cari amici vicini e lontani
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cari amici vicini e lontani
giornale radio1-2 -3:Layout 1 16-05-2008 16:08 Pagina 5 giornale RADIO L’onda anomala A cura degli allievi del XVI biennio dell’IFG “Carlo De Martino”- Maggio 2008 Poche chiacchiere e buone idee La formula del successo spiegata da Antonio Caprarica e Giancarlo Santalmassi Restate in ascolto. Perché la radio ha ancora Questo giornale nasce da una consideramolto da dire. E lo farà in modo nuovo, ofzione molto semplice. frendo quei contenuti che sugli altri media si A noi allievi dell’Istituto per la formatrovano sempre meno. Con la musica on dezione al giornalismo “Carlo De Marmand e senza la schiavitù delle tino”, il futuro dei media immagini, il futuro della radio è interessa non poco. Ma per stunelle parole, nell’approfondidiare il futuro bisogna capire il mento. E il pubblico sarà chiapresente. E il presente ci dice mato non solo a sentire, ma ad che Internet sta sfiancando carta ascoltare. stampata e televisione. Non la Sono i dati a dirlo. È la gente a radio. Perché il web può sostichiederlo. «Le lettere dei nostri tuire inchiostro e immagini, ma ascoltatori confermano che non non può inseguire le persone. vogliono più migliaia di radio Quello può farlo soltanto la che fanno tutte la stessa cosa, radio. I numeri parlano chiaro, i musica e disimpegno», afferma dati d’ascolto sono indiscutibili. Giancarlo Santalmassi, direttore La radio si è presa l’etichetta che Cesare Zavattini di Radio 24, la principale emitle è sempre stata data: sorella tente privata di informazione in Italia. Gli fa minore della televisione. Minore e duneco Antonio Caprarica, direttore di Radio 1 que più in salute, a dispetto dell’anae dei giornali radio Rai, che considera la cografe. Anche la musica deve rinnovarsi. stante crescita degli ascolti negli ultimi due Entra nell’era digitale senza carta d’idenanni il segnale di come la radio sia per il tità: non è più compact disc, non è più pubblico un porto sicuro dove trovare conautoradio.Per noi, allora, il futuro della tenuti più seri e affidabili. Questo imporrà radio sta nelle parole. E soprattutto nei giornalisti. In Italia chi ha deciso di puntare sull’informazione radiofonica sta portando a casa risultati interessanti. All’estero nascono buoni modelli da seguire. In queste quattro pagine c’è soltanto la radio. Quella del passato, quella di oggi, quella che verrà. Parlano direttori italiani e stranieri, voci storiche e attuali, esperti e professori. Non esiste una logica nell’impaginazione degli articoli. Si susseguono uno dopo l’altro. Come in un palinsesto radio. “Eccomi qui, devo parlare per altri cinque minuti e non so che cosa dire” “ Paolo Scandale l’aumento dei professionisti dell’informazione al microfono. E saranno giornalisti diversi, che dovranno sviluppare, accanto alle competenze tradizionali, nuove qualità. Innanzitutto la capacità di stabilire un’empatia col pubblico, legata anche all’affermarsi di strumenti come il podcasting, che consente di ricevere sul computer i contenuti preferiti e ascoltarli in qualsiasi momento. Secondo Caprarica, «occorre una nuova sensibilità, perché ciò che sarà detto dal giornalista finirà nel palinsesto personalizzato di ogni ascoltatore». Questo significa saper intercettare le esigenze di un pubblico che sarà chiamato a partecipare alla fattura stessa dei programmi. Santalmassi parla invece di un giornalista che dovrà trasformarsi sempre più in conduttore, offrendo i contenuti in maniera più accattivante: «Ci sarà un’evoluzione del modo di raccontare, dovranno diventare tutti un po’ più entraineur». L’altro grande fattore di mutamento sarà la radio digitale. L’integrazione tra i diversi media, assicurata da questo nuovo formato, richiederà giornalisti capaci di muoversi in ...cari amici vicini e lontani... Numeri & frequenze 2800 il numero delle radio italiane nel 1978 39.000.000 gli italiani che ogni giorno ascoltano la radio (secondo bimestre 2008) 34.000.000 da 12 anni l’audience radiofonica giornaliera non scende sotto questo livello 73(%) percentuale degli italiani di età maggiore a 11 anni che accende la radio nel giorno medio 7.000.000 gli ascolti giornalieri di Radio 1, la prima stazione italiana 5.567.000 i giovani che si sintonizzano ogni giorno su Radio Deejay 5.261.000 il pubblico giornaliero di Rtl 102.5 350 le radio italiane censite da Audiradio 601.000.000 di euro: il volume degli investimenti pubblicitari complessivi del 2007 nel mezzo radiofonico autonomia, dalla redazione alla messa in onda del pezzo, e arricchirà l’informazione radiofonica che dovrà essere in grado di diversificarsi sottolineando le proprie peculiarità. Santalmassi esclude qualsiasi rischio di uno snaturamento del mezzo: «La radio rimarrà monosensoriale e si rivolgerà sempre più alla gente attiva, in movimento. Gli esperimenti nei quali la radio è stata portata in televisione sono solo un tentativo della Tv di morire nel migliore dei modi possibili. Senza riuscirci». ” Una ruspa nel traffico Fabio Pisanu Da quasi dodici anni il pomeriggio di Radio 2 è “Caterpillar”. Informazione e intrattenimento coniugati in una formula innovativa e piacevole, mai ripetitiva. Massimo Cirri e Filippo Solibello (subentrato al fondatore Sergio Ferrentino nel 2000) sono le voci di questa “comunità”. Come nasce l’esperienza di “Caterpillar”? Cirri: «Nasce dall’esigenza dell’azienda di creare un formato di comunicazione per il pomeriggio. Le cose andavano talmente male che un’innovazione poteva essere tollerabile. Il programma è nato ponendo al centro dell’attenzione il pubblico del cosiddetto driving time, gli automobilisti». È difficile fare contenuto per degli ascoltatori potenzialmente “poco attenti”? Solibello: «La difficoltà principale è informare il pubblico intrattenendolo in maniera interessante. Brillantezza e leggerezza non vanno confuse. Le persone vogliono parlare di cose serie e interessanti se lo si fa in maniera brillante». Anche la radio è soggetta al progresso tecnologico. Si rischia di snaturarne la semplicità? S: «No. Le radio hanno ormai da anni un proprio sito o le webcam in studio. Ma sono tutte pietanze di contorno: se il piatto principale funziona, il resto è accessorio. L’evoluzione più in- teressante forse sarà quella che permetterà di fare radio da ogni luogo». Se accadrà, ci sarà una nuova rivoluzione come all’epoca delle radio libere? C: «Se nella propria cameretta ci sarà un ragazzo geniale che ha qualcosa di particolare da dire, sì. Ma se nella stanza c’è poco da dire, anche la radio avrà poco da dire. Il mezzo tecnico è importante, ma è ancora il contenuto ad attrarre». S: «Inoltre bisogna capire quale modello di business si riuscirà ad unire alle web radio. Se non emerge un qualche modello economico seguiranno il destino dei blog che sono tantissimi, ma sono semplici diari personali». Secondo alcune statistiche l’ascoltatore medio non resta più di 15 minuti sulla stessa stazione. Voi su questo target avete basato la vostra trasmissione. Non è un po’ rischioso? C: «Lo spostamento casa-lavoro è un nodo importante della dinamica sociale di questi anni. Corpi, vite e menti imprigionate in attesa di un rientro che arriva sempre più tardi. Loro sono lì fermi, gli “spari”addosso facilmente, in un certo senso è più facile». S: «Inoltre questa statistica si riferisce principalmente alle radio commerciali. La Rai ha sempre preferito contenitori più sostanziosi. Il tempo di ascolto medio è più alto e trasmissioni come la nostra riescono a costruire quella tensione narrativa che trattiene l’ascoltatore». giornale radio1-2 -3:Layout 1 16-05-2008 16:08 Pagina 2 Maschi, colti e in coda anatomia di un target Antonio Vanuzzo Effimera ma costante. Quote di mercato in crescita, ascolti stabili e volumi ogni anno maggiori. I numeri della pubblicità radiofonica italiana testimoniano l’ottimo stato di salute di quello che è stato definito da studiosi ed esperti di marketing un medium “di coda” – rispetto a Tv e carta stampata – per quanto riguarda gli investimenti. Nonostante nel corso del 2007 la radio abbia attratto solo il 6% della spesa in comunicazione delle aziende italiane, in un mercato dominato dallo strapotere televisivo (che da solo copre il 55% della spesa pubblicitaria nazionale), «il trend pubblicitario del mezzo radiofonico è di segno assolutamente positivo». Ne è convinta, dati alla mano, Giovanna Maggioni, membro del board di Audiradio e neo direttrice generale dell’Upa, il consorzio che riunisce i principali investitori pubblicitari italiani: «Addirittura nel primo trimestre del 2008 si è avuta una crescita del 15%, rispetto ad un aumento complessivo del mercato intorno al 3%». Niente “coda”, dunque. Anzi, esempio virtuoso di fidelizzazione dell’audience, come dimostrano i generi merceologici maggiormente pubblicizzati: «I settori dell’editoria e delle autovetture coprono il 40% degli annunci. La radio è sempre stata considerata “maschile”, per questo non trovano spazio prodotti di massa come alimentari e detersivi». Continua Giovanna Maggioni: «Per attrarre la nostra attenzione, gli investitori utilizzano il tempo che passiamo in macchina tornando dal lavoro, quando ascoltiamo le nostre stazioni preferite. Si tratta del cosiddetto driving time». In che modo viene impaginato lo spazio radiofonico da dedicare agli spot? «Generalmente, agli investitori vengono venduti dei “pacchetti” da 15 giorni con un numero prestabilito di passaggi, come in Tv. Il prezzo è contrattato in base al tipo di emittente e alle fasce orarie di trasmissione». Nel corso del 2007, la compravendita di spazi pubblicitari ha generato un giro d’affari di 601 milioni di euro, un volume che cresce costantemente, a parte due flessioni significative: la prima legata allo scoppio della bolla della new economy nel 2000, la seconda dovuta all’effetto post 11 settembre. Due eventi che hanno minato la fiducia delle aziende, ma non quella degli ascoltatori: 38 milioni e 654mila nel giorno medio l’anno scorso, quasi 38 milioni nel 2006, una quota costante per oltre un decennio, senza variazioni significative. Ogni giorno 35 milioni di italiani accendono la radio, mentre la pubblicità da oltre un lustro ne forma i gusti e i consumi, molto prima della Tv. “Non dimenticate che io sono cintura nera di karaoke” Buongiorno “ signora, non ha Fiorello Il segreto è ESSERE PRIMI in qualcosa Riccardo Bianchi Quando è salito alla direzione di Radio Montecarlo Francia, l’emittente aveva ascolti bassissimi. Per ripartire ha deciso di puntare sui contenuti. Oggi Frank Lanoux raccoglie i frutti della sua scommessa: Rmc è una delle emittenti più apprezzate e con il maggior numero di ascoltatori fissi. Direttore, perché avete scelto i format “parlati”? «Dovevamo fare qualcosa che gli altri non avessero ancora fatto. Nel 2000 c’era già France Info che usava questi formati per l’attualità, noi abbiamo ampliato gli argomenti, con talk show e sport». Non avete mai avuto paura che un pubblico troppo specifico fosse difficile da mantenere? «Per vincere la concorrenza è meglio un’offerta mirata. Col tempo abbiamo imparato a parlare al nostro pubblico ed è il modo migliore per tenerlo con noi». Quanto conta aver ottenuto i diritti di eventi come i mondiali del 2002 o i campionati di Formula 1? «È importante essere numeri uno in qualcosa. Dobbiamo offrire la miglior radio possibile, con i migliori programmi, i migliori specialisti e anche i diritti per coprire gli avvenimenti più interessanti». Quanto contano i conduttori per conservare gli ascoltatori? «Sono necessari per “cementare” la trasmissione e garantirne la qualità. Ma anche il conduttore deve essere versatile, pronto a sbagliare per fare meglio. Se non ci prova, dopo un po’ il programma diventa noioso». I format parlati sono il futuro della radio? «Non penso. Gli ascoltatori hanno apprezzato le “parlate” perché si sono differenziate. Anche le radio musicali possono avere un futuro, ma solo se si rinnoveranno». mica telefonato per lamentarsi?” Francesco Moccagatta Arbore e Boncompagni, che ventata di FANTASTIQUE «Ragazzi la radio ha i giorni contati […] stanno inventando qualcosa che avrà lo stesso effetto del whisky, ma non ti lascerà col mal di stomaco e potrà essere usato anche dai mocciosi. E guadagnerà fantastiliardi». Così scriveva l’autore americano Garrison Keillor, nel suo libro “Radio Romance”. Raccontava la nostalgia dei radio days, quando la radio era ancora il mezzo dominante, prima di essere oscurata dalla Tv. In realtà la radio è stata data per morta mille volte, ma è sempre risorta. Soprattutto negli ultimi anni, ascolti e investimenti pubblicitari sono cresciuti, lenti ma inesorabili. Aldo Grasso, opinionista del “Corriere della Sera”, spiega perchè: «Con l’esplosione degli ascolti televisivi, la radio si è 2 Zelia Federica Pastore trovata in una fase di riposizionamento. Fino agli anni Settanta, quando avvennero due cose importanti: la radio ha scoperto che poteva mettersi in contatto diretto con i suoi ascoltatori attraverso il telefono. È stata una rivoluzione, ed è avvenuta molto prima che in Tv. Trasmissioni come “Chiamate Roma 3131” sono servite ad avvicinare il pubblico. La gente chiedeva consigli o raccontava qualcosa di personale, aveva l’illusione di partecipare a un evento. L’altra grande innovazione è stata “Alto Gradimento” , il programma di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni, che ha inventato un linguaggio nuovo, ha rotto le convenzioni e ha portato una ventata di fantastique. In pratica è diventato la grammatica per tutte le radio a venire». E oggi chi ascolta la radio? Secondo Giorgio Simonelli, docente di Storia della radio e della televisione all’Università Cattolica di Milano, sono «persone che fanno attività, e per passare il tempo ascoltano la radio: il guidatore, il dentista, chi disegna, chi sta in negozio… Questo pubblico, a differenza di chi usa la Tv come sottofondo, esige dalla radio dei prodotti stimolanti. Assidui ascoltatori sono anche i ragazzi: non dimentichiamo che la radio è il mezzo che più di altri ha saputo interpretare le culture giovanili. E poi la radio funziona ancora “per appuntamenti”: tra il pubblico c’è chi aspetta quell’ora del giorno per seguire il proprio programma preferito. In televisione questa piacevole abitudine è quasi scomparsa». “ Un programma contro tutti e contro tutto. Alto Gradimento! ” giornale radio1-2 -3:Layout 1 16-05-2008 16:08 Pagina 3 Gialappa’s: mai dire dj Zelia Federica Pastore Marco Santin, lei ha iniziato la sua carriera in radio, poi quando si è spostato in Tv con la Gialappa’s Band ha continuato a lavorare come uno speaker. Perché? «La Tv è piena di imbecilli, vederne tre in meno è anche meglio. Faccio radio in Tv perché non voglio essere infastidito per strada. E poi perché la radio è più vera. In tele si urlano addosso, la radio dà voce agli ascoltatori, è un mezzo sincero». Crede che in Italia ci sarà più spazio per programmi di contenuto? «Certamente, già adesso Radio 2 ne è piena: “Caterpillar”, il “Ruggito del Coniglio” e “Grazie per averci scelto”, il mio programma. Ma solitamente la struttura è sempre la stessa: i dj fanno i tuttologi e commentano notizie tipo “i canguri tirano la cocaina”». E invece “Grazie per averci scelto” com’é? «Tutta un’altra cosa. Parliamo io, un’altra conduttrice e ogni giorno un mio amico diverso, che può essere il mago Forest come un parrucchiere. Ma i veri protagonisti sono gli ascoltatori: in un’ora e mezza arrivano in media 300 sms e 40 mail. Se i format dove i dj raccontano i cavoli loro sono in calo di ascolti e il nostro va molto bene, ci sarà un motivo». Tutto il calcio quartiere per quartiere Era il rito della domenica. Radioline sintonizzate sulle frequenze di Radio Rai, e quelle voci a raccontare il pallone. “Tutto il calcio minuto per minuto” è la storia dello sport alla radio. E qualcosa di più. Ideata nel 1959 da Gu- Piero Vitiello culto che, col passare degli anni e con lo sviluppo dei nuovi mezzi di comunicazione, ha saputo rinnovarsi, prima di un inevitabile calo degli ascolti. «All’inizio era diverso – racconta Gilberto Evangelisti, ex direttore del pool sportivo Rai – I radiocronisti parlavano ad un pubblico che voleva sapere come stavano andando le partite: e attraverso il racconto, Sandro Ciotti spesso romanzato, si regalavano le emozioni». Uno scenario destinato a mutare con il progresso. Massimo De Luca ha condotto la trasmissione dal 1987 al 1992: «Decisi subito che era giunto il momento di cambiare qualcosa: le Tv, la sera, proiettavano le immagini. Non era più possibile che la radio facesse errori, perciò introdussi i monitor nello studio centrale, per aiutare i radiocronisti nei “Clamoroso al Cibali!” glielmo Moretti, Roberto Bortoluzzi e Sergio Zavoli, questa trasmissione rappresenta la cartina di tornasole del rapporto tra il mezzo radiofonico, lo sport e il pubblico nel tempo. Più di quanto non abbiano fatto le dirette dedicate alle Olimpiadi, al ciclismo, alla boxe o, negli anni Ottanta, al basket , “Tutto il calcio” ha unito milioni di sportivi in un casi più difficili». Da qualche anno i dati di ascolto segnano una flessione: la radio è stata praticamente portata in Tv dalle reti private, con i format studiostadio. E le pay Tv, con la diretta delle partite e di tutti gli eventi sportivi, hanno sottratto la maggioranza del pubblico. Il futuro dello sport in radio, pertanto, sembra essere sempre più legato ad una dimensione locale: «A un pubblico nazionale si devono offrire prodotti generici, che oggi risultano inflazionati a causa delle Tv – racconta Luigi Balducci, direttore della radio romana Centro Suono Sport – mentre in una radio come la nostra, interamente dedicata allo sport locale, gli ascoltatori sentono gli argomenti molto più vicini a loro, e sono portati a interagire. Non è un caso che, nel giro di tre anni, i nostri ascolti siano raddoppiati». Numeri che, a livello nazionale, oggi sembrano lontanissimi. Guglielmo Marconi, giovane fisico marchigiano, trasmette i tre punti della lettera “s” dell’alfabeto Morse dalle due sponde dell’Atlantico, da Poldhu in Cornovaglia a St. John’s in Canada, grazie al telegrafo senza fili. 1901 A Chemsford, in Inghilterra, iniziano le prime trasmissioni destinate al pubblico da un trasmettitore della Marconi Company. È la nascita delle radioaudizioni. 1920 Il 6 ottobre alle 21 dai microfoni dell’Uri (Unione radiofonica italiana) la voce di Maria Luisa Boncompagni inaugura il primo programma irradiato in Italia. Trasmette dalla stazione di Roma San Filippo. 1924 Oltre il mainstream: «Essere LIBERI ha un prezzo» «Amo la radio perché arriva alla gente, entra nelle case e ci parla direttamente, e se una radio è libera, ma libera veramente, mi piace ancor di più perchè libera la mente», cantava nel 1976 Eugenio Finardi, dal palco del Parco Lambro di Milano. Trentadue anni dopo, in un etere sempre più ingombro di proposte radiofoniche di ogni tipo, c’è ancora chi quella bandiera la porta avanti con solida e strenua convinzione. Sei radio, una libertà: Radio Onda Rossa di Roma, Radio Onda d'Urto di Brescia, Radio Ciroma di Cosenza, Radio Sherwood di Padova, Radio Blackout di Torino e RadioLina di Napoli. Scelte precise, tenendo in mano i fili della memoria storica e delle battaglie dell’oggi. Sei radio, diverse per provenienza e territorio, per possibilità e organizzazione, ma unite dall’intento di raccontare ciò che viene Massimiliano Del Barba omesso dai media mainstream. O, semplicemente, di dargli un’interpretazione diversa, da un punto di vista altro, critico, lontano dalle logiche del mercato. 1977 e 2001, Radio Alice e Radio Gap: due date e due emittenti lontane un quarto di secolo, ma entrambe megafoni della ribellione collettiva in atto nei giorni caldi di Bologna e Genova, chiuse nello stesso e identico modo, a mano armata, con l’irruzione della polizia negli studi, l’arresto dei redattori. Cosa rimane di questa lezione? «Dopo Genova abbiamo perso la capacità di coordinarci e lavorare in sinergia – commenta Umberto Gobbi di Radio Onda d’Urto – dopo l’esperienza di Gap si è tornati alla frammentazione degli anni Novanta. Molte delle nostre consorelle sono in un momento di difficoltà. Noi teniamo, siamo politicamente schierati ma l’ultimo tsunami elettorale non ha intaccato la nostra credibilità». Neanche un secondo di pubblicità, una prospettiva locale in grado di spaziare però anche su questioni di più ampio respiro grazie a una non indifferente rete di contatti, «la nostra sfida – conclude Gobbi – è quella di continuare a dare voce ai movimenti, ritagliandoci un ruolo di analisi critica della realtà». Una prospettiva che ha delle similitudini con l’esperienza di Radio Popolare, anche se la storica emittente milanese parte da un diverso assunto: «Per rimanere sul mercato accettare la pubblicità è una scelta obbligata – spiega Danilo de Biasio – cosa che non inficia la libertà di espressione. Noi non abbiamo editori di riferimento. Per assurdo ad avere le mani legate è chi dipende da un partito o da un gruppo politico». Una sola certezza accomuna le due esperienze: «I contenuti sono la nostra risorsa, la nostra benzina. E lo saranno anche in futuro: è quello che ci chiede la gente». 3 giornale radio1-2 -3:Layout 1 16-05-2008 16:08 Pagina 4 La Bbc: analogici, convertitevi! Marco Lignana Dall’etere allo spazio Riccardo Bianchi In America la radio satellitare è già realtà. Due operatori, Sirius e XM Radio, stanno pensando di fondersi. Ma per ora continuano a contendersi il mercato. I primi satelliti furono lanciati nel 2002 e pochi pensavano che una radio a pagamento avrebbe avuto successo. Ma gli scettici sono stati smentiti. Le due piattaforme hanno raggiunto i 17 milioni di ascoltatori e vantano ricavi in continua crescita. Gli utenti hanno apprezzato la possibilità di scegliere tra oltre 300 canali, di cui la metà senza pubblicità, con informazioni sul traffico e sul meteo personalizzate. Anche il basso costo dell’abbonamento – 12,95 dollari al mese – la ricezione perfetta del segnale e la presenza di programmi esclusivi hanno fatto la differenza. Contano molto anche le scelte azzeccate su contenuti e conduttori. Sirius ad esempio si è assicurato il re delle radio americane, Howard Stern, che con i suoi talk show ha fatto volare il numero di abbonati. E per aumentarlo ancora i due concorrenti si stanno accordando con i produttori di automobili per dotare i nuovi veicoli di lettori radio satellitari. In Europa sembra che l’operatore Worldspace sia intenzionato a far debuttare entro l’anno il servizio, e proprio in Italia. Ma il problema della mancanza di una lingua comune non sarà secondario. Notte di Halloween. Dai microfoni della Cbs il ventitreenne Orson Welles, durante la trasmissione “Mercury Theatre on the air”, fa credere agli americani che i marziani stiano sbarcando sulla terra. 1938 Le aziende Texas Instrument e Regency Electronics lanciano sul mercato la prima radio portatile a transistor, un nuovo strumento leggero che consente la diffusione della musica rock e funge da aggregatore sociale tra i giovani. 1954 Renzo Arbore e Gianni Boncompagni inaugurano il loro programma "Alto Gradimento", in onda nei giorni feriali dalle 13 alle 14, destinato a rappresentare una rivoluzione nel linguaggio radiofonico italiano. 1970 Grazie alla sentenza 202 della Corte Costituzionale i privati possono installare programmi di diffusione radiotelevisiva, purché siano a copertura locale. È l’inizio del boom delle radio libere. 1976 L’emittente statunitense Voice of America, ascoltata anche in Urss durante la guerra fredda, inaugura la sua presenza stabile sul web con il sito www.voa.gov. Iniziano a diffondersi le prime internet-radio negli Stati Uniti. 1996 La Bbc introduce programmi esclusivamente digitali come 1xtra dedicato alla black music. Attualmente ha cinque stazioni che trasmettono in digitale e cinque in simulcast. 2002 4 L’Italia ha iniziato a parlare seriamente di radio digitale terrestre lo scorso luglio. Nel Regno Unito le trasmissioni sono cominciate negli anni Novanta. Oggi i sudditi di Sua Maestà che hanno abbandonato l’analogico sono il 22% degli ascoltatori. John Ousby è il capo del settore “tecnologie interattive” alla Bbc Radio. Mr Ousby, perché è necessario convertirsi al digitale? «Non si tratta di un cambiamento più o meno necessario. Semplicemente siamo entrati nell’era digitale e la radio è obbligata a cambiare. Il Dab e il nuovo sistema di trasmissione Dab+, di migliore qualità, offrono una ricchezza di contenuti inimmaginabile per l’ascoltatore abituato all’analogico: foto, grafici, guide elettroniche ai programmi, slide shows…». Però in Gran Bretagna l’industria radiofonica digitale ha avuto non pochi problemi. «Alcune stazioni sono fallite, come accade in ogni mercato. La cosa davvero importante è non con- fondere la potenzialità del mezzo con le politiche delle singole aziende. Da noi ci sono stati dei problemi legati alle strategie di GCap, il principale network digitale, che a breve verrà assorbito da un’altra compagnia, la Global Radio». In Italia la Rai ha deciso di sfruttare un altro sistema di trasmissione, il Dmb (Digital multimedia broadcasting). La ritiene una buona scelta? «Il Dmb è un ottimo sistema per trasmettere video. Ma se si vogliono affiancare immagini ferme al contenuto sonoro, allora la scelta più logica e ottimale è il Dab+». Altri suggerimenti per la futura radio italiana? «L’unico modo per sviluppare la radio digitale è armonizzare il mercato europeo. Ogni Paese sceglie un metodo di trasmissione diverso e il risultato è che i modelli di ricevitori sono troppo diversificati per avere prezzi competitivi. L’ascoltatore non lascia l’analogico, la pubblicità non decolla e l’industria resta al palo». “Sembra incredibile... ma le osservazioni scientifiche e l’evidenza stessa dei fatti inducono a credere che gli strani esseri atterrati stanotte nella fattoria del NewJersey non siano che l'avanguardia di un'armata di invasione proveniente da Marte” Orson Welles Oggetti smarriti Irene Privitera Avevano una sola funzione, le radio di una volta. Che fossero da tavolo, tascabili o forme di puro design come quella progettata da Marco Zanuso negli anni Sessanta, erano oggetti per ascoltare musica, e basta. Di quegli oggetti oggi rimane ben poco. L’ascolto radiofonico è una funzione integrata su microdispositivi – si pensi all’iPhone – in grado di fare anche molto altro. «Convergenza multimediale è l’ascolto di uno stesso contenuto su mezzi differenti – spiega il professor Albino Pedroia, fra i massimi esperti europei di media e docente di Comunicazione Audiovisiva alla Sorbona di Parigi – l’ascoltatore può ricevere i programmi in FM, sul web, via satellite o via cavo. Del resto la difficoltà ad identificarsi con un solo mezzo coinvolge anche stampa e Tv». Radio digitale significa qualità sonora eccezionale, un’offerta molto più larga – sei o sette programmi stereo su un canale di 1,5 MHz con tecnologia Dab e fino a trenta con lo standard Dmb – e soprattutto la possibilità di inserire dati associati. «Sono grafici, immagini in movimento, foto e testi di vario tipo che possono illustrare il contenuto sonoro che in quel momento va in onda, o anche superarlo fornendo informazioni aggiuntive», continua il professor Pedroia. Ma replicare il contenuto delle radio analogiche non basterà. «Non penso che in questo modo si riesca a vendere molti ricevitori. Perché spendere almeno 100 euro per ricevere programmi già disponibili in FM? Le esperienze straniere lo dimostrano: senza un’offerta specifica per il digitale il grande pubblico non compra i ricevitori». Rai Way: SPERIMENTATORI per legge Fino a sette programmi stereo su un’unica frequenza in qualità Cd, servizi a valore aggiunto, ricezione in mobilità: la rivoluzione digitale per la radiofonia è stata il Dab, Digital audio broadcasting. Poco meno di un anno fa la scelta di viale Mazzini di sperimentarne un’evoluzione, lo standard Dmb. Stefano Ciccotti è amministratore delegato di Rai Way, la società che gestisce l’infrastruttura di rete del broadcaster pubblico. Quali vantaggi porta il Digital multimedia broadcasting? Il Dmb permette di moltiplicare ulteriormente i canali audio, di veicolare sul terminale contenuti diversi dallo stream radiofonico che va in onda, e di contenere i costi di realizzazione delle reti. Il Regno Unito, per il digitale, ha puntato sui nuovi contenuti: Irene Privitera l’Italia seguirà questo modello? Le frequenze di trasmissione sono una risorsa scarsa: all’inizio dobbiamo trovare spazio per tutte le emittenti nazionali e locali con la loro attuale programmazione analogica. Ma così non si rischia che l’ascoltatore pensi che nulla è cambiato? La radiofonia digitale dal punto di vista tecnico permette un salto qualitativo eccezionale. L’assenza di contenuti innovativi nella prima fase della transizione non dovrebbe rappresentare un ostacolo. Il modello economico ottimale? Deve essere di tipo free, almeno in un primo momento. Nella tradizione del nostro Paese non esistono offerte radiofoniche a pagamento. L’obiettivo di Rai Way? Sia all’interno di Rai che sul mercato abbiamo il compito di fornire infrastrutture tecnologiche di alta qualità a costi contenuti, favorendo la transizione al digitale a tutte le emittenti, anche le più piccole. Il pdf del giornale e le interviste complete in formato audio sono disponibili su www.ifgonline.it Per la radio si prevede una lunga convivenza fra analogico e digitale. Sì, dal punto di vista normativo lo switch off, cioè lo spegnimento delle frequenze in analogico, è previsto per la televisione ma non per la radio. Nel digitale l’uso di frequenze diverse dall’FM permetterà ai due sistemi di coesistere, almeno fino a quando la copertura del servizio non avrà raggiunto cifre consistenti. Lo scorso 11 marzo è nata l’Associazione per la radiofonia digitale in Italia. Qual è il suo ruolo? È un’associazione promotrice dell’evoluzione tecnologica e tutela gli operatori del settore, nel rispetto del pluralismo, delle norme e delle regolamentazioni. Ci sarà la Rai al centro dell’era digitale? Rai ha un ruolo di propulsore innato per la sua natura di broadcaster pubblico. È la legge stessa che ci chiede di essere sperimentatori. Capacità infrastrutturale, competenze e conoscenze saranno al servizio dell’intero sistema.