Pensaci Giacomino

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Pensaci Giacomino
PENSACI GIACOMINO
La commedia, è ambientata in una «cittaduzza di provincia» Nel primo atto il settantenne
professor Agostino Toti, insegnante di storia naturale nel locale ginnasio, prima di ritirarsi in
pensione, ha deciso di prendere moglie per mettere fine alla sua lunga solitudine. Infatti per lui
l'unica compagnia è la propria ombra, ma precisa: «A casa, il sole non c'è, e non ho più con me
neanche la mia ombra». Se il magro stipendio di insegnante non gli ha consentito prima di
mantenere una famiglia, ora da vecchio vuole scegliersi una moglie giovane per obbligare il
governo a pagare la pensione non soltanto a lui per i pochi anni di vita che gli restano ma, dopo la
sua morte, anche alla moglie. L'attenzione del professor Toti cade su Lillina, sedicenne figlia del
bidello Cinquemani, il quale è onorato della scelta, senonché Lillina è stata sedotta da un ex
alunno del professore, Giacomino Delisi, un giovane «scioperato», e ora attende un figlio.
L'incresciosa circostanza sembra compromettere il progetto del vecchio; ma, poiché il bidello
scaccia la figlia disonorata, il professor Toti soccorre la ragazza accogliendola in casa sua.
Nel secondo atto il professore ha sposato Lillina ed è nato il bambino Ninì, su cui Toti riversa un
affetto di padre, anzi di nonno, dal momento che il padre naturale, Giacomino, frequenta
liberamente Lillina che potrà sposare quando sarà vedova. Intanto, per un'insperata eredità
lasciatagli dal fratello morto in Romania Agostino Toti è diventato ricco, ha depositato il denaro
nella Banca Agricola cittadina e come maggiore azionista ha potuto impiegarvi Giacomino. La
serenità regnerebbe nella particolare famiglia del professor Toti, se le malelingue del paese non la
insidiassero. Portavoce del pettegolezzo cittadino è il direttore del ginnasio, il cavalier Diana che
chiede a Toti di porre fine allo scandalo che investe l'istituzione scolastica, mettendosi finalmente
a riposo. Ma il professore non sente ragione e accetta «la guerra» con tutto il paese maldicente.
Un'altra ombra è venuta però a oscurare la felicità familiare. Lillina sta male perché da tre giorni
Giacomino non viene a trovarla. La sorella maggiore di Giacomino, Rosaria Delisi, bigotta e
bacchettona, «ha messo sossopra tutta la gente di chiesa sacerdote per sacerdote», per sottrarre il
fratello alla situazione irregolare. Il prete don Landolina si reca in casa del professore e con parole
melliflue gli chiede di rilasciare alla sorella di Giacomino - che è riuscita a convincere il fratello a
non frequentare più Lillina - un «piccolo attestato» sulla infondatezza di tutte le dicerie. Il
professore rassicura il sacerdote. Nel terzo atto Toti, con il piccolo Ninì per mano, si reca in casa
Delisi per mettere Giacomino di fronte alle sue responsabilità. Il giovane si lascia sfuggire di
essersi fidanzato; allora il vecchio «vacilla, come per una mazzata, sul capo» e per un momento
cede allo sconforto, ma poi lo ammonisce: «Io sono buono, ma appunto perché sono così buono,
se vedo la rovina d'una povera donna, la rovina tua, la rovina di questa creaturina innocente, io
divento capace di tutto! Pensaci, Giacomino!». E minaccia il giovane di farlo licenziare dalla
banca e di presentarsi con il bambino in casa della fidanzata, per scuoterne la coscienza.
Giacomino prova a protestare, ma il vecchio prende Ninì «e glielo appende al collo. Giacomino
non resiste più; lo abbraccia; lo bacia sulla testa» e, rivolto alla sorella, dice: «Non posso più
sciogliermi, Rosaria! Lasciami andare!». Al padre Landolina - che è presente alla scena e si
interpone gridando: «Giacomino, io credo...» - il professor Toti ribatte, zittendolo: «Che crede?
Lei neanche a Cristo crede!».