cari amici vicini e lontani

Transcript

cari amici vicini e lontani
giornale radio1-2 -3:Layout 1
16-05-2008
16:08
Pagina 5
giornale
RADIO
L’onda
anomala
A cura degli allievi del XVI biennio dell’IFG “Carlo De Martino”- Maggio 2008
Poche chiacchiere e buone idee
La formula del successo spiegata da Antonio Caprarica e Giancarlo Santalmassi
Restate in ascolto. Perché la radio ha ancora
Questo giornale nasce da una consideramolto da dire. E lo farà in modo nuovo, ofzione molto semplice.
frendo quei contenuti che sugli altri media si
A noi allievi dell’Istituto per la formatrovano sempre meno. Con la musica on dezione al giornalismo “Carlo De Marmand e senza la schiavitù delle
tino”, il futuro dei media
immagini, il futuro della radio è
interessa non poco. Ma per stunelle parole, nell’approfondidiare il futuro bisogna capire il
mento. E il pubblico sarà chiapresente. E il presente ci dice
mato non solo a sentire, ma ad
che Internet sta sfiancando carta
ascoltare.
stampata e televisione. Non la
Sono i dati a dirlo. È la gente a
radio. Perché il web può sostichiederlo. «Le lettere dei nostri
tuire inchiostro e immagini, ma
ascoltatori confermano che non
non può inseguire le persone.
vogliono più migliaia di radio
Quello può farlo soltanto la
che fanno tutte la stessa cosa,
radio. I numeri parlano chiaro, i
musica e disimpegno», afferma
dati d’ascolto sono indiscutibili.
Giancarlo Santalmassi, direttore
La radio si è presa l’etichetta che
Cesare Zavattini
di Radio 24, la principale emitle è sempre stata data: sorella
tente privata di informazione in Italia. Gli fa
minore della televisione. Minore e duneco Antonio Caprarica, direttore di Radio 1
que più in salute, a dispetto dell’anae dei giornali radio Rai, che considera la cografe. Anche la musica deve rinnovarsi.
stante crescita degli ascolti negli ultimi due
Entra nell’era digitale senza carta d’idenanni il segnale di come la radio sia per il
tità: non è più compact disc, non è più
pubblico un porto sicuro dove trovare conautoradio.Per noi, allora, il futuro della
tenuti più seri e affidabili. Questo imporrà
radio sta nelle parole. E soprattutto nei
giornalisti. In Italia chi ha deciso di puntare sull’informazione radiofonica sta
portando a casa risultati interessanti.
All’estero nascono buoni modelli da
seguire.
In queste quattro pagine c’è soltanto la
radio. Quella del passato, quella di oggi,
quella che verrà. Parlano direttori italiani
e stranieri, voci storiche e attuali, esperti
e professori. Non esiste una logica nell’impaginazione degli articoli. Si susseguono uno dopo l’altro. Come in un
palinsesto radio.
“Eccomi
qui, devo
parlare
per altri
cinque
minuti
e non so che
cosa dire”
“
Paolo Scandale
l’aumento dei professionisti dell’informazione al microfono. E saranno giornalisti diversi, che dovranno sviluppare, accanto alle
competenze tradizionali, nuove qualità. Innanzitutto la capacità di stabilire un’empatia
col pubblico, legata anche all’affermarsi di
strumenti come il podcasting, che consente
di ricevere sul computer i contenuti preferiti
e ascoltarli in qualsiasi momento.
Secondo Caprarica, «occorre una nuova sensibilità, perché ciò che sarà detto dal giornalista finirà nel palinsesto personalizzato di
ogni ascoltatore». Questo significa saper intercettare le esigenze di un pubblico che sarà
chiamato a partecipare alla fattura stessa dei
programmi. Santalmassi parla invece di un
giornalista che dovrà trasformarsi sempre
più in conduttore, offrendo i contenuti in maniera più accattivante: «Ci sarà un’evoluzione del modo di raccontare, dovranno
diventare tutti un po’ più entraineur».
L’altro grande fattore di mutamento sarà la
radio digitale. L’integrazione tra i diversi
media, assicurata da questo nuovo formato,
richiederà giornalisti capaci di muoversi in
...cari amici
vicini e lontani...
Numeri & frequenze
2800 il numero delle radio italiane nel 1978
39.000.000 gli italiani che ogni giorno
ascoltano la radio (secondo bimestre 2008)
34.000.000 da 12 anni l’audience
radiofonica giornaliera non scende sotto questo livello
73(%) percentuale degli italiani di età maggiore a 11 anni
che accende la radio nel giorno medio
7.000.000 gli ascolti giornalieri di Radio 1,
la prima stazione italiana
5.567.000 i giovani che si sintonizzano
ogni giorno su Radio Deejay
5.261.000 il pubblico giornaliero
di Rtl 102.5
350 le radio italiane censite da Audiradio
601.000.000 di euro: il volume
degli investimenti pubblicitari complessivi del 2007
nel mezzo radiofonico
autonomia, dalla redazione alla messa
in onda del pezzo, e arricchirà l’informazione radiofonica che dovrà essere in grado
di diversificarsi sottolineando le proprie peculiarità. Santalmassi esclude qualsiasi rischio di
uno snaturamento del
mezzo: «La radio rimarrà monosensoriale e si rivolgerà
sempre più alla
gente attiva, in
movimento.
Gli esperimenti nei
quali la radio
è stata portata
in televisione
sono solo un
tentativo della Tv di morire nel migliore
dei modi possibili. Senza riuscirci».
”
Una ruspa nel traffico
Fabio Pisanu
Da quasi dodici anni il pomeriggio di Radio 2 è “Caterpillar”. Informazione e intrattenimento coniugati in
una formula innovativa e piacevole, mai ripetitiva. Massimo Cirri e Filippo Solibello (subentrato al fondatore
Sergio Ferrentino nel 2000) sono le voci di questa “comunità”.
Come nasce l’esperienza di “Caterpillar”?
Cirri: «Nasce dall’esigenza dell’azienda di creare un
formato di comunicazione per il pomeriggio. Le cose
andavano talmente male che un’innovazione poteva essere tollerabile. Il programma è nato ponendo al centro
dell’attenzione il pubblico del cosiddetto driving time,
gli automobilisti».
È difficile fare contenuto per degli
ascoltatori potenzialmente “poco attenti”?
Solibello: «La difficoltà principale è informare il pubblico intrattenendolo in maniera interessante. Brillantezza e leggerezza non vanno confuse. Le persone
vogliono parlare di cose serie e interessanti se lo si fa in
maniera brillante».
Anche la radio è soggetta
al progresso tecnologico. Si rischia
di snaturarne la semplicità?
S: «No. Le radio hanno ormai da anni un
proprio sito o le webcam in studio. Ma
sono tutte pietanze di contorno: se il
piatto principale funziona, il resto è
accessorio. L’evoluzione più in-
teressante forse sarà quella che permetterà di fare radio
da ogni luogo».
Se accadrà, ci sarà una nuova rivoluzione
come all’epoca delle radio libere?
C: «Se nella propria cameretta ci sarà un ragazzo geniale che ha qualcosa di particolare da dire, sì. Ma se
nella stanza c’è poco da dire, anche la radio avrà poco
da dire. Il mezzo tecnico è importante, ma è ancora il
contenuto ad attrarre».
S: «Inoltre bisogna capire quale modello di business si
riuscirà ad unire alle web radio. Se non emerge un qualche modello economico seguiranno il destino dei blog
che sono tantissimi, ma sono semplici diari personali».
Secondo alcune statistiche l’ascoltatore medio
non resta più di 15 minuti sulla stessa stazione.
Voi su questo target avete basato
la vostra trasmissione. Non è un po’ rischioso?
C: «Lo spostamento casa-lavoro è un nodo importante
della dinamica sociale di questi anni. Corpi, vite e menti
imprigionate in attesa di un rientro che arriva sempre
più tardi. Loro sono lì fermi, gli “spari”addosso facilmente, in un certo senso è più facile».
S: «Inoltre questa statistica si riferisce principalmente
alle radio commerciali. La Rai ha sempre preferito contenitori più sostanziosi. Il tempo di
ascolto medio è più alto e trasmissioni come la
nostra riescono a costruire quella tensione
narrativa che trattiene l’ascoltatore».
giornale radio1-2 -3:Layout 1
16-05-2008
16:08
Pagina 2
Maschi, colti e in coda
anatomia di un target
Antonio Vanuzzo
Effimera ma costante. Quote di mercato in crescita,
ascolti stabili e volumi ogni anno maggiori. I numeri
della pubblicità radiofonica italiana testimoniano l’ottimo stato di salute di quello che è stato definito da
studiosi ed esperti di marketing un medium “di coda”
– rispetto a Tv e carta stampata – per quanto riguarda
gli investimenti.
Nonostante nel corso del 2007 la radio abbia attratto
solo il 6% della spesa in comunicazione delle aziende
italiane, in un mercato dominato dallo strapotere televisivo (che da solo copre il 55% della spesa pubblicitaria nazionale), «il trend pubblicitario del mezzo
radiofonico è di segno assolutamente positivo». Ne è
convinta, dati alla mano, Giovanna Maggioni, membro del board di Audiradio e neo direttrice generale dell’Upa, il consorzio che
riunisce i principali investitori
pubblicitari italiani: «Addirittura
nel primo trimestre del 2008 si è
avuta una crescita del 15%, rispetto ad un aumento complessivo del mercato intorno al 3%».
Niente “coda”, dunque. Anzi,
esempio virtuoso di fidelizzazione dell’audience, come
dimostrano i generi merceologici maggiormente
pubblicizzati: «I settori
dell’editoria e delle autovetture coprono il
40% degli annunci. La
radio è sempre stata
considerata “maschile”,
per questo non trovano
spazio prodotti di massa come alimentari e detersivi».
Continua Giovanna Maggioni: «Per attrarre la nostra
attenzione, gli investitori utilizzano il tempo che passiamo in macchina tornando dal lavoro, quando ascoltiamo le nostre stazioni preferite. Si tratta del
cosiddetto driving time». In che modo viene impaginato lo spazio radiofonico da dedicare agli spot? «Generalmente, agli investitori vengono venduti dei
“pacchetti” da 15 giorni con un numero prestabilito di
passaggi, come in Tv. Il prezzo è contrattato in base
al tipo di emittente e alle fasce orarie di trasmissione».
Nel corso del 2007, la compravendita di spazi pubblicitari ha generato un giro d’affari di 601 milioni di
euro, un volume che cresce costantemente, a parte due
flessioni significative: la prima legata allo scoppio
della bolla della new economy nel 2000, la seconda dovuta all’effetto post 11 settembre.
Due eventi che hanno minato la fiducia
delle aziende, ma non quella degli ascoltatori: 38 milioni e 654mila nel
giorno medio l’anno scorso, quasi 38
milioni nel 2006, una quota costante
per oltre un decennio, senza variazioni significative. Ogni giorno 35
milioni di italiani accendono la
radio, mentre la pubblicità da oltre
un lustro ne forma i gusti e i consumi, molto prima della Tv.
“Non dimenticate
che io sono cintura
nera di karaoke”
Buongiorno
“
signora, non ha
Fiorello
Il segreto
è ESSERE PRIMI
in qualcosa
Riccardo Bianchi
Quando è salito alla direzione di Radio
Montecarlo Francia, l’emittente aveva ascolti
bassissimi. Per ripartire ha deciso di puntare
sui contenuti. Oggi Frank Lanoux raccoglie
i frutti della sua scommessa: Rmc è
una delle emittenti più apprezzate e con
il maggior numero di ascoltatori fissi.
Direttore, perché avete scelto
i format “parlati”?
«Dovevamo fare qualcosa che gli altri non
avessero ancora fatto. Nel 2000 c’era già
France Info che usava questi formati
per l’attualità, noi abbiamo ampliato gli
argomenti, con talk show e sport».
Non avete mai avuto paura
che un pubblico troppo specifico fosse
difficile da mantenere?
«Per vincere la concorrenza è
meglio un’offerta mirata. Col tempo
abbiamo imparato a parlare al nostro
pubblico ed è il modo migliore
per tenerlo con noi».
Quanto conta aver ottenuto
i diritti di eventi come i mondiali
del 2002 o i campionati di Formula 1?
«È importante essere numeri uno in
qualcosa. Dobbiamo offrire la miglior radio possibile, con i migliori programmi,
i migliori specialisti e anche i diritti per coprire
gli avvenimenti più interessanti».
Quanto contano i conduttori
per conservare gli ascoltatori?
«Sono necessari per “cementare” la trasmissione
e garantirne la qualità. Ma anche il conduttore
deve essere versatile, pronto a sbagliare
per fare meglio. Se non ci prova, dopo un po’
il programma diventa noioso».
I format parlati sono il futuro della radio?
«Non penso. Gli ascoltatori hanno apprezzato
le “parlate” perché si sono differenziate.
Anche le radio musicali possono avere un
futuro, ma solo se si rinnoveranno».
mica telefonato
per lamentarsi?”
Francesco Moccagatta
Arbore e Boncompagni, che ventata di FANTASTIQUE
«Ragazzi la radio ha i giorni contati […]
stanno inventando qualcosa che avrà lo
stesso effetto del whisky, ma non ti lascerà col mal di stomaco e potrà essere
usato anche dai mocciosi. E guadagnerà
fantastiliardi». Così scriveva l’autore
americano Garrison Keillor, nel suo libro
“Radio Romance”. Raccontava la nostalgia dei radio days, quando la radio era
ancora il mezzo dominante, prima di essere oscurata dalla Tv.
In realtà la radio è stata data per morta
mille volte, ma è sempre risorta. Soprattutto negli ultimi anni, ascolti e investimenti pubblicitari sono cresciuti, lenti
ma inesorabili.
Aldo Grasso, opinionista del “Corriere
della Sera”, spiega perchè: «Con l’esplosione degli ascolti televisivi, la radio si è
2
Zelia Federica Pastore
trovata in una fase di riposizionamento.
Fino agli anni Settanta, quando avvennero due cose importanti: la radio ha
scoperto che poteva mettersi in contatto
diretto con i suoi ascoltatori attraverso il
telefono. È stata una rivoluzione, ed è
avvenuta molto prima che in Tv. Trasmissioni come “Chiamate Roma 3131”
sono servite ad avvicinare il pubblico. La
gente chiedeva consigli o raccontava
qualcosa di personale, aveva l’illusione
di partecipare a un evento. L’altra grande
innovazione è stata “Alto Gradimento” ,
il programma di Renzo Arbore e Gianni
Boncompagni, che ha inventato un linguaggio nuovo, ha rotto le convenzioni e
ha portato una ventata di fantastique. In
pratica è diventato la grammatica per
tutte le radio a venire».
E oggi chi ascolta la radio? Secondo
Giorgio Simonelli, docente di Storia
della radio e della televisione all’Università Cattolica di Milano, sono «persone
che fanno attività, e per passare il tempo
ascoltano la radio: il guidatore, il dentista, chi disegna, chi sta in negozio…
Questo pubblico, a differenza di chi usa
la Tv come sottofondo, esige dalla radio
dei prodotti stimolanti. Assidui ascoltatori sono anche i ragazzi: non dimentichiamo che la radio è il mezzo che più di
altri ha saputo interpretare le culture giovanili. E poi la radio funziona ancora
“per appuntamenti”: tra il pubblico c’è
chi aspetta quell’ora del giorno per seguire il proprio programma preferito. In
televisione questa piacevole abitudine è
quasi scomparsa».
“
Un
programma
contro
tutti
e contro
tutto.
Alto
Gradimento!
”
giornale radio1-2 -3:Layout 1
16-05-2008
16:08
Pagina 3
Gialappa’s: mai dire dj
Zelia Federica Pastore
Marco Santin, lei ha iniziato la sua carriera in radio, poi quando
si è spostato in Tv con la Gialappa’s Band ha continuato
a lavorare come uno speaker. Perché?
«La Tv è piena di imbecilli, vederne tre in meno è anche meglio. Faccio
radio in Tv perché non voglio essere infastidito per strada. E poi perché la
radio è più vera. In tele si urlano addosso, la radio dà voce agli ascoltatori,
è un mezzo sincero».
Crede che in Italia ci sarà più spazio per programmi di contenuto?
«Certamente, già adesso Radio 2 ne è piena: “Caterpillar”, il “Ruggito del
Coniglio” e “Grazie per averci scelto”, il mio programma. Ma solitamente
la struttura è sempre la stessa: i dj fanno i tuttologi e commentano notizie
tipo “i canguri tirano la cocaina”».
E invece “Grazie per averci scelto” com’é?
«Tutta un’altra cosa. Parliamo io, un’altra conduttrice e ogni giorno un mio
amico diverso, che può essere il mago Forest come un parrucchiere. Ma i
veri protagonisti sono gli ascoltatori: in un’ora e mezza arrivano in media
300 sms e 40 mail. Se i format dove i dj raccontano i cavoli loro sono in calo
di ascolti e il nostro va molto bene, ci sarà un motivo».
Tutto il
calcio quartiere per quartiere
Era il rito della domenica. Radioline
sintonizzate sulle frequenze di Radio
Rai, e quelle voci a raccontare il pallone. “Tutto il calcio minuto per minuto” è la storia dello sport alla radio. E
qualcosa di più. Ideata nel 1959 da Gu-
Piero Vitiello
culto che, col passare degli anni e con
lo sviluppo dei nuovi mezzi di comunicazione, ha saputo rinnovarsi, prima di
un inevitabile calo degli ascolti. «All’inizio era diverso – racconta Gilberto
Evangelisti, ex direttore del pool sportivo Rai – I radiocronisti parlavano ad un
pubblico che voleva sapere come stavano andando le partite: e
attraverso il racconto,
Sandro Ciotti
spesso romanzato, si regalavano le emozioni».
Uno scenario destinato a mutare con il
progresso. Massimo De Luca ha condotto la trasmissione dal 1987 al 1992:
«Decisi subito che era giunto il momento di cambiare qualcosa: le Tv, la
sera, proiettavano le immagini. Non era
più possibile che la radio facesse errori,
perciò introdussi i monitor nello studio
centrale, per aiutare i radiocronisti nei
“Clamoroso
al Cibali!”
glielmo Moretti, Roberto Bortoluzzi e
Sergio Zavoli, questa trasmissione rappresenta la cartina di tornasole del rapporto tra il mezzo radiofonico, lo sport
e il pubblico nel tempo. Più di quanto
non abbiano fatto le dirette dedicate alle
Olimpiadi, al ciclismo, alla boxe o,
negli anni Ottanta, al basket , “Tutto il
calcio” ha unito milioni di sportivi in un
casi più difficili». Da qualche anno i
dati di ascolto segnano una flessione: la
radio è stata praticamente portata in Tv
dalle reti private, con i format studiostadio. E le pay Tv, con la diretta delle
partite e di tutti gli eventi sportivi,
hanno sottratto la maggioranza del pubblico. Il futuro dello sport in radio, pertanto, sembra essere sempre più legato
ad una dimensione locale: «A un pubblico nazionale si devono offrire prodotti generici, che oggi risultano
inflazionati a causa delle Tv – racconta
Luigi Balducci, direttore della radio romana Centro Suono Sport – mentre in
una radio come la nostra, interamente
dedicata allo sport locale, gli ascoltatori
sentono gli argomenti molto più vicini a
loro, e sono portati a interagire. Non è
un caso che, nel giro di tre anni, i nostri
ascolti siano raddoppiati». Numeri che,
a livello nazionale, oggi sembrano lontanissimi.
Guglielmo Marconi, giovane fisico marchigiano, trasmette i tre
punti della lettera “s” dell’alfabeto Morse
dalle due sponde dell’Atlantico,
da Poldhu in Cornovaglia a St. John’s in
Canada, grazie al telegrafo senza fili.
1901
A Chemsford, in Inghilterra, iniziano le prime trasmissioni
destinate al pubblico da un trasmettitore
della Marconi Company. È la nascita
delle radioaudizioni.
1920
Il 6 ottobre alle 21
dai microfoni dell’Uri (Unione radiofonica
italiana) la voce di Maria Luisa
Boncompagni inaugura il primo
programma irradiato in Italia. Trasmette
dalla stazione di Roma San Filippo.
1924
Oltre il mainstream: «Essere LIBERI ha un prezzo»
«Amo la radio perché arriva alla gente, entra nelle case
e ci parla direttamente, e se una radio è libera, ma libera veramente, mi piace ancor di più perchè libera la
mente», cantava nel 1976 Eugenio Finardi, dal palco
del Parco Lambro di Milano. Trentadue anni dopo, in
un etere sempre più ingombro di proposte radiofoniche
di ogni tipo, c’è ancora chi quella bandiera la porta
avanti con solida e strenua convinzione.
Sei radio, una libertà: Radio Onda Rossa di Roma,
Radio Onda d'Urto di Brescia, Radio Ciroma di Cosenza, Radio Sherwood di
Padova, Radio Blackout di
Torino e RadioLina di Napoli. Scelte precise, tenendo
in mano i fili della memoria
storica e delle battaglie dell’oggi. Sei radio, diverse
per provenienza e territorio,
per possibilità e organizzazione, ma unite dall’intento
di raccontare ciò che viene
Massimiliano Del Barba
omesso dai media mainstream. O, semplicemente, di
dargli un’interpretazione diversa, da un punto di vista
altro, critico, lontano dalle logiche del mercato. 1977 e
2001, Radio Alice e Radio Gap: due date e due emittenti lontane un quarto di secolo, ma entrambe megafoni della ribellione collettiva in atto nei giorni caldi di
Bologna e Genova, chiuse nello stesso e identico
modo, a mano armata, con l’irruzione della polizia
negli studi, l’arresto dei redattori.
Cosa rimane di questa lezione? «Dopo Genova abbiamo perso la capacità di coordinarci e lavorare in sinergia
– commenta Umberto Gobbi
di Radio Onda d’Urto – dopo
l’esperienza di Gap si è tornati
alla frammentazione degli
anni Novanta. Molte delle nostre consorelle sono in un momento di difficoltà. Noi
teniamo, siamo politicamente
schierati ma l’ultimo tsunami
elettorale non ha intaccato la nostra credibilità». Neanche un
secondo di pubblicità, una
prospettiva locale in grado di
spaziare però anche su questioni di più ampio respiro
grazie a una non indifferente rete di contatti, «la nostra
sfida – conclude Gobbi – è quella di continuare a dare
voce ai movimenti, ritagliandoci un ruolo di analisi critica della realtà». Una prospettiva che ha delle similitudini con l’esperienza di Radio Popolare, anche se la
storica emittente milanese parte da un diverso assunto:
«Per rimanere sul mercato accettare la pubblicità è una
scelta obbligata – spiega Danilo de Biasio – cosa che
non inficia la libertà di espressione. Noi non abbiamo
editori di riferimento. Per assurdo ad avere le mani legate è chi dipende da un partito o da un gruppo politico».
Una sola certezza accomuna le due esperienze: «I contenuti sono la nostra risorsa, la nostra benzina. E lo saranno anche in futuro: è quello che ci chiede la gente».
3
giornale radio1-2 -3:Layout 1
16-05-2008
16:08
Pagina 4
La Bbc: analogici, convertitevi!
Marco Lignana
Dall’etere allo spazio
Riccardo Bianchi
In America la radio satellitare è già realtà. Due operatori, Sirius e
XM Radio, stanno pensando di fondersi. Ma per ora continuano
a contendersi il mercato. I primi satelliti furono lanciati nel 2002 e
pochi pensavano che una radio a pagamento avrebbe avuto successo. Ma gli scettici sono stati smentiti. Le due piattaforme hanno
raggiunto i 17 milioni di ascoltatori e vantano ricavi in continua crescita. Gli utenti hanno apprezzato la possibilità di scegliere tra oltre
300 canali, di cui la metà senza pubblicità, con informazioni sul traffico e sul meteo personalizzate. Anche il basso costo dell’abbonamento – 12,95 dollari al mese – la ricezione perfetta del segnale e
la presenza di programmi esclusivi hanno fatto la differenza. Contano molto anche le scelte azzeccate su contenuti e conduttori.
Sirius ad esempio si è assicurato il re delle radio americane, Howard Stern, che con i suoi talk show ha fatto volare il numero di abbonati. E per aumentarlo ancora i due concorrenti si stanno
accordando con i produttori di automobili per dotare i nuovi veicoli
di lettori radio satellitari.
In Europa sembra che l’operatore Worldspace sia intenzionato
a far debuttare entro l’anno il servizio, e proprio in Italia. Ma il problema della mancanza di una lingua comune non sarà secondario.
Notte di Halloween.
Dai microfoni della Cbs il ventitreenne
Orson Welles, durante la trasmissione
“Mercury Theatre on the air”, fa credere
agli americani che i marziani stiano
sbarcando sulla terra.
1938
Le aziende Texas Instrument e Regency Electronics lanciano sul
mercato la prima radio portatile
a transistor, un nuovo strumento
leggero che consente la diffusione della
musica rock e funge da aggregatore sociale tra i giovani.
1954
Renzo
Arbore e Gianni Boncompagni inaugurano il loro
programma "Alto
Gradimento", in onda
nei giorni feriali dalle
13 alle 14, destinato a
rappresentare una
rivoluzione nel linguaggio
radiofonico italiano.
1970
Grazie
alla sentenza 202 della
Corte Costituzionale i
privati possono installare programmi di diffusione radiotelevisiva, purché
siano a copertura locale.
È l’inizio del boom delle radio libere.
1976
L’emittente statunitense
Voice of America, ascoltata anche
in Urss durante la guerra fredda,
inaugura la sua presenza stabile sul
web con il sito www.voa.gov. Iniziano
a diffondersi le prime internet-radio
negli Stati Uniti.
1996
La Bbc introduce
programmi esclusivamente digitali
come 1xtra dedicato alla black music.
Attualmente ha cinque stazioni
che trasmettono in digitale
e cinque in simulcast.
2002
4
L’Italia ha iniziato a parlare seriamente di radio
digitale terrestre lo scorso luglio. Nel Regno Unito
le trasmissioni sono cominciate negli anni Novanta. Oggi i sudditi di Sua Maestà che hanno abbandonato l’analogico sono il 22% degli
ascoltatori. John Ousby è il capo del settore “tecnologie interattive” alla Bbc Radio.
Mr Ousby, perché è necessario
convertirsi al digitale?
«Non si tratta di un cambiamento più o meno necessario. Semplicemente siamo entrati nell’era digitale e la radio è obbligata a cambiare. Il Dab e il
nuovo sistema di trasmissione Dab+, di migliore
qualità, offrono una ricchezza di contenuti inimmaginabile per l’ascoltatore abituato all’analogico: foto, grafici, guide elettroniche ai
programmi, slide shows…».
Però in Gran Bretagna l’industria radiofonica
digitale ha avuto non pochi problemi.
«Alcune stazioni sono fallite, come accade in ogni
mercato. La cosa davvero importante è non con-
fondere la potenzialità del mezzo con le politiche
delle singole aziende. Da noi ci sono stati dei problemi legati alle strategie di GCap, il principale
network digitale, che a breve verrà assorbito da
un’altra compagnia, la Global Radio».
In Italia la Rai ha deciso di sfruttare
un altro sistema di trasmissione, il Dmb
(Digital multimedia broadcasting).
La ritiene una buona scelta?
«Il Dmb è un ottimo sistema per trasmettere
video. Ma se si vogliono affiancare immagini
ferme al contenuto sonoro, allora la scelta più logica e ottimale è il Dab+».
Altri suggerimenti per la futura radio italiana?
«L’unico modo per sviluppare la radio digitale è
armonizzare il mercato europeo. Ogni Paese sceglie un metodo di trasmissione diverso e il risultato è che i modelli di ricevitori sono troppo
diversificati per avere prezzi competitivi. L’ascoltatore non lascia l’analogico, la pubblicità non decolla e l’industria resta al palo».
“Sembra incredibile... ma le osservazioni scientifiche
e l’evidenza stessa dei fatti inducono a credere che gli strani
esseri atterrati stanotte nella fattoria del
NewJersey non siano che l'avanguardia di un'armata
di invasione proveniente da Marte”
Orson Welles
Oggetti smarriti
Irene Privitera
Avevano una sola funzione, le radio di una volta. Che fossero da tavolo, tascabili o forme di puro design come
quella progettata da Marco Zanuso negli anni Sessanta,
erano oggetti per ascoltare musica, e basta. Di quegli oggetti oggi rimane ben poco. L’ascolto radiofonico è una
funzione integrata su microdispositivi – si pensi all’iPhone
– in grado di fare anche molto altro. «Convergenza multimediale è l’ascolto di uno stesso contenuto su mezzi differenti – spiega il professor Albino Pedroia, fra i massimi
esperti europei di media e docente di Comunicazione Audiovisiva alla Sorbona di Parigi – l’ascoltatore
può ricevere i programmi in FM, sul web, via
satellite o via cavo. Del resto la difficoltà ad identificarsi
con un solo mezzo coinvolge anche stampa e Tv». Radio
digitale significa qualità sonora eccezionale, un’offerta
molto più larga – sei o sette programmi stereo su un canale
di 1,5 MHz con tecnologia Dab e fino a trenta con lo standard Dmb – e soprattutto la possibilità di inserire dati associati. «Sono grafici, immagini in movimento, foto e testi
di vario tipo che possono illustrare il contenuto sonoro che
in quel momento va in onda, o anche superarlo fornendo
informazioni aggiuntive», continua il professor Pedroia.
Ma replicare il contenuto delle radio analogiche non basterà. «Non penso che in questo modo si riesca a vendere
molti ricevitori. Perché spendere almeno 100 euro per ricevere programmi già disponibili in FM? Le esperienze
straniere lo dimostrano: senza un’offerta specifica per il
digitale il grande pubblico non compra i ricevitori».
Rai Way: SPERIMENTATORI per legge
Fino a sette
programmi
stereo
su
un’unica
frequenza in
qualità Cd, servizi a valore aggiunto, ricezione in mobilità: la rivoluzione digitale per la radiofonia è stata il Dab,
Digital audio broadcasting. Poco meno
di un anno fa la scelta di viale Mazzini
di sperimentarne un’evoluzione, lo standard Dmb.
Stefano Ciccotti è amministratore delegato di Rai Way, la società che gestisce
l’infrastruttura di rete del broadcaster
pubblico.
Quali vantaggi porta il Digital
multimedia broadcasting?
Il Dmb permette di moltiplicare ulteriormente i canali audio, di veicolare sul
terminale contenuti diversi dallo stream
radiofonico che va in onda, e di contenere i costi di realizzazione delle reti.
Il Regno Unito, per il digitale, ha
puntato sui nuovi contenuti:
Irene Privitera
l’Italia seguirà questo modello?
Le frequenze di trasmissione sono una risorsa scarsa: all’inizio dobbiamo trovare
spazio per tutte le emittenti nazionali e locali con la loro attuale programmazione
analogica.
Ma così non si rischia
che l’ascoltatore pensi che nulla
è cambiato?
La radiofonia digitale dal punto di vista
tecnico permette un salto qualitativo eccezionale. L’assenza di contenuti innovativi nella prima fase della transizione non
dovrebbe rappresentare un ostacolo.
Il modello economico ottimale?
Deve essere di tipo free, almeno in un
primo momento. Nella tradizione del nostro Paese non esistono offerte radiofoniche a pagamento.
L’obiettivo di Rai Way?
Sia all’interno di Rai che sul mercato abbiamo il compito di fornire infrastrutture
tecnologiche di alta qualità a costi contenuti, favorendo la transizione al digitale a
tutte le emittenti, anche le più piccole.
Il pdf del giornale e le interviste complete in formato audio sono disponibili su www.ifgonline.it
Per la radio si prevede una lunga
convivenza fra analogico e digitale.
Sì, dal punto di vista normativo lo switch
off, cioè lo spegnimento delle frequenze
in analogico, è previsto per la televisione
ma non per la radio. Nel digitale l’uso di
frequenze diverse dall’FM permetterà ai
due sistemi di coesistere, almeno fino a
quando la copertura del servizio non avrà
raggiunto cifre consistenti.
Lo scorso 11 marzo è nata
l’Associazione per la radiofonia
digitale in Italia. Qual è il suo ruolo?
È un’associazione promotrice dell’evoluzione tecnologica e tutela gli operatori del
settore, nel rispetto del pluralismo, delle
norme e delle regolamentazioni.
Ci sarà la Rai al centro
dell’era digitale?
Rai ha un ruolo di propulsore innato per la
sua natura di broadcaster pubblico. È la
legge stessa che ci chiede di essere sperimentatori. Capacità infrastrutturale, competenze e conoscenze saranno al servizio
dell’intero sistema.