tecniche di apprendimento biografico transculturale (tbt)
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tecniche di apprendimento biografico transculturale (tbt)
510559-LLP-1-2010-1-IT-GRUNDTVIG-GMP www.realizeproject.eu TECNICHE DI APPRENDIMENTO BIOGRAFICO TRANSCULTURALE (TBT) Manuale Questo progetto è stato realizzato con il supporto della Commissione Europea. La pubblicazione riflette la sola prospettiva dell'autore e la commissione non può essere ritenuta responsabile di qualsiasi tipo di uso che si faccia delle informazioni contenute in essa. 1 Note Titolo: Tecniche di Apprendimento Biografico Transculturale. Manuale. Editori: I partner del progetto “REALIZE – TransculturalBiography Work for AdultEducation” – Un progetto Multilaterale Grundtvig 2010 - 2012 Marco Bono, corsista di Speha Fresia, Roma, Italia Elisabetta Cannova, coordinatrice progetto di Speha Fresia, Roma, Italia Fulvio Campa, Speha Fresia, Roma, Italia Manuela Carboni, Labor Transfer, Camorino, Svizzera Giorgio Comi, Labor Transfer, Camorino, Svizzera Francesca Di Nardo, SFAL, Lugano, Svizzera Leta Dromantiene, Università Mykolas Romeris, Vilnius, Lituania Andrea Gnaiger, FBI Centre, Innsbruck, Austria Hüseyin Gül, Università Süleyman Demirel University, Isparta, Turchia H. Eylem Kaya, Università Süleyman Demirel University, Isparta, Turchia Welly Marguerite Lottin, Griot, Roma, Italia Sarmite Mikulioniene, Università Mykolas Romeris University, Vilnius, Lituania Paolo Raimondi, Griot, Roma, Italia Elisabeth Reiter, Haus der Begegnung, Innsbruck, Austria Songül Sallan-Gül, Università Süleyman Demirel University, Isparta, Turchia Gabriela Schroffenegger, FBI Centre, Innsbruck, Austria Annemarie Schweighofer-Brauer, FBI Centre, Innsbruck, Austria Manuela Schweigkofler, Haus der Begegnung, Innsbruck, Austria Irena Zemaitaityte, Università Mykolas Romeris University, Vilnius, Lituania Rilettura a cura di: Veronica Sbordone e Margherita Paolini di Speha Fresia, Roma, Italia Pubblicato da: il partenariato di REALIZE, rappresentato dal capofila: Speha Fresia Società Cooperativa Piazza Fernando De Lucia,20 00139 Roma Italia Il Copyright dei contenuti del manuale rimane agli autori. Qualora si faccia riferimento al manuale, si prega di indicare il titolo + gli autori + la data + l’editore. Il Progetto REALIZE è stato finanziato dall’Unione Europea. Stampato in Austria, agosto 2012 2 CONTENUTI Pagina TECNICHE DI APPRENDIMENTO BIOGRAFICO TRANSCULTURALE (TBT) NELL’EDUCAZIONE DEGLI ADULTI: PREMESSA 6 Elisabetta Cannova CAPITOLO 1 “REALIZE – TRANSCULTURAL BIOGRAPHY WORK FOR ADULT EDUCATION”: DESCRIZIONE DEL PROGETTO 8 Annemarie Schweighofer-Brauer, Manuela Schweigkofler e Hüseyin Gül CAPITOLO 2 ESPERIENZE E RISULTATI SULLE TBT: DICHIARAZIONI DEI PARTNER DEL PROGETTO REALIZE 16 Paolo Raimondi, Welly Marguerite Lottin, Giorgio Comi, Manuela Carboni, Francesca Di Nardo, Hüseyin Gül, Songül Sallan-Gül, H. Eylem Kaya, Annemarie Schweighofer-Brauer, Elisabeth Reiter, Elisabetta Cannova e Fulvio Campa CAPITOLO 3 PREPARAZIONE DEI MODULI: COME APPLICARE LE TECNICHE DI APPRENDIMENTO BIOGRAFICO TRANSCULTURALE – METODI, ESERCIZI E SUSSIDI DIDATTICI 22 Annemarie Schweighofer-Brauer con il contributo dei partner di Progetto Realize CAPITOLO 4 ESEMPI DI PRATICHE ED ESERCIZI DI TBT DAI CORSI PILOTA 42 Elisabetta Cannova, Marco Bono, Manuela Carboni, Giorgio Comi, Leta Dromantiene, Francesca Di Nardo, Hüseyin Gül, Songül Sallan-Gül, H. Eylem Kaya, Welly Marguerite Lottin, Sarmite Mikulioniene, Paolo Raimondi, Elisabeth Reiter, Annemarie Schweighofer-Brauer, Manuela Schweigkofler e Irena Zemaitaityte 3 CAPITOLO 5 CHE COSA CONSIDERARE NEL LAVORO CON DIFFERENTI GRUPPI DI BENEFICIARI NEI DIVERSI PAESI 64 Paolo Raimondi, Welly Marguerite Lottin, Hüseyin Gül, Songül Sallan-Gül, H. Eylem Kaya, Annemarie Schweighofer-Brauer, Elisabeth Reiter, Manuela Schweigkofler, Irena Zemaitaityte, Sarmite Mikulioniene, Leta Dromantiene, Giorgio Comi, Manuela Carboni e Francesca Di Nardo CAPITOLO 6 PREOCCUPAZIONI E LIMITAZIONI DELL’APPROCCIO BIOGRAFICO TRANSCULTURALE E COME GESTIRLE 74 Hüseyin Gül con il contributo dei partner di Progetto Realize CAPITOLO 7 TECNICHE DI APPRENDIMENTO BIOGRAFICO TRANSCULTURALE (TBT): CONSIDERAZIONI DI BASE 77 Annemarie Schweighofer-Brauer con il contributo dei partner di Progetto Realize CAPITOLO 8 TRADIZIONE ORALE E STORIA ORALE 96 Annemarie Schweighofer-Brauer, Welly Marguerite Lottin, Paolo Raimondi, Manuela Schweigkofler, David Okello, Irena Zemaitaityte, SarmiteMikulioniene, Leta Dromantiene e H. Eylem Kaya APPENDICE 102 BIBLIOGRAFIA/SITOGRAFIA 111 4 LISTA DELLE TAVOLE Pagina Tavola 3.1. Panoramica di metodi e tecniche biografici 37 Tavola 4.1. Fac-simile di un corso 1) 42 Tavola 4.2. Fac-simile di un corso 2) 44 5 TECNICHE DI APPRENDIMENTO BIOGRAFICO TRANSCULTURALE (TBT) NELL’EDUCAZIONE DEGLI ADULTI: PREMESSA Elisabetta Cannova Coordinatrice di progetto Speha Fresia “Fare” educazione con gli adulti richiede una forte coerenza di approcci e pratiche con gli assunti dichiarati rispetto a ciò che vengono considerati “buoni processi di apprendimento”, generalmente accettati dalla comunità educativa: olistici, situati e centrati su chi apprende, pro-attivi e flessibili (modulari e in grado di impiegare differenti metodi in differenti ambienti). Le Tecniche di Apprendimento Biografico Transculturale mirano ad approfondire concetti e pratiche di questi orientamenti, per far emergere anche: La valorizzazione delle conoscenze e delle abilità precedentemente acquisite contrapposta ad un’attenzione verso le “mancanze” di conoscenze e capacità, al fine di coprire il differenziale e raggiungere i risultati educativi attesi. In qualità di insegnanti, formatori, tutor o di orientatori, siamo consapevoli dell’importanza per i nostri gruppi di utenti di prendere coscienza del differenziale tra le loro conoscenze e competenze e gli obiettivi che si propongono di traguardare. Siamo però convinti che il modo di raggiungere questa consapevolezza può giocare un ruolo formidabile nel motivare e rafforzare gli individui, supportandoli nel loro processo decisionale. In questo ambito, la regola d’oro per gli educatori dovrebbe essere “il non sostituirsi al ruolo dell’utente nella presa di decisioni”. Ma in alcuni contesti questa regola non è sempre rispettata, principalmente nell’istruzione formale, dove ancora prevale un trasferimento della conoscenza con modalità tipicamente top-down. L’implementazione di processi di valutazione qualitativi, centrati sull’autovalutazione in contrapposizione a metodi e strumenti di valutazione quantitativa e orientati all’etero valutazione. Nonostante il focus qualitativo sia fondamentale nei percorsi di empowerment individuali, probabilmente risulta debole rispetto agli standard richiesti dal Quadro Europeo delle Qualificazioni. Questa criticità potrebbe rappresentare l’argomento chiave di un successivo approfondimento progettuale. La promozione di apprendimenti auto-gestiti, creando, come agenzie educative, le migliori condizioni di contesto per facilitare ulteriori esperienze educative, incoraggiando la mobilità e l’apprendimento esperienziale, applicando approcci tra pari, lavorando in rete con il coinvolgimento della comunità. In questo contesto gli educatori degli adulti dovrebbero giocare differenti ruoli, scegliendone uno oppure cambiando differenti cappelli, in funzione delle differenti situazioni formative: facilitatore, coach, counsellor, formatore, consulente, mentore … Alla domanda “Che cosa insegnate con le TBT”, l’unica risposta possibile è “non insegniamo niente”, vogliamo far riaffiorare i ricordi e la memoria e attraverso questi prefigurare le direzioni future. Cerchiamo di esplorare e condividere 6 con i discenti adulti il nostro potenziale, includendo noi stessi facilitatori, come parte integrante del gruppo. E come parte del consorzio umano, la prospettiva transculturale può essere l’unica possibile direzione per promuovere un apprendimento trasformativo. Un’educazione inclusiva rappresenta l’humus vitale per la coesione sociale. Accogliere le nuove culture e rafforzare la comprensione reciproca può aiutarci a favorire il rispetto, a liberare nuove energie e a facilitare la realizzazione di pari opportunità per tutte e tutti. Il partenariato di REALIZE spera che sarete stimolati ad applicare queste pratiche, impiegando gli esempi presentati in questo manuale, e soprattutto ad arricchirli con la vostra esperienza e creatività nell’adattare le TBT nel vostro contesto educativo. Buona lettura del manuale e visitateci al sito http://www.realizeproject.eu. 7 CAPITOLO 1 “REALIZE” - TECNICHE DI APPRENDIMENTO BIOGRAFICO IN AMBITO TRANSCULTURALE NELL’EDUCAZIONE PER ADULTI: DESCRIZIONE DEL PROGETTO di Annemarie Schweighofer-Brauer, Manuela Schweigkofler e Hüsseyin Gül Come si incontrano il Programma Grundtvig, il progetto Realize e l’approccio TBT Dal 2010 al 2012 il progetto Realize è stato impegnato nell’applicare le Tecniche Biografiche Transculturali (TBT) in vari contesti con differenti partecipanti, con bisogni e provenienze diverse, allo scopo di esplorare e mettere in pratica le varie tecniche e di valutarne l’efficacia. Un altro scopo è stato quello di elaborare ulteriormente il metodo TBT. Quando lo si usa nell’educazione degli adulti, esso incoraggia i partecipanti a trovare soluzioni personali all’apprendimento ed altre questioni prese in considerazione. Esso stimola a imparare attraverso una riflessione sulle proprie esperienze e a definire nuove prospettive mediante uno scambio biografico con gli altri. Il progetto REALIZE è un progetto Multilaterale Grundtvig ed è stato finanziato dall’Unione Europea, nell’ambito del Programma Lifelong Learning. Il TBT è coerente con l’ispirazione primaria del programma Grundtvig in quanto può aiutare le persone a sviluppare una consapevolezza di fronte all’apprendimento e al continuo sviluppo personale, e ad acquisire l’autostima necessaria a raggiungere nuove capacità nella vita sociale e nel lavoro. Il programma Grundtvig prende il nome dal teologo, filosofo, politico e pedagogo danese Nikolai Frederik Severin Grundtvig (1783-1872). Egli ideò la scuola secondaria popolare sulla base dell’auto organizzazione pedagogica, partendo dalle domande che gli studenti stessi ponevano all’insegnante. Ha così ridisegnato il rapporto tra insegnante e studenti basato su uno scambio reale e non su un rapporto gerarchico. TBT si pone proprio in questa tradizione di empowerment e di apprendimento responsabile e democratico. Abbiamo scelto di chiamare il nostro progetto con l’acronimo di Realize per due significati che questa parola contiene e che caratterizzano anche la nostra proposta. Realize significa diventare consapevoli di qualcosa, cioè di comprenderla meglio di prima. Le persone che esercitano una riflessione biografica imparano a conoscere meglio i sentimenti, i pensieri e le immagini racchiusi nella loro memoria. Il corpo ricorda, le emozioni sono risvegliate e i pensieri riattivati. Viene quindi alla superficie qualcosa che può essere integrato nella propria concezione di sé per ulteriori riflessioni e per arricchire l’arte di vivere. Contemporaneamente Realize si riferisce alla realizzazione di un progetto, trasformando un’idea nella realtà. La consapevolezza biografica, insieme ad una nuova raccolta e ad una valutazione dei ricordi, può aiutare a migliorare la situazione presente e ad approfondire la conoscenza del proprio mondo interiore. 8 I partner del progetto Sette organizzazioni provenienti da cinque paesi europei fanno parte del partenariato di Realize. Alcuni partner avevano in precedenza collaborato nel Partenariato di Apprendimento Grundtvig “PASS - Influence on personal access to education for people with migrant background” basato sul metodo delle interviste biografiche. Le interviste avevano fornito una conoscenza più precisa su cosa favorisce o impedisce l’accesso all’educazione. Il passo seguente è stato quello di elaborare in un nuovo progetto il TBT come metodo di empowerment nell’educazione degli adulti. I partner di Realize sono: la cooperativa Speha-Fresia e l’Associazione Interculturale Griot di Roma; l’Università Süleyiman Demirel di Sparta, Turchia; l’Haus der Begegnung e FBI Centre (in tedesco: Institut für gesellschaftswissenschaftliche Forschung, Bildung und Information) di Innsbruck, Austria; l’Università Mykolas Romeris di Vilnius, Lituania, e come partner silente la Federazione Svizzera per l’Educazione degli Adulti di Lugano in collaborazione con Labor Transfer SA di Camerina nel Cantone Ticino, Svizzera. Speha Fresia è una cooperativa che opera dal 1983 nei settori delle politiche del mercato del lavoro, dello sviluppo locale e della ricerca. Dal 1986 ha intrapreso delle attività di sostegno e di formazione per aiutare persone svantaggiate nell’accesso all’occupazione in collaborazione con enti pubblici e privati, attraverso interventi di orientamento e formazione. L’organizzazione è certificata UNI EN ISO 9001:2000 per quanto riguarda i servizi di sostegno e di orientamento, lo sviluppo locale, le misure di sostegno a gruppi svantaggiati, la ricerca sociale, la formazione continua e l’educazione degli adulti. È un centro di formazione accreditato (Regioni Lazio e Sicilia) ed è registrata nell’Albo del Ministero del Lavoro e del Welfare per svolgere attività con i migranti e nell’Albo del Ministero per le Pari Opportunità per la lotta contro ogni forma di discriminazione. Ha condotto molte attività didattiche utilizzando il metodo autobiografico e ha sperimentato questa metodologia, anche con migranti, in ricerche basate sulle storie di vita. L’Associazione Interculturale Griot A.I.G. è una organizzazione non profit fondata a Roma nel 1999 da migranti e cittadini italiani con il fine di promuovere l’integrazione dei migranti in Italia. Conduce attività nelle scuole di Roma e nelle città della Regione per il dialogo interculturale, il mantenimento delle culture e delle tradizioni dei paesi di origine dei migranti e per aiutarli nei processi di educazione e di soluzione di problematiche della vita quotidiana. È registrata nell’Albo delle Associazioni del Comune di Roma, della Regione Lazio e del Ministero per la Solidarietà Sociale. Dal 2006 ha creato a Roma uno Sportello Informativo per i migranti. Ha organizzato campi estivi per i bambini di famiglie migranti e lavora su problematiche sociali e umane, come il razzismo, i senzatetto, i rifugiati, il dialogo religioso, i diritti civili, la cittadinanza per i migranti e nella lotta contro l’infibulazione. L’Università Süleyiman Demirel (SDU) è una conosciuta università pubblica della regione mediterranea della Turchia. È la più grande tra le varie università create nel 1992 con tre scuole superiori con corsi di studio della durata di 4 anni, 6 istituti, 40 centri di ricerca, 20 strutture con corsi biennali di perfezionamento e 17 facoltà. L’università ha 50.000 studenti ed è anche il centro regionale della ricerca, dell’educazione e di altri servizi didattici. Ha stabilito collaborazioni con molte università mondiali, in particolare con quelle dei paesi dell’Unione Europea. I rapporti 9 internazionali e la mutua cooperazione sono aumentati in modo significativo. L’università coordina alcuni istituti di ricerca come il Centro per l’Apprendimento Permanente,il Village Institute e il Centro per Ricerca Educativa e quello per gli Studi di Ricerca delle Donne. Il Centro FBI (in tedesco: Institut für Forschunggesellschaftswissenschaftliche, Bildungund Information) è un istituto di ricerca indipendente, non universitario, basato sulla buona pratica dei “science shop”. È nato come un science shop, con particolare attenzione per l'attività di mediazione tra la società civile e l'università. A causa dei cambiamenti nel corso del tempo (ad esempio, le risorse 'attività di mediazione; trasformazione dal trasferimento di conoscenzerispondendo alle richieste in un tempo relativamente breve - alla ricerca che richiede un esame più approfondito) e delle mutate le esigenze del cliente, il concetto è stato riadattato. Ora FBI si concentra sulla realizzazione di progetti di ricerca, l'applicazione di metodi qualitativi, in particolare la ricerca biografica incentrata sulle questioni di genere e di gruppi sociali marginalizzati, e sul renderei risultati accessibili colmando il divario tra scienza e società civile attraverso le pubblicazioni(come opuscoli) e corsi educativi per adulti e seminari. Nell’educazione degli adulti applica metodi innovativi come il lavoro Biografico e lo Scenario Workshop. Haus der Begegnung è un centro di formazione per l'educazione degli adulti appartenente alla Chiesa cattolica d'Austria. È specializzata in quattro aree principali: il lavoro e l'economia, la politica sociale, l’ecologia e il dialogo interreligioso e interculturale. Strutturalmente è stato istituito un dipartimento speciale per ciascuno di queste quattro aree. Un membro del personale laureato ha il compito di ricercare argomenti corrispondenti con un approccio orientato ai bisogni, di pianificare l'offerta formativa e di curare la realizzazione dei corsi. Il dipartimento del dialogo interculturale e interreligioso è specializzato nell'organizzazione di un programma di educazione per i migranti e per i promotori che lavorano nei settori dell'istruzione, della promozione della salute, del benessere e del lavoro e che vogliono migliorare le loro competenze in ambito interculturale e interreligioso. In particolare, il programma si concentra sulla comunicazione interculturale, la legislazione e le politiche sull'immigrazione, gli incontri interculturali e interreligiosi, i corsi di formazione, la creazione di reti di migranti e la promozione etnica e culturale. L’Università Mykolas Romeris (MRU) è una struttura moderna, dinamica ed è la seconda università più grande in Lituania, con oltre 21.000 studenti che studiano materie, come: economia, scienza, legge, business management e pubblica amministrazione, scienze politiche, psicologia, educazione, sociologia e lavoro sociale. MRU è impegnata ad alimentare e fornire istruzione e ricerca di qualità elevata, in linea con il processo di Bologna, al fine di preparare i futuri dirigenti e imprenditori. La Facoltà di politica sociale prepara professionisti per il settore dei servizi sociali. Oltre a studi di carattere generale quali la formazione teorica, metodologica e pratica nel lavoro sociale, psicologia, pedagogia, sociologia e studi legali, gli studenti hanno anche la possibilità di migliorare le loro competenze in campi come la politica sociale, i servizi sociali, lo sviluppo demografico e l'economia. La Facoltà di politica sociale è partner in diversi progetti internazionali che sono legati alle tematiche del lavoro sociale, della politica sociale e del servizio sociale. La Federazione Svizzera per l’Educazione degli Adulti (SFAL/SVEB) è l’unione nazionale che raccoglie differenti organizzazioni che in Svizzera lavorano nei settori dell’educazione generale e professionale degli adulti. Essa ha un centro operativo a Zurigo (Svizzera tedesca), a Losanna (Svizzera francese) e a Lugano (Svizzera italiana). Raccoglie più di 500 tra enti pubblici e privati impegnati nell’educazione degli adulti, associazioni, rappresentanti dei Cantoni responsabili dell’educazione degli adulti, dipartimenti educativi e responsabili delle risorse umane di grandi industrie e anche singoli individui impegnati nell’educazione degli adulti. 10 In Svizzera la SFAL promuove un sistema educativo degli adulti sostenibile e lavora per incrementare la consapevolezza dell’importanza di simili iniziative. Essa crea anche una cooperazione e un sistema di reti fra le organizzazioni impegnate nell’educazione degli adulti attraverso progetti nazionali e internazionali, conferenze e seminari d’informazione. La SFAL organizza ogni anno la settimana svizzera dell’educazione degli adulti. Ha anche sviluppato e guida un sistema professionale per “preparare i formatori” e una certificazione di qualità per i docenti dell’educazione degli adulti (eduQua). Entrambi i sistemi sono le colonne portanti dell’attuale sistema educativo degli adulti. Partecipa anche a progetti educativi nazionali e internazionali per lavoratori senza un’adeguata qualifica, adulti senza una qualifica di base, migranti, donne e anziani. Queste attività sostengono il miglioramento dell’apprendimento di persone con bassa qualifica o marginalizzate, lavorando per una politica di educazione degli adulti, per una loro professionalizzazione, e per far crescere la consapevolezza della loro importanza. La SFAL può contare su una vasta rete di contatti che le permette di sviluppare e condurre ricerche e di disseminare i risultati dei progetti fatti in tutta la Svizzera. Ha anche contatti operativi con professionisti, ricercatori, operatori nel campo dell’educazione degli adulti. Lavora con le PMI che intendono contribuire con le loro esperienze a progetti dedicati all’educazione degli adulti e alla preparazione professionale. Per questa ragione, uno dei suoi obiettivi più importanti nel progetto Realize è quello di conoscere differenti approcci e strategie che operatori dell’educazione degli adulti potrebbero adottare con persone di età superiore ai 50 anni. La SFAL intende anche sottolineare l’importanza dell’educazione permanente nella terza età per evitare l’esclusione sociale e promuovere una più attiva terza età. Nel progetto Realize, SFAL collabora con Labor Transfer SA, un ente operante nella Svizzera italiana. Labor Transfer è il partner di riferimento per i programmi di apprendimento degli adulti, in particolare in contesti di transizione. Collabora con le più importanti agenzie del territorio impegnate nei processi di integrazione e nella lotta alla disoccupazione. Grazie anche a una vasta conoscenza e all’esperienza maturata attraverso la collaborazione con le maggiori aziende svizzere, Labor Transfer propone soluzioni a questioni riguardanti la gestione dei progetti e i processi aziendali di organizzazione, di leadership e di comunicazione. Labor Transfer progetta, sviluppa e organizza corsi aperti al pubblico, applica il modello del “Business Performance Management” e lavora per un continuo miglioramento secondo le direttive dell’European Foundation for Quality Management. Il contenuto del manuale Questo manuale rappresenta uno dei principali risultati del progetto Realize. Fornisce un’assistenza pratica per futuri lavori con il TBT, elaborata sulla base dell’esperienza dei vari partner del progetto fatta in cinque paesi europei con differenti gruppi di beneficiari. Di conseguenza non si tratta soltanto di un tipo ideale di TBT, ma presentiamo una serie concreta di esercizi, tecniche e metodi riadattati per differenti contesti. 11 All’inizio del progetto abbiamo elaborato un approccio concettuale. Il punto essenziale era quello di collegare il Lavoro Biografico con la transculturalità proprio per studiare il potenziale transculturale sia nell’analisi di sé sia nel lavoro di gruppo. Ci siamo basati sul concetto di transculturalità di Wolfgang Welsch e sull’approccio biografico di Peter Alheit (i riferimenti bibliografici per Welsch e Alheit sono riportati alla fine del manuale). Nel Capitolo 7 abbiamo descritto i contenuti, le potenzialità e gli scopi del TBT. Di seguito abbiamo definito la metodologia TBT da usarsi per i corsi pilota con studenti ed esperti che lavorano con migranti in differenti campi professionali. Questa parte è raccolta nel Capitolo 3. Gli esercizi del TBT sono stati poi testati con i futuri formatori dei corsi pilota Realize in uno speciale seminario per istruttori svolto nel giugno 2011 ad Antalya in Turchia. Nei mesi seguenti abbiamo organizzato 5 corsi pilota con differenti gruppi di beneficiari in Italia, Turchia, Austria, Lituania e Svizzera. Essi sono stati organizzati in due parti di due giorni ciascuno con un intervallo di alcune settimane tra di loro. Alcuni tra i più rappresentativi esercizi di ciascun corso sono riportati nel Capitolo 4. I gruppi di beneficiari sono stati diversi: studenti di differenti livelli di studio all’Università Suleyiman Demirel in Turchia; studenti di scienze sociali e operatori sociali all’Università Mykolas Romeris in Lituania; leader e membri attivi di organizzazioni di migranti a Roma; educatori, preparatori e insegnanti in Svizzera; specialisti d terapia psicologica, assistenti sociali, preparatori ed insegnanti in Austria. Gli esercizi utilizzati nei corsi pilota miravano ad aiutare in futuro i migranti a rafforzare la propria identità. Noi sosteniamo che un’identità sicura e stabile aiuta a realizzare le proprie aspirazioni e garantisce un migliore accesso all’istruzione, alla qualificazione professionale, al mercato del lavoro, ai servizi pubblici, ad una cittadinanza attiva e ad una partecipazione culturale. Il Capitolo 5 riguarda le nostre esperienze più rilevanti e i risultati ottenuti nel lavoro di adattamento del TBT alle varie realtà. Ogni metodo deve essere efficace sia in ambienti differenti sia con gruppi di lavoro diversi. Occorre però essere consapevoli delle sue debolezze, sfide e limiti. Le questioni relative a quando e a dove usare il metodo TBT e i suoi limiti, emersi nei corsi pilota condotti nei differenti paesi e discussi dai partner e dai partecipanti ai corsi, sono presentati nel Capitolo 6. Nello stesso Capitolo sono anche riportati dei suggerimenti utili su come affrontare tali aspetti. Il Capitolo 8 raccoglie esempi sulla tradizione dei cantastorie, i precursori dell’approccio TBT, e sugli sviluppi più recenti della ricerca biografica in Turchia e in Lituania. L’Appendice, infine, elenca gli studi e i siti internet più utili per approfondire le tecniche biografiche transculturali. Abbiamo anche sviluppato congiuntamente una pagina web (www.realizeproject.eu) al fine di far meglio conoscere il progetto e i partner e per iniziare uno scambio di informazioni e di valutazioni sul metodo TBT. Abbiamo presentato gli sviluppi e i risultati del progetto a un pubblico più vasto con articoli su alcuni giornali quotidiani e riviste specializzate, con interviste su Tv regionali, presentazioni in conferenze pubbliche, con la nostra conferenza di Vilnius e nell’evento finale di Innsbruck. Abbiamo inoltre preparato questo manuale che raccoglie e mette a disposizione per eventuali futuri impieghi tutti i risultati più importanti del progetto Realize. 12 Nel Capitolo 3 abbiamo anche presentato il nostro apprezzamento per il TBT e riportato nel Capitolo 9 altri approcci simili al TBT. L’appendice contiene altri utili riferimenti per letture e approfondimenti. TBT, una breve introduzione Questo manuale è dedicato al Lavoro Biografico in ambito transculturale, in breve TBT. Nei prossimi capitoli presenteremo la metodologia, le fondamenta teoriche e anche degli esercizi concreti. Questo capitolo introduttivo si limiterà a dare una sintetica presentazione. Il Lavoro Biografico Il lavoro biografico intende sviluppare un concetto positivo del sé e aiutare i partecipanti ad allargare l’orizzonte di possibili scelte, attuali e future. Incoraggia positivamente i processi comportamentali e decisionali e rafforza le visioni. Esso invita i partecipanti a raccontare le proprie storie di vita attraverso i ricordi e a riscoprire le potenzialità biografiche per indirizzare la propria vita presente e futura. Qualsiasi metodo creativo può essere utilizzato per evocare i ricordi. Nell’educazione degli adulti il Lavoro Biografico è orientato alla scoperta di risorse e capacità nascoste, ma può anche essere utile per superare blocchi nel pensiero, nei sentimenti e nell’azione. Attraverso di esso le persone possono riscoprire come hanno affrontato situazioni difficili nella loro vita. “Come ho affrontato nel passato questa mia situazione attuale? Come lo hanno affrontato altri membri della mia famiglia o altre persone con cui sto condividendo i ricordi?” Aiuta a trovare maggiore consapevolezza e desiderio di realizzazione tra coloro che, per mancanza di spazio, tempo e mezzi di autodeterminazione, si trova marginalizzato. Il TBT aiuta a ritrovare l’autostima e la consapevolezza delle proprie potenzialità. Lavorando in gruppo con il metodo biografico i partecipanti sperimentano ottimismo e vitalità. Una condizione personale positiva crea le motivazioni per apprendere e per guardare al futuro con fiducia. Prepara anche alla carriera educativa e professionale. Il TBT insegna a scoprire competenze chiave per bilanciare un soddisfacente processo di studio e di lavoro. I partecipanti ai corsi riscoprono di essere utili alla società. Il TBT rallenta il ritmo della vita. Richiede spazio e tempo per rendere possibili processi inaspettati di apprendimento e di trasformazione. È orientato verso processi di realizzazione. I fini sono indicati, ma, se emergono risultati inaspettati, essi sono i più apprezzati. L’approccio biografico è già in uso in molti campi professionali come quello dell’assistenza, della cura degli anziani, nel lavoro sociale, nel lavoro di sostegno per le adozioni, nell’educazione degli adulti, nella terapia e nel lavoro di coaching/counselling. Siamo convinti che ci siano molti altri campi dove il metodo si può applicare proficuamente. Il Lavoro Biografico rafforza l’attitudine a cercare di conoscere gli altri, le loro realtà, le ragioni per le loro decisioni e le loro storie di vita. Si scopre quanto educativo e istruttivo sia parlare con gli altri in modo biografico, ascoltare le storie di vita degli altri, paragonarle, imparare dagli altri e ispirarsi 13 l’un l’altro. Le storie biografiche fanno capire come una persona si è evoluta, perché esprime certe opinioni, come porta avanti le sue idee e i suoi punti di vista e perché reagisce in un dato modo in determinate circostanze. La comprensione reciproca cresce. Questa pratica concreta amplifica l’orizzonte delle persone, la loro capacità di comprendere altra gente non conosciuta (ma anche chi ci è già familiare). Come combinare il Lavoro Biografico con la transculturalità Cultura è un termine con molti significati come già discusso in antropologia e in altri studi culturali. Nel nostro caso definiamo cultura il modo in cui le persone creano, organizzano, esprimono, ma anche pensano, verbalizzano e concepiscono la propria vita: come creare una comprensione comune da condividere con gli altri. Seguendo gli insegnamenti di Wolfgang Welsch, transculturale vuol dire che le culture sono in continuo cambiamento, si mischiano tra di loro e si influenzano l’un l’altra. Non sono cose fisse ma interconnesse. Tutte le comunità umane definite come “culture” hanno attraversato un lungo processo di trasformazione che continuano ancor oggi. La cultura non è una cosa ma qualcosa che le persone imparano, fanno, trasformano, sperimentano e condividono. Per cui il termine “fare cultura” è appropriato. Le persone creano se stesse culturalmente. Essere parte di un ambiente vuol dire familiarizzare con quello che le persone che ti circondano pensano, sentono, fanno. Vuol dire definire il modo di pensare, agire e sentire; vuol dire essere condotti verso pensieri, emozioni e azioni. Questo è “fare cultura” cosi come “fare genere”, cioè essere “costretti” a decidere per se stessi allo stesso tempo. Quando le persone con differenti background (“culturali”) si incontrano, si influenzano a vicenda e qualcosa cambia. Ritirarsi a causa di “argomenti culturali” oppure definirsi come parti di particolari “culture” vuol dire costruire queste culture mentalmente, emotivamente e anche materialmente. L’aspetto transculturale del Lavoro Biografico Il TBT si concentra sui seguenti aspetti: Esplorare lo straniero che è in noi, per capire meglio quello che si prova come straniero al di fuori di se stessi. - Identificare e apprezzare i talenti e le capacità personali conosciuti vivendo in differenti contesti culturali. I contesti transculturali possono essere colmi di domande contraddittorie. Vivere una vita transculturale sfida gli individui a sviluppare una stabile base psichica e mentale per essere capaci di prendere le decisioni, di selezionare i criteri e i modi dinamici per interpretare le percezioni e le esperienze, per bilanciare le differenze e le contraddizioni. - Capire come le esperienze di migrante influenzano la propria vita o quella delle persone con cui si collabora. Identificare cosa è necessario per vivere una vita lontano dalla propria famiglia e cosa è necessario per l’integrazione personale quando si vivono esperienze e sollecitazioni contraddittorie. - Stimolare e sviluppare i processi di mutua comprensione fra la gente che si considera parte di culture differenti. Creare una “terza cultura comune”, “fare cultura” attraverso la comunicazione transculturale. L’analisi di se stessi in modo biografico transculturale porta a un cambiamento qualitativo che ha la potenzialità di modificare il modo di pensare. Un fattore importante in tale cambiamento è il - 14 riconoscimento che, prescindendo dalla cultura, dal genere e dall’età, gli esseri umani sono simili rispetto ai loro bisogni primari, alle loro reazioni e ai loro comportamenti emotivi. Una mente transculturale e una pratica transculturale in sé non negano le differenze, ma aumentano la possibilità di una comprensione reciproca. Confrontare le altre persone come “di fatto simili” crea una percezione e una riflessione differenti sul proprio comportamento e su quello degli altri e stimola modi di pensare e di comportamento differenti rispetto a quando si vedono gli altri come “di fatto estranei”. TBT intende attivare i processi di comunicazione, di mutua comprensione e di apprendimento stimolando una comunicazione comprensiva tra persone di differenti origini. TBT aiuta a esprimere se stessi, a riscoprire e condividere i ricordi, a entrare in dialogo con gli altri e a comprendere le dipendenze e le differenze alla base di un rispetto reciproco. Il TBT invita a vedere le esperienze particolari delle persone, partendo dai loro orizzonti di esperienza e di comprensione. Il Lavoro Biografico aiuta a superare fraintendimenti e stereotipi fra le persone. Attraverso il TBT si iniziano processi di comunicazione per raggiungere una mutua comprensione delle esperienze e delle motivazioni. La comunicazione transculturale può quindi essere praticata e sperimentata su queste basi come un sistema comunicativo che presuppone consapevolmente il contatto, il rapporto, la similarità e il grado di differenza degli esseri umani piuttosto che la separazione e le diversità insuperabili. La consapevolezza biografica transculturale fa aumentare l’autostima e allo stesso tempo rafforza la conoscenza dell’interdipendenza umana e della reciproca influenza. Rende più chiaro come la libertà di creare questa interdipendenza cresce quando la si riconosce. Vivere vuol dire apprendere affrontando nuove situazioni, nuove persone, nuove reti culturali e nuove età. Apprendere vuol dire trasformare. 15 CAPITOLO 2 ESPERIENZE E RISULTATI ATTRAVERSO LE TBT: DICHIARAZIONI DEI PARTNER DEL PROGETTO REALIZE Essere parte di una vita sociale più ampia di Paolo Raimondi e Welly Marguerite Lottin, Griot L’associazione Griot lavora per lo più con migranti provenienti dall’Africa o da altri continenti. Queste persone portano con sé una cultura molo diversa, spesso completamente diversa, da quella del paese di accoglienza. Dalla sua esperienza, Griot è giunta alla conclusione che è necessario agire per evitare che queste persone si chiudano in se stesse, come in un ghetto culturale: poiché non si sentono accettate dagli abitanti locali, alcune di loro tendono a formare piccoli gruppi composti da persone con stesse origini e provenienze. Tutto ciò rallenta il processo di integrazione e l’apprendimento della lingua nazionale. Per Griot, le TBT sono importanti perché aiutano i migranti ad aprirsi agli altri, a narrare la propria storia personale e i ricordi passati: questo li aiuta a superare i tabù e la paura culturale dell’altro, a scoprire impensabili punti in comune e, in questo modo, a capire meglio se stessi. Le TBT possono essere usate inizialmente per promuovere una riflessione sociale solo all’interno di una comunità specifica di migranti, per poi aprire il processo anche ad altre differenti comunità, compresa quella locale. Questo crea un senso di appartenenza e di comunità in una vita sociale nuova e più ampia. Per Griot, l’uso delle TBT è il modo più naturale per scoprire le storie di vita e il bagaglio culturale dei migranti con i quali lavora. Perché le TBT di Giorgio Comi e Manuela Carboni, Labor Transfer; e Francesca Di Nardo, Federazione Svizzera per l’Educazione Permanente L’introduzione delle TBT nel processo di apprendimento favorisce l’aggiornamento e l’integrazione dei percorsi professionali. Infatti, i partecipanti hanno la possibilità di ritornare al passato con la mente, a momenti significativi della loro esistenza, per identificare situazioni in cui essi hanno appreso, costruito, elaborato una nuova conoscenza o abilità. La valorizzazione dello scambio orale di questi momenti autobiografici favorisce la crescita della propria stima e il riconoscimento di caratteristiche specifiche ed esperienze rilevanti nelle altre persone. Le TBT sono usate anche nella formazione dei docenti/formatori. In questo contesto, noi proponiamo lo stesso percorso formativo, anche se con l’aggiunta di due cicli di apprendimento: quello meta-riflessivo e quello del trasferimento. Per gli insegnanti e gli operatori sociali, la strategia delle TBT è utile per acquisire elementi importanti su come noi consideriamo l’altro, sulle nostre modalità di apprendimento, sul nostro processo decisionale e di insegnamento. Il risultato sarà un consolidamento delle competenze nel campo della formazione in generale. Un passaggio importante nella formazione dei formatori è il trasferimento delle tecniche di ricerca che possono essere applicate in contesti specifici di lavoro, con i bambini o i più giovani, con gli adulti in uscita 16 dal mercato del lavoro, con le famiglie di migranti, con gli operatori sociali, culturali e amministrativi che lavorano nel contesto territoriale. Il nostro modello di formazione offre situazioni concrete per facilitare la riflessione personale e lo scambio tra i partecipanti. Esso è anche applicato a un ciclo di formazione con le TBT che è garanzia della qualità dell’educazione dei più giovani e degli adulti, e che può essere applicato in corsi specifici o da specifici formatori. Nel caso delle TBT prendiamo in considerazione quattro azioni necessarie per il processo di apprendimento: notare, trasformare, dirigere e creare (Reggio, 2010). L’uso di queste quattro azioni mentali all’interno di un contesto formativo – come creare una mappa cronologica delle proprie risorse relazionali o la scelta e la presentazione di un qualcosa di artistico che definisce un momento della nostra esistenza – induce i partecipanti a osservare e ad ascoltare, oltre che ad analizzare elementi che considerano significativi per la loro esistenza. Lo scambio e il confronto favoriscono un approccio trasformativo visto che l’attività promuove un arricchimento di ciò che è stato creato e presentato. L’esperienza individuale e di gruppo è poi supportata da discussioni su pratiche e progetti personali che possono essere collegati al lavoro svolto insieme. La terza azione porta alla generazione di nuovi modi di pensiero e di lavoro, che ben si adattano al percorso di costruzione autobiografica. Questo aiuta a esprimere il significato che i partecipanti intendono dare al loro lavoro: li aiuta a definire nuovi progetti per il proprio futuro, di breve o di lungo termine. L’approccio riflessivo e lo scambio tra i partecipanti sono guidati in sessioni di dialogo aperto (maieutiche). Il processo di apprendimento dei partecipanti al corso pilota di Sparta - Turchia di Hüsey in Gül, Songül Sallan-Gül e H. Eylem Kaya, Università Süleyman Demirel I partecipanti al corso pilota erano per lo più studenti universitari e due laureati. La prima parte del corso è stata realizzata rispettando i tempi previsti dalla programmazione. In generale, tutti i partecipanti erano abbastanza maturi da prendere parte al corso ma, poiché non abbastanza informati, inizialmente c’è stata un po’ di confusione sullo scopo dell’incontro, come una coppia di studenti che pensavano di dover seguire una breve lezione universitaria. Inoltre, gli studenti sembravano irritati dal fatto che prendessimo appunti o registrassimo le conversazioni, anche se non hanno osato obiettare. Hanno cominciato a rilassarsi solo quando abbiamo spiegato loro la natura del corso e tutto è diventato più chiaro. È stato abbastanza facile instaurare un clima di fiducia perché i formatori e gli osservatori del pilota erano docenti universitari già noti a molti partecipanti. Allo stesso tempo, è stato di aiuto la lettura, da parte di un formatore, di una storia di vita reale tratta dal suo diario, all’inizio degli studi, così da guidare il gruppo a entrare nello spirito giusto e ad accrescere la fiducia e la sincerità reciproca. Il secondo giorno, i partecipanti hanno cominciato a socializzare e a essere più uniti. Hanno cominciato a parlare, a condividere e a raccontarsi di più, e in maniera più rilassata. Mentre i partecipanti raccontavano le loro esperienze di vita, il flusso delle emozioni cominciava a liberarsi, specialmente quando parlavano di traumi legati alla migrazione o alla loro esclusione per questioni ideologiche, religiose, etniche, di abbigliamento (indossare il velo) eccetera. A volte una lacrima è scesa, altre volte il tono di voce è cambiato. La sensazione di essere ascoltati e l’atmosfera cordiale li ha fatti rilassare e aprire. I facilitatori non hanno osato interromperli; li hanno lasciati scoprire se stessi/e. In principio, la ragazza con il velo e il ragazzo curdo erano riluttanti a 17 partecipare, ma più ascoltavano le storie degli altri, più il linguaggio del loro corpo cambiava. Si sono finalmente rilassati, anche se sempre con un po’ di esitazione nel condividere le esperienze personali con il gruppo. Nella seconda parte del corso pilota c’è stata una variazione di tempo e di luogo rispetto alla programmazione iniziale: a causa di un guasto al sistema di riscaldamento della stanza n.216 della biblioteca universitaria, il corso si è svolto presso il Dipartimento di Sociologia; quanto ai tempi, l’incontro è stato anticipato al 24-25 ottobre, anziché il 6-7 novembre perché giorni di festa religiosa. Nella seconda parte del corso, i partecipanti hanno confessato che la riflessione sulle loro autobiografie, le biografie familiari e i genogrammi li hanno aiutati a conoscere meglio il loro passato. Hanno riconosciuto di essere in possesso di informazioni inadeguate sul loro vissuto e di non aver mai compreso l’importanza della transculturalità prima di allora. È stato notato che i partecipanti, specialmente provenienti da famiglie isolate e rurali, si sono stupiti delle proprie relazioni familiari e del proprio passato mentre preparavano il genogramma. Nel gruppo sono emersi due punti di vista diversi sull’uso e l’efficacia delle TBT. Secondo il primo punto di vista, le tecniche individuali, come il disegno, sarebbero più efficaci. Infatti, alcuni partecipanti inizialmente riluttanti a usare quella tecnica perché sicuri di non saper di disegnare bene, dopo averla provata l’hanno amata. Inoltre, hanno affermato che la tecnica si presta molto bene per l’espressione dei sentimenti e per capire le TBT. Il secondo punto di vista predilige, invece, il lavoro di gruppo: scambiarsi idee e fare insieme le ricerche sul passato della propria famiglia sarebbe più divertente e formativo. Alcuni studenti hanno sottolineato che la combinazione di lavoro di gruppo e tecniche autobiografiche è stata più utile per l’esplorazione di se stessi e per capire gli altri; per accettare diversi punti di vista e conviverci. I partecipanti si sono mostrati d’accordo sul fatto di essersi sentiti senza difese, inermi, mentre facevano il loro viaggio interiore realizzato in un’atmosfera terapeutica. Inoltre, hanno fatto notare che il sentimento di fiducia che si è creato nel gruppo con questo studio li ha aiutati a fare i conti con se stessi e con il loro passato e, allo stesso tempo, la sincerità li ha aiutati a esprimersi più chiaramente, a narrare la loro storia e le esperienze vissute. Le TBT usate durante il corso hanno anche favorito il superamento di tabù, paure e pregiudizi sull’altro. I partecipanti hanno ammesso che ora sono più pronti e capaci di rispettare gli altri, anche se diversi. Tutto ciò sembra creare un sentimento di appartenenza nel gruppo in un mondo fatto di troppe differenze. Quasi tutti hanno compreso che c’erano tante differenze nel gruppo ma, fondamentalmente, i problemi e le caratteristiche dei componenti erano simili, comuni. Tutti hanno affermato di aver tratto benefici da queste tecniche per la loro vita sociale. Una nuova storia raccontando l’esperienza di Annemarie Schweighfer-Brauer, Istituto FBI Alle persone piace parlare dei propri ricordi. Questo è quello che ho sempre notato con i seminari di Lavoro Biografico. Welly Marguerite Lottin, direttore dell’associazione dei migrati Griot di Roma, proveniente dal Camerun, ha confessato ai partner di Realize che: “quello che elaboriamo – l’approccio biografico transculturale – è molto diffuso nella vita quotidiana in Camerun ed è praticato con abilità”. In Germania e in Austria il senso di sfiducia e di incomprensione ha pervaso le relazioni tra le generazioni, specialmente durante la seconda metà del ventesimo secolo. L’esperienza e il 18 coinvolgimento di molte persone nel regime del terrore nazionalsocialista, ha causato traumi, repressione dei ricordi, senso di colpa e distruzione dei punti di vista. La memoria è stata cancellata in molte famiglie. Ragazzi e bambini avvertivano che certe macchie e zone oscure del passato famigliare non potevano essere toccate. Erano inaccessibili. La possibilità di costruire una consapevolezza di se stessi attraverso la narrazione, che coincideva inevitabilmente con la biografia famigliare, o con quella di un quartiere o di un villaggio vicino (di persone con le quali era possibile interagire direttamente) divenne complicata, fu interrotta e andò persa. I partecipanti ai seminari di Tecniche Biografiche notano un sentimento di liberazione mentre narrano le loro storie. Il loro spazio mentale si espande mentre parlano e ascoltano. Quello stesso spazio quotidianamente consumato dalla pressione mentale, dalla mancanza di tempo e dalla depressione. Dedicare del tempo allo scambio autobiografico apre lo spazio alla trasformazione. Esso rilassa perché l’energia e i sentimenti scorrono. Tutto ciò è collegato alle vecchie tradizioni orali – il tramandare racconti di famiglia, storie di comunità e storie personali, che creano o comunicano il significato di una persona, di una famiglia, di una comunità. Le persone apprezzano questo senso di liberazione e, condividendo la loro ricchezza biografica, si rivelano degli esseri umani unici. In questo spazio di condivisione si ascoltano anche i racconti degli altri e una nuova storia si sviluppa – diventando una nuova storia comune. Specialmente gli immigranti sentono il bisogno di diventare visibili in un nuovo ambiente tessendo la loro storia peculiare e condividendola. Diventare visibili con le proprie storie significa non essere stereotipati. L’approccio biografico continua la tradizione del racconto orale. Guardare ai migranti da un altro punto di vista di Elisabeth Reiter, Haus der Begegnung Il dialogo transculturale e interreligioso può anche essere visto come un dialogo di vita. Persone di paesi, religioni, culture, età e contesti sociali differenti hanno la possibilità di conoscersi in modo speciale. Raccontarsi e ascoltarsi avviene attraverso un approccio facile e intenso. Non c’è bisogno di molta teoria, l’apprendimento riguarda te e l’altro. Il libro è rappresentato dalle vostre vite. Un esempio ci ha spinti a lavorare con le Tecniche Biografiche Transculturali: abbiamo organizzato una visita in una moschea di Innsbruck. Molte persone erano interessate. Hanno voluto cogliere l’opportunità di visitare una moschea e vedere com’è fatta all’interno. Di sicuro, sono state spinte anche dalla curiosità di conoscere più a fondo la religione musulmana: come i fedeli pregano, vivono e interagiscono tra loro. I partecipanti si sono sentiti a proprio agio e hanno rivolto molte domande. Anche se in poco tempo, hanno avuto la possibilità di acquisire una nuova prospettiva sui migranti, nel caso specifico musulmani, di vederli da un altro punto di vista. Abbiamo notato anche una forte interazione tra i partecipanti alla visita e gli accoglienti. Essi hanno scoperto tanti punti in comune e appreso che “questi altri” non sono poi così diversi da loro. Abbiamo molte esperienze simili in comune. 19 Lo scambio biografico è anche transculturale perché entrambi i concetti si focalizzano sugli individui e sulle loro storie, influenze e identità. I partecipanti vivono secondo stili di vita propri e hanno vissuti diversi che si incastrano, si mischiano e influenzano reciprocamente. Noi tutti siamo immersi nella cultura e siamo portatori di differenti elementi culturali. Siamo un grande gruppo di persone differenti e uniche e le TBT ci aiutano a focalizzarci sugli individui, sui loro bisogni e desideri, le loro afflizioni e difficoltà. Se ci concentriamo sugli individui e sulle loro particolari identità, non abbiamo bisogno di parlare di integrazione dei migranti nella società. Dovremmo parlare, piuttosto, dell’arricchimento di ogni singola persona e della sua storia unica e irripetibile per la società. Orientamento e accompagnamento alla scelta imprenditoriale di Elisabetta Cannova e Fulvio Campa, Speha Fresia Un approccio narrativo può essere usato anche quando le persone si prefiggono l’obiettivo di fare impresa, di trasformare le loro aspirazioni, intuizioni, abilità e passioni in un progetto imprenditoriale. La chiave è l’approccio narrativo e biografico. Attraverso l’approccio biografico, Speha Fresia ha realizzato, sulla base dell’esperienza degli Incubatori Impresa Donna, uno strumento di orientamento per accompagnare le persone, o un gruppo di persone interessate all’imprenditorialità, in un viaggio virtuale dalla loro “terra d’origine” al “territorio in cui fare impresa”, identificando il potenziale, spesso nascosto anche a noi stessi, che può essere sfruttato per sviluppare un’idea. Poiché nelle piccole imprese è la qualità dell’imprenditore a fare la differenza, e forse l’opportunità di successo, il metodo di orientamento e accompagnamento è fondamentale per sostenere le persone nel processo di trasformazione: fare in modo che i disoccupati, o coloro che non sono soddisfatti della posizione che occupano, diventino consapevoli del loro potenziale. In questo caso, i racconti sono usati per “aprire” la parte emotiva e superare i punti critici dove la parte razionale si blocca e diventa incapace di dare risposte. Anche il metodo del genogramma è molto usato con il supporto di strumenti visivi/immagini: la visione delle foto di famiglia accresce la consapevolezza dei propri punti di forza e di quei valori capaci di sostenere le persone nel cambiamento per affrontarlo meglio. Il riconoscimento di una rete tra le persone è un altro importante fattore da sottolineare per trovare il coraggio di chiedere aiuto e supporto agli altri. Gli strumenti usati in questo campo fanno riferimento alle pratiche di orientamento, colloqui individuali o di gruppo, applicate attraverso differenti strumenti e approcci, come il metodo del bilancio di competenza (ampiamente usato in Italia), e adattato a soluzioni di autoimpiego, per esempio, attraverso il progetto multilaterale B-Plan del programma settoriale Leonardo da Vinci. Sul sito www.bplanproject.eu si possono scaricare metodi e strumenti per le sessioni di orientamento allo start-up d’impresa. O il metodo Rétravailler (prospettiva di genere), con significative esperienze europee, come quella di Galaxies, un progetto multilaterale di Trasferimento dell’Innovazione Leonardo da Vinci finalizzato a sottolineare le differenze di genere nelle pratiche di orientamento nelle scuole secondarie. Sul sito www.galaxiesproject.eu si possono scaricare sussidi didattici, con esercizi pratici e guide in diverse lingue europee per gli educatori dei centri di formazione professionale. 20 CAPITOLO 3 PREPARAZIONE DEI MODULI: COME METTERE IN PRATICA LE TECNICHE BIOGRAFICHE TRANSCULTURALI – METODI, ESERCIZI, STRUMENTI AnnemarieSchweighfer-Brauer, Istituto FBI con il contributo dei partner del progetto Realize Le TBT attivano delle risorse biografiche utili ad affrontare, gestire e capire la vita. In base al contesto professionale di applicazione delle TBT devono essere selezionati e combinati metodi, tecniche, strumenti e attività appropriati. Imparare dalle storie di successo o dai fallimenti funziona a livello individuale (es. nel counselling) e molto bene in gruppo (es. nell’educazione degli adulti). In questo manuale i concetti di metodo, tecnica e approccio sono usati molto spesso. A volte non è facile distinguerli. Pertanto, sarebbe utile per i lettori definirli in maniera chiara e concisa prima di procedere oltre. Noterete che i concetti di metodo e tecnica sono usati in maniera intercambiabile nel manuale ed entrambi sono usati sia in riferimento agli strumenti sia alle modalità di attuazione delle TBT, come la narrazione, lo psicodramma, i viaggi della memoria, il disegno, la scrittura biografica eccetera. Inoltre, il concetto di metodo è anche applicato in senso più ampio, per indicare tutto il percorso, il processo e le procedure di conduzione dell’intero corso sulle TBT, e quindi, non solo in riferimento a una tecnica usata in questo manuale, come la narrazione o il disegno. In altre parole, il metodo si riferisce alla maniera o/e al processo programmato nel quale un lavoro biografico è svolto. In questo senso, è usato anche il termine metodologia, nella sua accezione più ampia (Baydar/Gül/Alcil 2007). Nel manuale, le TBT sono considerate come “un approccio” invece di “un metodo”, perché il concetto di “approccio” riflette come noi, come partner del Progetto Realize, vediamo e definiamo le TBT. Approccio è preferito al termine “metodo” visto che il primo indica un punto di vista, un angolo da cui guardare il mondo, come nel caso di una persona che “approccia” per descrivere, capire e affrontare una questione. L’approccio non conduce necessariamente alla risoluzione del problema, ma in molti casi può favorire lo sviluppo di un metodo di risoluzione del problema; e un metodo deve necessariamente basarsi su un approccio per essere utilizzato con successo. In conclusione, in questo manuale dedicato alle TBT utilizzeremo il concetto di approccio al posto di quello di metodo. Principi su come lavorare con le TBT in gruppo Nella descrizione che segue si pone l’attenzione principale al lavoro con gruppi di adulti in formazione, con riferimento a pratiche di accompagnamento e counselling. Lavorare in gruppo offre alle persone l’opportunità di confrontarsi, scambiare, interagire con gli altri ed elaborare/esprimere reazioni. All’inizio di un processo di lavoro dovrebbero essere presentati i principi su come comportarsi con gli altri e come lavorare insieme nel rispetto reciproco. Tali principi dovrebbero anche informare sul processo di transfert che inevitabilmente avverrà tra i partecipanti. 21 - - “Ciò che le persone narrano e rivelano in questo gruppo non lascerà questa stanza”: obbligo alla riservatezza. “Vedo attraverso la tua immagine; ascolto attraverso le tue parole …”. I membri del gruppo non giudicano, ma esprimono il loro punto di vista su quanto esposto dall’altro. E anche quando qualcuno dà un giudizio, lo farà senza svalutare la persona in questione o cercando di imporsi. “La tua esperienza è unica, perché tua, ma non sei solo/a con essa. Qualcuno/a di noi ha vissuto situazioni simili”. Il membro del gruppo non si appropria delle esperienze degli altri, piuttosto cerca dei punti di connessione. All’interno del gruppo dovrebbe essere sottolineata l’unicità delle singole storie e la loro interrelazione. Se si dichiara di conoscere esattamente l’esperienza dell’altro e si cerca di imporre il proprio punto di vista, allora non si parlerà più di scambio e crescita reciproca. Trarre benefici dal gruppo Lavorare in un gruppo consente di sperimentare direttamente l’interconnessione tra individui “biograficamente modellati”. Permette di comprendere metodologicamente l’unità di individualità/unicità e di interconnessione/somiglianza. Il ricordo e l’analisi provocano delle associazioni nell’ascoltatore e i ricordi affiorano. Quando le persone interagiscono raccontandosi storie associate, si genera un tessuto di storie. Il compito importante del formatore, in un gruppo di educazione per gli adulti, è quello di guidare non solo la crescita degli individui, ma anche lo sviluppo del gruppo. Ciò significa che i singoli non si limitano a presentare e condividere le loro storie, ma cercano di sviluppare qualcosa insieme, di interagire trovando delle interconnessioni; di cogliere l’opportunità di imparare dalle proprie esperienze biografiche connesse a quelle di altri gruppi e comunità. Un modo per dare visibilità a questo processo può essere quello di organizzare un’esposizione di oggetti o di foto dei partecipanti e poi combinarli per raccontare una storia comune; o di realizzare una scultura con gli oggetti che sono biograficamente importanti per gli individui; o di scrivere una storia di gruppo a partire dai singoli racconti, chiedendosi per esempio: Che cosa sarebbe successo se ti avessi incontrato/a in una certa fase della mia vita? Il setting nelle Tecniche Biografiche in gruppo è la disposizione in circolo. Il cerchio offre lo stesso spazio a tutti e permette a tutti di guardarsi negli occhi. Questa sistemazione vuole evidenziare lo spirito democratico delle TBT ed evitare che si creino gerarchie tra i membri del gruppo, e tra il formatore e i partecipanti. Le gerarchie, infatti, potrebbero compromettere la fiducia reciproca che è una precondizione necessaria per aprirsi allo scambio. Se già esiste una gerarchia formale/informale perché, per esempio, il gruppo lavora insieme da tempo, il formatore deve essere rispettoso dei suoi limiti! In queste situazioni le TBT potrebbero anche essere di aiuto per la gestione di relazioni gerarchiche o di situazioni di rivalità, per interagire, per risolvere problemi e trovare un modo migliore per cooperare. Il formatore deve poi offrire uno spazio protetto - per esempio, quando si devono affrontare argomenti delicati, può proporre di lavorare in sotto-gruppi e dare alle persone la possibilità di scegliere i colleghi. La posizione del formatore è chiaramente speciale: deve possedere una vasta conoscenza ed esperienza sul campo per preparare i laboratori o seminari, per iniziare il processo operativo, per dare impulsi, per monitorare il percorso del singolo e del gruppo. 22 Il formatore siederà in cerchio con i partecipanti per non creare la sensazione di opposizione rispetto al gruppo. Inevitabilmente, i partecipanti racconteranno al formatore le loro esperienze vissute con l’autorità, gli insegnanti, i genitori e, il docente, vice-versa, trasferirà le sue ai partecipanti. Il formatore dovrebbe essere consapevole di ciò che accade con questo scambio di esperienze e fare in modo che esso avvenga lavorando sui ricordi e con i mezzi a disposizione per riattivarli, ma senza farsi coinvolgere emotivamente. Processo di orientamento Il lavoro biografico è orientato al processo. Questo significa che il formatore preparerà il seminario/laboratorio (o il counselling), ma poi adatterà la programmazione al flusso dei lavori, senza però perdere di vista il tema/obiettivo. Questo compito richiede la capacità di bilanciare lo sviluppo e i bisogni degli individui e quelli del gruppo e di collegarli all’oggetto del seminario o del laboratorio. La programmazione del seminario deve essere costantemente adattata. Stimolare ed esprimere i ricordi La funzione principale delle TBT è quella di stimolare la memoria e liberare i ricordi. Ci sono tanti metodi validi per farlo - molto dipende dalla preparazione del formatore (nell’uso di quali tecniche è qualificato); dalle preferenze del gruppo di lavoro o dal materiale a disposizione. Prima di tutto deve essere proposto un argomento e descritto un esercizio. Per esempio: “Esprimi con un’immagine la tua condizione di quando sei arrivata/o nella società ospitante”. “Pensa al tuo primo giorno di scuola. Vai a fare una piccola passeggiata e cerca degli oggetti associati al tuo ricordo e portali alla riunione di gruppo”. La memoria può essere stimolata attraverso attività come il disegno, la pittura, collezionare oggetti, selezionare immagini, danzare, ascoltare la musica, andare a fare una passeggiata e così via. Dopo uno di questi esercizi, i partecipanti raccontano quanto ricordato – il ricordo può essere connesso all’immagine prodotta o all’oggetto trovato. Gli altri partecipanti possono poi dare un riscontro. Come già detto, il riscontro deve esprimere semplicemente un punto di vista, non un giudizio, o imporsi come una verità. Le narrazioni e i riscontri possono condurre a una nuova riflessione sulle situazioni ricordate o accadute; all’elaborazione di nuovi punti di vista, forse poco familiari e sorprendenti; a nuove conclusioni. Inoltre, dopo ogni esercizio (ricordo, narrazione e scambio di reazioni, confronto dei ricordi) deve essere concesso uno spazio di tempo per riflettere su cosa è accaduto durante la memorizzazione, la narrazione e lo scambio con il gruppo. Questa riflessione può offrire i primi risultati del percorso individuale, che può essere anche registrato in qualche modo (per es. trascrivendo). Prima di chiudere il workshop, il seminario o l’accompagnamento, sarebbe anche opportuno far emergere le intenzioni, i piani e le idee per il futuro risvegliate con l’esperienza TBT e che il singolo vorrebbe attuare. È importante offrire diversi approcci sensoriali (visivo, acustico, ottico, olfattivo) per stimolare la memoria e le risposte ai ricordi, perché diversi sono i tipi di utenti. Le memorie possono essere attivate meglio attraverso i loro sensi preferiti. 23 Di seguito saranno presentati diversi metodi e strumenti per stimolare la memoria e avviare lo scambio e la riflessione, come base per programmare i moduli di TBT. Questi metodi e sussidi possono certamente essere combinati in maniera creativa. Requisiti del formatore - I formatori che lavorano con le TBT devono, innanzitutto, aver sperimentato l’approccio su se stessi. Devono essere consapevoli dei possibili effetti e impatti dell’esperienza pratica e delle riflessioni teoriche. - Devono aver fatto esperienza di orientamento di gruppi nell’educazione per adulti – su come proporre, usare, adottare e combinare le differenti tecniche – nell’ambito del counselling o del coaching … o nel settore professionale in cui intendono applicare le TBT. - Dovrebbero avere esperienza in merito alla ricerca biografica. Questo non è un requisito necessario, ma può essere una qualifica importante per applicare le TBT visto che il processo di lavoro e di riflessione presenta molte somiglianze con le TBT nell’educazione degli adulti. - Dovrebbero essere qualificati nell’applicazione delle TBT nell’educazione degli adulti. Questa qualifica probabilmente non sarà di tipo formale perché al di fuori dei corsi di Lebens Mutig non ci sono ancora molte risorse a disposizione, sebbene i moduli di TBT siano inseriti in diversi programmi di studio. Le competenze possono scaturire dalla pratica: alcuni formatori/orientatori già usano elementi biografici durante i lavori di gruppo o nel counselling. - I formatori potranno applicare ogni genere di tecnica o di esercizio che hanno a disposizione per elaborare le TBT: per esempio, nell’educazione degli adulti, nell’istruzione, nella ricerca qualitativa, nella musica, nel disegno ed espressione creativa, nel teatro, nella storia orale, negli approcci psicoterapeutici … I corsi pilota del progetto Realize hanno dimostrato che è più vantaggioso far condurre le TBT da due formatori. Hanno potuto dividersi il compito di guidare il gruppo e assumersi la responsabilità nella raccolta della documentazione (scattare foto, produrre video, prendere appunti, ecc.). È anche un vantaggio per condividere le responsabilità di monitoraggio del lavoro del gruppo, essendo consapevoli dei processi individuali e implementando, durante il corso del seminario, una continua programmazione orientata ai processi. Fasi di lavoro in un laboratorio/corso In un laboratorio, corso o seminario, ci sono delle fasi fondamentali da seguire e differenti modelli per attuarle in base alle loro specificità. Per i corsi sulle TBT suggeriamo di distinguere principalmente tre fasi: - Fase di Inizio; Fase di Lavoro Intensivo; Fase di Riflessione su cosa è stato appreso e Chiusura del seminario 24 Inizio di un laboratorio Lo scopo principale della fase iniziale di un laboratorio/seminario è quello di entrare in contatto con gli altri, di costruire le prime basi di reciproca fiducia per sconfiggere l’insicurezza e l’ansia iniziale che le persone si trovano a dover affrontare nell’incontro con le nuove persone, in un nuova situazione. Inoltre, dovrebbero essere chiarite anche le questioni organizzative. Durante la fase iniziale si familiarizza con gli altri partecipanti, i formatori e il gruppo, e tutti insieme con l’argomento da discutere. I partecipanti e i docenti si presentano e ricevono le prime impressioni. In questa fase dovrebbe essere offerta la stessa porzione di tempo a ogni partecipante. L’inizio del seminario è spesso animato da sentimenti di entusiasmo, interesse e carica, ma anche di paura e insicurezza. I partecipanti probabilmente non si conoscono e non conoscono i formatori. L’insicurezza reciproca è normale in questa sessione. Proprio questa fase può essere presa come esempio per la specificità delle Tecniche Biografiche Transculturali: argomento chiave nel contesto della transculturalità è gestire la paura dello sconosciuto, di quello che ci sembra straniero, e trovare i modi per renderlo familiare; intercettare i punti di connessione e diventare consapevoli dello straniero che è in noi. L’intero seminario, infatti, può essere visto come processo di “transculturalizzazione” e mirato, come tale, ad avviare una riflessione sulla transculturalità. Il formatore potrebbe accompagnare i partecipanti in questo percorso spiegandolo sin dall’inizio, e ricordando loro di riflettere regolarmente su che cos’è la transculturalità e che cosa hanno appreso sulla transculturalizzazione durante il lavoro biografico. Può suggerire ai partecipanti di preparare un piccolo diario o un foglio di carta dove prendere appunti e scrivere commenti durante l’intero processo. Alla fine del corso o del seminario questi appunti e commenti possono essere usati per trarre delle conclusioni – mostrare il profitto del lavoro. La fase iniziale consisterà normalmente nel dare il benvenuto ai partecipanti, descrivere il contesto del seminario, chiarire gli aspetti organizzativi, presentare gli organizzatori, i formatori e i partecipanti, conoscere le prime impressioni dei partecipanti e le loro aspettative. Tutti questi chiarimenti servono allo stesso tempo a sconfiggere l’insicurezza e a costruire lentamente la capacità del gruppo di lavorare insieme. La presentazione del formatore e dei partecipanti può già essere collegata a un piccolo esercizio biografico. Per esempio: L’educatore distribuisce foto di strade, porte, paesaggi … sul pavimento, tra le sedie in circolo, e chiede ai partecipanti di osservarle e di selezionarne una, specialmente quella che risponde alla domanda: “Quale strada ti ha condotto/a qui? Quale porta hai dovuto aprire per venire qui?” Durante il giro di presentazione, i partecipanti possono parlare della foto che hanno scelto e cominciare a offrire una piccola riflessione su loro passato e sentimenti ad esso collegati: come è stato venire qui, cosa hanno lasciato alle spalle, come si sentono nel nuovo gruppo di persone, ecc. In questa fase, il formatore chiede ai partecipanti anche la loro relazione con l’argomento particolare del corso. 25 Le domande che il formatore può formulare per incoraggiare l’esplorazione di questa relazione potrebbero essere: Come ti senti in merito a …? Quale la tua connessione con …? Quale esperienza hai in merito a …? Cosa ti piacerebbe imparare riguardo a …? La formatrice Heide Walbrodt suggerisce di prevedere all’inizio del corso un esercizio per individuare le risorse dei partecipanti. Si chiede loro un lavoro in profondità, per affrontare un percorso forse difficile e devono essere consapevoli delle loro abilità sin dal principio. Per dare un esempio: Chiedi ai partecipanti di lavorare in sotto-gruppi (di quattro, cinque o sei persone) sulle abilità che già hanno sviluppato per affrontare persone, situazioni, culture sconosciute, straniere, o non familiari … essi dovrebbero scrivere almeno un’abilità per ogni membro del sotto-gruppo su un foglio di carta. Poi, nella riunione in plenaria questi fogli saranno presentati a tutti. All’inizio del seminario/laboratorio i partecipanti e i formatori dovranno sottoscrivere l’obbligo alla riservatezza su quanto rivelato dai presenti. Ciò che le persone raccontano di loro non dovrà uscire dalla stanza di lavoro. Deve essere introdotto anche il principio della volontarietà (“Io decido come partecipare all’esercizio e cosa narrare dei miei ricordi”). Deve essere anche chiarito “se” e “come” il seminario sarà documentato (foto, DVD, registrazioni, elaborati scritti, ecc.). Fase di lavoro intensivo Nel caso di un corso sulle TBT, lo scopo della fase di lavoro intensivo è quello di fare in modo che i partecipanti familiarizzino con le TBT attraverso l’autoconsapevolezza, la riflessione dell’esperienza e gli stimoli, e, a seguire, per essere in grado di preparare il trasferimento di quanto appreso nella propria pratica professionale. Questa parte, probabilmente, sarà la più importante di tutto il processo di lavoro. Nel caso di un seminario dove le TBT stesse sono l’argomento di discussione, deve essere previsto del tempo per dare le indicazioni, per provare le tecniche di TBT e riflettere sulla propria esperienza professionale e discutere dei possibili adattamenti delle tecniche ai contesti di lavoro dei partecipanti. Dovrebbe anche esserci del tempo per rivolgere domande e discutere di argomenti e idee proposte dai partecipanti. L’organizzazione scelta (lavoro di gruppo, di coppia, gruppi da tre, sotto-gruppi …) dovrebbe essere adeguata alle tecniche, ai contenuti e allo scopo dell’incontro. I metodi biografici da considerare e discutere durante questa fase sono descritti di seguito e nel Capitolo 4 dove riportiamo esempi di adattamenti in differenti paesi dove sono stati organizzati i corsi pilota di Realize. Lavorare in seminari di gruppo non è semplice. Possono sorgere rivalità e conflitti tra i partecipanti, e tra questi e i conduttori, dobbiamo aspettarcelo! Pertanto, sarebbe utile fare una lezione introduttiva, sempre in riferimento alle TBT e alla cooperazione transculturale, su come vivere insieme. Perché un gruppo possa lavorare è necessario integrare gli elementi critici. “Litigi e 26 coinvolgimenti appassionati possono prendere il sopravvento”, come formulato da Ruth Cohn. In un corso di TBT tutto può accadere proprio come nella “vita reale”, ma con la differenza che lì sarà offerto uno spazio per la riflessione. In un seminario sulle TBT la fase di lavoro intenso è dedicata all’esplorazione, attraverso le tecniche biografiche, della propria esperienza con lo “straniero”, “l’altro” (dentro e fuori di noi), per coltivare la consapevolezza transculturale, per fare un passo avanti e interiorizzarla; inoltre, anche la paura della transculturalità e del cambiamento sarà un argomento trattato: che tipo di paure scattano se incontriamo lo straniero? Se ci troviamo di fronte a una situazione poco familiare, come reagiamo? Quali tipi di esperienze sono disponibili per gestire queste reazioni in maniera non violenta? Queste domande devono essere affrontate ed esplorate attraverso autoriflessioni biografiche (“Ricordo delle situazioni in cui ho dovuto gestire la paura e l’aggressività? Ho delle esperienze in famiglia? Ho delle esperienze di fallimento e cosa posso trarne? Ho qualcosa da imparare dai racconti e dalle riflessioni degli altri?”). Durante il seminario i formatori devono costantemente prestare attenzione a ciò che i partecipanti vogliono e hanno bisogno di imparare, sperimentare, discutere e riflettere; e prima del corso devono essere chiarite soprattutto le aspettative che possono essere realisticamente raggiunte. Generalmente, prima della fine di questa fase di lavoro l’atmosfera nel gruppo diventa sempre più vivace, l’umorismo e il sorriso cominciano a prevalere. La situazione riflette la sensazione di sollievo raggiunta dopo aver fatto un lavoro di apprendimento e sperimentazione impegnativo. Ora è tempo di celebrare il successo! Il momento rispecchia e anticipa le emozioni per la conclusione del percorso, ma sono anche presenti sensazioni di contentezza ed eccitamento per il nuovo che verrà. I formatori possono utilizzare queste emozioni per ritornare sulla consapevolezza di questi processi che avvengono anche nella vita (transculturale). Conclusione di un laboratorio Prima di terminare un laboratorio, un seminario, un corso o un colloquio di orientamento sul lavoro autobiografico, bisogna riflettere su ciò che è stato appreso. Deve essere preparato il trasferimento per l’applicazione delle tecniche nella vita privata e professionale. Alla fine del seminario, è importante organizzare un momento informale di saluto. La fase finale del corso è dedicata alla raccolta dei risultati del lavoro svolto. Dovrebbero essere programmati degli esercizi che aiutino i partecipanti a riflettere sui benefici ottenuti dal corso e dovrebbe essere definito il trasferimento nella “vita reale” di quanto appreso. Per riflettere su ciò che hanno imparato, i partecipanti potrebbero uscire per una breve passeggiata individuale e cercare un oggetto che simboleggia il loro percorso personale. Successivamente, nella riunione in plenaria, descrivono ciò che l’oggetto rappresenta. È possibile anche semplicemente annotare su “post-it” i tre principali risultati ottenuti, attaccarli alla lavagna e argomentarli. Gli esercizi per operare il trasferimento potrebbero essere i seguenti: - I partecipanti scrivono una lettera a se stessi: “I miei tre (o cinque …) passi con le TBT nella mia vita professionale (o privata)”. I formatori raccolgono le lettere che sono state 27 - inserite in una busta chiusa con il nome e l’indirizzo dei partecipanti e le rispediscono ai mittenti dopo tre (o sei … ) mesi. Nel caso di coaching tra pari: come primo passo, ogni persona riflette individualmente su come pensa di applicare le TBT nel lavoro. I partecipanti si selezionano a vicenda in gruppi da tre. Nella triade, il primo descrive i suoi piani; il secondo dà consigli e il terzo commenta alla fine del counselling. E così avanti a rotazione… Prima della chiusura del corso devono essere chiarite questioni e discussioni lasciate aperte. I formatori devono poi rendere consapevoli i partecipanti del significato delle situazioni di abbandono in contesti transculturali – affliggersi, la paura di essere abbandonati, la paura di dover abbandonare una situazione familiare e affrontarne una sconosciuta … Alla fine, dovrebbe anche esserci del tempo a disposizione per uno scambio di opinioni tra i partecipanti sui formatori e su tutto il corso. Questo potrebbe essere un esempio: i partecipanti sono seduti sulle sedie disposte in circolo. Ogni partecipante ha la possibilità di rivolgere 2 domande ad altri 2 (o 3) partecipanti selezionati, chiedendo: Cosa ammiri di me? Cosa ti piace di me? Il formatore informa i partecipanti che il corso ha offerto un’esperienza transculturale: i partecipanti sono entrati in una nuova situazione/dimensione con altre persone, probabilmente sconosciute, per imparare e realizzare qualcosa insieme. Hanno lavorato, avvertito e gestito i conflitti, fatto amicizia e riflettuto insieme. Questa situazione di gruppo ed esperienza di vita sono state uniche – non si ripeteranno in questa costellazione di nuovo. La chiusura del corso può essere celebrata danzando tutti insieme, cantando una canzone e organizzando una piccola festa – a scelta dei partecipanti. Forme sociali per lavorare e apprendere in un gruppo In un corso di educazione per adulti si può lavorare in gruppi o in sotto-gruppi da due, tre, quattro o più persone. Queste forme di lavoro favoriscono la condivisione dell’esperienza. Lavorare in sottogruppi composti ogni volta da persone diverse dà poi la possibilità di conoscere meglio le persone e di scegliere volontariamente con chi lavorare e avere lo scambio. Il formatore stabilisce – in base al contenuto e allo scopo dell’esercizio – se i partecipanti dovrebbero lavorare in plenaria, in sotto-gruppi o individualmente. In alcuni casi la dimensione dei sotto-gruppi non è molto importante, e sarà stabilita sulla base di criteri specifici, come per esempio l’età: formare 3 gruppi, uno di tutte persone più giovani di 35 anni, un altro di persone comprese tra 35 e 50 anni, l’ultimo per quelle con più 50 anni. Plenaria, sotto-gruppi o lavoro individuale possono essere preferiti a seconda dei casi. Queste forme di lavoro sono chiamate forme sociali. Forme sociali differenti saranno frequentemente combinate per portare avanti un esercizio. Per esempio: L’esercizio prevede di raccogliere ricordi ed entrare in mondi sconosciuti. Può essere rivolta una domanda: prova a ricordare 2 o 3 situazioni di vita in cui ti è capitato di entrare in un mondo a te completamente straniero: com’era la situazione? Cosa hai provato? Pensato? Chi hai incontrato? Come hai agito? 28 Rifletti individualmente e prendi degli appunti. Organizzati poi in gruppi da tre e spiega che cosa hai ricordato. Nella riunione in plenaria si domanda: cosa ti ha sorpreso nel tuo gruppo? C’è stata una condivisione di pensieri, sentimenti, comportamenti, esperienze simili ricordate? Quali sono state quelle completamente diverse? Alcuni appunti potrebbero essere presi su un foglio per lavagna per indicare le esperienze transculturali. Se si sceglie di lavorare in sotto-gruppi, si deve considerare ciò che la loro dimensione può causare. In una coppia, per esempio, si crea un legame più stretto rispetto a un gruppo da tre o a sotto-gruppi più ampi. Perciò, il docente deve stabilire se intende o meno incoraggiare dei processi più profondi in questo seminario, o in questa fase del processo di lavoro. Dopo aver lavorato in sotto-gruppi, solitamente si ritorna sempre in seduta comune per avere almeno un piccolo scambio di idee. Questo aiuta i conduttori a farsi un’idea sullo “spirito” di quel gruppo, a individuare eventuali elementi di disturbo e anche a entrare nel flusso del processo di lavoro, specie se non partecipa a nessun sotto-gruppo. Comunque, il formatore, nello spirito di partecipazione e guida del gruppo, potrebbe prendere parte ai sotto-gruppi. Metodi, tecniche e strumenti biografici per programmare i moduli La narrazione Nelle scienze storiche, l’approccio biografico è anche chiamato Storia Orale – storia in senso di suoni che lasciano la bocca. Le parole in questo caso sono lo strumento per descrivere la memoria, per esprimerla e comunicarla, per riflettere su di essa, e per indagare i punti di vista trasformati. Le parole e le formulazioni trasportano e creano immaginazioni. Nell’apprendimento biografico, la narrazione è generalmente collegata a tecniche come il disegno, la danza, ecc. Queste tecniche sono usate alternativamente, ma la narrazione e la comunicazione verbale sono sempre parte dell’apprendimento biografico. Per esempio, i partecipanti potrebbero rappresentare un’immagine della loro vita e poi descriverla scrivendo ciò che hanno disegnato. Un racconto, però, può essere anche avviato direttamente: possono essere rivolte delle domande ai partecipanti da discutere in gruppo o in sotto-gruppi (da due, tre o più persone … ). Un argomento biografico potrebbe essere trattato liberamente in plenaria, con la partecipazione di tutti: si racconta, si esprimono punti di vista e si fanno emergere altri argomenti di cui parlare. Questo metodo (procedura) richiede una grande sicurezza e bravura da parte del conduttore: c’è un metodo chiamato “apertura associativa” (assoziative Offenheit). Questo metodo prevede tecniche di sostegno per persone che vorrebbero esprimersi, ma hanno difficoltà a farlo in gruppo; fornisce risposte ai processi che attivano la paura e l’insicurezza tra i partecipanti e che potrebbero pregiudicare il lavoro del gruppo; aiuta a gestire la confusione che potrebbe essere avvertita dai partecipanti quando ci sono molti argomenti da trattare, preoccupazioni, coinvolgimenti che arrivano tutti insieme attraverso lo scambio narrativo nel gruppo; a rappresentare cosa può legare quei differenti racconti; a individuare quando la narrazione dovrebbe finire - quando è stato detto abbastanza - e ad avere il materiale necessario per andare avanti con il lavoro di riflessione. Dopo 29 la fase di associazione, narrazione e scambio, dovrebbe essere programmato un esercizio finalizzato all’individuazione dei risultati ottenuti con questa “apertura associativa”. Es. pensare individualmente a: quali narrazioni ti hanno più colpito durante l’apertura associativa? C’è un argomento sul quale ti piacerebbe continuare a lavorare? I partecipanti riportano le loro annotazioni su una parete e poi ne discutono in gruppo. Probabilmente ci saranno argomenti simili o forse diversi affissi alla parete: deve essere deciso su quali soffermarsi e quali rimandare a dopo. Poi, sarà necessaria una piccola pausa per dare al facilitatore il tempo di programmare il passo successivo. Il metodo dell’apertura associativa può anche essere applicato a un gruppo di persone anziane che condividono ricordi su un momento storico o personale. In questo caso, sarebbe opportuno registrare lo scambio narrativo con un registratore video o audio – se i partecipanti sono d’accordo – per archiviare quanto è stato detto. Adozione della ricerca biografica per l’apprendimento biografico La ricerca biografica fornisce il metodo dell’intervista biografica. Questa intervista sarà registrata con un registratore audio o video e poi trascritta. Il risultato dell’intervista sarà una narrazione biografica. Questo metodo può essere usato nel counselling e nel coaching, ma anche in un corso di formazione: i partecipanti si intervistano reciprocamente, organizzati in gruppi da due o da tre persone. L’intervista biografica a persone provenienti da paesi terzi può essere anche un valido strumento di lavoro per coloro che operano con i migranti, per capire meglio le loro situazioni e contesti di vita. Una narrazione che attraversa parte di una vita consente una comprensione olistica e multifattoriale di una situazione presente. I metodi fondamentali dell’intervista biografica possono essere descritti come segue. Un’intervista è fatta di due fasi: una fase aperta, in cui una persona narra i suoi ricordi in base alla propria struttura mentale; e una seconda parte guidata da un questionario. Il questionario include domande che l’intervistatore usa per scoprire qualcosa in più sull’intervistato ed esplorare più a fondo aspetti interessanti che sono già emersi nella prima fase dell’intervista. In ogni caso, l’intervistatore deve lavorare creativamente con temi e argomenti inaspettati che forniscono informazioni preziose. La storia orale significa scoprire la vita delle persone attraverso la loro narrazione biografica e ciò che essi sono disposti a condividere. Il racconto biografico è costruito, ma non inventato liberamente dal narratore. La costruzione si riferisce all’esperienza e alle influenze sul modo di agire degli individui. I risultati sono le narrazioni delle persone sulle esperienze ricordate e le conclusioni che ne hanno tratto. Una narrazione è anche il prodotto di un evento nella vita di due persone: l’incontro e l’interazione tra l’intervistatore e l’intervistato. I racconti non sono mai la verità – essi sono sempre mediati dal punto di vista contemporaneo del narratore - ciò che oggi ricorda del passato. Questo include una repressione psicologica a causa, per esempio, del senso di colpa, della vergogna o di un trauma. 30 Le bugie, gli aspetti nascosti, i dettagli non detti ecc. potrebbero essere interessanti. La domanda è: perché certe storie sono raccontate in un certo modo nel contesto di una intervista? L’intervista biografica è stata applicata nel progetto Grundtvig di Partenariato di Apprendimento denominato PASS (“PASS - Influence on Personal Access to Education for People with Migrant Background”), perché volevamo scoprire il senso che le persone attribuiscono alle loro esperienze di vita. Che cosa hanno appreso di utile nella società di accoglienza? Di che tipo di conoscenza hanno avuto bisogno? Quali strategie sono state attuate? Cosa li ha aiutati? Quali barriere hanno incontrato? E ancora: quali conoscenze e strategie li hanno aiutati nel superamento di queste barriere? Dopo aver definito l’ambientazione per le nostre interviste nel progetto PASS, ci siamo esercitati su questionari intensivi per la seconda fase. Abbiamo formulato una serie di domande per esplorare i contesti biografici dei migranti. Queste domande potrebbero servire come un modello di riferimento per i questionari da proporre nei processi di counselling e coaching per le persone con un’esperienza di migrazione. Si trova in Appendice, alla fine del manuale. Scrittura biografica La scrittura è un altro tipo di tecnica biografica che può essere applicata in maniera creativa, alternandola e anche combinandola con altri metodi in base alle preferenze e alle abilità delle persone con le quali si sta lavorando. Un’intervista biografica può essere trascritta e il testo scritto usato come base per un ulteriore lavoro biografico. Ma i ricordi possono anche essere scritti direttamente, senza narrarli: Esempio di un possibile esercizio: ricorda e scrivi il primo incontro fatto con una persona proveniente da un paese terzo. Dopo aver scritto le storie, i partecipanti possono leggerle in seduta comune. Successivamente si formano dei sotto-gruppi in base all’affinità dei ricordi e si comparano le esperienze simili. Ci si chiede: di quale supporto/consiglio può aver bisogno il mio collega? - Fatevi da coach a vicenda. Oppure: descrivete la vostra biografia e in seguito selezionate un partner con cui lavorare in coppia. L’uno legge attentamente la storia dell’altro cercando di carpire le rotture, le domande aperte, qualcosa che il partner non ha compreso, silenzi, ma anche parti affascinanti e molto vivide. Poi, si comunicano le proprie impressioni al partner. Prima della seduta comune, rifletti su ciò che ti ha colpito, interessato, stranito … nella tua comunicazione cosa hai imparato e scoperto? I ricordi scritti possono riguardare la vita delle persone in generale, senza concentrarsi su un aspetto specifico, oppure possono essere ben centrati; possono essere o meno ordinati cronologicamente, per es.: impressioni della mia biografia educativa; oppure, la mia vita durante gli anni Settanta. Possono essere anche usati elementi scritti come diari, lettere e poesie. Ai partecipanti può essere richiesto di portare al corso degli scritti sulle loro vite che potrebbero servire come spunto di riflessione. 31 Le biografie scritte possono essere lette in qualsiasi momento chiedendosi: attualmente sto ancora facendo i conti con questo problema, proprio come quando ho scritto questo testo? Che cosa è cambiato da allora e perché? Il cambiamento dei punti di vista, delle percezioni e le evoluzioni della persona possono diventare più chiari attraverso la rilettura di testi auto biografici a distanza di tempo. Visualizzazione: disegno, pittura Molte persone potrebbero non essere capaci di scrivere o semplicemente non gradire questa tecnica di lavoro. Quasi tutti, però, sanno disegnare in qualche modo. La prima reazione delle persone quando si chiede loro di disegnare nel processo di apprendimento autobiografico è: ma io non sono brava/o a disegnare! Dovrebbe essere spiegato che non occorre essere bravi in disegno e che il disegno è usato semplicemente per entrare in contato con la memoria, non per provare competenze artistiche! Disegnare o dipingere immagini, modellare corpi, es. lavorare con la creta, è un buono strumento per stimolare la memoria. In sostanza, tutte le espressioni creative sono utili per accedere alla memoria autobiografica. Primo, nell’applicazione della visualizzazione, un formatore dovrebbe spiegare ai partecipanti su che cosa si lavora: Es.: disegnare un’immagine o modellare una scultura con l’argilla mentre si pensa al proprio percorso di istruzione. Dopo aver realizzato un oggetto o disegnato un’immagine individualmente, si passa a lavorare in sotto-gruppi (di 5, 6, 7 persone). Il creatore racconterà ciò che ha prodotto. Gli altri condivideranno ciò che percepiscono o faranno domande. Ogni opera merita speciale attenzione in quanto espressione della memoria personale. Questi esercizi combinano sempre creazione, narrazione e riflessione. Rispetto alla semplice narrazione, le tecniche creative facilitano l’accesso alla memoria nascosta. Sotto lo stimolo degli impulsi sensoriali la memorizzazione sarà molto più semplice: l’immagine o la scultura realizzate trattengono subito l’impressione del contemplatore; mentre la narrazione richiede sempre un certo grado di concentrazione. Queste opere, poi, possono essere anche portate a casa diventando depositarie di un vivido ricordo – non solo del ricordo ispirato dalla memoria, ma anche del ricordo del lavoro di gruppo. Esempi di esercizi che usano il disegno per stimolare la memoria: 1. Ogni partecipante lavora individualmente: Disegna un’immagine che rappresenta il tuo percorso di istruzione e di apprendimento. Segna tre importanti eventi/periodi con un colore speciale (o metti un piccolo oggetto su di essi. Gli oggetti possono essere procurati dal docente o dal partecipante). Successivamente, in plenaria o in sotto-gruppi: Descrivi la tua immagine e il tuo percorso; gli altri reagiscono alla tua descrizione con delle impressioni (io vedo nella tua immagine …). È importante chiarire che chi dà un riscontro, si limita a offrire impressioni e percezioni, senza giudicare! Il creatore dovrebbe sentirsi ascoltato, non 32 criticato. Poi, in seduta comune dovrebbe essere discusso di come le persone si sono sentite con questo esercizio, quali esperienze hanno fatto e che cosa hanno appreso. 2. L’esercizio seguente richiede più tempo visto che è diviso in tre parti: Prima parte, ogni partecipante lavora individualmente: Rappresenta un’immagine di te, di quando ancora vivevi nel tuo paese di origine. Dopo i partecipanti si organizzano in gruppi da tre – descrivono le loro immagini gli uni agli altri e interagiscono come prima descritto (nel caso dell’esempio precedente). Nella riunione di gruppo, il formatore deve chiedere ai partecipanti le impressioni sull’esperienza vissuta con l’esercizio e ciò che hanno provato; deve scoprire se qualcuno ha bisogno di un supporto specifico o se il gruppo è capace di andare avanti con questo lavoro. Il secondo passo: Ogni partecipante, individualmente, rappresenta la sua situazione nel paese ospitante. Di nuovo le immagini saranno raccontate in gruppi da tre. Lo scopo della successiva riunione di gruppo sarà lo stesso di quello esposto prima. Il terzo passo: ogni partecipante individualmente rappresenta un’immagine di sé, in una certa situazione, da qui a tre (o anche più) anni. Ancora, i partecipanti si riuniscono e discutono in gruppi da tre; il formatore agevola l’emersione dello stato d’animo dei partecipanti e del gruppo in plenaria. 3. Un altro esercizio individuale: Prendere un foglio di carta e disegnare una croce ottenendo quattro sezioni. Nel primo riquadro, rappresentare come tu osservavi gli stranieri da piccolo, nella seconda sezione come li osservavi da ragazzo/a, nella terza da adulto/a e nella quarta nella tua vita professionale o magari in futuro. Se non ci sono troppi partecipanti, si può sviluppare questo esercizio in plenaria. Potrebbero essere presi degli appunti sulle esperienze importanti e messe in ordine - per comparare, trarre conclusioni, comprendere che cosa si è appreso dall’esperienza biografica altrui. Viaggi immaginari – il viaggio della memoria I viaggi immaginari possono stimolare intensamente la memoria. Durante questi viaggi potrebbe essere più difficile, per alcune persone, mantenere il controllo di ciò che si vuole ricordare, rispetto a quanto avviene con la tecnica del disegno o la narrazione. Inoltre, questo metodo deve essere usato attentamente – conoscendo bene i partecipanti e lo scopo del corso. Gli impulsi ricevuti durante il viaggio devono essere chiaramente considerati prima. Se il formatore applica il metodo del viaggio immaginario della memoria è consigliabile che lo faccia con il sostegno di una letteratura adeguata ed è indispensabile che prima lo abbia sperimentato su di sé. All’inizio di questo viaggio i partecipanti sono invitati a rilassarsi emotivamente e psicologicamente - spesso con l’accompagnamento di una musica dolce. Questi viaggi guidano i partecipanti prima verso graziosi spazi interiori come un giardino immaginario, un albero … e poi verso altri luoghi, come un lago ... e da qui comincia il vero viaggio. Per i corsi sulle TBT offro qui solo un esempio – una versione “leggera” di un viaggio immaginario o, più correttamente, di un viaggio della memoria per stimolare lo scambio biografico tra i partecipanti. Se abbiamo un gruppo transculturale, il viaggio può essere di aiuto per favorire la reciproca comprensione, comparando situazioni concrete collegate a un certo argomento. Argomenti universali potrebbero essere il cibo, il mangiare, il vestirsi ecc. Un testo per guidare questo viaggio della memoria lo potrete trovare in appendice a questo manuale. 33 Es.: “Mangiare”. I partecipanti dovrebbero sedersi, chiudere gli occhi e rilassarsi (il formatore li guiderà). Il conduttore chiederà loro di ricordare una situazione del passato (infanzia), di quando stavano con altre persone; fa domande, la maggior parte collegate a percezioni sensoriali, e dopo ogni domanda lascia del tempo per immaginare: Dove sei? Quali colori ci sono? Chi c’è con te? Sei seduto o in piedi? Come sembra l’arredo? Che odore c’è? Come ti senti? Chi ha preparato da mangiare? Chi l’ha portato? Chi l’ha assaggiato? Come sono le voci delle persone? Chi parla? Di cosa sta parlando? Dopo questo piccolo viaggio in una situazione concreta del passato, il formatore deve chiedere alle persone lentamente di ritornare dal mondo immaginario al mondo reale. Dopo questa esperienza, i sotto-gruppi, di tre o quattro persone, si devono ricomporre e scambiarsi i loro ricordi. Successivamente, in plenaria, saranno discussi i punti in comune o le differenze avvertite. Il formatore farebbe bene a ricordare che uno scopo di questo esercizio è quello di rafforzare la consapevolezza dei partecipanti ad imparare attraverso lo scambio: quali pregiudizi avevo, che cosa ho imparato ora? Come può essere adattata al mio lavoro questa comprensione e consapevolezza allargata? Oggetti, immagini, foto per stimolare la memoria I ricordi sono spesso connessi agli oggetti o alle immagini. Le foto spesso racchiudono storie che non sarebbero state raccontate senza. Oggetti e foto possono essere usati per guardare il passato da un altro punto di vista, interpretarlo in maniera nuova. Nei gruppi, essi possono essere combinati per creare un gruppo di storie – per trovare punti di connessione ed esprimere processi di apprendimento. Può essere organizzata una mostra di oggetti rappresentati da vestiti, mobili, giocattoli, contenitori … E le storie che accompagnano gli oggetti possono essere scritte o registrate. Ai partecipanti, prima del seminario, può essere chiesto di portare due o tre foto o oggetti che rappresentano esperienze vissute con altre culture. In plenaria, tutti parlano dei loro oggetti e delle loro foto. Oppure si può farlo in sotto-gruppi ponendosi domande come: quale altra foto/oggetto mi incuriosisce? Da chi mi piacerebbe sapere di più sulla foto/oggetto? Le persone possono parlare prima in sotto-gruppi dei loro oggetti e di cosa li stupisce. Questo modo di interagire è stimolante e dovrebbe poi essere applicato al gruppo intero allo scopo di allargare la comprensione reciproca attraverso l’ascolto concreto, la riflessione, il confronto e trarre conclusioni per il proprio lavoro. Musica La musica è uno speciale magazzino di ricordi. Ascoltando un brano o una canzone, ricordi del passato sono immediatamente e intensamente attivati – specialmente ricordi affettivi. Allo stesso tempo la musica, proprio come il cibo, è uno strumento particolarmente adatto allo scambio tra persone di culture diverse. Ai partecipanti può essere chiesto di portare una canzone, un brano musicale, che risultava davvero strano al primo ascolto. Si organizzano in sotto-gruppi da quattro o cinque persone e si riuniscono in stanze diverse. Ascoltano il brano che hanno portato e raccontano di 34 quando l’hanno ascoltato per la prima volta: cosa è accaduto allora e come la loro percezione è cambiata ascoltandola successivamente. Altri partecipanti esprimono le loro percezioni sulla canzone. Di nuovo, l’esperienza dell’esercizio va condivisa non solo nei sotto-gruppi, ma anche con il gruppo completo e collegata alle tematiche del cambiamento di prospettiva e dell’apprendimento per capire. Nel caso di gruppi di professionisti che volessero utilizzare le TBT, un altro argomento interessante è come intendono utilizzare questa consapevolezza in ambito professionale. Teatro pedagogico - psicodramma Durante il Partenariato di Apprendimento Grundtvig – PASS, abbiamo esplorato le biografie delle persone immigrate in Lituania, Turchia, Italia, Austria e Germania. Sulla base di quei racconti, Mario Azzopardi, Direttore del Malta Drama Centre, ha scritto un testo teatrale di biografia sociale. È stato messo in scena da un gruppo di giovani migranti a Innsbruck/Austria, da un gruppo di migranti di Aurich/Germania e anche da attori del Malta Drama Centre. L’ultima versione è stata registrata in uno studio di produzione. Il teatro pedagogico, o psicodramma, è di grande aiuto per lavorare con persone che vivono o hanno vissuto situazioni di insicurezza, di ingiustizia, di conflitto ecc. I metodi teatrali sono preziosi, se combinati con il lavoro biografico, per analizzare la storia da un altro punto di vista e ottenere risposte su come gestire situazioni simili in futuro. Per i corsi sulle TBT, questi metodi possono essere utilizzati per lavorare sulle esperienze transculturali e sulle relative storie che i partecipanti portano dalla loro vita professionale. I partecipanti, in seguito, potranno applicare giochi di ruolo al lavoro biografico nelle loro pratiche quotidiane con i loro utenti. I formatori, così come i partecipanti, che usano questi metodi nella loro professione, devono avere una preparazione e/o aver fatto esperienza personalmente di tali metodi (role play e psicodramma). Una tavola delle tecniche usate nell’approccio autobiografico è presentata di seguito. Essa è chiaramente incompleta, ma fornisce una breve e utile guida ai metodi discussi in questo manuale. 35 Tavola 3.1. Metodi e tecniche biografiche Categoria Verbalizzazione/n arrazione Metodi Forme sociali Materiali di preparazione del setting Associare i ricordi con degli argomenti specifici –seguendo il flusso dello scambio di ricordi. Seguito da un esercizio centrato su comprensioni importanti risultanti dalle libere associazioni di ricordi Inizio con domande. Nella prima parte l’intervistato può parlare senza interruzioni, mentre la seconda parte è imperniata su differenti domande Da farsi dopo la realizzazione di qualsiasi tipo di memorizzazione (pittura, musica, disegno..). E’ importante avere chiaro l’argomento in questione e fare domande precise. Ognuno deve avere l’opportunità di parlare Modellare il Lavoro Biografico come una ricerca. Per esempio “La storia della mia famiglia” Per esempio intervistare anziani membri della famiglia (come descritto nel capitolo 3) Plenum o gruppi di almeno 5 persone Sedie in circolo Gruppi di 2 o 3 persone Registratore Questionario Gruppi di 2 o 3 persone, plenaria Sedie in circolo. Fogli per appunti Individuale o in sottogruppi Fonti diverse (diari, lettere) Osservare e analizzare le fonti disponibili, per esempio della storia di famiglia. Individuale o in sottogruppi Trascrivere i ricordi Può essere combinato con tecniche di visualizzazione per stimolare I ricordi e con tecniche di narrazione su ricordi trascritti. Scrivere, modellare e assimilare i ricordi. Una situazione attuale può essere trascritta per diventare materiale di ricordi in futuro. Oppure visioni del futuro possono essere trascritte per identificare in futuro dei cambiamenti e realizzazioni. Individuale, scambi in gruppi Registratore Fogli per appunti Questionario Fonti disponibili. Fogli, matite Eventualmente un computer Materiali per scrivere Quaderni Individuale, scambi in gruppi Materiali per scrivere Quaderni Libere associazioni Intervista Scambio su un argomento specifico Ricerca Intervista Scrittura Contesto Attualità e futuro 36 Categoria Visualizzazione Metodi Dipingere e disegnare Presentazione di collage di foto Contesto Forme sociali Materiali di preparazione del setting “Disegna o dipingi il tuo percorso di vita, secondo un argomento specifico”, (Per esempio “Il mio percorso di studio”) Individuale, poi scambi in gruppi (in plenaria se con pochi partecipanti) Un foglio viene diviso in quattro parti. In ciascuna sezione viene disegnata un’immagine dell’infanzia (in alto a sinistra), della gioventù (in alto a destra), di vita adulta (in basso a sinistra) e di una visione del futuro, della professione per esempio (in basso a destra) secondo certi argomenti, (per esempio come vedi gli uomini o le donne durante un certo periodo della vita… Questo esercizio può essere accompagnato o preceduto da un immaginario percorso di ricordi. Prima fase: disegna un’immagine della tua situazione (es. professionale) di tre anni fa. Seconda fase: disegna un’immagine della tua situazione attuale. Terza fase: disegna un’immagine futura, una visione proiettata nei prossimi 3 anni. Immagini flash della situazione passata, presente e futura. Discussione subito dopo. Individuale, poi scambi in gruppi (in plenaria se con pochi partecipanti) Fogli 60X90 Cera, gessetti, matite colorate, matite da disegno. Spazio a sufficienza per tutti, tavoli Fogli 60X90 Cera, gessetti, matite colorate, matite da disegno. Spazio a sufficienza per tutti, tavoli Fare delle sculture Produzione di una scultura pensando al passato, quando…Un periodo della vita, quando… Oppure: esprimo un sentimento degli anni Ottanta (oppure del mio periodo scolastico, quando) con l’argilla, il pongo. Lavoro con stoffe Mostra Scultura su un tema specifico Prodotti del metodo di visualizzazione e delle fonti (con interpretazione e descrizione) oppure ricordi trascritti possono essere presentati in una mostra. Individuale; Scambi in gruppi di 3 persone dopo la fase del disegno Tempo a sufficienza Fogli DIN A 3 o DIN A 2 Cera, gessetti, matite colorate, matite da disegno. Spazio a sufficienza per tutti, tavoli Individuale. Poi discussione in gruppi (in plenum se pochi partecipanti) Possibilità di produrre una mostra Individuale o in sottogruppi. Anche in plenaria se c’è spazio per produrre una scultura Individuale o in gruppi Giornali, riviste, fogli per ritagliare figure. Macchina fotografica Plenaria, con scambio di compiti tra I sottogruppi Ogni tipo di materiale, tavoli. Tempo a sufficienza!! Materiali come legno, argilla oppure materiali di riciclo. Tempo a sufficienza!! 37 Categoria Metodi Viaggio immaginario L’albero genealogico Guardare a situazione del passato e del futuro Speciali situazioni del passato Stimolare i ricordi attraverso: Foto Cartoline Oggetti Musica Contesto Il Viaggio immaginario Può essere applicato per stimolare I ricordi di fronte a una pittura, disegno, scultura.. Oppure stimolare i ricordi attraverso di esso per parlarne subito dopo. Guidando sempre i partecipanti ad un relax fisico prima di iniziare il percorso di ricordi Guidare verso le radici, il tronco, i rami le foglie, i fiori … incontrando i parenti nella storia. Questo metodo dovrebbe essere condotto da una persona con una competenza psicoterapeutica Guidare verso situazioni concrete: per esempio pensare ad un stanza dove hai lavorato tre anni fa, dove lavori adesso o lavorerai fra tre anni. Seduti su delle sedie. Guidare i partecipanti verso una situazione passata, incoraggiando a ricordare attraverso domande riferite a ricordi legati ai sensi. Prima dell’inizio del corso si può chiedere ai partecipanti di portare degli oggetti che per loro hanno un significato per parlare di essi. Che cosa significano? Quali ricordi contengono? Storie possono essere raccontate da foto. Foto possono essere usate per creare delle mostre. Immagini portate dai partecipanti o dal trainer (raccolte dai partecipanti) da collegare ai ricordi. Oggetti portati dai partecipanti o dal trainer (raccolte dai partecipanti) da collegare ai ricordi. Musica può provocare ricordi di situazioni passate. Può sollecitare canti e danze. Il canto e la danza a loro volta possono attivare altri ricordi. Spesso ricordi felici che si possono rivivere. Forme sociali Individuale – guidati da un docente. Seguito dalla plenaria o in sotto-gruppi secondo le esperienze Individuale – guidati da un docente. Seguito dalla plenaria o in sotto-gruppi secondo le esperienze Individuale – guidati da un docente. Seguito dalla plenaria o in sotto-gruppi secondo le esperienze Materiali di preparazione del setting Rilassante musica di sottofondo Materiali necessari Plenaria o sottogruppi. Foto Plenaria o sottogruppi. Immagini Individuale, Plenaria o sottogruppi Discussione in plenaria o in sottogruppo Canto e danza preferibilmente in plenaria Oggetti CD Player. Testi di canzoni. Spazio per danzare. 38 Categoria Teatro Metodi Contesto Forme sociali Materiali di preparazione del setting Gioco pedagogico dei ruoli Drammatizza zione Un metodo specifico. Il trainer deve avere delle esperienze precedenti. Si lavora su situazioni per trovare possibili attitudini diverse per simili situazioni in futuro. Il formatore deve avere esperienze precedenti. SI va più a fondo nei ricordi passati (infanzia) che quando si fanno dei giochi pedagogici e simili lavori. Si affrontano possibilità di cambiamento in situazioni collettive. Plenaria o in gruppi (non troppo piccolo) Spazio necessario e qualche altro requisito. Plenaria o in gruppi (non troppo piccoli) Spazio necessario e qualche altro requisito. Gruppi grandi, plenaria Può essere condotto da un docente con una definita professionalità per raccogliere informazioni sulle relazioni familiari dei partecipanti, oppure con persone che ci stanno guidando e consigliando. E’ un ottimo strumento per esplorare il passato familiare, le relazioni, gli ostacoli, le capacità. Può essere prodotto da persone che sono guidate e consigliate o da partecipanti a un seminario. Individuale e/o discusso in gruppi (di 3-4 persone) e parzialmente in plenaria Spazio necessario e qualche altro requisito. Il pubblico da coinvolgere. Materiale per scrivere Teatro sociale Genogramma Album dei ricordi Individuale e/o discusso in gruppi (di 3-4 persone) e parzialmente in plenaria Quaderno, materiale per scrivere, foto 39 CAPITOLO 4 ESEMPI DELLE PRATICHE MIGLIORI DI TBT SPERIMENTATE NEI CORSI PILOTA Elisabetta Cannova, Marco Bono, Manuela Carboni, Giorgio Comi, Leta Dromantiene, Francesca Di Nardo, Hüseyin Gül, Songül Sallan-Gül, H. Eylem Kaya, Welly Marguerite Lottin, Sarmite Mikulioniene, Paolo Raimondi, Elisabeth Reiter, Annemarie Schweighofer-Brauer, Manuela Schweigkofler and Irena Zemaitaityte Strumento di lavoro: schemi-tipo di programma didattico Nella preparazione dei programmi formativi dei corsi pilota del progetto Realize si è usato lo schema preparato dai partner italiani. E stata usata anche una versione semplificata. Entrambe le versioni contenevano le seguenti indicazioni: Titolo del corso/seminario: Luogo: Orario: Numero dei partecipanti (eventualmente indicando anche i campi professionali e il genere): Formatore/i: Materiali, strumenti, sala a disposizione: Il formatore porta/prepara: Obiettivi principali del corso/seminario: Di seguito sono riportati due schemi-tipo. Si riportano gli esempi di alcune unità didattiche del corso per chiarire i contenuti delle categorie indicate. 40 Tavola 4.1. Schema 1 di un corso Tempi 15:0016:30 20 minuti 30 minuti 40 minuti Unità didattica Ricorda – recordor (lat.): riportare i ricordi alla luce Obiettivi (Scopi specifici di ogni unità didattica) - Iniziare il processo del ricordare - Avviare il processo di apprendimento attraverso le potenzialità personali - Raccolta di idee dalle esperienze dei partecipanti sull’utilità del Lavoro Biografico Contenuti Il Lavoro Biografico si basa sulle risorse personali. Nei processi di apprendimento impegnativi e stancanti può essere utile divenire consapevoli delle proprie risorse e potenzialità: “Questo lo so già fare!“ “Pensa ad una situazione, ad un momento della vita i cui ricordi ti possono essere utili oggi. Descrivi questa esperienza nel tuo portfolio personale e scegli una cartolina che lo rappresenti.” “Con chi vorresti avere uno scambio di idee nel tuo sotto gruppo?” “Che ricordi mi vengono in mente nel mio percorso di recupero della memoria? Quali potenzialità scopro?” 1. “Come è stato per te l’esercizio?” 2. “Ho scelto questa cartolina perché …” 3. “Tieni le cartoline che hai scelto come simbolo della potenzialità con cui hai iniziato il processo di apprendimento: ‘In questa situazione ho imparato dalla mia biografia.’ Le cartoline possono essere raccolte insieme nel tuo portfolio.” 4. “Come questo esercizio ti può aiutare a raggiungere il tuo obiettivo di apprendimento?“ 5. “Questa esperienza può essere applicata nel tuo campo professionale?” Metodologia Materiali in uso e Setting formativo Disposizione in circolo Lavoro individuale – I partecipanti prendono note sul loro quaderno Le cartoline sono poste al centro della stanza I partecipanti formano sotto gruppi di tre Discussione nei sotto gruppi Discussione in plenaria Cartoline con varie immagini, colori, ecc. distribuiti dai docenti Raccoglitori dei partecipanti Utensili per scrivere Spazio per i sotto gruppi Lavagna a fogli mobili Raccoglitori dei partecipanti Colla 41 Tavola 4.2. Schema 2 di un corso Data e Unità didattica 28 Ottobre ‘11 15:00 - 16:30 Strutture e forme sociali di lavoro/metodologie Titolo dell’unità didattica e contenuti Ricorda – recordor (lat.): riportare i ricordi alla luce - Iniziare il processo del ricordare - Avviare il processo di apprendimento attraverso le potenzialità personali - Raccolta di idee dalle esperienze dei partecipanti sull’utilità del Lavoro Biografico Lavoro individuale – I “Pensa ad una situazione, ad un momento della vita i cui ricordi ti possono partecipanti prendono essere oggi utili. Descrivi questa esperienza nel tuo portfolio personale e note sul loro quaderno. scegli una cartolina che lo rappresenti.” Le cartoline sono poste al centro dell’aula I partecipanti formano “Con chi vorresti avere uno scambio di idee nel tuo sotto gruppo?” sotto gruppi di tre persone “Quali ricordi mi vengono in mente nel mio percorso di recupero della Discussione nei sotto memoria? Quali potenzialità scopro?” gruppi Discussione in plenaria 1. “Come è stato per te l’esercizio?” 2. “Ho scelto questa cartolina perché …” 3. “Tieni le cartoline che hai scelto come simbolo della potenzialità con cui hai iniziato il processo di apprendimento: ‘In questa situazione ho imparato dalla mia biografia.’ Le cartoline possono essere raccolte insieme nel tuo portfolio.” 4. “Come questo esercizio ti può aiutare a raggiungere il tuo obiettivo di apprendimento?“ 5. “Questa esperienza può essere applicata nel tuo campo professionale?” Materiali in uso e Setting formativo Fogli/cartoncini con vari motivi, colori, ecc. distribuiti dai trainer Raccoglitori dei partecipanti Utensili per scrivere Spazio per i sotto gruppi Lavagna a fogli mobili Raccoglitori dei partecipanti Colla 42 Esercizi TBT Iniziare un seminario/motivazionale Titolo dell’esercizio: Immagini di strade o di porte (corso pilota in Lituania) Durata (min/max): da 30 a 60 minuti Gruppi di lavoro: Il metodo può essere utilizzato per gruppi differenti di lavoro: insegnanti, operatori sociali, migranti, disoccupati, anziani. Descrizione: Il metodo può servire come esercizio “rompighiaccio” per iniziare le attività. I partecipanti devono scegliere un’immagine che, secondo loro, risponde meglio alle seguenti domande: Che strada hai fatto per venire qui? Quale porta hai aperto per entrare in questo posto? I partecipanti spiegano l’immagine scelta, cosa pensavano prima di venire, che barriere hanno dovuto superare prima di arrivare al seminario e che cosa hanno pensato incontrando un gruppo di persone non conosciute. Al termine di questo esercizio tutti i partecipanti possono condividere che cosa hanno provato durante il compito. La durata dovrebbe essere di 30 minuti. Setting formativo: Una sala ampia con delle sedie disposte in circolo. Materiali di supporto: Il facilitatore prepara le immagini/foto delle strade o delle porte, traccia dei percorsi e dispone il tutto su un tavolo. Il numero di immagini dovrebbe essere sufficiente per tutti. Risultati: L’introduzione e lo scambio di esperienze attraverso l’uso di oggetti o di foto aiuta i partecipanti ad aprirsi ed a parlare di fronte ad un gruppo di persone. E’ un buon inizio per le attività che seguiranno. Titolo dell’esercizio: cibo, spezie e frutti – un ponte di sapori (corso pilota in Italia) Durata (min/max): Oltre 60 minuti in quanto l’esposizione rimarrà aperta tutto il tempo e i partecipanti vi possono ritornare, se lo vogliono. Gruppi di lavoro: Tutti, in particolare i migranti e le persone provenienti da differenti luoghi. Descrizione: Poiché nel corso pilota realizzato a Roma da Griot e da Speha Fresia vi erano molti leader di organizzazioni di migranti provenienti da differenti paesi come la Nigeria, il Camerun, Capo Verde, il Madagascar, l’Albania, il Giappone, la Cina, per l’esercizio si è voluto usare il cibo, le spezie, i frutti e i profumi. Tutti questi elementi sono molto importanti e utili a stimolare i ricordi e a iniziare discussioni positive sia sulle diversità apparenti sia sulle tante somiglianze. Sono stati scelti cibi provenienti da differenti luoghi, i cosiddetti prodotti esotici e quelli locali, quali la manioca, le patate dolci, le banane verdi, il riso, fiori e ceci, carote, ananas, banane, zafferano, differenti curry, zenzero, oli differenti, profumi, ecc. E anche altri oggetti, strumenti musicali africani quali il bongo, il balafon, vecchi e nuovi telefoni, vecchie machine da scrivere, lampade a petrolio, ecc. I cibi e gli oggetti sono stati ben presentati su un tavolo con una tovaglia molto colorata e dei fiori. Tutto molto bello! 43 È stato preparato tutto prima dell’inizio del corso pilota. La cosa ottimale sarebbe quella di creare la mostra in una sala separata visibile all’entrata, dove i partecipanti potrebbero in seguito anche fare la pausa caffè. La preparazione può richiedere una mezz’ora circa nella sede dell’incontro e un po’ più di tempo per comprare o raccogliere il materiale per la sessione. Il costo è di pochi euro e parte del materiale può essere in seguito usato e cucinato. I partecipanti si sono ritrovati spesso nella sala della mostra a guardare gli oggetti, iniziando tra loro degli scambi di opinione in modo informale. Alcuni hanno iniziato a raccontare delle storie dei loro paesi di nascita. Hanno posto domande, scambiato idee, chiesto nomi e usi degli oggetti e dei cibi. Hanno ricordato quando li hanno usati, hanno chiesto dei loro sapori, ecc. Questi scambi si sono tenuti anche senza la presenza del formatore. È rilevante notare che durante l’intera giornata, in particolare nelle pause caffè, la sala dell’esposizione è diventata il luogo di incontro dove i partecipanti hanno potuto scambiarsi i propri ricordi e hanno potuto conoscersi meglio. L’esercizio consiste nella continuazione delle discussioni informali e i partecipanti scelgono un oggetto, un frutto, oppure un vegetale, presentato nella mostra, perché lo conoscono, oppure perché è importante nel paese di origine o per la propria vita personale. I partecipanti raccontano i ricordi legati all’alimento o all’oggetto scelto, spiegano perché lo hanno scelto e che cosa ricordano della loro vita in rapporto ad esso. Questo esercizio non sfida l’identità delle persone, non mette in imbarazzo i partecipanti, ma li prepara dolcemente ad un più lungo percorso nei ricordi. Il docente può facilmente guidare i partecipanti a scoprire le somiglianze dei cibi. Si potrà scoprire, per esempio, che la cipolla africana o quella europea hanno lo stesso odore. Setting formativo: Disponete gli alimenti in una sala differente da quella dell’aula formativa su un tavolo ben decorato e con molti colori, in un modo molto attraente, eventualmente con vecchi strumenti musicali e altri oggetti. Materiali: Piccole quantità di differenti cibi, spezie e frutti insieme a differenti oggetti (come descritto in precedenza). Risultati: Contatti sociali rilassati e coinvolgimento diretto e informale dei partecipanti. Si crea un’atmosfera familiare, aperta al dialogo, che fa emergere più facilmente dei ricordi positivi. Strumenti di valutazione: È un modo per conoscere immediatamente e in un modo positivo alcuni ricordi importanti dei partecipanti. Fornisce fin dall’inizio piccoli, ma significativi indizi per il lavoro futuro. Suggerimenti: La mostra dovrebbe essere mantenuta per l’intera sessione in quanto può offrire delle idee e degli stimoli per continuare le discussioni o per prendere le distanze da situazioni più difficili e tese. Titolo dell’esercizio: Caro amico, mi scrivo una lettera (corso pilota Svizzera) Introduzione: Presentiamo tre attività portate avanti nel corso pilota organizzato dal Labour Transfer nel Canton Ticino. I primi due esercizi (Caro amico, mi scrivo una lettera; Un luogo e la mia esperienza) sono solitamente suggeriti per i primi incontri, mentre il terzo esercizio (Musica (prima parte) – Un pezzo musicale e Musica (seconda parte) – La mia storia nella musica) presuppongono che i partecipanti si conoscano già un poco e che ci sia una base di reciproca 44 fiducia. Infatti, è possibile che nel terzo esercizio alcuni partecipanti condividano dettagli più intimi delle propria biografia che potrebbe favorire un’esperienza di scambio più ricca e più significativa ed una scoperta reciproca della persona. L’esercizio inizia decidendo insieme le forme di ascolto e di scambio, la confidenzialità di quello che si sente, si vede e si vive e ci si impegna ad evitare di dare giudizi sugli altri. Durante l’esercizio i partecipanti potrebbero manifestare forti emozioni, dei giudizi e dei paragoni con altre situazioni, delle critiche fuori luogo, ecc. Non si vogliono creare situazioni di censura, ma piuttosto favorire dei momenti di dialogo con gli altri e anche un confronto con i propri modi di vedere e i propri valori. Tutte le attività sono proposte con una sperimentazione personale e lasciano abbastanza tempo per una doppia analisi: si incoraggia la discussione su di sé e su come l’esercizio si è sviluppato e poi si propone uno scambio di idee per immaginare possibili applicazioni nelle differenti professioni. Durata (min/max): Prima parte: 20 minuti per il lavoro individuale di scrittura e 10 minuti per la discussione di gruppo. Seconda parte: 10 minuti per il lavoro individuale di lettura e 30 minuti per la discussione di gruppo. Gruppi di lavoro: Formatori, facilitatori, operatori sociali, coloro che lavorano con migranti ed in contesti di educazione degli adulti e di educazione in generale. Descrizione: Prima parte - I partecipanti scrivono una lettera a se stessi. La lettera viene chiusa e data al formatore che la restituirà alla fine del corso. In questo modo i partecipanti si mandano una lettera nel futuro. Essa racconta che cosa si vuole fare, dove si immagina di essere alla fine del corso, che cosa ci si aspetta e cosa sarà raggiunto. Alla fine di questa fase il formatore inizia una discussione su come si è svolta l’attività (per esempio: Che cosa hai provato? Cosa ti ha provocato? Hai definito un punto di arrivo? Sai già cosa vuoi ottenere…?) Seconda parte - Il formatore trattiene le lettere fino alla fine del corso quando saranno restituite agli autori. Ad un certo punto il formatore restituisce le lettere. I partecipanti sono invitati a leggerle ad alta voce e sollecitati a partecipare alla discussione sull’esercizio e su come i partecipanti hanno reagito di fronte agli aspetti simili o alle discordanze tra quello che è stato scritto (le aspettative) e le conclusioni del corso (la situazione in quel momento) e quali sono le loro riflessioni (che cosa provano, cosa vogliono dire, fare proporre, come ripensano alla lettera. ecc.). Setting formativo: L’attività di scrittura collega l’inizio e la fine del corso. Ciò permette ai partecipanti di fissare degli obiettivi. Attraverso l’esperienza formativa essi elaborano nuove conoscenze, nuove attività e nuove capacità. Il formatore incoraggia i partecipanti a ricordare situazioni in cui spesso le capacità emergono quando si analizza il lavoro svolto. Spesso i risultati sono presenti, ma sono visibili soltanto guardando indietro verso quanto fatto. Essendo un’attività individuale è importante organizzare degli spazi dove i partecipanti possano trovare la necessaria tranquillità per riflettere. 45 Il formatore conduce l’attività con parole che favoriscono la riflessione, con un linguaggio evocativo lontano nel tempo e nello spazio (che cosa immagini, in quali situazioni ti piacerebbe essere, che cosa desideri). È quindi opportuno evitare esempi concreti e date precise. L’esercizio potrebbe sollecitare i partecipanti a pensare a nuove capacità, ad azioni didattiche. In questo esercizio è importante che i partecipanti si focalizzino su se stessi. Materiali: Fogli A4, penne, buste. Scopi: I partecipanti definiscono le proprie aspirazioni e le scrivono sul foglio (prima parte). I partecipanti poi si confrontano con le aspettative descritte e ripensano al loro percorso formativo. Offrono le proprie riflessioni e analisi sulle loro aspettative, sugli obiettivi, sulle loro idee rivolte al futuro. Strumenti di valutazione: Una prima valutazione è data dai partecipanti stessi quando leggono la lettera. Una seconda valutazione si sviluppa attraverso la discussione di gruppo. Suggerimenti: Nella nostra situazione la durata è motivata dall’inizio e dalla fine del corso che è di circa 6 mesi. Si può pensare di lavorare per periodi più lunghi o più corti. Dipende dalle possibilità, dalle aspettative e dagli obiettivi che si vogliono raggiungere. Il titolo dell’esercizio: “Caro amico, mi scrivo una lettera” si ispira al nota canzone di Lucio Dalla “L’anno che verrà”, dove l’autore inizia dicendo: “Caro amico ti scrivo” e immagina di mandarla ad un amico per informarlo di cosa è successo durante l’anno che sta per finire e immaginando quello che potrebbe avvenire nell’anno seguente. Titolo dell’esercizio: Il luogo come esperienza (corso pilota svizzero) Durata (min/max): Riflessione individuale: 5 minuti Riflessione di gruppo: 20 minuti Gruppi di lavoro: Facilitatore, facilitatori, operatori sociali, coloro che lavorano con migranti e in altri contesti di educazione degli adulti e di educazione in generale. Descrizione: Nel nostro caso l’esercizio è stato presentato per individuare il luogo del training. Alcune istruzioni sono state date ai partecipanti: formulare una lista di elementi per paragonare il luogo in cui si trovano in quel momento e quello dove normalmente vivono; descrivere le esperienze di quando sono a casa e di quando sono in posti diversi. Poi le riflessioni vengono presentate all’intero gruppo. Nella discussione di gruppo il facilitatore può suggerire la creazioni di categorie in modo da raccogliere tutti gli elementi espressi dai partecipanti. Se la discussione non inizia in modo spontaneo, il facilitatore può favorire un’analisi riflessiva con alcune domande: cosa senti quando queste emozioni vengono evocate? Come hai lasciato il tuo paese di origine? Come sei entrato in contatto con il nuovo paese? Quali sono i punti concreti di riferimento nella tua vita? In questo modo i partecipanti possono esplorare i temi della migrazione, del viaggio, del lavoro, lontani da casa. 46 Setting formativo: Durante la discussione il facilitatore può utilizzare alcune domande aperte per incoraggiare la discussione stessa. Per esempio: cosa ti fa sentire o non ti fa sentire a casa? Cosa limita o favorisce una vita felice in un paese diverso? Come hai lasciato il tuo paese di origine? Come hai affrontato il nuovo paese? Il metodo può essere usato per un’analisi più approfondita sul paese che lo ospita ma questo richiede alcuni cambiamenti e l’utilizzo di specifiche competenze. La riflessione può iniziare parlando dei paesi di origine ma anche, e questo è molto importante, del paese di arrivo; oppure usare il viaggio (inteso come cambiamento di paese, di luogo, di lavoro, ecc.) per aiutare i partecipanti a riflettere sul viaggio come un migrante. Inoltre il viaggio permette dei paragoni con le proprie esperienze: quali oggetti ricordo? Quali azioni mi fanno ricordare? Quali valori sono legati ad un posto o ad una fase della mia vita? Eccetera. Materiali: Questo esercizio si può applicare a situazioni che non richiedono un impegno particolare. Si può realizzare ad esempio in un’aula di scuola e dire ai partecipanti che poi si andrà in un’altra aula diversa che potrebbe essere vuota oppure avere delle decorazioni particolari, ecc. Non c’ è bisogno di materiali particolari. Quello che è importante è il cambiamento del posto dove si sta lavorando. Scopi: I partecipanti descrivono il luogo, gli oggetti, le relazioni, i vuoti, quello che è dentro e quello che è fuori, le somiglianze e le differenze paragonati con gli spazi usuali. I partecipanti elaborano individualmente e poi discutono insieme su cosa significa arrivare in un posto, come si sta in un posto differente da quello usuale e cosa ci fa sentire a casa. Risultati: In rapporto alla riflessione di cosa ci fa sentire a casa, il luogo può essere visto sotto differenti aspetti. Il luogo dove viviamo e gli elementi che ci fanno sentire a casa. Il luogo di arrivo dopo un viaggio e gli elementi sono le cose che servono per fare dei paragoni con le aspettative e le immaginazioni passate. Il nuovo luogo, sia che ci accetta oppure no, richiede sempre un adattamento fisico e mentale e questo sollecita un paragone tra il punto di partenza e quello di arrivo. Il tema del viaggio aiuta anche a percorrere un viaggio interno, è utile per ripercorrere l’itinerario di acquisizione di qualifiche e di conoscenze durante il quale comportamenti, valori e convinzioni vengono consolidati. Strumenti di valutazione: La valutazione è fornita dai partecipanti stessi durante le discussioni di gruppo. Suggerimenti: Nel nostro caso abbiamo approfittato del cambiamento di luogo (da un’aula a un centro esterno) per stimolare le riflessioni su cosa ci fa sentire a casa, su cosa aiuta ad adattarsi e su cosa ci fa sentire insicuri. L’esercizio ha aiutato i partecipanti a riflettere su alcuni aspetti della migrazione, ma anche sulle competenze che vengono attivate in situazioni di movimento, di cambiamento, di adattamento e di ricreazione della casa o del luogo, fatto di spazi, oggetti, idee, relazioni e abitudini. Altri suggerimenti Heide Walbrodt, esperta in Theme Centred Interaction, nei suoi seminari suggerisce di preparare delle idee e delle riflessioni all’inizio del percorso di apprendimento, cosa che aiuta durante tutto il 47 corso. In particolare se l’argomento del seminario comporta delle situazioni di disturbo dell’apprendimento, i partecipanti potrebbero avere bisogno di aiuto. Per realizzare questo esercizio, i partecipanti sono invitati a riunirsi in sotto gruppi (di quattro, cinque o sei persone) e a dire cosa già conoscono dell’argomento del seminario. Devono poi annotare su un foglio una particolare abilità di ciascun sotto-gruppo di partecipanti. In plenaria i sotto gruppi presentano le capacità raccolte nel proprio gruppo. In questo modo i partecipanti si rendono consapevoli delle proprie esperienze e capacità. Non partono da zero. Ciò aiuta a continuare con più fiducia il percorso di apprendimento del seminario. Durante il corso Titolo dell’esercizio: intervista biografica (corso pilota italiano) Durata (min/max): 90/180 minuti Gruppi di lavoro: Leader di associazioni migranti, mediatori culturali, operatori sociali, educatori degli adulti, assistenti sociali. Descrizione: I partecipanti sono invitati a usare degli schemi semi strutturati di domande per intervistare persone migranti e raccogliere informazioni utili al loro coinvolgimento nei programmi educativi, sanitari o politiche di welfare e di lavoro. L’introduzione dura cinque minuti, poi il traner invita i partecipanti a leggere individualmente il questionario (5 minuti) e altri 5 minuti per suggerire dubbi e domande. I partecipanti sono divisi in coppie e operano con il metodo del gioco dei ruoli, scambiandosi le parti di intervistatore e di intervistato (20 minuti per ognuna delle due interviste). In rapporto al tempo a disposizione, si può prolungare il gioco dei ruoli, ma è molto importante dare almeno 10 minuti a ogni coppia per fare un resoconto dell’esercizio alla fine della sessione. In plenaria si suggerisce di fare una visualizzazione del resoconto al fine di poter conoscere il risultato globale del gruppo. Setting formativo: Il facilitatore presenta il questionario focalizzando l’attenzione su uno specifico ambiente di lavoro. Invita a formare le coppie e a simulare un’intervista tra loro. La coppia di partecipanti deve anche indicare il ruolo di ciascuno durante l’intervista. Materiali: Lo schema di intervista preparato durante il partenariato di apprendimento precedente “PASS – Personal Influence on access to education for people with migrant background” (Italia, Austria, Germania, Lituania, Malta e Turchia) si trova in appendice. Risultati: La simulazione dell’intervista tra colleghi aiuta a capire meglio come tarare il linguaggio da usare in base al target dell’intervistato e a individuare quali sono le domande più appropriate in relazione al suo background. Al termine di questa sessione si può realizzare una lista di domande prioritarie per ogni azione di apprendimento/counselling e arrivare così alla preparazione di un questionario base per approfondire un aspetto specifico e determinato dagli obiettivi posti dall’azione di counselling. Inoltre i colleghi, ascoltando i loro partner, possono scoprire punti critici o importanti nella loro conduzione dell’intervista, offrendo suggerimenti per migliorare l’efficacia e la qualità del servizio. 48 Strumenti di valutazione: La raccolta dei resoconti dei partecipanti, dopo il gioco dei ruoli, è dedicata all’auto valutazione che si può basare da una parte sul questionario e dall’altra parte sulla situazione di lavoro creata dal gioco dei ruoli e dalle competenze dimostrate durante l’intervista. Suggerimenti: Questo esercizio mira a una maggiore preparazione dei partecipanti, generalmente con un’esperienza in questo campo di intervento, ed è molto utile per coinvolgerli in una condivisione più consapevole di conoscenze tra colleghi, usando questo esempio di apprendimento quotidianamente sul lavoro; chiedendo per esempio ad un collega di osservarli per qualche tempo durante un compito specifico; oppure prendendo del tempo per riflettere su come si sta operando. Titolo dell’esercizio: il genogramma (corso pilota turco) Durata (min/max): 120-180 minuti Gruppi di lavoro: Studenti con differenti livelli di studio e differenti programmi; e adulti in generale. Descrizione: Ai partecipanti è stato chiesto di ricercare nella storia biografica delle loro famiglia e di intervistare qualche familiare più anziano, di conoscere il passato delle propria famiglia e di portare al corso oggetti privati, fotografie, diari, ecc. per stimolare i ricordi. Sono stati poi invitati a disegnare l’albero genealogico della famiglia e scrivere i nomi dei membri andando indietro il più possibile nella storia familiare - una guida per tracciare un genogramma si trova nel capitol 5, paragrafo: “Come usare i metodi biografici in coaching e counselling”. Setting formativo: Sedie disposte in circolo. Materiali: Foto, matite colorate, oggetti personali, fogli, lavagna a fogli, barco-vision, mappa della Turchia. Risultati: Tracciare il background familiare attraverso il genogramma; comprendere meglio la transculturalità del background familiare; discutere la transculturalità nel background familiare; paragonare e contrapporre i background familiari in rapporto alla transculturalità; esplorare il metodo del genogramma in quanto metodo TBW. Strumenti di valutazione: L’albero genealogico, oggetti reali collegati alla storia della famiglia e dei suoi membri; contributo personale; scambio di storie ed esperienze familiari. Suggerimenti: Fare in modo che il gruppo si senta tranquillo e sicuro in un’atmosfera quieta e di fiducia. Fare in modo che i partecipanti sentano che le loro idee siano valorizzate. Il facilitatore può anche tracciare il suo albero genealogico per dimostrare come si applica il metodo. Il facilitatore deve operare infondendo fiducia, rispetto e attenzione verso le diversità. Titolo dell’esercizio: laboratorio musicale (corso pilota italiano) Durata (min/max): da 2 a 6 ore Gruppi di lavoro: L’esercizio è stato sperimentato in particolare con migranti e rifugiati (max.15 partecipanti) e si può utilizzare per differenti beneficiari - insegnanti/facilitatori, operatori sociali e adulti che apprendono in contesti multilinguistici. 49 Descrizione: Il laboratorio musicale basa il suo approccio metodologico su tecniche autobiografiche transculturali. Prima fase: I partecipanti si presentano (15/45 minuti) Sono invitati a parlare liberamente di cose che li riguardano oppure di questioni relative all’incontro e a condividere quello che si aspettano dal laboratorio musicale. Si tratta di rompere il ghiaccio, per creare uno spirito di gruppo e per raccogliere e condividere le proprie aspettative. Seconda fase: La scelta degli strumenti e presentazione di se stessi (45/135 minuti) Ciascun partecipante sceglie uno strumento tra quelli disponibili posti al centro della sala. Attraverso la musica saranno incoraggiati a iniziare una riflessione sulla propria identità culturale. Lo scopo della discussione è quello di indagare sulle ragioni che li hanno portati a tale scelta. Sono invitati a parlare delle emozioni e dei ricordi associati allo strumento scelto. Terza fase: Suonare gli strumenti (40/120 minuti) Assumendo che i partecipanti non parlano la stessa lingua, lo scopo è quello di creare mezzi di comunicazione alternativi. La musica crea uno spazio dove i partecipanti possono superare le proprie barriere culturali e influenzarsi a vicenda, trovando somiglianze e nuove combinazioni. Quarta fase: raccolta finale delle emozioni e delle riflessioni (20/60 minuti) I partecipanti sono inviati a parlare delle emozioni vissute suonando gli strumenti. Il facilitatore raccoglie e trascrive le emozioni provate e distribuisce una copia del riassunto a ogni partecipante come risultato del viaggio transculturale attraverso la musica. Setting formativo: Ampio spazio, meglio se insonorizzato. Materiali: Fogli, matite, pc portatile, CD player, altoparlanti, microfono, tamburi, strumenti ritmici (maracas, tamburelli), met-hallophone, armonica, chitarra, e qualsiasi altro strumento di paesi differenti sia possibile trovare. Lavagna su cui raccogliere e trascrivere i contributi dei partecipanti. Risultati: Una discussione soddisfacente che aiuta l’inclusione culturale. Queste tecniche sono utili per facilitare un processo di effettiva comunicazione delle esperienze e per una comprensione reciproca, individuando le somiglianze e le differenze, al fine di superare le divisioni e raggiungere una comprensione più profonda dell’altro. Incoraggia l’esperimento individuale e di gruppo e aumenta la competenza nell’affrontare un sistema codificato di regole, come la musica richiede. Il risultato è un laboratorio biografico transculturale in cui i partecipanti e i facilitatori si influenzano a vicenda arrivando, attraverso la musica, a un nuovo punto di riflessione. Strumenti di valutazione: Le valutazioni dei partecipanti possono essere raccolte duranti i lavori del laboratorio. I facilitatori dovrebbero essere sono due. La quarta fase può essere dedicata all’autoriflessione dell’esperienza di apprendimento e il facilitatore può formulare una mappa mentale collettiva. Le domande chiave potrebbero essere: cosa ho appreso e cosa provo adesso? Quali sono le mie emozioni dopo avere incontrato altre/nuove culture? Ho soddisfatto le mie aspettative? Che cosa mi è piaciuto di più? ecc. È molto importante distribuire una copia dell’auto valutazione comune finale del laboratorio a tutti i partecipanti. 50 Suggerimenti: Potrebbe essere utile integrare il laboratorio musicale con delle immagini: la disponibilità di un video proiettore potrebbe aiutare il lavoro. Anche la proiezione di un video sulle origini degli strumenti. Lo scopo è quello di far arrivare ai partecipanti il messaggio che la musica ha abbracciato l’intera storia dell’umanità in un modo transculturale. Il video potrebbe stimolare i partecipanti con differenti background musicali. Un altro risultato potrebbe essere quello di facilitare i ricordi attraverso la combinazione della musica e delle immagini. Titolo dell’esercizio: una storia attraverso oggetti/foto dei partecipanti (corso pilota lituano) Durata (min/max): da 60 a 180 minuti. Gruppi di lavoro: Questo esercizio si può applicare a diversi gruppi - insegnanti, operatori sociali, migranti, disoccupati, anziani. Descrizione: I partecipanti sono invitati a portare una fotografia o un oggetto che potrebbe essere collegato a esperienze con altre culture. I partecipanti sono divisi in sotto gruppi di 5-7 persone dove condividere le loro storie collegate agli oggetti o alle foto. Poi dovrebbero produrre una storia comune sulla base dei racconti individuali. Si potrebbe svolgere in 60-90 minuti. Gruppi separati lavorano in stanze separate per non disturbarsi a vicenda. Le storie comuni sono poi presentate in plenaria per la durata di 45 minuti. Dopo aver ascoltato le storie i partecipanti condividono le loro esperienze e le loro riflessioni. Questa fase potrebbe durare 30-45 minuti. Setting formativo: Una sala/più sale e sedie disposte in circolo. Materiali: Oggetti e foto per stimolare i ricordi. Una o due sale dove condividere le storie personali e lavorare per la stesura del racconto comune. Se i partecipanti sono 15 o più, essi dovrebbero essere suddivisi in due o tre gruppi. Si raccomanda di avere non più di 5-7 partecipanti in ogni gruppo per dare a ciascuno la possibilità di condividere la propria storia. Risultati: I ricordi sono spesso collegati a oggetti o immagini. Persone che parlano di oggetti a cui danno un grande significato spesso scoprono questioni molto profonde. Le fotografie spesso nascondono storie che non verrebbero raccontate se non fossero sollecitate da simili processi. Gli oggetti e le fotografie possono essere usati per formulare nuove prospettive sulla vita passata, nuove interpretazioni delle proprie esperienze e un nuovo empowerment. Il lavoro di gruppo permette di combinare tutto in una storia di gruppo. Per i partecipanti ciò significa sviluppare la capacità di trovare dei punti di contatto e di identificare i processi di apprendimento. Titolo dell’esercizio: metodo della visualizzazione e del disegno (corso pilota lituano) Durata (min/max): da 1a 5 ore. Gruppi di lavoro: Questo metodo può essere utilizzato per differenti gruppi (insegnanti, operatori sociali, migranti, disoccupati) e in particolare per gli anziani. Descrizione: Prima di tutto è importante annunciare quello che si vuole disegnare. Per esempio, i partecipanti sono invitati a disegnare il proprio percorso educativo. Ogni partecipante riceve un 51 foglio A1 e sceglie matite colorate e pennarelli. Possono restare nella stessa stanza, ma possono anche andare in altre stanze o nei corridoi. Ognuno disegna il proprio percorso educativo. Questa attività potrebbe richiedere 60-90 minuti. Quando il lavoro è finito il gruppo continua i lavori insieme o in sotto gruppi. Dipende dal numero dei partecipanti. Se i partecipanti sono 15 o più di 15 allora è il caso di suddividere il gruppo in 2 o 3 (o più) sotto gruppi per discutere i disegni. Si raccomanda di formare gruppi di 5-7 membri. Ciascun disegno è discusso separatamente. Nelle discussioni dei disegni i partecipanti (non l’autore) sono invitati a esprimere le proprie impressioni. La persona che interviene deve parlare di quello che ha capito, dare la sua impressione ma non parlare di quello che l’autore ha fatto o intendeva dire. L’autore può decidere di accettare i commenti oppure di ignorarli. Dopo aver ascoltato tutti i commenti l’autore commenta il proprio disegno e ne descrive la storia. Questa fase può richiedere 120-150 minuti. Dopo queste discussioni, i partecipanti del gruppo condividono le proprie reazioni ed emozioni su questa esperienza e su quello che hanno appreso dall’esercizio. Le loro esperienze e impressioni devono essere discusse anche in plenaria. Questa fase potrebbe durare 30-45 minuti. Setting formativo: Per realizzare il metodo di visualizzazione è necessario avere spazio sufficiente affinché i partecipanti possano usare il loro foglio A1 e disegnare senza disturbare gli altri. Se una sala non fosse sufficiente, sarebbero allora necessarie più stanze per dare ai partecipanti uno spazio privato dove poter riflettere. Materiali: Una sala spaziosa e confortevole (più stanze possono anche essere usate), sedie poste in circolo, fogli A1, matite colorate e pennarelli. Risultati: Questo metodo creativo potrebbe aprire oppure chiudere i canali dei ricordi. Persone che reagiscono a impulsi emotivi possono attivare più facilmente la memoria. Questo metodo combina la narrazione creativa con la riflessione. I partecipanti ascoltano i commenti trovando sostegno nel riscoprire sotto una nuova luce momenti significativi della propria vita. Titolo dell’esercizio: gioco biografico parziale (corso pilota austriaco) Introduzione: Il gioco biografico parziale sviluppato nel corso pilota austriaco si rifà al concetto di Hubert Klingenberger nel suo libro “Lebensmutig. Vergangenes erinnern, Gegenwaertiges entdecken, Kuenftiges entwerfen” (Klingenberger, 2003). La biografia parziale si concentra su una parte o un aspetto della vita di una persona. La biografia è come una corda che consiste di differenti fili. C’è la biografia sociale, la biografia culturale, la biografia naturale, la biografia legata alla visione del mondo e delle cose, la biografia educativa, la biografia della personalità e la biografia di genere. Nell’Appendice si trova una descrizione del concetto della biografia parziale. Durata (min/max): La spiegazione del concetto richiede 20 minuti circa, seguita da una breve discussione, se necessario. In relazione al numero dei partecipanti, ai sotto gruppi e al numero dei sotto gruppi servono altri 30 minuti per preparare le domande relative alle differenti parti delle biografie. L’esercizio stesso richiede altri 30 minuti. Occorre calcolare altri 20-30 minuti per le riflessioni personali e di gruppo. Gruppi di lavoro: Il metodo può essere utilizzato con chiunque; per i bambini e i giovani sono necessari alcuni adattamenti. 52 Descrizione: Prima di tutto il facilitatore spiega il concetto delle biografie parziali (sotto è riportata una breve versione). Poi il gruppo viene suddiviso in sotto gruppi il cui numero dipende dai partecipanti. In rapporto al tempo disponibile, i sotto gruppi possono essere formati da 3-7 persone. Più persone sono nel gruppo più tempo è necessario. I membri del gruppo scelgono poi una delle biografie parziali di loro interesse. Scrivono 11 domande su dei fogli preparati. Queste domande dovrebbero essere aperte e concrete come: qual è stata la più importante esperienza di apprendimento nella tua infanzia? Quale modello hai seguito nell’apprendimento? (Biografia educativa); oppure: quali eventi culturali hai visitato insieme ai tuoi genitori? (Biografia culturale) Le domande dovrebbero essere chiare e comprensibili. I partecipanti formulano e riformulano le domande fino a raggiungere dei risultati soddisfacenti. Quando tutti i gruppi hanno preparato le domande, si scambiano i fogli e il gioco inizia. Ogni partecipante tira i due dadi e risponde alla domanda sul foglio corrispondente. Il foglio resta in gioco e si passano i dadi. Segue il prossimo partecipante che risponde alla domanda indicata. E così di seguito… Se più partecipanti ottengono lo stesso numero, ognuno di loro risponde alla domanda attingendo dalla propria esperienza e dai propri ricordi. Il gioco continua fino a quando ogni partecipante ha risposto ad almeno una domanda. Setting formativo: Il metodo può essere applicato per un gruppo di 7-20 membri. Si può utilizzare in qualsiasi momento del corso, ma sarebbe meglio utilizzarlo all’inizio del lavoro sulla biografia. Materiali: Una breve descrizione della biografia parziale per ogni partecipante; due dadi per ogni sotto gruppo; 11 fogli numerati da 2 a 12 per ogni gruppo. Risultati: Il concetto di biografia parziale aiuta a focalizzare una parte speciale della biografia di una persona. Permette di lavorare in modo concentrato su certi aspetti di una biografia e anche di intervenire qualora ricordi spiacevoli dovessero emergere. Nel preparare le domande i partecipanti parlano delle loro esperienze e dei loro ricordi. Lo stesso succede mentre giocano. Le domande e le risposte degli altri partecipanti stimolano lo scambio dei ricordi. Strumenti di valutazione: nel lavoro biografico è importante finire gli esercizi relativi ai ricordi con delle riflessioni personali. Quali ricordi sono emersi mentre si scrivevano le domande e si rivolgevano le domande agli altri? Ci sono stati momenti illuminanti? C’è qualcosa che ho appreso (per il futuro)? Dopo le riflessioni personali, il gruppo dovrebbe discutere su quello che si è appreso, eventualmente guidato dalla domanda: quali aspetti della mia riflessione vorrei condividere con gli altri? Suggerimenti per il facilitatore: Per adattare il gioco a situazioni di counselling, coaching e attività simili si devono preparare le domande relative alle biografie parziali. Ciò permette al facilitatore di guidare il processo della memoria e di arrivare a uno scambio diretto. Titolo dell’esercizio: il percorso dei ricordi (training dell’istruttore con i membri delle associazioni partner di Realize da 5 paesi) Durata (min/max): da 75 a 120 minuti 53 Gruppi di lavoro: Può essere fatto con persone di ogni età, sesso e professione. Descrizione: Il percorso della memoria invita i partecipanti a fare un viaggio guidato nei ricordi. L’esercizio inizia in plenaria. Il facilitatore invita i partecipanti a trovare una posizione confortevole dove vorrebbero passare i prossimi 15-20 minuti. Se sono seduti, i piedi dovrebbero avere un contatto fermo con il pavimento. Il facilitatore sceglie una musica rilassante. La musica inizia e il facilitatore lentamente e con voce dolce legge il testo del viaggio. L’esempio riguardante il mangiare, il cucinare, il cibo si trova in Appendice. Si può anche inventare un testo legato ai ricordi che si vorrebbe i partecipanti esplorassero; oppure si può guidare la parte di rilassamento e poi lasciare che i partecipanti viaggino da soli per un po’ di tempo in relazione ad un argomento. Può durare 5-10 minuti. Una possibile introduzione a un simile viaggio non accompagnato dalle parole del facilitatore si trova in Appendice. Dopo il viaggio personale i partecipanti si riuniscono in gruppi di 3-4 persone e iniziano a scambiare le proprie impressioni su: come è stato il mio viaggio? Che esperienze ho fatto? Cosa ho trovato di eccitante, strano, sorprendente? Questo scambio può durare 30-45 minuti. Ciascun partecipante dovrebbe avere abbastanza tempo per descrivere la propria esperienza. Poi tutti i partecipanti si ritrovano nel plenum e il facilitatore chiede: come è stato per te il viaggio e la discussione nel sotto gruppo? Avete imparato dagli altri? Cosa è emerso di sorprendente e di strano quando avete paragonato i vostri viaggi? C’è qualche cosa che hai appreso e che vuoi portare aventi? Setting formativo: Una stanza tranquilla dove favorire concentrazione e rilassamento, abbastanza grande per permettere ai partecipanti di stendersi sul pavimento, se lo vogliono, oppure dove sedere in modo confortevole su una sedia. Durante la prima parte i partecipanti esplorano alcuni ricordi in plenaria, poi scambiano le proprie impressioni in sotto gruppi di 3-4 persone e infine nel plenum riportano le impressioni maturate nei sotto gruppi (differenze, somiglianze, intuizioni…) Materiali: Testo per accompagnare il viaggio nella memoria (un testo relativi al cibo, al mangiare, al cucinare si trova in Appendice); CD player e musica rilassante. Risultati: Questo esercizio aiuta i partecipanti a rilassarsi per raggiungere livelli più profondi di consapevolezza di se stessi e degli altri. Aumenta la fiducia reciproca e la comprensione tra i partecipanti. Strumenti di valutazione: I commenti rilasciati dai partecipanti dopo l’esercizio sulle loro esperienze e apprendimenti sono i principali strumenti di valutazione. Questi commenti possono essere annotati da una persona oppure i partecipanti possono scriverli su un foglio. Suggerimenti per il facilitatore: È importante leggere il testo del viaggio nella memoria in modo chiaro, lento e calmo e di lasciare abbastanza tempo nei sotto gruppi per la discussione, poiché l’apprendimento più importante e la comprensione avvengono qui. Titolo dell’esercizio: gioco dei nomi (corso pilota turco) Durata (min/max): 30-45 minuti Materiali: Lavagna a fogli mobili, matite colorate, una pallina. 54 Descrizione: I partecipanti raccontano la storia dei loro nomi sulla base della propria biografia, passato familiare e transculturalità. Condividono anche gli aspetti culturali, religiosi, familiari, politici legati al nome. La sequenza è fatta attraverso lo scambio della pallina. Il partecipante può scrivere sulla lavagna, se lo vuole fare. Gruppi di lavoro: Studenti di differenti livelli di studio e programmi, e adulti in genere. Setting formativo: Sedie disposte in circolo oppure a ferro di cavallo. Risultati: Esplorare il background familiare, le idee, i valori religiosi, ideologici e politici; imparare come funzionano le TBT attraverso la propria esperienza e riflessione; comprendere e tollerare le differenze (culturali, tradizionali, etniche, religiose, di genere, ecc.) Strumenti di valutazione: L’intero gruppo valuta chi condivide le storie del proprio nome secondo il proprio background politico, culturale, etnico, religioso, ecc. Suggerimenti per il facilitatore: Occorre che il gruppo si senta sicuro e a suo agio in un’atmosfera calma e di fiducia e bisogna che i partecipanti percepiscano che le loro idee sono apprezzate. Il facilitatore può raccontare la storia del suo nome all’inizio; deve manifestare fiducia, rispetto e attenzione alle differenze. Titolo dell’esercizio: musica (prima parte) – un pezzo musicale (corso pilota svizzero) Durata (min/max): 4-5 minuti per sentire un pezzo musicale e il commento dei partecipanti e 15 minuti per la discussione di gruppo. Gruppi di lavoro: Facilitatori, operatori sociali che lavorano in contesti di migrazione e anche in altri ambiti di educazione degli adulti e di educazione in generale. Descrizione: I partecipanti scelgono un pezzo musicale prima del meeting e lo danno al facilitatore: dobbiamo lasciare il nostro pianeta Terra. Ogni partecipante può portare solo un pezzo musicale in cui si riconosce. Può essere un pezzo musicale oppure una canzone scoperta in qualsiasi momento della vita. Durante il meeting, il facilitatore fa ascoltare i pezzi musicali uno dopo l’altro senza dire a chi appartengono. Dopo averli sentiti tutti, di volta in volta i partecipanti sono invitati a spiegare le ragioni della loro scelta e a condividere cosa la musica evoca in loro. Al termine i partecipanti sono invitati a commentare l’attività fatta. Setting formativo: L’esercizio permette di presentarsi attraverso un mezzo molto evocativo ( la musica) arricchendo il modo per conoscersi reciprocamente. Chiaramente le emozioni vengono a galla. La discussione aiuta a sottolineare come le emozioni possano aumentare la capacità di ricordare la propria storia personale. Inoltre la scelta del pezzo musicale aiuta a conoscersi meglio. Per questa ragione è importante utilizzare questo esercizio quando il gruppo è già formato (sarebbe meglio farlo dopo il primo incontro). Materiali: Portare un supporto tecnico o una connessione web con la musica scelta. Portare gli strumenti necessari: radio/CD player/ computer/ connessione internet. 55 Scopi: I partecipanti riscoprono nei loro ricordi una situazione legata al pezzo musicale. Rendono noti alcuni aspetti della loro biografia legata a esperienze, sentimenti, ed emozioni. Paragonano i pezzi musicali e sottolineano le differenze e le similitudini nel modo di interpretare le loro scelte. Risultati: Attraverso l’esercizio, i partecipanti presentano parti di se stessi e spesso scoprono idee ed emozioni comuni. Strumenti di valutazione: Il lavoro biografico permette di accedere a differenti parti della propria memoria. La musica facilita il ricordo di situazioni ricche di esperienze, sentimenti ed emozioni. I partecipanti apprezzano l’attenzione posta su aspetti che non sono legati al fare, al produrre, al reagire, al risolvere. Dedicano del tempo per ricordare momenti di rilassamento, di incontro, di scambio, di solitudine, di immaginazione. La discussione in gruppo porta alla scoperta di modi differenti o simili di pensare a uno stesso pezzo musicale. Il sentimento di sorpresa, sentendo la musica scelta da altri, fa ricordare il proprio passato e crea un forte sentimento di appartenenza al gruppo. Rafforza la consapevolezza di avere una vita personale legata a quella di molti altri. Suggerimenti per il facilitatore: L’esercizio permette ai partecipanti di presentare una parte di sé che potrebbe far emergere sentimenti ed emozioni profonde. Questo vale sia per chi presenta il suo pezzo, sia per coloro i quali lo ascoltano. È importante che il contesto sia adeguato per un esercizio che richiede serenità e fiducia reciproca. Non ci deve essere nessuna interferenza esterna. Il facilitatore deve assicurarsi che il gruppo ascolti senza giudicare. Titolo dell’esercizio: Musica (seconda parte) - storie di vita e musica (corso pilota svizzero) Durata (min/max): Prima parte: individuale, 15-20 minuti Seconda parte: in coppie, 10-20 minuti Terza parte: in plenaria, 30 minuti Gruppi di lavoro: Facilitatori, operatori sociali, coloro che lavorano con migranti o in altri contesti di educazione degli adulti e di educazione in generale. Descrizione: Questo esercizio può essere usato per scoprire il percorso di vita dei partecipanti, che può essere simile per le scelte musicali fatte e le emozioni provate nella stessa fase di vita, ma in età differenti. I partecipanti creano un Curriculum Vitae personale legato alla musica. Il facilitatore distribuisce un foglio e indica un tempo massimo. I partecipanti vi inseriscono il pezzo musicale presentato nella sessione precedente. Riflettono sulla propria storia musicale e trascrivono titoli di canzoni, nomi di cantanti, date e altri riferimenti ai pezzi ricordati. Poi i partecipanti in coppia paragonano le proprie esperienze musicali. La discussione procede in modo da collegare le musiche con particolari momenti della vita, momenti positivi, negativi, tristi, legati a decisioni importanti, incontri, ecc. Setting formativo: L’esercizio può iniziare con questa simulazione: dovendo lasciare il pianeta Terra in età differenti, quali pezzi musicali o canzoni porteresti con te? 56 Materiali: Foglio con una lista delle età, per esempio: Scopi: I partecipanti ricostruiscono parte della loro biografia (o tutta) attraverso i ricordi di pezzi musicali legati a differenti età. Attraverso questi ricordi essi collegano uno o più momenti significativi in quella fase della loro vita. Risultati: Attraverso il C.V. musicale è possibile condividere i percorsi di vita di persone di età differenti, con esperienze differenti. Vi sono persone che scoprono di aver ascoltato la stessa musica in uno stesso periodo anche se hanno considerevoli differenze di età. Altre persone della stessa età scoprono di preferire musiche totalmente diverse, ecc. Molti partecipanti scoprono legami con la propria biografia attraverso questo esercizio musicale. L’esercizio (prima e seconda parte) apre ai ricordi attraverso una strategia inusuale. Favorisce una separazione di come si ricorda solitamente, per scoprire aspetti della propria vita che non sono facilmente visibili. Attraverso le esperienze ricordate con questo metodo è possibile arrivare alla descrizione del periodo di vita preso in considerazione. Attraverso una tale descrizione è possibile arrivare alle attività, ai modi di pensare e di operare con gli altri. Può anche servire a far emergere una serie di atteggiamenti e di capacità specifiche in un dato momento della vita. Strumenti di valutazione: Confronti tra i partecipanti; comunicazione di gruppo; produzione di materiale e la possibilità di continuare da soli. Suggerimenti per il facilitatore: Come già indicato, l’esercizio dovrebbe essere fatto quando i partecipanti già si conoscono e il gruppo è abbastanza consolidato. Potrebbe essere fatto verso la fine dell’incontro in quanto la musica, oltre che trasportare emozioni, aiuta a rilassarsi. Titolo dell’esercizio: mappa (la citta) biografica (corso pilota turco) Durata (min/max): 60 minuti 57 Descrizione: Il gioco della Mappa (la città) biografica è stato fatto alla lavagna. Prima i facilitatori poi i partecipanti hanno scritto su una lavagna, e nei confini disegnati della Turchia, il nome della città dove sono nati, dove hanno vissuto il maggior tempo e dove vorrebbero vivere in futuro e spiegando il perché. Mentre scrivevano i nomi delle città, sono state fatte alcune domande: qual è l’importanza del luogo di nascita? Dove hai vissuto? Che cosa era più importante per te in quel posto? Quali altre cose ti ricordi? Dove vorresti vivere in futuro? Ognuno ha descritto le caratteristiche di queste città. Dopo aver scritto i nomi delle città, ogni partecipante è venuto alla lavagna per raccontare le storie, le emozioni e le aspettative relative alle città indicate. A parte i nomi delle città natali è risultato che la maggioranza ha preferito le città di Ankara, Istanbul e Izmir, le tre maggiori città della Turchia. Il panorama biografico e transculturale delle città è stato ottenuto, includendo anche le città della Russia, Azebarjan, Corea del Sud, USA e Canada. Sono state motivate le ragioni della preferenza verso luoghi come Istanbul e Izmir e si è potuto sviluppare l’importanza del TBT. È stato sottolineato che la struttura cosmopolita di Istanbul ha creato una spazio per il multiculturalismo, ma che questa situazione fa paura a chi non vive in questa città. Izmir invece è stata identificata come la città della libertà che include gruppi di persone molto differenti e senza discriminazioni. Ankara è stata definita come la città degli studenti, dei soldati e dei burocrati. Setting formativo: Sedie disposte in circolo. Materiali: Lavagna a fogli mobili, matite colorate, Barco-vision, immagini/foto. Risultati: Esplorare le caratteristiche transculturali di differenti regioni e città della Turchia analizzando le similarità e le differenze culturali, regionali e etniche esistenti tra loro. Strumenti di valutazione: Discussioni di gruppo e contributi personali; scambi di idee; valutazioni di gruppo; condivisione delle esperienze di vita. Suggerimenti per i facilitatori: Creare un’atmosfera tranquilla e di fiducia per i partecipanti e renderli consapevoli che le proprie idee sono apprezzate. Il facilitatore può iniziare scrivendo i nomi delle città dove è nato/a e ha vissuto per illustrare come si applica il metodo. Il facilitatore deve operare con rispetto e attenzione verso le differenze. Ulteriori suggerimenti Lavoro Biografico con le piante: Ognuno ha una storia differente in rapporto a piante e al giardinaggio che può essere raccontata, ad esempio, durante una passeggiata. Lavoro Biografico con il cibo: Cucinare insieme scambiando dei ricordi sul cibo, cucinare e mangiare contemporaneamente. Lavoro Biografico con le stoffe: Pensando ai vestiti indossati da giovane si può iniziare il lavoro della memoria. Le riflessioni sono ispirate da foto, vestiti o cucendo con l’ago. Si possono anche scegliere differenti tecniche di produzione di tessuti oppure di artigianato e di lavorazioni con il legno da insegnare agli altri e scambiare nel contempo le esperienze. Inventare biografie: Il facilitatore prepara immagini di persone (ad esempio prese da giornali) e le distribuisce ai partecipanti che inventano una biografia su di loro. Si presentano l’un l’altro, si siedono in circolo e raccontano la loro biografia inventata: “Io sono…”. 58 Alla fine di un corso Titolo dell’esercizio: attraverso il labirinto della vita. Un esercizio del labirinto (corso pilota austriaco) Introduzione: In quanto esseri umani, poniamo attenzione agli affetti e colleghiamo i ricordi a differenti argomenti o a oggetti; ne facciamo anche dei feticci. Una volta integrate nella nostra biografia, queste cose contengono dei ricordi che possono essere portati in superfice: sentimenti, pensieri, immagini, storie, ricordi sensuali…Esse portano alla luce ricordi positivi e negativi. L’esercizio intende rendere visibile momenti di vita attraverso degli oggetti a cui teniamo in particolare. Durata (min/max): I partecipanti sono invitati a portare da casa alcuni oggetti legati a delle esperienze di apprendimento fatte durante le propria vita (da tre a cinque oggetti). In relazione al numero dei partecipanti e degli oggetti questa fase può durare almeno 30 minuti. Se i partecipanti sono numerosi bisogna allora restringere il numero degli oggetti. Attraversare il labirinto richiede almeno mezz’ora. È molto importante che i partecipanti abbiano sufficiente tempo per attraversare il labirinto a un ritmo a loro congeniale. L’esercizio si conclude con una riflessione di gruppo che può durare 20-30 minuti. Qualcuno deve prima preparare il labirinto. Gruppi di lavoro: Questo esercizio può essere fatto con tutti. Descrizione: Fare in modo che tutti i partecipanti abbiano con sé il propri oggetti e le fotografie. Invitare a presentarli di fronte al gruppo spiegando le ragioni della loro scelta. Immediatamente i partecipanti iniziano a raccontare le loro esperienze e ricordi. Prima di attraversare il labirinto, il facilitatore può leggere un testo sul concetto di labirinto simile a quello riportato di seguito. La persona che attraversa il labirinto ripercorre la sua vita a ritroso fino alla nascita. È importante fare l’esercizio lentamente e con la possibilità di riflettere. Potrebbe essere utile una musica dolce in sottofondo. I partecipanti si muovono al proprio ritmo e prendono tutto il tempo di cui hanno bisogno. Il facilitatore deve fare in modo che i partecipanti si seguano l’un l’altro lasciando lo spazio necessario tra di loro. Ognuno deposita l’oggetto in modo cronologico lungo il labirinto nel luogo reputato migliore. Possono anche fermarsi davanti a oggetti lasciati da altri ed eventualmente ricordare situazioni simili o differenti con emozioni positive o negative. Dopo aver raggiunto il centro del labirinto, il partecipante fa il viaggio a ritroso fino alla vita attuale. Al termine ognuno riflette su: come hai scelto gli oggetti o le foto? Come descriveresti i tuoi ricordi e come hai visto gli oggetti lasciati dagli altri? Cosa hai sentito attraversando il labirinto, lasciando gli oggetti e pensato vedendo gli altri nel cammino? Cosa hai provato al centro e sulla via del ritorno? La discussione di gruppo conclude l’esercizio. Testo del viaggio nel labirinto della vita: “Il mio viaggio nel labirinto della mia vita. Ritorno all’inizio della mia vita, forse questo è lo scopo, chissà. Mi fermo dove voglio, mi guardo intorno, guardo davanti e indietro. Sento o penso in quale posto del labirinto i miei oggetti dovrebbero stare. Cerco il posto migliore. Quando lo trovo, allora deposito i miei oggetti”. 59 Lentamente vado fino al centro; mi fermo il tempo necessario. Poi ritorno, il percorso mi porta all’inizio oppure allo scopo della mia vita. Strada facendo raccolgo gli oggetti e naturalmente mi posso fermare davanti agli oggetti lasciati dagli altri. Esco dal labirinto con i miei oggetti portando con me anche il tesoro dei miei ricordi”. Setting formativo: Ognuno spiega il significato dei propri oggetti e il perché li ha scelti. Solitamente è piacevole ascoltare le storie degli oggetti. Si colgono le visioni più profonde a volte anche sorprendenti. Se il gruppo è numeroso è bene dividerlo in due, altrimenti la presentazione degli oggetti prende troppo tempo. Materiali: Il facilitatore deve avvisare in anticipo i partecipanti di portare oggetti o fotografie usando domande guida quali: “Quale oggetto rappresenta la condizione di apprendimento continuo? Quale mi ricorda qualcosa di nuovo nella mia vita, quando devo affrontare una nuova situazione, per esempio, andare in una nuova scuola, iniziare un nuovo lavoro, un nuovo viaggio, entrare in un nuovo ambiente?”. Si possono usare dei labirinti già fatti (ad esempio in Tirolo vi sono dei labirinti naturali, vedi www.labyrint.at/labyrinthe-Tirol.php); oppure costruire un labirinto in un giardino, con dei sassi, pezzi di legno, trace sulla neve…; si può anche costruire un labirinto in una grande sala tracciandolo con dei fili … Come costruire un labirinto: www.labyrintbuilders.co.uk about_labyrinths/labyrinth_building.html. Risultati: I partecipanti usano degli oggetti o delle fotografie per ritrovare dei ricordi. A casa devono pensare a cosa prendere; per cui brevemente riflettono, prima di partecipare all’esercizio di gruppo, sugli oggetti da presentare, e quindi, sulle storie da raccontare. Discutere con gli altri e sentire le loro storie aiuta ad attivare i ricordi. Nel percorrere il labirinto si può decidere dove e come farlo. Si può quindi controllare la profondità dei propri ricordi. Il facilitatore può riconoscere quanto i partecipanti vanno a fondo nella memoria, proprio per l’aspetto meditativo dell’esercizio. Strumenti di valutazione: Tutti gli esercizi che stimolano i ricordi dovrebbero terminare con una riflessione e una valutazione personale: cosa è stato determinante per la scelta degli oggetti a casa? E nel presentarli al gruppo? Ascoltando le storie degli altri? E nel percorrere il labirinto e lasciare i miei oggetti nei posti scelti? Nel vedere gli oggetti degli altri? Qual è stato il pensiero al centro del labirinto e al ritorno? C’è qualche cosa che ho imparato (per il futuro)? Dopo le riflessioni personali occorre programmare una discussione di gruppo. Questo scambio potrebbe essere guidato da una domanda del tipo: quale riflessione vorrei condividere con il gruppo? 60 CAPITOLO 5 COSA BISOGNA PRENDERE IN CONSIDERAZIONE QUANDO SI LAVORA CON DIFFERENTI GRUPPI IN DIVERSI PAESI Adattamenti: il corso pilota di Roma di Welly MargueriteLottin e Paolo Raimondi, Griot Griot lavora soprattutto con migranti, con rappresentanti di organizzazioni migranti e con operatori sociali strettamente coinvolti in questioni e problemi di vita legati alla migrazione. Non soltanto con cittadini africani, ma con persone che provengono da tutti i continenti. D’altra parte il presidente di Griot è un membro eletto della Consulta dei cittadini stranieri del Comune di Roma e lavora con tutte le comunità presenti nella Regione Lazio. In altre parole Griot non collabora soltanto con persone migranti, ma i leader di Griot sono essi stessi migranti. È per questo che noi dobbiamo essere capaci di creare una giusta combinazione di cittadini locali e stranieri che abbiano differenti qualificazioni professionali. In primo luogo i nostri migranti sono dei mediatori culturali che lavorano in differenti campi dell’educazione, della sanità e della cultura e nelle loro comunità. Sono ambasciatori culturali dei loro paesi di origine. Una delle maggiori difficoltà è quella di coinvolgere queste persone in attività di integrazione poiché molti non comprendono immediatamente la ragione emotiva di questo coinvolgimento. Griot va verso di loro, partecipa nelle attività culturali delle differenti comunità e presenta loro proprio la figura del griot, il cantastorie africano, per superare tabù, diffidenze e apatia. Il primo passo più importante è di creare un clima di fiducia nella vita quotidiana e di ristabilire un rapporto positivo con il passato, con le origini, con le proprie radici culturali. Questo processo aiuta a creare una rete di contatti in particolare attraverso un tamtam informativo. Per raggiungere questo scopo non bastano i volantini o i messaggi via e-mail, ma serve soprattutto una comunicazione diretta, da persona a persona. In questo modo i contatti vedono che possono stabilire nuovi rapporti e possono trasmettere la loro cultura ad altri. Per riuscire a portare un contatto ad agire bisogna che capisca cosa questa partecipazione porti alla sua vita e alla sua comunità. Per questa ragione è importante e indispensabile trovare un posto in comune dove c’è qualche cosa da condividere con gli altri. Il cibo è qualcosa che crea legame tra differenti comunità e aiuta a legare le persone tra loro. Piccoli oggetti tradizionali possono aiutare in questo processo. In tali situazioni i migranti cercano di parlare italiano per comunicare con gli altri. Ad esempio, tutti usano il riso in cucina oppure si usa il peperoncino anche per questioni di salute. Un altro aiuto significativo può venire dalla musica. È molto importante, infatti, avere delle musiche o delle canzoni di tutte le comunità che partecipano ad un corso o ad un incontro perché con questi semplici mezzi si aiuta a creare una situazione più rilassata e di fiducia. Con la musica le persone si sentono più libere di parlare delle loro origini e delle loro storie di vita. 61 È rilevante, per esempio, tenersi per mano in cerchio all’inizio di ogni incontro così da creare immediatamente un senso di pace e di comunità. Un altro momento importante è quello di organizzare il pranzo o la cena tutti insieme, seduti intorno a un tavolo, ascoltando le storie degli altri e scambiando idee. Ciò aiuta a creare un ambiente familiare che è essenziale per stabilire un feeling di amicizia con i migranti. Un’alternativa è quella di avere un grande piatto ripieno di cibo da cui ognuno può prendere la sua parte da mangiare, dividendolo con correttezza. Abbiamo visto che in simili gruppi è importante invitare i partecipanti a portare qualche piccolo oggetto preparato da loro stessi. È un modo per personalizzare immediatamente i rapporti e per renderli più profondi. Un adattamento del corso TBT per i nostri contesti è stato anche quello relativo alla durata delle sessioni. Abbiamo visto che organizzare un corso pilota in due sessioni ciascuna di due giorni, tenute con una significativa distanza di tempo tra loro, potrebbe essere controproducente e non funzionare al meglio. Non si tratta di mancanza di interesse. Ma la vita reale dei migranti è così piena di imprevisti e di sviluppi che ne cambiano il percorso. Con effetti anche sulla partecipazione ai corsi. La soluzione migliore è quella di organizzare dei weekend lunghi (da venerdì pomeriggio a domenica sera) eventualmente fuori dalla città di residenza e in un simpatico posto di campagna dove le persone si possono sentire libere, lontane dalla routine quotidiana e più aperte ad apprendere nuove cose e nuove idee. Adattamenti: il corso pilota turco Hüsey in Gül, Songül Sallan Gül, Eylem Kaya, SDU Nel corso pilota tenuto all’Università Seleyman Demirel hanno partecipato studenti e neo-laureati selezionati da una rosa di circa 600 candidati in rappresentanza di genere e di tutte le varie etnie, religioni, ideologie, nazionalità presenti in Turchia. Inoltre, rappresentavano differenti stili di vita con un retroterra personale o famigliare di migrazione interna o internazionale. I differenti contesti culturali dei corsi pilota tenuti nei vari paesi sono stati un aspetto importante e unico dei lavori del TBT. Per esempio, per selezionare i partecipanti sono stati usati questionari informativi biografici sia dei singoli studenti sia delle loro famiglie. Tra i dati richiesti da questi formulari vi erano quelli relativi al “reddito famigliare”, allo “stato di famiglia”, alla “dimensione della famiglia” e al “luogo di residenza e di studio”. Simili domande avrebbero forse potuto suscitare reazioni differenti in altri paesi coinvolti nel progetto Realize. Ad esempio, forse in Austria la domanda sul reddito potrebbe essere percepita come troppo invasiva. Nel questionario preparato per il corso pilota in Turchia abbiamo dovuto apportare dei cambiamenti e delle aggiunte per renderlo più pertinente alle caratteristiche del contesto turco e del nostro gruppo di lavoro. Inoltre abbiamo dedicato più tempo a parlare del background familiare come parte dell’approccio del TBT. A questo scopo abbiamo utilizzato molti esercizi e tecniche biografiche quali il genogramma, la mappa della città, il gioco dei nomi, le interviste con gli anziani della famiglia, il gioco dei ricordi, ecc. Abbiamo anche analizzato le differenze e i contrasti 62 transculturali nei background familiari, nelle caratteristiche culturali delle zone di origine dei partecipanti, ecc. Al fine di poter lavorare con tali metodi e metterli alla prova abbiamo cercato di selezionare studenti con un ricco background familiare. La dimensione della famiglia è un aspetto importante in Turchia perché varia molto da regione a regione. Per esempio, una famiglia curda del sud-est della Turchia può contare dieci o più membri, mentre una famiglia della parte turca occidentale è solitamente formata da tre o quattro membri. Domande come “dove vive uno studente” oppure se “lo studente è sposato o ha una fidanzata o un compagno” sono importanti per capire lo stile di vita e la cultura. Per esempio, molti vivono in case dello studente gestite da enti religiosi e tali studenti hanno atteggiamenti differenti rispetto alla convivenza con l’amica o con l’amico. Non è loro permesso convivere come semplici fidanzati: devono essere sposati o ufficialmente impegnati. Hanno anche differenti retroterra familiari, storie, redditi, orientamenti, religioni differenti, ecc. Abbiamo pensato che la domanda sul reddito potesse aiutare a individuare la classe sociale dei partecipanti. Per esempio, due studenti curdi con differenti redditi familiari molto probabilmente affrontano le questioni transculturali in modo differente. In Turchia è normale inserire domande riguardanti il reddito nei questionari. In ogni modo, abbiamo preferito impostare la domanda più sulla scala economica, che direttamente sul reddito famigliare. Nel questionario è stato possibile scegliere tra le seguenti risposte: povero, reddito basso, reddito medio e reddito alto. In questo modo la domanda era forse meno invasiva e diretta. Simili domande sono state molto importanti per permettere di selezionare i partecipanti in modo tale che il nostro corso potesse dare dei risultati significativi. E abbiamo composto il questionario in modo tale da poter selezionare i partecipanti in modo qualificato. Abbiamo pensato che porre delle domande abbastanza dirette non rappresentasse un problema per il nostro lavoro. Durante il corso abbiamo utilizzato alcune tecniche molto sensibili agli aspetti legati al contesto culturale. Per esempio, durante il corso abbiamo scoperto che molti nomi dei partecipanti avevano un legame e un significato religioso, culturale, storico, politico, ecc. E la cosa caratterizzava anche il background culturale, ideologico e religioso della famiglia. Inoltre, a causa di fattori culturali e religiosi, abbiamo notato che i partecipanti si sedevano vicini ad altri delle stesso genere. Gli studenti maschi hanno preferito anche sedersi negli angoli della stanza fatta a forma di ferro di cavallo, mentre le donne hanno preferito sedersi nelle area centrali del ferro di cavallo. Adattamenti: il corso pilota austriaco di Annemarie Schweighofer-Brauer, FBI Elisabeth Reiter e Manuela Schweigkofler, Haus der Begegnung In Germania e in Austria il Lavoro Biografico è molto conosciuto e vi è un grande interesse sia da un punto di vista privato sia professionale. Dai resoconti dei partecipanti del corso è risultato che gli interessati non dedicano molto tempo agli esercizi biografici, ma vi partecipano più che volentieri quando sono nei gruppi di lavoro. Quei partecipanti che hanno già usato i metodi 63 biografici con persone coinvolte nei loro campi professionali hanno confermato che lavorare intensamente in un gruppo con i metodi TBT apre decisamente nuove prospettive. In ogni caso i metodi TBT devono essere strettamente collegati a delle situazioni concrete. Adattamento del programma del corso al flusso di energia durante il corso Poiché il TBT è un approccio qualitativo occorre saper orientarlo rispetto al flusso di energia delle persone che lavorano insieme. Ad esempio, all’inizio della seconda parte del corso e tre mesi dopo la prima parte, molti dei partecipanti sembravano essere stati coinvolti in esperienze, preoccupazioni e incontri influenzati dal lavoro del corso. Alcuni di loro hanno confermato di essere stati molto impegnati in intensi ripensamenti biografici insieme alle molte altre cose di vita quotidiana. Il metodo TBT era stato molto efficace a livello personale e alcuni avevano provato a introdurlo sul lavoro. Il nostro piano originale era quello di raccogliere problematiche emerse tra la prima e la seconda parte del corso e di discuterle all’inizio della seconda parte. I partecipanti hanno scritto su dei fogli le loro riflessioni e le loro domande. I facilitatori hanno posto delle domande: quali delle questioni scritte sui fogli sono per voi prioritarie? Con quale argomento vogliamo incominciare? La risposta non è stata chiara: sembrava che nessun argomento riportato sui fogli riuscisse a provocare vero interesse e partecipazione. La reazione è stata la stessa anche quando abbiamo scelto uno degli argomenti. I formatori hanno allora deciso di cambiare il programma dei lavori e di introdurre subito un esercizio programmato per il giorno dopo e cioè il lavoro biografico con la musica. Noi ci aspettavamo che questo esercizio potesse riportare i partecipanti a guardare al loro microcosmo, a ricordare e a raccontare le loro esperienze e al contempo a infondere più allegria e passione. E ha funzionato! Adattamenti degli esercizi TBT a differenti gruppi di beneficiari All’inizio del corso i partecipanti avevano espresso il desiderio di imparare dei metodi da applicare con altre persone nei loro rispettivi campi professionali, con persone disoccupate, con anziani e donne migranti e in terapie psicologiche con migranti. I partecipanti avevano dichiarato che il metodo TBW era molto efficace e offriva utili strumenti di lavoro e che bisognava metterlo alla prova direttamente per misurarne l’efficacia. Anche le persone esperte in terapia psicologica convenivano che il metodo poteva essere molto utile nella terapia. Al fine di utilizzare il metodo TBT nella terapia è necessario creare un ambiente protetto per i partecipanti e che essi vi partecipino in modo assolutamente volontario. È necessario avere tempo a sufficienza e le condizioni di base devono essere rispettate. Questo significa che il metodo TBT non è appropriato in situazioni di aperta crisi dove sentimenti forti di paura e di minaccia siano prevalenti. Una partecipante ha descritto il processo di adattamento di questo metodo in un cosiddetto Women Café, un punto di incontro di donne migranti. Anche l’atmosfera di un caffè non garantisce un ambiente protetto per gruppi di counselling o simili, per cui i partecipanti decisero di agire con la 64 massima responsabilità e di scegliere fino a che punto approfondire i loro ricordi. Hanno quindi discusso alcune variazioni dei metodi sperimentati nel corso (alcuni di essi sono descritti nel Capitolo 4 di questo manuale). Il gioco delle biografie parziali potrebbe essere condotto in questo modo usando le domande biografiche importanti a proposito dei partecipanti di differenti gruppi di lavoro. Ciò li aiuterebbe a riflettere su certi aspetti della loro vita in modo più approfondito. Questo gioco potrebbe essere usato per rafforzare lo scambio di esperienze in gruppi quali i Women Cafè o più generalmente quando si volesse raccogliere idee e ricordi, per esempio con un gruppo di giovani che volesse produrre un film o un pezzo teatrale. Nel lavoro con anziani il metodo potrebbe essere utile nei circoli di scambio di ricordi. È stato anche sperimentato l’esercizio del disegno da usare nel lavoro di counselling e terapeutico simile a quello descritto nel capitolo 3 nel caso lituano. Si potrebbe sperimentare anche con gli studenti, come metodo per avvicinare altre culture. Oppure con una variazione, ad esempio usando altri materiali, come la lana, tessuti, oggetti e foto per disegnare un “percorso di vita”. Nel nostro corso abbiamo anche sperimentato un esercizio biografico musicale che ha stimolato moltissimo i ricordi e il loro racconto nel gruppo. I partecipanti hanno scelto una canzone o un pezzo musicale di grande significato in un momento particolare della loro vita. Nell’intero gruppo o nei sotto-gruppi si può combinare il racconto con l’ascolto della canzone. In questo modo la musica di un partecipante al sotto-gruppo potrebbe stimolare la memoria di un altro partecipante. I partecipanti hanno confermato che l’effetto del lavoro biografico con la musica è molto forte e necessita di un ambiente protetto per poterlo sperimentare. La musica arriva alle emozioni in un modo più diretto, va più a fondo delle parole e può avere un effetto sul proprio autocontrollo. È consigliabile usare questo metodo con persone che hanno già un’esperienza in processi di auto riflessione e auto esplorazione. Già adesso la musica è molto utilizzata nella cura degli anziani per collegare le esperienze della vita e la perdita precoce di memoria. Adattamenti: il corso pilota lituano di Irena Zemaitaityte, Sarmite Mikulioniene, Leta Dromantiene, MRU Come parte degli impegni stabiliti tra i partner del progetto Realize abbiamo organizzato due seminari sul metodo TBT il 16-17 settembre e l’11 novembre 2011 con la presenza di 15 partecipanti. Hanno partecipato collaboratori attivi dell’Università Mykolas Romeris, tra i quali operatori sociali dei Day Centre, studenti del master di Gerontologia Sociale, professori delle scuole superiori e specialisti in scienze dell’educazione. Per il nostro corso avevamo concordato di non invitare i diretti beneficiari, cioè i rappresentanti delle organizzazioni di migranti, disoccupati e cittadini soggetti a condizioni di esclusione, bensì operatori sociali, specialisti dell’educazione e futuri operatori sociali (studenti) che avrebbero potuto usare il metodo TBT nelle loro professioni future. 65 In Lituania non vi è stata una particolare selezione poiché gli inviti sono stati ricevuti con grande interesse subito seguiti da conferme e iscrizioni. I corsi si sono svolti con tranquillità. Tutti i partecipanti sono stati attivamente presenti con le loro esperienze e con la loro voglia di condividerle con gli altri. Il gruppo ha saputo mettere insieme insegnanti e studenti. Gli stessi partecipanti hanno notato che l’atmosfera informale dei seminari ha fatto superare le distanze tra di loro solitamente presenti negli incontri formali. Alla fine del corso le riflessioni fatte sono state molto interessanti, amichevoli, calde, piacevoli: “Mi sono sentita sollevata. Ho compreso che molto lavoro era stato fatto in precedenza. Ma adesso voglio fermarmi e apprezzare il momento. Quando siamo insieme impariamo a conoscere gli altri e l’ambiente, ma soprattutto impariamo a conoscere noi stessi. Se impariamo a conoscerci, poi, è più facile conoscere anche gli altri..”. “Ho capito che il processo di auto esplorazione non finisce mai..”. “Mi sento molto bene. Scambi creativi aiutano a conoscerci meglio..”. Molti hanno sottolineato di aver imparato ad essere più tolleranti e l’importanza di condividere con gli altri le proprie esperienze: “Ho imparato ad essere più tollerante con gli altri poiché ognuno, al di fuori di me, è immediatamente diverso da me. Ho imparato ad ascoltare gli altri e che un’opinione differente non è necessariamente sbagliata!”. “Ho imparato ad aprirmi ad una persona estranea senza sentirmi in pericolo. Questa esperienza mi potrà aiutare a comunicare con i colleghi, in famiglia e con altre persone che non conosco bene..”. “Una crescita personale… è stato piacevole, interessante e molto significativo poter scambiare le proprie esperienze”. Molti partecipanti hanno notato che durante il corso hanno goduto di pause di tempo per riflettere, cosa che nella vita quotidiana è difficile fare: “Ho scoperto cose importanti nella mia vita. Ho provato a fermarmi mentre solitamente la vita scorre senza pausa...”. “Per la mia crescita personale è stato importante fermarmi, ascoltare, accettare le mie esperienze positive e valutarle…”. “Penso che sia un metodo che può fermare il tempo, può far guardare in se stessi e allo stesso tempo aiuta a comprendere gli altri...”. Nel lavoro di analisi sui possibili campi di applicazione dei metodi biografici transculturali, i partecipanti hanno riconosciuto che i lituani sono molto reticenti ad aprirsi in un gruppo di persone nuove. Gli anni della transizione hanno creato un sentimento di stress per cui non c’è voglia di fermarsi e si ha paura di esprimersi in pubblico. I partecipanti hanno anche sottolineato l’importanza di sperimentare il metodo con i giovani che sono la generazione del futuro che dovrà confrontarsi con nuove incomprensioni e problemi. “È importante notare la “freddezza” dei lituani, la paura di aprirsi…” “Le persone devono essere incoraggiate a trovare dei momenti di pausa e a prendere distanza dal continuo rincorrere risultati e attività incessanti…” “Penso che questo metodo debba essere usato ampiamente e in particolare con i bambini e i giovani. Saranno loro che dovranno confrontarsi con nuovi conflitti e problemi collegati alle differenze culturali”. 66 Specificità del ciclo formativo realizzato in Svizzera Giorgio Comi, Manuela Carboni, Labor Transfer e Francesca di Nardo, Federazione Svizzera per l’Educazione degli Adulti Formatori degli adulti “Solo apparentemente l’autobiografia è una narrazione privata: in realtà essa è lo specchio di eventi condivisi con altri.” (Demetrio, Duccio [1994] Apprendere nelle organizzazioni. Proposte per la crescita cognitiva in età adulta, Roma) Il pubblico di riferimento della formazione organizzata in Svizzera era diversificato: formatrici di disoccupati, formatori di formatori, assistenti sociali, formatrici di genitori, formatori di insegnanti, operatori della validazione degli apprendimenti esperienziali. Gli esercizi e il percorso sono stati ridefiniti per rispondere alle aspettative del pubblico specifico. Inoltre, la specifica esperienza di Labor Transfer ha permesso di integrare due strategie importanti nella formazione di adulti e di formatori: la didattica per situazioni (Situated learning) e l’approccio maieutico (Reciprocal maieutic approach). Con questi due elementi didattici si sono costruiti circa 15 esempi di attività centrata sulle TBT: Ogni esercizio prende spunto da una breve esperienza. L’attività si sviluppa con gli elementi delle TBT. L’attività è arricchita con una discussione in merito ai comportamenti immaginati e agiti e sui valori che stanno alla base del nostro modo di pensare e di agire. I formatori desiderano capire quali sono i concetti e le teorie su cui poggia una strategia didattica. Per questo nel seminario sono stati integrati momenti di teoria e di discussione sulla strategia stessa. Il lavoro sulla propria biografia è pensato per ricostruire la storia dei propri apprendimenti e dell’acquisizione di competenze, in situazioni precise. I concetti usati per rileggere la propria storia sono anche da conoscere, perché possiamo leggere solo quello che le nostre teorie soggettive ci permettono di leggere. Le TBT e lo sviluppo della persona La formazione proposta ha messo al centro il tema dell’autostima. Le TBT, come tutte le strategie di formazione, possono essere utilizzate per raggiungere scopi diversi. I nostri workshop sono sempre pensati per la formazione, l’orientamento e lo sviluppo dei partecipanti. Per questo anche le TBT sono presentate e sperimentate come uno strumento che serve ai partecipanti per riconoscere il proprio potenziale (stima di sé - Bandura). L’attività autobiografica svolta in gruppo permette di riconoscere nelle parole degli altri e di condividere storie e riflessioni, in un contesto sociale nel quale la persona è ascoltata e accompagnata. La condivisione di storie personali va oltre il racconto per diventare un momento di scambio e di ricerca di un senso comune. Si tratta dunque di aiutare i partecipanti a costruire un significato della loro storia – delle loro storie, che sia condiviso. Per questo la discussione e la negoziazione sono parti centrali del metodo. Le TBT permettono allora di rileggere anche la propria storia formativa e professionale, con uno sguardo 67 più disponibile a ritrovare momenti e situazioni nei quali evidenziare conoscenze, abilità e attitudini: competenze. Competenze da riprendere per progettare i prossimi passi, durante e dopo il seminario stesso. Le TBT inserite in altri percorsi I partecipanti al corso lavorano in contesti diversi. Le TBT sono state presentate con due obiettivi: Conoscere le specificità e il potenziale di una formazione autobiografica Trovare le strategie d’uso di singoli esercizi da inserire nei propri corsi e con il proprio pubblico. L’esperienza personale ha permesso, a fine corso, di confrontare molte varianti e molti risultati raggiunti. Le esperienze personali sono state svolte con giovani e adolescenti, con genitori, con disoccupati, con migranti iscritti a corsi di lingua, con formatori. Ogni esperienza è stata presentata e discussa. Ogni esercizio utilizzato è stato così arricchito di numerose varianti. - Il modello L’organizzazione del lavoro prevede 1) dei momenti di conoscenza e di avvicinamento reciproco, 2) un seminario intensivo, 3) un periodo di sperimentazioni personali e 4) un momento di scambio e di sintesi. Le attività comuni servono per conoscere il metodo, per vivere un’esperienza di gruppo e per preparare e poi valutare le esperienze personali. La strategia didattica favorisce inizialmente gli esercizi di esplorazione della propria biografia con attività di descrizione, racconto e intervista. Poi si lavora per evidenziare ed apprezzare le risorse, i progetti e gli obiettivi personali. Durante il lavoro i partecipanti sono invitati a ripensare, raccontare e discutere situazioni collegate a vissuti e a convinzioni personali. Se si è costruito un buon rapporto di fiducia nel gruppo, sono proposti esercizi per l’evocazione di sensazioni e di sentimenti, e anche momenti di confronto basati su narrazioni di situazioni transculturali. Come usare i metodi biografici nel coaching e nel counselling di Annemarie Schweighofer-Brauer, FBI Centre I metodi descritti nei capitoli 2 e 3 (disegno pittura, modellismo, narrazione, scrittura, ecc.) possono essere usati per il lavoro biografico nei processi di coaching e di counselling con migranti e in ambiente transculturale. Anche l’intervista biografica (capitolo 2) e il genogramma (vedi sotto) sono utilizzabili. I partecipanti ai corsi possono anche essere sollecitati a raccogliere un album o un diario di storie di vita. 68 Il lavoro con il genogramma Il genogramma proviene dal lavoro terapeutico familiare e serve a tracciare dei comportamenti nella famiglia. Contiene informazioni sui membri della famiglia e i loro rapporti per almeno tre generazioni. Può aiutare a fornire un quadro sui comportamenti ereditari e psicologici nei rapporti attuali, nei processi decisionali e nei comportamenti quotidiani. È usato in parecchi contesti come nella medicina, nella psichiatria, nella psicologia, nel lavoro sociale e nell’educazione. Esso usa simboli per i differenti generi e li unisce con delle linee per visualizzare il tipo di rapporto. Linee orizzontali indicano rapporti di matrimonio, mentre quelli verticali sono per la discendenza. Si fa riferimento a http://en.wikipedia.org/wiki/Genogram; (6.6.2011) per una spiegazione sui simboli usati. Occorre indicare il nome della persona con la data di nascita e di morte. Colori differenti possono essere usati per indicare i rapporti familiari, emotivi e sociali. 69 Usando le TBT con i migranti si possono annotare i paesi di origine e di arrivo, l’appartenenza a differenti classi sociali, orientamento sessuale (ed eventuali cambiamenti), appartenenza religiosa ma anche malattie, inabilità ed esperienze traumatiche. Il genogramma può fornire molte informazioni sul passato di un individuo, sui suoi rapporti familiari, ma può visualizzare anche i rapporti sociali al di fuori della famiglia. Può essere usato da un esperto in coaching/counselling per chiarire i rapporti familiari di una persona. Aiuta a capire dei processi che non sono auto evidenti. Esso può essere prodotto direttamente da un partecipante oppure dal docente insieme al partecipante di un corso. Può anche aiutare il partecipante a esplorare la sua situazione e a raccogliere informazioni biografiche così da renderlo più consapevole dei fattori che influenzano la sua vita attuale e più capace di prendere le necessarie decisioni. Il processo di creazione del genogramma può essere continuo, arricchendo il lavoro di ricerca, parlando con gli anziani della famiglia, ricercando nuove fonti, storie di famiglia, fotografie e ponendo sempre più domande. Può fornire la corretta giustificazione per raccogliere storie di vita tra i membri della famiglia che altrimenti non le avrebbero mai socializzate. Esso può anche fornire maggiori informazioni sulle radici dei paesi di origine dei migranti. Il genogramma è utile per tutte le professioni in campo sociale, “per visualizzare le complesse interrelazioni fra gli individui e per studiare tendenze nei comportamenti e nelle malattie.” (http://en.wikipedia.org/wiki/Genogram; (8.3.2011). Ci sono anche dei software che aiutano a integrare i dati. Suggeriamo anche di consultare Mc Goldrick, 2009. L’album e il diario di vita Nel processo di counselling i partecipanti possono essere incoraggiati a preparare un album o un diario di vita. Può contenere tante cose come il curriculum vitae, fotografie, disegni, testi che si riferiscono a eventi o ricordi, lettere o poesie, oltre a sogni e a interviste con i membri di famiglia. Può anche contenere riflessioni più recenti proprio sul processo di counselling. Vedi anche Lattschar/Wieman, 2007. 70 CAPITOLO 6 PROBLEMI E LIMITI DELLE TBT E COME GESTIRLI Hüseyin Gül– Süleyman Demirel University, con il contributo dei partner del progetto Realize Problemi sul concetto di transculturalità - Il concetto di transculturalità è stato considerato “eurocentrico” dai partecipanti al corso pilota in Austria e Turchia, perché basato su un discorso occidentale; - Le reti di comunicazione per accelerare la transculturalità non sono accessibili alle persone di tutto il mondo; - La transculturalità intesa come “fare cultura” aiuta a capire le altre culture come in un processo continuo. “Fare cultura” non è, però, un’attività completamente libera. Essa produce ingiustizie, ineguaglianze e gerarchie. Comunque, la transculturalità promuove l’uguaglianza in contrasto a concetti che rappresentano la cultura come “un puzzle di identità frammentate”. - A volte nei corsi pilota, o negli altri corsi organizzati, è difficile che diverse condizioni socioeconomiche e legali (per i migranti) possano bloccare il dialogo e uno scambio aperto di esperienze. Problemi su come e dove applicare le TBT - La prima preoccupazione collegata all’uso delle TBT è che esse possono rievocare situazioni spiacevoli, spesso traumatiche; esperienze contrassegnate dalla paura e dal dolore. È opportuno sapere che potrebbe essere difficile controllare e gestire questi casi. - Per evitare di stressare la mente, dovrebbero essere organizzati degli esercizi che aiutino a ricordare esperienze o eventi del passato positivi. Si suggerisce di creare un ambiente di lavoro (per lo studio/corso sulle TBT) favorevole e gradevole così da rilassare i partecipanti e infondere energia positiva. A questo scopo, è anche importante che la partecipazione al corso sia volontaria. - Un partecipante psicoterapeuta, che ha seguito il pilota in Austria, sostiene che nel caso dovessero affiorare ricordi dolorosi o traumatici, potrebbe essere di aiuto: 1) Riportare velocemente l’attenzione del partecipante al presente; 2) Concentrarsi subito sui sentimenti positivi del partecipante prima che il trauma prenda il sopravvento; 3) Fare domande per riorientare il percorso; 4) Chiedere un parere professionale a uno psicoterapeuta in casi di trauma. - Inoltre, secondo i partecipanti allo studio pilota austriaco: 1) È utile imparare, passo dopo passo, a gestire eventi traumatici e apprezzare quello che si è capaci di fare in questi casi; 2) Bisognerebbe avere fiducia nelle capacità di sopravvivenza delle persone. 71 - Le espressioni emotive delle persone non devono intimidire (es., il pianto, la tristezza, il dolore …) - L’approccio autobiografico si basa su tecniche diverse che richiedono la condivisione in gruppo di esperienze di vita e informazioni personali. Pertanto, è indispensabile il rispetto della riservatezza. - Per favorire lo scambio di informazioni personali durante i seminari sulle TBT, è opportuno che il formatore dedichi il tempo necessario alla spiegazione delle logiche di fondo dell’approccio biografico. In questo modo, le persone cominciano a familiarizzare con le tecniche e le attività da implementare; sviluppano un senso di empatia e un atteggiamento di apertura verso opinioni diverse, differenze etniche, religiose e culturali. Uno spazio di fiducia reciproca è creato, dove esprimere i propri ricordi ed esperienze personali. Si consiglia di evitare la partecipazione al corso a nuovi membri quando il processo è stato già avviato. Le attività richiedono un ambiente protetto e la condivisione in piccoli gruppi. - È importante avere a disposizione spazio e tempo adeguato per l’ascolto, l’elaborazione, la rielaborazione e la riflessione personale per praticare le TBT, in base alle attività programmate. - I partecipanti potrebbero esitare a partecipare alle attività sulle TBT, perché si sentono giudicati dagli altri del gruppo. - Prima che il seminario cominci, occorre chiarire i suoi obiettivi e contenuti ai partecipanti per ottenere il loro consenso. Si consideri che questi, almeno inizialmente, possono mostrarsi scoraggiati e riluttanti di fronte alla richiesta di parlare di fatti privati. - Le attività sulle TBT accrescono la consapevolezza di sé e del proprio passato. Tutte le attività proposte e gli argomenti trattati richiedono sensibilità, aiutando le persone a sentirsi parte del gruppo. Il formatore deve proteggere il gruppo da errate interpretazioni psicologiche sugli obiettivi e sulle attività di TBT. - Le attività proposte attraverso i corsi pilota devono essere adattate di volta in volta in base alle caratteristiche dei membri del gruppo (età, grado di istruzione … ). Pertanto, non è appropriato utilizzare un approccio unico e statico. - Specialmente durante l’applicazione del metodo TBT in Lituania, è stato opportuno invitare i partecipanti a rilassarsi e a prendersi il tempo necessario per riflettere. Spesso, infatti, accade che le persone, soprattutto più adulte, mostrino insofferenza verso la riflessione e chiedano un approccio formativo più dinamico. Ma quasi sempre alla fine del corso, dopo aver sperimentato le TBT, tutti riconoscono l’importanza di avere del tempo a disposizione e apprezzano il senso di pace e felicità che viene con la riflessione. - È sconsigliato organizzare corsi pilota in due sessioni a lunga distanza tra loro (es. un mese). I partecipanti potrebbero perdere interesse o non avere la possibilità di partecipare alla seconda fase dello studio. Ciò è vero in particolare per i migranti le cui vite sono soggette a profondi e frequenti cambiamenti tali da ostacolare impegni futuri. 72 - In ogni caso sarebbe interessante organizzare un incontro finale per valutare l’impatto dell’esperienza con le TBT sui partecipanti. L’incontro potrebbe essere organizzato pochi mesi dopo il seminario. Problemi sull’uso delle tecniche biografiche transculturali Riguardo alle sfide e alle difficoltà nell’applicazione delle TBT, è utile ricordare che durante il corso di formazione in Lituania e Turchia, quando si chiedeva ai partecipanti di rappresentare il loro percorso di istruzione/formazione con un disegno, la loro prima reazione è stata: “Non sono capace a disegnare; nessuno capirà nulla”. È stato, quindi, opportuno spiegare che l’esercizio non intende testare le competenze artistiche della persona; il disegno è solo un metodo per entrare in contatto con i propri ricordi. È come se le persone collegassero il termine “disegno” a un’esperienza negativa, vissuta a scuola, quando realizzare un disegno senza seguire le istruzioni dell’insegnante, ci esponeva a un giudizio negativo e alla critica dei compagni di classe. Pertanto, nell’applicazione del metodo visivo, è consigliato sostituire il verbo “disegnare” con quello di “visualizzare”. È importante che i partecipanti conoscano e capiscano bene il concetto di TBT prima di applicarle. È compito del formatore spiegarle, una a una, all’inizio del processo di apprendimento per migliorarne l’efficacia e accrescere la motivazione nei partecipanti. 73 CAPITOLO 7 TECNICHE BIOGRAFICHE TRANSCULTURALI: CONSIDERAZIONI DI BASE di Annemarie Schweighofer-Brauer con il contributo dei partner del progetto Realize Istituto FBI Le tecniche biografiche sono una metodologia per lavorare con persone nel campo dell’assistenza agli anziani, dell’educazione degli adulti, del counselling, del coaching e della psicoterapia. La transculturalità è una prospettiva che percepisce le culture come delle reti invece che come delle entità separate. Nella sezione che segue, parleremo delle TBT analizzando le loro origini e il loro sviluppo; discuteremo dei concetti di “biograficità” e “transculturalità”, cercando di collegarli. Fondamenta, radici e basi del concetto di TBT Le radici delle tecniche biografiche Per le tecniche biografiche possiamo individuare almeno tre radici: 1. Le tradizioni orali dei cantastorie – l’arte di tramandare ricordi personali, memorie delle famiglie, delle comunità sociali e leggende. La narrazione trasferisce conoscenza sulla vita: sui significati delle persone, della famiglia, della storia, della comunità, del senso della vita, su come vivere e prendere decisioni. 2. I metodi biografici (psico)terapeutici. Metodi che sono applicati sin dall’inizio del XX secolo. 3. La ricerca biografica sin dal 1920. Infatti, la Storia Orale è diventata abbastanza popolare tra le discipline storiche solo negli anni Sessanta. “Il metodo biografico, nelle sue varie forme, è stato parte integrante della sociologia fin dai tempi della scuola di Chicago, negli anni venti (Thomas e Znaniecki 1918-20). Negli anni Ottanta e Novanta, sociologi e studenti di altre discipline hanno riscoperto un certo interesse per il metodo biografico. Poiché le esperienze di vita di una persona sono le fondamenta del suo processo educativo, è naturale che il metodo biografico sia usato anche nel campo dell’educazione e della ricerca, specialmente nell’educazione degli adulti” (Antikainen,1998). Il capitolo 8 di questo manuale propone le tradizioni dei cantastorie. Gli psicoterapeuti lavorano sull’esplorazione biografica. Gli esercizi terapeutici sulla memoria rendono consapevoli dei transfert. Supportano i pazienti a tracciare il loro percorso personale. Il lavoro di memoria in terapia rende anche consapevoli delle risorse personali. Lo scopo è quello di preparare un pensiero un modo di pensare, sentire e agire costruttivo. La ricerca biografica è stata utilizzata nel campo degli studi etnologici, della ricerca sociale e della Storia Orale. La teoria della ricerca biografica è spesso legata al post-strutturalismo che sostiene l’inesistenza della verità storica (quello che è realmente accaduto). Sono il linguaggio, i racconti e la memoria a creare una realtà. Questo è storicamente e personalmente/psicologicamente significativo, perché è come le persone ricordano e percepiscono il loro passato e la realtà presente che determina il loro modo di pensare, sentire, parlare, decidere e agire. 74 Dagli anni Novanta sono stati sviluppati i concetti basati sulla biografia. In questo contesto, Peter Alheit parlava di “Biograficità” (Alheit 1993; Alheit/Dausien 2000). La biograficità, come condizione di vita dell’uomo, nasce con la post-modernità, quando la fede incondizionata nelle ideologie o nelle relazioni comunemente accettate è andata persa. Oggi nelle società moderne coesistono diversi credi, ideologie e stili di vita. Le persone devono solo decidere in che cosa credere e come vivere. La nozione di biograficità esprime proprio questo imperativo. Allo stesso tempo la “biograficità” è definita come uno strumento per arrivare alla consapevolezza personale e sociale; un mezzo per crearsi un corso/stile di vita personale. E questo percorso deve essere in sintonia con i gruppi sociali cui la persona è legata. La ricerca biografica sociale e storica lavora principalmente con la narrazione come un metodo per raccogliere dati, informazioni. Mentre le TBT applicate all’assistenza sociale, al coaching e all’educazione degli adulti applicano più metodi, oltre a quello della narrazione, per accedere alla memoria personale. Nelle scienze storiche, le biografie sono state sempre messe in risalto: storie di vita di famiglie e persone potenti, di imperatori; successivamente anche di artisti e scienziati importanti e famosi, o di persone le cui azioni si pensava potessero avere un forte impatto sulla società. Questa storiografia biografica si basa prevalentemente su risorse scritte. Il movimento della Storia Orale è nato sulla scia dei movimenti di protesta contro le strutture sociali autoritarie e repressive. Durante gli anni settanta e ottanta l’intervista biografica è diventata il metodo prioritario di produzione di risorse storiche. Gli storici hanno cominciato a incoraggiare la scrittura di storie di persone ordinarie - lavoratori, contadini, manovalanza domestica e rurale; ma anche l’esplorazione delle esperienze di persone ordinarie nel contesto dei regimi nazionalsocialista e fascista. Le ricerche biografiche sono state condotte su vittime, complici e opportunisti dei regimi politici totalitari e autoritari. Ancora, le storiche del femminismo usano le interviste biografiche per documentare storie di donne altrimenti ignorate o oscurate dalle fonti scritte. Le storie orali tentano di democratizzate la storia, nel senso che la storia di ogni essere umano contribuisce a fare la storia collettiva. Il sociologo inglese pioniere della Storia Orale, Paul Thompson, nato nel 1935, ha fondato, nel 1971, la Oral History Society e la rivista Oral History. Si è fatto ispirare e ha lavorato con importanti storici della Storia Orale tedeschi e austriaci. Il loro principale obiettivo è stato quello di analizzare il cambiamento della struttura delle famiglie operaie, in Europa, durante il XX secolo, attraverso l’esplorazione dell’esperienza delle persone. Nel 1987, Paul Thompson, ha fondato la National Life Story Collection presso il British Library National Sound Archive. Molto materiale è stato archiviato qui, come risultato di ricerche condotte in differenti contesti sociali e geografici. Per esempio, nella metà/fine degli anni Ottanta, in Tirolo è stato realizzato un progetto di ricerca sulle biografie dei lavoratori operai, finanziato dall’Arbeiterkammer (la Camera del Lavoro: un’istituzione che tutela i diritti dei lavoratori). Tutte le interviste registrate e le foto raccolte sono state archiviate presso l’Arbeiterkammer, successivamente presso il dipartimento di storia dell’Università di Innsbruck. In Germania, Lutz Niethammer, nato nel 1939, è stato uno dei più importanti ricercatori della Storia Orale. Dal 1980 al 1994 ha rappresentato la Germania presso la Oral History Association. È uno degli editori di BIOS, una rivista di ricerca biografica in Germania. Gabriele Rosenthal ha descritto e teorizzato il modello dell’intervista biografica nel suo contesto di ricerca (Rosenthal, 1987). Il suo studio si basa sul metodo dell’intervista biografica già proposta da Fritz Schütze, sociologo tedesco, nella metà del 1970 (Schütze 1976). Negli anni Ottanta, la Storia Orale era già applicata nell’educazione degli adulti. Le persone più anziane condividevano in gruppo i propri ricordi in relazione a un argomento. Gli storici hanno 75 seguito e accompagnato questi gruppi. Per esempio, studiosi della storia orale come Elisabeth Wappelshammer, Ernst Blaumeiser, Ela Hornung, Margit Sturm o Eva Blimlinger hanno lavorato in questo modo nelle scuole popolari di Ottakring. E già all’inizio degli anni Novanta descrivevano questo approccio con le persone anziane come approccio biografico (Ertl. U. a. 1994). I critici della ricerca narrativa sostengono che le persone non ricordano obiettivamente, ma soggettivamente e selettivamente. I sostenitori della scienza biografica si difendono così: “Il nostro scopo non è quello di scrivere la Verità; semplicemente cerchiamo di capire come le persone creano e comprendono il loro ambiente sociale, il loro mondo. La comprensione delle persone influenza le loro decisioni e azioni. Le decisioni e le azioni influenzano il processo storico e sviluppano una realtà”. Gli storici orali, inoltre, affermano che neppure le risorse scritte sono obiettive: sono selettive e sottoposte alle analisi critiche. La pratica dell’intervista narrativa ha portato a conclusioni e riflessioni molto simili a quelle tratte dall’applicazione delle tecniche biografiche, per esempio: 1- L’intervista genera un contatto stretto tra le due parti (intervistato/intervistatore). 2- L’esercizio della memoria produce effetti sull’intervistato. I narratori non possono essere trattati come fonti scritte o materiali. Essi hanno la possibilità di reagire a ciò che gli scienziati/storici dichiarano. 3- Le narrazioni avviano un processo di pensiero, una rivalutazione di vecchi ricordi. Esse fanno riemergere memorie rimaste sepolte per lungo tempo e forzano quelle che sono state represse. Le narrazioni seguono certe regole: “Gestaltschließungszwang” (forzare il completamento del racconto), “Kondensierungszwang” (condensare la storia) e “Detailierungszwang”(forzare i dettagli). Questo significa che la narrazione forza il narratore ad arrivare alla fine del suo racconto, una volta iniziato, e a fornire alla storia dei dettagli una densità tale da risultare plausibile e significativa. La ricerca biografica intende scoprire le risposte a domande, quali: come le persone creano la propria biografia all’interno di un certo gruppo sociale? Quali costruzioni e piani stanno seguendo? Come conciliano il mondo reale, oggettivamente esistente, con le proprie interpretazioni dell’ambiente che le circonda? La storia orale, la sociologia narrativa, le scienze dell’educazione, ecc. puntano ad analizzare eventi passati e presenti a partire dalle descrizioni e dalle interpretazioni delle persone contemporanee: si chiede loro di esprimere le proprie riflessioni, in merito a un argomento, per capire come il comportamento e il modo di agire ne sono influenzati. La ricerca biografica, in questo senso, può essere concepita come un lavoro biografico collettivo. Essa ha contribuito a creare nuovi percorsi per capire e analizzare la storia, esperienze ed eventi storici. La ricerca biografica ha aiutato a portare a termine e, in alcuni casi, a iniziare processi di lavoro collettivi per superare esperienze di, maggiore o minore, difficoltà collettiva. La ricerca biografica e i suoi risultati sostengono l’approccio biografico nell’educazione degli adulti e in altri contesti. Durante gli anni Novanta è stata molto usata anche per esplorare l’esperienza dei migranti nei paesi europei. Biograficità e transculturalità L’approccio delle TBT richiama i concetti di biograficità (Alheit/Dausien 2000) e di transculturalità (Welsh 1995). I due concetti si basano su analisi degli sviluppi storico-sociali e su ipotesi 76 umanistiche molto simili. La biograficità si concentra sull’esperienza di vita degli individui. La transculturalità sul cambiamento e la trasformazione attraverso la convergenza delle culture. La moderna auto-biograficità “Noi non viviamo normali biografie come hanno fatto i nostri nonni; noi abbiamo delle opzioni di biografie o, più precisamente, delle “biografie fatte a mano”. Abbiamo l’opportunità di costruire le nostre vite sulla base di modelli più variegati e assortiti rispetto a un tempo. E dobbiamo scegliere. Siamo costretti a completare noi stessi perché senza questo “auto completamento” siamo ovviamente nulla. Completare se stessi significa nient’altro che scegliere tra le possibilità offerte. Senza scegliere non è possibile completarsi. Ma la meravigliosa scelta di “essere te stesso!”, allo stesso tempo, rappresenta un’oscura minaccia. Cosa succederebbe se la scelta non funzionasse? “Wir leben keine Normalbiografien mehr wie unsere Großeltern, wir haben Wahlbiografien, oder genauer‚ Bastelbiografien’. Wir wählen aus einem immer größeren Sortiment an Lebensmöglichkeiten, und wir müssen wählen. Wir sind gezwungen, uns selbst zu verwirklichen, weil wir ohne diese‚Selbstverwirklichung’ augenscheinlich gar nichts sind. Und uns verwirklichen heißt nichts anderes als auswählen lichkeiten. Wer keine Wahl hat, kann sich gar nicht selbst verwirklichen. Wer sich dagegen verwirklichen muss, kann auf die Wahl nicht verzichten. Und die wundervolle Chance ‚Sei du selbst! ’ ist zugleich eine finstere Drohung. Was ist, wenn mir das nicht gelingt?”. Precht 2009, p. 293. La teoria costruttivista sostiene che l’uomo costruisce il mondo già mentre lo percepisce. La nostra percezione segue degli schemi abituali e generalmente inconsci: selezioniamo, valutiamo e organizziamo gerarchicamente ciò che memorizziamo, ricordiamo e narriamo. Le narrazioni biografiche possono essere analizzate per comprendere come le persone modellano il loro mondo attraverso la percezione, il ricordo e la narrazione. Le modalità di memorizzazione e narrazione variano con i cambiamenti storici. Nell’Europa moderna, fin dall’Illuminismo, la concezione dell’essere umano è fortemente cambiata sulla scia dei mutamenti sociali, economici e politici. L’individuo moderno ha delle opportunità per crearsi dei percorsi biografici. Durante la seconda metà del ventesimo secolo la possibilità di operare delle scelte si è poi trasformata nella necessità di dover decidere ogni singolo aspetto della vita – almeno per le classi medio-alte dell’Occidente. Oggi le persone devono battersi per crearsi una storia di vita, scegliere e prendere decisioni autonomamente. Devono trovare il loro percorso selezionando le opportunità proposte. Ma la verità è che esse non hanno la possibilità di “crearsi”; esse sono costrette a farlo. Alan Ehrenberg, sociologo francese, sostiene che la psicoanalisi di Sigmund Freud risponde proprio ai bisogni delle persone sorti nelle società del XIX e XX secolo caratterizzate dalla repressione delle emozioni e dalla determinazione forzata dei percorsi di vita. La psicoanalisi curava la nevrosi, risultato della repressione delle energie psichiche di base. Alain Ehrenberg aggiunge che durante la seconda metà del XX secolo la nevrosi è stata sostituita dalla depressione come reazione psichica, collettiva e dominante, ai problemi esistenziali la cui origine è stata individuata nel continuo processo di individualizzazione dei consumatori, nella mobilità della forza lavoro e dei consumatori, nella distruzione delle tradizioni e nella decostruzione degli stili di vita. Alain Ehrenberg definisce la depressione come il risultato dell’aver sconfitto 77 l’illusione che tutto sarebbe possibile. Di conseguenza, nelle società capitaliste si tendono a sostituire, e confondere, il senso di responsabilità personale con quello di autorealizzazione, successo e fortuna – non più viste come una possibilità, ma come un dovere. Molti cadono così nella depressione, perdita di interesse e dipendenza (Ehrenberg 2004). Peter Alheit, come già citato, descrive la biograficità come una chiave di competenza della modernità (http://www.abl-uni-goettingen.de/aktuell/Alheit_Biographi zitaet_Schluessel_Flensburg2006.pdf; [8.2.2011]). Egli afferma che il nostro atteggiamento verso la biografia consiste nel fare programmi: facciamo grandi piani per la nostra carriera professionale, ma programmiamo poco o nulla per il prossimo week-end. Crediamo di poter gestire le nostre vite; conferiamo loro un senso disponendo di molte possibilità, molte di più rispetto a quanto siamo capaci di realizzare! La nostra consapevolezza pratica contiene questa conoscenza e offre un serbatoio per il processo di apprendimento – “La nostra conoscenza segreta delle possibilità non – o non ancora – realizzate …”, “… le possibilità che pensiamo di avere dentro di noi suggeriscono di limitare l’autonomia biografica dell’agire …”. (Alheit, http://www.abl-unigoettingen.de/aktuell/Alheit_Biographizitaet_Schluessel_ Flensburg-2006.pdf; [8.2.2011]) La conoscenza biografica, inoltre, permette di modificare la struttura della nostra esistenza. Tutto l’apprendimento è apprendimento biografico, come suggerisce Alheit. Per la pratica pedagogica questo significa motivare gli studenti e tutti gli allievi individualmente. “L’idea di apprendimento biografico è strettamente connessa alla nozione di biograficità che Alheit definisce come la “capacità nascosta” di guidare le nostre vite” (si veda Alheit, 1995, p.61). L’idea di biograficità può essere erroneamente vista come un tentativo di irrompere nella struttura dell’individuo distruggendola. Come Alheit spiega: “biograficità significa che noi possiamo ridefinire di continuo – e dunque non distruggere - i contorni delle nostre vite all’interno di specifici contesti in cui siamo (o siamo stati) collocati; contesti che sperimentiamo come qualcosa di modellabile, di plasmabile. Nelle nostre biografie, non possediamo la consapevolezza di tutte le opportunità “di poter essere”; ma all’interno della cornice limitata in cui siamo strutturalmente collocati, abbiamo ancora la possibilità considerevole di farcela.” (Alheit 1995, p.65). Per utilizzare la capacità – se così può chiamarsi – della biograficità abbiamo bisogno di partecipare a un processo di apprendimento che, a ben guardare, altro non è che l’apprendimento biografico (Alheit 195, p.69). Alheit collega l’apprendimento biografico a “l’educazione degli adulti emancipatoria”. Il compito principale di questa educazione è lo stesso del “coaching biografico” (ibid. p.68), che prevede la scoperta congiunta, del formatore e del formando, delle opportunità biografiche per modellare la propria esistenza sociale, professionale e politica più autonomamente.” (ibid.). In altre parole: modellare la struttura della nostra condizione sociale; fare in modo che le possibilità nascoste degli individui siano portate a galla e sviluppate e che le vite “non vissute” possano finalmente essere vissute” (ibid.). Egli sottolinea che la struttura portante di ogni processo educativo è la narrazione (ibid., p.69). Inoltre, evidenzia l’importanza della comunicazione con gli altri che innesca … una nuova dimensione di autoreferenzialità” (ibid.)” - Tedder/Biesta. http://www.learninglives.org/papers/working_papers/WORKING%20PAPER% 207.pdf; p. 5/6 [14.2.2010]). 78 Sé e comunità – individuo interrelato “Tutta la vita vera è un incontro” (“Alles wirkliche Leben ist Begegnung”. Martin Buber, Ich ind Du, 1923 – Reclam 1995, Nr. 9342) (“Encounteris an event or situation in which relation occurs”; Mark K. Smith 2009, http://www.infed.org/thinkers/et-buber.htm; [24.1.2011]). La filosofia dell’Illuminismo europeo era incredibilmente impegnata nella definizione del moderno sé. Le trasformazioni economiche, politiche, sociali e ideologiche generarono in quella fase storica una nuova consapevolezza della vita che deve essere appresa mentalmente. Il cambiamento più grande – sperimentato prima da alcune classi sociali e professionali - fu la distruzione inimmaginabile delle strutture della comunità, fino allora concepite come naturali e divine. Nelle comunità tradizionali, l’individuo e la comunità/società non erano percepiti come opposti: i compiti, le possibilità, i valori e la collocazione dell’individuo erano, più o meno, predeterminati dalla classe di appartenenza. La trasformazione dei tempi moderni, invece, ha messo in discussione l’ordine tradizionale della comunità. Lo stato e l’economia industriale cominciarono a competere contro la tradizionale solidarietà delle comunità regionali. La nascita degli stati moderni e delle economie industriali diede inizio a un processo di smantellamento delle relazioni sociali tradizionali. Probabilmente lo strumento di maggiore successo fu la creazione di un’ideologia che, durante il XIX secolo e il XX secolo, permise di controllare/influenzare l’immaginazione delle persone e la loro autonomia di pensiero. Conseguenza principale di questa ideologia è stata la nascita di stereotipi sul genere e sulle relazioni tra generazioni. Lo smantellamento delle relazioni e della comunitaria generò la paura collettiva di un individuo egoista, determinato nel raggiungimento del vantaggio personale a tutti i costi e con tutti i mezzi. Questa paura ha influenzato la costruzione in Europa degli stereotipi di genere borghesi: lo stereotipo maschile che enfatizzava la natura violenta, egoista e pericolosa dell’individuo; lo stereotipo femminile che enfatizzava l’altruismo, la capacità di amare dell’essere umano, vedendo nel matrimonio e nel nucleo familiare la possibilità di una comunità e dell’umanizzazione della brutalità maschile (Kucklick 2008). Si pensava che l’uomo fosse naturalmente pericoloso e che dovesse essere disciplinato dalla donna o, più spesso, con un’educazione severa. Contro questa concezione, già durante il XIX secolo e specialmente nel XX secolo, sorsero dei movimenti di riforma che teorizzavano l’interdipendenza individuo/comunità e promuovevano un’educazione rispettosa e libera: che offrisse spazio al talento e ai desideri dell’individuo. Società adulte potevano essere create attraverso questa educazione pacifica. In Germania e in Austria, sociologi e psicologi svilupparono una base per comprendere il processo di individualizzazione della modernità e cominciarono a mettere in pratica il tipo di educazione promossa dal movimento di riforma. Tutto questo, però, fu cancellato sotto il regime fascista e nazionalsocialista negli anni Trenta e Quaranta, quando molti scienziati furono costretti a emigrare in Gran Bretagna e negli Stati Uniti dove continuarono a portare avanti la loro idea di la psicologia umanistica. Questa fu molto sperimentata negli anni Sessanta da gruppo di ricercatori tra cui figurava Ruth Cohn. Nata a Berlino da una famiglia di ebrei assimilati, nel 1933 R. Cohn emigrò in Svizzera dove studiò psicoanalisi e più tardi cominciò a lavorare come terapista negli USA. Lei sviluppò un approccio, basato sulla psicologia umanista per lavorare in gruppo in contesti non-terapeutici come l’educazione per adulti. Il suo obiettivo principale fu quello di capire come riconciliare l’individuo con il gruppo e con la comunità globale. Si opponeva alla tendenza della psicologia individuale e della terapia di gruppo di “fare le tue cose”, enfatizzando, invece, la necessità di considerare anche i comportamenti e i bisogni degli 79 altri. Ruth, ancora, cercava di bilanciare la realizzazione personale con il rispetto degli altri e l’integrazione in gruppi, per lavorare insieme su uno specifico tema/argomento. Ruth basò il suo approccio Theme Centred Interaction (TCI) – Interazione centrata sul tema - su un modello di equilibrio tra IO-NOI-TEMA/OGGETTO. Tutti gli aspetti devono essere trattati equamente nel processo di lavoro in un gruppo. Un gruppo di lavoro e di crescita, in questo senso, dovrebbe essere come un piccolo pezzo di lievito per pasta che contamina gruppi sempre più grandi e infine le società. L’approccio TCI fornisce un concetto per modellare le situazioni sociali. La riconciliazione dell’individuo con la comunità è espressa attraverso tre assiomi che sono le basi irriducibili del TCI: - - Un essere umano è un’entità psichica e una parte dell’universo – autonomo e interdipendente allo stesso tempo. L’autonomia di un individuo si espande quanto più lui/lei è conscio dell’interdipendenza con tutti e tutto. Tutti gli esseri viventi e la loro crescita meritano riverenza. Una libera decisione può essere presa dentro e fuori dai confini. È possibile ampliare i confini. Comportamenti simili sono stati discussi in merito all’approccio biografico, nella scienza quanto nell’educazione: le persone sono fondamentalmente collegate – l’autonomia può essere raggiunta solo insieme all’interdipendenza. Gli esseri umani adottano e interiorizzano i percorsi, le abitudini e le strutture di pensiero offerte per poter funzionare mentalmente, psicologicamente e psichicamente. Essi sono assorbiti da un continuo processo di aggiustamento di se stessi rispetto al mondo e del mondo rispetto a se stessi. Più opzioni ci sono, più ampia sarà la possibilità di scelta di cui le persone dispongono; ma con le possibilità crescono anche le responsabilità per le decisioni prese e per i loro risultati. Gli studi di genere forniscono un’interpretazione del concetto di socializzazione come un processo attivo e senza fine di adozione e rigetto dei ruoli di genere, di loro cambiamento e trasformazione. Questa socializzazione di genere avviene all’interno di strutture sociali date, all’interno di confini (che possono essere ampliati). Gli studi di genere usano il termine “fare genere”, “fare la mascolinità” e “fare la femminilità” per evidenziare questo concetto. Il termine “fare” è stato poi anche associato alla cultura: “fare cultura”. Nei processi di socializzazione le persone reagiscono a ciò che apprendono, percepiscono e sperimentano. Esse imparano all’interno delle relazioni; attivamente sviluppano risposte all’interno delle loro reti sociali – attivamente, ma non necessariamente volontariamente o consciamente. Esse, pertanto, non sono libere di decidere, agire, reagire come vogliono. La pratica continua di alcuni modelli di comportamento fa si che questi affondino nell’inconscio, fino ad apparire naturali. Questo è il caso di modelli, abitudini, manifestazioni che sono percepite come maschili, femminili o di specifiche culture. I contesti transculturali potrebbero offrire all’individuo molte possibilità di scelta, fino a confonderlo e a sfidarlo a sviluppare una base mentale e psichica stabile per prendere decisioni – per trovare criteri di selezione e modi dinamici per interpretate le percezioni e le esperienze. H. Eylem Kaya, dall’Università Süleyman Demirel, ha realizzato una presentazione in Power Point sull’apprendimento permanente. Questi i contenuti del suo lavoro: 80 - - - “Secondo Alheit e Dausien, il processo di apprendimento riflessivo non riguarda solo l’individuo, ma dipende dalla comunicazione e dall’interazione con gli altri”. Questo conduce al concetto di “socialità dell’apprendimento biografico”. Questo rende visibile che l’apprendimento biografico e quello istituzionale sono sempre interrelati. Di contro, Alheit e Dausien argomentano che l’apprendimento all’interno e attraverso la propria storia personale è … interattivo e socialmente strutturato, da un lato, ma che esso segue anche la sua “specifica logica” che è generata dalla propria esperienza specifica e biograficamente strutturata. La struttura biografica non determina il processo di apprendimento ma … influenza in maniera significativa il modo in cui una nuova esperienza è formata e “costruita in” un processo di apprendimento biografico. Alheit e Dausien mettono in guardia contro un’interpretazione individualistica di apprendimento (auto)determinato. “Troppo spesso, essi (i concetti sopra espressi) presumono un discente autonomo che abbia una certa abilità riflessiva e strategica nella sua formazione e istruzione. Questo modello si lascia sfuggire le diverse facce della riflessività biografica. Qui il punto è che, sebbene i processi di apprendimento biografico operino in modi (pre)determinati “essi ancora permettono esperienze inaspettate e trasformazioni sorprendenti che in molti casi non sono previsti dai “discenti” stessi, o non sono “compresi” fin dopo l’evento”. Transculturalità Persone con un passato migratorio spesso si trovano a dover gestire, nei paesi ospitanti, richieste diverse e contraddittorie. In queste circostanze la stabilità della loro autoconsapevolezza è messa alla prova. Ambienti transculturali rendono necessario bilanciare differenze, varietà e contraddizioni, mentalmente ed emotivamente, nella vita di tutti i giorni. I migranti devono anche far fronte a discriminazioni e al rischio di essere etichettati come “gli altri” che può avere ripercussioni sulla comprensione dei sé. La “migrazione”, secondo la comune percezione, è associata alla “cultura (nazionale)” o “all’etnia”. In questo modo la cultura (anche l’etnia) si riferirebbe a una certa società o alla popolazione di un paese. Persone che vengono da specifiche regioni, paesi, anche continenti, si fanno portatori delle rispettive caratteristiche culturali/etniche. Disposizioni genetiche, peculiarità ambientali e sviluppo celebrale si pensa possano creare specifiche culture. Simili opinioni popolari molto diffuse sono contraddette dal concetto di transculturalità. Quando i migranti giungono nella società di accoglienza non sono i rappresentanti di una cultura data; piuttosto, sono i prodotti modellati dalle loro storie di vita passata; dalle loro esperienze e possibilità per apprendere e scegliere; dalle loro interpretazioni di questa esperienza e dalle loro concrete reti e interazioni sociali. Tutto questo si applica anche ai membri della società ospitante. Il processo di socializzazione continua per tutta la vita. Anche per coloro che hanno già vissuto in differenti ambienti e hanno già gestito il necessario equilibrio psichico e mentale, come nel caso di molti turchi in Germania e Austria, che spesso si sono allontanati dai piccoli villaggi direttamente verso le città tedesche e austriache. 81 Nel nuovo ambiente sociale i migranti potrebbero essere visti come appartenenti a una classe sociale inferiore; percezione che offende i loro sentimenti e la loro reputazione. In questo caso deve essere fatto un importante lavoro di mediazione: il senso di identità, autoconsapevolezza e auto percezione devono essere adattati al nuovo contesto. In molti casi le persone riescono ad affrontare questa sfida, controllando ansia e paura; in altri, falliscono perché non possiedono le competenze necessarie o perché devono fronteggiare problemi insolubili nella nuova società. Spesso il proprio passato deve confrontarsi anche con differenti stili di vita – specie nel caso dei figli dei migranti. Questi devono trovare un equilibrio tra diverse norme e abitudini e, a volte, rispondere a richieste contrastanti o contraddittorie. Può anche capitare di doversi battere con latenti o aperte forme di discriminazione, svalutazioni, marginalizzazioni e denigrazioni. Il filosofo tedesco Wolfgang Welsch nel 1997 ha proposto la teoria della società transculturale e ha utilizzato il termine “transculturale”. (http://www.forum-interkultur.net/uploads/tx_textdb/28.pdf, [3.2.2011]). Il concetto di transculturalità si riferisce alla realtà contemporanea di superare le barriere identitarie, contrariamente alla vecchia idea di cultura nazionale chiusa e omogenea. Esso differisce anche dai concetti di interculturalità e multiculturalità. La transculturalità invita, infatti, a superare l’opposizione “cultura propria” / “cultura straniera”. Il concetto di interculturalità conserva questa opposizione, perché considera le culture come delle “isole” e suggerisce semplicemente di mediare le conseguenze problematiche. Perseverare con l’ipotesi di culture separate favorisce l’incapacità di comunicazione e la difficoltà di convivenza. Welsch giudica il concetto di intercultura come una pura operazione estetica, non una soluzione radicale; proprio come il concetto di multiculturalità. Anche la multiculturalità mantiene le culture separate e omogenee e si domanda come possano vivere insieme all’interno di una società/paese. Sostiene la tolleranza, l’accettazione e la risoluzione del conflitto, ma non offre una risposta e un’interpretazione su come percepire l’eterogeneità culturale all’interno di gruppi culturalmente definiti e come concepire la formazione di culture ibride. Questa percezione di cultura riflette il concetto di individuo monadico di cui molto si è scritto nell’ambito della trasformazione delle strutture sociali ed economiche del XVIII secolo. Gli individui monadici non possono essere collegati tra loro; essi sono entità impermeabili come le culture immaginate dall’intercultura e dalla multiculturalità, come descritto da Welsch. Egli afferma che oggi le culture non sono più omogenee e separate. In realtà, non lo sono mai state (Welsh fornisce anche esempi di ibridizzazioni nel passato). Ogni “cultura”, nel passato e nel presente, non può essere definita fissa e stabile, solo se immortalata in un’immagine, colta in un singolo momento, all’interno di questo processo senza fine di cambiamento, mescolamento, adattamento e integrazione. Ogni incontro porta almeno alla confusione, riconsiderazione, riflessione. Cambiamento e amalgamazione sono inevitabili. Noi concordiamo con Welsch quando sostiene che, soprattutto nella seconda metà del XX secolo, è apparsa una nuova forma di transculturalità: “Le nuove forme di relazione sono una conseguenza dei processi migratori, allo stesso modo della dipendenza e interdipendenza dei sistemi di comunicazione materiali e immateriali e dell’economia a livello mondiale”- Welsch. http://www2.uni-jena.de/welsch/Papers/transcultSociety.html; [3.2.2011]). 82 Questo concetto di transculturalità come descritto da Welsch coincide con il pensiero de/costruttivista post-moderno: le culture moderne sono caratterizzate da una varietà di differenti modi e stili di vita i cui confini possono essere valicati. “In sostanza tutto è trans-culturalmente definito” (Welsch, http://www2.uni-jena.de/welsch /Papers/transcultSociety.html; [3.2.2011]). Seguendo questo ragionamento, il compito delle TBT non è trovare il modo di interconnettere le persone di differenti culture, ma lavorare sull’irriducibile realtà di essere degli individui transculturali e rendere le persone consapevoli di questo. Di conseguenza, la situazione dei migranti non può essere adeguatamente compresa se si assume come struttura interpretativa esclusivamente il loro background culturale e le loro caratteristiche culturali; deve essere esplorata anche la loro esperienza personale, l’esperienza memorizzata, incastonata nell’esperienza collettiva di ambienti ibridizzati. Secondo Welsch, le culture si trovano ad affrontare gli stessi problemi perché ancora concepite come totalmente differenti e separate. Ma oggi non c’è più un concetto di assoluto “proprio” e assoluto “straniero”, di “cultura propria” e “cultura straniera”. Approccio biografico e concetto di transculturalità “Nulla di ciò che è stato nel passato non sarà contenuto nel futuro, nulla che è nel presente non sarà anticipato anche nel passato. Dopotutto, non può essere detto di più su ciò che il tempo significa per gli uomini. Questo dovrebbe essere abbastanza da non scambiare il tempo per essere contro un’illusione futura. I tuoi bambini avranno ancora tempo per raccontare tante storie: storie emozionanti, vivaci, di trasgressioni e libertà su popoli e culture, tempi e spazi cui è consentito essere differenti gli uni dagli altri, ma solo perché differente ed effimera è parte di questa grande narrazione che un tempo era chiamata “la creazione”. “Nichts von dem, was in der Vergangenheit war, wird in der Zukunftnicht enthalten sein, nichts von dem, was in der Gegenwart ist, war in der Vergangenheit nicht auch vorweggenommen. Mehr als das lässt sich über das, was Zeit für die Menschen ist, letztlich nicht sagen. Dies sollte genug Gewicht haben, um Zeit zu sein nicht gegen eine illusionäre Zukunft zu tauschen. Dann werden wir und unsere Kinder noch viele Geschichten erzählen: spannende, bunte, verletzende und befreiende Geschichten über Menschen und Kulturen, Zeiten und Räume, die sich voneinander unterscheiden dürfen und trotzdem, gerade in ihrer Unterschiedlichkeit und dadurch Vergänglichkeit wegen, Teil jener großen Erzählung sind, die früher einma ‚Schöpfung’ genannt wurde.” - Obrecht 2003, p.315. Ai fini del lavoro biografico è importante considerare il fatto che la non accettazione o la negazione di qualcosa di diverso – straniero – rispetto a noi è un sintomo di disprezzo verso “lo straniero interiore” (lo straniero che è in noi). Le TBT intendono esplorare lo straniero interno per trovare il modo di accettarlo: “Dagli incontri con gli altri non emergono sempre e solo divergenze, ma anche dei punti di contatto da carpire e collegare. Queste “opportunità” possono essere sviluppate ed estese 83 fino a modellare una nuova e comune forma di vita che include anche quelle “riserve” che prima si pensava di non poter collegare. Estensioni di questo tipo rappresentano un compito pesante oggi. Questo significa riaggiustare la nostra bussola interiore: spostare l’attenzionedalla polarità io/straniero a quanto può esserci in comune e alle connessioni quando si vivono situazioni straniere”. Welsch, http://www2.uni-jena.de/welsch/Papers/transcult Society.html; [3.2.2011]. Una mente e una pratica transculturale non cancella le differenze, ma estende le possibilità di comprensione reciproca. Approcciarsi alle persone considerandole “basicamente simili”, piuttosto che “straniere” crea una percezione diversa. Le TBT utilizzate con i migranti sono state basate sul concetto transculturale di percezione, interpretazione e pratica. Esse – specialmente se applicate in gruppi – incoraggiano la comprensione della transculturalità interna che, a sua volta, facilita la gestione di quella esterna: trovare punti di contatto in situazioni e ambienti multi sfaccettati. Le Tecniche Biografiche Transculturali aiutano a scoprire i cavi interni da connettere. Connettersi alla transculturalità esterna rende il mondo pieno di interessanti fenomeni accessibili. Riconoscere la realtà transculturale permette di valutare, interpretare e provare differenti ipotesi su ciò che sta accadendo invece di limitarsi semplicemente a giudicare senza alternative. “Più la cultura identitaria di un individuo è ricca di elementi, più cresce la probabilità che possano esistere dei punti di contatto con l’identità dell’altro. In questo caso gli individui sono in grado di comunicare e condividere meglio di prima; sono capaci di scoprire somiglianze e svilupparne delle nuove. Incontrando uno “straniero” saranno capaci di comunicare piuttosto che chiudersi in un atteggiamento di difesa. Questo è uno dei vantaggi offerti dalla transizione verso la transculturalità”. “Denn aus je mehr Elementen die kulturelle Identität eines Individuums zusammengesetzt ist, umso wahrscheinlicher ist es, dass eine Schnittmenge mit der Identität anderer Individuen besteht, und von daher können solche Individuen bei aller sonstigen Unterschiedlichkeit in weit höherem Maß als früher in Austausch und Kommunikation eintreten, sie können bestehende Gemeinsamkeiten entdecken und neue entwickeln, sie werden in der Begegnung mit ‚Fremdem’ eher in der Lage sein, statt einer Haltung der Abwehr Praktiken der Kommunikation zu entwickeln. Darin liegt einer der großen Vorteile des Übergangs zu Transkulturaliät” - Welsch, http://www2.unijena.de/welsch/tk-1.pdf. La trans-culturalizzazione si svolge nel contesto della globalizzazione delle economie capitaliste che sono causa di grandi migrazioni. Inoltre, la creazione di un’identità individuale avviene spesso attraverso la necessità, la repressione e la povertà. Le persone non sono libere di scegliere e combinare gli elementi, come scrive Welsch. Le opzioni sono limitate, non solo per i poveri o i marginalizzati; ma esiste sempre uno spazio per la scelta. 84 La comunicazione transculturale: riconoscere i punti in comune e comprendere l’origine delle differenze Il merito principale della concettualizzazione dell’apprendimento biografico transculturale è quello di stimolare e incoraggiare un dialogo completo tra i partecipanti nel processo di comunicazione. La comunicazione transculturale può essere preparata e praticata su questa base: la consapevolezza dell’esistenza di punti di connessioni, relazioni, somiglianze e differenze in accordo (tra i partecipanti) invece di separazioni e vuoti incolmabili. Le differenze percepite saranno riconosciute e comprese, non negate. In caso di resistenza si prenderà una certa distanza, senza assumere atteggiamenti distruttivi. Le TBT avviano processi transculturali ampi che saranno moltiplicati attraverso le persone che le sperimentano. L’auto esplorazione biografica transculturale conduce a uno scambio qualitativo che ha la capacità di cambiare la nostra mentalità. Uno stimolo importante per questo cambiamento è il riconoscimento delle somiglianze tra esseri umani – a parte la loro cultura, sesso, età – rispetto ai loro bisogni fondamentali, le emozioni e le reazioni. Nel 2008 è stata fondata a Hamm/Wesfalia la DachverbandtranskulturellePsychiatre (psichiatria transculturale). Alexander Friedmann (2008), psicologo e importante promotore della psichiatria transculturale, ha confessato di non nutrire solo un interesse accademico per questo lavoro e che attraverso la teoria si sente più profondamente connesso con la sua vita, la sua famiglia e gli ebrei. “Oggi, dopo molti anni, sono convinto che le persone, anche culturalmente differenti, siano molto simili psicologicamente. Esse reagiscono e soffrono agli stessi tipi di pazzie ed esperienze di vita dolorose, ma descrivono le loro difficoltà in lingue e sintomi fisici differenti”. Friedmann, http://www.transkulturellepsychiatrie.de/Alexander-Friedmann/; traduzione di AS [7.2.2011]. Il fondatore della Dachverband transkulturelle Psychiatre afferma: “La crescita della varietà culturale richiede qualifiche sempre più specifiche nei campi della psichiatria e della psicoterapia. Il 15-20% di coloro che si rivolgono ai centri di assistenza in Germania sono migranti. Questi hanno specifici problemi direttamente o indirettamente connessi alla migrazione. A causa degli effetti emotivi dovuti a esperienze traumatiche, barriere linguistiche e problemi economico-sociali, essi sono quotidianamente vincolati alla routine clinica e terapeutica …(…). Ci sono ancora molte barriere nel dare assistenza agli migranti tanto in Germania quanto in Austria e Svizzera”. “Die zunehmende kulturelle Vielfalt erfordert gerade im Bereich der Psychiatrie, Psychotherapie und Psychosomatik besondere Fähigkeiten. Etwa 15 bis 20 Prozent der Patienten in den entsprechenden deutschsprachigen Versorgungseinrichtungen haben einen Migrationshintergrund. Sie haben zumeist spezifische Probleme, die mit der Migration mittelbar oder unmittelbar zusammenhängen. So sind diese Patienten durch seelische 85 Folgen traumatischer Erlebnisse, durch Sprachbarrieren und besondere soziale und wirtschaftliche Probleme eine Herausforderung für den klinischen und therapeutischen Alltag. (…). Außerdem gibt es in den deutschsprachigen Ländern Deutschland, Österreich und der Schweiz vergleichbare Hindernisse in der Versorgung der zugewanderten Patienten”. - http://www.transkulturellepsychiatrie.de/Warumgibt-es-uns/[7.2.2011] L’esperienza migratoria è descritta come il punto di partenza del lavoro biografico da JanKizilhan (psicologo, psicoterapista, psicologo-manager presso la clinica Michael-Balint-Klinik a Konigsfeld in Germania, professore e autore). Egli sostiene l’approccio biografico nel counselling professionale, nell’assistenza e nel trattamento dei pazienti e ne evidenzia il potenziale di superare malintesi e percezioni stereotipate nel counselling e nel trattamento dei migranti. (www.soziales. ktn.gv.at/35139p _DE.doc; [14.02.2011]). Il metodo biografico come “terapia narrativa” non è usato come una base nella psicoterapia, ma per lavorare attraverso certi conflitti psichici. Esso può portare a un cambiamento positivo e all’acquisizione di una conoscenza sulle correlazioni personali, familiari e sociali per stimolare l’agire conscio. Kizilhan enfatizza che i migranti di seconda e terza generazione sono generalmente più alienati dalla cultura di origine dei loro parenti e genitori. Essi crescono tra due mondi differenti. Spesso non hanno una chiara identità e vivono i conflitti tra la cultura dei loro genitori e quella della società in cui vivono. I genitori non si sentono rispettati a causa delle scelte di vita dei loro figli. Questo potrebbe essere causa di fallimenti nell’istruzione e nella professione e, quindi, nell’integrazione. Allo stesso tempo essi devono far fronte alla discriminazione e alla marginalizzazione sociale; spesso sono costretti a vivere in piccoli appartamenti non avendo uno status di protezione legale o non essendo capaci di gestire le sfide in una lingua straniera. Disponendo solo di frammenti di storia familiare potrebbe essere difficile per questi giovani immigrati costruirsi un’identità biografica. Inoltre, la struttura storica, offerta dalla società ospitante, con cui identificarsi per sentirsi parte della società non si incontra con la loro esperienza. L’approccio biografico può aiutare a creare una “verità narrativa”. Il termine “interculturale” usato da Kizilhan non è così lontano dal termine “transculturale” di Welsh. Egli scrive che la conoscenza delle culture che ci circondano è necessaria per prevenire una classificazione superficiale dei problemi e dei conflitti e per riconoscere i conflitti legati alle specificità culturali. L’approccio biografico intende valorizzare l’unicità dell’esperienza delle persone. Esso può attivare dei processi di apprendimento. Mentre narra la propria biografia, la persona è pienamente presente; può muoversi dal passato al presente, rivivere emozioni e razionalizzare allo stesso tempo. In alcuni casi, è anche possibile parlare di eventi che sono sempre stati timidamente nascosti e attribuirgli un nuovo senso. L’approccio biografico ci aiuta a capire come possono essere gestite o anche cambiate situazioni difficili. “Fare il lavoro biografico, non riguarda la raccolta di date e fatti, ma di calarsi in una storia viva, una memoria narrativa che ci fa vivere più facilmente e in maniera più tollerabile, perché abbiamo scoperto la nostra identità. Confrontarsi con il passato rende il presente più chiaro e facilita nuove prospettivefuture”. www.soziales.ktn.gv.at/35139p_DE.doc 86 Lavorare con le TBT “Cosa può essere fatto con un passato che non può essere mescolato e come può essere trasformato in un futuro?” “Was tun mit einer Vergangenheit, die sich nicht abschütteln lässt, und wie lässt sie sich in Zukunft verwandeln?” - cit. Barbara Frischmuth. Le tecniche biografiche transculturali sono un approccio metodologico collegato ai concetti di biograficità e transculturalità. O come Tedder/Biesta hanno descritto: “La 'svolta biografica' non è connessa semplicemente all'adozione di metodi innovativi di ricerca e di metodologie nello studio dell’apprendimento in età adulta. È motivata anche da un'intenzione esplicita per portare alla luce dimensioni diverse nell’educazione degli adulti, e capire queste dimensioni in relazione alle trasformazioni delle società tardo-postmoderne, senza ridurle a tali trasformazioni”. Tedder/Biesta,http://www.learninglives.org/papers/working_papers/WORKING%20PAPER %207.pdf; p. 3 [14. 2. 2010]. Le considerazioni concettuali descritte come possono essere convertite in un metodo di lavoro con le persone? Innanzitutto, le TBT possono essere ricondotte ai valori umanistici. Come un supporto per le persone – come uno stimolo per reagire e comportarsi in maniera diversa a seconda delle circostanze e influenzarle; per sviluppare una capacità di interpretazione delle situazioni che sia di aiuto per le esperienze future. Valori umanistici: assiomi Nell’incontro iniziale del progetto Realize, a Roma, i partner hanno condiviso i valori e gli obiettivi da perseguire durante il periodo del progetto. Abbiamo scoperto di avere ragioni molto simili per lavorare con i metodi qualitativi nella ricerca e nell’educazione degli adulti. Inoltre, siamo d’accordo sulle basi etiche delle nostre Tecniche Biografiche di Apprendimento. Gli assiomi qui proposti non sono dei concetti, ma dei valori con un impatto visibile nella conduzione delle TBT. Ruth Cohn ha formulato tre assiomi come base del suo metodo Theme Centred Interaction – Interazione incentrata sul tema. Ruth Cohn, morta agli inizi del 2010, nacque da una famiglia ebrea nel 1912 a Berlino. Come già riportato, nel 1933, in seguito all’ascesa al potere del Partito nazionalsocialista in Germania, emigrò in Svizzera dove studiò psicoanalisi; nel 1941 cominciò a lavorare come terapista negli Stati Uniti. Qui sviluppò, durante gli anni Sessanta, il metodo TCI come metodo di lavoro per gruppi in contesti non terapeutici. Ha cercato di capire come costruire una società più umana. L’approccio TCI era principalmente basato su tre assiomi umanistici: 1. Gli umani sono essere olistici e parte dell’universo; autonomi quanto interdipendenti. L’autonomia di un individuo è tanto più grande quanto più è consapevole della sua interdipendenza con tutto e con gli altri. 87 Alheit/Dausien e molti altri autori dell’approccio biografico sostengono l’interconnessione tra le persone. Il concetto di “biograficità” si riferisce al permanente processo di scambio in cui è inserito l’essere umano. Attraverso l’interazione viviamo la nostra vita e costruiamo la nostra biografia. 2. Tutti gli essere umani e il loro processo di crescita meritano riverenza. “Ehrfurcht”, termine tedesco per indicare una forma di rispetto spirituale e trascendentale. Significa prendere decisioni valutate e consapevoli. Anche nel sito del Lebens Muting e. V., è spiegato che l’approccio biografico intende valorizzare le persone – i membri del Lebens Muting e. V. basano il loro lavoro su un sistema di valori simile. Il secondo assioma è stato messo in discussione anche dagli studenti del TCI, secondo i quali una crescita sempre rispettata e mai criticata sarebbe, in alcuni casi, dannosa. Un esempio è la concezione capitalista di crescita. Una crescita illimitata che conduce chiaramente a conflitti di potere, sfruttamento delle risorse (anche risorse umane), immensa disuguaglianza nella distribuzione del benessere tra i popoli. Questa crescita è distruzione della vita umana sulla terra. Il concetto di crescita, pertanto, deve essere accompagnato dalla consapevolezza di mantenere un equilibrio tra gli esseri viventi. 3. Una libera decisione può essere presa dentro e fuori dai confini. È possibile ampliare i confini. La capacità di prendere decisioni e agire più liberamente attraverso le TBT deriva dalla possibilità di ricordare, ricordare in modo nuovo, penetrare nell’inconscio e lavorare in maniera cosciente sui ricordi che affiorano, interpretare la memoria e l’esperienza, attivare processi di guarigione; e rivalutare percorsi di scelta. Il lavoro biografico sostiene lo sforzo di ampliare i confini. La libertà esiste sia a un livello individuale sia collettivo. La riflessione collettiva è sempre più praticata nelle società, recentemente, per rielaborare esperienze traumatiche. I racconti biografici pubblicati nei libri e rappresentati nei film, giocano un ruolo cruciale sulla memoria collettiva. Nella psiche individuale e collettiva, i fatti repressi riemergono e possono essere elaborati. Questo processo trasforma le pene e i traumi materializzati in percorsi emotivi mentali e psicologici auto repressi in consapevolezza e libertà di sentire, pensare e agire. Nel progetto Realize abbiamo notato che la repressione collettiva (che si trasforma in repressione individuale) di certe esperienze porta ad abitudini e usi che sono poi interpretati come “tipici della cultura” - come la dedizione al lavoro, l’inespressività, la precisione e l’ansia nel caso dei tedeschi, che, come Sabine Bode sostiene(2006) sono stati sviluppati per reprimere esperienze traumatiche vissute nell’infanzia, durante il secondo conflitto mondiale o nel dopoguerra. Riconoscere i tre assiomi significa riflettere continuamente in quali contesti e come usare le TBT. Il lavoro biografico implica un’attitudine verso la vita e offre tempo e spazio per sperimentare processi di apprendimento inaspettati e trasformazioni possibili. Non pretende di definire in anticipo i risultati da raggiungere. Sostiene gli individui a diventare responsabili, consci e membri in armonia con la società. L’armonia si riferisce allo stato mentale ed emotivo della persona e alla volontà di decidere comportamenti ed auto espressioni. 88 Lavorare con la memoria – camminare al limite tra il processo di educazione e la terapia “Se non hai un’eredità, sei emarginato” Tylor Williams, Nativo Americano Canadese della Nazione Ditidaht (intervista di AS, 1994) La cornice costruttivista nella quale è considerata la biograficità suggerisce che la consapevolezza biografica influisce sull’autoconsapevolezza, l’autostima e l’autocomprensione. Una nuova interpretazione della memoria e l’accesso a parti di ricordi nascosti, attraverso una nuova percezione, favorisce il cambiamento e amplia la possibilità di scelta di decidere e agire. Inoltre, le TBT, che sono principalmente un approccio educativo, possono avere anche effetti terapeutici. Questo non significa che siano state concepite come metodo terapeutico, ma possono condurre a processi di riconciliazione con il proprio passato. Possono stimolare ricordi che dovrebbero essere elaborati in sede terapeutica. Il confine tra l’effetto educativo e terapeutico delle TBT è mobile. Questa consapevolezza è importante per programmare e attuare le TBT nel campo dell’educazione degli adulti. Gli educatori del Lebens Mutig e. V. distinguono le TBT dalla terapia: lo scopo delle TBT è quello di rafforzare ed evidenziare le potenzialità anziché le debolezze; le TBT aiutano ad acquisire o ampliare le competenze biografiche. (www.lebensmutig.de) – che è simile all’applicazione consapevole della biograficità (Alheit/Dausien 2000). Secondo il Lebens Mutig e. V., le TBT dovrebbero essere considerate nella duplice accezione di: “Preoccupazione di ogni singolo individuo rispetto alla propria biografia – passato, presente, futuro personale – come una responsabilità personale. Apprendimento biografico, inteso come offerta specifica di educazione degli adulti, per gli anziani, nel counselling, nell’assistenza e nell’orientamento spirituale – come una responsabilità professionale”. “Beschäftigung jedes einzelnen Menschen mit der eigenen Biografie, also der persönlichen Vergangenheit, Gegenwart und Zukunft persönliche Aufgabe. Biografisches Arbeiten, als besondere Angebote und Handlungsweisen in der Erwachsenenbildung, Altenbildung, in Beratung, Pflege und Seelsorge professionelle Aufgabe”. - Krecan-Kirchbichler. http://www.lebensmutig.de/images/stories/Konradwas_ist_biografiearbeit.doc [4.5.2010] – questa versione non è più disponibile. Hubert Klingernberger, fondatore del Lebens Mutig e. V, nel febbraio 2011, in Info brief Biographiearbeit scrive: “La riconciliazione, l’orientamento e l’incoraggiamento sono i tre effetti con i quali può essere descritto l’approccio biografico”. “Heilung, Orientierung und Ermutigung – so lassen sich die drei Wirkungen der Biographiearbeit beschreiben”. - Klingenberger, InfobriefBiographiearbeit, febbraio 2011, p. 1. 89 Lavorare con i ricordi Ricordi incorporati: l’approccio biografico fornisce metodi per generare narrazioni e storie di ricordi e riflettere su essi. I ricordi sono espressi, per esempio, con una narrazione orale o un disegno. Gli esseri umani immagazzinano e registrano i ricordi psicologicamente, emotivamente e mentalmente. La vita sarà immagazzinata al momento della nascita e sarà assorbita nel modo di sentire, pensare e agire dell’uomo, ma le origini di questi percorsi diventano inconsci. Questo ricordo non è salvato solo nelle cellule del nostro cervello, ma è materializzato anche in tutto il corpo. Alexander Lowen (1919-2008), medico e psicoterapista, studente di Wilhelm Reich e fondatore del Bioenergetics Analysis, sosteneva l’idea che l’esistenza umana è un’esistenza mischiata (in riferimento alle malattie mentali): “Da questo punto di vista il concetto di malattia mentale è un’illusione. Non c’è disturbo mentale che non sia anche fisico. La persona depressa lo è tanto mentalmente quanto fisicamente; le due depressioni sono una, ma sono due differenti aspetti della personalità. La stessa cosa vale per tutte le altre malattie cosiddette mentali. La credenza che sia “tutto nella testa” è una grande illusione dei nostri tempi, ignorando la realtà fondamentale che la vita, in tutte le sue varie manifestazioni, è un fenomeno psicologico”. (Lowen 1993, (1972), p.12). Egli sottolinea che la sfera delle emozioni agisce sia a livello mentale sia fisico. Anche se formulato agli inizi degli anni Settanta, questo concetto può ancora aiutare a capire cosa succede nel processo di lavoro attraverso la propria biografia. Il ricordo muove l’uomo fisicamente, emotivamente e mentalmente. Va prestata attenzione a questi movimenti. Questa consapevolezza offrirà il tempo e lo spazio necessari alla trasformazione – occorre attendere perché il movimento si manifesti, lasciare alle emozioni il tempo e lo spazio per apparire, dare la possibilità a dettagli nascosti, repressi e latenti di rivelarsi. Gli esseri umani sono modellati dall’esperienza. Essi traslano costantemente la loro memoria inconscia sul modo di pensare, di agire, di sentire, nei sogni e nell’immaginazione. Trasferiscono il conscio, l’inconscio e la memoria repressa nella vita presente, in tanti modi. La memoria trasferita può essere percepita in termini di emozioni fisiche, sentimenti, pensieri, immaginazione, azioni e comportamenti automatici. Gli esseri umani vivono l’esperienza presente attraverso il trasferimento dei percorsi disponibili – quello che Sigmund Freud chiamava “transfert”. Il transfert è un’attività necessaria perché non possiamo apprendere sempre tutto nuovamente. Dunque, l’esperienza contemporanea sarà influenzata dal passato trasferito. Il transfert, però, in alcuni casi può essere bloccato: se il passato non è costantemente analizzato e adattato, se esso è frenato da esperienze traumatiche e se è cristallizzato in modelli rigidi con poche potenzialità di adattamento alle sfide contemporanee. Il lavoro biografico combina trasferimento e trasformazione attraverso una riflessione olistica. Offre spazio alla trasformazione fuori dallo stress e dalla routine della vita quotidiana. Strati di memoria e adattamenti: la vita memorizzata contiene differenti livelli: 1. Esperienze / impressioni/eventi pre-interpretati; 90 2. (Inconscio, abituale) interpretazione mentre si fa esperienza (che richiede quanto più trasferimento possibile di esperienze precedenti e la loro interpretazione); 3. Interpretazione attraverso il ricordo (sempre in situazioni differenti). Le persone non solo interpretano, riflettono e selezionano la memoria, ma la “flettono”, la adattano: più o meno intenzionalmente lasciano fuori alcune parti, confondono i dettagli ed evidenziano o negano il significato degli eventi e delle persone. Come le persone manipolano la memoria dipende dai loro bisogni contemporanei. Questi adattamenti possono raggiungere livelli di menzogna, travisamento o esclusione. Anche la “falsa memoria” contiene lezioni da imparare. Sul piano collettivo, questa è importante per scoprire cosa è normalmente dimenticato o travisato; per capire come funziona la società, cosa ha portato il passato e quali possibili sviluppi futuri possono essere previsti. Sul piano individuale, reprimere, dimenticare e mentire ci parlano di traumi, esperienze difficili, magari connesse al senso di colpa, alla paura o alla rabbia. Il lavoro biografico in contesti terapeutici può toccare ricordi nascosti attraverso il transfert e la riflessione, strappando i ricordi alle loro radici. Questo tipo di lavoro nell’educazione degli adulti si concentrerà più sugli strati di memoria “più alti” che offrono anche i punti di contatto per la realizzazione e la trasformazione. La scelta dei metodi, la loro conduzione e combinazione determinano se il percorso sarà più di tipo educativo o terapeutico. Contenuti dei ricordi: la memorizzazione porta all’immaginazione. Ciò che ricordiamo sono immaginazioni del nostro vissuto. Eventi diversi producono impressioni più o meno forti sulla memoria fisica e psichica. Non c’è una regola per gli effetti prodotti dagli eventi: la regola è totalmente individuale. Il fatto che alcuni ricordi siano lasciati più in superficie e quanto essi risultino intensi dipende anche dalla fase, dal momento di vita in cui ricordiamo e narriamo la situazione. Le immaginazioni di eventi passati possono essere avvertite come immagini interiori, suoni, odori, sapori, emozioni. I ricordi possono contenere la routine quotidiana del passato. E specialmente questa “vita normale” deve essere riesaminata per l’essere così “normale” e non impressionante. (Es. quali strumenti le persone usavano prima; come cucinavano; che lavoro il contadino svolgeva giornalmente, settimanalmente, stagionalmente). Se si sono verificati dei cambiamenti, saranno ricordati come cambiamenti del normale (es. “Svolgevamo lo sempre lo stesso lavoro, tutti gli anni, ai campi, ma quell’estate fu particolarmente secca e così ci adattammo alla situazione”). Cambiamenti evidenti, rotture ed eventi drammatici saranno ricordati o repressi specialmente se sono collegati a sentimenti forti di paura, dolore, violenza e difficoltà di integrazione; o molto gioiosi e di successo. Il lavoro attraverso questi ricordi richiede una buona dose si energia e può essere molto fastidioso. A volte questi tipi di esperienze devono essere represse per stare in equilibrio. Anche cambiamenti ed esperienze collettive evidenti lasciano chiare tracce nella memoria e si sedimentano nell’esperienza individuale. 91 L’obiettivo più alto degli approcci umanistici e gli obiettivi funzionali delle TBT L’obiettivo più alto dell’approccio biografico e delle TBT, come approccio umanistico, è quello di contribuire al benessere delle persone e delle società. L’obiettivo è la gestione e lo sviluppo conscio della biograficità nelle condizioni di vita moderna e post-moderna. La biograficità dovrebbe essere a disposizione di tutti per influenzare certe situazioni, es. per essere capaci di imparare, lavorare, sopravvivere, comunicare e condividere attivamente nella comunità e nella società. Una biograficità conscia fornisce una moltitudine di punti di connessione con persone e comunità diverse e aiuta a dare un senso a ciò che è fuori dalla nostra vita. Questo metodo, usato con i migranti o con persone con un passato migratorio in famiglia, persegue l’obiettivo di creare punti di connessione con altre persone, istituzioni e il corso degli eventi. Supporta le persone a sentirsi membri della società di accoglienza. Gli obiettivi funzionali delle TBT per rendere disponibili i ricordi di vita, possono essere descritti come segue: 1. Una riserva di punti di connessione per poter ampliare le proprie possibilità e comprendere cosa è o sembra differente/straniero/strano; 2. Un punto di partenza per la comunicazione empatica, la comprensione reciproca attraverso l’ascolto, lo scambio e il confronto di storie; 3. Una risorsa di esempi su come gestire le situazioni nel mondo transculturale. Questo include non solo storie di successo, ma anche di fallimento e come vivere i momenti di difficoltà. “Io tendo a interpretare la lista di esperienze prodotta, come un elenco di storie per gestire la vita. Esse testimoniano la conoscenza e le abilità che hanno aiutato qualcuno ad affrontare problemi nella vita”. - Antikainen 1998, p.221. 92 CAPITOLO 8 TRADIZIONE ORALE E STORIA ORALE di Annemarie Schweighofer-Brauer, FBI La raccolta dei ricordi di famiglia e delle storie vissute in tempi difficili è un tesoro inestimabile per i figli e i nipoti. Sono storie che trasmettono un messaggio di speranza per affrontare il futuro. Sono storie che possono venire dai membri della famiglia oppure possono provenire dalla memoria storica della famiglia o della collettività. Storie che raccontate più volte sono trasformate e arricchite di nuovi ricordi. Sia in passato, sia nel presente, le culture orali creano i cantastorie. Le società native dell’America lo hanno fatto e lo continuano a fare. In alcune comunità contadine dell’Europa centrale, come in Tirolo, alcune persone erano conosciute come dei grandi cantastorie. Nelle famiglie allargate, le storie erano raccontate dagli anziani ai più giovani. Venivano trasmesse di generazione in generazione aiutando a tracciare un orientamento e un percorso di vita. Come già menzionato, il compito del Lavoro Biografico Transculturale è simile a quello del cantastorie. Cioè quello di offrire dei modelli per comprendere e modellare i processi della vita e di creare spazi per libere scelte all’interno di tali processi. Allo stesso tempo aiuta a capire che momenti difficili sono parte della vita e che vi sono dei mezzi per superarli e vincerli. Lo scopo del Lavoro Biografico Transculturale è perciò quello di insegnare a vivere in un mondo transculturale e ad affrontare l’insicurezza, le paure, le richieste di identità contraddittorie, i pregiudizi, la discriminazione, l’esclusione e la marginalizzazione. Aiuta persone con esperienze differenti a utilizzare meglio le proprie risorse e le proprie capacità. Per far ciò, il Lavoro Biografico Transculturale utilizza tecniche per raggiungere in profondità i ricordi personali ed iniziare a lavorare sugli atteggiamenti umani. Il griot di Welly Marguerite Lottin e Paolo Raimondi, Griot Il griot è il cantastorie africano. Racconta storie come un poeta, un cantastorie e un musicante. Il griot mantiene i tesori della tradizione orale, conosce molte canzoni tradizionali e ha anche la capacità di commentare i fatti attuali. La sua satira è molto diretta, creativa e costruttiva. La sua conoscenza della storia locale è formidabile. Molti villaggi avevano i loro griot che raccontavano le storie delle nascite, delle morti, dei matrimoni, dei sogni, delle battaglie, delle caccie, degli affari e di altre innumerevoli eventi. Può anche viaggiare di villaggio in villaggio per far conoscere le storie e le vicende locali legando così la vita della gente che abita una stessa regione. 93 Il griot raccoglie la gente di un villaggio, uomini, donne e bambini, sotto l’albero del baobab e racconta la storia della gente dispensando anche consigli per la vita quotidiana. Durante le lunghe serate raccoglie la gente intorno al fuoco. Sebbene siano popolarmente conosciuti come cantastorie, i griot sanno usare le capacità della loro voce e del canto per la satira e commenti politici con l’aiuto di strumenti musicali come la kora, il balafon e i tamburi. In ogni regione africana il griot è chiamato con un nome speciale. La parola griot è stata data dagli occidentali e molto probabilmente deriva dal francese “guiriot” che a sua volta trova la sua radice nella parola portoghese “criado”, cioè il “servo”. Nondimeno, per il continente africano quello che noi chiamiamo “griot” è sempre stata una persona molto importante, degna del più alto rispetto per il suo ruolo di educatore e di insegnante di vita. Ad esempio, nei momenti più alti della storia dell’Impero del Mali (Impero Malinke) nel quattordicesimo secolo, il griot aveva un ruolo molto significativo come consigliere del re, della sua famiglia e del suo governo. Il griot sa anche essere uno storico, un arbitro, un cantore e un cantastorie. Questi musici sono sempre stati dei libri di storia viaggianti, mantenendo le antiche storie e le tradizioni attraverso le loro canzoni. Era una tradizione che veniva trasmessa di generazione in generazione. Hanno anche delle connessioni profonde con i poteri spirituali, sociali e politici. La parola, come si sa, ha un grande potere poiché mantiene viva la storia e rinvigorisce le relazioni. Oggi alcuni noti cantanti popolari sono considerati dei griot perché sanno trasmettere le storie di vita e ispirare la gente attraverso la loro musica e le loro parole. Cantastorie in Uganda di Manuela Schweigkofler e David Okello, Haus der Begegnung C’era una volta Mr. Coniglio e suo fratello Mr. Leprotto. Diventati giovanotti dovevano aiutare l’anziana madre a coltivare i campi. Decisero di seminare “kodingor”, semi di bamboo verde. Ma Mr. Coniglio suggerì alla madre di tostare i semi per ottenere un raccolto più abbondante. L’anziana donna, ignara di queste cose, accettò di tostare i semi. Ogni mattina Mr. Coniglio e Mr. Leprotto si svegliavano presto, prendevano gli arnesi e i semi tostati per andare sui campi. Lungo la strada si fermavano all’ombra di un grande albero a mangiare contenti i semi tostati e facevano una pennichella intorno a mezzogiorno, l’ora in cui solitamente la gente ritorna dai campi. Poi si sporcavano ben bene le gambe con del fango per simulare di aver lavorato e scavato. Al loro ritorno la madre preparava loro del cibo e mentre mangiavano, raccontavano di aver lavorato tanto e di essere molto stanchi. La farsa andò avanti per parecchi giorni e alla fine dissero di aver completato la semina e che era tempo di aspettare il raccolto. 94 In quegli stessi giorni Mr. Elefante era impegnato nel suo giardino a piantare semi veri. Mr. Coniglio e Mr. Leprotto lo avevano visto lavorare poiché il suo giardino era sulla loro strada. Si avvicinava il tempo del raccolto. Da noi si usa che siano le donne a farlo. E l’anziana madre voleva farlo lei. Mr. Coniglio, il solito gran furbo, sapendo che non c’era niente da raccogliere, doveva trovare una nuova scusa per fermare l’anziana madre. E disse: “Mamma, a causa delle forti piogge della scorsa settimana è caduto un grande albero sulla strada che porta ai campi. Tu sei troppo anziana per poterlo scavalcare”. L’anziana signora non poté che accettare. Arrivò il momento del raccolto! L’anziana madre ricordò ai due giovanotti di incominciare il lavoro. Fu a quel punto che Mr. Coniglio e Mr. Leprotto iniziarono a rubare dal campo di Mr. Elefante. Lo fecero per cinque giorni e la madre era molto contenta del buon raccolto. Mr. Elefante invece cercava giorno e notte di capire chi gli stava rubando il raccolto. Non riuscendo a scoprire i ladri, Mr. Elefante andò a consultarsi con lo stregone, Mr. Tartaruga, che lo invitò a ritornare il giorno seguente. Nel frattempo avrebbe trovato una soluzione per scoprire i ladri. Il giorno seguente Mr. Elefante ritornò dallo stregone che nel frattempo aveva modellato con del pongo due figure di bellissime fanciulle, una bellissima ragazza nera e un’altra bianca con i capelli lunghi. Mr. Elefante avrebbe dovuto mettere le due figure nel campo in posti ben scelti. Quella notte Mr. Coniglio e Mr. Leprotto avevano intenzione di fare l’ultimo furto nel campo di Mr. Elefante. Presero gli arnesi e delle grandi ceste. Al loro arrivo si trovarono davanti quelle due bellissime figure sorridenti. Erano eccitati. Mr. Coniglio disse: “Quella nera è per me” e Mr. Leprotto aggiunse: “Quella bianca con i capelli lunghi è per me”. Si precipitarono per stringere loro la mano, ma la loro mano destra rimase appiccicata. Dissero loro di lasciare la mano e con la sinistra cercarono di aiutarsi a liberare la loro mano destra. A quel punto entrambe le mani rimasero appiccicate alle figure. Cercarono di sganciarsi usando braccia, gambe, testa rimanendo però sempre più incollati. In quel momento Mr. Elefante arrivò: “Finalmente ho scoperto i ladri. Adesso riceveranno la lezione che si meritano!”. Come al solito Mr. Leprotto diede delle istruzioni a Mr. Coniglio: “Quando incomincerà a picchiarti tu devi gridare sempre e forte e vedrai che ti lascerà andare. Da parte mia io griderò soltanto una volta”. Mr. Elefante cominciò a picchiare Mr. Coniglio che gridò sempre a ogni colpo, fino a essere picchiato a morte. Quando arrivò la sua volta di essere picchiato, Mr. Leprotto gridò soltanto una volta e basta. Allora Mr. Elefante pensò che anche lui fosse morto. Ma non lo era. Allora li mise in un cesto per portarli a casa e cucinarli per pranzo. Mentre venivano trasportati Mr. Leprotto diceva : “Coniglio, coniglio mangia qualche seme”. Ma Mr. Coniglio era morto. Al sua arrivo la moglie e i figli di Mr. Elefante erano molto contenti di poter avere un po’ di carne per pranzo. La moglie mise una bella pentola piena d’acqua sul fuoco con dentro Mr. Coniglio e Mr. Leprotto. Quando l’acqua incominciò a bollire Mr. Leprotto cercò di spingere Mr. Coniglio sul fondo per stare sopra. La moglie mandò una delle figlie a controllare e vedere se occorreva più sale. La ragazza vide che Mr. Leprotto stava cercando di saltar fuori dalla pentola. Corse indietro: “Mamma, ho visto il nostro cibo con gli occhi aperti che mi guardava!”. “Stupida!”, le disse la madre, “come è possibile che il cibo ti guardi! Vedi invece di aggiungere un po’ di sale!”. La ragazza obbedì e aggiunse il sale. Mr. Leprotto finse di essere morto anche se ben sentiva che le sue orecchie stavano raccogliendo tutto il sale. 95 Arrivò l’ora di pranzo: il Kwonkal era pronto e fumante. La donna, come sempre, servì il cibo. Mr. Leprotto per le donne e Mr. Coniglio per gli uomini. Tutta la famiglia era seduta in cerchio (si mangiava da un solo piatto) all’ombra di un grosso albero. Dopo aver sorseggiato la zuppa, un ragazzo seduto nel gruppo delle donne chiese alla madre un pezzo di carne, in particolare un orecchio di Mr. Leprotto, delizioso! A quel punto Mr. Leprotto riacquistò le sue energie, colpì il piatto di terracotta, ruppe tutto, saltò fuori dalla pentola e scappò. Mentre gli uomini continuavano a gustare il loro cibo, le donne rimasero a bocca asciutta. La storia finisce qui. Quali sono le lezioni da trarre? - Non bisogna dire le bugie. Ad un certo punto le bugie colpiscono chi le dice. - Non rubare, è una brutta cosa. - Non essere pigro, lavora. - Fai attenzione agli estranei. Quelle belle ragazze hanno messo nei guai i nostri protagonisti. Quando la gente di Acholi, popolo del Nord dell’Uganda, racconta una storia, c’è sempre un insegnamento morale. Non diretto, ma nascosto nella storia. Questo è il modo per insegnare ai bambini e sviluppare una cultura. Le storie restano nella memoria della gente. “Solitamente le storie vengono raccontate durante la stagione secca (stagione della festa). La gente si siede intorno al falò godendosi la luna e il fuoco, sapendo che il giorno dopo è festa. Raccontare le storie è un piacere. La maggior parte delle nostre storie sono educative. Si raggiungono delle conclusioni e poi si imparano le lezioni.” Sono anche molto divertenti. Hanno sempre qualche spunto divertente. È anche divertente stare insieme tra una storia e l’altra. La gente ride e il riso rilassa. Ci sono anche dei momenti più tristi. Si comincia parlando in modo spaventato per far emergere l’immaginazione. Alcuni perdono il coraggio e scappano a letto spaventati. Sarà una notte piena di sogni e di incubi. Solitamente soltanto una persona racconta le storie mentre la altre stanno ad ascoltare. Le storie sono semplici e intercalate da canzoni. C’è poco spazio per le domande e tutti i messaggi sono collegati in modo chiaro. Il cantastorie parla e parla. Una storia tira l’altra. Sono storie intorno alla vita della famiglia, della comunità, dei bambini, sono esperienze di vita quotidiana. Anche se i personaggi delle storie sono spesso animali come il coniglio, la tartaruga, l’elefante…La maggior parte delle storie vive tra realtà e immaginazione… Il tempo passa, si è in contatto l’un l’altro. È quello che succede stando seduti intorno al fuoco. Durante il wangoo (raccontare storie intorno al fuoco) gli adulti educano i piccoli, trasmettono la loro cultura dagli anziani ai più giovani e discutono delle cose importanti della comunità, anche dei litigi, dei conflitti per la terra, dell’uso dell’alcool. Si usa il wangoo anche per superare i conflitti. Raccontare una storia in una situazione di conflitto può aiutare a contenerlo e a risolverlo. In questo caso il racconto di storie si accompagna a dei consigli e si guida la gente attraverso il conflitto raccontato nella storia, ma distante da quello della realtà. 96 Metodi di ricerca biografica in Lituania di Irena Zemaitaityte, Sarmite Mikulioniene e Leta Dromantiene, Università Mykolas Romeris In Lituania il metodo biografico è noto e applicato nelle ricerche di sociologia. Nel 2003 fu pubblicato uno studio “Social memory, commemorations and deletedmemory” (Krukauskiene/Sutiniene/Trinkuniene/Vosyliute 2003) dedicato alle esperienze traumatiche del periodo sovietico. Il libro era una valutazione di un lavoro biografico. Gli autori intendevano capire le circostanze in cui i ricordi vengono creati o cancellati. “Quali aspetti degli eventi traumatici del periodo stalinista sono stati memorizzati e quali sono stati cancellati dalla memoria individuale e collettiva?”, si chiedeva a pagina 11 del testo. Nel 1994 Natalija Kasatkina ha fatto una ricerca sull’intelligentia russa in Lituania, analizzando la cultura di un gruppo etnico minoritario e il suo retroterra storico. È una cosa importante non solo per gli studi sulla composizione etnica del paese, ma anche per comprendere meglio le relazioni interetniche attuali. Agne Dorelaitiene e Natalija Mazeikiene pubblicarono nel 2011 un articolo dal titolo “Metodo biografico: la costruzione dell’identità professionale degli operatori sociali maschi” studiandone la materia. Gli autori hanno sviluppato una ricerca qualitativa su come gli operatori sociali maschi raccontano le proprie biografie e rivelano le loro motivazioni nelle scelte professionali. Il metodo di storia familiare è stato usato nel 1996 in un progetto “Canti sociali nei paesi nordici e del Baltico” con lo scopo di ricercare le condizioni di vita delle famiglie in questi paesi. Il progetto fu condotto in collaborazione con l’Istituto Lituano di Filosofia e di Sociologia. Studi sulle storie famigliari si trovano anche nella dissertazione “Relazioni interpersonali nella famiglia nelle società in transizione: una ricerca biografica sulle giovani famiglie” preparata da Ausra Maslauskaite nel 2002. Il lavoro è stato pubblicato in un libro nel 2004. Nel 2003 Sigita Kraniauskiene presentò la sua tesi di laurea dedicata al tema “Costruzione delle identità attraverso le biografie (identità generazionali e di genere nelle biografie lituane del ventesimo secolo)”. Nel 2000 la stessa autrice ha scritto un articolo sul “Metodo biografico: due percorsi teorici e metodologici” in cui analizzava il metodo biografico come una tendenza nei metodi sociologici che fornisce strumenti di ricerca pratica e anche concetti teorici di base. Una comprensione teorica fondamentale del metodo biografico fa si che tale processo, centrato sulle storie di vita, possa fornire elementi metodologici quantitativi e qualitativi e portare a una più ampia, profonda e completa analisi della vita sociale (Kraniauskiene 2000). Nelle scienze dell’educazione il metodo biografico non è ancora applicato. È per questa ragione che crediamo che il progetto Realize possa superare tali lacune. La pubblicazione del Manuale potrebbe incoraggiare ricercatori nel campo educativo ad approfondire il metodo biografico in quanto esso promuove i processi cognitivi individuali e collettivi nella ricerca delle radici e delle risorse personali. L’utilizzo del metodo biografico per l’educazione degli adulti e nel lavoro sociale permetterebbe di guardare agli aspetti soggettivi personali e pubblici della vita. Esso potrebbe anche promuovere un atteggiamento positivo nei processi decisionali individuali e creare delle visioni future di empowerment. 97 Storia orale in Turchia H. Eylem Kaya, Università Süleyman Demirel Il lavoro biografico è stato utilizzato in Turchia nella pratica della storia orale. Le radici della storia orale, le cui fondamenta sono state gettate sia in campo accademico sia istituzionale da Alla Newis, si possono rintracciare nel lavoro sul folklore delle Case del Popolo che furono tra le prime e le più importanti istituzioni culturali dell’Era Repubblicana. Purtroppo in seguito non ha avuto lo stesso sviluppo e l’interesse della gente, specialmente degli storici, si è concentrato maggiormente sui periodi più antichi e più recenti. Da allora ad oggi, il lavoro di storia orale ha avuto un certo sviluppo nel contesto sociologico e antropologico del paese. Per esempio, con le ricerche sociologiche sui cambiamenti sociali nei villaggi di montagna e nelle valli, scritte da BehiceBoran nel 1942. Prima degli anni ottanta Yusuf Hikmet Bayur portò avanti dei lavori biografici su Atatürk, il fondatore delle Repubblica Turca, intervistando delle persone che lo avevano conosciuto. Negli anni novanta i lavori basati sulle storie di vita cominciarono ad aumentare e con loro anche le pubblicazioni di studi su giornali e riviste, come Pazar, Album e Istanbul. Nel 2000 un altro autore, BehaeddinYediyildiz, cercò di capire se eventi e personaggi storici fossero veramente esistiti al di la dei miti pubblici. Oggi in Turchia c’è un importante archivio di storia orale controllato dalla Radio e Televisione Turca (TRT). È un archivio di documenti relativi ad argomenti sociali e politici. Inoltre, i ministeri della Cultura, dell’Educazione e degli Interni possiedono altri documenti che però non sono facilmente accessibili al pubblico. Sebbene non ci sia un archivio dedicato esplicitamente alla storia orale, la Fondazione per la Storia Turca ha iniziato a raccogliere lavori di storia orale fatti dalla stessa fondazione e registrati in rete. Oggi in molte università come la Bogazici University, la Ege University, la Doküz Eylül University, la Sabanci University, la Süleyman Demirel University (Progetto di Ricerca Scientifica di Storia Orale sulle Istituzioni dei Villaggi) sta aumentando l’interesse per il lavoro di Storia Orale e aumentano i progetti, le tesi e le ricerche ad essa orientati. Anche la Woman Work Library in Istanbul ha una collezione importante di interviste con donne che hanno lottato per i diritti civili e che hanno rappresentato il mondo femminile nelle battaglie sociali. 98 APPENDICE Viaggio nella memoria: testo per rilassarsi prima di iniziare il viaggio immaginario Siediti o sdraiati sul pavimento. Mettiti comodo/a. Chiudi gli occhi. Assicurati di stare in una posizione che consenta si stare comodi per un po’ di tempo. Se sei seduto/a, posiziona i piedi in maniera tale che siano a contatto con il pavimento. Respira costantemente. Ispira ed espira con calma. Percepisci te stesso/a, il tuo corpo. Senti i tuoi piedi, come loro aderiscono al pavimento. Senti il tuo corpo. Muoviti verso le gambe e sentile, vai alle tue ginocchia. Avverti tensione? Cerca di mandarla via. Arrampicati verso le cosce e senti come toccano la sedia (il pavimento). Senti i tuoi glutei e rilassali. Vieni ai tuoi fianchi, respira dentro di loro permettendo di sentirsi liberi. Vieni alla tua schiena, alla tua colonna, senti le vertebre una a una. Se ci sono tensioni, respira sulla tua schiena e permetti alla tensione di sparire. Senti le tue vertebre e continua verso le tue scapole. Senti come aderiscono alla sedia (pavimento). Vai verso le tue spalle e senti la tensione andare via, respira. Cammina giù, verso le tue braccia, senti i gomiti, i polsi e consenti loro di allentarsi. Continua verso le tue dita, sentile singolarmente. Vieni di nuovo alle tue spalle e senti la tua nuca, la tua gola, respira e rilassala. Dalla gola muoviti verso la tua bocca, la tua lingua, senti la tua bocca e fai andare via le tensioni. Vieni alle tue guance, al tuo naso, alle tue orecchie, i tuoi occhi. Rilassa tutte le parti del viso. Continua verso la tua testa, senti la pelle sulla tua testa, rilassala. Godi di questa sensazione di rilassatezza e leggerezza per un po’. Tieni gli occhi chiusi. 99 Viaggio accompagnato dalle parole del formatore: testo di accompagnamento per stimolare isensi ricordando una situazione del passato in cui si mangia insieme. Ora vi guiderò nella memoria, verso una situazione del passato. Cammina nel tuo corpo verso il posto dove la memoria risiede, verso il tuo archivio personale. Lì, cerca una situazione di piacere del passato – forse quando eri bambino/a o adolescente – quando mangiavi insieme ad altre persone. Dove stai andando a mangiare? Come com’è il posto? Come odora? Che suoni avverti? È freddo o caldo? Che cosa senti? Come ti senti? Chi incontri lì? Come percepisci queste persone? Di che cosa parlano? Che cosa dicono? Che cosa fai quando arrivi? Giri intorno? Ti siedi da qualche parte? Come si sente il tuo corpo stando seduto? Come sono il tavolo e le sedie? Li tocchi con le mani e le dita? Che cosa senti? Il cibo è già lì? Che cibo è? Come odora? Hai cominciato già a mangiare qualcosa? Che cosa è offerto da bere? Che sapore ha? Che suoni sono prodotti toccando il cibo? Qualcuno parla? Chi? Di che cosa parlano le persone? Chi cucina? Chi serve? Come vedi queste persone che cucinano e servono? Parlano? Come si muovono? Qual è l’espressione della loro faccia? Che cosa mangi? Fai una panoramica dei diversi cibi: come sono fatti? Quali sono gli ingredienti? 100 Ricorda i differenti sapori, odori, suoni prodotti dalle persone … Prenditi del tempo per ricordare. Le persone parlano mentre mangiano? Chi parla? Qual è il suono della sua voce? Di cosa parla? Come sembrano? Prenditi del tempo e permetti a ogni dettaglio di venire fuori dall’archivio della tua memoria. Goditi il momento. Com’è mangiare insieme? Ricorda gli odori, le voci, le sensazioni. Ti alzi? Aiuti a sparecchiare? Vai subito nell’altra stanza? Saluti? Lascia il ricordo lentamente. Ricorda di essere nella tua memoria, archivio del tuo corpo. Ritorna lentamente al presente e in questo posto. Se vuoi puoi muovere lentamente le tue dita, braccia, piedi, prendi un respiro profondo. Puoi aprire i tuoi occhi e ritornare alla situazione presente. Viaggio non accompagnato dalle parole dei formatori: il ricordo di un giorno fantastico della mia vita (da usare, per esempio, nel contesto di TBT con la musica). Ora ti guiderò nel tuo passato. Cammina nel tuo corpo verso un posto, dove la tua memoria risiede, il tuo archivio personale. Cerca nel tuo archivio. Stai cercando il ricordo di un giorno fantastico che ti ha fatto sentire brividi e musica; quando ti sei sentito/a pienamente vivo/a; quando eri felice. Porta questo tuo ricordo fuori dalla tua memoria, collocalo davanti e dentro di te. Ora ti lascio da solo/a con il tuo ricordo per un po’. Fine Sei ancora lì, nel tuo giorno fantastico? Guardati intorno. C’è qualcosa che ti piace e che vorresti portare con te? Prendilo e poi e ritorna dal tuo giorno nel tuo archivio personale e metti il ricordo al suo posto. Ritorna lentamente qui, al presente, con quello che hai portato con te. Muoviti un po’, forse vorresti sbadigliare. Apri i tuoi occhi, lentamente o più velocemente, come preferisci. Biografie parziali Un estratto dal Capitolo V, “le corde nella mia testa – come osservare più attentamente la(e) mia(e) biografia(e)”. Le biografie parziali aiutano ad analizzare la complessità della vita concentrandosi su un determinato aspetto. Le nostre biografie sono composte di differenti biografie parziali, così come una corda è fatta di tante altre piccole corde. Concentrandoti di più su queste parti della tua biografia, arriverai a nuove scoperte. 101 1. Biografia sociale: ambienti sociali e loro cambiamenti: famiglia, amici, vicini; le esperienze di solitudine, di migrazione, privacy, ricerca di alloggio; e sentimenti di appartenenza a un dato gruppo sociale, classe, status o posto. 2. Biografia culturale: a. “Cultura elevata”: musica, teatro, pittura, letteratura ecc. b. Più importante: cultura generale – cultura di vita, culinaria e di costumi; cultura urbana e rurale; comportamenti ricorrenti e abitudini quotidiane che ci danno un senso di sicurezza e orientamento. 3. Biografia naturale: la storia del mio corpo e l’esperienza della natura. a. Corpo: con il nostro corpo esprimiamo l’unicità della nostra identità. Esso è soggetto a cambiamenti e influenze; salute, facendo sport, bellezza e cura del corpo, cicatrici e disabilità. b. Natura: paese o città, montagna o mare – ambienti diversi significano diverse esperienze e influenze per i nostri ricordi. Es. posti importanti dove abbiamo vissuto, posti con un significato speciale, luoghi di vacanza, posti di protezione e sicurezza. 4. Biografia della percezione/visione del mondo: la biografia dei nostri credi, ideologie, convinzioni, delle nostre visioni del mondo, ma anche religione, credo spirituale e tradizione, impressioni differenti e la loro negazione o integrazione, … ecc. 5. Biografia educativa: a. Biografia dei nostri processi di apprendimento in istituti come scuole, università … e la nostra adesione ai modelli educativi. b. Apprendimento del corso della vita: l’apprendimento è sempre connesso alla conoscenza, alle competenze e alle esperienze. 6. Biografia della personalità: tutti gli aspetti prima menzionati condizionano la nostra biografia. Determinano la nostra identità. a. In psicologia si contano 5 dimensioni di base del comportamento umano: l’essere più o meno emotivi; introversi/estroversi; aperti/timidi verso nuove esperienze; compatibili/incompatibili con gli altri;l’essere o meno coscienziosi. Questi aspetti possono cambiare lungo il corso della vita. b. Tempo ed esperienza del tempo. c. Abilità di rendersi conto dei confini personali o costruire barriere per difendersi. d. Biografia professionale. 7. Biografia di genere: siamo tutti nati come donne, uomini o nel mezzo. Questo è il tuo sesso. Ma che cosa si intenda per ragazzo/a, uomo/donna varia sensibilmente tra le società: come abbiamo socializzato come ragazze o ragazzi, donne o uomini; che importanza e valore è attribuita alla differenza di genere nell’ambiente familiare, come vivo oggi come donna/uomo. Identità sessuale, costruzione della relazione ecc. Di certo nessuna di queste biografie parziali è isolata. Esse si influenzano enormemente e generalmente sono mescolate. Sono parti della nostra biografia. QUESTIONARIO: Modello per l’intervista biografica (Fonte: PASS Partenariato di Apprendimento) Alcune considerazioni generali sull’investigazione attraverso la storia orale nel contesto di un’intervista 102 Prima fase: L’intervistato/a dovrebbe essere informato/a circa il contesto progettuale del colloquio. Si dovrebbe spiegare come si procederà nell'intervista - prima la sua narrazione e, successivamente, le domande. Dopo una domanda molto generale l'intervistato/a racconta la sua storia e non deve essere interrotto/a con domande - perché è importante ascoltare il suo punto di vista e la logica con cui lui/lei costruisce la storia attraverso i ricordi. La domanda di apertura generale potrebbe essere: “Per favore, mi racconti della tua vita? Mi interessa tutto ciò che ricordi e che vuoi dirmi, a partire dai tuoi antenati, ciò che i tuoi nonni e genitori ti ha detto, quello che ti ricordi di loro, della tua infanzia, come avete vissuto in seguito.” Seconda fase: Dopo che l'intervistato/a comunica in un modo o nell’altro la sua narrazione (e nel momento in cui inizia a dire: "Non ricordo nient’altro", oppure “Che altro vuoi sapere?"...) è il momento di utilizzare il nostro questionario. Più che un questionario è una scaletta per avere un filo conduttore dell’intervista. Noi conosciamo le nostre aree di interesse, ma come porre concretamente le domande dipenderà dall’intervistato e dalla situazione dell’intervista. Siamo liberi di approfondire un'area più di un’altra; e siamo liberi di indagare nuovi ambiti non presenti in scaletta, se l’intervistato affronta argomenti inattesi. Ovviamente non faremo domande sulle quali l’intervistato abbia già parlato molto nella prima fase del colloquio. Come Ela Gökalp (di Hydra, il partner turco di Pass) espresse: “Neanche le domande principali sono selezionate, tutte le domande sono tenute come in una piscina. Fare domande è un tentativo, l’intervistato/a può dare una risposta corta e allora si deve riformulare la domanda per ricevere le informazioni che si vogliono ottenere, e su alcuni problemi potrebbero essere necessarie molte domande. La meta è trovare un ritratto del vissuto come un film della persona intervistata." Questionario Struttura familiare / reti di riferimento * Ti ricordi qualcosa sui tuoi nonni, che cosa ti hanno raccontato sulle loro vite? * Che cosa ti hanno raccontato i tuoi genitori sulle loro vite prima che tu nascessi? * Che cosa sai sulle circostanze della tua infanzia? * Che cosa ti ricordi? * Quanti fratelli e sorelle hai? Maschio, femmina? Che cosa hanno fatto in seguito? * Con chi hai vissuto durante la tua infanzia (nonni, genitori, fratelli e sorelle, altri bambini, altri parenti, non parenti)? * Che lavoro facevano i tuoi nonni (maschili e femminili), i tuoi genitori (padre e madre)? Come si guadagnavano da vivere? * Dove hai vissuto (città, paese, casa, appartamento), come era (descrizione dell’ambiente)? Come si viveva? * A cosa giocavi e con chi? * Quali compiti avevi da bambino? * Che cosa hai imparato dagli altri, da chi precisamente e come eri solito imparare? Se qualcuno è di seconda o terza generazione: * C’erano persone, organizzazioni, reti (migranti) che i tuoi nonni o genitori già conoscevano? * Come incontravate nuove persone? 103 Se qualcuno è migrante di prima generazione: * Con chi hai lasciato il tuo paese di origine? * C’erano persone, organizzazioni, reti (migranti) che già conoscevi? * Come incontravi nuove persone? Con chi hai fatto amicizia? In quale contesto? * Chi appartiene alla tua famiglia e i tuoi parenti? (È possibile disegnare, se volete, gli antenati, i nonni, animali ...) * Chi è importante nella tua vita? (linee di sangue, linee coniugali, famiglia e parenti) Motivazione del progetto migratorio * Quando o come è nata l'idea di lasciare il tuo paese? * Quali coincidenze o eventi casuali hanno influenzato/indirizzato la vostra decisione? (una persona incontrata, parenti o amici che già hanno fatto questa scelta, etc.) * Quale immaginazione/visione avevi del paese ospitante? * Quale era in origine il paese dove volevi andare? E’ questo paese? * Pensi che questo sia il paese dove puoi realizzare il tuo progetto di vita? Le condizioni socio-economiche * Sei emigrato per ragioni economiche? O per quale motivo hai deciso di emigrare? * Quale immagine avevi del paese ospitante? * Che cosa hai trovato? Conferme o illusioni? * Avevi un lavoro prima di emigrare? Che tipo? Quale livello di reddito? Abbastanza per sostenere la tua famiglia? Qualificazione? Eri soddisfatto del tuo lavoro? * Hai trovato lavoro nel paese ospitante? Eri già organizzato con un nuovo lavoro prima di lasciare la tua casa? * Questo nuovo lavoro corrisponde/corrispondeva alle tue aspettative? * Nel tuo lavoro utilizzi le tue qualificazioni? * La conoscenza della lingua è importante per il tuo lavoro? * Hai mai frequentato/stai frequentando corsi di formazione? * Attraverso quale canale hai trovato lavoro? * Hai contatti con il sindacato? Partecipi ad altre associazioni di lavoratori? * Hai conoscenza delle norme e delle leggi relative al lavoro e relative responsabilità? * Sai come lavorare attraverso le istituzioni? * Pensi di cambiare lavoro? Per motivi di reddito? Stato sociale? Qualificazione? * Il vostro posto di lavoro è un luogo di integrazione? * Hai mai vissuto casi di esclusione o esperienze di razzismo? * Come sono i tuoi rapporti con i tuoi compagni? * Aiuti la tua famiglia nel paese di origine? Educazione * Quale è stato il tuo percorso educativo? Quali le materie di fondo? * Hai un diploma/attestato? (Istruzione o professionale) * Dove hai completato la tua ultima formazione/educazione? * Hai continuato o continueresti la tua formazione nel paese ospitante? * Se no, qual è il motivo? * Se sì, può spiegare? * Mi puoi raccontare qualcosa sul sistema di istruzione nel tuo paese? * Hai avuto difficoltà per quanto riguarda l'istruzione nel tuo paese? * Sei informato sul sistema educativo del paese ospitante? 104 * Può confrontare il tuo paese d'origine e il paese ospitante per quanto riguarda le opportunità educative? * Hai incontrato delle difficoltà per quanto riguarda l'istruzione nel paese ospitante? * Hai sperimentato difficoltà o sei stato oggetto di discriminazioni basate sul genere nella tua famiglia e nel sistema di istruzione? * Se ne avessi la possibilità, che cosa cambieresti nella tua storia educativa, come ad esempio materie/ambiti diversi o continuare la tua formazione? * Ti piacerebbe iniziare/continuare la tua formazione? * Hai frequentato qualche corso di lingua o hai mai partecipato a corsi di formazione professionale o di integrazione nel paese ospitante? Identità culturale * Da quanto tempo vivi nel paese di accoglienza? * Qual è stato il motivo principale per lasciare il tuo paese d'origine? * Quali aspettative avevi rispetto alla cultura ospitante? * Quali sono gli elementi principali della tua cultura (riti, religione, ma anche cibo, vestiti, musica, danza, ecc.)? * Quale di questi pratichi nella vita di ogni giorno? * Insegni questi elementi ai tuoi figli? * Quale lingua parli a casa? * Stai programmando di chiedere la cittadinanza del paese ospitante? * Ti senti integrato nella cultura ospitante? * Ti senti personalmente accettato? * Ha vissuto conflitti di genere rispetto ai ruoli assegnati ai due generi nel tuo paese d'origine e in quello ospitante e come ti comporti? * Sei in contatto con associazioni della tua comunità (può essere utile, ma la protezione può incentivare l'isolamento ed esercitare una sorta di pressione sociale)? Importante è per scoprire, ciò che sanno su diversi temi, e non ciò che è la realtà. Competenza personale Queste domande devono essere utilizzate per l’auto-riflessione, per conoscere il tipo di apprendimento, le risorse e le debolezze, le capacità di concentrazione, e di problem solving, di lavoro in gruppo. Domande d’apertura * Quali giochi preferivi da bambino? * Quali sono i tuoi hobby? * Confronta la tua vita con la vita dei tuoi genitori / tua madre / tuo padre? In quali aspetti diverge? Domande sull’apprendimento * Come impari meglio? * Come affronti i problemi? * Quali sono le tue competenze personali? o cosa potresti fare meglio sul lavoro / a casa? * Come ti comporti in gruppo? * Come affronti lo stress? Peer-review della struttura dell’intervista biografica 105 La peer-review realizzata durante la seconda parte del corso Pilota di Roma, nel marzo 2012, ha avuto lo scopo di tarare questo “strumento aperto”, centrato sulle esperienze di apprendimento del partner intervistato, verso gruppi di persone più vulnerabili, come rifugiati e altri migranti con particolari traumi nel loro vissuto. In questo caso, dalla griglia originaria sono state selezionate solo alcune domande; quelle che gli operatori sociali e i mediatori culturali hanno considerato le chiavi principali per aprire la comunicazione e approfondire i bisogni e le potenzialità dell’individuo. Le domande selezionate sono: - Dove hai vissuto (città, paese, casa, appartamento …) e com’era? Com’è stato vivere lì? Quando e come hai pensato di lasciare il tuo paese? Che immagine/idea avevi del paese di accoglienza? Quel è il paese in cui volevi andare inizialmente? È questo? Cosa ti impedirebbe di vivere qui? Sei emigrato per ragioni economiche? O per quale altra ragione? Che immagine/idea hai del paese di accoglienza? Cosa hai trovato? Conferme o delusioni? Avevi un lavoro prima di emigrare? Che cosa facevi? Quanto guadagnavi? Era abbastanza per sostenere la tua famiglia? Qualifiche? Eri soddisfatto/a del tuo lavoro? Hai trovato lavoro nel paese di accoglienza? L’avevi trovato prima di partire? Usi le tue qualificazioni? La conoscenza della lingua è importante per il tuo lavoro? Conosci le regole e le leggi relative alle tue responsabilità sul lavoro? Hai un diploma? (istruzione o formazione) Dove hai completato i tuoi studi? Potresti continuare i tuoi studi nel paese di accoglienza? Se no, spiega le ragioni; se sì,spiega perché vorresti. Puoi parlare del sistema di istruzione nel tuo paese? Sei informato sul sistema di istruzione del paese di accoglienza? Hai avuto esperienze difficili legate all’istruzione nel paese di accoglienza? Hai subito discriminazioni o incontrato difficoltà legate al sesso in famiglia e nel sistema di istruzione? Da quanto tempo vivi nel paese di accoglienza? Quali sono i principali elementi della tua cultura? (riti, religione, cibo, abbigliamento, vestiti, musica, danza ecc.). Insegni questi elementi ai tuoi figli? Quale lingua parli in casa? Sono sorti dei conflitti di genere in famiglia nel tuo paese di origine? E in quello di accoglienza? E come li hai gestiti? Sei in contatto con associazioni della tua comunità?(può essere di aiuto, ma la protezione può favorire l’isolamento e alcune forme di pressione sociale). Tutte queste domande aperte sono applicabili, mentre le domande: “Come impari meglio?” sarebbe meglio porla in un altro modo, es. “Cosa ti piace fare/imparare?”; anche la domanda relativa alle regole sul mercato del lavoro sarebbe opportuno spiegarla, in relazione al tipo di persona intervistata e al suo passato. 106 Le domande sulla struttura della famiglia e le reti sociali sono tutte applicabili, ma preferibilmente dopo la creazione di una relazione di fiducia tra l’operatore sociale e l’utente. Cominciare con domande su parenti potrebbe essere assolutamente inefficace per aprire un dialogo e gli educatori potrebbero toccare esperienze traumatiche (la violenza, guerre e conflitti, povertà e le privazioni ecc.), senza alcun aiuto per l’intervistato/a. Inoltre, alcuni vuoti sono stati sottolineati dai nostri professionisti, ed gli ambiti mancanti sono riferiti a: Cura della salute e medicina tradizionale: "Come funziona il servizio sanitario nel tuo paese di origine?"; "Ci sono ospedali?"; "Nel tuo villaggio, ci sono dottori?"; "Come ti prendi cura della tua salute (o della tua famiglia)?";"Sai come funziona il servizio sanitario del paese ospitante?"; "Dove eri solito comprare le medicine?"; "Dove compri ora medicine?". Cibo e alimentazione: chiedere sulle abitudini alimentari è collegato fortemente al punto precedente. Alcune domande potrebbero essere centrate sulla disponibilità di cibi tradizionali e di base o "quando e con chi" l’intervistato/a condivide i suoi pasti. Se lui/lei segue specifiche regole nella preparazione dei cibi, o se ha difficoltà con le abitudini nuove alimentari del paese di accoglienza. In casi specifici, psicologi potrebbero investigare la relazione con alcol e altre dipendenze. Relazione sentimentale e visione sul sesso: questa area di approfondimento potrebbe mostrare specifiche difficoltà, collegabili a tabù culturali spesso oppressivi dell'espressione libera degli individui riguardo agli orientamenti sessuali o sulla scelta del partner (ruolo della famiglia e regole tradizionali). Ambiente: riguarda la relazione con le risorse naturali, ma anche con la gestione dello spreco, o l'uso di energia. Investigando questa area, lavoratori sociali / orientatori / educatori potrebbero affrontare anche forti critiche rispetto allo sfruttamento globale dei Paesi del Nord contro i Paesi del Sud del mondo. 107 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA La bibliografia è una lista di testi in Inglese, Tedesco, Turco, Lituano e Italiano compilata dai partner del progetto e parzialmente usata per la scrittura dei differenti capitoli del manuale. L’approccio biografico (nei processi di educazione) Blaumeiser, Heinz/Sturm, Margit (1989): Erzählte Lebens und Alltagsgeschichte in Wien – Das Modell Ottakring, in: Rogge, Klaus I. (ed.): Grabe, wo du stehst, oder: Wie man/frau Arbeit erkundet. Ein Werkstattgespräch, Soest 1989, pp. 108-127. Blaumeiser, Heinz/Wappelshammer, Elisabeth (1984): Lebensgeschichtliche Alltagsforschung und Altenarbeit in Ottakring, in: Ehalt, Hubert C./Knittler-Lux, Ursula/Konrad, Helmut (ed.)Geschichtswerkstatt, Stadtteilarbeit, Aktionsforschung. Perspektiven emanzipatorischer Bildungs- und Kulturarbeit, Wien, pp. 126-136. Blaumeiser, Heinz/Wappelshammer, Elisabeth (1991): Bildung aus Geschichte durch Reflexion von Lebensgeschichten. Neue Grundlagen und Aufgaben des historischen Lernens mit Erwachsenen, in: Lenz, Werner/Gruber, Elke (eds.): Berufsfeld Erwachsenenbildung. Eine Orientierung, München, pp. 87-101. 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