1 CARBONIA Se confrontiamo Carbonia con le

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1 CARBONIA Se confrontiamo Carbonia con le
CARBONIA
Se confrontiamo Carbonia con le altre città fondate negli anni Trenta, qui in
Sardegna Arborea e Fertilia e in continente quelle della bonifica pontina da
Littoria a Sabaudia ad Aprilia a Pontinia a Pomezia – salta agli occhi una evidente
diversità stilistica, e siccome un piano regolatore era allora il frutto di una
consapevole volontà artistica questa diversità è la vera traccia di chi l’ha
disegnato.
Il fatto è che i progettisti delle altre città ricorrono con competenza a tutte le strade
tematizzate che l’esperienza europea ha messo sul tappeto, e soprattutto alle strade
trionfali e ai boulevard, mentre a Carbonia neppure davanti alla chiesa o al suo
campanile è stata tracciata una strada che l’abbia come fondale, e forse nessuna
ha la giacitura appropriata di un boulevard.
Carbonia venne fondata nel 1937, quando – in seguito alle sanzioni decretate dalla
Società delle Nazioni nei confronti dell’Italia dopo la conquista dell’Abissinia –
Mussolini volle dipendere il meno possibile dal carbone straniero ricorrendo alle
risorse nazionali, la lignite della miniera di Arsia in Istria e quella, ancora
migliore, del Sulcis.
A guidare l’iniziativa istriana fu Guido Segre, inviato nel primo dopoguerra a
condurre il processo di rientegrazione nazionale di Trieste, appena ricongiunta
all’Italia, che volle affidare il piano di Arsia a Gustavo Pulitzer, un architetto
triestino molto noto per i suoi arredamenti navali, di raffinato gusto moderno, e
per le sue ville disinvoltamente eclettiche, di impronta talvolta quasi folkloristica,
talvolta déco e persino razionalista.
Pulitzer, nato negli ultimi decenni dell’Ottocento, aveva studiato e si era laureato
a Monaco di Baviera con Fischer - che in quegli anni aveva redatto il piano
regolatore della città seguendo i suggerimenti di Henrici, a sua volta seguace delle
teorie di Camillo Sitte e del suo libro pubblicato nel 1889 L’arte di costruire le
città - nella cui scuola già circolavano i progetti di Raymond Unwin per
Lechtworth, la città giardino inglese.
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Marienberg, progettata da Camillo Sitte nel 1903, e Welwyn, la seconda città
giardino inglese, progettata da Louis de Soissons nel 1920
E, quando cinquantenne progetterà Arsia, la sua cultura sarà poi ancora quella,
ridotta lì all’essenziale di due lunghe file sinuose di casette con al centro una
piazza doppia ma asimmetrica, la chiesa dall’altra parte della strada.
Arsia
Nei primi mesi del 1937 il progetto di Carbonia, nel medesimo stile, è in sostanza
costituito da un contrappunto di piazze tutte condizionate dal campanile, staccato
dalla chiesa e che, racconta la leggenda, il fondatore della città, Guido Segre,
abbia voluto simile a quello di Aquileia e isolato come quello di Venezia.
La piazza principale è formata da due rettangoli, il primo di fronte alla chiesa –
un delizioso edificio di ispirazione neoromanica con il suo chiostro all’antica –
aperto in successione in un altro, trasversale e più largo, sul quale si affacciano da
un lato il palazzo municipale e dall’altro il palazzo littorio, un singolarissimo
torrione rivestito di una severa trachite, accanto al teatro e al dopolavoro, tutti
disegnati da Pulitzer.
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La piazza principale con il palazzo municipale, la chiesa con il campanile, il
palazzo littorio e il teatro
Il succedersi di queste due piazze culmina - come a Welwyn ma anche come nella
vicina Fertilia - verso la maggiore ampiezza della passeggiata alberata, che ha
sullo sfondo l’albergo, una dotazione classica delle città nuove fin dal
Cinquecento ma qui destinato agli impiegati scapoli della miniera e progettato da
Eugenio Montuori con dovizia di marmi carraresi, oggi in rovina. Questa
sequenza progressivamente più ampia è stata disposta sulle pendici del colle
Rosmarino, su un poggio aperto come una terrazza sul paesaggio sottostante,
intenzionalmente libero e illimitato, oggi sottolineato dal giardino pubblico con il
monumento al minatore – il sofferente contributo del Sulcis alla grandezza della
nazione –, ai suoi tempi il giardino privato del direttore, la cui casa è ora il museo
archeologico.
La passeggiata con il fronte dell’albergo e verso il lato opposto
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Dietro all’abside della chiesa una seconda piazza avvia il contrappunto con una
terza piazza – questa volta di fianco alla chiesa – costituendo il filo di una
sequenza dove è stata tracciata, subito dopo, la strada principale della città con i
suoi portici e con i suoi negozi.
La sequenza della seconda e della terza piazza - verso la chiesa e verso la
strada principale - vista nella terza foto
Ed ecco, poco più in là e sempre nella sequenza di contrappunti instaurata
sull’abside della chiesa dal campanile, la piazza del mercato, circondata come
d’obbligo dai suoi portici, e dietro al modesto edificio moderno del mercato
coperto la piazza nazionale, con il monumento nel centro tutta dignitosamente
alberata e in parte porticata.
La piazza nazionale
La mancanza di quella prospettiva trionfale che era ormai, dopo il rilancio retorico
della continuità del nuovo impero fascista con l’antichità romana, quasi
d’obbligo - così marcata nel piano per l’E42, ereditato dall’Eur, ma anche nella
modestissima Fertilia - parve nell’ambiente degli architetti romani un vero
oltraggio, e dopo il prudente volontario esilio di Pulitzer dopo le leggi razziali del
1938, Valle e Guidi appronteranno subito una prospettiva a volo d’uccello per
attenuarla con un contrappunto monumentale alle piazze originarie.
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Il progetto dell’E42 e quello per l’ampliamento del centro di Carbonia
Rimasto questo piano monumentale sulla carta, la disinvolta mancanza di una
prospettiva trionfale dev’essere parsa comunque ai cittadini di Carbonia per
cinquant’anni insopportabile, sicché hanno deciso l’anno passato di promuovere la
costruzione di un nuovo palazzo – un poco più alto ma altrettanto tozzo della
torre littoria – con l’ambizione di promuovere a codesto ruolo di strada trionfale
una sequenza parallela a quella delle piazze dietro alla chiesa, ritmando in
lontananza la piazza nazionale e più da presso la strada principale, la passeggiata e
il recente teatro all’aperto, che sembra a sua volta voler concludere la piazza
principale definendone il limite.
La strada trionfale e il teatro all’aperto con la piazza principale sullo sfondo
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Pianta del centro tematizzata
Lo sguardo attento rinviene tuttavia anche altre tracce di un represso desiderio di
monumentalità, là dove viene sottolineato, con due quinte ad arcata di trachite,
l’inizio del solo vero boulevard della città, che dalla miniera e dalla relativa
stazione ferroviaria apre la salita al colle Rosmarino formando in seguito, con il
proseguimento della strada principale, l’unica vera croce di strade tematizzata
della città.
L’avvio del boulevard
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La croce di strade
Ma anche le strade di lottizzazione, spesso curve, serbano evidente la medesima
sinuosità di Arsia, e se nella veduta aerea dei suoi primi tempi sembrano soltanto
malinconici nastri di casette – ma erano poi case operaie raggruppate a quattro a
quattro con 500 metri quadri di orto per ciascuna - oggi sono popolate di ville e di
condomini e di alberi che sembrano davvero una città giardino.
Carbonia verso il 1938
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Le strade curve
A questo ritratto – la cui prima versione è stata pubblicata nel volume Piccole città, borghi e villaggi edito dal
Touring Club Italiano nel 2008 – ha collaborato Ludovico Milesi.
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