometria. Questo trattato, che raccoglie tutti gli elementi fondamentali della matematica “elementare”, grazie alla chiarezza e alla rigorosa precisione espositiva con cui venne concepito, divenne ben presto il testo di insegnamento più valido a cui attenersi. Proclo, filosofo bizantino del V secolo d. C., parlerà di Euclide come il più giovane discepolo di Platone riscontrando nei suoi “Elementi” alcune caratteristiche filosoficomatematiche già esposte dal suo maestro nel “Timeo”. Euclide, nei tredici libri del suo trattato, parlò dell’aritmetica e della geometria e partendo dal punto, dalla linea, dal cerchio e dalla sfera, arrivò a sintetizzare tutte le conoscenze matematiche che arricchì con postulati, definizioni, assiomi e teoremi; inoltre fu autore di una dozzina di testi che abbracciavano argomenti apparentemente disparati, come l’ottica, l’astronomia, la musica e la meccanica, ma che al contrario erano strettamente uniti da quello stesso filo conoscitivo. Il testo originale greco di “Elementi”, scritto intorno al 300 a.C., sarebbe andato perduto se 1 gli Arabi, qualche secolo più tardi, capendo l’importanza di un simile documento, non l’avessero tradotto nella loro lingua. Il mondo arabo, nel VII secolo d.C., raccolse con grande fervore di studio il patrimonio culturale delle maggiori civiltà divenendo il più valido intermediario tra il sapere antico e quello dell’evo moderno. Le vittorie riportate dagli Arabi in territorio persiano, permisero loro di entrare in contatto con l’antica cultura mesopotamica e la stessa cosa successe dopo la conquista di Alessandria d’Egitto, vero tesoro di tutto il sapere ellenistico. Infine, con la successiva dinastia omeiade, le truppe islamiche si spinsero verso il Turkestan e poi verso l’India, entrando in contatto con quelle arcaiche conoscenze sapienziali. Bagdad, nella seconda metà del VIII secolo d. C., divenne il centro culturale dell’impero islamico e la cultura araba, in seguito alla severa politica espansionistica progettata, si diffuse in Spagna e in tutto il bacino del Mediterraneo fino ai confini dell’Estremo Oriente. I più grandi pensatori e scienziati arabi come Acivenna e Averroè coltivarono discipline come la medicina, la matematica e la fisica ereditando dai Greci quello stesso metodo di indagine; sovrani come Al Mansur e Harun al-Rashid si dimostrarono molto attenti nel preservare dalla distruzione i testi matematici di Euclide, di Archimede e di Apollonio e nel far tradurre molti testi indiani: quelle conoscenze contribuirono non poco alla nascita della matematica islamica. Nell’Islam la geometria fu utilizzata in ogni possibile applicazione; le città arabe si abbellirono di grandiosi monumenti decorati con motivi geometrici che si intessevano in trama sottile. Gli Arabi identificavano nella geometria la scienza “ordinata” nella 2 quale si rifletteva la Creazione di Dio e così quella disciplina divenne il punto di contatto tra la Fisica e la Metafisica, tra la realtà umana e la trascendenza Divina. Se da un lato l’Occidente venne ad arricchirsi di un notevole patrimonio scientifico, dall’altro l’avanzata islamica cominciò a costituire un vero pericolo per quelle regioni. Nel 1118 l’Ordine Templare, vero baluardo posto a difesa del Santo Sepolcro, ebbe modo di entrare in contatto con la Santa Scienza dei patriarchi d’Oriente e a sua volta di diffondere quelle antiche conoscenze ermetiche nel mondo artistico e scientifico occidentale: fu in questo periodo storico che cominciarono ad innalzarsi le grandi cattedrali gotiche riproponendo nella loro struttura architettonica quell’antica misterica sapienza. In Occidente arrivò anche il sistema di numerazione che tutt’oggi utilizziamo; la rappresentazione simbolica di quelle entità numeriche venne attribuita al mondo arabo, ma le origini sono ancora più antiche e si rifanno al sistema numerico presente in alcune regioni dell’India prima della conquista islamica. La grandezza dei matematici arabi fu di aver saputo attingere a quella fonte, ma la divulgazione di quei testi avvenne grazie ad un grande matematico italiano: Leonardo Pisano più conosciuto come “figlio di Bonacci” o Fibonacci. Fibonacci nacque a Pisa nel 1170; egli si avvicinò alla matematica attraverso semplici calcoli contabili, ma ben presto diventò per lui una vera passione che lo portò a viaggiare per entrare in contatto con i maestri musulmani; da loro, non solo apprese il sistema di numerazione indo-araba, ma ne divenne il più tenace sostenitore e promulgatore. Egli scrisse opere che trattavano di geometria, di algebra e di calcolo numerico battendosi affinché venissero adottate le cifre arabe a discapito degli abituali metodi utilizzati dagli abacisti di quel periodo. Il titolo “Liber Abaci” o “Libro dell’Abaco”, con 3 il quale nel 1202 identificò la sua opera, fu in un certo senso provocatorio perché in realtà l’intento di Fibonacci era di soppiantare il vecchio computo matematico, che si avvaleva dell’abaco e dei numeri romani, con un sistema decimale che portasse una maggiore facilità di calcolo. Le resistenze che questo metodo incontrò furono molto forti e per anni rimase in vita una disputa tra gli abacisti ed i fautori dei numeri arabi. Il sistema innovativo che Fibonacci affrontò nel suo testo si fondava su un problema alquanto insolito, che egli stesso pose, riguardo alla riproduzione da parte di una coppia di “conigli”. La tabella, in cui il matematico riportò ipoteticamente il numero dei conigli nati in un anno, mise in evidenza che in questa successione ciascun numero intero era il risultato della somma dei due che lo precedevano. In quei numeri, che progredivano in perfetto ordine, fu riscontrata una gamma di sorprendenti qualità e tra queste la principale riportava alla “proporzione aurea”. Infatti se proviamo a dividere un numero qualsiasi di quella sequenza per quello che lo precede, ci accorgiamo che il risultato tende sempre a 1,618 ed a infiniti numeri che seguono dopo. Il numero 1,618 già conosciuto presso Egiziani, Persiani, Greci, prese nomi diversi come “numero aureo”, “numero divino”, “sezione aurea”, “proporzione divina”, ma tutti riconducibili all’idea di un numero perfetto “divino” che apriva ad incredibili riferimenti fra il mondo della natura ed i mondi superiori dell’Universo. Questo numero “uno” seguito da un numero infinito di cifre 1,6180339887... - fu rappresentato dalla lettera “phi” che sembra provenire dalle iniziali dello scultore Fidia il quale usò il rapporto aureo per la costruzione del Partenone, il più celebre monumento dell’architettura ellenica. Il numero aureo, al quale Fibonacci si avvicinò introducendo il concetto di successione “ricorsiva”, è un numero che si presta ad infinite relazioni e proprietà e che ricorre in ogni tipo di manifestazione naturale ed artistica; sua caratteristica è l’ “irrazionalità”, cioè l’impossibilità 4 di conoscerne tutta la parte decimale e di poterlo ridurre ad un numero di stampa: è un numero infinito, inesauribile, capace di generare figure geometriche di grande bellezza, armonia e perfezione. Così quei numeri in sequenza progressiva di Fibonacci cominciarono a godere di una gamma incredibile di proprietà e si legarono intimamente alla “spirale logaritmica”, ovvero la traiettoria generata da un punto che ruota uniformemente intorno alla sua origine. Questo tipo di spirale è anche chiamata spirale “proporzionale” o spirale “meravigliosa”, perché ogni raggio vettore è più ampio del precedente, secondo un rapporto che si ripete costantemente in un crescendo che mantiene sempre lo stesso angolo di intersezione. Anche la Natura sembra prediligere i numeri di Fibonacci; li ritroviamo nelle spirali concentriche presenti nel fiore di girasole, nell’ordinamento delle foglie sul ramo, nel numero di petali di alcuni fiori e nella forma stessa delle foglie. In Natura esistono leggi che ripropongono modelli ideali di armonia e bellezza e che dimostrano l’esistenza nel cosmo di un “ordine” preciso. Quando si osserva ad esempio il disco di un girasole, si notano che i suoi semi sono disposti in piccole spirali che ruotano in direzione oraria ed antioraria, riproponendo lo schema di numeri consecutivi della successione di Fibonacci; stessa cosa per le brattee delle pigne che si dispongono in una serie di spirali che vanno verso l’interno ed altre che guardano verso l’esterno. Anche la disposizione delle foglie su di un fusto o su di un ramo manifesta l’esistenza di una chiara organizzazione: le foglie non crescono mai una sopra all’altra perché se così fosse si toglierebbero luce, ossigeno e pioggia. Inoltre, nella maggior parte delle piante ad alto fusto, le foglie si diramano da questo seguendo un movimento a spirale che mantiene costante l’angolo di divergenza tra una foglia e l’altra; stessa cosa per la disposizione dei rami di alcuni alberi. Le dimensioni di un albero 5 possono variare nel corso della sua vita, ma le proporzioni tra la sua altezza e la lunghezza dei rami rimangono immutabili; è per questa caratteristica che si possono riconoscere anche a distanza le specie, senza dover esaminare attentamente corteccia e foglie. Vi sono piante, come l’ “Achillea ptarmica”, la cui disposizione di rami e di foglie segue il modello della sequenza numerica di Fibonacci; stessa cosa la possiamo riscontrare nel numero dei petali di alcuni fiori come le Calla e (1 petalo), l’Euforbia (2 petali), il Trillium (3 petali), i Ranuncoli (5 petali), la Speronella (8 petali), la Calendula (8 petali) e ancora...: ritorna la stessa successione. Le corrispondenze tra il regno astratto dei numeri e la realtà che ci circonda offre una quantità di altre sorprendenti relazioni. Ad esempio gli insetti tracciano una spirale aurea mentre si muovono verso un punto luminoso perché, non riuscendo a vedere in maniera direttamente frontale, correggono costantemente la loro direzione in base al loro angolo di visuale e così compiono un cammino spiraliforme; sempre nel campo degli insetti è interessante notare che un verme, mentre si arrotola su se stesso, mantiene costante l’ampiezza delle sue spire. Gli uccelli rapaci delineano una traiettoria a volute quando si lanciano verso la preda; quelle parabole che compiono in aria servono a massimizzare la velocità ed a far sì che la loro testa rimanga ben dritta in modo da non perdere mai di vista la malcapitata vittima. La spirale aurea la osserviamo nelle corna del Capricorno, ma la possiamo trovare impressa anche sul guscio di una chiocciola o su conchiglie marine come il “Nautilus” alla cui particolare forma sembra influiscano i mulinelli 6 che si formano a pelo d’acqua. Un’altra applicazione della successione di Fibonacci la possiamo individuare nel nostro Sistema Solare. I pianeti più interni come Mercurio, Venere, Terra e Marte distano dal Sole secondo la sequenza del grande matematico; stessa cosa per quelli più esterni, come Saturno, Urano, Nettuno e Plutone, che distano da Giove con uguale progressione. In oltre alcuni ammassi stellari, come ad esempio la nostra Galassia Via Lattea, presentano dei bracci luminosi che partendo dal centro seguono lo stesso tracciato della spirale logaritmica. Tutti questi temi furono ampiamente approfonditi in epoca medievale grazie alla divulgazione del sistema numerico arabo promosso dal Fibonacci. In quel periodo storico la geometria divenne uno dei segni che meglio evidenziava la presenza di Dio nell’umanità. Questa scienza, insieme all’aritmetica, alla musica, all’astronomia-astrologia entrò a far parte delle Arti del quadrivio e a quelle del trivio che comprendevano la grammatica, la dialettica e la retorica. Le sette Arti Liberali, chiamate così perché erano arti alle quali solo i “liberi” potevano dedicarvisi, nel XII secolo vennero considerate di completamento alla Teologia e insegnate come discipline fondamentali all’interno delle scuole monastiche medievali. Nei monasteri si riscoprirono i testi di Cassiodoro e di Marziano Capella, risalenti al IV e V secolo, che trattavano delle Arti liberali e della loro lettura in veste allegorica. Grande considerazione ed apprezzamento fu riservato a Sant’Isidoro di Siviglia che nel suo “Etymologie” dedicò un intero capitolo alla matematica ed alla geometria dando definizioni precise su nozioni basilari 7 come cerchio, punto, linea, quadrato, triangolo, sfera, cubo, cono e cilindro. Sant’Isidoro aveva capito che i numeri e l’aritmetica erano necessari per l’interpretazione delle Sacre Scritture; quest’accostamento fu molto stimato per tutto il Medioevo e la testimonianza della stretta relazione tra la matematica e la simbologia numerica fu dimostrata dai numerosi scritti pervenuti ai giorni nostri. Il “mysteria numerorum” di cui in quell’epoca si trattava, conferiva alla numerologia una speciale sacralità; il numero veniva interpretato come “numero sacro”, carico di una profonda simbologia la cui conoscenza aveva la capacità di aprire a grandi comprensioni. I monaci, nel silenzio e nella preghiera, studiavano e trascrivevano le più importanti opere di matematica e di geometria arricchendosi di una sapienza che accomunava l’anima all’intero creato. Tra religione, filosofia e scienze non vi era separazione, ma stretta relazione; nei monasteri, nella stanza dello “scriptorium”, gli amanuensi effettuavano l’attività di copiatura di manoscritti greci e latini contribuendo fortemente allo sviluppo sapienziale di quell’epoca. La scrittura fu vista come la più alta delle attività manuali capace di conservare manoscritti e codici e così perpetuare un’antica conoscenza. Gli “scriptorium” stessi avevano un loro valore ed una loro sacralità e di solito venivano costruiti secondo le regole della proporzione aurea: ne è un tangibile esempio lo s c r i p t o r i u m d i Fo n t e Avellana nelle Marche, risalente alla seconda metà de l’XI secolo. La geometria tornò ad 8 essere la scienza basilare per lo svolgimento di tutte le altre discipline. La meccanica, l’astronomia, l’ottica, l’acustica, l’idraulica, l’architettura, la musica e la cartografia furono scienze apparentemente disparate, ma cariche di rispettive relazioni che troveranno la loro più approfondita espressione e divulgazione nel periodo rinascimentale. Quel numero d’oro, irrazionale e incalcolabile, diventerà nel Quattrocento e nel Cinquecento la “chiave mistica” dell’armonia e della bellezza che l’uomo, consapevolmente o inconsapevolmente, sempre ha ricercato e sempre ricercherà. In quell’epoca la spirale “meravigliosa”, simbolo di dinamica della vita che si eleva verso il cielo, sembrò segnare il giusto cammino dell’Umanità per innalzarsi verso la Sapienza Divina. ! " ! " ! " ! " “Scala a chiocciola” Musei Vaticani 9