tecniche di apprendimento biografico transculturale (tbt)

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tecniche di apprendimento biografico transculturale (tbt)
510559-LLP-1-2010-1-IT-GRUNDTVIG-GMP
www.realizeproject.eu
TECNICHE DI APPRENDIMENTO BIOGRAFICO
TRANSCULTURALE (TBT)
Manuale
Questo progetto è stato realizzato con il supporto della Commissione Europea.
La pubblicazione riflette la sola prospettiva dell'autore e la commissione non può essere ritenuta responsabile di qualsiasi tipo di uso
che si faccia delle informazioni contenute in essa.
1
Note
Titolo: Tecniche di Apprendimento Biografico Transculturale. Manuale.
Editori: I partner del progetto “REALIZE – TransculturalBiography Work for AdultEducation” – Un
progetto Multilaterale Grundtvig 2010 - 2012
Marco Bono, corsista di Speha Fresia, Roma, Italia
Elisabetta Cannova, coordinatrice progetto di Speha Fresia, Roma, Italia
Fulvio Campa, Speha Fresia, Roma, Italia
Manuela Carboni, Labor Transfer, Camorino, Svizzera
Giorgio Comi, Labor Transfer, Camorino, Svizzera
Francesca Di Nardo, SFAL, Lugano, Svizzera
Leta Dromantiene, Università Mykolas Romeris, Vilnius, Lituania
Andrea Gnaiger, FBI Centre, Innsbruck, Austria
Hüseyin Gül, Università Süleyman Demirel University, Isparta, Turchia
H. Eylem Kaya, Università Süleyman Demirel University, Isparta, Turchia
Welly Marguerite Lottin, Griot, Roma, Italia
Sarmite Mikulioniene, Università Mykolas Romeris University, Vilnius, Lituania
Paolo Raimondi, Griot, Roma, Italia
Elisabeth Reiter, Haus der Begegnung, Innsbruck, Austria
Songül Sallan-Gül, Università Süleyman Demirel University, Isparta, Turchia
Gabriela Schroffenegger, FBI Centre, Innsbruck, Austria
Annemarie Schweighofer-Brauer, FBI Centre, Innsbruck, Austria
Manuela Schweigkofler, Haus der Begegnung, Innsbruck, Austria
Irena Zemaitaityte, Università Mykolas Romeris University, Vilnius, Lituania
Rilettura a cura di: Veronica Sbordone e Margherita Paolini di Speha Fresia, Roma, Italia
Pubblicato da: il partenariato di REALIZE, rappresentato dal capofila:
Speha Fresia Società Cooperativa
Piazza Fernando De Lucia,20
00139 Roma
Italia
Il Copyright dei contenuti del manuale rimane agli autori.
Qualora si faccia riferimento al manuale, si prega di indicare il titolo + gli autori + la data + l’editore.
Il Progetto REALIZE è stato finanziato dall’Unione Europea.
Stampato in Austria, agosto 2012
2
CONTENUTI
Pagina
TECNICHE DI APPRENDIMENTO BIOGRAFICO TRANSCULTURALE (TBT)
NELL’EDUCAZIONE DEGLI ADULTI:
PREMESSA
6
Elisabetta Cannova
CAPITOLO 1
“REALIZE – TRANSCULTURAL BIOGRAPHY WORK FOR ADULT EDUCATION”:
DESCRIZIONE DEL PROGETTO
8
Annemarie Schweighofer-Brauer, Manuela Schweigkofler e Hüseyin Gül
CAPITOLO 2
ESPERIENZE E RISULTATI SULLE TBT: DICHIARAZIONI DEI PARTNER
DEL PROGETTO REALIZE
16
Paolo Raimondi, Welly Marguerite Lottin, Giorgio Comi, Manuela Carboni, Francesca Di Nardo,
Hüseyin Gül, Songül Sallan-Gül, H. Eylem Kaya, Annemarie Schweighofer-Brauer, Elisabeth
Reiter, Elisabetta Cannova e Fulvio Campa
CAPITOLO 3
PREPARAZIONE DEI MODULI: COME APPLICARE LE TECNICHE DI APPRENDIMENTO
BIOGRAFICO TRANSCULTURALE – METODI, ESERCIZI E SUSSIDI DIDATTICI
22
Annemarie Schweighofer-Brauer con il contributo dei partner di Progetto Realize
CAPITOLO 4
ESEMPI DI PRATICHE ED ESERCIZI DI TBT DAI CORSI PILOTA
42
Elisabetta Cannova, Marco Bono, Manuela Carboni, Giorgio Comi, Leta Dromantiene, Francesca
Di Nardo, Hüseyin Gül, Songül Sallan-Gül, H. Eylem Kaya, Welly Marguerite Lottin, Sarmite
Mikulioniene, Paolo Raimondi, Elisabeth Reiter, Annemarie Schweighofer-Brauer, Manuela
Schweigkofler e Irena Zemaitaityte
3
CAPITOLO 5
CHE COSA CONSIDERARE NEL LAVORO CON DIFFERENTI
GRUPPI DI BENEFICIARI NEI DIVERSI PAESI
64
Paolo Raimondi, Welly Marguerite Lottin, Hüseyin Gül, Songül Sallan-Gül, H. Eylem Kaya,
Annemarie Schweighofer-Brauer, Elisabeth Reiter, Manuela Schweigkofler, Irena Zemaitaityte,
Sarmite Mikulioniene, Leta Dromantiene, Giorgio Comi, Manuela Carboni e Francesca Di Nardo
CAPITOLO 6
PREOCCUPAZIONI E LIMITAZIONI DELL’APPROCCIO BIOGRAFICO TRANSCULTURALE
E COME GESTIRLE
74
Hüseyin Gül con il contributo dei partner di Progetto Realize
CAPITOLO 7
TECNICHE DI APPRENDIMENTO BIOGRAFICO TRANSCULTURALE (TBT):
CONSIDERAZIONI DI BASE
77
Annemarie Schweighofer-Brauer con il contributo dei partner di Progetto Realize
CAPITOLO 8
TRADIZIONE ORALE E STORIA ORALE
96
Annemarie Schweighofer-Brauer, Welly Marguerite Lottin, Paolo Raimondi, Manuela
Schweigkofler, David Okello, Irena Zemaitaityte, SarmiteMikulioniene, Leta Dromantiene e H.
Eylem Kaya
APPENDICE
102
BIBLIOGRAFIA/SITOGRAFIA
111
4
LISTA DELLE TAVOLE
Pagina
Tavola 3.1. Panoramica di metodi e tecniche biografici
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Tavola 4.1. Fac-simile di un corso 1)
42
Tavola 4.2. Fac-simile di un corso 2)
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TECNICHE DI APPRENDIMENTO BIOGRAFICO
TRANSCULTURALE (TBT) NELL’EDUCAZIONE DEGLI ADULTI:
PREMESSA
Elisabetta Cannova
Coordinatrice di progetto
Speha Fresia
“Fare” educazione con gli adulti richiede una forte coerenza di approcci e pratiche con gli assunti
dichiarati rispetto a ciò che vengono considerati “buoni processi di apprendimento”, generalmente
accettati dalla comunità educativa: olistici, situati e centrati su chi apprende, pro-attivi e flessibili
(modulari e in grado di impiegare differenti metodi in differenti ambienti).
Le Tecniche di Apprendimento Biografico Transculturale mirano ad approfondire concetti e
pratiche di questi orientamenti, per far emergere anche:

La valorizzazione delle conoscenze e delle abilità precedentemente acquisite contrapposta
ad un’attenzione verso le “mancanze” di conoscenze e capacità, al fine di coprire il
differenziale e raggiungere i risultati educativi attesi. In qualità di insegnanti, formatori, tutor
o di orientatori, siamo consapevoli dell’importanza per i nostri gruppi di utenti di prendere
coscienza del differenziale tra le loro conoscenze e competenze e gli obiettivi che si
propongono di traguardare. Siamo però convinti che il modo di raggiungere questa
consapevolezza può giocare un ruolo formidabile nel motivare e rafforzare gli individui,
supportandoli nel loro processo decisionale. In questo ambito, la regola d’oro per gli
educatori dovrebbe essere “il non sostituirsi al ruolo dell’utente nella presa di decisioni”. Ma
in alcuni contesti questa regola non è sempre rispettata, principalmente nell’istruzione
formale, dove ancora prevale un trasferimento della conoscenza con modalità tipicamente
top-down.
 L’implementazione di processi di valutazione qualitativi, centrati sull’autovalutazione in
contrapposizione a metodi e strumenti di valutazione quantitativa e orientati all’etero
valutazione. Nonostante il focus qualitativo sia fondamentale nei percorsi di empowerment
individuali, probabilmente risulta debole rispetto agli standard richiesti dal Quadro Europeo
delle Qualificazioni. Questa criticità potrebbe rappresentare l’argomento chiave di un
successivo approfondimento progettuale.
 La promozione di apprendimenti auto-gestiti, creando, come agenzie educative, le migliori
condizioni di contesto per facilitare ulteriori esperienze educative, incoraggiando la mobilità
e l’apprendimento esperienziale, applicando approcci tra pari, lavorando in rete con il
coinvolgimento della comunità.
In questo contesto gli educatori degli adulti dovrebbero giocare differenti ruoli, scegliendone uno
oppure cambiando differenti cappelli, in funzione delle differenti situazioni formative: facilitatore,
coach, counsellor, formatore, consulente, mentore … Alla domanda “Che cosa insegnate con le
TBT”, l’unica risposta possibile è “non insegniamo niente”, vogliamo far riaffiorare i ricordi e la
memoria e attraverso questi prefigurare le direzioni future. Cerchiamo di esplorare e condividere
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con i discenti adulti il nostro potenziale, includendo noi stessi facilitatori, come parte integrante del
gruppo.
E come parte del consorzio umano, la prospettiva transculturale può essere l’unica possibile
direzione per promuovere un apprendimento trasformativo. Un’educazione inclusiva rappresenta
l’humus vitale per la coesione sociale.
Accogliere le nuove culture e rafforzare la comprensione reciproca può aiutarci a favorire il
rispetto, a liberare nuove energie e a facilitare la realizzazione di pari opportunità per tutte e tutti.
Il partenariato di REALIZE spera che sarete stimolati ad applicare queste pratiche, impiegando gli
esempi presentati in questo manuale, e soprattutto ad arricchirli con la vostra esperienza e
creatività nell’adattare le TBT nel vostro contesto educativo.
Buona lettura del manuale e visitateci al sito http://www.realizeproject.eu.
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CAPITOLO 1
“REALIZE” - TECNICHE DI APPRENDIMENTO BIOGRAFICO IN
AMBITO TRANSCULTURALE NELL’EDUCAZIONE PER
ADULTI: DESCRIZIONE DEL PROGETTO
di Annemarie Schweighofer-Brauer, Manuela Schweigkofler e Hüsseyin Gül
Come si incontrano il Programma Grundtvig, il progetto Realize e l’approccio TBT
Dal 2010 al 2012 il progetto Realize è stato impegnato nell’applicare le Tecniche Biografiche
Transculturali (TBT) in vari contesti con differenti partecipanti, con bisogni e provenienze diverse,
allo scopo di esplorare e mettere in pratica le varie tecniche e di valutarne l’efficacia. Un altro
scopo è stato quello di elaborare ulteriormente il metodo TBT. Quando lo si usa nell’educazione
degli adulti, esso incoraggia i partecipanti a trovare soluzioni personali all’apprendimento ed altre
questioni prese in considerazione. Esso stimola a imparare attraverso una riflessione sulle proprie
esperienze e a definire nuove prospettive mediante uno scambio biografico con gli altri.
Il progetto REALIZE è un progetto Multilaterale Grundtvig ed è stato finanziato dall’Unione
Europea, nell’ambito del Programma Lifelong Learning.
Il TBT è coerente con l’ispirazione primaria del programma Grundtvig in quanto può aiutare le
persone a sviluppare una consapevolezza di fronte all’apprendimento e al continuo sviluppo
personale, e ad acquisire l’autostima necessaria a raggiungere nuove capacità nella vita sociale e
nel lavoro.
Il programma Grundtvig prende il nome dal teologo, filosofo, politico e pedagogo danese Nikolai
Frederik Severin Grundtvig (1783-1872). Egli ideò la scuola secondaria popolare sulla base
dell’auto organizzazione pedagogica, partendo dalle domande che gli studenti stessi ponevano
all’insegnante. Ha così ridisegnato il rapporto tra insegnante e studenti basato su uno scambio
reale e non su un rapporto gerarchico. TBT si pone proprio in questa tradizione di empowerment e
di apprendimento responsabile e democratico.
Abbiamo scelto di chiamare il nostro progetto con l’acronimo di Realize per due significati che
questa parola contiene e che caratterizzano anche la nostra proposta.
Realize significa diventare consapevoli di qualcosa, cioè di comprenderla meglio di prima. Le
persone che esercitano una riflessione biografica imparano a conoscere meglio i sentimenti, i
pensieri e le immagini racchiusi nella loro memoria. Il corpo ricorda, le emozioni sono risvegliate e i
pensieri riattivati. Viene quindi alla superficie qualcosa che può essere integrato nella propria
concezione di sé per ulteriori riflessioni e per arricchire l’arte di vivere.
Contemporaneamente Realize si riferisce alla realizzazione di un progetto, trasformando un’idea
nella realtà. La consapevolezza biografica, insieme ad una nuova raccolta e ad una valutazione
dei ricordi, può aiutare a migliorare la situazione presente e ad approfondire la conoscenza del
proprio mondo interiore.
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I partner del progetto
Sette organizzazioni provenienti da cinque paesi europei fanno parte del partenariato di Realize.
Alcuni partner avevano in precedenza collaborato nel Partenariato di Apprendimento Grundtvig
“PASS - Influence on personal access to education for people with migrant background” basato sul
metodo delle interviste biografiche. Le interviste avevano fornito una conoscenza più precisa su
cosa favorisce o impedisce l’accesso all’educazione.
Il passo seguente è stato quello di elaborare in un nuovo progetto il TBT come metodo di
empowerment nell’educazione degli adulti.
I partner di Realize sono: la cooperativa Speha-Fresia e l’Associazione Interculturale Griot di
Roma; l’Università Süleyiman Demirel di Sparta, Turchia; l’Haus der Begegnung e FBI Centre (in
tedesco: Institut für gesellschaftswissenschaftliche Forschung, Bildung und Information) di
Innsbruck, Austria; l’Università Mykolas Romeris di Vilnius, Lituania, e come partner silente la
Federazione Svizzera per l’Educazione degli Adulti di Lugano in collaborazione con Labor Transfer
SA di Camerina nel Cantone Ticino, Svizzera.
Speha Fresia è una cooperativa che opera dal 1983 nei settori delle politiche del mercato del
lavoro, dello sviluppo locale e della ricerca. Dal 1986 ha intrapreso delle attività di sostegno e di
formazione per aiutare persone svantaggiate nell’accesso all’occupazione in collaborazione con
enti pubblici e privati, attraverso interventi di orientamento e formazione. L’organizzazione è
certificata UNI EN ISO 9001:2000 per quanto riguarda i servizi di sostegno e di orientamento, lo
sviluppo locale, le misure di sostegno a gruppi svantaggiati, la ricerca sociale, la formazione
continua e l’educazione degli adulti. È un centro di formazione accreditato (Regioni Lazio e Sicilia)
ed è registrata nell’Albo del Ministero del Lavoro e del Welfare per svolgere attività con i migranti e
nell’Albo del Ministero per le Pari Opportunità per la lotta contro ogni forma di discriminazione. Ha
condotto molte attività didattiche utilizzando il metodo autobiografico e ha sperimentato questa
metodologia, anche con migranti, in ricerche basate sulle storie di vita.
L’Associazione Interculturale Griot A.I.G. è una organizzazione non profit fondata a Roma nel
1999 da migranti e cittadini italiani con il fine di promuovere l’integrazione dei migranti in Italia.
Conduce attività nelle scuole di Roma e nelle città della Regione per il dialogo interculturale, il
mantenimento delle culture e delle tradizioni dei paesi di origine dei migranti e per aiutarli nei
processi di educazione e di soluzione di problematiche della vita quotidiana. È registrata nell’Albo
delle Associazioni del Comune di Roma, della Regione Lazio e del Ministero per la Solidarietà
Sociale. Dal 2006 ha creato a Roma uno Sportello Informativo per i migranti. Ha organizzato campi
estivi per i bambini di famiglie migranti e lavora su problematiche sociali e umane, come il
razzismo, i senzatetto, i rifugiati, il dialogo religioso, i diritti civili, la cittadinanza per i migranti e
nella lotta contro l’infibulazione.
L’Università Süleyiman Demirel (SDU) è una conosciuta università pubblica della regione
mediterranea della Turchia. È la più grande tra le varie università create nel 1992 con tre scuole
superiori con corsi di studio della durata di 4 anni, 6 istituti, 40 centri di ricerca, 20 strutture con
corsi biennali di perfezionamento e 17 facoltà. L’università ha 50.000 studenti ed è anche il centro
regionale della ricerca, dell’educazione e di altri servizi didattici. Ha stabilito collaborazioni con
molte università mondiali, in particolare con quelle dei paesi dell’Unione Europea. I rapporti
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internazionali e la mutua cooperazione sono aumentati in modo significativo. L’università coordina
alcuni istituti di ricerca come il Centro per l’Apprendimento Permanente,il Village Institute e il
Centro per Ricerca Educativa e quello per gli Studi di Ricerca delle Donne.
Il Centro FBI (in tedesco: Institut für Forschunggesellschaftswissenschaftliche, Bildungund
Information) è un istituto di ricerca indipendente, non universitario, basato sulla buona pratica dei
“science shop”. È nato come un science shop, con particolare attenzione per l'attività di
mediazione tra la società civile e l'università. A causa dei cambiamenti nel corso del tempo (ad
esempio, le risorse 'attività di mediazione; trasformazione dal trasferimento di conoscenzerispondendo alle richieste in un tempo relativamente breve - alla ricerca che richiede un esame più
approfondito) e delle mutate le esigenze del cliente, il concetto è stato riadattato. Ora FBI si
concentra sulla realizzazione di progetti di ricerca, l'applicazione di metodi qualitativi, in particolare
la ricerca biografica incentrata sulle questioni di genere e di gruppi sociali marginalizzati, e sul
renderei risultati accessibili colmando il divario tra scienza e società civile attraverso le
pubblicazioni(come opuscoli) e corsi educativi per adulti e seminari. Nell’educazione degli adulti
applica metodi innovativi come il lavoro Biografico e lo Scenario Workshop.
Haus der Begegnung è un centro di formazione per l'educazione degli adulti appartenente alla
Chiesa cattolica d'Austria. È specializzata in quattro aree principali: il lavoro e l'economia, la
politica sociale, l’ecologia e il dialogo interreligioso e interculturale. Strutturalmente è stato istituito
un dipartimento speciale per ciascuno di queste quattro aree. Un membro del personale laureato
ha il compito di ricercare argomenti corrispondenti con un approccio orientato ai bisogni, di
pianificare l'offerta formativa e di curare la realizzazione dei corsi. Il dipartimento del dialogo
interculturale e interreligioso è specializzato nell'organizzazione di un programma di educazione
per i migranti e per i promotori che lavorano nei settori dell'istruzione, della promozione della
salute, del benessere e del lavoro e che vogliono migliorare le loro competenze in ambito
interculturale e interreligioso. In particolare, il programma si concentra sulla comunicazione
interculturale, la legislazione e le politiche sull'immigrazione, gli incontri interculturali e interreligiosi,
i corsi di formazione, la creazione di reti di migranti e la promozione etnica e culturale.
L’Università Mykolas Romeris (MRU) è una struttura moderna, dinamica ed è la seconda
università più grande in Lituania, con oltre 21.000 studenti che studiano materie, come: economia,
scienza, legge, business management e pubblica amministrazione, scienze politiche, psicologia,
educazione, sociologia e lavoro sociale. MRU è impegnata ad alimentare e fornire istruzione e
ricerca di qualità elevata, in linea con il processo di Bologna, al fine di preparare i futuri dirigenti e
imprenditori. La Facoltà di politica sociale prepara professionisti per il settore dei servizi sociali.
Oltre a studi di carattere generale quali la formazione teorica, metodologica e pratica nel lavoro
sociale, psicologia, pedagogia, sociologia e studi legali, gli studenti hanno anche la possibilità di
migliorare le loro competenze in campi come la politica sociale, i servizi sociali, lo sviluppo
demografico e l'economia. La Facoltà di politica sociale è partner in diversi progetti internazionali
che sono legati alle tematiche del lavoro sociale, della politica sociale e del servizio sociale.
La Federazione Svizzera per l’Educazione degli Adulti (SFAL/SVEB) è l’unione nazionale che
raccoglie differenti organizzazioni che in Svizzera lavorano nei settori dell’educazione generale e
professionale degli adulti. Essa ha un centro operativo a Zurigo (Svizzera tedesca), a Losanna
(Svizzera francese) e a Lugano (Svizzera italiana). Raccoglie più di 500 tra enti pubblici e privati
impegnati nell’educazione degli adulti, associazioni, rappresentanti dei Cantoni responsabili
dell’educazione degli adulti, dipartimenti educativi e responsabili delle risorse umane di grandi
industrie e anche singoli individui impegnati nell’educazione degli adulti.
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In Svizzera la SFAL promuove un sistema educativo degli adulti sostenibile e lavora per
incrementare la consapevolezza dell’importanza di simili iniziative. Essa crea anche una
cooperazione e un sistema di reti fra le organizzazioni impegnate nell’educazione degli adulti
attraverso progetti nazionali e internazionali, conferenze e seminari d’informazione. La SFAL
organizza ogni anno la settimana svizzera dell’educazione degli adulti. Ha anche sviluppato e
guida un sistema professionale per “preparare i formatori” e una certificazione di qualità per i
docenti dell’educazione degli adulti (eduQua). Entrambi i sistemi sono le colonne portanti
dell’attuale sistema educativo degli adulti. Partecipa anche a progetti educativi nazionali e
internazionali per lavoratori senza un’adeguata qualifica, adulti senza una qualifica di base,
migranti, donne e anziani.
Queste attività sostengono il miglioramento dell’apprendimento di persone con bassa qualifica o
marginalizzate, lavorando per una politica di educazione degli adulti, per una loro
professionalizzazione, e per far crescere la consapevolezza della loro importanza. La SFAL può
contare su una vasta rete di contatti che le permette di sviluppare e condurre ricerche e di
disseminare i risultati dei progetti fatti in tutta la Svizzera. Ha anche contatti operativi con
professionisti, ricercatori, operatori nel campo dell’educazione degli adulti. Lavora con le PMI che
intendono contribuire con le loro esperienze a progetti dedicati all’educazione degli adulti e alla
preparazione professionale. Per questa ragione, uno dei suoi obiettivi più importanti nel progetto
Realize è quello di conoscere differenti approcci e strategie che operatori dell’educazione degli
adulti potrebbero adottare con persone di età superiore ai 50 anni. La SFAL intende anche
sottolineare l’importanza dell’educazione permanente nella terza età per evitare l’esclusione
sociale e promuovere una più attiva terza età.
Nel progetto Realize, SFAL collabora con Labor Transfer SA, un ente operante nella Svizzera
italiana.
Labor Transfer è il partner di riferimento per i programmi di apprendimento degli adulti, in
particolare in contesti di transizione. Collabora con le più importanti agenzie del territorio
impegnate nei processi di integrazione e nella lotta alla disoccupazione. Grazie anche a una vasta
conoscenza e all’esperienza maturata attraverso la collaborazione con le maggiori aziende
svizzere, Labor Transfer propone soluzioni a questioni riguardanti la gestione dei progetti e i
processi aziendali di organizzazione, di leadership e di comunicazione. Labor Transfer progetta,
sviluppa e organizza corsi aperti al pubblico, applica il modello del “Business Performance
Management” e lavora per un continuo miglioramento secondo le direttive dell’European
Foundation for Quality Management.
Il contenuto del manuale
Questo manuale rappresenta uno dei principali risultati del progetto Realize. Fornisce
un’assistenza pratica per futuri lavori con il TBT, elaborata sulla base dell’esperienza dei vari
partner del progetto fatta in cinque paesi europei con differenti gruppi di beneficiari. Di
conseguenza non si tratta soltanto di un tipo ideale di TBT, ma presentiamo una serie concreta di
esercizi, tecniche e metodi riadattati per differenti contesti.
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All’inizio del progetto abbiamo elaborato un approccio concettuale. Il punto essenziale era quello di
collegare il Lavoro Biografico con la transculturalità proprio per studiare il potenziale transculturale
sia nell’analisi di sé sia nel lavoro di gruppo. Ci siamo basati sul concetto di transculturalità di
Wolfgang Welsch e sull’approccio biografico di Peter Alheit (i riferimenti bibliografici per Welsch e
Alheit sono riportati alla fine del manuale). Nel Capitolo 7 abbiamo descritto i contenuti, le
potenzialità e gli scopi del TBT.
Di seguito abbiamo definito la metodologia TBT da usarsi per i corsi pilota con studenti ed esperti
che lavorano con migranti in differenti campi professionali. Questa parte è raccolta nel Capitolo 3.
Gli esercizi del TBT sono stati poi testati con i futuri formatori dei corsi pilota Realize in uno
speciale seminario per istruttori svolto nel giugno 2011 ad Antalya in Turchia.
Nei mesi seguenti abbiamo organizzato 5 corsi pilota con differenti gruppi di beneficiari in Italia,
Turchia, Austria, Lituania e Svizzera. Essi sono stati organizzati in due parti di due giorni ciascuno
con un intervallo di alcune settimane tra di loro. Alcuni tra i più rappresentativi esercizi di ciascun
corso sono riportati nel Capitolo 4.
I gruppi di beneficiari sono stati diversi: studenti di differenti livelli di studio all’Università Suleyiman
Demirel in Turchia; studenti di scienze sociali e operatori sociali all’Università Mykolas Romeris in
Lituania; leader e membri attivi di organizzazioni di migranti a Roma; educatori, preparatori e
insegnanti in Svizzera; specialisti d terapia psicologica, assistenti sociali, preparatori ed insegnanti
in Austria. Gli esercizi utilizzati nei corsi pilota miravano ad aiutare in futuro i migranti a rafforzare
la propria identità. Noi sosteniamo che un’identità sicura e stabile aiuta a realizzare le proprie
aspirazioni e garantisce un migliore accesso all’istruzione, alla qualificazione professionale, al
mercato del lavoro, ai servizi pubblici, ad una cittadinanza attiva e ad una partecipazione culturale.
Il Capitolo 5 riguarda le nostre esperienze più rilevanti e i risultati ottenuti nel lavoro di adattamento
del TBT alle varie realtà. Ogni metodo deve essere efficace sia in ambienti differenti sia con gruppi
di lavoro diversi. Occorre però essere consapevoli delle sue debolezze, sfide e limiti.
Le questioni relative a quando e a dove usare il metodo TBT e i suoi limiti, emersi nei corsi pilota
condotti nei differenti paesi e discussi dai partner e dai partecipanti ai corsi, sono presentati nel
Capitolo 6. Nello stesso Capitolo sono anche riportati dei suggerimenti utili su come affrontare tali
aspetti.
Il Capitolo 8 raccoglie esempi sulla tradizione dei cantastorie, i precursori dell’approccio TBT, e
sugli sviluppi più recenti della ricerca biografica in Turchia e in Lituania. L’Appendice, infine, elenca
gli studi e i siti internet più utili per approfondire le tecniche biografiche transculturali.
Abbiamo anche sviluppato congiuntamente una pagina web (www.realizeproject.eu) al fine di far
meglio conoscere il progetto e i partner e per iniziare uno scambio di informazioni e di valutazioni
sul metodo TBT. Abbiamo presentato gli sviluppi e i risultati del progetto a un pubblico più vasto
con articoli su alcuni giornali quotidiani e riviste specializzate, con interviste su Tv regionali,
presentazioni in conferenze pubbliche, con la nostra conferenza di Vilnius e nell’evento finale di
Innsbruck.
Abbiamo inoltre preparato questo manuale che raccoglie e mette a disposizione per eventuali futuri
impieghi tutti i risultati più importanti del progetto Realize.
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Nel Capitolo 3 abbiamo anche presentato il nostro apprezzamento per il TBT e riportato nel
Capitolo 9 altri approcci simili al TBT. L’appendice contiene altri utili riferimenti per letture e
approfondimenti.
TBT, una breve introduzione
Questo manuale è dedicato al Lavoro Biografico in ambito transculturale, in breve TBT. Nei
prossimi capitoli presenteremo la metodologia, le fondamenta teoriche e anche degli esercizi
concreti. Questo capitolo introduttivo si limiterà a dare una sintetica presentazione.
Il Lavoro Biografico
Il lavoro biografico intende sviluppare un concetto positivo del sé e aiutare i partecipanti ad
allargare l’orizzonte di possibili scelte, attuali e future. Incoraggia positivamente i processi
comportamentali e decisionali e rafforza le visioni.
Esso invita i partecipanti a raccontare le proprie storie di vita attraverso i ricordi e a riscoprire le
potenzialità biografiche per indirizzare la propria vita presente e futura. Qualsiasi metodo creativo
può essere utilizzato per evocare i ricordi.
Nell’educazione degli adulti il Lavoro Biografico è orientato alla scoperta di risorse e capacità
nascoste, ma può anche essere utile per superare blocchi nel pensiero, nei sentimenti e
nell’azione. Attraverso di esso le persone possono riscoprire come hanno affrontato situazioni
difficili nella loro vita. “Come ho affrontato nel passato questa mia situazione attuale? Come lo
hanno affrontato altri membri della mia famiglia o altre persone con cui sto condividendo i ricordi?”
Aiuta a trovare maggiore consapevolezza e desiderio di realizzazione tra coloro che, per
mancanza di spazio, tempo e mezzi di autodeterminazione, si trova marginalizzato.
Il TBT aiuta a ritrovare l’autostima e la consapevolezza delle proprie potenzialità. Lavorando in
gruppo con il metodo biografico i partecipanti sperimentano ottimismo e vitalità. Una condizione
personale positiva crea le motivazioni per apprendere e per guardare al futuro con fiducia. Prepara
anche alla carriera educativa e professionale.
Il TBT insegna a scoprire competenze chiave per bilanciare un soddisfacente processo di studio e
di lavoro. I partecipanti ai corsi riscoprono di essere utili alla società.
Il TBT rallenta il ritmo della vita. Richiede spazio e tempo per rendere possibili processi inaspettati
di apprendimento e di trasformazione. È orientato verso processi di realizzazione. I fini sono
indicati, ma, se emergono risultati inaspettati, essi sono i più apprezzati.
L’approccio biografico è già in uso in molti campi professionali come quello dell’assistenza, della
cura degli anziani, nel lavoro sociale, nel lavoro di sostegno per le adozioni, nell’educazione degli
adulti, nella terapia e nel lavoro di coaching/counselling. Siamo convinti che ci siano molti altri
campi dove il metodo si può applicare proficuamente.
Il Lavoro Biografico rafforza l’attitudine a cercare di conoscere gli altri, le loro realtà, le ragioni per
le loro decisioni e le loro storie di vita. Si scopre quanto educativo e istruttivo sia parlare con gli altri
in modo biografico, ascoltare le storie di vita degli altri, paragonarle, imparare dagli altri e ispirarsi
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l’un l’altro. Le storie biografiche fanno capire come una persona si è evoluta, perché esprime certe
opinioni, come porta avanti le sue idee e i suoi punti di vista e perché reagisce in un dato modo in
determinate circostanze. La comprensione reciproca cresce. Questa pratica concreta amplifica
l’orizzonte delle persone, la loro capacità di comprendere altra gente non conosciuta (ma anche
chi ci è già familiare).
Come combinare il Lavoro Biografico con la transculturalità
Cultura è un termine con molti significati come già discusso in antropologia e in altri studi culturali.
Nel nostro caso definiamo cultura il modo in cui le persone creano, organizzano, esprimono, ma
anche pensano, verbalizzano e concepiscono la propria vita: come creare una comprensione
comune da condividere con gli altri.
Seguendo gli insegnamenti di Wolfgang Welsch, transculturale vuol dire che le culture sono in
continuo cambiamento, si mischiano tra di loro e si influenzano l’un l’altra. Non sono cose fisse ma
interconnesse. Tutte le comunità umane definite come “culture” hanno attraversato un lungo
processo di trasformazione che continuano ancor oggi. La cultura non è una cosa ma qualcosa
che le persone imparano, fanno, trasformano, sperimentano e condividono. Per cui il termine “fare
cultura” è appropriato. Le persone creano se stesse culturalmente. Essere parte di un ambiente
vuol dire familiarizzare con quello che le persone che ti circondano pensano, sentono, fanno. Vuol
dire definire il modo di pensare, agire e sentire; vuol dire essere condotti verso pensieri, emozioni
e azioni. Questo è “fare cultura” cosi come “fare genere”, cioè essere “costretti” a decidere per se
stessi allo stesso tempo.
Quando le persone con differenti background (“culturali”) si incontrano, si influenzano a vicenda e
qualcosa cambia. Ritirarsi a causa di “argomenti culturali” oppure definirsi come parti di particolari
“culture” vuol dire costruire queste culture mentalmente, emotivamente e anche materialmente.
L’aspetto transculturale del Lavoro Biografico
Il TBT si concentra sui seguenti aspetti:
Esplorare lo straniero che è in noi, per capire meglio quello che si prova come straniero al
di fuori di se stessi.
- Identificare e apprezzare i talenti e le capacità personali conosciuti vivendo in differenti
contesti culturali. I contesti transculturali possono essere colmi di domande contraddittorie.
Vivere una vita transculturale sfida gli individui a sviluppare una stabile base psichica e
mentale per essere capaci di prendere le decisioni, di selezionare i criteri e i modi dinamici
per interpretare le percezioni e le esperienze, per bilanciare le differenze e le
contraddizioni.
- Capire come le esperienze di migrante influenzano la propria vita o quella delle persone
con cui si collabora. Identificare cosa è necessario per vivere una vita lontano dalla propria
famiglia e cosa è necessario per l’integrazione personale quando si vivono esperienze e
sollecitazioni contraddittorie.
- Stimolare e sviluppare i processi di mutua comprensione fra la gente che si considera parte
di culture differenti. Creare una “terza cultura comune”, “fare cultura” attraverso la
comunicazione transculturale.
L’analisi di se stessi in modo biografico transculturale porta a un cambiamento qualitativo che ha la
potenzialità di modificare il modo di pensare. Un fattore importante in tale cambiamento è il
-
14
riconoscimento che, prescindendo dalla cultura, dal genere e dall’età, gli esseri umani sono simili
rispetto ai loro bisogni primari, alle loro reazioni e ai loro comportamenti emotivi.
Una mente transculturale e una pratica transculturale in sé non negano le differenze, ma
aumentano la possibilità di una comprensione reciproca. Confrontare le altre persone come “di
fatto simili” crea una percezione e una riflessione differenti sul proprio comportamento e su quello
degli altri e stimola modi di pensare e di comportamento differenti rispetto a quando si vedono gli
altri come “di fatto estranei”.
TBT intende attivare i processi di comunicazione, di mutua comprensione e di apprendimento
stimolando una comunicazione comprensiva tra persone di differenti origini.
TBT aiuta a esprimere se stessi, a riscoprire e condividere i ricordi, a entrare in dialogo con gli altri
e a comprendere le dipendenze e le differenze alla base di un rispetto reciproco. Il TBT invita a
vedere le esperienze particolari delle persone, partendo dai loro orizzonti di esperienza e di
comprensione. Il Lavoro Biografico aiuta a superare fraintendimenti e stereotipi fra le persone.
Attraverso il TBT si iniziano processi di comunicazione per raggiungere una mutua comprensione
delle esperienze e delle motivazioni. La comunicazione transculturale può quindi essere praticata e
sperimentata su queste basi come un sistema comunicativo che presuppone consapevolmente il
contatto, il rapporto, la similarità e il grado di differenza degli esseri umani piuttosto che la
separazione e le diversità insuperabili.
La consapevolezza biografica transculturale fa aumentare l’autostima e allo stesso tempo rafforza
la conoscenza dell’interdipendenza umana e della reciproca influenza. Rende più chiaro come la
libertà di creare questa interdipendenza cresce quando la si riconosce.
Vivere vuol dire apprendere affrontando nuove situazioni, nuove persone, nuove reti culturali e
nuove età. Apprendere vuol dire trasformare.
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CAPITOLO 2
ESPERIENZE E RISULTATI ATTRAVERSO LE TBT:
DICHIARAZIONI DEI PARTNER DEL PROGETTO REALIZE
Essere parte di una vita sociale più ampia
di Paolo Raimondi e Welly Marguerite Lottin, Griot
L’associazione Griot lavora per lo più con migranti provenienti dall’Africa o da altri continenti.
Queste persone portano con sé una cultura molo diversa, spesso completamente diversa, da
quella del paese di accoglienza. Dalla sua esperienza, Griot è giunta alla conclusione che è
necessario agire per evitare che queste persone si chiudano in se stesse, come in un ghetto
culturale: poiché non si sentono accettate dagli abitanti locali, alcune di loro tendono a formare
piccoli gruppi composti da persone con stesse origini e provenienze. Tutto ciò rallenta il processo
di integrazione e l’apprendimento della lingua nazionale. Per Griot, le TBT sono importanti perché
aiutano i migranti ad aprirsi agli altri, a narrare la propria storia personale e i ricordi passati: questo
li aiuta a superare i tabù e la paura culturale dell’altro, a scoprire impensabili punti in comune e, in
questo modo, a capire meglio se stessi. Le TBT possono essere usate inizialmente per
promuovere una riflessione sociale solo all’interno di una comunità specifica di migranti, per poi
aprire il processo anche ad altre differenti comunità, compresa quella locale. Questo crea un senso
di appartenenza e di comunità in una vita sociale nuova e più ampia. Per Griot, l’uso delle TBT è il
modo più naturale per scoprire le storie di vita e il bagaglio culturale dei migranti con i quali lavora.
Perché le TBT
di Giorgio Comi e Manuela Carboni, Labor Transfer; e Francesca Di Nardo, Federazione Svizzera
per l’Educazione Permanente
L’introduzione delle TBT nel processo di apprendimento favorisce l’aggiornamento e l’integrazione
dei percorsi professionali. Infatti, i partecipanti hanno la possibilità di ritornare al passato con la
mente, a momenti significativi della loro esistenza, per identificare situazioni in cui essi hanno
appreso, costruito, elaborato una nuova conoscenza o abilità. La valorizzazione dello scambio
orale di questi momenti autobiografici favorisce la crescita della propria stima e il riconoscimento di
caratteristiche specifiche ed esperienze rilevanti nelle altre persone.
Le TBT sono usate anche nella formazione dei docenti/formatori. In questo contesto, noi
proponiamo lo stesso percorso formativo, anche se con l’aggiunta di due cicli di apprendimento:
quello meta-riflessivo e quello del trasferimento. Per gli insegnanti e gli operatori sociali, la
strategia delle TBT è utile per acquisire elementi importanti su come noi consideriamo l’altro, sulle
nostre modalità di apprendimento, sul nostro processo decisionale e di insegnamento. Il risultato
sarà un consolidamento delle competenze nel campo della formazione in generale. Un passaggio
importante nella formazione dei formatori è il trasferimento delle tecniche di ricerca che possono
essere applicate in contesti specifici di lavoro, con i bambini o i più giovani, con gli adulti in uscita
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dal mercato del lavoro, con le famiglie di migranti, con gli operatori sociali, culturali e amministrativi
che lavorano nel contesto territoriale.
Il nostro modello di formazione offre situazioni concrete per facilitare la riflessione personale e lo
scambio tra i partecipanti. Esso è anche applicato a un ciclo di formazione con le TBT che è
garanzia della qualità dell’educazione dei più giovani e degli adulti, e che può essere applicato in
corsi specifici o da specifici formatori. Nel caso delle TBT prendiamo in considerazione quattro
azioni necessarie per il processo di apprendimento: notare, trasformare, dirigere e creare (Reggio,
2010). L’uso di queste quattro azioni mentali all’interno di un contesto formativo – come creare una
mappa cronologica delle proprie risorse relazionali o la scelta e la presentazione di un qualcosa di
artistico che definisce un momento della nostra esistenza – induce i partecipanti a osservare e ad
ascoltare, oltre che ad analizzare elementi che considerano significativi per la loro esistenza.
Lo scambio e il confronto favoriscono un approccio trasformativo visto che l’attività promuove un
arricchimento di ciò che è stato creato e presentato. L’esperienza individuale e di gruppo è poi
supportata da discussioni su pratiche e progetti personali che possono essere collegati al lavoro
svolto insieme. La terza azione porta alla generazione di nuovi modi di pensiero e di lavoro, che
ben si adattano al percorso di costruzione autobiografica. Questo aiuta a esprimere il significato
che i partecipanti intendono dare al loro lavoro: li aiuta a definire nuovi progetti per il proprio futuro,
di breve o di lungo termine.
L’approccio riflessivo e lo scambio tra i partecipanti sono guidati in sessioni di dialogo aperto
(maieutiche).
Il processo di apprendimento dei partecipanti al corso pilota di Sparta - Turchia
di Hüsey in Gül, Songül Sallan-Gül e H. Eylem Kaya, Università Süleyman Demirel
I partecipanti al corso pilota erano per lo più studenti universitari e due laureati. La prima parte del
corso è stata realizzata rispettando i tempi previsti dalla programmazione. In generale, tutti i
partecipanti erano abbastanza maturi da prendere parte al corso ma, poiché non abbastanza
informati, inizialmente c’è stata un po’ di confusione sullo scopo dell’incontro, come una coppia di
studenti che pensavano di dover seguire una breve lezione universitaria. Inoltre, gli studenti
sembravano irritati dal fatto che prendessimo appunti o registrassimo le conversazioni, anche se
non hanno osato obiettare. Hanno cominciato a rilassarsi solo quando abbiamo spiegato loro la
natura del corso e tutto è diventato più chiaro. È stato abbastanza facile instaurare un clima di
fiducia perché i formatori e gli osservatori del pilota erano docenti universitari già noti a molti
partecipanti. Allo stesso tempo, è stato di aiuto la lettura, da parte di un formatore, di una storia di
vita reale tratta dal suo diario, all’inizio degli studi, così da guidare il gruppo a entrare nello spirito
giusto e ad accrescere la fiducia e la sincerità reciproca. Il secondo giorno, i partecipanti hanno
cominciato a socializzare e a essere più uniti. Hanno cominciato a parlare, a condividere e a
raccontarsi di più, e in maniera più rilassata.
Mentre i partecipanti raccontavano le loro esperienze di vita, il flusso delle emozioni cominciava a
liberarsi, specialmente quando parlavano di traumi legati alla migrazione o alla loro esclusione per
questioni ideologiche, religiose, etniche, di abbigliamento (indossare il velo) eccetera. A volte una
lacrima è scesa, altre volte il tono di voce è cambiato. La sensazione di essere ascoltati e
l’atmosfera cordiale li ha fatti rilassare e aprire. I facilitatori non hanno osato interromperli; li hanno
lasciati scoprire se stessi/e. In principio, la ragazza con il velo e il ragazzo curdo erano riluttanti a
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partecipare, ma più ascoltavano le storie degli altri, più il linguaggio del loro corpo cambiava. Si
sono finalmente rilassati, anche se sempre con un po’ di esitazione nel condividere le esperienze
personali con il gruppo.
Nella seconda parte del corso pilota c’è stata una variazione di tempo e di luogo rispetto alla
programmazione iniziale: a causa di un guasto al sistema di riscaldamento della stanza n.216 della
biblioteca universitaria, il corso si è svolto presso il Dipartimento di Sociologia; quanto ai tempi,
l’incontro è stato anticipato al 24-25 ottobre, anziché il 6-7 novembre perché giorni di festa
religiosa. Nella seconda parte del corso, i partecipanti hanno confessato che la riflessione sulle
loro autobiografie, le biografie familiari e i genogrammi li hanno aiutati a conoscere meglio il loro
passato. Hanno riconosciuto di essere in possesso di informazioni inadeguate sul loro vissuto e di
non aver mai compreso l’importanza della transculturalità prima di allora. È stato notato che i
partecipanti, specialmente provenienti da famiglie isolate e rurali, si sono stupiti delle proprie
relazioni familiari e del proprio passato mentre preparavano il genogramma.
Nel gruppo sono emersi due punti di vista diversi sull’uso e l’efficacia delle TBT. Secondo il primo
punto di vista, le tecniche individuali, come il disegno, sarebbero più efficaci. Infatti, alcuni
partecipanti inizialmente riluttanti a usare quella tecnica perché sicuri di non saper di disegnare
bene, dopo averla provata l’hanno amata. Inoltre, hanno affermato che la tecnica si presta molto
bene per l’espressione dei sentimenti e per capire le TBT. Il secondo punto di vista predilige,
invece, il lavoro di gruppo: scambiarsi idee e fare insieme le ricerche sul passato della propria
famiglia sarebbe più divertente e formativo. Alcuni studenti hanno sottolineato che la combinazione
di lavoro di gruppo e tecniche autobiografiche è stata più utile per l’esplorazione di se stessi e per
capire gli altri; per accettare diversi punti di vista e conviverci.
I partecipanti si sono mostrati d’accordo sul fatto di essersi sentiti senza difese, inermi, mentre
facevano il loro viaggio interiore realizzato in un’atmosfera terapeutica. Inoltre, hanno fatto notare
che il sentimento di fiducia che si è creato nel gruppo con questo studio li ha aiutati a fare i conti
con se stessi e con il loro passato e, allo stesso tempo, la sincerità li ha aiutati a esprimersi più
chiaramente, a narrare la loro storia e le esperienze vissute. Le TBT usate durante il corso hanno
anche favorito il superamento di tabù, paure e pregiudizi sull’altro. I partecipanti hanno ammesso
che ora sono più pronti e capaci di rispettare gli altri, anche se diversi. Tutto ciò sembra creare un
sentimento di appartenenza nel gruppo in un mondo fatto di troppe differenze. Quasi tutti hanno
compreso che c’erano tante differenze nel gruppo ma, fondamentalmente, i problemi e le
caratteristiche dei componenti erano simili, comuni. Tutti hanno affermato di aver tratto benefici da
queste tecniche per la loro vita sociale.
Una nuova storia raccontando l’esperienza
di Annemarie Schweighfer-Brauer, Istituto FBI
Alle persone piace parlare dei propri ricordi. Questo è quello che ho sempre notato con i seminari
di Lavoro Biografico. Welly Marguerite Lottin, direttore dell’associazione dei migrati Griot di Roma,
proveniente dal Camerun, ha confessato ai partner di Realize che: “quello che elaboriamo –
l’approccio biografico transculturale – è molto diffuso nella vita quotidiana in Camerun ed è
praticato con abilità”.
In Germania e in Austria il senso di sfiducia e di incomprensione ha pervaso le relazioni tra le
generazioni, specialmente durante la seconda metà del ventesimo secolo. L’esperienza e il
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coinvolgimento di molte persone nel regime del terrore nazionalsocialista, ha causato traumi,
repressione dei ricordi, senso di colpa e distruzione dei punti di vista. La memoria è stata
cancellata in molte famiglie. Ragazzi e bambini avvertivano che certe macchie e zone oscure del
passato famigliare non potevano essere toccate. Erano inaccessibili.
La possibilità di costruire una consapevolezza di se stessi attraverso la narrazione, che coincideva
inevitabilmente con la biografia famigliare, o con quella di un quartiere o di un villaggio vicino (di
persone con le quali era possibile interagire direttamente) divenne complicata, fu interrotta e andò
persa.
I partecipanti ai seminari di Tecniche Biografiche notano un sentimento di liberazione mentre
narrano le loro storie. Il loro spazio mentale si espande mentre parlano e ascoltano. Quello stesso
spazio quotidianamente consumato dalla pressione mentale, dalla mancanza di tempo e dalla
depressione. Dedicare del tempo allo scambio autobiografico apre lo spazio alla trasformazione.
Esso rilassa perché l’energia e i sentimenti scorrono. Tutto ciò è collegato alle vecchie tradizioni
orali – il tramandare racconti di famiglia, storie di comunità e storie personali, che creano o
comunicano il significato di una persona, di una famiglia, di una comunità.
Le persone apprezzano questo senso di liberazione e, condividendo la loro ricchezza biografica, si
rivelano degli esseri umani unici. In questo spazio di condivisione si ascoltano anche i racconti
degli altri e una nuova storia si sviluppa – diventando una nuova storia comune.
Specialmente gli immigranti sentono il bisogno di diventare visibili in un nuovo ambiente tessendo
la loro storia peculiare e condividendola. Diventare visibili con le proprie storie significa non essere
stereotipati.
L’approccio biografico continua la tradizione del racconto orale.
Guardare ai migranti da un altro punto di vista
di Elisabeth Reiter, Haus der Begegnung
Il dialogo transculturale e interreligioso può anche essere visto come un dialogo di vita. Persone di
paesi, religioni, culture, età e contesti sociali differenti hanno la possibilità di conoscersi in modo
speciale. Raccontarsi e ascoltarsi avviene attraverso un approccio facile e intenso. Non c’è
bisogno di molta teoria, l’apprendimento riguarda te e l’altro. Il libro è rappresentato dalle vostre
vite.
Un esempio ci ha spinti a lavorare con le Tecniche Biografiche Transculturali: abbiamo organizzato
una visita in una moschea di Innsbruck. Molte persone erano interessate. Hanno voluto cogliere
l’opportunità di visitare una moschea e vedere com’è fatta all’interno. Di sicuro, sono state spinte
anche dalla curiosità di conoscere più a fondo la religione musulmana: come i fedeli pregano,
vivono e interagiscono tra loro. I partecipanti si sono sentiti a proprio agio e hanno rivolto molte
domande. Anche se in poco tempo, hanno avuto la possibilità di acquisire una nuova prospettiva
sui migranti, nel caso specifico musulmani, di vederli da un altro punto di vista. Abbiamo notato
anche una forte interazione tra i partecipanti alla visita e gli accoglienti. Essi hanno scoperto tanti
punti in comune e appreso che “questi altri” non sono poi così diversi da loro. Abbiamo molte
esperienze simili in comune.
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Lo scambio biografico è anche transculturale perché entrambi i concetti si focalizzano sugli
individui e sulle loro storie, influenze e identità. I partecipanti vivono secondo stili di vita propri e
hanno vissuti diversi che si incastrano, si mischiano e influenzano reciprocamente.
Noi tutti siamo immersi nella cultura e siamo portatori di differenti elementi culturali. Siamo un
grande gruppo di persone differenti e uniche e le TBT ci aiutano a focalizzarci sugli individui, sui
loro bisogni e desideri, le loro afflizioni e difficoltà. Se ci concentriamo sugli individui e sulle loro
particolari identità, non abbiamo bisogno di parlare di integrazione dei migranti nella società.
Dovremmo parlare, piuttosto, dell’arricchimento di ogni singola persona e della sua storia unica e
irripetibile per la società.
Orientamento e accompagnamento alla scelta imprenditoriale
di Elisabetta Cannova e Fulvio Campa, Speha Fresia
Un approccio narrativo può essere usato anche quando le persone si prefiggono l’obiettivo di fare
impresa, di trasformare le loro aspirazioni, intuizioni, abilità e passioni in un progetto
imprenditoriale. La chiave è l’approccio narrativo e biografico.
Attraverso l’approccio biografico, Speha Fresia ha realizzato, sulla base dell’esperienza degli
Incubatori Impresa Donna, uno strumento di orientamento per accompagnare le persone, o un
gruppo di persone interessate all’imprenditorialità, in un viaggio virtuale dalla loro “terra d’origine”
al “territorio in cui fare impresa”, identificando il potenziale, spesso nascosto anche a noi stessi,
che può essere sfruttato per sviluppare un’idea. Poiché nelle piccole imprese è la qualità
dell’imprenditore a fare la differenza, e forse l’opportunità di successo, il metodo di orientamento e
accompagnamento è fondamentale per sostenere le persone nel processo di trasformazione: fare
in modo che i disoccupati, o coloro che non sono soddisfatti della posizione che occupano,
diventino consapevoli del loro potenziale. In questo caso, i racconti sono usati per “aprire” la parte
emotiva e superare i punti critici dove la parte razionale si blocca e diventa incapace di dare
risposte. Anche il metodo del genogramma è molto usato con il supporto di strumenti
visivi/immagini: la visione delle foto di famiglia accresce la consapevolezza dei propri punti di forza
e di quei valori capaci di sostenere le persone nel cambiamento per affrontarlo meglio. Il
riconoscimento di una rete tra le persone è un altro importante fattore da sottolineare per trovare il
coraggio di chiedere aiuto e supporto agli altri.
Gli strumenti usati in questo campo fanno riferimento alle pratiche di orientamento, colloqui
individuali o di gruppo, applicate attraverso differenti strumenti e approcci, come il metodo del
bilancio di competenza (ampiamente usato in Italia), e adattato a soluzioni di autoimpiego, per
esempio, attraverso il progetto multilaterale B-Plan del programma settoriale Leonardo da Vinci.
Sul sito www.bplanproject.eu si possono scaricare metodi e strumenti per le sessioni di
orientamento allo start-up d’impresa.
O il metodo Rétravailler (prospettiva di genere), con significative esperienze europee, come quella
di Galaxies, un progetto multilaterale di Trasferimento dell’Innovazione Leonardo da Vinci
finalizzato a sottolineare le differenze di genere nelle pratiche di orientamento nelle scuole
secondarie. Sul sito www.galaxiesproject.eu si possono scaricare sussidi didattici, con esercizi
pratici e guide in diverse lingue europee per gli educatori dei centri di formazione professionale.
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CAPITOLO 3
PREPARAZIONE DEI MODULI: COME METTERE IN PRATICA
LE TECNICHE BIOGRAFICHE TRANSCULTURALI – METODI,
ESERCIZI, STRUMENTI
AnnemarieSchweighfer-Brauer, Istituto FBI
con il contributo dei partner del progetto Realize
Le TBT attivano delle risorse biografiche utili ad affrontare, gestire e capire la vita. In base al
contesto professionale di applicazione delle TBT devono essere selezionati e combinati metodi,
tecniche, strumenti e attività appropriati. Imparare dalle storie di successo o dai fallimenti funziona
a livello individuale (es. nel counselling) e molto bene in gruppo (es. nell’educazione degli adulti).
In questo manuale i concetti di metodo, tecnica e approccio sono usati molto spesso. A volte non è
facile distinguerli. Pertanto, sarebbe utile per i lettori definirli in maniera chiara e concisa prima di
procedere oltre. Noterete che i concetti di metodo e tecnica sono usati in maniera intercambiabile
nel manuale ed entrambi sono usati sia in riferimento agli strumenti sia alle modalità di attuazione
delle TBT, come la narrazione, lo psicodramma, i viaggi della memoria, il disegno, la scrittura
biografica eccetera. Inoltre, il concetto di metodo è anche applicato in senso più ampio, per
indicare tutto il percorso, il processo e le procedure di conduzione dell’intero corso sulle TBT, e
quindi, non solo in riferimento a una tecnica usata in questo manuale, come la narrazione o il
disegno. In altre parole, il metodo si riferisce alla maniera o/e al processo programmato nel quale
un lavoro biografico è svolto. In questo senso, è usato anche il termine metodologia, nella sua
accezione più ampia (Baydar/Gül/Alcil 2007).
Nel manuale, le TBT sono considerate come “un approccio” invece di “un metodo”, perché il
concetto di “approccio” riflette come noi, come partner del Progetto Realize, vediamo e definiamo
le TBT. Approccio è preferito al termine “metodo” visto che il primo indica un punto di vista, un
angolo da cui guardare il mondo, come nel caso di una persona che “approccia” per descrivere,
capire e affrontare una questione. L’approccio non conduce necessariamente alla risoluzione del
problema, ma in molti casi può favorire lo sviluppo di un metodo di risoluzione del problema; e un
metodo deve necessariamente basarsi su un approccio per essere utilizzato con successo. In
conclusione, in questo manuale dedicato alle TBT utilizzeremo il concetto di approccio al posto di
quello di metodo.
Principi su come lavorare con le TBT in gruppo
Nella descrizione che segue si pone l’attenzione principale al lavoro con gruppi di adulti in
formazione, con riferimento a pratiche di accompagnamento e counselling. Lavorare in gruppo
offre alle persone l’opportunità di confrontarsi, scambiare, interagire con gli altri ed
elaborare/esprimere reazioni.
All’inizio di un processo di lavoro dovrebbero essere presentati i principi su come comportarsi con
gli altri e come lavorare insieme nel rispetto reciproco. Tali principi dovrebbero anche informare sul
processo di transfert che inevitabilmente avverrà tra i partecipanti.
21
-
-
“Ciò che le persone narrano e rivelano in questo gruppo non lascerà questa stanza”:
obbligo alla riservatezza.
“Vedo attraverso la tua immagine; ascolto attraverso le tue parole …”. I membri del gruppo
non giudicano, ma esprimono il loro punto di vista su quanto esposto dall’altro. E anche
quando qualcuno dà un giudizio, lo farà senza svalutare la persona in questione o
cercando di imporsi.
“La tua esperienza è unica, perché tua, ma non sei solo/a con essa. Qualcuno/a di noi ha
vissuto situazioni simili”. Il membro del gruppo non si appropria delle esperienze degli altri,
piuttosto cerca dei punti di connessione. All’interno del gruppo dovrebbe essere
sottolineata l’unicità delle singole storie e la loro interrelazione. Se si dichiara di conoscere
esattamente l’esperienza dell’altro e si cerca di imporre il proprio punto di vista, allora non
si parlerà più di scambio e crescita reciproca.
Trarre benefici dal gruppo
Lavorare in un gruppo consente di sperimentare direttamente l’interconnessione tra individui
“biograficamente modellati”. Permette di comprendere metodologicamente l’unità di
individualità/unicità e di interconnessione/somiglianza. Il ricordo e l’analisi provocano delle
associazioni nell’ascoltatore e i ricordi affiorano. Quando le persone interagiscono raccontandosi
storie associate, si genera un tessuto di storie.
Il compito importante del formatore, in un gruppo di educazione per gli adulti, è quello di guidare
non solo la crescita degli individui, ma anche lo sviluppo del gruppo. Ciò significa che i singoli non
si limitano a presentare e condividere le loro storie, ma cercano di sviluppare qualcosa insieme, di
interagire trovando delle interconnessioni; di cogliere l’opportunità di imparare dalle proprie
esperienze biografiche connesse a quelle di altri gruppi e comunità. Un modo per dare visibilità a
questo processo può essere quello di organizzare un’esposizione di oggetti o di foto dei
partecipanti e poi combinarli per raccontare una storia comune; o di realizzare una scultura con gli
oggetti che sono biograficamente importanti per gli individui; o di scrivere una storia di gruppo a
partire dai singoli racconti, chiedendosi per esempio: Che cosa sarebbe successo se ti avessi
incontrato/a in una certa fase della mia vita?
Il setting nelle Tecniche Biografiche in gruppo è la disposizione in circolo. Il cerchio offre lo stesso
spazio a tutti e permette a tutti di guardarsi negli occhi. Questa sistemazione vuole evidenziare lo
spirito democratico delle TBT ed evitare che si creino gerarchie tra i membri del gruppo, e tra il
formatore e i partecipanti. Le gerarchie, infatti, potrebbero compromettere la fiducia reciproca che
è una precondizione necessaria per aprirsi allo scambio. Se già esiste una gerarchia
formale/informale perché, per esempio, il gruppo lavora insieme da tempo, il formatore deve
essere rispettoso dei suoi limiti! In queste situazioni le TBT potrebbero anche essere di aiuto per la
gestione di relazioni gerarchiche o di situazioni di rivalità, per interagire, per risolvere problemi e
trovare un modo migliore per cooperare. Il formatore deve poi offrire uno spazio protetto - per
esempio, quando si devono affrontare argomenti delicati, può proporre di lavorare in sotto-gruppi e
dare alle persone la possibilità di scegliere i colleghi.
La posizione del formatore è chiaramente speciale: deve possedere una vasta conoscenza ed
esperienza sul campo per preparare i laboratori o seminari, per iniziare il processo operativo, per
dare impulsi, per monitorare il percorso del singolo e del gruppo.
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Il formatore siederà in cerchio con i partecipanti per non creare la sensazione di opposizione
rispetto al gruppo.
Inevitabilmente, i partecipanti racconteranno al formatore le loro esperienze vissute con l’autorità,
gli insegnanti, i genitori e, il docente, vice-versa, trasferirà le sue ai partecipanti. Il formatore
dovrebbe essere consapevole di ciò che accade con questo scambio di esperienze e fare in modo
che esso avvenga lavorando sui ricordi e con i mezzi a disposizione per riattivarli, ma senza farsi
coinvolgere emotivamente.
Processo di orientamento
Il lavoro biografico è orientato al processo. Questo significa che il formatore preparerà il
seminario/laboratorio (o il counselling), ma poi adatterà la programmazione al flusso dei lavori,
senza però perdere di vista il tema/obiettivo. Questo compito richiede la capacità di bilanciare lo
sviluppo e i bisogni degli individui e quelli del gruppo e di collegarli all’oggetto del seminario o del
laboratorio. La programmazione del seminario deve essere costantemente adattata.
Stimolare ed esprimere i ricordi
La funzione principale delle TBT è quella di stimolare la memoria e liberare i ricordi. Ci sono tanti
metodi validi per farlo - molto dipende dalla preparazione del formatore (nell’uso di quali tecniche è
qualificato); dalle preferenze del gruppo di lavoro o dal materiale a disposizione. Prima di tutto
deve essere proposto un argomento e descritto un esercizio. Per esempio: “Esprimi con
un’immagine la tua condizione di quando sei arrivata/o nella società ospitante”. “Pensa al tuo
primo giorno di scuola. Vai a fare una piccola passeggiata e cerca degli oggetti associati al tuo
ricordo e portali alla riunione di gruppo”.
La memoria può essere stimolata attraverso attività come il disegno, la pittura, collezionare oggetti,
selezionare immagini, danzare, ascoltare la musica, andare a fare una passeggiata e così via.
Dopo uno di questi esercizi, i partecipanti raccontano quanto ricordato – il ricordo può essere
connesso all’immagine prodotta o all’oggetto trovato. Gli altri partecipanti possono poi dare un
riscontro. Come già detto, il riscontro deve esprimere semplicemente un punto di vista, non un
giudizio, o imporsi come una verità. Le narrazioni e i riscontri possono condurre a una nuova
riflessione sulle situazioni ricordate o accadute; all’elaborazione di nuovi punti di vista, forse poco
familiari e sorprendenti; a nuove conclusioni. Inoltre, dopo ogni esercizio (ricordo, narrazione e
scambio di reazioni, confronto dei ricordi) deve essere concesso uno spazio di tempo per riflettere
su cosa è accaduto durante la memorizzazione, la narrazione e lo scambio con il gruppo.
Questa riflessione può offrire i primi risultati del percorso individuale, che può essere anche
registrato in qualche modo (per es. trascrivendo). Prima di chiudere il workshop, il seminario o
l’accompagnamento, sarebbe anche opportuno far emergere le intenzioni, i piani e le idee per il
futuro risvegliate con l’esperienza TBT e che il singolo vorrebbe attuare.
È importante offrire diversi approcci sensoriali (visivo, acustico, ottico, olfattivo) per stimolare la
memoria e le risposte ai ricordi, perché diversi sono i tipi di utenti. Le memorie possono essere
attivate meglio attraverso i loro sensi preferiti.
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Di seguito saranno presentati diversi metodi e strumenti per stimolare la memoria e avviare lo
scambio e la riflessione, come base per programmare i moduli di TBT. Questi metodi e sussidi
possono certamente essere combinati in maniera creativa.
Requisiti del formatore
-
I formatori che lavorano con le TBT devono, innanzitutto, aver sperimentato l’approccio su
se stessi. Devono essere consapevoli dei possibili effetti e impatti dell’esperienza pratica e
delle riflessioni teoriche.
-
Devono aver fatto esperienza di orientamento di gruppi nell’educazione per adulti – su
come proporre, usare, adottare e combinare le differenti tecniche – nell’ambito del
counselling o del coaching … o nel settore professionale in cui intendono applicare le TBT.
-
Dovrebbero avere esperienza in merito alla ricerca biografica. Questo non è un requisito
necessario, ma può essere una qualifica importante per applicare le TBT visto che il
processo di lavoro e di riflessione presenta molte somiglianze con le TBT nell’educazione
degli adulti.
-
Dovrebbero essere qualificati nell’applicazione delle TBT nell’educazione degli adulti.
Questa qualifica probabilmente non sarà di tipo formale perché al di fuori dei corsi di
Lebens Mutig non ci sono ancora molte risorse a disposizione, sebbene i moduli di TBT
siano inseriti in diversi programmi di studio. Le competenze possono scaturire dalla pratica:
alcuni formatori/orientatori già usano elementi biografici durante i lavori di gruppo o nel
counselling.
-
I formatori potranno applicare ogni genere di tecnica o di esercizio che hanno a
disposizione per elaborare le TBT: per esempio, nell’educazione degli adulti, nell’istruzione,
nella ricerca qualitativa, nella musica, nel disegno ed espressione creativa, nel teatro, nella
storia orale, negli approcci psicoterapeutici …
I corsi pilota del progetto Realize hanno dimostrato che è più vantaggioso far condurre le TBT da
due formatori. Hanno potuto dividersi il compito di guidare il gruppo e assumersi la responsabilità
nella raccolta della documentazione (scattare foto, produrre video, prendere appunti, ecc.). È
anche un vantaggio per condividere le responsabilità di monitoraggio del lavoro del gruppo,
essendo consapevoli dei processi individuali e implementando, durante il corso del seminario, una
continua programmazione orientata ai processi.
Fasi di lavoro in un laboratorio/corso
In un laboratorio, corso o seminario, ci sono delle fasi fondamentali da seguire e differenti modelli
per attuarle in base alle loro specificità. Per i corsi sulle TBT suggeriamo di distinguere
principalmente tre fasi:
-
Fase di Inizio;
Fase di Lavoro Intensivo;
Fase di Riflessione su cosa è stato appreso e Chiusura del seminario
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Inizio di un laboratorio
Lo scopo principale della fase iniziale di un laboratorio/seminario è quello di entrare in contatto con
gli altri, di costruire le prime basi di reciproca fiducia per sconfiggere l’insicurezza e l’ansia iniziale
che le persone si trovano a dover affrontare nell’incontro con le nuove persone, in un nuova
situazione. Inoltre, dovrebbero essere chiarite anche le questioni organizzative.
Durante la fase iniziale si familiarizza con gli altri partecipanti, i formatori e il gruppo, e tutti insieme
con l’argomento da discutere. I partecipanti e i docenti si presentano e ricevono le prime
impressioni. In questa fase dovrebbe essere offerta la stessa porzione di tempo a ogni
partecipante.
L’inizio del seminario è spesso animato da sentimenti di entusiasmo, interesse e carica, ma anche
di paura e insicurezza. I partecipanti probabilmente non si conoscono e non conoscono i formatori.
L’insicurezza reciproca è normale in questa sessione. Proprio questa fase può essere presa come
esempio per la specificità delle Tecniche Biografiche Transculturali: argomento chiave nel contesto
della transculturalità è gestire la paura dello sconosciuto, di quello che ci sembra straniero, e
trovare i modi per renderlo familiare; intercettare i punti di connessione e diventare consapevoli
dello straniero che è in noi.
L’intero seminario, infatti, può essere visto come processo di “transculturalizzazione” e mirato,
come tale, ad avviare una riflessione sulla transculturalità. Il formatore potrebbe accompagnare i
partecipanti in questo percorso spiegandolo sin dall’inizio, e ricordando loro di riflettere
regolarmente su che cos’è la transculturalità e che cosa hanno appreso sulla
transculturalizzazione durante il lavoro biografico. Può suggerire ai partecipanti di preparare un
piccolo diario o un foglio di carta dove prendere appunti e scrivere commenti durante l’intero
processo. Alla fine del corso o del seminario questi appunti e commenti possono essere usati per
trarre delle conclusioni – mostrare il profitto del lavoro.
La fase iniziale consisterà normalmente nel dare il benvenuto ai partecipanti, descrivere il contesto
del seminario, chiarire gli aspetti organizzativi, presentare gli organizzatori, i formatori e i
partecipanti, conoscere le prime impressioni dei partecipanti e le loro aspettative. Tutti questi
chiarimenti servono allo stesso tempo a sconfiggere l’insicurezza e a costruire lentamente la
capacità del gruppo di lavorare insieme.
La presentazione del formatore e dei partecipanti può già essere collegata a un piccolo esercizio
biografico. Per esempio:
L’educatore distribuisce foto di strade, porte, paesaggi … sul pavimento, tra le sedie in
circolo, e chiede ai partecipanti di osservarle e di selezionarne una, specialmente quella
che risponde alla domanda: “Quale strada ti ha condotto/a qui? Quale porta hai dovuto
aprire per venire qui?” Durante il giro di presentazione, i partecipanti possono parlare della
foto che hanno scelto e cominciare a offrire una piccola riflessione su loro passato e
sentimenti ad esso collegati: come è stato venire qui, cosa hanno lasciato alle spalle, come
si sentono nel nuovo gruppo di persone, ecc.
In questa fase, il formatore chiede ai partecipanti anche la loro relazione con l’argomento
particolare del corso.
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Le domande che il formatore può formulare per incoraggiare l’esplorazione di questa
relazione potrebbero essere: Come ti senti in merito a …? Quale la tua connessione con
…? Quale esperienza hai in merito a …? Cosa ti piacerebbe imparare riguardo a …?
La formatrice Heide Walbrodt suggerisce di prevedere all’inizio del corso un esercizio per
individuare le risorse dei partecipanti. Si chiede loro un lavoro in profondità, per affrontare un
percorso forse difficile e devono essere consapevoli delle loro abilità sin dal principio. Per dare un
esempio:
Chiedi ai partecipanti di lavorare in sotto-gruppi (di quattro, cinque o sei persone) sulle
abilità che già hanno sviluppato per affrontare persone, situazioni, culture sconosciute,
straniere, o non familiari … essi dovrebbero scrivere almeno un’abilità per ogni membro del
sotto-gruppo su un foglio di carta. Poi, nella riunione in plenaria questi fogli saranno
presentati a tutti.
All’inizio del seminario/laboratorio i partecipanti e i formatori dovranno sottoscrivere l’obbligo alla
riservatezza su quanto rivelato dai presenti. Ciò che le persone raccontano di loro non dovrà uscire
dalla stanza di lavoro. Deve essere introdotto anche il principio della volontarietà (“Io decido come
partecipare all’esercizio e cosa narrare dei miei ricordi”). Deve essere anche chiarito “se” e “come”
il seminario sarà documentato (foto, DVD, registrazioni, elaborati scritti, ecc.).
Fase di lavoro intensivo
Nel caso di un corso sulle TBT, lo scopo della fase di lavoro intensivo è quello di fare in modo che i
partecipanti familiarizzino con le TBT attraverso l’autoconsapevolezza, la riflessione
dell’esperienza e gli stimoli, e, a seguire, per essere in grado di preparare il trasferimento di quanto
appreso nella propria pratica professionale. Questa parte, probabilmente, sarà la più importante di
tutto il processo di lavoro.
Nel caso di un seminario dove le TBT stesse sono l’argomento di discussione, deve essere
previsto del tempo per dare le indicazioni, per provare le tecniche di TBT e riflettere sulla propria
esperienza professionale e discutere dei possibili adattamenti delle tecniche ai contesti di lavoro
dei partecipanti. Dovrebbe anche esserci del tempo per rivolgere domande e discutere di
argomenti e idee proposte dai partecipanti. L’organizzazione scelta (lavoro di gruppo, di coppia,
gruppi da tre, sotto-gruppi …) dovrebbe essere adeguata alle tecniche, ai contenuti e allo scopo
dell’incontro.
I metodi biografici da considerare e discutere durante questa fase sono descritti di seguito e nel
Capitolo 4 dove riportiamo esempi di adattamenti in differenti paesi dove sono stati organizzati i
corsi pilota di Realize.
Lavorare in seminari di gruppo non è semplice. Possono sorgere rivalità e conflitti tra i partecipanti,
e tra questi e i conduttori, dobbiamo aspettarcelo! Pertanto, sarebbe utile fare una lezione
introduttiva, sempre in riferimento alle TBT e alla cooperazione transculturale, su come vivere
insieme. Perché un gruppo possa lavorare è necessario integrare gli elementi critici. “Litigi e
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coinvolgimenti appassionati possono prendere il sopravvento”, come formulato da Ruth Cohn. In
un corso di TBT tutto può accadere proprio come nella “vita reale”, ma con la differenza che lì sarà
offerto uno spazio per la riflessione.
In un seminario sulle TBT la fase di lavoro intenso è dedicata all’esplorazione, attraverso le
tecniche biografiche, della propria esperienza con lo “straniero”, “l’altro” (dentro e fuori di noi), per
coltivare la consapevolezza transculturale, per fare un passo avanti e interiorizzarla; inoltre, anche
la paura della transculturalità e del cambiamento sarà un argomento trattato: che tipo di paure
scattano se incontriamo lo straniero? Se ci troviamo di fronte a una situazione poco familiare,
come reagiamo? Quali tipi di esperienze sono disponibili per gestire queste reazioni in maniera
non violenta? Queste domande devono essere affrontate ed esplorate attraverso autoriflessioni
biografiche (“Ricordo delle situazioni in cui ho dovuto gestire la paura e l’aggressività? Ho delle
esperienze in famiglia? Ho delle esperienze di fallimento e cosa posso trarne? Ho qualcosa da
imparare dai racconti e dalle riflessioni degli altri?”).
Durante il seminario i formatori devono costantemente prestare attenzione a ciò che i partecipanti
vogliono e hanno bisogno di imparare, sperimentare, discutere e riflettere; e prima del corso
devono essere chiarite soprattutto le aspettative che possono essere realisticamente raggiunte.
Generalmente, prima della fine di questa fase di lavoro l’atmosfera nel gruppo diventa sempre più
vivace, l’umorismo e il sorriso cominciano a prevalere. La situazione riflette la sensazione di
sollievo raggiunta dopo aver fatto un lavoro di apprendimento e sperimentazione impegnativo.
Ora è tempo di celebrare il successo! Il momento rispecchia e anticipa le emozioni per la
conclusione del percorso, ma sono anche presenti sensazioni di contentezza ed eccitamento per il
nuovo che verrà. I formatori possono utilizzare queste emozioni per ritornare sulla consapevolezza
di questi processi che avvengono anche nella vita (transculturale).
Conclusione di un laboratorio
Prima di terminare un laboratorio, un seminario, un corso o un colloquio di orientamento sul lavoro
autobiografico, bisogna riflettere su ciò che è stato appreso. Deve essere preparato il trasferimento
per l’applicazione delle tecniche nella vita privata e professionale. Alla fine del seminario, è
importante organizzare un momento informale di saluto.
La fase finale del corso è dedicata alla raccolta dei risultati del lavoro svolto. Dovrebbero essere
programmati degli esercizi che aiutino i partecipanti a riflettere sui benefici ottenuti dal corso e
dovrebbe essere definito il trasferimento nella “vita reale” di quanto appreso.
Per riflettere su ciò che hanno imparato, i partecipanti potrebbero uscire per una breve
passeggiata individuale e cercare un oggetto che simboleggia il loro percorso personale.
Successivamente, nella riunione in plenaria, descrivono ciò che l’oggetto rappresenta. È
possibile anche semplicemente annotare su “post-it” i tre principali risultati ottenuti,
attaccarli alla lavagna e argomentarli.
Gli esercizi per operare il trasferimento potrebbero essere i seguenti:
-
I partecipanti scrivono una lettera a se stessi: “I miei tre (o cinque …) passi con le TBT
nella mia vita professionale (o privata)”. I formatori raccolgono le lettere che sono state
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-
inserite in una busta chiusa con il nome e l’indirizzo dei partecipanti e le rispediscono ai
mittenti dopo tre (o sei … ) mesi.
Nel caso di coaching tra pari: come primo passo, ogni persona riflette individualmente su
come pensa di applicare le TBT nel lavoro. I partecipanti si selezionano a vicenda in gruppi
da tre. Nella triade, il primo descrive i suoi piani; il secondo dà consigli e il terzo commenta
alla fine del counselling. E così avanti a rotazione…
Prima della chiusura del corso devono essere chiarite questioni e discussioni lasciate aperte. I
formatori devono poi rendere consapevoli i partecipanti del significato delle situazioni di
abbandono in contesti transculturali – affliggersi, la paura di essere abbandonati, la paura di dover
abbandonare una situazione familiare e affrontarne una sconosciuta …
Alla fine, dovrebbe anche esserci del tempo a disposizione per uno scambio di opinioni tra i
partecipanti sui formatori e su tutto il corso.
Questo potrebbe essere un esempio: i partecipanti sono seduti sulle sedie disposte in circolo. Ogni
partecipante ha la possibilità di rivolgere 2 domande ad altri 2 (o 3) partecipanti selezionati,
chiedendo: Cosa ammiri di me? Cosa ti piace di me?
Il formatore informa i partecipanti che il corso ha offerto un’esperienza transculturale: i partecipanti
sono entrati in una nuova situazione/dimensione con altre persone, probabilmente sconosciute,
per imparare e realizzare qualcosa insieme. Hanno lavorato, avvertito e gestito i conflitti, fatto
amicizia e riflettuto insieme. Questa situazione di gruppo ed esperienza di vita sono state uniche –
non si ripeteranno in questa costellazione di nuovo.
La chiusura del corso può essere celebrata danzando tutti insieme, cantando una canzone e
organizzando una piccola festa – a scelta dei partecipanti.
Forme sociali per lavorare e apprendere in un gruppo
In un corso di educazione per adulti si può lavorare in gruppi o in sotto-gruppi da due, tre, quattro o
più persone. Queste forme di lavoro favoriscono la condivisione dell’esperienza. Lavorare in sottogruppi composti ogni volta da persone diverse dà poi la possibilità di conoscere meglio le persone
e di scegliere volontariamente con chi lavorare e avere lo scambio.
Il formatore stabilisce – in base al contenuto e allo scopo dell’esercizio – se i partecipanti
dovrebbero lavorare in plenaria, in sotto-gruppi o individualmente. In alcuni casi la dimensione dei
sotto-gruppi non è molto importante, e sarà stabilita sulla base di criteri specifici, come per
esempio l’età: formare 3 gruppi, uno di tutte persone più giovani di 35 anni, un altro di persone
comprese tra 35 e 50 anni, l’ultimo per quelle con più 50 anni. Plenaria, sotto-gruppi o lavoro
individuale possono essere preferiti a seconda dei casi. Queste forme di lavoro sono chiamate
forme sociali.
Forme sociali differenti saranno frequentemente combinate per portare avanti un esercizio. Per
esempio:
L’esercizio prevede di raccogliere ricordi ed entrare in mondi sconosciuti. Può essere rivolta una
domanda: prova a ricordare 2 o 3 situazioni di vita in cui ti è capitato di entrare in un mondo a te
completamente straniero: com’era la situazione? Cosa hai provato? Pensato? Chi hai incontrato?
Come hai agito?
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Rifletti individualmente e prendi degli appunti. Organizzati poi in gruppi da tre e spiega che
cosa hai ricordato. Nella riunione in plenaria si domanda: cosa ti ha sorpreso nel tuo
gruppo? C’è stata una condivisione di pensieri, sentimenti, comportamenti, esperienze
simili ricordate? Quali sono state quelle completamente diverse? Alcuni appunti potrebbero
essere presi su un foglio per lavagna per indicare le esperienze transculturali.
Se si sceglie di lavorare in sotto-gruppi, si deve considerare ciò che la loro dimensione può
causare. In una coppia, per esempio, si crea un legame più stretto rispetto a un gruppo da tre o a
sotto-gruppi più ampi. Perciò, il docente deve stabilire se intende o meno incoraggiare dei processi
più profondi in questo seminario, o in questa fase del processo di lavoro. Dopo aver lavorato in
sotto-gruppi, solitamente si ritorna sempre in seduta comune per avere almeno un piccolo scambio
di idee. Questo aiuta i conduttori a farsi un’idea sullo “spirito” di quel gruppo, a individuare
eventuali elementi di disturbo e anche a entrare nel flusso del processo di lavoro, specie se non
partecipa a nessun sotto-gruppo. Comunque, il formatore, nello spirito di partecipazione e guida
del gruppo, potrebbe prendere parte ai sotto-gruppi.
Metodi, tecniche e strumenti biografici per programmare i moduli
La narrazione
Nelle scienze storiche, l’approccio biografico è anche chiamato Storia Orale – storia in senso di
suoni che lasciano la bocca. Le parole in questo caso sono lo strumento per descrivere la
memoria, per esprimerla e comunicarla, per riflettere su di essa, e per indagare i punti di vista
trasformati. Le parole e le formulazioni trasportano e creano immaginazioni.
Nell’apprendimento biografico, la narrazione è generalmente collegata a tecniche come il disegno,
la danza, ecc. Queste tecniche sono usate alternativamente, ma la narrazione e la comunicazione
verbale sono sempre parte dell’apprendimento biografico.
Per esempio, i partecipanti potrebbero rappresentare un’immagine della loro vita e poi descriverla
scrivendo ciò che hanno disegnato. Un racconto, però, può essere anche avviato direttamente:
possono essere rivolte delle domande ai partecipanti da discutere in gruppo o in sotto-gruppi (da
due, tre o più persone … ).
Un argomento biografico potrebbe essere trattato liberamente in plenaria, con la partecipazione di
tutti: si racconta, si esprimono punti di vista e si fanno emergere altri argomenti di cui parlare.
Questo metodo (procedura) richiede una grande sicurezza e bravura da parte del conduttore:
c’è un metodo chiamato “apertura associativa” (assoziative Offenheit). Questo metodo prevede
tecniche di sostegno per persone che vorrebbero esprimersi, ma hanno difficoltà a farlo in gruppo;
fornisce risposte ai processi che attivano la paura e l’insicurezza tra i partecipanti e che potrebbero
pregiudicare il lavoro del gruppo; aiuta a gestire la confusione che potrebbe essere avvertita dai
partecipanti quando ci sono molti argomenti da trattare, preoccupazioni, coinvolgimenti che
arrivano tutti insieme attraverso lo scambio narrativo nel gruppo; a rappresentare cosa può legare
quei differenti racconti; a individuare quando la narrazione dovrebbe finire - quando è stato detto
abbastanza - e ad avere il materiale necessario per andare avanti con il lavoro di riflessione. Dopo
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la fase di associazione, narrazione e scambio, dovrebbe essere programmato un esercizio
finalizzato all’individuazione dei risultati ottenuti con questa “apertura associativa”.
Es. pensare individualmente a: quali narrazioni ti hanno più colpito durante l’apertura
associativa? C’è un argomento sul quale ti piacerebbe continuare a lavorare?
I partecipanti riportano le loro annotazioni su una parete e poi ne discutono in gruppo.
Probabilmente ci saranno argomenti simili o forse diversi affissi alla parete: deve essere
deciso su quali soffermarsi e quali rimandare a dopo.
Poi, sarà necessaria una piccola pausa per dare al facilitatore il tempo di programmare il
passo successivo.
Il metodo dell’apertura associativa può anche essere applicato a un gruppo di persone anziane
che condividono ricordi su un momento storico o personale. In questo caso, sarebbe opportuno
registrare lo scambio narrativo con un registratore video o audio – se i partecipanti sono d’accordo
– per archiviare quanto è stato detto.
Adozione della ricerca biografica per l’apprendimento biografico
La ricerca biografica fornisce il metodo dell’intervista biografica. Questa intervista sarà registrata
con un registratore audio o video e poi trascritta. Il risultato dell’intervista sarà una narrazione
biografica. Questo metodo può essere usato nel counselling e nel coaching, ma anche in un corso
di formazione: i partecipanti si intervistano reciprocamente, organizzati in gruppi da due o da tre
persone. L’intervista biografica a persone provenienti da paesi terzi può essere anche un valido
strumento di lavoro per coloro che operano con i migranti, per capire meglio le loro situazioni e
contesti di vita. Una narrazione che attraversa parte di una vita consente una comprensione
olistica e multifattoriale di una situazione presente.
I metodi fondamentali dell’intervista biografica possono essere descritti come segue.
Un’intervista è fatta di due fasi: una fase aperta, in cui una persona narra i suoi ricordi in base alla
propria struttura mentale; e una seconda parte guidata da un questionario. Il questionario include
domande che l’intervistatore usa per scoprire qualcosa in più sull’intervistato ed esplorare più a
fondo aspetti interessanti che sono già emersi nella prima fase dell’intervista.
In ogni caso, l’intervistatore deve lavorare creativamente con temi e argomenti inaspettati che
forniscono informazioni preziose.
La storia orale significa scoprire la vita delle persone attraverso la loro narrazione biografica e ciò
che essi sono disposti a condividere. Il racconto biografico è costruito, ma non inventato
liberamente dal narratore. La costruzione si riferisce all’esperienza e alle influenze sul modo di
agire degli individui. I risultati sono le narrazioni delle persone sulle esperienze ricordate e le
conclusioni che ne hanno tratto.
Una narrazione è anche il prodotto di un evento nella vita di due persone: l’incontro e l’interazione
tra l’intervistatore e l’intervistato. I racconti non sono mai la verità – essi sono sempre mediati dal
punto di vista contemporaneo del narratore - ciò che oggi ricorda del passato. Questo include una
repressione psicologica a causa, per esempio, del senso di colpa, della vergogna o di un trauma.
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Le bugie, gli aspetti nascosti, i dettagli non detti ecc. potrebbero essere interessanti. La domanda
è: perché certe storie sono raccontate in un certo modo nel contesto di una intervista?
L’intervista biografica è stata applicata nel progetto Grundtvig di Partenariato di Apprendimento
denominato PASS (“PASS - Influence on Personal Access to Education for People with Migrant
Background”), perché volevamo scoprire il senso che le persone attribuiscono alle loro esperienze
di vita. Che cosa hanno appreso di utile nella società di accoglienza? Di che tipo di conoscenza
hanno avuto bisogno? Quali strategie sono state attuate? Cosa li ha aiutati? Quali barriere hanno
incontrato? E ancora: quali conoscenze e strategie li hanno aiutati nel superamento di queste
barriere? Dopo aver definito l’ambientazione per le nostre interviste nel progetto PASS, ci siamo
esercitati su questionari intensivi per la seconda fase.
Abbiamo formulato una serie di domande per esplorare i contesti biografici dei migranti. Queste
domande potrebbero servire come un modello di riferimento per i questionari da proporre nei
processi di counselling e coaching per le persone con un’esperienza di migrazione. Si trova in
Appendice, alla fine del manuale.
Scrittura biografica
La scrittura è un altro tipo di tecnica biografica che può essere applicata in maniera creativa,
alternandola e anche combinandola con altri metodi in base alle preferenze e alle abilità delle
persone con le quali si sta lavorando. Un’intervista biografica può essere trascritta e il testo scritto
usato come base per un ulteriore lavoro biografico. Ma i ricordi possono anche essere scritti
direttamente, senza narrarli:
Esempio di un possibile esercizio: ricorda e scrivi il primo incontro fatto con una persona
proveniente da un paese terzo.
Dopo aver scritto le storie, i partecipanti possono leggerle in seduta comune.
Successivamente si formano dei sotto-gruppi in base all’affinità dei ricordi e si comparano
le esperienze simili. Ci si chiede: di quale supporto/consiglio può aver bisogno il mio
collega? - Fatevi da coach a vicenda.
Oppure: descrivete la vostra biografia e in seguito selezionate un partner con cui lavorare in
coppia.
L’uno legge attentamente la storia dell’altro cercando di carpire le rotture, le domande
aperte, qualcosa che il partner non ha compreso, silenzi, ma anche parti affascinanti e
molto vivide. Poi, si comunicano le proprie impressioni al partner. Prima della seduta
comune, rifletti su ciò che ti ha colpito, interessato, stranito … nella tua comunicazione cosa
hai imparato e scoperto?
I ricordi scritti possono riguardare la vita delle persone in generale, senza concentrarsi su un
aspetto specifico, oppure possono essere ben centrati; possono essere o meno ordinati
cronologicamente, per es.: impressioni della mia biografia educativa; oppure, la mia vita durante gli
anni Settanta.
Possono essere anche usati elementi scritti come diari, lettere e poesie. Ai partecipanti può essere
richiesto di portare al corso degli scritti sulle loro vite che potrebbero servire come spunto di
riflessione.
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Le biografie scritte possono essere lette in qualsiasi momento chiedendosi: attualmente sto
ancora facendo i conti con questo problema, proprio come quando ho scritto questo testo?
Che cosa è cambiato da allora e perché?
Il cambiamento dei punti di vista, delle percezioni e le evoluzioni della persona possono diventare
più chiari attraverso la rilettura di testi auto biografici a distanza di tempo.
Visualizzazione: disegno, pittura
Molte persone potrebbero non essere capaci di scrivere o semplicemente non gradire questa
tecnica di lavoro. Quasi tutti, però, sanno disegnare in qualche modo. La prima reazione delle
persone quando si chiede loro di disegnare nel processo di apprendimento autobiografico è: ma io
non sono brava/o a disegnare!
Dovrebbe essere spiegato che non occorre essere bravi in disegno e che il disegno è usato
semplicemente per entrare in contato con la memoria, non per provare competenze artistiche!
Disegnare o dipingere immagini, modellare corpi, es. lavorare con la creta, è un buono strumento
per stimolare la memoria. In sostanza, tutte le espressioni creative sono utili per accedere alla
memoria autobiografica.
Primo, nell’applicazione della visualizzazione, un formatore dovrebbe spiegare ai partecipanti su
che cosa si lavora:
Es.: disegnare un’immagine o modellare una scultura con l’argilla mentre si pensa al
proprio percorso di istruzione.
Dopo aver realizzato un oggetto o disegnato un’immagine individualmente, si passa a lavorare in
sotto-gruppi (di 5, 6, 7 persone). Il creatore racconterà ciò che ha prodotto. Gli altri condivideranno
ciò che percepiscono o faranno domande. Ogni opera merita speciale attenzione in quanto
espressione della memoria personale. Questi esercizi combinano sempre creazione, narrazione e
riflessione.
Rispetto alla semplice narrazione, le tecniche creative facilitano l’accesso alla memoria nascosta.
Sotto lo stimolo degli impulsi sensoriali la memorizzazione sarà molto più semplice: l’immagine o la
scultura realizzate trattengono subito l’impressione del contemplatore; mentre la narrazione
richiede sempre un certo grado di concentrazione. Queste opere, poi, possono essere anche
portate a casa diventando depositarie di un vivido ricordo – non solo del ricordo ispirato dalla
memoria, ma anche del ricordo del lavoro di gruppo.
Esempi di esercizi che usano il disegno per stimolare la memoria:
1. Ogni partecipante lavora individualmente: Disegna un’immagine che rappresenta il tuo
percorso di istruzione e di apprendimento. Segna tre importanti eventi/periodi con un colore
speciale (o metti un piccolo oggetto su di essi. Gli oggetti possono essere procurati dal
docente o dal partecipante). Successivamente, in plenaria o in sotto-gruppi: Descrivi la tua
immagine e il tuo percorso; gli altri reagiscono alla tua descrizione con delle impressioni (io
vedo nella tua immagine …). È importante chiarire che chi dà un riscontro, si limita a offrire
impressioni e percezioni, senza giudicare! Il creatore dovrebbe sentirsi ascoltato, non
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criticato. Poi, in seduta comune dovrebbe essere discusso di come le persone si sono
sentite con questo esercizio, quali esperienze hanno fatto e che cosa hanno appreso.
2. L’esercizio seguente richiede più tempo visto che è diviso in tre parti:
Prima parte, ogni partecipante lavora individualmente: Rappresenta un’immagine di te, di
quando ancora vivevi nel tuo paese di origine. Dopo i partecipanti si organizzano in gruppi
da tre – descrivono le loro immagini gli uni agli altri e interagiscono come prima descritto
(nel caso dell’esempio precedente). Nella riunione di gruppo, il formatore deve chiedere ai
partecipanti le impressioni sull’esperienza vissuta con l’esercizio e ciò che hanno provato;
deve scoprire se qualcuno ha bisogno di un supporto specifico o se il gruppo è capace di
andare avanti con questo lavoro. Il secondo passo: Ogni partecipante, individualmente,
rappresenta la sua situazione nel paese ospitante. Di nuovo le immagini saranno
raccontate in gruppi da tre. Lo scopo della successiva riunione di gruppo sarà lo stesso di
quello esposto prima. Il terzo passo: ogni partecipante individualmente rappresenta
un’immagine di sé, in una certa situazione, da qui a tre (o anche più) anni. Ancora, i
partecipanti si riuniscono e discutono in gruppi da tre; il formatore agevola l’emersione dello
stato d’animo dei partecipanti e del gruppo in plenaria.
3. Un altro esercizio individuale: Prendere un foglio di carta e disegnare una croce ottenendo
quattro sezioni. Nel primo riquadro, rappresentare come tu osservavi gli stranieri da
piccolo, nella seconda sezione come li osservavi da ragazzo/a, nella terza da adulto/a e
nella quarta nella tua vita professionale o magari in futuro. Se non ci sono troppi
partecipanti, si può sviluppare questo esercizio in plenaria. Potrebbero essere presi degli
appunti sulle esperienze importanti e messe in ordine - per comparare, trarre conclusioni,
comprendere che cosa si è appreso dall’esperienza biografica altrui.
Viaggi immaginari – il viaggio della memoria
I viaggi immaginari possono stimolare intensamente la memoria. Durante questi viaggi potrebbe
essere più difficile, per alcune persone, mantenere il controllo di ciò che si vuole ricordare, rispetto
a quanto avviene con la tecnica del disegno o la narrazione. Inoltre, questo metodo deve essere
usato attentamente – conoscendo bene i partecipanti e lo scopo del corso. Gli impulsi ricevuti
durante il viaggio devono essere chiaramente considerati prima.
Se il formatore applica il metodo del viaggio immaginario della memoria è consigliabile che lo
faccia con il sostegno di una letteratura adeguata ed è indispensabile che prima lo abbia
sperimentato su di sé.
All’inizio di questo viaggio i partecipanti sono invitati a rilassarsi emotivamente e psicologicamente
- spesso con l’accompagnamento di una musica dolce. Questi viaggi guidano i partecipanti prima
verso graziosi spazi interiori come un giardino immaginario, un albero … e poi verso altri luoghi,
come un lago ... e da qui comincia il vero viaggio.
Per i corsi sulle TBT offro qui solo un esempio – una versione “leggera” di un viaggio immaginario
o, più correttamente, di un viaggio della memoria per stimolare lo scambio biografico tra i
partecipanti. Se abbiamo un gruppo transculturale, il viaggio può essere di aiuto per favorire la
reciproca comprensione, comparando situazioni concrete collegate a un certo argomento.
Argomenti universali potrebbero essere il cibo, il mangiare, il vestirsi ecc. Un testo per guidare
questo viaggio della memoria lo potrete trovare in appendice a questo manuale.
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Es.: “Mangiare”. I partecipanti dovrebbero sedersi, chiudere gli occhi e rilassarsi (il
formatore li guiderà). Il conduttore chiederà loro di ricordare una situazione del passato
(infanzia), di quando stavano con altre persone; fa domande, la maggior parte collegate a
percezioni sensoriali, e dopo ogni domanda lascia del tempo per immaginare: Dove sei?
Quali colori ci sono? Chi c’è con te? Sei seduto o in piedi? Come sembra l’arredo? Che
odore c’è? Come ti senti? Chi ha preparato da mangiare? Chi l’ha portato? Chi l’ha
assaggiato? Come sono le voci delle persone? Chi parla? Di cosa sta parlando? Dopo
questo piccolo viaggio in una situazione concreta del passato, il formatore deve chiedere
alle persone lentamente di ritornare dal mondo immaginario al mondo reale.
Dopo questa esperienza, i sotto-gruppi, di tre o quattro persone, si devono ricomporre e
scambiarsi i loro ricordi. Successivamente, in plenaria, saranno discussi i punti in comune o
le differenze avvertite. Il formatore farebbe bene a ricordare che uno scopo di questo
esercizio è quello di rafforzare la consapevolezza dei partecipanti ad imparare attraverso lo
scambio: quali pregiudizi avevo, che cosa ho imparato ora? Come può essere adattata al
mio lavoro questa comprensione e consapevolezza allargata?
Oggetti, immagini, foto per stimolare la memoria
I ricordi sono spesso connessi agli oggetti o alle immagini.
Le foto spesso racchiudono storie che non sarebbero state raccontate senza.
Oggetti e foto possono essere usati per guardare il passato da un altro punto di vista, interpretarlo
in maniera nuova. Nei gruppi, essi possono essere combinati per creare un gruppo di storie – per
trovare punti di connessione ed esprimere processi di apprendimento. Può essere organizzata una
mostra di oggetti rappresentati da vestiti, mobili, giocattoli, contenitori … E le storie che
accompagnano gli oggetti possono essere scritte o registrate.
Ai partecipanti, prima del seminario, può essere chiesto di portare due o tre foto o oggetti
che rappresentano esperienze vissute con altre culture. In plenaria, tutti parlano dei loro
oggetti e delle loro foto. Oppure si può farlo in sotto-gruppi ponendosi domande come:
quale altra foto/oggetto mi incuriosisce? Da chi mi piacerebbe sapere di più sulla
foto/oggetto? Le persone possono parlare prima in sotto-gruppi dei loro oggetti e di cosa li
stupisce. Questo modo di interagire è stimolante e dovrebbe poi essere applicato al gruppo
intero allo scopo di allargare la comprensione reciproca attraverso l’ascolto concreto, la
riflessione, il confronto e trarre conclusioni per il proprio lavoro.
Musica
La musica è uno speciale magazzino di ricordi. Ascoltando un brano o una canzone, ricordi del
passato sono immediatamente e intensamente attivati – specialmente ricordi affettivi. Allo stesso
tempo la musica, proprio come il cibo, è uno strumento particolarmente adatto allo scambio tra
persone di culture diverse.
Ai partecipanti può essere chiesto di portare una canzone, un brano musicale, che risultava
davvero strano al primo ascolto. Si organizzano in sotto-gruppi da quattro o cinque persone
e si riuniscono in stanze diverse. Ascoltano il brano che hanno portato e raccontano di
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quando l’hanno ascoltato per la prima volta: cosa è accaduto allora e come la loro
percezione è cambiata ascoltandola successivamente. Altri partecipanti esprimono le loro
percezioni sulla canzone.
Di nuovo, l’esperienza dell’esercizio va condivisa non solo nei sotto-gruppi, ma anche con il
gruppo completo e collegata alle tematiche del cambiamento di prospettiva e
dell’apprendimento per capire. Nel caso di gruppi di professionisti che volessero utilizzare
le TBT, un altro argomento interessante è come intendono utilizzare questa
consapevolezza in ambito professionale.
Teatro pedagogico - psicodramma
Durante il Partenariato di Apprendimento Grundtvig – PASS, abbiamo esplorato le biografie delle
persone immigrate in Lituania, Turchia, Italia, Austria e Germania. Sulla base di quei racconti,
Mario Azzopardi, Direttore del Malta Drama Centre, ha scritto un testo teatrale di biografia sociale.
È stato messo in scena da un gruppo di giovani migranti a Innsbruck/Austria, da un gruppo di
migranti di Aurich/Germania e anche da attori del Malta Drama Centre. L’ultima versione è stata
registrata in uno studio di produzione.
Il teatro pedagogico, o psicodramma, è di grande aiuto per lavorare con persone che vivono o
hanno vissuto situazioni di insicurezza, di ingiustizia, di conflitto ecc. I metodi teatrali sono preziosi,
se combinati con il lavoro biografico, per analizzare la storia da un altro punto di vista e ottenere
risposte su come gestire situazioni simili in futuro.
Per i corsi sulle TBT, questi metodi possono essere utilizzati per lavorare sulle esperienze
transculturali e sulle relative storie che i partecipanti portano dalla loro vita professionale. I
partecipanti, in seguito, potranno applicare giochi di ruolo al lavoro biografico nelle loro pratiche
quotidiane con i loro utenti.
I formatori, così come i partecipanti, che usano questi metodi nella loro professione, devono avere
una preparazione e/o aver fatto esperienza personalmente di tali metodi (role play e
psicodramma). Una tavola delle tecniche usate nell’approccio autobiografico è presentata di
seguito. Essa è chiaramente incompleta, ma fornisce una breve e utile guida ai metodi discussi in
questo manuale.
35
Tavola 3.1. Metodi e tecniche biografiche
Categoria
Verbalizzazione/n
arrazione
Metodi
Forme sociali
Materiali di
preparazione del setting
Associare i ricordi con degli argomenti specifici –seguendo il flusso
dello scambio di ricordi. Seguito da un esercizio centrato su
comprensioni importanti risultanti dalle libere associazioni di ricordi
Inizio con domande. Nella prima parte l’intervistato può parlare senza
interruzioni, mentre la seconda parte è imperniata su differenti
domande
Da farsi dopo la realizzazione di qualsiasi tipo di memorizzazione
(pittura, musica, disegno..). E’ importante avere chiaro l’argomento in
questione e fare domande precise. Ognuno deve avere l’opportunità
di parlare
Modellare il Lavoro Biografico come una ricerca. Per esempio “La
storia della mia famiglia”
Per esempio intervistare anziani membri della famiglia (come
descritto nel capitolo 3)
Plenum o gruppi di
almeno 5 persone
Sedie in circolo
Gruppi di 2 o 3
persone
Registratore
Questionario
Gruppi di 2 o 3
persone, plenaria
Sedie in circolo. Fogli per
appunti
Individuale o in sottogruppi
Fonti diverse
(diari, lettere)
Osservare e analizzare le fonti disponibili, per esempio della storia di
famiglia.
Individuale o in sottogruppi
Trascrivere i
ricordi
Può essere combinato con tecniche di visualizzazione per stimolare I
ricordi e con tecniche di narrazione su ricordi trascritti.
Scrivere, modellare e assimilare i ricordi.
Una situazione attuale può essere trascritta per diventare materiale di
ricordi in futuro. Oppure visioni del futuro possono essere trascritte
per identificare in futuro dei cambiamenti e realizzazioni.
Individuale, scambi in
gruppi
Registratore
Fogli per appunti
Questionario
Fonti disponibili.
Fogli, matite
Eventualmente un computer
Materiali per scrivere
Quaderni
Individuale, scambi in
gruppi
Materiali per scrivere
Quaderni
Libere
associazioni
Intervista
Scambio su
un
argomento
specifico
Ricerca
Intervista
Scrittura
Contesto
Attualità e
futuro
36
Categoria
Visualizzazione
Metodi
Dipingere e
disegnare
Presentazione
di collage di
foto
Contesto
Forme sociali
Materiali di
preparazione del setting
“Disegna o dipingi il tuo percorso di vita, secondo un argomento
specifico”, (Per esempio “Il mio percorso di studio”)
Individuale, poi scambi in
gruppi (in plenaria se con
pochi partecipanti)
Un foglio viene diviso in quattro parti. In ciascuna sezione viene
disegnata un’immagine dell’infanzia (in alto a sinistra), della gioventù (in
alto a destra), di vita adulta (in basso a sinistra) e di una visione del
futuro, della professione per esempio (in basso a destra) secondo certi
argomenti, (per esempio come vedi gli uomini o le donne durante un
certo periodo della vita…
Questo esercizio può essere accompagnato o preceduto da un
immaginario percorso di ricordi.
Prima fase: disegna un’immagine della tua situazione (es.
professionale) di tre anni fa.
Seconda fase: disegna un’immagine della tua situazione attuale.
Terza fase: disegna un’immagine futura, una visione proiettata nei
prossimi 3 anni.
Immagini flash della situazione passata, presente e futura. Discussione
subito dopo.
Individuale, poi scambi in
gruppi (in plenaria se con
pochi partecipanti)
Fogli 60X90
Cera, gessetti, matite
colorate, matite da disegno.
Spazio a sufficienza per tutti,
tavoli
Fogli 60X90
Cera, gessetti, matite
colorate, matite da disegno.
Spazio a sufficienza per tutti,
tavoli
Fare delle
sculture
Produzione di una scultura pensando al passato, quando…Un periodo
della vita, quando… Oppure: esprimo un sentimento degli anni Ottanta
(oppure del mio periodo scolastico, quando) con l’argilla, il pongo.
Lavoro con
stoffe
Mostra
Scultura su un tema specifico
Prodotti del metodo di visualizzazione e delle fonti (con interpretazione e
descrizione) oppure ricordi trascritti possono essere presentati in una
mostra.
Individuale; Scambi in
gruppi di 3 persone dopo
la fase del disegno
Tempo a sufficienza Fogli
DIN A 3 o DIN A 2
Cera, gessetti, matite
colorate, matite da disegno.
Spazio a sufficienza per tutti,
tavoli
Individuale. Poi
discussione in gruppi (in
plenum se pochi
partecipanti) Possibilità di
produrre una mostra
Individuale o in sottogruppi. Anche in plenaria
se c’è spazio per produrre
una scultura
Individuale o in gruppi
Giornali, riviste, fogli per
ritagliare figure. Macchina
fotografica
Plenaria, con scambio di
compiti tra I sottogruppi
Ogni tipo di materiale, tavoli.
Tempo a sufficienza!!
Materiali come legno, argilla
oppure materiali di riciclo.
Tempo a sufficienza!!
37
Categoria
Metodi
Viaggio
immaginario
L’albero
genealogico
Guardare a
situazione del
passato e del
futuro
Speciali
situazioni del
passato
Stimolare i
ricordi
attraverso:
Foto
Cartoline
Oggetti
Musica
Contesto
Il Viaggio immaginario Può essere applicato per stimolare I ricordi di
fronte a una pittura, disegno, scultura.. Oppure stimolare i ricordi
attraverso di esso per parlarne subito dopo.
Guidando sempre i partecipanti ad un relax fisico prima di iniziare il
percorso di ricordi
Guidare verso le radici, il tronco, i rami le foglie, i fiori … incontrando i
parenti nella storia. Questo metodo dovrebbe essere condotto da una
persona con una competenza psicoterapeutica
Guidare verso situazioni concrete: per esempio pensare ad un stanza
dove hai lavorato tre anni fa, dove lavori adesso o lavorerai fra tre
anni.
Seduti su delle sedie. Guidare i partecipanti verso una situazione
passata, incoraggiando a ricordare attraverso domande riferite a
ricordi legati ai sensi.
Prima dell’inizio del corso si può chiedere ai partecipanti di portare
degli oggetti che per loro hanno un significato per parlare di essi. Che
cosa significano? Quali ricordi contengono?
Storie possono essere raccontate da foto. Foto possono essere usate
per creare delle mostre.
Immagini portate dai partecipanti o dal trainer (raccolte dai
partecipanti) da collegare ai ricordi.
Oggetti portati dai partecipanti o dal trainer (raccolte dai partecipanti)
da collegare ai ricordi.
Musica può provocare ricordi di situazioni passate. Può sollecitare
canti e danze. Il canto e la danza a loro volta possono attivare altri
ricordi. Spesso ricordi felici che si possono rivivere.
Forme sociali
Individuale – guidati da un
docente. Seguito dalla
plenaria o in sotto-gruppi
secondo le esperienze
Individuale – guidati da un
docente. Seguito dalla
plenaria o in sotto-gruppi
secondo le esperienze
Individuale – guidati da un
docente. Seguito dalla
plenaria o in sotto-gruppi
secondo le esperienze
Materiali di
preparazione del setting
Rilassante musica di
sottofondo
Materiali necessari
Plenaria o sottogruppi.
Foto
Plenaria o sottogruppi.
Immagini
Individuale, Plenaria o
sottogruppi
Discussione in plenaria o
in sottogruppo Canto e
danza preferibilmente in
plenaria
Oggetti
CD Player.
Testi di canzoni. Spazio per
danzare.
38
Categoria
Teatro
Metodi
Contesto
Forme sociali
Materiali di
preparazione del setting
Gioco
pedagogico
dei ruoli
Drammatizza
zione
Un metodo specifico. Il trainer deve avere delle esperienze precedenti.
Si lavora su situazioni per trovare possibili attitudini diverse per simili
situazioni in futuro.
Il formatore deve avere esperienze precedenti. SI va più a fondo nei
ricordi passati (infanzia) che quando si fanno dei giochi pedagogici e
simili lavori.
Si affrontano possibilità di cambiamento in situazioni collettive.
Plenaria o in gruppi (non
troppo piccolo)
Spazio necessario e qualche
altro requisito.
Plenaria o in gruppi (non
troppo piccoli)
Spazio necessario e qualche
altro requisito.
Gruppi grandi, plenaria
Può essere condotto da un docente con una definita professionalità
per raccogliere informazioni sulle relazioni familiari dei partecipanti,
oppure con persone che ci stanno guidando e consigliando. E’ un
ottimo strumento per esplorare il passato familiare, le relazioni, gli
ostacoli, le capacità.
Può essere prodotto da persone che sono guidate e consigliate o da
partecipanti a un seminario.
Individuale e/o discusso
in gruppi (di 3-4
persone) e parzialmente
in plenaria
Spazio necessario e qualche
altro requisito.
Il pubblico da coinvolgere.
Materiale per scrivere
Teatro
sociale
Genogramma
Album dei
ricordi
Individuale e/o discusso
in gruppi (di 3-4
persone) e parzialmente
in plenaria
Quaderno, materiale per
scrivere, foto
39
CAPITOLO 4
ESEMPI DELLE PRATICHE MIGLIORI DI TBT SPERIMENTATE
NEI CORSI PILOTA
Elisabetta Cannova, Marco Bono, Manuela Carboni, Giorgio Comi, Leta
Dromantiene, Francesca Di Nardo, Hüseyin Gül, Songül Sallan-Gül, H. Eylem Kaya,
Welly Marguerite Lottin, Sarmite Mikulioniene, Paolo Raimondi, Elisabeth Reiter,
Annemarie Schweighofer-Brauer, Manuela Schweigkofler and Irena Zemaitaityte
Strumento di lavoro: schemi-tipo di programma didattico
Nella preparazione dei programmi formativi dei corsi pilota del progetto Realize si è usato lo
schema preparato dai partner italiani. E stata usata anche una versione semplificata. Entrambe le
versioni contenevano le seguenti indicazioni:
Titolo del corso/seminario:
Luogo:
Orario:
Numero dei partecipanti (eventualmente indicando anche i campi professionali e il genere):
Formatore/i:
Materiali, strumenti, sala a disposizione:
Il formatore porta/prepara:
Obiettivi principali del corso/seminario:
Di seguito sono riportati due schemi-tipo. Si riportano gli esempi di alcune unità didattiche del
corso per chiarire i contenuti delle categorie indicate.
40
Tavola 4.1. Schema 1 di un corso
Tempi
15:0016:30
20
minuti
30
minuti
40
minuti
Unità
didattica
Ricorda –
recordor
(lat.):
riportare i
ricordi alla
luce
Obiettivi
(Scopi specifici di
ogni unità didattica)
- Iniziare il processo
del ricordare
- Avviare il processo
di apprendimento
attraverso le
potenzialità
personali
- Raccolta di idee
dalle esperienze dei
partecipanti
sull’utilità del Lavoro
Biografico
Contenuti
Il Lavoro Biografico si basa sulle risorse personali. Nei
processi di apprendimento impegnativi e stancanti può
essere utile divenire consapevoli delle proprie risorse e
potenzialità: “Questo lo so già fare!“
“Pensa ad una situazione, ad un momento della vita i
cui ricordi ti possono essere utili oggi. Descrivi questa
esperienza nel tuo portfolio personale e scegli una
cartolina che lo rappresenti.”
“Con chi vorresti avere uno scambio di idee nel tuo
sotto gruppo?”
“Che ricordi mi vengono in mente nel mio percorso di
recupero della memoria? Quali potenzialità scopro?”
1. “Come è stato per te l’esercizio?”
2. “Ho scelto questa cartolina perché …”
3. “Tieni le cartoline che hai scelto come simbolo della
potenzialità con cui hai iniziato il processo di
apprendimento: ‘In questa situazione ho imparato dalla
mia biografia.’ Le cartoline possono essere raccolte
insieme nel tuo portfolio.”
4. “Come questo esercizio ti può aiutare a raggiungere
il tuo obiettivo di apprendimento?“
5. “Questa esperienza può essere applicata nel tuo
campo professionale?”
Metodologia
Materiali in uso e
Setting formativo
Disposizione in circolo
Lavoro individuale – I
partecipanti prendono
note sul loro quaderno
Le cartoline sono
poste al centro della
stanza
I partecipanti formano
sotto gruppi di tre
Discussione nei sotto
gruppi
Discussione in
plenaria
Cartoline con varie
immagini, colori, ecc.
distribuiti dai docenti
Raccoglitori dei
partecipanti
Utensili per scrivere
Spazio per i sotto
gruppi
Lavagna a fogli mobili
Raccoglitori dei
partecipanti
Colla
41
Tavola 4.2. Schema 2 di un corso
Data e Unità
didattica
28 Ottobre ‘11
15:00 - 16:30
Strutture e forme sociali
di lavoro/metodologie
Titolo dell’unità didattica e contenuti
Ricorda – recordor (lat.): riportare i ricordi alla luce
- Iniziare il processo del ricordare
- Avviare il processo di apprendimento attraverso le potenzialità personali
- Raccolta di idee dalle esperienze dei partecipanti sull’utilità del Lavoro Biografico
Lavoro individuale – I
“Pensa ad una situazione, ad un momento della vita i cui ricordi ti possono
partecipanti prendono
essere oggi utili. Descrivi questa esperienza nel tuo portfolio personale e
note sul loro quaderno.
scegli una cartolina che lo rappresenti.”
Le cartoline sono poste al
centro dell’aula
I partecipanti formano
“Con chi vorresti avere uno scambio di idee nel tuo sotto gruppo?”
sotto gruppi di tre persone “Quali ricordi mi vengono in mente nel mio percorso di recupero della
Discussione nei sotto
memoria? Quali potenzialità scopro?”
gruppi
Discussione in plenaria
1. “Come è stato per te l’esercizio?”
2. “Ho scelto questa cartolina perché …”
3. “Tieni le cartoline che hai scelto come simbolo della potenzialità con cui
hai iniziato il processo di apprendimento: ‘In questa situazione ho imparato
dalla mia biografia.’ Le cartoline possono essere raccolte insieme nel tuo
portfolio.”
4. “Come questo esercizio ti può aiutare a raggiungere il tuo obiettivo di
apprendimento?“
5. “Questa esperienza può essere applicata nel tuo campo professionale?”
Materiali in uso e Setting
formativo
Fogli/cartoncini con vari
motivi, colori, ecc. distribuiti
dai trainer
Raccoglitori dei partecipanti
Utensili per scrivere
Spazio per i sotto gruppi
Lavagna a fogli mobili
Raccoglitori dei partecipanti
Colla
42
Esercizi TBT
Iniziare un seminario/motivazionale
Titolo dell’esercizio: Immagini di strade o di porte (corso pilota in Lituania)
Durata (min/max): da 30 a 60 minuti
Gruppi di lavoro: Il metodo può essere utilizzato per gruppi differenti di lavoro: insegnanti, operatori
sociali, migranti, disoccupati, anziani.
Descrizione: Il metodo può servire come esercizio “rompighiaccio” per iniziare le attività. I
partecipanti devono scegliere un’immagine che, secondo loro, risponde meglio alle seguenti
domande: Che strada hai fatto per venire qui? Quale porta hai aperto per entrare in questo posto?
I partecipanti spiegano l’immagine scelta, cosa pensavano prima di venire, che barriere hanno
dovuto superare prima di arrivare al seminario e che cosa hanno pensato incontrando un gruppo di
persone non conosciute. Al termine di questo esercizio tutti i partecipanti possono condividere che
cosa hanno provato durante il compito. La durata dovrebbe essere di 30 minuti.
Setting formativo: Una sala ampia con delle sedie disposte in circolo.
Materiali di supporto: Il facilitatore prepara le immagini/foto delle strade o delle porte, traccia dei
percorsi e dispone il tutto su un tavolo. Il numero di immagini dovrebbe essere sufficiente per tutti.
Risultati: L’introduzione e lo scambio di esperienze attraverso l’uso di oggetti o di foto aiuta i
partecipanti ad aprirsi ed a parlare di fronte ad un gruppo di persone. E’ un buon inizio per le
attività che seguiranno.
Titolo dell’esercizio: cibo, spezie e frutti – un ponte di sapori (corso pilota in Italia)
Durata (min/max): Oltre 60 minuti in quanto l’esposizione rimarrà aperta tutto il tempo e i
partecipanti vi possono ritornare, se lo vogliono.
Gruppi di lavoro: Tutti, in particolare i migranti e le persone provenienti da differenti luoghi.
Descrizione: Poiché nel corso pilota realizzato a Roma da Griot e da Speha Fresia vi erano molti
leader di organizzazioni di migranti provenienti da differenti paesi come la Nigeria, il Camerun,
Capo Verde, il Madagascar, l’Albania, il Giappone, la Cina, per l’esercizio si è voluto usare il cibo,
le spezie, i frutti e i profumi. Tutti questi elementi sono molto importanti e utili a stimolare i ricordi e
a iniziare discussioni positive sia sulle diversità apparenti sia sulle tante somiglianze.
Sono stati scelti cibi provenienti da differenti luoghi, i cosiddetti prodotti esotici e quelli locali, quali
la manioca, le patate dolci, le banane verdi, il riso, fiori e ceci, carote, ananas, banane, zafferano,
differenti curry, zenzero, oli differenti, profumi, ecc. E anche altri oggetti, strumenti musicali africani
quali il bongo, il balafon, vecchi e nuovi telefoni, vecchie machine da scrivere, lampade a petrolio,
ecc. I cibi e gli oggetti sono stati ben presentati su un tavolo con una tovaglia molto colorata e dei
fiori. Tutto molto bello!
43
È stato preparato tutto prima dell’inizio del corso pilota. La cosa ottimale sarebbe quella di creare
la mostra in una sala separata visibile all’entrata, dove i partecipanti potrebbero in seguito anche
fare la pausa caffè. La preparazione può richiedere una mezz’ora circa nella sede dell’incontro e
un po’ più di tempo per comprare o raccogliere il materiale per la sessione. Il costo è di pochi euro
e parte del materiale può essere in seguito usato e cucinato.
I partecipanti si sono ritrovati spesso nella sala della mostra a guardare gli oggetti, iniziando tra
loro degli scambi di opinione in modo informale. Alcuni hanno iniziato a raccontare delle storie dei
loro paesi di nascita. Hanno posto domande, scambiato idee, chiesto nomi e usi degli oggetti e dei
cibi. Hanno ricordato quando li hanno usati, hanno chiesto dei loro sapori, ecc. Questi scambi si
sono tenuti anche senza la presenza del formatore. È rilevante notare che durante l’intera giornata,
in particolare nelle pause caffè, la sala dell’esposizione è diventata il luogo di incontro dove i
partecipanti hanno potuto scambiarsi i propri ricordi e hanno potuto conoscersi meglio.
L’esercizio consiste nella continuazione delle discussioni informali e i partecipanti scelgono un
oggetto, un frutto, oppure un vegetale, presentato nella mostra, perché lo conoscono, oppure
perché è importante nel paese di origine o per la propria vita personale. I partecipanti raccontano i
ricordi legati all’alimento o all’oggetto scelto, spiegano perché lo hanno scelto e che cosa ricordano
della loro vita in rapporto ad esso.
Questo esercizio non sfida l’identità delle persone, non mette in imbarazzo i partecipanti, ma li
prepara dolcemente ad un più lungo percorso nei ricordi. Il docente può facilmente guidare i
partecipanti a scoprire le somiglianze dei cibi. Si potrà scoprire, per esempio, che la cipolla
africana o quella europea hanno lo stesso odore.
Setting formativo: Disponete gli alimenti in una sala differente da quella dell’aula formativa su un
tavolo ben decorato e con molti colori, in un modo molto attraente, eventualmente con vecchi
strumenti musicali e altri oggetti.
Materiali: Piccole quantità di differenti cibi, spezie e frutti insieme a differenti oggetti (come
descritto in precedenza).
Risultati: Contatti sociali rilassati e coinvolgimento diretto e informale dei partecipanti. Si crea
un’atmosfera familiare, aperta al dialogo, che fa emergere più facilmente dei ricordi positivi.
Strumenti di valutazione: È un modo per conoscere immediatamente e in un modo positivo alcuni
ricordi importanti dei partecipanti. Fornisce fin dall’inizio piccoli, ma significativi indizi per il lavoro
futuro.
Suggerimenti: La mostra dovrebbe essere mantenuta per l’intera sessione in quanto può offrire
delle idee e degli stimoli per continuare le discussioni o per prendere le distanze da situazioni più
difficili e tese.
Titolo dell’esercizio: Caro amico, mi scrivo una lettera (corso pilota Svizzera)
Introduzione: Presentiamo tre attività portate avanti nel corso pilota organizzato dal Labour
Transfer nel Canton Ticino. I primi due esercizi (Caro amico, mi scrivo una lettera; Un luogo e la
mia esperienza) sono solitamente suggeriti per i primi incontri, mentre il terzo esercizio (Musica
(prima parte) – Un pezzo musicale e Musica (seconda parte) – La mia storia nella musica)
presuppongono che i partecipanti si conoscano già un poco e che ci sia una base di reciproca
44
fiducia. Infatti, è possibile che nel terzo esercizio alcuni partecipanti condividano dettagli più intimi
delle propria biografia che potrebbe favorire un’esperienza di scambio più ricca e più significativa
ed una scoperta reciproca della persona.
L’esercizio inizia decidendo insieme le forme di ascolto e di scambio, la confidenzialità di quello
che si sente, si vede e si vive e ci si impegna ad evitare di dare giudizi sugli altri. Durante
l’esercizio i partecipanti potrebbero manifestare forti emozioni, dei giudizi e dei paragoni con altre
situazioni, delle critiche fuori luogo, ecc. Non si vogliono creare situazioni di censura, ma piuttosto
favorire dei momenti di dialogo con gli altri e anche un confronto con i propri modi di vedere e i
propri valori.
Tutte le attività sono proposte con una sperimentazione personale e lasciano abbastanza tempo
per una doppia analisi: si incoraggia la discussione su di sé e su come l’esercizio si è sviluppato e
poi si propone uno scambio di idee per immaginare possibili applicazioni nelle differenti
professioni.
Durata (min/max):


Prima parte: 20 minuti per il lavoro individuale di scrittura e 10 minuti per la discussione di
gruppo.
Seconda parte: 10 minuti per il lavoro individuale di lettura e 30 minuti per la discussione di
gruppo.
Gruppi di lavoro: Formatori, facilitatori, operatori sociali, coloro che lavorano con migranti ed in
contesti di educazione degli adulti e di educazione in generale.
Descrizione: Prima parte - I partecipanti scrivono una lettera a se stessi. La lettera viene chiusa e
data al formatore che la restituirà alla fine del corso.
In questo modo i partecipanti si mandano una lettera nel futuro. Essa racconta che cosa si vuole
fare, dove si immagina di essere alla fine del corso, che cosa ci si aspetta e cosa sarà raggiunto.
Alla fine di questa fase il formatore inizia una discussione su come si è svolta l’attività (per
esempio: Che cosa hai provato? Cosa ti ha provocato? Hai definito un punto di arrivo? Sai già
cosa vuoi ottenere…?)
Seconda parte - Il formatore trattiene le lettere fino alla fine del corso quando saranno restituite agli
autori. Ad un certo punto il formatore restituisce le lettere. I partecipanti sono invitati a leggerle ad
alta voce e sollecitati a partecipare alla discussione sull’esercizio e su come i partecipanti hanno
reagito di fronte agli aspetti simili o alle discordanze tra quello che è stato scritto (le aspettative) e
le conclusioni del corso (la situazione in quel momento) e quali sono le loro riflessioni (che cosa
provano, cosa vogliono dire, fare proporre, come ripensano alla lettera. ecc.).
Setting formativo: L’attività di scrittura collega l’inizio e la fine del corso. Ciò permette ai
partecipanti di fissare degli obiettivi. Attraverso l’esperienza formativa essi elaborano nuove
conoscenze, nuove attività e nuove capacità.
Il formatore incoraggia i partecipanti a ricordare situazioni in cui spesso le capacità emergono
quando si analizza il lavoro svolto. Spesso i risultati sono presenti, ma sono visibili soltanto
guardando indietro verso quanto fatto. Essendo un’attività individuale è importante organizzare
degli spazi dove i partecipanti possano trovare la necessaria tranquillità per riflettere.
45
Il formatore conduce l’attività con parole che favoriscono la riflessione, con un linguaggio evocativo
lontano nel tempo e nello spazio (che cosa immagini, in quali situazioni ti piacerebbe essere, che
cosa desideri). È quindi opportuno evitare esempi concreti e date precise. L’esercizio potrebbe
sollecitare i partecipanti a pensare a nuove capacità, ad azioni didattiche. In questo esercizio è
importante che i partecipanti si focalizzino su se stessi.
Materiali: Fogli A4, penne, buste.
Scopi: I partecipanti definiscono le proprie aspirazioni e le scrivono sul foglio (prima parte).
I partecipanti poi si confrontano con le aspettative descritte e ripensano al loro percorso formativo.
Offrono le proprie riflessioni e analisi sulle loro aspettative, sugli obiettivi, sulle loro idee rivolte al
futuro.
Strumenti di valutazione: Una prima valutazione è data dai partecipanti stessi quando leggono la
lettera. Una seconda valutazione si sviluppa attraverso la discussione di gruppo.
Suggerimenti: Nella nostra situazione la durata è motivata dall’inizio e dalla fine del corso che è di
circa 6 mesi. Si può pensare di lavorare per periodi più lunghi o più corti. Dipende dalle possibilità,
dalle aspettative e dagli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Il titolo dell’esercizio: “Caro amico, mi scrivo una lettera” si ispira al nota canzone di Lucio Dalla
“L’anno che verrà”, dove l’autore inizia dicendo: “Caro amico ti scrivo” e immagina di mandarla ad
un amico per informarlo di cosa è successo durante l’anno che sta per finire e immaginando quello
che potrebbe avvenire nell’anno seguente.
Titolo dell’esercizio: Il luogo come esperienza (corso pilota svizzero)
Durata (min/max):


Riflessione individuale: 5 minuti
Riflessione di gruppo: 20 minuti
Gruppi di lavoro: Facilitatore, facilitatori, operatori sociali, coloro che lavorano con migranti e in altri
contesti di educazione degli adulti e di educazione in generale.
Descrizione: Nel nostro caso l’esercizio è stato presentato per individuare il luogo del training.
Alcune istruzioni sono state date ai partecipanti: formulare una lista di elementi per paragonare il
luogo in cui si trovano in quel momento e quello dove normalmente vivono; descrivere le
esperienze di quando sono a casa e di quando sono in posti diversi. Poi le riflessioni vengono
presentate all’intero gruppo.
Nella discussione di gruppo il facilitatore può suggerire la creazioni di categorie in modo da
raccogliere tutti gli elementi espressi dai partecipanti. Se la discussione non inizia in modo
spontaneo, il facilitatore può favorire un’analisi riflessiva con alcune domande: cosa senti quando
queste emozioni vengono evocate? Come hai lasciato il tuo paese di origine? Come sei entrato in
contatto con il nuovo paese? Quali sono i punti concreti di riferimento nella tua vita?
In questo modo i partecipanti possono esplorare i temi della migrazione, del viaggio, del lavoro,
lontani da casa.
46
Setting formativo: Durante la discussione il facilitatore può utilizzare alcune domande aperte per
incoraggiare la discussione stessa. Per esempio: cosa ti fa sentire o non ti fa sentire a casa? Cosa
limita o favorisce una vita felice in un paese diverso? Come hai lasciato il tuo paese di origine?
Come hai affrontato il nuovo paese?
Il metodo può essere usato per un’analisi più approfondita sul paese che lo ospita ma questo
richiede alcuni cambiamenti e l’utilizzo di specifiche competenze. La riflessione può iniziare
parlando dei paesi di origine ma anche, e questo è molto importante, del paese di arrivo; oppure
usare il viaggio (inteso come cambiamento di paese, di luogo, di lavoro, ecc.) per aiutare i
partecipanti a riflettere sul viaggio come un migrante. Inoltre il viaggio permette dei paragoni con le
proprie esperienze: quali oggetti ricordo? Quali azioni mi fanno ricordare? Quali valori sono legati
ad un posto o ad una fase della mia vita? Eccetera.
Materiali: Questo esercizio si può applicare a situazioni che non richiedono un impegno particolare.
Si può realizzare ad esempio in un’aula di scuola e dire ai partecipanti che poi si andrà in un’altra
aula diversa che potrebbe essere vuota oppure avere delle decorazioni particolari, ecc.
Non c’ è bisogno di materiali particolari. Quello che è importante è il cambiamento del posto dove
si sta lavorando.
Scopi: I partecipanti descrivono il luogo, gli oggetti, le relazioni, i vuoti, quello che è dentro e quello
che è fuori, le somiglianze e le differenze paragonati con gli spazi usuali.
I partecipanti elaborano individualmente e poi discutono insieme su cosa significa arrivare in un
posto, come si sta in un posto differente da quello usuale e cosa ci fa sentire a casa.
Risultati: In rapporto alla riflessione di cosa ci fa sentire a casa, il luogo può essere visto sotto
differenti aspetti. Il luogo dove viviamo e gli elementi che ci fanno sentire a casa. Il luogo di arrivo
dopo un viaggio e gli elementi sono le cose che servono per fare dei paragoni con le aspettative e
le immaginazioni passate.
Il nuovo luogo, sia che ci accetta oppure no, richiede sempre un adattamento fisico e mentale e
questo sollecita un paragone tra il punto di partenza e quello di arrivo.
Il tema del viaggio aiuta anche a percorrere un viaggio interno, è utile per ripercorrere l’itinerario di
acquisizione di qualifiche e di conoscenze durante il quale comportamenti, valori e convinzioni
vengono consolidati.
Strumenti di valutazione: La valutazione è fornita dai partecipanti stessi durante le discussioni di
gruppo.
Suggerimenti: Nel nostro caso abbiamo approfittato del cambiamento di luogo (da un’aula a un
centro esterno) per stimolare le riflessioni su cosa ci fa sentire a casa, su cosa aiuta ad adattarsi e
su cosa ci fa sentire insicuri. L’esercizio ha aiutato i partecipanti a riflettere su alcuni aspetti della
migrazione, ma anche sulle competenze che vengono attivate in situazioni di movimento, di
cambiamento, di adattamento e di ricreazione della casa o del luogo, fatto di spazi, oggetti, idee,
relazioni e abitudini.
Altri suggerimenti
Heide Walbrodt, esperta in Theme Centred Interaction, nei suoi seminari suggerisce di preparare
delle idee e delle riflessioni all’inizio del percorso di apprendimento, cosa che aiuta durante tutto il
47
corso. In particolare se l’argomento del seminario comporta delle situazioni di disturbo
dell’apprendimento, i partecipanti potrebbero avere bisogno di aiuto. Per realizzare questo
esercizio, i partecipanti sono invitati a riunirsi in sotto gruppi (di quattro, cinque o sei persone) e a
dire cosa già conoscono dell’argomento del seminario. Devono poi annotare su un foglio una
particolare abilità di ciascun sotto-gruppo di partecipanti. In plenaria i sotto gruppi presentano le
capacità raccolte nel proprio gruppo. In questo modo i partecipanti si rendono consapevoli delle
proprie esperienze e capacità. Non partono da zero. Ciò aiuta a continuare con più fiducia il
percorso di apprendimento del seminario.
Durante il corso
Titolo dell’esercizio: intervista biografica (corso pilota italiano)
Durata (min/max): 90/180 minuti
Gruppi di lavoro: Leader di associazioni migranti, mediatori culturali, operatori sociali, educatori
degli adulti, assistenti sociali.
Descrizione: I partecipanti sono invitati a usare degli schemi semi strutturati di domande per
intervistare persone migranti e raccogliere informazioni utili al loro coinvolgimento nei programmi
educativi, sanitari o politiche di welfare e di lavoro. L’introduzione dura cinque minuti, poi il traner
invita i partecipanti a leggere individualmente il questionario (5 minuti) e altri 5 minuti per suggerire
dubbi e domande. I partecipanti sono divisi in coppie e operano con il metodo del gioco dei ruoli,
scambiandosi le parti di intervistatore e di intervistato (20 minuti per ognuna delle due interviste). In
rapporto al tempo a disposizione, si può prolungare il gioco dei ruoli, ma è molto importante dare
almeno 10 minuti a ogni coppia per fare un resoconto dell’esercizio alla fine della sessione. In
plenaria si suggerisce di fare una visualizzazione del resoconto al fine di poter conoscere il
risultato globale del gruppo.
Setting formativo: Il facilitatore presenta il questionario focalizzando l’attenzione su uno specifico
ambiente di lavoro. Invita a formare le coppie e a simulare un’intervista tra loro. La coppia di
partecipanti deve anche indicare il ruolo di ciascuno durante l’intervista.
Materiali: Lo schema di intervista preparato durante il partenariato di apprendimento precedente
“PASS – Personal Influence on access to education for people with migrant background” (Italia,
Austria, Germania, Lituania, Malta e Turchia) si trova in appendice.
Risultati: La simulazione dell’intervista tra colleghi aiuta a capire meglio come tarare il linguaggio
da usare in base al target dell’intervistato e a individuare quali sono le domande più appropriate in
relazione al suo background. Al termine di questa sessione si può realizzare una lista di domande
prioritarie per ogni azione di apprendimento/counselling e arrivare così alla preparazione di un
questionario base per approfondire un aspetto specifico e determinato dagli obiettivi posti
dall’azione di counselling. Inoltre i colleghi, ascoltando i loro partner, possono scoprire punti critici
o importanti nella loro conduzione dell’intervista, offrendo suggerimenti per migliorare l’efficacia e
la qualità del servizio.
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Strumenti di valutazione: La raccolta dei resoconti dei partecipanti, dopo il gioco dei ruoli, è
dedicata all’auto valutazione che si può basare da una parte sul questionario e dall’altra parte sulla
situazione di lavoro creata dal gioco dei ruoli e dalle competenze dimostrate durante l’intervista.
Suggerimenti: Questo esercizio mira a una maggiore preparazione dei partecipanti, generalmente
con un’esperienza in questo campo di intervento, ed è molto utile per coinvolgerli in una
condivisione più consapevole di conoscenze tra colleghi, usando questo esempio di
apprendimento quotidianamente sul lavoro; chiedendo per esempio ad un collega di osservarli per
qualche tempo durante un compito specifico; oppure prendendo del tempo per riflettere su come si
sta operando.
Titolo dell’esercizio: il genogramma (corso pilota turco)
Durata (min/max): 120-180 minuti
Gruppi di lavoro: Studenti con differenti livelli di studio e differenti programmi; e adulti in generale.
Descrizione: Ai partecipanti è stato chiesto di ricercare nella storia biografica delle loro famiglia e di
intervistare qualche familiare più anziano, di conoscere il passato delle propria famiglia e di portare
al corso oggetti privati, fotografie, diari, ecc. per stimolare i ricordi. Sono stati poi invitati a
disegnare l’albero genealogico della famiglia e scrivere i nomi dei membri andando indietro il più
possibile nella storia familiare - una guida per tracciare un genogramma si trova nel capitol 5,
paragrafo: “Come usare i metodi biografici in coaching e counselling”.
Setting formativo: Sedie disposte in circolo.
Materiali: Foto, matite colorate, oggetti personali, fogli, lavagna a fogli, barco-vision, mappa della
Turchia.
Risultati: Tracciare il background familiare attraverso il genogramma; comprendere meglio la
transculturalità del background familiare; discutere la transculturalità nel background familiare;
paragonare e contrapporre i background familiari in rapporto alla transculturalità; esplorare il
metodo del genogramma in quanto metodo TBW.
Strumenti di valutazione: L’albero genealogico, oggetti reali collegati alla storia della famiglia e dei
suoi membri; contributo personale; scambio di storie ed esperienze familiari.
Suggerimenti: Fare in modo che il gruppo si senta tranquillo e sicuro in un’atmosfera quieta e di
fiducia. Fare in modo che i partecipanti sentano che le loro idee siano valorizzate. Il facilitatore può
anche tracciare il suo albero genealogico per dimostrare come si applica il metodo. Il facilitatore
deve operare infondendo fiducia, rispetto e attenzione verso le diversità.
Titolo dell’esercizio: laboratorio musicale (corso pilota italiano)
Durata (min/max): da 2 a 6 ore
Gruppi di lavoro: L’esercizio è stato sperimentato in particolare con migranti e rifugiati (max.15
partecipanti) e si può utilizzare per differenti beneficiari - insegnanti/facilitatori, operatori sociali e
adulti che apprendono in contesti multilinguistici.
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Descrizione: Il laboratorio musicale basa il suo approccio metodologico su tecniche
autobiografiche transculturali.
Prima fase: I partecipanti si presentano (15/45 minuti)
Sono invitati a parlare liberamente di cose che li riguardano oppure di questioni relative all’incontro
e a condividere quello che si aspettano dal laboratorio musicale. Si tratta di rompere il ghiaccio,
per creare uno spirito di gruppo e per raccogliere e condividere le proprie aspettative.
Seconda fase: La scelta degli strumenti e presentazione di se stessi (45/135 minuti)
Ciascun partecipante sceglie uno strumento tra quelli disponibili posti al centro della sala.
Attraverso la musica saranno incoraggiati a iniziare una riflessione sulla propria identità culturale.
Lo scopo della discussione è quello di indagare sulle ragioni che li hanno portati a tale scelta. Sono
invitati a parlare delle emozioni e dei ricordi associati allo strumento scelto.
Terza fase: Suonare gli strumenti (40/120 minuti)
Assumendo che i partecipanti non parlano la stessa lingua, lo scopo è quello di creare mezzi di
comunicazione alternativi. La musica crea uno spazio dove i partecipanti possono superare le
proprie barriere culturali e influenzarsi a vicenda, trovando somiglianze e nuove combinazioni.
Quarta fase: raccolta finale delle emozioni e delle riflessioni (20/60 minuti)
I partecipanti sono inviati a parlare delle emozioni vissute suonando gli strumenti. Il facilitatore
raccoglie e trascrive le emozioni provate e distribuisce una copia del riassunto a ogni partecipante
come risultato del viaggio transculturale attraverso la musica.
Setting formativo: Ampio spazio, meglio se insonorizzato.
Materiali: Fogli, matite, pc portatile, CD player, altoparlanti, microfono, tamburi, strumenti ritmici
(maracas, tamburelli), met-hallophone, armonica, chitarra, e qualsiasi altro strumento di paesi
differenti sia possibile trovare. Lavagna su cui raccogliere e trascrivere i contributi dei partecipanti.
Risultati: Una discussione soddisfacente che aiuta l’inclusione culturale. Queste tecniche sono utili
per facilitare un processo di effettiva comunicazione delle esperienze e per una comprensione
reciproca, individuando le somiglianze e le differenze, al fine di superare le divisioni e raggiungere
una comprensione più profonda dell’altro. Incoraggia l’esperimento individuale e di gruppo e
aumenta la competenza nell’affrontare un sistema codificato di regole, come la musica richiede. Il
risultato è un laboratorio biografico transculturale in cui i partecipanti e i facilitatori si influenzano a
vicenda arrivando, attraverso la musica, a un nuovo punto di riflessione.
Strumenti di valutazione: Le valutazioni dei partecipanti possono essere raccolte duranti i lavori del
laboratorio. I facilitatori dovrebbero essere sono due. La quarta fase può essere dedicata
all’autoriflessione dell’esperienza di apprendimento e il facilitatore può formulare una mappa
mentale collettiva. Le domande chiave potrebbero essere: cosa ho appreso e cosa provo adesso?
Quali sono le mie emozioni dopo avere incontrato altre/nuove culture? Ho soddisfatto le mie
aspettative? Che cosa mi è piaciuto di più? ecc.
È molto importante distribuire una copia dell’auto valutazione comune finale del laboratorio a tutti i
partecipanti.
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Suggerimenti: Potrebbe essere utile integrare il laboratorio musicale con delle immagini: la
disponibilità di un video proiettore potrebbe aiutare il lavoro. Anche la proiezione di un video sulle
origini degli strumenti. Lo scopo è quello di far arrivare ai partecipanti il messaggio che la musica
ha abbracciato l’intera storia dell’umanità in un modo transculturale. Il video potrebbe stimolare i
partecipanti con differenti background musicali. Un altro risultato potrebbe essere quello di
facilitare i ricordi attraverso la combinazione della musica e delle immagini.
Titolo dell’esercizio: una storia attraverso oggetti/foto dei partecipanti (corso pilota lituano)
Durata (min/max): da 60 a 180 minuti.
Gruppi di lavoro: Questo esercizio si può applicare a diversi gruppi - insegnanti, operatori sociali,
migranti, disoccupati, anziani.
Descrizione: I partecipanti sono invitati a portare una fotografia o un oggetto che potrebbe essere
collegato a esperienze con altre culture. I partecipanti sono divisi in sotto gruppi di 5-7 persone
dove condividere le loro storie collegate agli oggetti o alle foto. Poi dovrebbero produrre una storia
comune sulla base dei racconti individuali. Si potrebbe svolgere in 60-90 minuti. Gruppi separati
lavorano in stanze separate per non disturbarsi a vicenda. Le storie comuni sono poi presentate in
plenaria per la durata di 45 minuti.
Dopo aver ascoltato le storie i partecipanti condividono le loro esperienze e le loro riflessioni.
Questa fase potrebbe durare 30-45 minuti.
Setting formativo: Una sala/più sale e sedie disposte in circolo.
Materiali: Oggetti e foto per stimolare i ricordi. Una o due sale dove condividere le storie personali
e lavorare per la stesura del racconto comune. Se i partecipanti sono 15 o più, essi dovrebbero
essere suddivisi in due o tre gruppi. Si raccomanda di avere non più di 5-7 partecipanti in ogni
gruppo per dare a ciascuno la possibilità di condividere la propria storia.
Risultati: I ricordi sono spesso collegati a oggetti o immagini. Persone che parlano di oggetti a cui
danno un grande significato spesso scoprono questioni molto profonde. Le fotografie spesso
nascondono storie che non verrebbero raccontate se non fossero sollecitate da simili processi.
Gli oggetti e le fotografie possono essere usati per formulare nuove prospettive sulla vita passata,
nuove interpretazioni delle proprie esperienze e un nuovo empowerment. Il lavoro di gruppo
permette di combinare tutto in una storia di gruppo. Per i partecipanti ciò significa sviluppare la
capacità di trovare dei punti di contatto e di identificare i processi di apprendimento.
Titolo dell’esercizio: metodo della visualizzazione e del disegno (corso pilota lituano)
Durata (min/max): da 1a 5 ore.
Gruppi di lavoro: Questo metodo può essere utilizzato per differenti gruppi (insegnanti, operatori
sociali, migranti, disoccupati) e in particolare per gli anziani.
Descrizione: Prima di tutto è importante annunciare quello che si vuole disegnare. Per esempio, i
partecipanti sono invitati a disegnare il proprio percorso educativo. Ogni partecipante riceve un
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foglio A1 e sceglie matite colorate e pennarelli. Possono restare nella stessa stanza, ma possono
anche andare in altre stanze o nei corridoi. Ognuno disegna il proprio percorso educativo. Questa
attività potrebbe richiedere 60-90 minuti. Quando il lavoro è finito il gruppo continua i lavori insieme
o in sotto gruppi. Dipende dal numero dei partecipanti. Se i partecipanti sono 15 o più di 15 allora è
il caso di suddividere il gruppo in 2 o 3 (o più) sotto gruppi per discutere i disegni. Si raccomanda
di formare gruppi di 5-7 membri. Ciascun disegno è discusso separatamente.
Nelle discussioni dei disegni i partecipanti (non l’autore) sono invitati a esprimere le proprie
impressioni. La persona che interviene deve parlare di quello che ha capito, dare la sua
impressione ma non parlare di quello che l’autore ha fatto o intendeva dire. L’autore può decidere
di accettare i commenti oppure di ignorarli. Dopo aver ascoltato tutti i commenti l’autore commenta
il proprio disegno e ne descrive la storia. Questa fase può richiedere 120-150 minuti. Dopo queste
discussioni, i partecipanti del gruppo condividono le proprie reazioni ed emozioni su questa
esperienza e su quello che hanno appreso dall’esercizio. Le loro esperienze e impressioni devono
essere discusse anche in plenaria. Questa fase potrebbe durare 30-45 minuti.
Setting formativo: Per realizzare il metodo di visualizzazione è necessario avere spazio sufficiente
affinché i partecipanti possano usare il loro foglio A1 e disegnare senza disturbare gli altri. Se una
sala non fosse sufficiente, sarebbero allora necessarie più stanze per dare ai partecipanti uno
spazio privato dove poter riflettere.
Materiali: Una sala spaziosa e confortevole (più stanze possono anche essere usate), sedie poste
in circolo, fogli A1, matite colorate e pennarelli.
Risultati: Questo metodo creativo potrebbe aprire oppure chiudere i canali dei ricordi. Persone che
reagiscono a impulsi emotivi possono attivare più facilmente la memoria. Questo metodo combina
la narrazione creativa con la riflessione. I partecipanti ascoltano i commenti trovando sostegno nel
riscoprire sotto una nuova luce momenti significativi della propria vita.
Titolo dell’esercizio: gioco biografico parziale (corso pilota austriaco)
Introduzione: Il gioco biografico parziale sviluppato nel corso pilota austriaco si rifà al concetto di
Hubert Klingenberger nel suo libro “Lebensmutig. Vergangenes erinnern, Gegenwaertiges
entdecken, Kuenftiges entwerfen” (Klingenberger, 2003). La biografia parziale si concentra su una
parte o un aspetto della vita di una persona. La biografia è come una corda che consiste di
differenti fili. C’è la biografia sociale, la biografia culturale, la biografia naturale, la biografia legata
alla visione del mondo e delle cose, la biografia educativa, la biografia della personalità e la
biografia di genere.
Nell’Appendice si trova una descrizione del concetto della biografia parziale.
Durata (min/max): La spiegazione del concetto richiede 20 minuti circa, seguita da una breve
discussione, se necessario. In relazione al numero dei partecipanti, ai sotto gruppi e al numero dei
sotto gruppi servono altri 30 minuti per preparare le domande relative alle differenti parti delle
biografie. L’esercizio stesso richiede altri 30 minuti. Occorre calcolare altri 20-30 minuti per le
riflessioni personali e di gruppo.
Gruppi di lavoro: Il metodo può essere utilizzato con chiunque; per i bambini e i giovani sono
necessari alcuni adattamenti.
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Descrizione: Prima di tutto il facilitatore spiega il concetto delle biografie parziali (sotto è riportata
una breve versione). Poi il gruppo viene suddiviso in sotto gruppi il cui numero dipende dai
partecipanti. In rapporto al tempo disponibile, i sotto gruppi possono essere formati da 3-7
persone. Più persone sono nel gruppo più tempo è necessario.
I membri del gruppo scelgono poi una delle biografie parziali di loro interesse. Scrivono 11
domande su dei fogli preparati. Queste domande dovrebbero essere aperte e concrete come: qual
è stata la più importante esperienza di apprendimento nella tua infanzia? Quale modello hai
seguito nell’apprendimento? (Biografia educativa); oppure: quali eventi culturali hai visitato insieme
ai tuoi genitori? (Biografia culturale)
Le domande dovrebbero essere chiare e comprensibili. I partecipanti formulano e riformulano le
domande fino a raggiungere dei risultati soddisfacenti.
Quando tutti i gruppi hanno preparato le domande, si scambiano i fogli e il gioco inizia. Ogni
partecipante tira i due dadi e risponde alla domanda sul foglio corrispondente. Il foglio resta in
gioco e si passano i dadi. Segue il prossimo partecipante che risponde alla domanda indicata. E
così di seguito… Se più partecipanti ottengono lo stesso numero, ognuno di loro risponde alla
domanda attingendo dalla propria esperienza e dai propri ricordi. Il gioco continua fino a quando
ogni partecipante ha risposto ad almeno una domanda.
Setting formativo: Il metodo può essere applicato per un gruppo di 7-20 membri. Si può utilizzare in
qualsiasi momento del corso, ma sarebbe meglio utilizzarlo all’inizio del lavoro sulla biografia.
Materiali: Una breve descrizione della biografia parziale per ogni partecipante; due dadi per ogni
sotto gruppo; 11 fogli numerati da 2 a 12 per ogni gruppo.
Risultati: Il concetto di biografia parziale aiuta a focalizzare una parte speciale della biografia di
una persona. Permette di lavorare in modo concentrato su certi aspetti di una biografia e anche di
intervenire qualora ricordi spiacevoli dovessero emergere.
Nel preparare le domande i partecipanti parlano delle loro esperienze e dei loro ricordi. Lo stesso
succede mentre giocano. Le domande e le risposte degli altri partecipanti stimolano lo scambio dei
ricordi.
Strumenti di valutazione: nel lavoro biografico è importante finire gli esercizi relativi ai ricordi con
delle riflessioni personali. Quali ricordi sono emersi mentre si scrivevano le domande e si
rivolgevano le domande agli altri? Ci sono stati momenti illuminanti? C’è qualcosa che ho appreso
(per il futuro)? Dopo le riflessioni personali, il gruppo dovrebbe discutere su quello che si è
appreso, eventualmente guidato dalla domanda: quali aspetti della mia riflessione vorrei
condividere con gli altri?
Suggerimenti per il facilitatore: Per adattare il gioco a situazioni di counselling, coaching e attività
simili si devono preparare le domande relative alle biografie parziali. Ciò permette al facilitatore di
guidare il processo della memoria e di arrivare a uno scambio diretto.
Titolo dell’esercizio: il percorso dei ricordi (training dell’istruttore con i membri delle
associazioni partner di Realize da 5 paesi)
Durata (min/max): da 75 a 120 minuti
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Gruppi di lavoro: Può essere fatto con persone di ogni età, sesso e professione.
Descrizione: Il percorso della memoria invita i partecipanti a fare un viaggio guidato nei ricordi.
L’esercizio inizia in plenaria. Il facilitatore invita i partecipanti a trovare una posizione confortevole
dove vorrebbero passare i prossimi 15-20 minuti. Se sono seduti, i piedi dovrebbero avere un
contatto fermo con il pavimento. Il facilitatore sceglie una musica rilassante. La musica inizia e il
facilitatore lentamente e con voce dolce legge il testo del viaggio.
L’esempio riguardante il mangiare, il cucinare, il cibo si trova in Appendice. Si può anche inventare
un testo legato ai ricordi che si vorrebbe i partecipanti esplorassero; oppure si può guidare la parte
di rilassamento e poi lasciare che i partecipanti viaggino da soli per un po’ di tempo in relazione ad
un argomento. Può durare 5-10 minuti. Una possibile introduzione a un simile viaggio non
accompagnato dalle parole del facilitatore si trova in Appendice.
Dopo il viaggio personale i partecipanti si riuniscono in gruppi di 3-4 persone e iniziano a
scambiare le proprie impressioni su: come è stato il mio viaggio? Che esperienze ho fatto? Cosa
ho trovato di eccitante, strano, sorprendente? Questo scambio può durare 30-45 minuti. Ciascun
partecipante dovrebbe avere abbastanza tempo per descrivere la propria esperienza.
Poi tutti i partecipanti si ritrovano nel plenum e il facilitatore chiede: come è stato per te il viaggio e
la discussione nel sotto gruppo? Avete imparato dagli altri? Cosa è emerso di sorprendente e di
strano quando avete paragonato i vostri viaggi? C’è qualche cosa che hai appreso e che vuoi
portare aventi?
Setting formativo: Una stanza tranquilla dove favorire concentrazione e rilassamento, abbastanza
grande per permettere ai partecipanti di stendersi sul pavimento, se lo vogliono, oppure dove
sedere in modo confortevole su una sedia. Durante la prima parte i partecipanti esplorano alcuni
ricordi in plenaria, poi scambiano le proprie impressioni in sotto gruppi di 3-4 persone e infine nel
plenum riportano le impressioni maturate nei sotto gruppi (differenze, somiglianze, intuizioni…)
Materiali: Testo per accompagnare il viaggio nella memoria (un testo relativi al cibo, al mangiare, al
cucinare si trova in Appendice); CD player e musica rilassante.
Risultati: Questo esercizio aiuta i partecipanti a rilassarsi per raggiungere livelli più profondi di
consapevolezza di se stessi e degli altri. Aumenta la fiducia reciproca e la comprensione tra i
partecipanti.
Strumenti di valutazione: I commenti rilasciati dai partecipanti dopo l’esercizio sulle loro esperienze
e apprendimenti sono i principali strumenti di valutazione. Questi commenti possono essere
annotati da una persona oppure i partecipanti possono scriverli su un foglio.
Suggerimenti per il facilitatore: È importante leggere il testo del viaggio nella memoria in modo
chiaro, lento e calmo e di lasciare abbastanza tempo nei sotto gruppi per la discussione, poiché
l’apprendimento più importante e la comprensione avvengono qui.
Titolo dell’esercizio: gioco dei nomi (corso pilota turco)
Durata (min/max): 30-45 minuti
Materiali: Lavagna a fogli mobili, matite colorate, una pallina.
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Descrizione: I partecipanti raccontano la storia dei loro nomi sulla base della propria biografia,
passato familiare e transculturalità. Condividono anche gli aspetti culturali, religiosi, familiari, politici
legati al nome. La sequenza è fatta attraverso lo scambio della pallina. Il partecipante può scrivere
sulla lavagna, se lo vuole fare.
Gruppi di lavoro: Studenti di differenti livelli di studio e programmi, e adulti in genere.
Setting formativo: Sedie disposte in circolo oppure a ferro di cavallo.
Risultati: Esplorare il background familiare, le idee, i valori religiosi, ideologici e politici; imparare
come funzionano le TBT attraverso la propria esperienza e riflessione; comprendere e tollerare le
differenze (culturali, tradizionali, etniche, religiose, di genere, ecc.)
Strumenti di valutazione: L’intero gruppo valuta chi condivide le storie del proprio nome secondo il
proprio background politico, culturale, etnico, religioso, ecc.
Suggerimenti per il facilitatore: Occorre che il gruppo si senta sicuro e a suo agio in un’atmosfera
calma e di fiducia e bisogna che i partecipanti percepiscano che le loro idee sono apprezzate. Il
facilitatore può raccontare la storia del suo nome all’inizio; deve manifestare fiducia, rispetto e
attenzione alle differenze.
Titolo dell’esercizio: musica (prima parte) – un pezzo musicale (corso pilota svizzero)
Durata (min/max): 4-5 minuti per sentire un pezzo musicale e il commento dei partecipanti e 15
minuti per la discussione di gruppo.
Gruppi di lavoro: Facilitatori, operatori sociali che lavorano in contesti di migrazione e anche in altri
ambiti di educazione degli adulti e di educazione in generale.
Descrizione: I partecipanti scelgono un pezzo musicale prima del meeting e lo danno al facilitatore:
dobbiamo lasciare il nostro pianeta Terra. Ogni partecipante può portare solo un pezzo musicale in
cui si riconosce. Può essere un pezzo musicale oppure una canzone scoperta in qualsiasi
momento della vita.
Durante il meeting, il facilitatore fa ascoltare i pezzi musicali uno dopo l’altro senza dire a chi
appartengono. Dopo averli sentiti tutti, di volta in volta i partecipanti sono invitati a spiegare le
ragioni della loro scelta e a condividere cosa la musica evoca in loro. Al termine i partecipanti sono
invitati a commentare l’attività fatta.
Setting formativo: L’esercizio permette di presentarsi attraverso un mezzo molto evocativo ( la
musica) arricchendo il modo per conoscersi reciprocamente. Chiaramente le emozioni vengono a
galla. La discussione aiuta a sottolineare come le emozioni possano aumentare la capacità di
ricordare la propria storia personale. Inoltre la scelta del pezzo musicale aiuta a conoscersi meglio.
Per questa ragione è importante utilizzare questo esercizio quando il gruppo è già formato
(sarebbe meglio farlo dopo il primo incontro).
Materiali: Portare un supporto tecnico o una connessione web con la musica scelta.
Portare gli strumenti necessari: radio/CD player/ computer/ connessione internet.
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Scopi: I partecipanti riscoprono nei loro ricordi una situazione legata al pezzo musicale. Rendono
noti alcuni aspetti della loro biografia legata a esperienze, sentimenti, ed emozioni. Paragonano i
pezzi musicali e sottolineano le differenze e le similitudini nel modo di interpretare le loro scelte.
Risultati: Attraverso l’esercizio, i partecipanti presentano parti di se stessi e spesso scoprono idee
ed emozioni comuni.
Strumenti di valutazione: Il lavoro biografico permette di accedere a differenti parti della propria
memoria. La musica facilita il ricordo di situazioni ricche di esperienze, sentimenti ed emozioni. I
partecipanti apprezzano l’attenzione posta su aspetti che non sono legati al fare, al produrre, al
reagire, al risolvere. Dedicano del tempo per ricordare momenti di rilassamento, di incontro, di
scambio, di solitudine, di immaginazione.
La discussione in gruppo porta alla scoperta di modi differenti o simili di pensare a uno stesso
pezzo musicale. Il sentimento di sorpresa, sentendo la musica scelta da altri, fa ricordare il proprio
passato e crea un forte sentimento di appartenenza al gruppo. Rafforza la consapevolezza di
avere una vita personale legata a quella di molti altri.
Suggerimenti per il facilitatore: L’esercizio permette ai partecipanti di presentare una parte di sé
che potrebbe far emergere sentimenti ed emozioni profonde. Questo vale sia per chi presenta il
suo pezzo, sia per coloro i quali lo ascoltano. È importante che il contesto sia adeguato per un
esercizio che richiede serenità e fiducia reciproca. Non ci deve essere nessuna interferenza
esterna. Il facilitatore deve assicurarsi che il gruppo ascolti senza giudicare.
Titolo dell’esercizio: Musica (seconda parte) - storie di vita e musica (corso pilota svizzero)
Durata (min/max):



Prima parte: individuale, 15-20 minuti
Seconda parte: in coppie, 10-20 minuti
Terza parte: in plenaria, 30 minuti
Gruppi di lavoro: Facilitatori, operatori sociali, coloro che lavorano con migranti o in altri contesti di
educazione degli adulti e di educazione in generale.
Descrizione: Questo esercizio può essere usato per scoprire il percorso di vita dei partecipanti, che
può essere simile per le scelte musicali fatte e le emozioni provate nella stessa fase di vita, ma in
età differenti.
I partecipanti creano un Curriculum Vitae personale legato alla musica.
Il facilitatore distribuisce un foglio e indica un tempo massimo. I partecipanti vi inseriscono il pezzo
musicale presentato nella sessione precedente. Riflettono sulla propria storia musicale e
trascrivono titoli di canzoni, nomi di cantanti, date e altri riferimenti ai pezzi ricordati. Poi i
partecipanti in coppia paragonano le proprie esperienze musicali. La discussione procede in modo
da collegare le musiche con particolari momenti della vita, momenti positivi, negativi, tristi, legati a
decisioni importanti, incontri, ecc.
Setting formativo: L’esercizio può iniziare con questa simulazione: dovendo lasciare il pianeta
Terra in età differenti, quali pezzi musicali o canzoni porteresti con te?
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Materiali: Foglio con una lista delle età, per esempio:
Scopi: I partecipanti ricostruiscono parte della loro biografia (o tutta) attraverso i ricordi di pezzi
musicali legati a differenti età. Attraverso questi ricordi essi collegano uno o più momenti
significativi in quella fase della loro vita.
Risultati: Attraverso il C.V. musicale è possibile condividere i percorsi di vita di persone di età
differenti, con esperienze differenti. Vi sono persone che scoprono di aver ascoltato la stessa
musica in uno stesso periodo anche se hanno considerevoli differenze di età. Altre persone della
stessa età scoprono di preferire musiche totalmente diverse, ecc.
Molti partecipanti scoprono legami con la propria biografia attraverso questo esercizio musicale.
L’esercizio (prima e seconda parte) apre ai ricordi attraverso una strategia inusuale. Favorisce una
separazione di come si ricorda solitamente, per scoprire aspetti della propria vita che non sono
facilmente visibili. Attraverso le esperienze ricordate con questo metodo è possibile arrivare alla
descrizione del periodo di vita preso in considerazione. Attraverso una tale descrizione è possibile
arrivare alle attività, ai modi di pensare e di operare con gli altri. Può anche servire a far emergere
una serie di atteggiamenti e di capacità specifiche in un dato momento della vita.
Strumenti di valutazione: Confronti tra i partecipanti; comunicazione di gruppo; produzione di
materiale e la possibilità di continuare da soli.
Suggerimenti per il facilitatore: Come già indicato, l’esercizio dovrebbe essere fatto quando i
partecipanti già si conoscono e il gruppo è abbastanza consolidato. Potrebbe essere fatto verso la
fine dell’incontro in quanto la musica, oltre che trasportare emozioni, aiuta a rilassarsi.
Titolo dell’esercizio: mappa (la citta) biografica (corso pilota turco)
Durata (min/max): 60 minuti
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Descrizione: Il gioco della Mappa (la città) biografica è stato fatto alla lavagna. Prima i facilitatori
poi i partecipanti hanno scritto su una lavagna, e nei confini disegnati della Turchia, il nome della
città dove sono nati, dove hanno vissuto il maggior tempo e dove vorrebbero vivere in futuro e
spiegando il perché. Mentre scrivevano i nomi delle città, sono state fatte alcune domande: qual è
l’importanza del luogo di nascita? Dove hai vissuto? Che cosa era più importante per te in quel
posto? Quali altre cose ti ricordi? Dove vorresti vivere in futuro? Ognuno ha descritto le
caratteristiche di queste città. Dopo aver scritto i nomi delle città, ogni partecipante è venuto alla
lavagna per raccontare le storie, le emozioni e le aspettative relative alle città indicate. A parte i
nomi delle città natali è risultato che la maggioranza ha preferito le città di Ankara, Istanbul e Izmir,
le tre maggiori città della Turchia. Il panorama biografico e transculturale delle città è stato
ottenuto, includendo anche le città della Russia, Azebarjan, Corea del Sud, USA e Canada. Sono
state motivate le ragioni della preferenza verso luoghi come Istanbul e Izmir e si è potuto
sviluppare l’importanza del TBT. È stato sottolineato che la struttura cosmopolita di Istanbul ha
creato una spazio per il multiculturalismo, ma che questa situazione fa paura a chi non vive in
questa città. Izmir invece è stata identificata come la città della libertà che include gruppi di
persone molto differenti e senza discriminazioni. Ankara è stata definita come la città degli
studenti, dei soldati e dei burocrati.
Setting formativo: Sedie disposte in circolo.
Materiali: Lavagna a fogli mobili, matite colorate, Barco-vision, immagini/foto.
Risultati: Esplorare le caratteristiche transculturali di differenti regioni e città della Turchia
analizzando le similarità e le differenze culturali, regionali e etniche esistenti tra loro.
Strumenti di valutazione: Discussioni di gruppo e contributi personali; scambi di idee; valutazioni di
gruppo; condivisione delle esperienze di vita.
Suggerimenti per i facilitatori: Creare un’atmosfera tranquilla e di fiducia per i partecipanti e renderli
consapevoli che le proprie idee sono apprezzate. Il facilitatore può iniziare scrivendo i nomi delle
città dove è nato/a e ha vissuto per illustrare come si applica il metodo. Il facilitatore deve operare
con rispetto e attenzione verso le differenze.
Ulteriori suggerimenti
Lavoro Biografico con le piante: Ognuno ha una storia differente in rapporto a piante e al
giardinaggio che può essere raccontata, ad esempio, durante una passeggiata.
Lavoro Biografico con il cibo: Cucinare insieme scambiando dei ricordi sul cibo, cucinare e
mangiare contemporaneamente.
Lavoro Biografico con le stoffe: Pensando ai vestiti indossati da giovane si può iniziare il lavoro
della memoria. Le riflessioni sono ispirate da foto, vestiti o cucendo con l’ago. Si possono anche
scegliere differenti tecniche di produzione di tessuti oppure di artigianato e di lavorazioni con il
legno da insegnare agli altri e scambiare nel contempo le esperienze.
Inventare biografie: Il facilitatore prepara immagini di persone (ad esempio prese da giornali) e le
distribuisce ai partecipanti che inventano una biografia su di loro. Si presentano l’un l’altro, si
siedono in circolo e raccontano la loro biografia inventata: “Io sono…”.
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Alla fine di un corso
Titolo dell’esercizio: attraverso il labirinto della vita. Un esercizio del labirinto (corso pilota
austriaco)
Introduzione: In quanto esseri umani, poniamo attenzione agli affetti e colleghiamo i ricordi a
differenti argomenti o a oggetti; ne facciamo anche dei feticci. Una volta integrate nella nostra
biografia, queste cose contengono dei ricordi che possono essere portati in superfice: sentimenti,
pensieri, immagini, storie, ricordi sensuali…Esse portano alla luce ricordi positivi e negativi.
L’esercizio intende rendere visibile momenti di vita attraverso degli oggetti a cui teniamo in
particolare.
Durata (min/max): I partecipanti sono invitati a portare da casa alcuni oggetti legati a delle
esperienze di apprendimento fatte durante le propria vita (da tre a cinque oggetti). In relazione al
numero dei partecipanti e degli oggetti questa fase può durare almeno 30 minuti. Se i partecipanti
sono numerosi bisogna allora restringere il numero degli oggetti.
Attraversare il labirinto richiede almeno mezz’ora. È molto importante che i partecipanti abbiano
sufficiente tempo per attraversare il labirinto a un ritmo a loro congeniale. L’esercizio si conclude
con una riflessione di gruppo che può durare 20-30 minuti.
Qualcuno deve prima preparare il labirinto.
Gruppi di lavoro: Questo esercizio può essere fatto con tutti.
Descrizione: Fare in modo che tutti i partecipanti abbiano con sé il propri oggetti e le fotografie.
Invitare a presentarli di fronte al gruppo spiegando le ragioni della loro scelta. Immediatamente i
partecipanti iniziano a raccontare le loro esperienze e ricordi.
Prima di attraversare il labirinto, il facilitatore può leggere un testo sul concetto di labirinto simile a
quello riportato di seguito. La persona che attraversa il labirinto ripercorre la sua vita a ritroso fino
alla nascita. È importante fare l’esercizio lentamente e con la possibilità di riflettere. Potrebbe
essere utile una musica dolce in sottofondo. I partecipanti si muovono al proprio ritmo e prendono
tutto il tempo di cui hanno bisogno. Il facilitatore deve fare in modo che i partecipanti si seguano
l’un l’altro lasciando lo spazio necessario tra di loro. Ognuno deposita l’oggetto in modo
cronologico lungo il labirinto nel luogo reputato migliore. Possono anche fermarsi davanti a oggetti
lasciati da altri ed eventualmente ricordare situazioni simili o differenti con emozioni positive o
negative. Dopo aver raggiunto il centro del labirinto, il partecipante fa il viaggio a ritroso fino alla
vita attuale.
Al termine ognuno riflette su: come hai scelto gli oggetti o le foto? Come descriveresti i tuoi ricordi
e come hai visto gli oggetti lasciati dagli altri? Cosa hai sentito attraversando il labirinto, lasciando
gli oggetti e pensato vedendo gli altri nel cammino? Cosa hai provato al centro e sulla via del
ritorno? La discussione di gruppo conclude l’esercizio.
Testo del viaggio nel labirinto della vita: “Il mio viaggio nel labirinto della mia vita. Ritorno all’inizio
della mia vita, forse questo è lo scopo, chissà. Mi fermo dove voglio, mi guardo intorno, guardo
davanti e indietro. Sento o penso in quale posto del labirinto i miei oggetti dovrebbero stare. Cerco
il posto migliore. Quando lo trovo, allora deposito i miei oggetti”.
59
Lentamente vado fino al centro; mi fermo il tempo necessario. Poi ritorno, il percorso mi porta
all’inizio oppure allo scopo della mia vita. Strada facendo raccolgo gli oggetti e naturalmente mi
posso fermare davanti agli oggetti lasciati dagli altri. Esco dal labirinto con i miei oggetti portando
con me anche il tesoro dei miei ricordi”.
Setting formativo: Ognuno spiega il significato dei propri oggetti e il perché li ha scelti. Solitamente
è piacevole ascoltare le storie degli oggetti. Si colgono le visioni più profonde a volte anche
sorprendenti. Se il gruppo è numeroso è bene dividerlo in due, altrimenti la presentazione degli
oggetti prende troppo tempo.
Materiali: Il facilitatore deve avvisare in anticipo i partecipanti di portare oggetti o fotografie usando
domande guida quali: “Quale oggetto rappresenta la condizione di apprendimento continuo? Quale
mi ricorda qualcosa di nuovo nella mia vita, quando devo affrontare una nuova situazione, per
esempio, andare in una nuova scuola, iniziare un nuovo lavoro, un nuovo viaggio, entrare in un
nuovo ambiente?”.
Si possono usare dei labirinti già fatti (ad esempio in Tirolo vi sono dei labirinti naturali, vedi
www.labyrint.at/labyrinthe-Tirol.php); oppure costruire un labirinto in un giardino, con dei sassi,
pezzi di legno, trace sulla neve…; si può anche costruire un labirinto in una grande sala
tracciandolo con dei fili …
Come costruire un labirinto: www.labyrintbuilders.co.uk about_labyrinths/labyrinth_building.html.
Risultati: I partecipanti usano degli oggetti o delle fotografie per ritrovare dei ricordi. A casa devono
pensare a cosa prendere; per cui brevemente riflettono, prima di partecipare all’esercizio di
gruppo, sugli oggetti da presentare, e quindi, sulle storie da raccontare. Discutere con gli altri e
sentire le loro storie aiuta ad attivare i ricordi. Nel percorrere il labirinto si può decidere dove e
come farlo. Si può quindi controllare la profondità dei propri ricordi. Il facilitatore può riconoscere
quanto i partecipanti vanno a fondo nella memoria, proprio per l’aspetto meditativo dell’esercizio.
Strumenti di valutazione: Tutti gli esercizi che stimolano i ricordi dovrebbero terminare con una
riflessione e una valutazione personale: cosa è stato determinante per la scelta degli oggetti a
casa? E nel presentarli al gruppo? Ascoltando le storie degli altri? E nel percorrere il labirinto e
lasciare i miei oggetti nei posti scelti? Nel vedere gli oggetti degli altri? Qual è stato il pensiero al
centro del labirinto e al ritorno? C’è qualche cosa che ho imparato (per il futuro)?
Dopo le riflessioni personali occorre programmare una discussione di gruppo. Questo scambio
potrebbe essere guidato da una domanda del tipo: quale riflessione vorrei condividere con il
gruppo?
60
CAPITOLO 5
COSA BISOGNA PRENDERE IN CONSIDERAZIONE QUANDO
SI LAVORA CON DIFFERENTI GRUPPI IN DIVERSI PAESI
Adattamenti: il corso pilota di Roma
di Welly MargueriteLottin e Paolo Raimondi, Griot
Griot lavora soprattutto con migranti, con rappresentanti di organizzazioni migranti e con operatori
sociali strettamente coinvolti in questioni e problemi di vita legati alla migrazione. Non soltanto con
cittadini africani, ma con persone che provengono da tutti i continenti. D’altra parte il presidente di
Griot è un membro eletto della Consulta dei cittadini stranieri del Comune di Roma e lavora con
tutte le comunità presenti nella Regione Lazio.
In altre parole Griot non collabora soltanto con persone migranti, ma i leader di Griot sono essi
stessi migranti.
È per questo che noi dobbiamo essere capaci di creare una giusta combinazione di cittadini locali
e stranieri che abbiano differenti qualificazioni professionali. In primo luogo i nostri migranti sono
dei mediatori culturali che lavorano in differenti campi dell’educazione, della sanità e della cultura e
nelle loro comunità. Sono ambasciatori culturali dei loro paesi di origine.
Una delle maggiori difficoltà è quella di coinvolgere queste persone in attività di integrazione
poiché molti non comprendono immediatamente la ragione emotiva di questo coinvolgimento. Griot
va verso di loro, partecipa nelle attività culturali delle differenti comunità e presenta loro proprio la
figura del griot, il cantastorie africano, per superare tabù, diffidenze e apatia. Il primo passo più
importante è di creare un clima di fiducia nella vita quotidiana e di ristabilire un rapporto positivo
con il passato, con le origini, con le proprie radici culturali.
Questo processo aiuta a creare una rete di contatti in particolare attraverso un tamtam informativo.
Per raggiungere questo scopo non bastano i volantini o i messaggi via e-mail, ma serve soprattutto
una comunicazione diretta, da persona a persona. In questo modo i contatti vedono che possono
stabilire nuovi rapporti e possono trasmettere la loro cultura ad altri. Per riuscire a portare un
contatto ad agire bisogna che capisca cosa questa partecipazione porti alla sua vita e alla sua
comunità. Per questa ragione è importante e indispensabile trovare un posto in comune dove c’è
qualche cosa da condividere con gli altri. Il cibo è qualcosa che crea legame tra differenti comunità
e aiuta a legare le persone tra loro. Piccoli oggetti tradizionali possono aiutare in questo processo.
In tali situazioni i migranti cercano di parlare italiano per comunicare con gli altri. Ad esempio, tutti
usano il riso in cucina oppure si usa il peperoncino anche per questioni di salute.
Un altro aiuto significativo può venire dalla musica. È molto importante, infatti, avere delle musiche
o delle canzoni di tutte le comunità che partecipano ad un corso o ad un incontro perché con
questi semplici mezzi si aiuta a creare una situazione più rilassata e di fiducia. Con la musica le
persone si sentono più libere di parlare delle loro origini e delle loro storie di vita.
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È rilevante, per esempio, tenersi per mano in cerchio all’inizio di ogni incontro così da creare
immediatamente un senso di pace e di comunità.
Un altro momento importante è quello di organizzare il pranzo o la cena tutti insieme, seduti
intorno a un tavolo, ascoltando le storie degli altri e scambiando idee. Ciò aiuta a creare un
ambiente familiare che è essenziale per stabilire un feeling di amicizia con i migranti. Un’alternativa
è quella di avere un grande piatto ripieno di cibo da cui ognuno può prendere la sua parte da
mangiare, dividendolo con correttezza.
Abbiamo visto che in simili gruppi è importante invitare i partecipanti a portare qualche piccolo
oggetto preparato da loro stessi. È un modo per personalizzare immediatamente i rapporti e per
renderli più profondi.
Un adattamento del corso TBT per i nostri contesti è stato anche quello relativo alla durata delle
sessioni. Abbiamo visto che organizzare un corso pilota in due sessioni ciascuna di due giorni,
tenute con una significativa distanza di tempo tra loro, potrebbe essere controproducente e non
funzionare al meglio. Non si tratta di mancanza di interesse. Ma la vita reale dei migranti è così
piena di imprevisti e di sviluppi che ne cambiano il percorso. Con effetti anche sulla partecipazione
ai corsi. La soluzione migliore è quella di organizzare dei weekend lunghi (da venerdì pomeriggio a
domenica sera) eventualmente fuori dalla città di residenza e in un simpatico posto di campagna
dove le persone si possono sentire libere, lontane dalla routine quotidiana e più aperte ad
apprendere nuove cose e nuove idee.
Adattamenti: il corso pilota turco
Hüsey in Gül, Songül Sallan Gül, Eylem Kaya, SDU
Nel corso pilota tenuto all’Università Seleyman Demirel hanno partecipato studenti e neo-laureati
selezionati da una rosa di circa 600 candidati in rappresentanza di genere e di tutte le varie etnie,
religioni, ideologie, nazionalità presenti in Turchia. Inoltre, rappresentavano differenti stili di vita
con un retroterra personale o famigliare di migrazione interna o internazionale. I differenti contesti
culturali dei corsi pilota tenuti nei vari paesi sono stati un aspetto importante e unico dei lavori del
TBT. Per esempio, per selezionare i partecipanti sono stati usati questionari informativi biografici
sia dei singoli studenti sia delle loro famiglie. Tra i dati richiesti da questi formulari vi erano quelli
relativi al “reddito famigliare”, allo “stato di famiglia”, alla “dimensione della famiglia” e al “luogo di
residenza e di studio”. Simili domande avrebbero forse potuto suscitare reazioni differenti in altri
paesi coinvolti nel progetto Realize. Ad esempio, forse in Austria la domanda sul reddito potrebbe
essere percepita come troppo invasiva.
Nel questionario preparato per il corso pilota in Turchia abbiamo dovuto apportare dei cambiamenti
e delle aggiunte per renderlo più pertinente alle caratteristiche del contesto turco e del nostro
gruppo di lavoro. Inoltre abbiamo dedicato più tempo a parlare del background familiare come
parte dell’approccio del TBT. A questo scopo abbiamo utilizzato molti esercizi e tecniche
biografiche quali il genogramma, la mappa della città, il gioco dei nomi, le interviste con gli anziani
della famiglia, il gioco dei ricordi, ecc. Abbiamo anche analizzato le differenze e i contrasti
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transculturali nei background familiari, nelle caratteristiche culturali delle zone di origine dei
partecipanti, ecc.
Al fine di poter lavorare con tali metodi e metterli alla prova abbiamo cercato di selezionare
studenti con un ricco background familiare. La dimensione della famiglia è un aspetto importante in
Turchia perché varia molto da regione a regione. Per esempio, una famiglia curda del sud-est della
Turchia può contare dieci o più membri, mentre una famiglia della parte turca occidentale è
solitamente formata da tre o quattro membri. Domande come “dove vive uno studente” oppure se
“lo studente è sposato o ha una fidanzata o un compagno” sono importanti per capire lo stile di vita
e la cultura. Per esempio, molti vivono in case dello studente gestite da enti religiosi e tali studenti
hanno atteggiamenti differenti rispetto alla convivenza con l’amica o con l’amico. Non è loro
permesso convivere come semplici fidanzati: devono essere sposati o ufficialmente impegnati.
Hanno anche differenti retroterra familiari, storie, redditi, orientamenti, religioni differenti, ecc.
Abbiamo pensato che la domanda sul reddito potesse aiutare a individuare la classe sociale dei
partecipanti. Per esempio, due studenti curdi con differenti redditi familiari molto probabilmente
affrontano le questioni transculturali in modo differente. In Turchia è normale inserire domande
riguardanti il reddito nei questionari. In ogni modo, abbiamo preferito impostare la domanda più
sulla scala economica, che direttamente sul reddito famigliare. Nel questionario è stato possibile
scegliere tra le seguenti risposte: povero, reddito basso, reddito medio e reddito alto. In questo
modo la domanda era forse meno invasiva e diretta. Simili domande sono state molto importanti
per permettere di selezionare i partecipanti in modo tale che il nostro corso potesse dare dei
risultati significativi. E abbiamo composto il questionario in modo tale da poter selezionare i
partecipanti in modo qualificato. Abbiamo pensato che porre delle domande abbastanza dirette
non rappresentasse un problema per il nostro lavoro.
Durante il corso abbiamo utilizzato alcune tecniche molto sensibili agli aspetti legati al contesto
culturale. Per esempio, durante il corso abbiamo scoperto che molti nomi dei partecipanti avevano
un legame e un significato religioso, culturale, storico, politico, ecc. E la cosa caratterizzava anche
il background culturale, ideologico e religioso della famiglia.
Inoltre, a causa di fattori culturali e religiosi, abbiamo notato che i partecipanti si sedevano vicini ad
altri delle stesso genere. Gli studenti maschi hanno preferito anche sedersi negli angoli della
stanza fatta a forma di ferro di cavallo, mentre le donne hanno preferito sedersi nelle area centrali
del ferro di cavallo.
Adattamenti: il corso pilota austriaco
di Annemarie Schweighofer-Brauer, FBI
Elisabeth Reiter e Manuela Schweigkofler, Haus der Begegnung
In Germania e in Austria il Lavoro Biografico è molto conosciuto e vi è un grande interesse sia da
un punto di vista privato sia professionale. Dai resoconti dei partecipanti del corso è risultato che
gli interessati non dedicano molto tempo agli esercizi biografici, ma vi partecipano più che
volentieri quando sono nei gruppi di lavoro. Quei partecipanti che hanno già usato i metodi
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biografici con persone coinvolte nei loro campi professionali hanno confermato che lavorare
intensamente in un gruppo con i metodi TBT apre decisamente nuove prospettive. In ogni caso i
metodi TBT devono essere strettamente collegati a delle situazioni concrete.
Adattamento del programma del corso al flusso di energia durante il corso
Poiché il TBT è un approccio qualitativo occorre saper orientarlo rispetto al flusso di energia delle
persone che lavorano insieme. Ad esempio, all’inizio della seconda parte del corso e tre mesi dopo
la prima parte, molti dei partecipanti sembravano essere stati coinvolti in esperienze,
preoccupazioni e incontri influenzati dal lavoro del corso. Alcuni di loro hanno confermato di essere
stati molto impegnati in intensi ripensamenti biografici insieme alle molte altre cose di vita
quotidiana. Il metodo TBT era stato molto efficace a livello personale e alcuni avevano provato a
introdurlo sul lavoro.
Il nostro piano originale era quello di raccogliere problematiche emerse tra la prima e la seconda
parte del corso e di discuterle all’inizio della seconda parte. I partecipanti hanno scritto su dei fogli
le loro riflessioni e le loro domande. I facilitatori hanno posto delle domande: quali delle questioni
scritte sui fogli sono per voi prioritarie? Con quale argomento vogliamo incominciare?
La risposta non è stata chiara: sembrava che nessun argomento riportato sui fogli riuscisse a
provocare vero interesse e partecipazione. La reazione è stata la stessa anche quando abbiamo
scelto uno degli argomenti.
I formatori hanno allora deciso di cambiare il programma dei lavori e di introdurre subito un
esercizio programmato per il giorno dopo e cioè il lavoro biografico con la musica. Noi ci
aspettavamo che questo esercizio potesse riportare i partecipanti a guardare al loro microcosmo, a
ricordare e a raccontare le loro esperienze e al contempo a infondere più allegria e passione. E ha
funzionato!
Adattamenti degli esercizi TBT a differenti gruppi di beneficiari
All’inizio del corso i partecipanti avevano espresso il desiderio di imparare dei metodi da applicare
con altre persone nei loro rispettivi campi professionali, con persone disoccupate, con anziani e
donne migranti e in terapie psicologiche con migranti.
I partecipanti avevano dichiarato che il metodo TBW era molto efficace e offriva utili strumenti di
lavoro e che bisognava metterlo alla prova direttamente per misurarne l’efficacia. Anche le persone
esperte in terapia psicologica convenivano che il metodo poteva essere molto utile nella terapia.
Al fine di utilizzare il metodo TBT nella terapia è necessario creare un ambiente protetto per i
partecipanti e che essi vi partecipino in modo assolutamente volontario. È necessario avere tempo
a sufficienza e le condizioni di base devono essere rispettate. Questo significa che il metodo TBT
non è appropriato in situazioni di aperta crisi dove sentimenti forti di paura e di minaccia siano
prevalenti.
Una partecipante ha descritto il processo di adattamento di questo metodo in un cosiddetto
Women Café, un punto di incontro di donne migranti. Anche l’atmosfera di un caffè non garantisce
un ambiente protetto per gruppi di counselling o simili, per cui i partecipanti decisero di agire con la
64
massima responsabilità e di scegliere fino a che punto approfondire i loro ricordi. Hanno quindi
discusso alcune variazioni dei metodi sperimentati nel corso (alcuni di essi sono descritti nel
Capitolo 4 di questo manuale).
Il gioco delle biografie parziali potrebbe essere condotto in questo modo usando le domande
biografiche importanti a proposito dei partecipanti di differenti gruppi di lavoro. Ciò li aiuterebbe a
riflettere su certi aspetti della loro vita in modo più approfondito. Questo gioco potrebbe essere
usato per rafforzare lo scambio di esperienze in gruppi quali i Women Cafè o più generalmente
quando si volesse raccogliere idee e ricordi, per esempio con un gruppo di giovani che volesse
produrre un film o un pezzo teatrale. Nel lavoro con anziani il metodo potrebbe essere utile nei
circoli di scambio di ricordi.
È stato anche sperimentato l’esercizio del disegno da usare nel lavoro di counselling e terapeutico
simile a quello descritto nel capitolo 3 nel caso lituano. Si potrebbe sperimentare anche con gli
studenti, come metodo per avvicinare altre culture. Oppure con una variazione, ad esempio
usando altri materiali, come la lana, tessuti, oggetti e foto per disegnare un “percorso di vita”.
Nel nostro corso abbiamo anche sperimentato un esercizio biografico musicale che ha stimolato
moltissimo i ricordi e il loro racconto nel gruppo. I partecipanti hanno scelto una canzone o un
pezzo musicale di grande significato in un momento particolare della loro vita. Nell’intero gruppo o
nei sotto-gruppi si può combinare il racconto con l’ascolto della canzone. In questo modo la musica
di un partecipante al sotto-gruppo potrebbe stimolare la memoria di un altro partecipante. I
partecipanti hanno confermato che l’effetto del lavoro biografico con la musica è molto forte e
necessita di un ambiente protetto per poterlo sperimentare. La musica arriva alle emozioni in un
modo più diretto, va più a fondo delle parole e può avere un effetto sul proprio autocontrollo. È
consigliabile usare questo metodo con persone che hanno già un’esperienza in processi di auto
riflessione e auto esplorazione.
Già adesso la musica è molto utilizzata nella cura degli anziani per collegare le esperienze della
vita e la perdita precoce di memoria.
Adattamenti: il corso pilota lituano
di Irena Zemaitaityte, Sarmite Mikulioniene, Leta Dromantiene, MRU
Come parte degli impegni stabiliti tra i partner del progetto Realize abbiamo organizzato due
seminari sul metodo TBT il 16-17 settembre e l’11 novembre 2011 con la presenza di 15
partecipanti. Hanno partecipato collaboratori attivi dell’Università Mykolas Romeris, tra i quali
operatori sociali dei Day Centre, studenti del master di Gerontologia Sociale, professori delle
scuole superiori e specialisti in scienze dell’educazione. Per il nostro corso avevamo concordato di
non invitare i diretti beneficiari, cioè i rappresentanti delle organizzazioni di migranti, disoccupati e
cittadini soggetti a condizioni di esclusione, bensì operatori sociali, specialisti dell’educazione e
futuri operatori sociali (studenti) che avrebbero potuto usare il metodo TBT nelle loro professioni
future.
65
In Lituania non vi è stata una particolare selezione poiché gli inviti sono stati ricevuti con grande
interesse subito seguiti da conferme e iscrizioni.
I corsi si sono svolti con tranquillità. Tutti i partecipanti sono stati attivamente presenti con le loro
esperienze e con la loro voglia di condividerle con gli altri. Il gruppo ha saputo mettere insieme
insegnanti e studenti. Gli stessi partecipanti hanno notato che l’atmosfera informale dei seminari
ha fatto superare le distanze tra di loro solitamente presenti negli incontri formali.
Alla fine del corso le riflessioni fatte sono state molto interessanti, amichevoli, calde, piacevoli:

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

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“Mi sono sentita sollevata. Ho compreso che molto lavoro era stato fatto in precedenza. Ma
adesso voglio fermarmi e apprezzare il momento. Quando siamo insieme impariamo a
conoscere gli altri e l’ambiente, ma soprattutto impariamo a conoscere noi stessi. Se
impariamo a conoscerci, poi, è più facile conoscere anche gli altri..”.
“Ho capito che il processo di auto esplorazione non finisce mai..”.
“Mi sento molto bene. Scambi creativi aiutano a conoscerci meglio..”.
Molti hanno sottolineato di aver imparato ad essere più tolleranti e l’importanza di condividere
con gli altri le proprie esperienze:
“Ho imparato ad essere più tollerante con gli altri poiché ognuno, al di fuori di me, è
immediatamente diverso da me. Ho imparato ad ascoltare gli altri e che un’opinione differente
non è necessariamente sbagliata!”.
“Ho imparato ad aprirmi ad una persona estranea senza sentirmi in pericolo. Questa
esperienza mi potrà aiutare a comunicare con i colleghi, in famiglia e con altre persone che
non conosco bene..”.
“Una crescita personale… è stato piacevole, interessante e molto significativo poter scambiare
le proprie esperienze”.
Molti partecipanti hanno notato che durante il corso hanno goduto di pause di tempo per riflettere,
cosa che nella vita quotidiana è difficile fare:



“Ho scoperto cose importanti nella mia vita. Ho provato a fermarmi mentre solitamente la vita
scorre senza pausa...”.
“Per la mia crescita personale è stato importante fermarmi, ascoltare, accettare le mie
esperienze positive e valutarle…”.
“Penso che sia un metodo che può fermare il tempo, può far guardare in se stessi e allo stesso
tempo aiuta a comprendere gli altri...”.
Nel lavoro di analisi sui possibili campi di applicazione dei metodi biografici transculturali, i
partecipanti hanno riconosciuto che i lituani sono molto reticenti ad aprirsi in un gruppo di persone
nuove. Gli anni della transizione hanno creato un sentimento di stress per cui non c’è voglia di
fermarsi e si ha paura di esprimersi in pubblico. I partecipanti hanno anche sottolineato
l’importanza di sperimentare il metodo con i giovani che sono la generazione del futuro che dovrà
confrontarsi con nuove incomprensioni e problemi.

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
“È importante notare la “freddezza” dei lituani, la paura di aprirsi…”
“Le persone devono essere incoraggiate a trovare dei momenti di pausa e a prendere distanza
dal continuo rincorrere risultati e attività incessanti…”
“Penso che questo metodo debba essere usato ampiamente e in particolare con i bambini e i
giovani. Saranno loro che dovranno confrontarsi con nuovi conflitti e problemi collegati alle
differenze culturali”.
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Specificità del ciclo formativo realizzato in Svizzera
Giorgio Comi, Manuela Carboni, Labor Transfer e Francesca di Nardo, Federazione Svizzera per
l’Educazione degli Adulti
Formatori degli adulti
“Solo apparentemente l’autobiografia è una narrazione privata: in realtà essa è lo
specchio di eventi condivisi con altri.” (Demetrio, Duccio [1994] Apprendere nelle
organizzazioni. Proposte per la crescita cognitiva in età adulta, Roma)
Il pubblico di riferimento della formazione organizzata in Svizzera era diversificato:
formatrici di disoccupati, formatori di formatori, assistenti sociali, formatrici di genitori, formatori di
insegnanti, operatori della validazione degli apprendimenti esperienziali.
Gli esercizi e il percorso sono stati ridefiniti per rispondere alle aspettative del pubblico specifico.
Inoltre, la specifica esperienza di Labor Transfer ha permesso di integrare due strategie importanti
nella formazione di adulti e di formatori: la didattica per situazioni (Situated learning) e l’approccio
maieutico (Reciprocal maieutic approach). Con questi due elementi didattici si sono costruiti circa
15 esempi di attività centrata sulle TBT:
Ogni esercizio prende spunto da una breve esperienza.
L’attività si sviluppa con gli elementi delle TBT.
L’attività è arricchita con una discussione in merito ai comportamenti immaginati e agiti e sui valori
che stanno alla base del nostro modo di pensare e di agire.
I formatori desiderano capire quali sono i concetti e le teorie su cui poggia una strategia didattica.
Per questo nel seminario sono stati integrati momenti di teoria e di discussione sulla strategia
stessa. Il lavoro sulla propria biografia è pensato per ricostruire la storia dei propri apprendimenti e
dell’acquisizione di competenze, in situazioni precise. I concetti usati per rileggere la propria storia
sono anche da conoscere, perché possiamo leggere solo quello che le nostre teorie soggettive ci
permettono di leggere.
Le TBT e lo sviluppo della persona
La formazione proposta ha messo al centro il tema dell’autostima. Le TBT, come tutte le strategie
di formazione, possono essere utilizzate per raggiungere scopi diversi. I nostri workshop sono
sempre pensati per la formazione, l’orientamento e lo sviluppo dei partecipanti. Per questo anche
le TBT sono presentate e sperimentate come uno strumento che serve ai partecipanti per
riconoscere il proprio potenziale (stima di sé - Bandura). L’attività autobiografica svolta in gruppo
permette di riconoscere nelle parole degli altri e di condividere storie e riflessioni, in un contesto
sociale nel quale la persona è ascoltata e accompagnata. La condivisione di storie personali va
oltre il racconto per diventare un momento di scambio e di ricerca di un senso comune. Si tratta
dunque di aiutare i partecipanti a costruire un significato della loro storia – delle loro storie, che sia
condiviso. Per questo la discussione e la negoziazione sono parti centrali del metodo. Le TBT
permettono allora di rileggere anche la propria storia formativa e professionale, con uno sguardo
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più disponibile a ritrovare momenti e situazioni nei quali evidenziare conoscenze, abilità e attitudini:
competenze. Competenze da riprendere per progettare i prossimi passi, durante e dopo il
seminario stesso.
Le TBT inserite in altri percorsi
I partecipanti al corso lavorano in contesti diversi. Le TBT sono state presentate con due obiettivi:
Conoscere le specificità e il potenziale di una formazione autobiografica
Trovare le strategie d’uso di singoli esercizi da inserire nei propri corsi e con il proprio
pubblico.
L’esperienza personale ha permesso, a fine corso, di confrontare molte varianti e molti risultati
raggiunti. Le esperienze personali sono state svolte con giovani e adolescenti, con genitori, con
disoccupati, con migranti iscritti a corsi di lingua, con formatori. Ogni esperienza è stata presentata
e discussa. Ogni esercizio utilizzato è stato così arricchito di numerose varianti.
-
Il modello
L’organizzazione del lavoro prevede 1) dei momenti di conoscenza e di avvicinamento reciproco,
2) un seminario intensivo, 3) un periodo di sperimentazioni personali e 4) un momento di scambio
e di sintesi.
Le attività comuni servono per conoscere il metodo, per vivere un’esperienza di gruppo e per
preparare e poi valutare le esperienze personali. La strategia didattica favorisce inizialmente gli
esercizi di esplorazione della propria biografia con attività di descrizione, racconto e intervista. Poi
si lavora per evidenziare ed apprezzare le risorse, i progetti e gli obiettivi personali. Durante il
lavoro i partecipanti sono invitati a ripensare, raccontare e discutere situazioni collegate a vissuti e
a convinzioni personali. Se si è costruito un buon rapporto di fiducia nel gruppo, sono proposti
esercizi per l’evocazione di sensazioni e di sentimenti, e anche momenti di confronto basati su
narrazioni di situazioni transculturali.
Come usare i metodi biografici nel coaching e nel counselling
di Annemarie Schweighofer-Brauer, FBI Centre
I metodi descritti nei capitoli 2 e 3 (disegno pittura, modellismo, narrazione, scrittura, ecc.) possono
essere usati per il lavoro biografico nei processi di coaching e di counselling con migranti e in
ambiente transculturale. Anche l’intervista biografica (capitolo 2) e il genogramma (vedi sotto) sono
utilizzabili. I partecipanti ai corsi possono anche essere sollecitati a raccogliere un album o un
diario di storie di vita.
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Il lavoro con il genogramma
Il genogramma proviene dal lavoro terapeutico familiare e serve a tracciare dei comportamenti
nella famiglia. Contiene informazioni sui membri della famiglia e i loro rapporti per almeno tre
generazioni. Può aiutare a fornire un quadro sui comportamenti ereditari e psicologici nei rapporti
attuali, nei processi decisionali e nei comportamenti quotidiani. È usato in parecchi contesti come
nella medicina, nella psichiatria, nella psicologia, nel lavoro sociale e nell’educazione.
Esso usa simboli per i differenti generi e li unisce con delle linee per visualizzare il tipo di rapporto.
Linee orizzontali indicano rapporti di matrimonio, mentre quelli verticali sono per la discendenza.
Si fa riferimento a http://en.wikipedia.org/wiki/Genogram; (6.6.2011) per una spiegazione sui
simboli usati.
Occorre indicare il nome della persona con la data di nascita e di morte. Colori differenti possono
essere usati per indicare i rapporti familiari, emotivi e sociali.
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Usando le TBT con i migranti si possono annotare i paesi di origine e di arrivo, l’appartenenza a
differenti classi sociali, orientamento sessuale (ed eventuali cambiamenti), appartenenza religiosa
ma anche malattie, inabilità ed esperienze traumatiche.
Il genogramma può fornire molte informazioni sul passato di un individuo, sui suoi rapporti familiari,
ma può visualizzare anche i rapporti sociali al di fuori della famiglia.
Può essere usato da un esperto in coaching/counselling per chiarire i rapporti familiari di una
persona. Aiuta a capire dei processi che non sono auto evidenti. Esso può essere prodotto
direttamente da un partecipante oppure dal docente insieme al partecipante di un corso. Può
anche aiutare il partecipante a esplorare la sua situazione e a raccogliere informazioni biografiche
così da renderlo più consapevole dei fattori che influenzano la sua vita attuale e più capace di
prendere le necessarie decisioni.
Il processo di creazione del genogramma può essere continuo, arricchendo il lavoro di ricerca,
parlando con gli anziani della famiglia, ricercando nuove fonti, storie di famiglia, fotografie e
ponendo sempre più domande. Può fornire la corretta giustificazione per raccogliere storie di vita
tra i membri della famiglia che altrimenti non le avrebbero mai socializzate. Esso può anche fornire
maggiori informazioni sulle radici dei paesi di origine dei migranti.
Il genogramma è utile per tutte le professioni in campo sociale, “per visualizzare le complesse
interrelazioni fra gli individui e per studiare tendenze nei comportamenti e nelle malattie.”
(http://en.wikipedia.org/wiki/Genogram; (8.3.2011). Ci sono anche dei software che aiutano a
integrare i dati. Suggeriamo anche di consultare Mc Goldrick, 2009.
L’album e il diario di vita
Nel processo di counselling i partecipanti possono essere incoraggiati a preparare un album o un
diario di vita. Può contenere tante cose come il curriculum vitae, fotografie, disegni, testi che si
riferiscono a eventi o ricordi, lettere o poesie, oltre a sogni e a interviste con i membri di famiglia.
Può anche contenere riflessioni più recenti proprio sul processo di counselling. Vedi anche
Lattschar/Wieman, 2007.
70
CAPITOLO 6
PROBLEMI E LIMITI DELLE TBT E COME GESTIRLI
Hüseyin Gül– Süleyman Demirel University, con il contributo dei partner del progetto Realize
Problemi sul concetto di transculturalità
- Il concetto di transculturalità è stato considerato “eurocentrico” dai partecipanti al corso pilota in
Austria e Turchia, perché basato su un discorso occidentale;
- Le reti di comunicazione per accelerare la transculturalità non sono accessibili alle persone di
tutto il mondo;
- La transculturalità intesa come “fare cultura” aiuta a capire le altre culture come in un processo
continuo. “Fare cultura” non è, però, un’attività completamente libera. Essa produce ingiustizie,
ineguaglianze e gerarchie. Comunque, la transculturalità promuove l’uguaglianza in contrasto a
concetti che rappresentano la cultura come “un puzzle di identità frammentate”.
- A volte nei corsi pilota, o negli altri corsi organizzati, è difficile che diverse condizioni socioeconomiche e legali (per i migranti) possano bloccare il dialogo e uno scambio aperto di
esperienze.
Problemi su come e dove applicare le TBT
-
La prima preoccupazione collegata all’uso delle TBT è che esse possono rievocare
situazioni spiacevoli, spesso traumatiche; esperienze contrassegnate dalla paura e dal
dolore. È opportuno sapere che potrebbe essere difficile controllare e gestire questi casi.
-
Per evitare di stressare la mente, dovrebbero essere organizzati degli esercizi che aiutino a
ricordare esperienze o eventi del passato positivi. Si suggerisce di creare un ambiente di
lavoro (per lo studio/corso sulle TBT) favorevole e gradevole così da rilassare i partecipanti
e infondere energia positiva. A questo scopo, è anche importante che la partecipazione al
corso sia volontaria.
-
Un partecipante psicoterapeuta, che ha seguito il pilota in Austria, sostiene che nel caso
dovessero affiorare ricordi dolorosi o traumatici, potrebbe essere di aiuto: 1) Riportare
velocemente l’attenzione del partecipante al presente; 2) Concentrarsi subito sui sentimenti
positivi del partecipante prima che il trauma prenda il sopravvento; 3) Fare domande per riorientare il percorso; 4) Chiedere un parere professionale a uno psicoterapeuta in casi di
trauma.
-
Inoltre, secondo i partecipanti allo studio pilota austriaco: 1) È utile imparare, passo dopo
passo, a gestire eventi traumatici e apprezzare quello che si è capaci di fare in questi casi;
2) Bisognerebbe avere fiducia nelle capacità di sopravvivenza delle persone.
71
-
Le espressioni emotive delle persone non devono intimidire (es., il pianto, la tristezza, il
dolore …)
-
L’approccio autobiografico si basa su tecniche diverse che richiedono la condivisione in
gruppo di esperienze di vita e informazioni personali. Pertanto, è indispensabile il rispetto
della riservatezza.
-
Per favorire lo scambio di informazioni personali durante i seminari sulle TBT, è opportuno
che il formatore dedichi il tempo necessario alla spiegazione delle logiche di fondo
dell’approccio biografico. In questo modo, le persone cominciano a familiarizzare con le
tecniche e le attività da implementare; sviluppano un senso di empatia e un atteggiamento
di apertura verso opinioni diverse, differenze etniche, religiose e culturali. Uno spazio di
fiducia reciproca è creato, dove esprimere i propri ricordi ed esperienze personali. Si
consiglia di evitare la partecipazione al corso a nuovi membri quando il processo è stato già
avviato. Le attività richiedono un ambiente protetto e la condivisione in piccoli gruppi.
-
È importante avere a disposizione spazio e tempo adeguato per l’ascolto, l’elaborazione, la
rielaborazione e la riflessione personale per praticare le TBT, in base alle attività
programmate.
-
I partecipanti potrebbero esitare a partecipare alle attività sulle TBT, perché si sentono
giudicati dagli altri del gruppo.
-
Prima che il seminario cominci, occorre chiarire i suoi obiettivi e contenuti ai partecipanti
per ottenere il loro consenso. Si consideri che questi, almeno inizialmente, possono
mostrarsi scoraggiati e riluttanti di fronte alla richiesta di parlare di fatti privati.
-
Le attività sulle TBT accrescono la consapevolezza di sé e del proprio passato. Tutte le
attività proposte e gli argomenti trattati richiedono sensibilità, aiutando le persone a sentirsi
parte del gruppo. Il formatore deve proteggere il gruppo da errate interpretazioni
psicologiche sugli obiettivi e sulle attività di TBT.
-
Le attività proposte attraverso i corsi pilota devono essere adattate di volta in volta in base
alle caratteristiche dei membri del gruppo (età, grado di istruzione … ). Pertanto, non è
appropriato utilizzare un approccio unico e statico.
-
Specialmente durante l’applicazione del metodo TBT in Lituania, è stato opportuno invitare
i partecipanti a rilassarsi e a prendersi il tempo necessario per riflettere. Spesso, infatti,
accade che le persone, soprattutto più adulte, mostrino insofferenza verso la riflessione e
chiedano un approccio formativo più dinamico. Ma quasi sempre alla fine del corso, dopo
aver sperimentato le TBT, tutti riconoscono l’importanza di avere del tempo a disposizione
e apprezzano il senso di pace e felicità che viene con la riflessione.
-
È sconsigliato organizzare corsi pilota in due sessioni a lunga distanza tra loro (es. un
mese). I partecipanti potrebbero perdere interesse o non avere la possibilità di partecipare
alla seconda fase dello studio. Ciò è vero in particolare per i migranti le cui vite sono
soggette a profondi e frequenti cambiamenti tali da ostacolare impegni futuri.
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-
In ogni caso sarebbe interessante organizzare un incontro finale per valutare l’impatto
dell’esperienza con le TBT sui partecipanti. L’incontro potrebbe essere organizzato pochi
mesi dopo il seminario.
Problemi sull’uso delle tecniche biografiche transculturali
Riguardo alle sfide e alle difficoltà nell’applicazione delle TBT, è utile ricordare che durante il corso
di formazione in Lituania e Turchia, quando si chiedeva ai partecipanti di rappresentare il loro
percorso di istruzione/formazione con un disegno, la loro prima reazione è stata: “Non sono
capace a disegnare; nessuno capirà nulla”. È stato, quindi, opportuno spiegare che l’esercizio non
intende testare le competenze artistiche della persona; il disegno è solo un metodo per entrare in
contatto con i propri ricordi. È come se le persone collegassero il termine “disegno” a
un’esperienza negativa, vissuta a scuola, quando realizzare un disegno senza seguire le istruzioni
dell’insegnante, ci esponeva a un giudizio negativo e alla critica dei compagni di classe. Pertanto,
nell’applicazione del metodo visivo, è consigliato sostituire il verbo “disegnare” con quello di
“visualizzare”.
È importante che i partecipanti conoscano e capiscano bene il concetto di TBT prima di applicarle.
È compito del formatore spiegarle, una a una, all’inizio del processo di apprendimento per
migliorarne l’efficacia e accrescere la motivazione nei partecipanti.
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CAPITOLO 7
TECNICHE BIOGRAFICHE TRANSCULTURALI:
CONSIDERAZIONI DI BASE
di Annemarie Schweighofer-Brauer con il contributo dei partner del progetto Realize
Istituto FBI
Le tecniche biografiche sono una metodologia per lavorare con persone nel campo dell’assistenza
agli anziani, dell’educazione degli adulti, del counselling, del coaching e della psicoterapia. La
transculturalità è una prospettiva che percepisce le culture come delle reti invece che come delle
entità separate.
Nella sezione che segue, parleremo delle TBT analizzando le loro origini e il loro sviluppo;
discuteremo dei concetti di “biograficità” e “transculturalità”, cercando di collegarli.
Fondamenta, radici e basi del concetto di TBT
Le radici delle tecniche biografiche
Per le tecniche biografiche possiamo individuare almeno tre radici:
1. Le tradizioni orali dei cantastorie – l’arte di tramandare ricordi personali, memorie delle
famiglie, delle comunità sociali e leggende. La narrazione trasferisce conoscenza sulla vita:
sui significati delle persone, della famiglia, della storia, della comunità, del senso della vita,
su come vivere e prendere decisioni.
2. I metodi biografici (psico)terapeutici. Metodi che sono applicati sin dall’inizio del XX secolo.
3. La ricerca biografica sin dal 1920. Infatti, la Storia Orale è diventata abbastanza popolare
tra le discipline storiche solo negli anni Sessanta.
“Il metodo biografico, nelle sue varie forme, è stato parte integrante della sociologia fin dai
tempi della scuola di Chicago, negli anni venti (Thomas e Znaniecki 1918-20). Negli anni
Ottanta e Novanta, sociologi e studenti di altre discipline hanno riscoperto un certo interesse
per il metodo biografico. Poiché le esperienze di vita di una persona sono le fondamenta del
suo processo educativo, è naturale che il metodo biografico sia usato anche nel campo
dell’educazione e della ricerca, specialmente nell’educazione degli adulti” (Antikainen,1998).
Il capitolo 8 di questo manuale propone le tradizioni dei cantastorie.
Gli psicoterapeuti lavorano sull’esplorazione biografica. Gli esercizi terapeutici sulla memoria
rendono consapevoli dei transfert. Supportano i pazienti a tracciare il loro percorso personale. Il
lavoro di memoria in terapia rende anche consapevoli delle risorse personali. Lo scopo è quello di
preparare un pensiero un modo di pensare, sentire e agire costruttivo.
La ricerca biografica è stata utilizzata nel campo degli studi etnologici, della ricerca sociale e della
Storia Orale. La teoria della ricerca biografica è spesso legata al post-strutturalismo che sostiene
l’inesistenza della verità storica (quello che è realmente accaduto). Sono il linguaggio, i racconti e
la memoria a creare una realtà. Questo è storicamente e personalmente/psicologicamente
significativo, perché è come le persone ricordano e percepiscono il loro passato e la realtà
presente che determina il loro modo di pensare, sentire, parlare, decidere e agire.
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Dagli anni Novanta sono stati sviluppati i concetti basati sulla biografia. In questo contesto, Peter
Alheit parlava di “Biograficità” (Alheit 1993; Alheit/Dausien 2000). La biograficità, come condizione
di vita dell’uomo, nasce con la post-modernità, quando la fede incondizionata nelle ideologie o
nelle relazioni comunemente accettate è andata persa. Oggi nelle società moderne coesistono
diversi credi, ideologie e stili di vita. Le persone devono solo decidere in che cosa credere e come
vivere. La nozione di biograficità esprime proprio questo imperativo. Allo stesso tempo la
“biograficità” è definita come uno strumento per arrivare alla consapevolezza personale e sociale;
un mezzo per crearsi un corso/stile di vita personale. E questo percorso deve essere in sintonia
con i gruppi sociali cui la persona è legata. La ricerca biografica sociale e storica lavora
principalmente con la narrazione come un metodo per raccogliere dati, informazioni. Mentre le TBT
applicate all’assistenza sociale, al coaching e all’educazione degli adulti applicano più metodi, oltre
a quello della narrazione, per accedere alla memoria personale.
Nelle scienze storiche, le biografie sono state sempre messe in risalto: storie di vita di famiglie e
persone potenti, di imperatori; successivamente anche di artisti e scienziati importanti e famosi, o
di persone le cui azioni si pensava potessero avere un forte impatto sulla società. Questa
storiografia biografica si basa prevalentemente su risorse scritte.
Il movimento della Storia Orale è nato sulla scia dei movimenti di protesta contro le strutture sociali
autoritarie e repressive. Durante gli anni settanta e ottanta l’intervista biografica è diventata il
metodo prioritario di produzione di risorse storiche. Gli storici hanno cominciato a incoraggiare la
scrittura di storie di persone ordinarie - lavoratori, contadini, manovalanza domestica e rurale; ma
anche l’esplorazione delle esperienze di persone ordinarie nel contesto dei regimi
nazionalsocialista e fascista. Le ricerche biografiche sono state condotte su vittime, complici e
opportunisti dei regimi politici totalitari e autoritari. Ancora, le storiche del femminismo usano le
interviste biografiche per documentare storie di donne altrimenti ignorate o oscurate dalle fonti
scritte. Le storie orali tentano di democratizzate la storia, nel senso che la storia di ogni essere
umano contribuisce a fare la storia collettiva.
Il sociologo inglese pioniere della Storia Orale, Paul Thompson, nato nel 1935, ha fondato, nel
1971, la Oral History Society e la rivista Oral History. Si è fatto ispirare e ha lavorato con importanti
storici della Storia Orale tedeschi e austriaci. Il loro principale obiettivo è stato quello di analizzare
il cambiamento della struttura delle famiglie operaie, in Europa, durante il XX secolo, attraverso
l’esplorazione dell’esperienza delle persone. Nel 1987, Paul Thompson, ha fondato la National Life
Story Collection presso il British Library National Sound Archive. Molto materiale è stato archiviato
qui, come risultato di ricerche condotte in differenti contesti sociali e geografici. Per esempio, nella
metà/fine degli anni Ottanta, in Tirolo è stato realizzato un progetto di ricerca sulle biografie dei
lavoratori operai, finanziato dall’Arbeiterkammer (la Camera del Lavoro: un’istituzione che tutela i
diritti dei lavoratori). Tutte le interviste registrate e le foto raccolte sono state archiviate presso
l’Arbeiterkammer, successivamente presso il dipartimento di storia dell’Università di Innsbruck.
In Germania, Lutz Niethammer, nato nel 1939, è stato uno dei più importanti ricercatori della Storia
Orale. Dal 1980 al 1994 ha rappresentato la Germania presso la Oral History Association. È uno
degli editori di BIOS, una rivista di ricerca biografica in Germania. Gabriele Rosenthal ha descritto
e teorizzato il modello dell’intervista biografica nel suo contesto di ricerca (Rosenthal, 1987). Il suo
studio si basa sul metodo dell’intervista biografica già proposta da Fritz Schütze, sociologo
tedesco, nella metà del 1970 (Schütze 1976).
Negli anni Ottanta, la Storia Orale era già applicata nell’educazione degli adulti. Le persone più
anziane condividevano in gruppo i propri ricordi in relazione a un argomento. Gli storici hanno
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seguito e accompagnato questi gruppi. Per esempio, studiosi della storia orale come Elisabeth
Wappelshammer, Ernst Blaumeiser, Ela Hornung, Margit Sturm o Eva Blimlinger hanno lavorato in
questo modo nelle scuole popolari di Ottakring. E già all’inizio degli anni Novanta descrivevano
questo approccio con le persone anziane come approccio biografico (Ertl. U. a. 1994).
I critici della ricerca narrativa sostengono che le persone non ricordano obiettivamente, ma
soggettivamente e selettivamente. I sostenitori della scienza biografica si difendono così: “Il nostro
scopo non è quello di scrivere la Verità; semplicemente cerchiamo di capire come le persone
creano e comprendono il loro ambiente sociale, il loro mondo. La comprensione delle persone
influenza le loro decisioni e azioni. Le decisioni e le azioni influenzano il processo storico e
sviluppano una realtà”. Gli storici orali, inoltre, affermano che neppure le risorse scritte sono
obiettive: sono selettive e sottoposte alle analisi critiche.
La pratica dell’intervista narrativa ha portato a conclusioni e riflessioni molto simili a quelle tratte
dall’applicazione delle tecniche biografiche, per esempio:
1- L’intervista genera un contatto stretto tra le due parti (intervistato/intervistatore).
2- L’esercizio della memoria produce effetti sull’intervistato. I narratori non possono essere
trattati come fonti scritte o materiali. Essi hanno la possibilità di reagire a ciò che gli
scienziati/storici dichiarano.
3- Le narrazioni avviano un processo di pensiero, una rivalutazione di vecchi ricordi. Esse
fanno riemergere memorie rimaste sepolte per lungo tempo e forzano quelle che sono state
represse. Le narrazioni seguono certe regole: “Gestaltschließungszwang” (forzare il
completamento del racconto), “Kondensierungszwang” (condensare la storia) e
“Detailierungszwang”(forzare i dettagli). Questo significa che la narrazione forza il narratore
ad arrivare alla fine del suo racconto, una volta iniziato, e a fornire alla storia dei dettagli
una densità tale da risultare plausibile e significativa.
La ricerca biografica intende scoprire le risposte a domande, quali: come le persone creano la
propria biografia all’interno di un certo gruppo sociale? Quali costruzioni e piani stanno seguendo?
Come conciliano il mondo reale, oggettivamente esistente, con le proprie interpretazioni
dell’ambiente che le circonda?
La storia orale, la sociologia narrativa, le scienze dell’educazione, ecc. puntano ad analizzare
eventi passati e presenti a partire dalle descrizioni e dalle interpretazioni delle persone
contemporanee: si chiede loro di esprimere le proprie riflessioni, in merito a un argomento, per
capire come il comportamento e il modo di agire ne sono influenzati. La ricerca biografica, in
questo senso, può essere concepita come un lavoro biografico collettivo. Essa ha contribuito a
creare nuovi percorsi per capire e analizzare la storia, esperienze ed eventi storici. La ricerca
biografica ha aiutato a portare a termine e, in alcuni casi, a iniziare processi di lavoro collettivi per
superare esperienze di, maggiore o minore, difficoltà collettiva.
La ricerca biografica e i suoi risultati sostengono l’approccio biografico nell’educazione degli adulti
e in altri contesti. Durante gli anni Novanta è stata molto usata anche per esplorare l’esperienza
dei migranti nei paesi europei.
Biograficità e transculturalità
L’approccio delle TBT richiama i concetti di biograficità (Alheit/Dausien 2000) e di transculturalità
(Welsh 1995). I due concetti si basano su analisi degli sviluppi storico-sociali e su ipotesi
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umanistiche molto simili. La biograficità si concentra sull’esperienza di vita degli individui. La
transculturalità sul cambiamento e la trasformazione attraverso la convergenza delle culture.
La moderna auto-biograficità
“Noi non viviamo normali biografie come hanno fatto i nostri nonni; noi abbiamo delle opzioni di
biografie o, più precisamente, delle “biografie fatte a mano”. Abbiamo l’opportunità di costruire le
nostre vite sulla base di modelli più variegati e assortiti rispetto a un tempo. E dobbiamo scegliere.
Siamo costretti a completare noi stessi perché senza questo “auto completamento” siamo
ovviamente nulla. Completare se stessi significa nient’altro che scegliere tra le possibilità offerte.
Senza scegliere non è possibile completarsi. Ma la meravigliosa scelta di “essere te stesso!”, allo
stesso tempo, rappresenta un’oscura minaccia. Cosa succederebbe se la scelta non funzionasse?
“Wir leben keine Normalbiografien mehr wie unsere Großeltern, wir haben Wahlbiografien, oder
genauer‚ Bastelbiografien’. Wir wählen aus einem immer größeren Sortiment an
Lebensmöglichkeiten, und wir müssen wählen. Wir sind gezwungen, uns selbst zu verwirklichen,
weil wir ohne diese‚Selbstverwirklichung’ augenscheinlich gar nichts sind. Und uns verwirklichen
heißt nichts anderes als auswählen lichkeiten. Wer keine Wahl hat, kann sich gar nicht selbst
verwirklichen. Wer sich dagegen verwirklichen muss, kann auf die Wahl nicht verzichten. Und die
wundervolle Chance ‚Sei du selbst! ’ ist zugleich eine finstere Drohung. Was ist, wenn mir das
nicht gelingt?”. Precht 2009, p. 293.
La teoria costruttivista sostiene che l’uomo costruisce il mondo già mentre lo percepisce. La nostra
percezione segue degli schemi abituali e generalmente inconsci: selezioniamo, valutiamo e
organizziamo gerarchicamente ciò che memorizziamo, ricordiamo e narriamo.
Le narrazioni biografiche possono essere analizzate per comprendere come le persone modellano
il loro mondo attraverso la percezione, il ricordo e la narrazione.
Le modalità di memorizzazione e narrazione variano con i cambiamenti storici. Nell’Europa
moderna, fin dall’Illuminismo, la concezione dell’essere umano è fortemente cambiata sulla scia
dei mutamenti sociali, economici e politici. L’individuo moderno ha delle opportunità per crearsi dei
percorsi biografici. Durante la seconda metà del ventesimo secolo la possibilità di operare delle
scelte si è poi trasformata nella necessità di dover decidere ogni singolo aspetto della vita –
almeno per le classi medio-alte dell’Occidente.
Oggi le persone devono battersi per crearsi una storia di vita, scegliere e prendere decisioni
autonomamente. Devono trovare il loro percorso selezionando le opportunità proposte. Ma la
verità è che esse non hanno la possibilità di “crearsi”; esse sono costrette a farlo. Alan Ehrenberg,
sociologo francese, sostiene che la psicoanalisi di Sigmund Freud risponde proprio ai bisogni delle
persone sorti nelle società del XIX e XX secolo caratterizzate dalla repressione delle emozioni e
dalla determinazione forzata dei percorsi di vita. La psicoanalisi curava la nevrosi, risultato della
repressione delle energie psichiche di base.
Alain Ehrenberg aggiunge che durante la seconda metà del XX secolo la nevrosi è stata sostituita
dalla depressione come reazione psichica, collettiva e dominante, ai problemi esistenziali la cui
origine è stata individuata nel continuo processo di individualizzazione dei consumatori, nella
mobilità della forza lavoro e dei consumatori, nella distruzione delle tradizioni e nella decostruzione
degli stili di vita. Alain Ehrenberg definisce la depressione come il risultato dell’aver sconfitto
77
l’illusione che tutto sarebbe possibile. Di conseguenza, nelle società capitaliste si tendono a
sostituire, e confondere, il senso di responsabilità personale con quello di autorealizzazione,
successo e fortuna – non più viste come una possibilità, ma come un dovere. Molti cadono così
nella depressione, perdita di interesse e dipendenza (Ehrenberg 2004).
Peter Alheit, come già citato, descrive la biograficità come una chiave di competenza della
modernità (http://www.abl-uni-goettingen.de/aktuell/Alheit_Biographi zitaet_Schluessel_Flensburg2006.pdf; [8.2.2011]).
Egli afferma che il nostro atteggiamento verso la biografia consiste nel fare programmi: facciamo
grandi piani per la nostra carriera professionale, ma programmiamo poco o nulla per il prossimo
week-end. Crediamo di poter gestire le nostre vite; conferiamo loro un senso disponendo di molte
possibilità, molte di più rispetto a quanto siamo capaci di realizzare! La nostra consapevolezza
pratica contiene questa conoscenza e offre un serbatoio per il processo di apprendimento –
“La nostra conoscenza segreta delle possibilità non – o non ancora – realizzate …”, “… le
possibilità che pensiamo di avere dentro di noi suggeriscono di limitare l’autonomia
biografica dell’agire …”.
(Alheit, http://www.abl-unigoettingen.de/aktuell/Alheit_Biographizitaet_Schluessel_
Flensburg-2006.pdf; [8.2.2011])
La conoscenza biografica, inoltre, permette di modificare la struttura della nostra esistenza. Tutto
l’apprendimento è apprendimento biografico, come suggerisce Alheit. Per la pratica pedagogica
questo significa motivare gli studenti e tutti gli allievi individualmente.
“L’idea di apprendimento biografico è strettamente connessa alla nozione di biograficità che
Alheit definisce come la “capacità nascosta” di guidare le nostre vite” (si veda Alheit, 1995,
p.61). L’idea di biograficità può essere erroneamente vista come un tentativo di irrompere
nella struttura dell’individuo distruggendola. Come Alheit spiega: “biograficità significa che
noi possiamo ridefinire di continuo – e dunque non distruggere - i contorni delle nostre vite
all’interno di specifici contesti in cui siamo (o siamo stati) collocati; contesti che
sperimentiamo come qualcosa di modellabile, di plasmabile. Nelle nostre biografie, non
possediamo la consapevolezza di tutte le opportunità “di poter essere”; ma all’interno della
cornice limitata in cui siamo strutturalmente collocati, abbiamo ancora la possibilità
considerevole di farcela.” (Alheit 1995, p.65). Per utilizzare la capacità – se così può
chiamarsi – della biograficità abbiamo bisogno di partecipare a un processo di
apprendimento che, a ben guardare, altro non è che l’apprendimento biografico (Alheit 195,
p.69). Alheit collega l’apprendimento biografico a “l’educazione degli adulti emancipatoria”.
Il compito principale di questa educazione è lo stesso del “coaching biografico” (ibid. p.68),
che prevede la scoperta congiunta, del formatore e del formando, delle opportunità
biografiche per modellare la propria esistenza sociale, professionale e politica più
autonomamente.” (ibid.). In altre parole: modellare la struttura della nostra condizione
sociale; fare in modo che le possibilità nascoste degli individui siano portate a galla e
sviluppate e che le vite “non vissute” possano finalmente essere vissute” (ibid.). Egli
sottolinea che la struttura portante di ogni processo educativo è la narrazione (ibid., p.69).
Inoltre, evidenzia l’importanza della comunicazione con gli altri che innesca … una nuova
dimensione di autoreferenzialità” (ibid.)” - Tedder/Biesta.
http://www.learninglives.org/papers/working_papers/WORKING%20PAPER% 207.pdf; p.
5/6 [14.2.2010]).
78
Sé e comunità – individuo interrelato
“Tutta la vita vera è un incontro” (“Alles wirkliche Leben ist Begegnung”. Martin Buber, Ich ind Du,
1923 – Reclam 1995, Nr. 9342) (“Encounteris an event or situation in which relation occurs”; Mark
K. Smith 2009, http://www.infed.org/thinkers/et-buber.htm; [24.1.2011]).
La filosofia dell’Illuminismo europeo era incredibilmente impegnata nella definizione del moderno
sé. Le trasformazioni economiche, politiche, sociali e ideologiche generarono in quella fase storica
una nuova consapevolezza della vita che deve essere appresa mentalmente.
Il cambiamento più grande – sperimentato prima da alcune classi sociali e professionali - fu la
distruzione inimmaginabile delle strutture della comunità, fino allora concepite come naturali e
divine. Nelle comunità tradizionali, l’individuo e la comunità/società non erano percepiti come
opposti: i compiti, le possibilità, i valori e la collocazione dell’individuo erano, più o meno,
predeterminati dalla classe di appartenenza. La trasformazione dei tempi moderni, invece, ha
messo in discussione l’ordine tradizionale della comunità. Lo stato e l’economia industriale
cominciarono a competere contro la tradizionale solidarietà delle comunità regionali.
La nascita degli stati moderni e delle economie industriali diede inizio a un processo di
smantellamento delle relazioni sociali tradizionali. Probabilmente lo strumento di maggiore
successo fu la creazione di un’ideologia che, durante il XIX secolo e il XX secolo, permise di
controllare/influenzare l’immaginazione delle persone e la loro autonomia di pensiero.
Conseguenza principale di questa ideologia è stata la nascita di stereotipi sul genere e sulle
relazioni tra generazioni. Lo smantellamento delle relazioni e della comunitaria generò la paura
collettiva di un individuo egoista, determinato nel raggiungimento del vantaggio personale a tutti i
costi e con tutti i mezzi. Questa paura ha influenzato la costruzione in Europa degli stereotipi di
genere borghesi: lo stereotipo maschile che enfatizzava la natura violenta, egoista e pericolosa
dell’individuo; lo stereotipo femminile che enfatizzava l’altruismo, la capacità di amare dell’essere
umano, vedendo nel matrimonio e nel nucleo familiare la possibilità di una comunità e
dell’umanizzazione della brutalità maschile (Kucklick 2008).
Si pensava che l’uomo fosse naturalmente pericoloso e che dovesse essere disciplinato dalla
donna o, più spesso, con un’educazione severa. Contro questa concezione, già durante il XIX
secolo e specialmente nel XX secolo, sorsero dei movimenti di riforma che teorizzavano
l’interdipendenza individuo/comunità e promuovevano un’educazione rispettosa e libera: che
offrisse spazio al talento e ai desideri dell’individuo. Società adulte potevano essere create
attraverso questa educazione pacifica. In Germania e in Austria, sociologi e psicologi svilupparono
una base per comprendere il processo di individualizzazione della modernità e cominciarono a
mettere in pratica il tipo di educazione promossa dal movimento di riforma. Tutto questo, però, fu
cancellato sotto il regime fascista e nazionalsocialista negli anni Trenta e Quaranta, quando molti
scienziati furono costretti a emigrare in Gran Bretagna e negli Stati Uniti dove continuarono a
portare avanti la loro idea di la psicologia umanistica. Questa fu molto sperimentata negli anni
Sessanta da gruppo di ricercatori tra cui figurava Ruth Cohn. Nata a Berlino da una famiglia di
ebrei assimilati, nel 1933 R. Cohn emigrò in Svizzera dove studiò psicoanalisi e più tardi cominciò
a lavorare come terapista negli USA. Lei sviluppò un approccio, basato sulla psicologia umanista
per lavorare in gruppo in contesti non-terapeutici come l’educazione per adulti. Il suo obiettivo
principale fu quello di capire come riconciliare l’individuo con il gruppo e con la comunità globale.
Si opponeva alla tendenza della psicologia individuale e della terapia di gruppo di “fare le tue
cose”, enfatizzando, invece, la necessità di considerare anche i comportamenti e i bisogni degli
79
altri. Ruth, ancora, cercava di bilanciare la realizzazione personale con il rispetto degli altri e
l’integrazione in gruppi, per lavorare insieme su uno specifico tema/argomento.
Ruth basò il suo approccio Theme Centred Interaction (TCI) – Interazione centrata sul tema - su
un modello di equilibrio tra IO-NOI-TEMA/OGGETTO. Tutti gli aspetti devono essere trattati
equamente nel processo di lavoro in un gruppo. Un gruppo di lavoro e di crescita, in questo senso,
dovrebbe essere come un piccolo pezzo di lievito per pasta che contamina gruppi sempre più
grandi e infine le società. L’approccio TCI fornisce un concetto per modellare le situazioni sociali.
La riconciliazione dell’individuo con la comunità è espressa attraverso tre assiomi che sono le basi
irriducibili del TCI:
-
-
Un essere umano è un’entità psichica e una parte dell’universo – autonomo e
interdipendente allo stesso tempo. L’autonomia di un individuo si espande quanto più
lui/lei è conscio dell’interdipendenza con tutti e tutto.
Tutti gli esseri viventi e la loro crescita meritano riverenza.
Una libera decisione può essere presa dentro e fuori dai confini. È possibile ampliare i
confini.
Comportamenti simili sono stati discussi in merito all’approccio biografico, nella scienza quanto
nell’educazione: le persone sono fondamentalmente collegate – l’autonomia può essere raggiunta
solo insieme all’interdipendenza.
Gli esseri umani adottano e interiorizzano i percorsi, le abitudini e le strutture di pensiero offerte
per poter funzionare mentalmente, psicologicamente e psichicamente. Essi sono assorbiti da un
continuo processo di aggiustamento di se stessi rispetto al mondo e del mondo rispetto a se stessi.
Più opzioni ci sono, più ampia sarà la possibilità di scelta di cui le persone dispongono; ma con le
possibilità crescono anche le responsabilità per le decisioni prese e per i loro risultati.
Gli studi di genere forniscono un’interpretazione del concetto di socializzazione come un processo
attivo e senza fine di adozione e rigetto dei ruoli di genere, di loro cambiamento e trasformazione.
Questa socializzazione di genere avviene all’interno di strutture sociali date, all’interno di confini
(che possono essere ampliati). Gli studi di genere usano il termine “fare genere”, “fare la
mascolinità” e “fare la femminilità” per evidenziare questo concetto. Il termine “fare” è stato poi
anche associato alla cultura: “fare cultura”.
Nei processi di socializzazione le persone reagiscono a ciò che apprendono, percepiscono e
sperimentano. Esse imparano all’interno delle relazioni; attivamente sviluppano risposte all’interno
delle loro reti sociali – attivamente, ma non necessariamente volontariamente o consciamente.
Esse, pertanto, non sono libere di decidere, agire, reagire come vogliono. La pratica continua di
alcuni modelli di comportamento fa si che questi affondino nell’inconscio, fino ad apparire naturali.
Questo è il caso di modelli, abitudini, manifestazioni che sono percepite come maschili, femminili o
di specifiche culture.
I contesti transculturali potrebbero offrire all’individuo molte possibilità di scelta, fino a confonderlo
e a sfidarlo a sviluppare una base mentale e psichica stabile per prendere decisioni – per trovare
criteri di selezione e modi dinamici per interpretate le percezioni e le esperienze. H. Eylem Kaya,
dall’Università Süleyman Demirel, ha realizzato una presentazione in Power Point
sull’apprendimento permanente. Questi i contenuti del suo lavoro:
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“Secondo Alheit e Dausien, il processo di apprendimento riflessivo non riguarda solo
l’individuo, ma dipende dalla comunicazione e dall’interazione con gli altri”.
Questo conduce al concetto di “socialità dell’apprendimento biografico”.
Questo rende visibile che l’apprendimento biografico e quello istituzionale sono sempre
interrelati.
Di contro, Alheit e Dausien argomentano che l’apprendimento all’interno e attraverso la
propria storia personale è … interattivo e socialmente strutturato, da un lato, ma che
esso segue anche la sua “specifica logica” che è generata dalla propria esperienza
specifica e biograficamente strutturata.
La struttura biografica non determina il processo di apprendimento ma … influenza in
maniera significativa il modo in cui una nuova esperienza è formata e “costruita in” un
processo di apprendimento biografico.
Alheit e Dausien mettono in guardia contro un’interpretazione individualistica di
apprendimento (auto)determinato.
“Troppo spesso, essi (i concetti sopra espressi) presumono un discente autonomo che
abbia una certa abilità riflessiva e strategica nella sua formazione e istruzione.
Questo modello si lascia sfuggire le diverse facce della riflessività biografica.
Qui il punto è che, sebbene i processi di apprendimento biografico operino in modi
(pre)determinati “essi ancora permettono esperienze inaspettate e trasformazioni
sorprendenti che in molti casi non sono previsti dai “discenti” stessi, o non sono
“compresi” fin dopo l’evento”.
Transculturalità
Persone con un passato migratorio spesso si trovano a dover gestire, nei paesi ospitanti, richieste
diverse e contraddittorie. In queste circostanze la stabilità della loro autoconsapevolezza è messa
alla prova. Ambienti transculturali rendono necessario bilanciare differenze, varietà e
contraddizioni, mentalmente ed emotivamente, nella vita di tutti i giorni. I migranti devono anche far
fronte a discriminazioni e al rischio di essere etichettati come “gli altri” che può avere ripercussioni
sulla comprensione dei sé.
La “migrazione”, secondo la comune percezione, è associata alla “cultura (nazionale)” o “all’etnia”.
In questo modo la cultura (anche l’etnia) si riferirebbe a una certa società o alla popolazione di un
paese. Persone che vengono da specifiche regioni, paesi, anche continenti, si fanno portatori delle
rispettive caratteristiche culturali/etniche. Disposizioni genetiche, peculiarità ambientali e sviluppo
celebrale si pensa possano creare specifiche culture. Simili opinioni popolari molto diffuse sono
contraddette dal concetto di transculturalità.
Quando i migranti giungono nella società di accoglienza non sono i rappresentanti di una cultura
data; piuttosto, sono i prodotti modellati dalle loro storie di vita passata; dalle loro esperienze e
possibilità per apprendere e scegliere; dalle loro interpretazioni di questa esperienza e dalle loro
concrete reti e interazioni sociali. Tutto questo si applica anche ai membri della società ospitante.
Il processo di socializzazione continua per tutta la vita. Anche per coloro che hanno già vissuto in
differenti ambienti e hanno già gestito il necessario equilibrio psichico e mentale, come nel caso di
molti turchi in Germania e Austria, che spesso si sono allontanati dai piccoli villaggi direttamente
verso le città tedesche e austriache.
81
Nel nuovo ambiente sociale i migranti potrebbero essere visti come appartenenti a una classe
sociale inferiore; percezione che offende i loro sentimenti e la loro reputazione. In questo caso
deve essere fatto un importante lavoro di mediazione: il senso di identità, autoconsapevolezza e
auto percezione devono essere adattati al nuovo contesto. In molti casi le persone riescono ad
affrontare questa sfida, controllando ansia e paura; in altri, falliscono perché non possiedono le
competenze necessarie o perché devono fronteggiare problemi insolubili nella nuova società.
Spesso il proprio passato deve confrontarsi anche con differenti stili di vita – specie nel caso dei
figli dei migranti. Questi devono trovare un equilibrio tra diverse norme e abitudini e, a volte,
rispondere a richieste contrastanti o contraddittorie. Può anche capitare di doversi battere con
latenti o aperte forme di discriminazione, svalutazioni, marginalizzazioni e denigrazioni.
Il filosofo tedesco Wolfgang Welsch nel 1997 ha proposto la teoria della società transculturale e ha
utilizzato il termine “transculturale”. (http://www.forum-interkultur.net/uploads/tx_textdb/28.pdf,
[3.2.2011]).
Il concetto di transculturalità si riferisce alla realtà contemporanea di superare le barriere
identitarie, contrariamente alla vecchia idea di cultura nazionale chiusa e omogenea. Esso
differisce anche dai concetti di interculturalità e multiculturalità. La transculturalità invita, infatti, a
superare l’opposizione “cultura propria” / “cultura straniera”.
Il concetto di interculturalità conserva questa opposizione, perché considera le culture come delle
“isole” e suggerisce semplicemente di mediare le conseguenze problematiche. Perseverare con
l’ipotesi di culture separate favorisce l’incapacità di comunicazione e la difficoltà di convivenza.
Welsch giudica il concetto di intercultura come una pura operazione estetica, non una soluzione
radicale; proprio come il concetto di multiculturalità. Anche la multiculturalità mantiene le culture
separate e omogenee e si domanda come possano vivere insieme all’interno di una società/paese.
Sostiene la tolleranza, l’accettazione e la risoluzione del conflitto, ma non offre una risposta e
un’interpretazione su come percepire l’eterogeneità culturale all’interno di gruppi culturalmente
definiti e come concepire la formazione di culture ibride.
Questa percezione di cultura riflette il concetto di individuo monadico di cui molto si è scritto
nell’ambito della trasformazione delle strutture sociali ed economiche del XVIII secolo. Gli individui
monadici non possono essere collegati tra loro; essi sono entità impermeabili come le culture
immaginate dall’intercultura e dalla multiculturalità, come descritto da Welsch.
Egli afferma che oggi le culture non sono più omogenee e separate. In realtà, non lo sono mai
state (Welsh fornisce anche esempi di ibridizzazioni nel passato). Ogni “cultura”, nel passato e nel
presente, non può essere definita fissa e stabile, solo se immortalata in un’immagine, colta in un
singolo momento, all’interno di questo processo senza fine di cambiamento, mescolamento,
adattamento e integrazione. Ogni incontro porta almeno alla confusione, riconsiderazione,
riflessione. Cambiamento e amalgamazione sono inevitabili.
Noi concordiamo con Welsch quando sostiene che, soprattutto nella seconda metà del XX secolo,
è apparsa una nuova forma di transculturalità:
“Le nuove forme di relazione sono una conseguenza dei processi migratori, allo stesso
modo della dipendenza e interdipendenza dei sistemi di comunicazione materiali e
immateriali e dell’economia a livello mondiale”- Welsch.
http://www2.uni-jena.de/welsch/Papers/transcultSociety.html; [3.2.2011]).
82
Questo concetto di transculturalità come descritto da Welsch coincide con il pensiero
de/costruttivista post-moderno: le culture moderne sono caratterizzate da una varietà di differenti
modi e stili di vita i cui confini possono essere valicati.
“In sostanza tutto è trans-culturalmente definito” (Welsch, http://www2.uni-jena.de/welsch
/Papers/transcultSociety.html; [3.2.2011]).
Seguendo questo ragionamento, il compito delle TBT non è trovare il modo di interconnettere le
persone di differenti culture, ma lavorare sull’irriducibile realtà di essere degli individui transculturali
e rendere le persone consapevoli di questo. Di conseguenza, la situazione dei migranti non può
essere adeguatamente compresa se si assume come struttura interpretativa esclusivamente il loro
background culturale e le loro caratteristiche culturali; deve essere esplorata anche la loro
esperienza personale, l’esperienza memorizzata, incastonata nell’esperienza collettiva di ambienti
ibridizzati.
Secondo Welsch, le culture si trovano ad affrontare gli stessi problemi perché ancora concepite
come totalmente differenti e separate. Ma oggi non c’è più un concetto di assoluto “proprio” e
assoluto “straniero”, di “cultura propria” e “cultura straniera”.
Approccio biografico e concetto di transculturalità
“Nulla di ciò che è stato nel passato non sarà contenuto nel futuro, nulla che è nel presente
non sarà anticipato anche nel passato. Dopotutto, non può essere detto di più su ciò che il
tempo significa per gli uomini. Questo dovrebbe essere abbastanza da non scambiare il
tempo per essere contro un’illusione futura. I tuoi bambini avranno ancora tempo per
raccontare tante storie: storie emozionanti, vivaci, di trasgressioni e libertà su popoli e
culture, tempi e spazi cui è consentito essere differenti gli uni dagli altri, ma solo perché
differente ed effimera è parte di questa grande narrazione che un tempo era chiamata “la
creazione”.
“Nichts von dem, was in der Vergangenheit war, wird in der Zukunftnicht enthalten sein,
nichts von dem, was in der Gegenwart ist, war in der Vergangenheit nicht auch
vorweggenommen. Mehr als das lässt sich über das, was Zeit für die Menschen ist, letztlich
nicht sagen. Dies sollte genug Gewicht haben, um Zeit zu sein nicht gegen eine illusionäre
Zukunft zu tauschen. Dann werden wir und unsere Kinder noch viele Geschichten erzählen:
spannende, bunte, verletzende und befreiende Geschichten über Menschen und Kulturen,
Zeiten und Räume, die sich voneinander unterscheiden dürfen und trotzdem, gerade in
ihrer Unterschiedlichkeit und dadurch Vergänglichkeit wegen, Teil jener großen Erzählung
sind, die früher einma ‚Schöpfung’ genannt wurde.” - Obrecht 2003, p.315.
Ai fini del lavoro biografico è importante considerare il fatto che la non accettazione o la negazione
di qualcosa di diverso – straniero – rispetto a noi è un sintomo di disprezzo verso “lo straniero
interiore” (lo straniero che è in noi). Le TBT intendono esplorare lo straniero interno per trovare il
modo di accettarlo:
“Dagli incontri con gli altri non emergono sempre e solo divergenze, ma anche dei punti di
contatto da carpire e collegare. Queste “opportunità” possono essere sviluppate ed estese
83
fino a modellare una nuova e comune forma di vita che include anche quelle “riserve” che
prima si pensava di non poter collegare. Estensioni di questo tipo rappresentano un
compito pesante oggi. Questo significa riaggiustare la nostra bussola interiore: spostare
l’attenzionedalla polarità io/straniero a quanto può esserci in comune e alle connessioni
quando si vivono situazioni straniere”.
Welsch, http://www2.uni-jena.de/welsch/Papers/transcult Society.html; [3.2.2011].
Una mente e una pratica transculturale non cancella le differenze, ma estende le possibilità di
comprensione reciproca. Approcciarsi alle persone considerandole “basicamente simili”, piuttosto
che “straniere” crea una percezione diversa.
Le TBT utilizzate con i migranti sono state basate sul concetto transculturale di percezione,
interpretazione e pratica.
Esse – specialmente se applicate in gruppi – incoraggiano la comprensione della transculturalità
interna che, a sua volta, facilita la gestione di quella esterna: trovare punti di contatto in situazioni e
ambienti multi sfaccettati.
Le Tecniche Biografiche Transculturali aiutano a scoprire i cavi interni da connettere. Connettersi
alla transculturalità esterna rende il mondo pieno di interessanti fenomeni accessibili.
Riconoscere la realtà transculturale permette di valutare, interpretare e provare differenti ipotesi su
ciò che sta accadendo invece di limitarsi semplicemente a giudicare senza alternative.
“Più la cultura identitaria di un individuo è ricca di elementi, più cresce la probabilità che
possano esistere dei punti di contatto con l’identità dell’altro. In questo caso gli individui
sono in grado di comunicare e condividere meglio di prima; sono capaci di scoprire
somiglianze e svilupparne delle nuove. Incontrando uno “straniero” saranno capaci di
comunicare piuttosto che chiudersi in un atteggiamento di difesa. Questo è uno dei
vantaggi offerti dalla transizione verso la transculturalità”.
“Denn aus je mehr Elementen die kulturelle Identität eines Individuums zusammengesetzt
ist, umso wahrscheinlicher ist es, dass eine Schnittmenge mit der Identität anderer
Individuen besteht, und von daher können solche Individuen bei aller sonstigen
Unterschiedlichkeit in weit höherem Maß als früher in Austausch und Kommunikation
eintreten, sie können bestehende Gemeinsamkeiten entdecken und neue entwickeln, sie
werden in der Begegnung mit ‚Fremdem’ eher in der Lage sein, statt einer Haltung der
Abwehr Praktiken der Kommunikation zu entwickeln. Darin liegt einer der großen Vorteile
des Übergangs zu Transkulturaliät” - Welsch, http://www2.unijena.de/welsch/tk-1.pdf.
La trans-culturalizzazione si svolge nel contesto della globalizzazione delle economie capitaliste
che sono causa di grandi migrazioni. Inoltre, la creazione di un’identità individuale avviene spesso
attraverso la necessità, la repressione e la povertà. Le persone non sono libere di scegliere e
combinare gli elementi, come scrive Welsch. Le opzioni sono limitate, non solo per i poveri o i
marginalizzati; ma esiste sempre uno spazio per la scelta.
84
La comunicazione transculturale:
riconoscere i punti in comune e comprendere l’origine delle differenze
Il merito principale della concettualizzazione dell’apprendimento biografico transculturale è quello
di stimolare e incoraggiare un dialogo completo tra i partecipanti nel processo di comunicazione.
La comunicazione transculturale può essere preparata e praticata su questa base: la
consapevolezza dell’esistenza di punti di connessioni, relazioni, somiglianze e differenze in
accordo (tra i partecipanti) invece di separazioni e vuoti incolmabili. Le differenze percepite
saranno riconosciute e comprese, non negate. In caso di resistenza si prenderà una certa
distanza, senza assumere atteggiamenti distruttivi.
Le TBT avviano processi transculturali ampi che saranno moltiplicati attraverso le persone che le
sperimentano.
L’auto esplorazione biografica transculturale conduce a uno scambio qualitativo che ha la capacità
di cambiare la nostra mentalità. Uno stimolo importante per questo cambiamento è il
riconoscimento delle somiglianze tra esseri umani – a parte la loro cultura, sesso, età – rispetto ai
loro bisogni fondamentali, le emozioni e le reazioni.
Nel 2008 è stata fondata a Hamm/Wesfalia la DachverbandtranskulturellePsychiatre (psichiatria
transculturale). Alexander Friedmann (2008), psicologo e importante promotore della psichiatria
transculturale, ha confessato di non nutrire solo un interesse accademico per questo lavoro e che
attraverso la teoria si sente più profondamente connesso con la sua vita, la sua famiglia e gli ebrei.
“Oggi, dopo molti anni, sono convinto che le persone, anche culturalmente differenti, siano
molto simili psicologicamente. Esse reagiscono e soffrono agli stessi tipi di pazzie ed
esperienze di vita dolorose, ma descrivono le loro difficoltà in lingue e sintomi fisici
differenti”.
Friedmann, http://www.transkulturellepsychiatrie.de/Alexander-Friedmann/; traduzione di
AS [7.2.2011].
Il fondatore della Dachverband transkulturelle Psychiatre afferma:
“La crescita della varietà culturale richiede qualifiche sempre più specifiche nei campi della
psichiatria e della psicoterapia. Il 15-20% di coloro che si rivolgono ai centri di assistenza in
Germania sono migranti. Questi hanno specifici problemi direttamente o indirettamente
connessi alla migrazione. A causa degli effetti emotivi dovuti a esperienze traumatiche,
barriere linguistiche e problemi economico-sociali, essi sono quotidianamente vincolati alla
routine clinica e terapeutica …(…). Ci sono ancora molte barriere nel dare assistenza agli
migranti tanto in Germania quanto in Austria e Svizzera”.
“Die zunehmende kulturelle Vielfalt erfordert gerade im Bereich der Psychiatrie,
Psychotherapie und Psychosomatik besondere Fähigkeiten. Etwa 15 bis 20 Prozent der
Patienten in den entsprechenden deutschsprachigen Versorgungseinrichtungen haben
einen Migrationshintergrund. Sie haben zumeist spezifische Probleme, die mit der Migration
mittelbar oder unmittelbar zusammenhängen. So sind diese Patienten durch seelische
85
Folgen traumatischer Erlebnisse, durch Sprachbarrieren und besondere soziale und
wirtschaftliche Probleme eine Herausforderung für den klinischen und therapeutischen
Alltag. (…). Außerdem gibt es in den deutschsprachigen Ländern Deutschland, Österreich
und der Schweiz vergleichbare Hindernisse in der Versorgung der zugewanderten
Patienten”. - http://www.transkulturellepsychiatrie.de/Warumgibt-es-uns/[7.2.2011]
L’esperienza migratoria è descritta come il punto di partenza del lavoro biografico da JanKizilhan
(psicologo, psicoterapista, psicologo-manager presso la clinica Michael-Balint-Klinik a Konigsfeld
in Germania, professore e autore). Egli sostiene l’approccio biografico nel counselling
professionale, nell’assistenza e nel trattamento dei pazienti e ne evidenzia il potenziale di superare
malintesi e percezioni stereotipate nel counselling e nel trattamento dei migranti. (www.soziales.
ktn.gv.at/35139p _DE.doc; [14.02.2011]).
Il metodo biografico come “terapia narrativa” non è usato come una base nella psicoterapia, ma
per lavorare attraverso certi conflitti psichici. Esso può portare a un cambiamento positivo e
all’acquisizione di una conoscenza sulle correlazioni personali, familiari e sociali per stimolare
l’agire conscio.
Kizilhan enfatizza che i migranti di seconda e terza generazione sono generalmente più alienati
dalla cultura di origine dei loro parenti e genitori. Essi crescono tra due mondi differenti. Spesso
non hanno una chiara identità e vivono i conflitti tra la cultura dei loro genitori e quella della società
in cui vivono. I genitori non si sentono rispettati a causa delle scelte di vita dei loro figli. Questo
potrebbe essere causa di fallimenti nell’istruzione e nella professione e, quindi, nell’integrazione.
Allo stesso tempo essi devono far fronte alla discriminazione e alla marginalizzazione sociale;
spesso sono costretti a vivere in piccoli appartamenti non avendo uno status di protezione legale o
non essendo capaci di gestire le sfide in una lingua straniera.
Disponendo solo di frammenti di storia familiare potrebbe essere difficile per questi giovani
immigrati costruirsi un’identità biografica. Inoltre, la struttura storica, offerta dalla società ospitante,
con cui identificarsi per sentirsi parte della società non si incontra con la loro esperienza.
L’approccio biografico può aiutare a creare una “verità narrativa”.
Il termine “interculturale” usato da Kizilhan non è così lontano dal termine “transculturale” di Welsh.
Egli scrive che la conoscenza delle culture che ci circondano è necessaria per prevenire una
classificazione superficiale dei problemi e dei conflitti e per riconoscere i conflitti legati alle
specificità culturali. L’approccio biografico intende valorizzare l’unicità dell’esperienza delle
persone.
Esso può attivare dei processi di apprendimento. Mentre narra la propria biografia, la persona è
pienamente presente; può muoversi dal passato al presente, rivivere emozioni e razionalizzare allo
stesso tempo. In alcuni casi, è anche possibile parlare di eventi che sono sempre stati timidamente
nascosti e attribuirgli un nuovo senso. L’approccio biografico ci aiuta a capire come possono
essere gestite o anche cambiate situazioni difficili.
“Fare il lavoro biografico, non riguarda la raccolta di date e fatti, ma di calarsi in una storia
viva, una memoria narrativa che ci fa vivere più facilmente e in maniera più tollerabile,
perché abbiamo scoperto la nostra identità. Confrontarsi con il passato rende il presente
più chiaro e facilita nuove prospettivefuture”.
www.soziales.ktn.gv.at/35139p_DE.doc
86
Lavorare con le TBT
“Cosa può essere fatto con un passato che non può essere mescolato e come può essere
trasformato in un futuro?”
“Was tun mit einer Vergangenheit, die sich nicht abschütteln lässt, und wie lässt sie sich in
Zukunft verwandeln?” - cit. Barbara Frischmuth.
Le tecniche biografiche transculturali sono un approccio metodologico collegato ai concetti di
biograficità e transculturalità. O come Tedder/Biesta hanno descritto:
“La 'svolta biografica' non è connessa semplicemente all'adozione di metodi innovativi di
ricerca e di metodologie nello studio dell’apprendimento in età adulta. È motivata anche da
un'intenzione esplicita per portare alla luce dimensioni diverse nell’educazione degli adulti,
e capire queste dimensioni in relazione alle trasformazioni delle società tardo-postmoderne,
senza ridurle a tali trasformazioni”.
Tedder/Biesta,http://www.learninglives.org/papers/working_papers/WORKING%20PAPER
%207.pdf; p. 3 [14. 2. 2010].
Le considerazioni concettuali descritte come possono essere convertite in un metodo di lavoro con
le persone?
Innanzitutto, le TBT possono essere ricondotte ai valori umanistici. Come un supporto per le
persone – come uno stimolo per reagire e comportarsi in maniera diversa a seconda delle
circostanze e influenzarle; per sviluppare una capacità di interpretazione delle situazioni che sia di
aiuto per le esperienze future.
Valori umanistici: assiomi
Nell’incontro iniziale del progetto Realize, a Roma, i partner hanno condiviso i valori e gli obiettivi
da perseguire durante il periodo del progetto. Abbiamo scoperto di avere ragioni molto simili per
lavorare con i metodi qualitativi nella ricerca e nell’educazione degli adulti. Inoltre, siamo d’accordo
sulle basi etiche delle nostre Tecniche Biografiche di Apprendimento.
Gli assiomi qui proposti non sono dei concetti, ma dei valori con un impatto visibile nella
conduzione delle TBT.
Ruth Cohn ha formulato tre assiomi come base del suo metodo Theme Centred Interaction –
Interazione incentrata sul tema. Ruth Cohn, morta agli inizi del 2010, nacque da una famiglia ebrea
nel 1912 a Berlino. Come già riportato, nel 1933, in seguito all’ascesa al potere del Partito
nazionalsocialista in Germania, emigrò in Svizzera dove studiò psicoanalisi; nel 1941 cominciò a
lavorare come terapista negli Stati Uniti. Qui sviluppò, durante gli anni Sessanta, il metodo TCI
come metodo di lavoro per gruppi in contesti non terapeutici. Ha cercato di capire come costruire
una società più umana. L’approccio TCI era principalmente basato su tre assiomi umanistici:
1. Gli umani sono essere olistici e parte dell’universo; autonomi quanto interdipendenti.
L’autonomia di un individuo è tanto più grande quanto più è consapevole della sua
interdipendenza con tutto e con gli altri.
87
Alheit/Dausien e molti altri autori dell’approccio biografico sostengono l’interconnessione tra le
persone. Il concetto di “biograficità” si riferisce al permanente processo di scambio in cui è inserito
l’essere umano. Attraverso l’interazione viviamo la nostra vita e costruiamo la nostra biografia.
2. Tutti gli essere umani e il loro processo di crescita meritano riverenza. “Ehrfurcht”,
termine tedesco per indicare una forma di rispetto spirituale e trascendentale. Significa
prendere decisioni valutate e consapevoli.
Anche nel sito del Lebens Muting e. V., è spiegato che l’approccio biografico intende valorizzare le
persone – i membri del Lebens Muting e. V. basano il loro lavoro su un sistema di valori simile.
Il secondo assioma è stato messo in discussione anche dagli studenti del TCI, secondo i quali una
crescita sempre rispettata e mai criticata sarebbe, in alcuni casi, dannosa. Un esempio è la
concezione capitalista di crescita. Una crescita illimitata che conduce chiaramente a conflitti di
potere, sfruttamento delle risorse (anche risorse umane), immensa disuguaglianza nella
distribuzione del benessere tra i popoli. Questa crescita è distruzione della vita umana sulla terra.
Il concetto di crescita, pertanto, deve essere accompagnato dalla consapevolezza di mantenere un
equilibrio tra gli esseri viventi.
3. Una libera decisione può essere presa dentro e fuori dai confini. È possibile ampliare i
confini.
La capacità di prendere decisioni e agire più liberamente attraverso le TBT deriva dalla possibilità
di ricordare, ricordare in modo nuovo, penetrare nell’inconscio e lavorare in maniera cosciente sui
ricordi che affiorano, interpretare la memoria e l’esperienza, attivare processi di guarigione; e
rivalutare percorsi di scelta. Il lavoro biografico sostiene lo sforzo di ampliare i confini.
La libertà esiste sia a un livello individuale sia collettivo. La riflessione collettiva è sempre più
praticata nelle società, recentemente, per rielaborare esperienze traumatiche. I racconti biografici
pubblicati nei libri e rappresentati nei film, giocano un ruolo cruciale sulla memoria collettiva. Nella
psiche individuale e collettiva, i fatti repressi riemergono e possono essere elaborati. Questo
processo trasforma le pene e i traumi materializzati in percorsi emotivi mentali e psicologici auto
repressi in consapevolezza e libertà di sentire, pensare e agire.
Nel progetto Realize abbiamo notato che la repressione collettiva (che si trasforma in repressione
individuale) di certe esperienze porta ad abitudini e usi che sono poi interpretati come “tipici della
cultura” - come la dedizione al lavoro, l’inespressività, la precisione e l’ansia nel caso dei tedeschi,
che, come Sabine Bode sostiene(2006) sono stati sviluppati per reprimere esperienze traumatiche
vissute nell’infanzia, durante il secondo conflitto mondiale o nel dopoguerra.
Riconoscere i tre assiomi significa riflettere continuamente in quali contesti e come usare le TBT. Il
lavoro biografico implica un’attitudine verso la vita e offre tempo e spazio per sperimentare
processi di apprendimento inaspettati e trasformazioni possibili. Non pretende di definire in anticipo
i risultati da raggiungere. Sostiene gli individui a diventare responsabili, consci e membri in
armonia con la società. L’armonia si riferisce allo stato mentale ed emotivo della persona e alla
volontà di decidere comportamenti ed auto espressioni.
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Lavorare con la memoria – camminare al limite tra il processo di educazione e la terapia
“Se non hai un’eredità, sei emarginato” Tylor Williams, Nativo Americano Canadese della
Nazione Ditidaht (intervista di AS, 1994)
La cornice costruttivista nella quale è considerata la biograficità suggerisce che la consapevolezza
biografica influisce sull’autoconsapevolezza, l’autostima e l’autocomprensione. Una nuova
interpretazione della memoria e l’accesso a parti di ricordi nascosti, attraverso una nuova
percezione, favorisce il cambiamento e amplia la possibilità di scelta di decidere e agire. Inoltre, le
TBT, che sono principalmente un approccio educativo, possono avere anche effetti terapeutici.
Questo non significa che siano state concepite come metodo terapeutico, ma possono condurre a
processi di riconciliazione con il proprio passato. Possono stimolare ricordi che dovrebbero essere
elaborati in sede terapeutica.
Il confine tra l’effetto educativo e terapeutico delle TBT è mobile. Questa consapevolezza è
importante per programmare e attuare le TBT nel campo dell’educazione degli adulti. Gli educatori
del Lebens Mutig e. V. distinguono le TBT dalla terapia: lo scopo delle TBT è quello di rafforzare
ed evidenziare le potenzialità anziché le debolezze; le TBT aiutano ad acquisire o ampliare le
competenze biografiche. (www.lebensmutig.de) – che è simile all’applicazione consapevole della
biograficità (Alheit/Dausien 2000).
Secondo il Lebens Mutig e. V., le TBT dovrebbero essere considerate nella duplice accezione di:
“Preoccupazione di ogni singolo individuo rispetto alla propria biografia – passato,
presente, futuro personale – come una responsabilità personale. Apprendimento biografico,
inteso come offerta specifica di educazione degli adulti, per gli anziani, nel counselling,
nell’assistenza e nell’orientamento spirituale – come una responsabilità professionale”.
“Beschäftigung jedes einzelnen Menschen mit der eigenen Biografie, also der persönlichen
Vergangenheit, Gegenwart und Zukunft persönliche Aufgabe. Biografisches Arbeiten, als
besondere Angebote und Handlungsweisen in der Erwachsenenbildung, Altenbildung, in
Beratung, Pflege und Seelsorge professionelle Aufgabe”. - Krecan-Kirchbichler.
http://www.lebensmutig.de/images/stories/Konradwas_ist_biografiearbeit.doc [4.5.2010] –
questa versione non è più disponibile.
Hubert Klingernberger, fondatore del Lebens Mutig e. V, nel febbraio 2011, in Info brief
Biographiearbeit scrive:
“La riconciliazione, l’orientamento e l’incoraggiamento sono i tre effetti con i quali può
essere descritto l’approccio biografico”.
“Heilung, Orientierung und Ermutigung – so lassen sich die drei Wirkungen der
Biographiearbeit beschreiben”. - Klingenberger, InfobriefBiographiearbeit, febbraio 2011, p.
1.
89
Lavorare con i ricordi
Ricordi incorporati: l’approccio biografico fornisce metodi per generare narrazioni e storie di ricordi
e riflettere su essi. I ricordi sono espressi, per esempio, con una narrazione orale o un disegno. Gli
esseri umani immagazzinano e registrano i ricordi psicologicamente, emotivamente e
mentalmente. La vita sarà immagazzinata al momento della nascita e sarà assorbita nel modo di
sentire, pensare e agire dell’uomo, ma le origini di questi percorsi diventano inconsci. Questo
ricordo non è salvato solo nelle cellule del nostro cervello, ma è materializzato anche in tutto il
corpo.
Alexander Lowen (1919-2008), medico e psicoterapista, studente di Wilhelm Reich e fondatore del
Bioenergetics Analysis, sosteneva l’idea che l’esistenza umana è un’esistenza mischiata (in
riferimento alle malattie mentali):
“Da questo punto di vista il concetto di malattia mentale è un’illusione. Non c’è disturbo
mentale che non sia anche fisico. La persona depressa lo è tanto mentalmente quanto
fisicamente; le due depressioni sono una, ma sono due differenti aspetti della personalità.
La stessa cosa vale per tutte le altre malattie cosiddette mentali. La credenza che sia “tutto
nella testa” è una grande illusione dei nostri tempi, ignorando la realtà fondamentale che la
vita, in tutte le sue varie manifestazioni, è un fenomeno psicologico”. (Lowen 1993, (1972),
p.12).
Egli sottolinea che la sfera delle emozioni agisce sia a livello mentale sia fisico. Anche se formulato
agli inizi degli anni Settanta, questo concetto può ancora aiutare a capire cosa succede nel
processo di lavoro attraverso la propria biografia.
Il ricordo muove l’uomo fisicamente, emotivamente e mentalmente. Va prestata attenzione a questi
movimenti. Questa consapevolezza offrirà il tempo e lo spazio necessari alla trasformazione –
occorre attendere perché il movimento si manifesti, lasciare alle emozioni il tempo e lo spazio per
apparire, dare la possibilità a dettagli nascosti, repressi e latenti di rivelarsi.
Gli esseri umani sono modellati dall’esperienza. Essi traslano costantemente la loro memoria
inconscia sul modo di pensare, di agire, di sentire, nei sogni e nell’immaginazione. Trasferiscono il
conscio, l’inconscio e la memoria repressa nella vita presente, in tanti modi. La memoria trasferita
può essere percepita in termini di emozioni fisiche, sentimenti, pensieri, immaginazione, azioni e
comportamenti automatici. Gli esseri umani vivono l’esperienza presente attraverso il trasferimento
dei percorsi disponibili – quello che Sigmund Freud chiamava “transfert”. Il transfert è un’attività
necessaria perché non possiamo apprendere sempre tutto nuovamente. Dunque, l’esperienza
contemporanea sarà influenzata dal passato trasferito. Il transfert, però, in alcuni casi può essere
bloccato: se il passato non è costantemente analizzato e adattato, se esso è frenato da esperienze
traumatiche e se è cristallizzato in modelli rigidi con poche potenzialità di adattamento alle sfide
contemporanee. Il lavoro biografico combina trasferimento e trasformazione attraverso una
riflessione olistica. Offre spazio alla trasformazione fuori dallo stress e dalla routine della vita
quotidiana.
Strati di memoria e adattamenti: la vita memorizzata contiene differenti livelli:
1. Esperienze / impressioni/eventi pre-interpretati;
90
2. (Inconscio, abituale) interpretazione mentre si fa esperienza (che richiede quanto più
trasferimento possibile di esperienze precedenti e la loro interpretazione);
3. Interpretazione attraverso il ricordo (sempre in situazioni differenti).
Le persone non solo interpretano, riflettono e selezionano la memoria, ma la “flettono”, la adattano:
più o meno intenzionalmente lasciano fuori alcune parti, confondono i dettagli ed evidenziano o
negano il significato degli eventi e delle persone. Come le persone manipolano la memoria
dipende dai loro bisogni contemporanei. Questi adattamenti possono raggiungere livelli di
menzogna, travisamento o esclusione.
Anche la “falsa memoria” contiene lezioni da imparare. Sul piano collettivo, questa è importante
per scoprire cosa è normalmente dimenticato o travisato; per capire come funziona la società,
cosa ha portato il passato e quali possibili sviluppi futuri possono essere previsti. Sul piano
individuale, reprimere, dimenticare e mentire ci parlano di traumi, esperienze difficili, magari
connesse al senso di colpa, alla paura o alla rabbia.
Il lavoro biografico in contesti terapeutici può toccare ricordi nascosti attraverso il transfert e la
riflessione, strappando i ricordi alle loro radici. Questo tipo di lavoro nell’educazione degli adulti si
concentrerà più sugli strati di memoria “più alti” che offrono anche i punti di contatto per la
realizzazione e la trasformazione. La scelta dei metodi, la loro conduzione e combinazione
determinano se il percorso sarà più di tipo educativo o terapeutico.
Contenuti dei ricordi: la memorizzazione porta all’immaginazione. Ciò che ricordiamo sono
immaginazioni del nostro vissuto. Eventi diversi producono impressioni più o meno forti sulla
memoria fisica e psichica. Non c’è una regola per gli effetti prodotti dagli eventi: la regola è
totalmente individuale. Il fatto che alcuni ricordi siano lasciati più in superficie e quanto essi
risultino intensi dipende anche dalla fase, dal momento di vita in cui ricordiamo e narriamo la
situazione.
Le immaginazioni di eventi passati possono essere avvertite come immagini interiori, suoni, odori,
sapori, emozioni.
I ricordi possono contenere la routine quotidiana del passato. E specialmente questa “vita normale”
deve essere riesaminata per l’essere così “normale” e non impressionante. (Es. quali strumenti le
persone usavano prima; come cucinavano; che lavoro il contadino svolgeva giornalmente,
settimanalmente, stagionalmente).
Se si sono verificati dei cambiamenti, saranno ricordati come cambiamenti del normale (es.
“Svolgevamo lo sempre lo stesso lavoro, tutti gli anni, ai campi, ma quell’estate fu particolarmente
secca e così ci adattammo alla situazione”).
Cambiamenti evidenti, rotture ed eventi drammatici saranno ricordati o repressi specialmente se
sono collegati a sentimenti forti di paura, dolore, violenza e difficoltà di integrazione; o molto gioiosi
e di successo. Il lavoro attraverso questi ricordi richiede una buona dose si energia e può essere
molto fastidioso. A volte questi tipi di esperienze devono essere represse per stare in equilibrio.
Anche cambiamenti ed esperienze collettive evidenti lasciano chiare tracce nella memoria e si
sedimentano nell’esperienza individuale.
91
L’obiettivo più alto degli approcci umanistici e gli obiettivi funzionali delle TBT
L’obiettivo più alto dell’approccio biografico e delle TBT, come approccio umanistico, è quello di
contribuire al benessere delle persone e delle società. L’obiettivo è la gestione e lo sviluppo
conscio della biograficità nelle condizioni di vita moderna e post-moderna. La biograficità dovrebbe
essere a disposizione di tutti per influenzare certe situazioni, es. per essere capaci di imparare,
lavorare, sopravvivere, comunicare e condividere attivamente nella comunità e nella società. Una
biograficità conscia fornisce una moltitudine di punti di connessione con persone e comunità
diverse e aiuta a dare un senso a ciò che è fuori dalla nostra vita. Questo metodo, usato con i
migranti o con persone con un passato migratorio in famiglia, persegue l’obiettivo di creare punti di
connessione con altre persone, istituzioni e il corso degli eventi. Supporta le persone a sentirsi
membri della società di accoglienza.
Gli obiettivi funzionali delle TBT per rendere disponibili i ricordi di vita, possono essere descritti
come segue:
1. Una riserva di punti di connessione per poter ampliare le proprie possibilità e
comprendere cosa è o sembra differente/straniero/strano;
2. Un punto di partenza per la comunicazione empatica, la comprensione reciproca
attraverso l’ascolto, lo scambio e il confronto di storie;
3. Una risorsa di esempi su come gestire le situazioni nel mondo transculturale. Questo
include non solo storie di successo, ma anche di fallimento e come vivere i momenti di
difficoltà.
“Io tendo a interpretare la lista di esperienze prodotta, come un elenco di storie per gestire
la vita. Esse testimoniano la conoscenza e le abilità che hanno aiutato qualcuno ad
affrontare problemi nella vita”. - Antikainen 1998, p.221.
92
CAPITOLO 8
TRADIZIONE ORALE E STORIA ORALE
di Annemarie Schweighofer-Brauer, FBI
La raccolta dei ricordi di famiglia e delle storie vissute in tempi difficili è un tesoro inestimabile per i
figli e i nipoti. Sono storie che trasmettono un messaggio di speranza per affrontare il futuro.
Sono storie che possono venire dai membri della famiglia oppure possono provenire dalla memoria
storica della famiglia o della collettività. Storie che raccontate più volte sono trasformate e
arricchite di nuovi ricordi.
Sia in passato, sia nel presente, le culture orali creano i cantastorie. Le società native dell’America
lo hanno fatto e lo continuano a fare. In alcune comunità contadine dell’Europa centrale, come in
Tirolo, alcune persone erano conosciute come dei grandi cantastorie. Nelle famiglie allargate, le
storie erano raccontate dagli anziani ai più giovani. Venivano trasmesse di generazione in
generazione aiutando a tracciare un orientamento e un percorso di vita.
Come già menzionato, il compito del Lavoro Biografico Transculturale è simile a quello del
cantastorie. Cioè quello di offrire dei modelli per comprendere e modellare i processi della vita e di
creare spazi per libere scelte all’interno di tali processi. Allo stesso tempo aiuta a capire che
momenti difficili sono parte della vita e che vi sono dei mezzi per superarli e vincerli. Lo scopo del
Lavoro Biografico Transculturale è perciò quello di insegnare a vivere in un mondo transculturale e
ad affrontare l’insicurezza, le paure, le richieste di identità contraddittorie, i pregiudizi, la
discriminazione, l’esclusione e la marginalizzazione. Aiuta persone con esperienze differenti a
utilizzare meglio le proprie risorse e le proprie capacità. Per far ciò, il Lavoro Biografico
Transculturale utilizza tecniche per raggiungere in profondità i ricordi personali ed iniziare a
lavorare sugli atteggiamenti umani.
Il griot
di Welly Marguerite Lottin e Paolo Raimondi, Griot
Il griot è il cantastorie africano. Racconta storie come un poeta, un cantastorie e un musicante. Il
griot mantiene i tesori della tradizione orale, conosce molte canzoni tradizionali e ha anche la
capacità di commentare i fatti attuali.
La sua satira è molto diretta, creativa e costruttiva. La sua conoscenza della storia locale è
formidabile. Molti villaggi avevano i loro griot che raccontavano le storie delle nascite, delle morti,
dei matrimoni, dei sogni, delle battaglie, delle caccie, degli affari e di altre innumerevoli eventi.
Può anche viaggiare di villaggio in villaggio per far conoscere le storie e le vicende locali legando
così la vita della gente che abita una stessa regione.
93
Il griot raccoglie la gente di un villaggio, uomini, donne e bambini, sotto l’albero del baobab e
racconta la storia della gente dispensando anche consigli per la vita quotidiana. Durante le lunghe
serate raccoglie la gente intorno al fuoco.
Sebbene siano popolarmente conosciuti come cantastorie, i griot sanno usare le capacità della
loro voce e del canto per la satira e commenti politici con l’aiuto di strumenti musicali come la kora,
il balafon e i tamburi.
In ogni regione africana il griot è chiamato con un nome speciale. La parola griot è stata data dagli
occidentali e molto probabilmente deriva dal francese “guiriot” che a sua volta trova la sua radice
nella parola portoghese “criado”, cioè il “servo”. Nondimeno, per il continente africano quello che
noi chiamiamo “griot” è sempre stata una persona molto importante, degna del più alto rispetto per
il suo ruolo di educatore e di insegnante di vita.
Ad esempio, nei momenti più alti della storia dell’Impero del Mali (Impero Malinke) nel
quattordicesimo secolo, il griot aveva un ruolo molto significativo come consigliere del re, della sua
famiglia e del suo governo.
Il griot sa anche essere uno storico, un arbitro, un cantore e un cantastorie. Questi musici sono
sempre stati dei libri di storia viaggianti, mantenendo le antiche storie e le tradizioni attraverso le
loro canzoni. Era una tradizione che veniva trasmessa di generazione in generazione. Hanno
anche delle connessioni profonde con i poteri spirituali, sociali e politici. La parola, come si sa, ha
un grande potere poiché mantiene viva la storia e rinvigorisce le relazioni.
Oggi alcuni noti cantanti popolari sono considerati dei griot perché sanno trasmettere le storie di
vita e ispirare la gente attraverso la loro musica e le loro parole.
Cantastorie in Uganda
di Manuela Schweigkofler e David Okello, Haus der Begegnung
C’era una volta Mr. Coniglio e suo fratello Mr. Leprotto. Diventati giovanotti dovevano aiutare
l’anziana madre a coltivare i campi. Decisero di seminare “kodingor”, semi di bamboo verde. Ma
Mr. Coniglio suggerì alla madre di tostare i semi per ottenere un raccolto più abbondante.
L’anziana donna, ignara di queste cose, accettò di tostare i semi. Ogni mattina Mr. Coniglio e Mr.
Leprotto si svegliavano presto, prendevano gli arnesi e i semi tostati per andare sui campi. Lungo
la strada si fermavano all’ombra di un grande albero a mangiare contenti i semi tostati e facevano
una pennichella intorno a mezzogiorno, l’ora in cui solitamente la gente ritorna dai campi. Poi si
sporcavano ben bene le gambe con del fango per simulare di aver lavorato e scavato. Al loro
ritorno la madre preparava loro del cibo e mentre mangiavano, raccontavano di aver lavorato tanto
e di essere molto stanchi.
La farsa andò avanti per parecchi giorni e alla fine dissero di aver completato la semina e che era
tempo di aspettare il raccolto.
94
In quegli stessi giorni Mr. Elefante era impegnato nel suo giardino a piantare semi veri. Mr.
Coniglio e Mr. Leprotto lo avevano visto lavorare poiché il suo giardino era sulla loro strada.
Si avvicinava il tempo del raccolto. Da noi si usa che siano le donne a farlo. E l’anziana madre
voleva farlo lei. Mr. Coniglio, il solito gran furbo, sapendo che non c’era niente da raccogliere,
doveva trovare una nuova scusa per fermare l’anziana madre. E disse: “Mamma, a causa delle
forti piogge della scorsa settimana è caduto un grande albero sulla strada che porta ai campi. Tu
sei troppo anziana per poterlo scavalcare”. L’anziana signora non poté che accettare.
Arrivò il momento del raccolto! L’anziana madre ricordò ai due giovanotti di incominciare il lavoro.
Fu a quel punto che Mr. Coniglio e Mr. Leprotto iniziarono a rubare dal campo di Mr. Elefante. Lo
fecero per cinque giorni e la madre era molto contenta del buon raccolto. Mr. Elefante invece
cercava giorno e notte di capire chi gli stava rubando il raccolto.
Non riuscendo a scoprire i ladri, Mr. Elefante andò a consultarsi con lo stregone, Mr. Tartaruga,
che lo invitò a ritornare il giorno seguente. Nel frattempo avrebbe trovato una soluzione per
scoprire i ladri.
Il giorno seguente Mr. Elefante ritornò dallo stregone che nel frattempo aveva modellato con del
pongo due figure di bellissime fanciulle, una bellissima ragazza nera e un’altra bianca con i capelli
lunghi. Mr. Elefante avrebbe dovuto mettere le due figure nel campo in posti ben scelti. Quella
notte Mr. Coniglio e Mr. Leprotto avevano intenzione di fare l’ultimo furto nel campo di Mr.
Elefante. Presero gli arnesi e delle grandi ceste. Al loro arrivo si trovarono davanti quelle due
bellissime figure sorridenti. Erano eccitati. Mr. Coniglio disse: “Quella nera è per me” e Mr. Leprotto
aggiunse: “Quella bianca con i capelli lunghi è per me”. Si precipitarono per stringere loro la mano,
ma la loro mano destra rimase appiccicata. Dissero loro di lasciare la mano e con la sinistra
cercarono di aiutarsi a liberare la loro mano destra. A quel punto entrambe le mani rimasero
appiccicate alle figure. Cercarono di sganciarsi usando braccia, gambe, testa rimanendo però
sempre più incollati.
In quel momento Mr. Elefante arrivò: “Finalmente ho scoperto i ladri. Adesso riceveranno la lezione
che si meritano!”. Come al solito Mr. Leprotto diede delle istruzioni a Mr. Coniglio: “Quando
incomincerà a picchiarti tu devi gridare sempre e forte e vedrai che ti lascerà andare. Da parte mia
io griderò soltanto una volta”. Mr. Elefante cominciò a picchiare Mr. Coniglio che gridò sempre a
ogni colpo, fino a essere picchiato a morte. Quando arrivò la sua volta di essere picchiato, Mr.
Leprotto gridò soltanto una volta e basta. Allora Mr. Elefante pensò che anche lui fosse morto. Ma
non lo era. Allora li mise in un cesto per portarli a casa e cucinarli per pranzo. Mentre venivano
trasportati Mr. Leprotto diceva : “Coniglio, coniglio mangia qualche seme”. Ma Mr. Coniglio era
morto.
Al sua arrivo la moglie e i figli di Mr. Elefante erano molto contenti di poter avere un po’ di carne
per pranzo. La moglie mise una bella pentola piena d’acqua sul fuoco con dentro Mr. Coniglio e
Mr. Leprotto. Quando l’acqua incominciò a bollire Mr. Leprotto cercò di spingere Mr. Coniglio sul
fondo per stare sopra. La moglie mandò una delle figlie a controllare e vedere se occorreva più
sale. La ragazza vide che Mr. Leprotto stava cercando di saltar fuori dalla pentola. Corse indietro:
“Mamma, ho visto il nostro cibo con gli occhi aperti che mi guardava!”. “Stupida!”, le disse la
madre, “come è possibile che il cibo ti guardi! Vedi invece di aggiungere un po’ di sale!”. La
ragazza obbedì e aggiunse il sale. Mr. Leprotto finse di essere morto anche se ben sentiva che le
sue orecchie stavano raccogliendo tutto il sale.
95
Arrivò l’ora di pranzo: il Kwonkal era pronto e fumante. La donna, come sempre, servì il cibo. Mr.
Leprotto per le donne e Mr. Coniglio per gli uomini. Tutta la famiglia era seduta in cerchio (si
mangiava da un solo piatto) all’ombra di un grosso albero. Dopo aver sorseggiato la zuppa, un
ragazzo seduto nel gruppo delle donne chiese alla madre un pezzo di carne, in particolare un
orecchio di Mr. Leprotto, delizioso! A quel punto Mr. Leprotto riacquistò le sue energie, colpì il
piatto di terracotta, ruppe tutto, saltò fuori dalla pentola e scappò. Mentre gli uomini continuavano a
gustare il loro cibo, le donne rimasero a bocca asciutta. La storia finisce qui.
Quali sono le lezioni da trarre?
- Non bisogna dire le bugie. Ad un certo punto le bugie colpiscono chi le dice.
- Non rubare, è una brutta cosa.
- Non essere pigro, lavora.
- Fai attenzione agli estranei. Quelle belle ragazze hanno messo nei guai i nostri protagonisti.
Quando la gente di Acholi, popolo del Nord dell’Uganda, racconta una storia, c’è sempre un
insegnamento morale. Non diretto, ma nascosto nella storia. Questo è il modo per insegnare ai
bambini e sviluppare una cultura. Le storie restano nella memoria della gente.
“Solitamente le storie vengono raccontate durante la stagione secca (stagione della festa). La
gente si siede intorno al falò godendosi la luna e il fuoco, sapendo che il giorno dopo è festa.
Raccontare le storie è un piacere. La maggior parte delle nostre storie sono educative. Si
raggiungono delle conclusioni e poi si imparano le lezioni.”
Sono anche molto divertenti. Hanno sempre qualche spunto divertente. È anche divertente stare
insieme tra una storia e l’altra. La gente ride e il riso rilassa. Ci sono anche dei momenti più tristi.
Si comincia parlando in modo spaventato per far emergere l’immaginazione. Alcuni perdono il
coraggio e scappano a letto spaventati. Sarà una notte piena di sogni e di incubi.
Solitamente soltanto una persona racconta le storie mentre la altre stanno ad ascoltare. Le storie
sono semplici e intercalate da canzoni. C’è poco spazio per le domande e tutti i messaggi sono
collegati in modo chiaro. Il cantastorie parla e parla. Una storia tira l’altra.
Sono storie intorno alla vita della famiglia, della comunità, dei bambini, sono esperienze di vita
quotidiana. Anche se i personaggi delle storie sono spesso animali come il coniglio, la tartaruga,
l’elefante…La maggior parte delle storie vive tra realtà e immaginazione…
Il tempo passa, si è in contatto l’un l’altro. È quello che succede stando seduti intorno al fuoco.
Durante il wangoo (raccontare storie intorno al fuoco) gli adulti educano i piccoli, trasmettono la
loro cultura dagli anziani ai più giovani e discutono delle cose importanti della comunità, anche dei
litigi, dei conflitti per la terra, dell’uso dell’alcool. Si usa il wangoo anche per superare i conflitti.
Raccontare una storia in una situazione di conflitto può aiutare a contenerlo e a risolverlo. In
questo caso il racconto di storie si accompagna a dei consigli e si guida la gente attraverso il
conflitto raccontato nella storia, ma distante da quello della realtà.
96
Metodi di ricerca biografica in Lituania
di Irena Zemaitaityte, Sarmite Mikulioniene e Leta Dromantiene, Università Mykolas Romeris
In Lituania il metodo biografico è noto e applicato nelle ricerche di sociologia. Nel 2003 fu
pubblicato
uno
studio
“Social
memory,
commemorations
and
deletedmemory”
(Krukauskiene/Sutiniene/Trinkuniene/Vosyliute 2003) dedicato alle esperienze traumatiche del
periodo sovietico. Il libro era una valutazione di un lavoro biografico. Gli autori intendevano capire
le circostanze in cui i ricordi vengono creati o cancellati. “Quali aspetti degli eventi traumatici del
periodo stalinista sono stati memorizzati e quali sono stati cancellati dalla memoria individuale e
collettiva?”, si chiedeva a pagina 11 del testo.
Nel 1994 Natalija Kasatkina ha fatto una ricerca sull’intelligentia russa in Lituania, analizzando la
cultura di un gruppo etnico minoritario e il suo retroterra storico. È una cosa importante non solo
per gli studi sulla composizione etnica del paese, ma anche per comprendere meglio le relazioni
interetniche attuali. Agne Dorelaitiene e Natalija Mazeikiene pubblicarono nel 2011 un articolo dal
titolo “Metodo biografico: la costruzione dell’identità professionale degli operatori sociali maschi”
studiandone la materia. Gli autori hanno sviluppato una ricerca qualitativa su come gli operatori
sociali maschi raccontano le proprie biografie e rivelano le loro motivazioni nelle scelte
professionali.
Il metodo di storia familiare è stato usato nel 1996 in un progetto “Canti sociali nei paesi nordici e
del Baltico” con lo scopo di ricercare le condizioni di vita delle famiglie in questi paesi. Il progetto fu
condotto in collaborazione con l’Istituto Lituano di Filosofia e di Sociologia. Studi sulle storie
famigliari si trovano anche nella dissertazione “Relazioni interpersonali nella famiglia nelle società
in transizione: una ricerca biografica sulle giovani famiglie” preparata da Ausra Maslauskaite nel
2002. Il lavoro è stato pubblicato in un libro nel 2004. Nel 2003 Sigita Kraniauskiene presentò la
sua tesi di laurea dedicata al tema “Costruzione delle identità attraverso le biografie (identità
generazionali e di genere nelle biografie lituane del ventesimo secolo)”. Nel 2000 la stessa autrice
ha scritto un articolo sul “Metodo biografico: due percorsi teorici e metodologici” in cui analizzava il
metodo biografico come una tendenza nei metodi sociologici che fornisce strumenti di ricerca
pratica e anche concetti teorici di base. Una comprensione teorica fondamentale del metodo
biografico fa si che tale processo, centrato sulle storie di vita, possa fornire elementi metodologici
quantitativi e qualitativi e portare a una più ampia, profonda e completa analisi della vita sociale
(Kraniauskiene 2000).
Nelle scienze dell’educazione il metodo biografico non è ancora applicato. È per questa ragione
che crediamo che il progetto Realize possa superare tali lacune. La pubblicazione del Manuale
potrebbe incoraggiare ricercatori nel campo educativo ad approfondire il metodo biografico in
quanto esso promuove i processi cognitivi individuali e collettivi nella ricerca delle radici e delle
risorse personali. L’utilizzo del metodo biografico per l’educazione degli adulti e nel lavoro sociale
permetterebbe di guardare agli aspetti soggettivi personali e pubblici della vita. Esso potrebbe
anche promuovere un atteggiamento positivo nei processi decisionali individuali e creare delle
visioni future di empowerment.
97
Storia orale in Turchia
H. Eylem Kaya, Università Süleyman Demirel
Il lavoro biografico è stato utilizzato in Turchia nella pratica della storia orale. Le radici della storia
orale, le cui fondamenta sono state gettate sia in campo accademico sia istituzionale da Alla
Newis, si possono rintracciare nel lavoro sul folklore delle Case del Popolo che furono tra le prime
e le più importanti istituzioni culturali dell’Era Repubblicana. Purtroppo in seguito non ha avuto lo
stesso sviluppo e l’interesse della gente, specialmente degli storici, si è concentrato maggiormente
sui periodi più antichi e più recenti. Da allora ad oggi, il lavoro di storia orale ha avuto un certo
sviluppo nel contesto sociologico e antropologico del paese. Per esempio, con le ricerche
sociologiche sui cambiamenti sociali nei villaggi di montagna e nelle valli, scritte da BehiceBoran
nel 1942.
Prima degli anni ottanta Yusuf Hikmet Bayur portò avanti dei lavori biografici su Atatürk, il
fondatore delle Repubblica Turca, intervistando delle persone che lo avevano conosciuto. Negli
anni novanta i lavori basati sulle storie di vita cominciarono ad aumentare e con loro anche le
pubblicazioni di studi su giornali e riviste, come Pazar, Album e Istanbul. Nel 2000 un altro autore,
BehaeddinYediyildiz, cercò di capire se eventi e personaggi storici fossero veramente esistiti al di
la dei miti pubblici. Oggi in Turchia c’è un importante archivio di storia orale controllato dalla Radio
e Televisione Turca (TRT). È un archivio di documenti relativi ad argomenti sociali e politici. Inoltre,
i ministeri della Cultura, dell’Educazione e degli Interni possiedono altri documenti che però non
sono facilmente accessibili al pubblico.
Sebbene non ci sia un archivio dedicato esplicitamente alla storia orale, la Fondazione per la
Storia Turca ha iniziato a raccogliere lavori di storia orale fatti dalla stessa fondazione e registrati in
rete. Oggi in molte università come la Bogazici University, la Ege University, la Doküz Eylül
University, la Sabanci University, la Süleyman Demirel University (Progetto di Ricerca Scientifica di
Storia Orale sulle Istituzioni dei Villaggi) sta aumentando l’interesse per il lavoro di Storia Orale e
aumentano i progetti, le tesi e le ricerche ad essa orientati. Anche la Woman Work Library in
Istanbul ha una collezione importante di interviste con donne che hanno lottato per i diritti civili e
che hanno rappresentato il mondo femminile nelle battaglie sociali.
98
APPENDICE
Viaggio nella memoria: testo per rilassarsi prima di iniziare il viaggio immaginario
Siediti o sdraiati sul pavimento. Mettiti comodo/a.
Chiudi gli occhi.
Assicurati di stare in una posizione che consenta si stare comodi per un po’ di tempo.
Se sei seduto/a, posiziona i piedi in maniera tale che siano a contatto con il pavimento.
Respira costantemente. Ispira ed espira con calma.
Percepisci te stesso/a, il tuo corpo.
Senti i tuoi piedi, come loro aderiscono al pavimento.
Senti il tuo corpo. Muoviti verso le gambe e sentile, vai alle tue ginocchia. Avverti tensione? Cerca
di mandarla via.
Arrampicati verso le cosce e senti come toccano la sedia (il pavimento).
Senti i tuoi glutei e rilassali.
Vieni ai tuoi fianchi, respira dentro di loro permettendo di sentirsi liberi.
Vieni alla tua schiena, alla tua colonna, senti le vertebre una a una. Se ci sono tensioni, respira
sulla tua schiena e permetti alla tensione di sparire.
Senti le tue vertebre e continua verso le tue scapole. Senti come aderiscono alla sedia
(pavimento).
Vai verso le tue spalle e senti la tensione andare via, respira.
Cammina giù, verso le tue braccia, senti i gomiti, i polsi e consenti loro di allentarsi.
Continua verso le tue dita, sentile singolarmente.
Vieni di nuovo alle tue spalle e senti la tua nuca, la tua gola, respira e rilassala.
Dalla gola muoviti verso la tua bocca, la tua lingua, senti la tua bocca e fai andare via le tensioni.
Vieni alle tue guance, al tuo naso, alle tue orecchie, i tuoi occhi. Rilassa tutte le parti del viso.
Continua verso la tua testa, senti la pelle sulla tua testa, rilassala.
Godi di questa sensazione di rilassatezza e leggerezza per un po’.
Tieni gli occhi chiusi.
99
Viaggio accompagnato dalle parole del formatore: testo di accompagnamento per stimolare
isensi ricordando una situazione del passato in cui si mangia insieme.
Ora vi guiderò nella memoria, verso una situazione del passato.
Cammina nel tuo corpo verso il posto dove la memoria risiede, verso il tuo archivio personale.
Lì, cerca una situazione di piacere del passato – forse quando eri bambino/a o adolescente –
quando mangiavi insieme ad altre persone.
Dove stai andando a mangiare?
Come com’è il posto?
Come odora?
Che suoni avverti?
È freddo o caldo?
Che cosa senti? Come ti senti?
Chi incontri lì?
Come percepisci queste persone?
Di che cosa parlano?
Che cosa dicono?
Che cosa fai quando arrivi?
Giri intorno? Ti siedi da qualche parte?
Come si sente il tuo corpo stando seduto?
Come sono il tavolo e le sedie? Li tocchi con le mani e le dita? Che cosa senti?
Il cibo è già lì?
Che cibo è? Come odora?
Hai cominciato già a mangiare qualcosa? Che cosa è offerto da bere?
Che sapore ha? Che suoni sono prodotti toccando il cibo?
Qualcuno parla? Chi? Di che cosa parlano le persone?
Chi cucina? Chi serve?
Come vedi queste persone che cucinano e servono?
Parlano? Come si muovono? Qual è l’espressione della loro faccia?
Che cosa mangi? Fai una panoramica dei diversi cibi: come sono fatti? Quali sono gli ingredienti?
100
Ricorda i differenti sapori, odori, suoni prodotti dalle persone …
Prenditi del tempo per ricordare.
Le persone parlano mentre mangiano? Chi parla? Qual è il suono della sua voce? Di cosa parla?
Come sembrano?
Prenditi del tempo e permetti a ogni dettaglio di venire fuori dall’archivio della tua memoria.
Goditi il momento.
Com’è mangiare insieme? Ricorda gli odori, le voci, le sensazioni.
Ti alzi? Aiuti a sparecchiare? Vai subito nell’altra stanza? Saluti?
Lascia il ricordo lentamente. Ricorda di essere nella tua memoria, archivio del tuo corpo.
Ritorna lentamente al presente e in questo posto.
Se vuoi puoi muovere lentamente le tue dita, braccia, piedi, prendi un respiro profondo.
Puoi aprire i tuoi occhi e ritornare alla situazione presente.
Viaggio non accompagnato dalle parole dei formatori: il ricordo di un giorno fantastico della
mia vita (da usare, per esempio, nel contesto di TBT con la musica).
Ora ti guiderò nel tuo passato. Cammina nel tuo corpo verso un posto, dove la tua memoria
risiede, il tuo archivio personale. Cerca nel tuo archivio. Stai cercando il ricordo di un giorno
fantastico che ti ha fatto sentire brividi e musica; quando ti sei sentito/a pienamente vivo/a; quando
eri felice. Porta questo tuo ricordo fuori dalla tua memoria, collocalo davanti e dentro di te. Ora ti
lascio da solo/a con il tuo ricordo per un po’.
Fine
Sei ancora lì, nel tuo giorno fantastico? Guardati intorno. C’è qualcosa che ti piace e che vorresti
portare con te? Prendilo e poi e ritorna dal tuo giorno nel tuo archivio personale e metti il ricordo al
suo posto. Ritorna lentamente qui, al presente, con quello che hai portato con te. Muoviti un po’,
forse vorresti sbadigliare. Apri i tuoi occhi, lentamente o più velocemente, come preferisci.
Biografie parziali
Un estratto dal Capitolo V, “le corde nella mia testa – come osservare più attentamente la(e)
mia(e) biografia(e)”.
Le biografie parziali aiutano ad analizzare la complessità della vita concentrandosi su un
determinato aspetto. Le nostre biografie sono composte di differenti biografie parziali, così come
una corda è fatta di tante altre piccole corde. Concentrandoti di più su queste parti della tua
biografia, arriverai a nuove scoperte.
101
1. Biografia sociale: ambienti sociali e loro cambiamenti: famiglia, amici, vicini; le esperienze
di solitudine, di migrazione, privacy, ricerca di alloggio; e sentimenti di appartenenza a un
dato gruppo sociale, classe, status o posto.
2. Biografia culturale:
a. “Cultura elevata”: musica, teatro, pittura, letteratura ecc.
b. Più importante: cultura generale – cultura di vita, culinaria e di costumi; cultura urbana e
rurale; comportamenti ricorrenti e abitudini quotidiane che ci danno un senso di
sicurezza e orientamento.
3. Biografia naturale: la storia del mio corpo e l’esperienza della natura.
a. Corpo: con il nostro corpo esprimiamo l’unicità della nostra identità. Esso è soggetto a
cambiamenti e influenze; salute, facendo sport, bellezza e cura del corpo, cicatrici e
disabilità.
b. Natura: paese o città, montagna o mare – ambienti diversi significano diverse
esperienze e influenze per i nostri ricordi. Es. posti importanti dove abbiamo vissuto,
posti con un significato speciale, luoghi di vacanza, posti di protezione e sicurezza.
4. Biografia della percezione/visione del mondo: la biografia dei nostri credi, ideologie,
convinzioni, delle nostre visioni del mondo, ma anche religione, credo spirituale e
tradizione, impressioni differenti e la loro negazione o integrazione, … ecc.
5. Biografia educativa:
a. Biografia dei nostri processi di apprendimento in istituti come scuole, università … e la
nostra adesione ai modelli educativi.
b. Apprendimento del corso della vita: l’apprendimento è sempre connesso alla
conoscenza, alle competenze e alle esperienze.
6. Biografia della personalità: tutti gli aspetti prima menzionati condizionano la nostra
biografia. Determinano la nostra identità.
a. In psicologia si contano 5 dimensioni di base del comportamento umano: l’essere più o
meno emotivi; introversi/estroversi; aperti/timidi verso nuove esperienze;
compatibili/incompatibili con gli altri;l’essere o meno coscienziosi. Questi aspetti
possono cambiare lungo il corso della vita.
b. Tempo ed esperienza del tempo.
c. Abilità di rendersi conto dei confini personali o costruire barriere per difendersi.
d. Biografia professionale.
7. Biografia di genere: siamo tutti nati come donne, uomini o nel mezzo. Questo è il tuo sesso.
Ma che cosa si intenda per ragazzo/a, uomo/donna varia sensibilmente tra le società: come
abbiamo socializzato come ragazze o ragazzi, donne o uomini; che importanza e valore è
attribuita alla differenza di genere nell’ambiente familiare, come vivo oggi come
donna/uomo. Identità sessuale, costruzione della relazione ecc.
Di certo nessuna di queste biografie parziali è isolata. Esse si influenzano enormemente e
generalmente sono mescolate. Sono parti della nostra biografia.
QUESTIONARIO: Modello per l’intervista biografica
(Fonte: PASS Partenariato di Apprendimento)
Alcune considerazioni generali sull’investigazione attraverso la storia orale nel contesto di
un’intervista
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Prima fase: L’intervistato/a dovrebbe essere informato/a circa il contesto progettuale del colloquio.
Si dovrebbe spiegare come si procederà nell'intervista - prima la sua narrazione e,
successivamente, le domande. Dopo una domanda molto generale l'intervistato/a racconta la sua
storia e non deve essere interrotto/a con domande - perché è importante ascoltare il suo punto di
vista e la logica con cui lui/lei costruisce la storia attraverso i ricordi. La domanda di apertura
generale potrebbe essere: “Per favore, mi racconti della tua vita? Mi interessa tutto ciò che ricordi
e che vuoi dirmi, a partire dai tuoi antenati, ciò che i tuoi nonni e genitori ti ha detto, quello che ti
ricordi di loro, della tua infanzia, come avete vissuto in seguito.”
Seconda fase: Dopo che l'intervistato/a comunica in un modo o nell’altro la sua narrazione (e nel
momento in cui inizia a dire: "Non ricordo nient’altro", oppure “Che altro vuoi sapere?"...) è il
momento di utilizzare il nostro questionario. Più che un questionario è una scaletta per avere un
filo conduttore dell’intervista.
Noi conosciamo le nostre aree di interesse, ma come porre concretamente le domande dipenderà
dall’intervistato e dalla situazione dell’intervista. Siamo liberi di approfondire un'area più di un’altra;
e siamo liberi di indagare nuovi ambiti non presenti in scaletta, se l’intervistato affronta argomenti
inattesi. Ovviamente non faremo domande sulle quali l’intervistato abbia già parlato molto nella
prima fase del colloquio.
Come Ela Gökalp (di Hydra, il partner turco di Pass) espresse:
“Neanche le domande principali sono selezionate, tutte le domande sono tenute come in
una piscina. Fare domande è un tentativo, l’intervistato/a può dare una risposta corta e
allora si deve riformulare la domanda per ricevere le informazioni che si vogliono ottenere,
e su alcuni problemi potrebbero essere necessarie molte domande. La meta è trovare un
ritratto del vissuto come un film della persona intervistata."
Questionario
Struttura familiare / reti di riferimento
* Ti ricordi qualcosa sui tuoi nonni, che cosa ti hanno raccontato sulle loro vite?
* Che cosa ti hanno raccontato i tuoi genitori sulle loro vite prima che tu nascessi?
* Che cosa sai sulle circostanze della tua infanzia?
* Che cosa ti ricordi?
* Quanti fratelli e sorelle hai? Maschio, femmina? Che cosa hanno fatto in seguito?
* Con chi hai vissuto durante la tua infanzia (nonni, genitori, fratelli e sorelle, altri bambini, altri
parenti, non parenti)?
* Che lavoro facevano i tuoi nonni (maschili e femminili), i tuoi genitori (padre e madre)? Come si
guadagnavano da vivere?
* Dove hai vissuto (città, paese, casa, appartamento), come era (descrizione dell’ambiente)?
Come si viveva?
* A cosa giocavi e con chi?
* Quali compiti avevi da bambino?
* Che cosa hai imparato dagli altri, da chi precisamente e come eri solito imparare?
Se qualcuno è di seconda o terza generazione:
* C’erano persone, organizzazioni, reti (migranti) che i tuoi nonni o genitori già conoscevano?
* Come incontravate nuove persone?
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Se qualcuno è migrante di prima generazione:
* Con chi hai lasciato il tuo paese di origine?
* C’erano persone, organizzazioni, reti (migranti) che già conoscevi?
* Come incontravi nuove persone? Con chi hai fatto amicizia? In quale contesto?
* Chi appartiene alla tua famiglia e i tuoi parenti? (È possibile disegnare, se volete, gli antenati, i
nonni, animali ...)
* Chi è importante nella tua vita? (linee di sangue, linee coniugali, famiglia e parenti)
Motivazione del progetto migratorio
* Quando o come è nata l'idea di lasciare il tuo paese?
* Quali coincidenze o eventi casuali hanno influenzato/indirizzato la vostra decisione? (una
persona incontrata, parenti o amici che già hanno fatto questa scelta, etc.)
* Quale immaginazione/visione avevi del paese ospitante?
* Quale era in origine il paese dove volevi andare? E’ questo paese?
* Pensi che questo sia il paese dove puoi realizzare il tuo progetto di vita?
Le condizioni socio-economiche
* Sei emigrato per ragioni economiche? O per quale motivo hai deciso di emigrare?
* Quale immagine avevi del paese ospitante?
* Che cosa hai trovato? Conferme o illusioni?
* Avevi un lavoro prima di emigrare? Che tipo? Quale livello di reddito? Abbastanza per sostenere
la tua famiglia? Qualificazione? Eri soddisfatto del tuo lavoro?
* Hai trovato lavoro nel paese ospitante? Eri già organizzato con un nuovo lavoro prima di lasciare
la tua casa?
* Questo nuovo lavoro corrisponde/corrispondeva alle tue aspettative?
* Nel tuo lavoro utilizzi le tue qualificazioni?
* La conoscenza della lingua è importante per il tuo lavoro?
* Hai mai frequentato/stai frequentando corsi di formazione?
* Attraverso quale canale hai trovato lavoro?
* Hai contatti con il sindacato? Partecipi ad altre associazioni di lavoratori?
* Hai conoscenza delle norme e delle leggi relative al lavoro e relative responsabilità?
* Sai come lavorare attraverso le istituzioni?
* Pensi di cambiare lavoro? Per motivi di reddito? Stato sociale? Qualificazione?
* Il vostro posto di lavoro è un luogo di integrazione?
* Hai mai vissuto casi di esclusione o esperienze di razzismo?
* Come sono i tuoi rapporti con i tuoi compagni?
* Aiuti la tua famiglia nel paese di origine?
Educazione
* Quale è stato il tuo percorso educativo? Quali le materie di fondo?
* Hai un diploma/attestato? (Istruzione o professionale)
* Dove hai completato la tua ultima formazione/educazione?
* Hai continuato o continueresti la tua formazione nel paese ospitante?
* Se no, qual è il motivo?
* Se sì, può spiegare?
* Mi puoi raccontare qualcosa sul sistema di istruzione nel tuo paese?
* Hai avuto difficoltà per quanto riguarda l'istruzione nel tuo paese?
* Sei informato sul sistema educativo del paese ospitante?
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* Può confrontare il tuo paese d'origine e il paese ospitante per quanto riguarda le opportunità
educative?
* Hai incontrato delle difficoltà per quanto riguarda l'istruzione nel paese ospitante?
* Hai sperimentato difficoltà o sei stato oggetto di discriminazioni basate sul genere nella tua
famiglia e nel sistema di istruzione?
* Se ne avessi la possibilità, che cosa cambieresti nella tua storia educativa, come ad esempio
materie/ambiti diversi o continuare la tua formazione?
* Ti piacerebbe iniziare/continuare la tua formazione?
* Hai frequentato qualche corso di lingua o hai mai partecipato a corsi di formazione professionale
o di integrazione nel paese ospitante?
Identità culturale
* Da quanto tempo vivi nel paese di accoglienza?
* Qual è stato il motivo principale per lasciare il tuo paese d'origine?
* Quali aspettative avevi rispetto alla cultura ospitante?
* Quali sono gli elementi principali della tua cultura (riti, religione, ma anche cibo, vestiti, musica,
danza, ecc.)?
* Quale di questi pratichi nella vita di ogni giorno?
* Insegni questi elementi ai tuoi figli?
* Quale lingua parli a casa?
* Stai programmando di chiedere la cittadinanza del paese ospitante?
* Ti senti integrato nella cultura ospitante?
* Ti senti personalmente accettato?
* Ha vissuto conflitti di genere rispetto ai ruoli assegnati ai due generi nel tuo paese d'origine e in
quello ospitante e come ti comporti?
* Sei in contatto con associazioni della tua comunità (può essere utile, ma la protezione può
incentivare l'isolamento ed esercitare una sorta di pressione sociale)?
Importante è per scoprire, ciò che sanno su diversi temi, e non ciò che è la realtà.
Competenza personale
Queste domande devono essere utilizzate per l’auto-riflessione, per conoscere il tipo di
apprendimento, le risorse e le debolezze, le capacità di concentrazione, e di problem solving, di
lavoro in gruppo.
Domande d’apertura
* Quali giochi preferivi da bambino?
* Quali sono i tuoi hobby?
* Confronta la tua vita con la vita dei tuoi genitori / tua madre / tuo padre? In quali aspetti diverge?
Domande sull’apprendimento
* Come impari meglio?
* Come affronti i problemi?
* Quali sono le tue competenze personali? o cosa potresti fare meglio sul lavoro / a casa?
* Come ti comporti in gruppo?
* Come affronti lo stress?
Peer-review della struttura dell’intervista biografica
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La peer-review realizzata durante la seconda parte del corso Pilota di Roma, nel marzo 2012, ha
avuto lo scopo di tarare questo “strumento aperto”, centrato sulle esperienze di apprendimento del
partner intervistato, verso gruppi di persone più vulnerabili, come rifugiati e altri migranti con
particolari traumi nel loro vissuto.
In questo caso, dalla griglia originaria sono state selezionate solo alcune domande; quelle che gli
operatori sociali e i mediatori culturali hanno considerato le chiavi principali per aprire la
comunicazione e approfondire i bisogni e le potenzialità dell’individuo.
Le domande selezionate sono:
-
Dove hai vissuto (città, paese, casa, appartamento …) e com’era? Com’è stato vivere lì?
Quando e come hai pensato di lasciare il tuo paese?
Che immagine/idea avevi del paese di accoglienza?
Quel è il paese in cui volevi andare inizialmente? È questo?
Cosa ti impedirebbe di vivere qui?
Sei emigrato per ragioni economiche? O per quale altra ragione?
Che immagine/idea hai del paese di accoglienza?
Cosa hai trovato? Conferme o delusioni?
Avevi un lavoro prima di emigrare? Che cosa facevi? Quanto guadagnavi? Era abbastanza
per sostenere la tua famiglia? Qualifiche? Eri soddisfatto/a del tuo lavoro?
Hai trovato lavoro nel paese di accoglienza? L’avevi trovato prima di partire?
Usi le tue qualificazioni?
La conoscenza della lingua è importante per il tuo lavoro?
Conosci le regole e le leggi relative alle tue responsabilità sul lavoro?
Hai un diploma? (istruzione o formazione)
Dove hai completato i tuoi studi?
Potresti continuare i tuoi studi nel paese di accoglienza? Se no, spiega le ragioni; se
sì,spiega perché vorresti.
Puoi parlare del sistema di istruzione nel tuo paese?
Sei informato sul sistema di istruzione del paese di accoglienza?
Hai avuto esperienze difficili legate all’istruzione nel paese di accoglienza?
Hai subito discriminazioni o incontrato difficoltà legate al sesso in famiglia e nel sistema di
istruzione?
Da quanto tempo vivi nel paese di accoglienza?
Quali sono i principali elementi della tua cultura? (riti, religione, cibo, abbigliamento, vestiti,
musica, danza ecc.).
Insegni questi elementi ai tuoi figli?
Quale lingua parli in casa?
Sono sorti dei conflitti di genere in famiglia nel tuo paese di origine? E in quello di
accoglienza? E come li hai gestiti?
Sei in contatto con associazioni della tua comunità?(può essere di aiuto, ma la protezione
può favorire l’isolamento e alcune forme di pressione sociale).
Tutte queste domande aperte sono applicabili, mentre le domande: “Come impari meglio?”
sarebbe meglio porla in un altro modo, es. “Cosa ti piace fare/imparare?”; anche la domanda
relativa alle regole sul mercato del lavoro sarebbe opportuno spiegarla, in relazione al tipo di
persona intervistata e al suo passato.
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Le domande sulla struttura della famiglia e le reti sociali sono tutte applicabili, ma preferibilmente
dopo la creazione di una relazione di fiducia tra l’operatore sociale e l’utente.
Cominciare con domande su parenti potrebbe essere assolutamente inefficace per aprire un
dialogo e gli educatori potrebbero toccare esperienze traumatiche (la violenza, guerre e conflitti,
povertà e le privazioni ecc.), senza alcun aiuto per l’intervistato/a.
Inoltre, alcuni vuoti sono stati sottolineati dai nostri professionisti, ed gli ambiti mancanti sono riferiti
a:




Cura della salute e medicina tradizionale: "Come funziona il servizio sanitario nel tuo paese
di origine?"; "Ci sono ospedali?"; "Nel tuo villaggio, ci sono dottori?"; "Come ti prendi cura
della tua salute (o della tua famiglia)?";"Sai come funziona il servizio sanitario del paese
ospitante?"; "Dove eri solito comprare le medicine?"; "Dove compri ora medicine?".
Cibo e alimentazione: chiedere sulle abitudini alimentari è collegato fortemente al punto
precedente. Alcune domande potrebbero essere centrate sulla disponibilità di cibi
tradizionali e di base o "quando e con chi" l’intervistato/a condivide i suoi pasti. Se lui/lei
segue specifiche regole nella preparazione dei cibi, o se ha difficoltà con le abitudini nuove
alimentari del paese di accoglienza. In casi specifici, psicologi potrebbero investigare la
relazione con alcol e altre dipendenze.
Relazione sentimentale e visione sul sesso: questa area di approfondimento potrebbe
mostrare specifiche difficoltà, collegabili a tabù culturali spesso oppressivi dell'espressione
libera degli individui riguardo agli orientamenti sessuali o sulla scelta del partner (ruolo della
famiglia e regole tradizionali).
Ambiente: riguarda la relazione con le risorse naturali, ma anche con la gestione dello
spreco, o l'uso di energia. Investigando questa area, lavoratori sociali / orientatori /
educatori potrebbero affrontare anche forti critiche rispetto allo sfruttamento globale dei
Paesi del Nord contro i Paesi del Sud del mondo.
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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
La bibliografia è una lista di testi in Inglese, Tedesco, Turco, Lituano e Italiano compilata dai
partner del progetto e parzialmente usata per la scrittura dei differenti capitoli del manuale.
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Lettatura citata nel Capitolo 7 (Tecniche Biografiche di Apprendimento Transculturale)
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