In treno sulla Sulmona Carpinone

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In treno sulla Sulmona Carpinone
è
ABRUZZO
appennino
04/07
rivista trimestrale dell’appennino abruzzese
spedizione in abbonamento postale
In treno sulla Sulmona
Carpinone
Colori e sapori
Il sapore del bosco
De GREGORI
Nuovo Tour
Turismo & Borghi autentici
la terra ospitale
Sport e natura
Intervista a Stefano Baldini, campione olimpionico
Fuochi in novembre
“Bruciano della gramigna
nei campi
un’allegra fiamma suscitano
e un fumo brontolone.
La bianca nebbia si rifugia
fra le gaggìe
ma il fumo lento si avvicina
non la lascia stare.
I ragazzi corrono intorno
al fuoco
con le mani nelle mani,
smemorati,
come se avessero bevuto
del vino.
Per molto tempo si ricorderanno
con gioia
dei fuochi accesi in novembre
al limitare del campo”.
Attilio Bertolucci
sommario abruzzoèappennino
autunno
Abruzzoèappennino
Link
5
Editoriale
è
REGIONE
ABRUZZO
ABRUZZO
appennino
rivista trimestrale dell’appennino abruzzese
spedizione in abbonamento postale
numero 4 anno 2007
Registrazione Tribunale di Sulmona
n. 3 del 13-12-2006
Patagonia express
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Il treno della valle
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Borghi autentici
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In treno sulla Sulmona Carpinone
Paesaggi, boschi e storie della linea ferroviaria più suggestiva d’Italia
di Antonio Di Fonso
Bolognano e Beuys
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Scenari
Storia di copertina
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La terra amica. Dove il turismo significa ospitalità
9
Umberto Eco
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Ricette
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In mezzo scorre il fiume
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Il maratoneta
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Intervista a Teresa Nannarone
Borghi autentici
Direttore Responsabile
Antonio Di Fonso
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Agenda di stagione
una rete di comunità ospitali
di Antonio Carrara
Teatro
Feste e tradizioni
Redazione
Massimo Colangelo
Luca Del Monaco
Riziero Zaccagnini
I protagonisti
email [email protected]
Colori e sapori
«È stata una buona vendemmia?»
Arte
Musica
Altri eventi
Lo scaffale
Progetto Editoriale
Massimo Colangelo
I formaggi della natura
incontro con Giovanni Del Giudice
di R. Zaccagnini
Comunità Montana Peligna
Progetto grafico
e impaginazione
Andrea Padovani. ZOEDESIGN
Ufficio Stampa
Via Debeli 20
Sulmona 67039 (AQ)
tel. 0864.31199
fax 0864.206420
16
Percorsi
Sport e natura
Il tratturo dei Vestini
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Un corridoio del tempo tra borghi,
chiese e teatri all’aperto
trekking sul Sirente
di M. Colangelo
Accarezzando l’acqua
in canoa sul fiume Tirino
San Pietro ad Oratorium e
il quadrato magico
22
di E. Ceccaroni
Fotografia
Luca Del Monaco
di M.C. Di Cesare
iprotagonisti
21
Francesco
De Gregori
in
concerto a
Sulmona
Iniziativa editoriale
23 Colori e
abruzzoeappennino.com
Sviluppo sul web
Federico Bonasia
stampa PUBLISH pre&stampa
Sambuceto (CH)
Iniziativa comunitaria LEADER PLUS PSL e GAL ABRUZZO ITALICO
sapori
«Il sapore del
bosco
di Katia Masci
27
di L. Del Monaco
I luoghi dell’anima
13 Zaccagnini
e il vino,
arte dell’uomo
30
31
31
26
di Massimo Maiorano
email [email protected]
Hanno collaborato
Franco Avallone
Antonio Carrara
Katia Masci
Emanuela Ceccaroni
Maria Carmela Di Cesare
Massimo Maiorano
Marco Iacuone
28
28
29
28 Sport e
natura.
Destinazione
Pechino. Il
campione olimpico Stefano
Baldini in
Abruzzo
di M. Iacuone
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L’editoriale
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La stagione ideale è l’autunno. La migliore probabilmente.
Quella in cui è possibile fare scoperte imprevedibili, ammirare il gusto dei dettagli e le sfumature dei colori, per esempio passeggiando nei boschi lungo i sentieri, visitando paesi
e località e seguendo piste già battute eppure sempre sorprendenti, perché osservate con occhi nuovi, assumendo
punti di vista cosi antichi da sembrare modernissimi.
D’
autunno si
vive meglio la
sospensione
del tempo,
quell’attesa
per l’attesa in cui sembra naturale
recuperare una misura più umana
e meno avvilente dei ritmi di vita,
quasi a volere riaffermare il diritto
alla lentezza, alla riscoperta del
piacevole e dell’inutile, dell’effimero e gratuito guardarsi attorno.
Ecco, l’autunno è la stagione dei
punti di vista, delle prospettive
reinventate, inedite, degli scorci e
delle uscite laterali da cui guardare
il mondo. È il periodo dell’anno in
cui ci si riappropria del proprio
tempo. Non è casuale che abbiamo scelto di aprire questo numero
di copertina salendo sul treno, percorrendo una linea ferroviaria, la
Sulmona Carpinone che attraversa
e buca montagne e faggeti, pinete
e campi in quota, proprio mentre
essi si rivestono – come si dice in
questi casi – di colori e sfumature
dalla gamma infinita, quella varietà
cromatica che appunto solo l’autunno offre. Proprio il treno ci è
sembrato un modo per guardare e
scoprire paesaggi conosciuti in una
prospettiva diversa, assecondandone non solo la visione, ma anche il
tempo e la durata di essa, in quella lentezza del viaggio che mostra
le emozioni e rifugge dalla frenesia. E non è un caso neanche la
scelta di intervistare personaggi
che nel loro settore hanno raggiunto eccellenti risultati, puntando tutto sulla passione, sulla cura
attenta e devota, per cosi dire, del
fare, sapendo che ci vuole amore,
rispetto e tempo per realizzare un
buon prodotto: che sia un vino di
qualità – come ci racconta
Marcello Zaccagnini – o un formaggio eccellente – come c’informa Giovanni del Giudice. E ci piace
a questo proposito sottolineare
come anche un atleta, un campione olimpico come Stefano Baldini,
ce lo ricordi, sottolineando che alla
base del raggiungimento di risultati sportivi prestigiosi ci sia, ancora
una volta, una dedizione particola-
re, una paziente, lenta applicazione.
D’autunno, dunque, è possibile
riscoprire se stessi, è facile apprezzare i piccoli e grandi piaceri del
benessere, che è sempre duplice,
spirituale e materiale, sublime e corporale. Cosi, seguiremo i percorsi
che ci guidano nelle terre dei
Vestini, in cerca di storia e tradizioni, o nei borghi solitari e nelle chiese rupestri, ma non rinunceremo a
frequentare quelli che ci conducono
alle buone tavole della cucina stagionale, nel regno di funghi e tartufi o della “roscetta”, la castagna
appenninica.
E mentre si aprono nei capoluoghi,
a Sulmona e all’Aquila, le stagioni
teatrali e le rassegne cinematografiche, ci piace ricordare che nelle terre
dell’Appennino è possibile ancora
scattare le ultime foto alle montagne - l’articolo sul Sirente ce lo conferma -, 0 immerse in una luce e in
un’atmosfera magica, irripetibile,
come si può trovare soltanto nella
stagione in cui il tempo e la bellezza
danzano insieme.
In
treno
sulla
Sulmona
Carpinone
Paesaggi , boschi e storie della linea ferroviaria più suggestiva d’Italia
di Antonio Di Fonso
ph. Luca Del Monaco
È forse la linea ferroviaria più bella d’Italia, sicuramente una
delle più antiche, visto che il suo certificato di nascita risale al
18 settembre del 1892, quando viene istituito il suo primo
tratto, Sulmona – Cansano, nell’ambito di un progetto iniziale che si proponeva di raggiungere Caianiello, e quindi, attraversando la dorsale dell’Appennino abruzzese e molisano,
congiungere le terre di mezzo con la capitale meridionale, la
Napoli lontana e irraggiungibile di quei tempi. In territorio
campano, intanto, si era già cominciato a lavorare alla costruzione della linea ferroviaria Caianello - Venafro - Isernia, i cui
lavori si concludono il 21 marzo del 1894.
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A
quel punto restava da realizzare il completamento del
progettato collegamento Sulmona - Isernia, nello specifico la tratta da Cansano fino ad Isernia, la più impegnativa di tutta la linea per le caratteristiche del territorio attraversato, prevalentemente montuoso. Si scavarono gallerie (le più lunghe sotto il Monte Pagano di 3109 mt e sotto il
Monte Totila di 2175 mt), viadotti, ponti e finalmente il 18 settembre
1897 la stazione di Cansano viene collegata a quella di Isernia. Una
vera e propria opera di ingegneria del paesaggio, se si può dire cosi, i
cui segni sono il tratto distintivo, il fiore all’occhiello del percorso, quei
puntelli strutturali che regalano al viaggiatore scorci mozzafiato, paesaggi in controluce, boschi e faggeti che, stando seduti dietro ai vetri,
mentre il treno si arrampica, possono essere ammirati dagli sguardi dei
passeggeri. E cosi, il collegamento tra Sulmona e Caianello in poco
tempo diviene una realtà. I convogli partivano da Sulmona e impiegavano quasi 4 ore per arrivare a Castel di Sangro. Da qui, in meno di 2
ore, arrivavano a Carpinone. Tempi altissimi se paragonati a quelli
odierni, perfettamente in linea con molte altre ferrovie di montagna e
relativamente accettabili in quegli anni. Gli anni ‘30 vedono la comparsa sulla Carpinone - Sulmona delle prime littorine, presenze familiari e
abituali che renderanno più veloce il viaggio, e che godranno di grande popolarità. Gli anni della guerra, i bombardamenti, le distruzioni colpiscono inesorabilmente la linea ferroviaria, arteria cruciale a cavallo
della Gustav, e proprio per questo bersaglio obbligato, pedaggio da
pagare alla rabbia devastatrice dei tedeschi in ritirata. Dovunque, morte
e distruzione, caselli e stazioni distrutti, ponti crollati. Ma si sa lo spirito di quegli anni muoveva le montagne, e non è in questo caso solo un
modo di dire. Ebbe inizio la ricostruzione, anni di sacrifici e fatica, di
lavoro e abnegazione, come pure di slanci ed entusiasmi imprevedibili
[Link]
Patagonia express
Luis Sepulveda
«Due ragioni mi portarono sulle alture andine: la prima era fare il viaggio su quel
treno, perché era già stata annunciata la
soppressione definitiva del ramo Ollague –
Ujina. La seconda accompagnare un
amico nordamericano, Tom Bradley, fotografo, che voleva vedere da vicino i condor e fare qualche scatto. Arrivammo su
quel treno lento, vagabondammo per una
settimana sulle falde del vulcano Olca, e
su alcuni monti della cordigliera di Paranà.
Vedemmo dozzine di uccelli giganteschi, e
con le provviste agli sgoccioli tornammo a
Ujina un giorno prima dell’arrivo del treno».
e imprevisti: alla fine la tratta Cansano - Roccaraso riapre il 10
dicembre 1947, rendendo percorribile la Sulmona – Roccaraso.
Per il resto della linea si doveva ancora attendere, in quanto
erano altre le priorità di ricostruzione della rete ferroviaria. Nel
1948 viene inaugurata e rinasce a nuova vita la stazione di
Sulmona e nel maggio del 1950 la linea vede di nuovo l’elettrificazione, questa volta in CC. Dopo anni di attesa, finalmente,
il 9 Novembre 1960 un treno speciale inaugura la riapertura
dell’intera Sulmona – Carpinone. Gli anni 70 ed i primi anni ‘80
scorrono abbastanza tranquilli per la linea, che vede scomparire definitivamente la trazione a vapore (alla fine del 1969) e
ridurre drasticamente il traffico merci.
Sopravvissuta alle distruzioni della guerra, la ferrovia sembra
però dover cadere vittima della politica dei “rami secchi”.
Intanto i tempi cambiano, l’idea di viaggio muta destinazione e
caratteristica: si concepisce il treno come mezzo di trasporto
non solo di servizio, ma anche turistico e di svago. Nell’inverno
del 1987 la Carpinone - Sulmona vede circolare sui propri binari un’insolita presenza: infatti la Ferrovia Sangritana, visto l’enorme successo del “Treno della Valle”, decide di istituire un
analogo servizio per i numerosi appassionati di sport invernali.
Nasce così il “Trenino della Neve” da Pescara a Castel di
Sangro/Roccaraso via Lanciano. L’idea è buona ma le complicazioni non mancano, e infatti una serie di difficoltà, ambientali e
tecniche, fanno purtroppo abbandonare ben presto il progetto.
Gli anni ‘90 cercano di rilanciare questa ipotesi turistica: a testimonianza di ciò i numerosi treni speciali organizzati da associazioni e gruppi di appassionati. Si addensano tuttavia all’oriz-
IL TRENO DELLA VALLE
In Abruzzo la Ferrovia Adriatico-Sangritana gestisce il Trenino della valle sul
quale è possibile compiere un percorso turistico dalle acque dell’Adriatico fino
alla Maiella. È un simpatico treno colorato che offre vari itinerari, sia per gruppi
che per singoli; attraversa la valle del Sangro, il lago di Bomba e i monti abruzzesi. I temi delle proposte sui vari percorsi vanno dalla gastronomia al trekking,
dall’arte e cultura alle oasi naturali.
Per informazioni:
FERROVIA ADRIATICO SANGRITANA SRL
Via Dalmazia 9 - 66034 LANCIANO (CH) - Abruzzo - ITALIA
tel.: (centralino) (+39) 0872.70.81 fax: (+39) 0872.70.85.00
email: [email protected]
web: www.sangritana.
zonte nubi nuvolose per la Carpinone - Sulmona, che, sfuggita
alla politica dei “rami secchi”, non sfugge alla politica del
risparmio intrapresa dalle FS alla fine degli anni ‘80. Tra il 1994
ed il 1995 vengono chiuse le biglietterie, le gestioni merci e
varie stazioni sono declassate a semplici fermate e, di fatto,
abbandonate a se stesse. E tutto ciò proprio mentre si rilancia
il turismo di qualità, nascono Riserve e nuove are protette nella
zona, si discute di prodotti tipici e gastronomia di territorio,
aumentano le presenze di visitatori in cerca di aria, natura,
acqua e paesaggi incontaminati e che, magari, sceglierebbero il
treno come simbolo di trasporto a misura d’uomo e d’ambiente. Insomma, mentre si costituisce una nuova antropologia del
viaggiatore, che cerca la lentezza e rifugge la frenesia, pronto
ad ammirare magari un tramonto o lo scintillio di un ruscello
intravisti dal treno mentre sta per imboccare una galleria di
montagna, la linea ferroviaria soffre e vive una fase difficile sul
piano organizzativo. Una visita sulla Carpinone - Sulmona significa regalarsi un viaggio indimenticabile su una linea di grande
bellezza paesaggistica, che, dopo quella del Brennero (1370
m.), è la ferrovia più alta d’Italia (la stazione di Rivisondoli Pescocostanzo, 1268 m). Il tracciato sinuoso e tortuoso e
dalla forte pendenza (si va dai 328 m di Sulmona agli 800 m di
Castel di Sangro) si incunea fra il Parco Nazionale d’Abruzzo e
il Parco Nazionale della Maiella, toccando centri turistici estivi
ed invernali dotati di impianti sportivi e ricettività alberghiera di
primissimo ordine. Un viaggio irripetibile, unico, come assistere
a un documentario girato dal vivo, immersi tra i colori e i profumi dell’Appennino che scorre dai finestrini di un treno.
La terra amica.
Dove il turismo
significa ospitalità
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Intervista a Teresa Nannarone, assessore alla Provincia dell’Aquila
Una terra ospitale, accogliente, che possa offrire le eccellenze culturali,
naturalistiche ed enogastronomiche in una nuova e dinamica concezione del
turismo. È l’idea forte, la coordinata di riferimento che guida le scelte della
Provincia dell’Aquila nel settore del turismo e della promozione. Ne abbiamo parlato con Teresa Nannarone, assessore provinciale con delega alla
Promozione sociale, al turismo e decentramento.
“Una Provincia ospitale, vicina, amica, raggiungibile. È questa l’idea che orienta e indirizza le nostre scelte, il nostro impegno di
amministratori. Un territorio che presenta connotati unici e una
collocazione strategica anche nella dimensione regionale. D’altra
parte, le iniziative e le attività che abbiamo realizzato sono in sinergia con la Regione, si integrano con gli appuntamenti regionali”.
Ci può fare un esempio?
“Il Symposium, che è una iniziativa pensata e promossa dalla
Regione (nella scorsa primavera 300 tour operator americani
hanno visitato l’Abruzzo per inserire all’interno dei cataloghi l’offerta abruzzese nel mercato statunitense, ndr), ha avuto proprio
nella nostra provincia uno dei momenti di maggiore intesse e consenso: siamo stati premiati dall’ENIT, abbiamo coinvolto operatori e ristoratori del territorio, puntato sulla tradizione, il folcklore,
la storia e la cultura. Ma senza dimenticare di far conoscere anche
la buona tavola, quella che si definisce la gastronomia di territorio.
E abbiamo scelto come località vetrina Sulmona, Cocullo e
Capestrano. Non va dimenticato, infine, che le agenzie che hanno
partecipato al Symposium coprono il 75% del turismo che dagli
Stati Uniti viene in Italia”
La promozione è l’anima del settore turistico
“Non a caso abbiamo prodotto una serie di guide tematiche che
raccontano lo straordinario patrimonio naturalistico e culturale
della Provincia. Ogni guida ha sintetizzato quelle peculiarità che
rappresentano la nostra scommessa sul futuro. In questa ottica
abbiamo realizzato nel 2004 la guida sul turismo religioso, La via
di Celestino, che rientra nel progetto delle Quattro province, edite
anche in polacco e spagnolo, e nel 2005 quella sul turismo archeologico. Poi, a seguire una pubblicazione che ha avuto diffusione
anche internazionale: Le emozioni d’alta quota, sugli sport appunto di montagna e d’alta quota. Sempre nel 2005 abbiamo promosso la guida Fai il pieno di natura e la guida sui Castelli e un’altra sul
cicloturismo. Tutte le guide sono bilingue, in italiano e inglese. Ma
abbiamo anche altri progetti, al riguardo”
Ce li può anticipare?
“Oltre a realizzare una guida del gusto e un progetto editoriale
che possiamo denominare Tra sacro e profano, incentrato sulle
tradizioni religiose e folckloriche - la Perdonanza dell’Aquila,
la Pasqua sulmonese, Cocullo e i serpari, la festa del Narciso di
Rocca di Mezzo -, vorremmo offrire una versione multimediale di questi lavori, che possano essere fruiti in modo ancora
più agile: in pratica i testi delle guide verranno scaricati in
podcasting, in italiano e inglese. La presentazione dell’iniziativa ci piacerebbe farla a New York, per proseguire il ragionamento intrapreso con il Symposium. Inoltre, sempre a livello
di promozione, visto anche il successo ottenuto nelle scorse
edizioni, assicureremo la nostra presenza in febbraio alla BIT
di Milano (Borsa internazionale del turismo, ndr.)e in marzo
alla manifestazione dell’ENIT. Senza dimenticare le altre
manifestazioni di settore, da Modena Sky pass a Ecotur di
Montesilvano. E parteciperemo promuovendo le nostre eccellenze: l’anno scorso le tele di Teofilo Patini e il letto d’osso di
Celano, tanto per fare qualche esempio, sono state una scoperta straordinaria per molti operatori”.
Parliamo di eventi. Provincia in festival ha avuto successo di
pubblico e risalto promozionale. C’è anche una precisa idea
culturale nelle scelte di alcune manifestazioni. Vengono in
mente il concerto di Goran Bregovic, l’Orchestra di Piazza
Vittorio, o la musica e la cultura rom di Spinelli
“I concerti, gli spettacoli, le iniziative sono gratuite, hanno
significato e significano un impegno economico notevole.
L’obiettivo è offrire spettacoli di qualità, senza dimenticare il
valore sociale dell’intrattenimento, oltre a quello ovviamente
promozionale. Abbiamo voluto puntare sull’integrazione, sulla
conoscenza, sul rapporto tra i popoli improntati sull’amicizia e
la reciproca scoperta. La cultura, la musica svolgono anche
questa funzione e la scelta degli artisti ne è la conseguenza.”
In conclusione, quali sono le prospettive del turismo nella
Provincia dell’Aquila?
“Occorre investire in termini economici, di energie e idee.
Ènecessario unire e connotare il territorio, arrivando a proposte uniche che vedano coinvolti tutti gli operatori del settore,
in modo da consorziare e aggregare. Puntando sulle eccellenze, che sono poi le nostre identità più forti, riuscendo a farle
conoscere e valorizzare. Pensate a quello che è accaduto in
Puglia per la Taranta, divenuta manifestazione di grandissimo
richiamo, alla quale hanno dato un contributo artisti di fama
internazionale, ma che nasce e si fonda sulle tradizioni locali e
folckloriche più autentiche. E nella nostra terra gli esempi al
riguardo davvero non mancano”.
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Borghi autentici
una rete di comunità ospitali
di Antonio Carrara
presidente della Comunità Montana peligna
Un progetto di sviluppo locale in una rete nazionale. Si chiama Borghi
autentici, un’Associazione di piccoli comuni italiani, circa 60, che si sono
messi insieme sulla base di un’idea: realizzare una rete ricettiva diffusa
con l’obiettivo di offrire ai tanti turisti che sono alla ricerca di un’esperienza
vera la possibilità di trascorrere le loro vacanze non semplicemente in un piccolo borgo ma in un contesto comunitario che conserva tratti di autenticità.
L’autenticità alla quale si fa riferimento è quella delle case da recuperare,
della cultura e delle tradizioni locali, dell’enogastronomia, dei prodotti artigianali e delle relazioni sociali. Non a caso
la rete di ospitalità diffusa si chiama
“Comunità Ospitale”, perché non
sono solo Borghi da valorizzare ma luoghi nei quali le persone, i sapori, le
voci, i colori e la storia di una comunità
fanno in modo che i turisti si sentano
cittadini temporanei dei borghi.
La scommessa è quella di scegliere
un modello innovativo di sviluppo turistico locale basato sull’ospitalità di
comunità, attraverso il recupero di abitazioni tradizionali trasformate in residenze turistiche di qualità per un’ospitalità diffusa. Comunità che sanno raccontare le loro tradizioni e vivere i loro
ritmi e stili di vita. Comunità nelle quali
i cittadini, gli operatori economici e gli
amministratori pubblici condividono
una strategia unica di accoglienza,
una visione comune in grado di assicurare all’ospite una permanenza indimenticabile. Comunità Ospitali
basate sul paese, sulla Comunità
Locale che si mobilita per accogliere
ed ospitare i turisti.
È una piccola parte dell’Italia che trova
le motivazioni strategiche di un rinnova-
to slancio di permanenza e sviluppo
nell’identità, nel paesaggio, nella cultura
produttiva, nel proprio modo di vivere,
nella storia e nelle tradizioni dei luoghi.
È una realtà che considera la comunità
locale quale elemento decisivo e valore del proprio disegno di sviluppo. La
comunità quale luogo, contesto
umano e culturale che è sinonimo del
buon vivere, di gusto, tradizioni, di
saper fare creativo e di una dimensione sociale dolce; una comunità che si
apre all’esterno.
C’è nell’idea di comunità,che viene
assunta come un punto di forza del
progetto, un richiamo alla analisi fatta
dal sociologo tedesco, Ferdinand
Tönnies, nella sua opera Comunità e
Società (1887) che è oggetto di una
ricorrente riscoperta. Per Tönnies le
relazioni sociali della comunità sono
caratterizzate da rapporti di tipo associativo e organico al contrario di quelli
della società che sono più meccanici
e conflittuali. Alla dicotomia del sociologo tedesco, comunità e società,
sono accompagnate spesso le categorie di tradizionale e moderno. La
scommessa, ma anche la forza di
Borghi autentici, sta proprio nel realizzare un progetto di grande modernità
fondato sulla tradizione.
[Link]
Borghi autentici in Provincia
Il progetto Borghi autentici è approdato in provincia dell’Aquila grazie all’iniziativa dell’amministrazione provinciale e dell’assessore Michele Fina che
lo ha proposto e promosso coinvolgendo comuni, comunità montane,
Enti parco e Regione Abruzzo. Il progetto coinvolge attualmente 8 comuni:
Barrea, Canistro, Castelvecchio
Calvisio, Castelvecchio Subequo,
Corfinio, Pereto, Pescina e Pettorano
Sul Gizio. È stato realizzato uno studio
di fattibilità; è stata costituita una
società operativa che insieme alle altre
società operanti nelle altre regioni ha
realizzato una proposta di contratto di
programma presentata al Ministero
dello sviluppo economico e alle regioni interessate.
http://www.borghiautenticiditalia.it/
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ZACCAGNINI E IL VINO
arte dell’uomo
di Maria Carmela Di Cesare
n un momento in cui la nobilitazione del vino sembra avvenire attraverso
un progressivo affrancamento dalla tradizione rurale, per recuperare una
dimensione più tecnicistica e asettica dove nulla è lasciato al caso e dove
il richiamo al territorio, pur presente, è semplicemente il frutto di calcoli
di marketing, l’appellativo “vignaiolo” che Marcello Zaccagnini si attribuisce con fierezza ci colpisce profondamente perché racchiude il culto della
memoria e dell’esperienza dei padri come valore imprescindibile.
I
Azienda Agricola Ciccio Zaccagnini s.a.s.
c.da Pozzo – Bolognano – Pescara
Tel. 39 085 8880195
Fax 39 085 8880288
Visitare la sua azienda è un’esperienza unica.
Con il suo grande evocativo occhio di vetro spalancato sulla valle ammantata di vigneti, la sala degustazione della cantina accoglie superba i visitatori. Nel giardino antistante e tra i vicini vigneti, troneggiano creazioni di grandi artisti come Pietro Cascella, Gino Sabatini Odoardi, Franco Summa, David Bade e il giovane
talento Simone Zaccagnini, figlio del produttore. Si rimane immediatamente rapiti dalla felice armonia che
l’architettura dell’azienda, un misto di materiali (legno, pietra, ferro, rame) crea con il paesaggio agrario circostante. Quella stessa armonia che il “vignaiolo” Marcello cerca incessantemente nella creazione dei suoi
vini, sintesi di ricerca e tradizione, nell’amore che egli ha per l’arte in tutte le sue forme, nella definizione degli
spazi aziendali intesi non solo come luogo di lavoro ma anche di incontro e di scambio di idee, nella cordialità con cui accoglie i visitatori che avvertono immediatamente di trovarsi dinanzi a un uomo che ama
profondamente il suo lavoro, che con tenacia e passione ha creato, proseguendo il lavoro del padre “Ciccio”,
un colosso aziendale che oggi è il secondo esportatore di vino abruzzese negli Stati Uniti e il primo in
Norvegia. Un uomo che si è “fatto da solo”, come si suol dire, che dal viso volitivo e dallo sguardo penetrante lascia trapelare tutta la sua determinazione. «È la mia “cocciutaggine” che mi ha condotto al punto in cui
sono arrivato» ama ripetere vantandosi proprio di questo termine, cocciutaggine, che il giornalista aquilano
Bruno Vespa gli ha attribuito con ammirazione e amicizia e che esprime perfettamente il suo temperamento.
Zaccagnini, lei è forse una delle poche persone al mondo che può vantare il privilegio di svolgere un
lavoro che ama.
«Sì, amo profondamente il mio lavoro. La mia azienda l’ho creata insieme a mio padre quasi dal niente, reinvestendo ogni guadagno perché credevo ciecamente nel mio progetto. Pensi che tanti anni fa, quando non avevamo molti soldi, ci siamo rivolti all’allora preside dell’Istituto Agrario di Alanno, il prof. Franco Di Medio, che,
con una consulenza gratuita, ci suggerì di trovare qualcosa di semplice ed economico per distinguerci. Nacque
così l’idea del tralcetto che ci ha caratterizzato perché dava immediatamente l’idea della terra e del lavoro».
Giungendo nella sua azienda il visitatore si rende immediatamente conto di vivere un’esperienza estetica: la
simbolica architettura degli edifici, le opere d’arte di prestigio nel giardino e tra i vigneti, gli eventi culturali
che lei, con generosa sensibilità, continua a organizzare fuori e dentro la sua cantina che ormai è divenuta
un crocevia di artisti e intellettuali. Da dove nasce questa passione per l’arte?
«Una sottile vena artistica ha sempre attraversato per generazioni la mia famiglia. Mio nonno era un trombettista autodidatta stimatissimo, e mio figlio, Simone, è pittore, scultore e disegnatore. Credo profondamente nel
valore della cultura. Per anni ho organizzato la rassegna Uvarte, che ha avuto illustri padrini tra cui l’architetto
Paolo Portoghesi, e che è iniziata nel lontano 13 maggio del 1984, quando ho ospitato nella mia allora piccola
cantina, Joseph Beuys, annoverato tra i più importanti artisti del secondo dopoguerra. In quella occasione il
mondo della cultura internazionale intervenne per assistere alla storica performance dell’artista, “Difesa della Natura”, il cui nucleo concettuale può essere sintetizzato nell’idea che “l’uomo e la natura con l’animo riunito creeranno un nuovo
mondo”, per usare le parole dell’artista».
Queste parole sembrano calzare perfettamente al suo lavoro di vignaiolo.
«Beuys parlava della creatività come fonte primaria di rinnovamento sociale, un
concetto che mi è caro e che cerco di trasfondere nella mia attività di vignaiolo. Il vino è un prodotto legato alla terra e al lavoro dell’uomo. È per questo che
ho coniato il motto: “Il vino, arte dell’uomo”, che sintetizza la passione, l’estro,
la creatività che una bottiglia di vino deve necessariamente sottendere, infatti
ogni vino ha un suo carattere, una sua immagine, propri aromi e profumi».
l suo amore per il vino è amore per la terra e per la vita, come evidenziava
Ermanno Olmi nel ’94 quando fu padrino d’eccezione del suo Ibisco Rosa.
«Ermanno Olmi è stato premiato in occasione dell’edizione 2004 del meeting “il
tralcetto dell’amicizia”, altro appuntamento annuale da me promosso, ideato
dall’ex Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Luigi Federici. Il premio
viene assegnato ogni anno a personalità che si sono distinte per la loro professionalità. La commissione, presieduta da me, è composta dallo stesso
Comandante Federici, dal professor Carlo Casciani, dal dottor Antonio Cicchetti
direttore generale Policlinici d’Italia e dal Generale Corinto Zocchi. Il premio
2006 è stato assegnato a Gianni Letta. Nell’albo d’oro dei premiati nelle scorse
edizioni, illustri figure come il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri
Guido Bellini, lo stesso Federici, Ennio Morricone, Roberto Gervaso, Sergio
Zavoli e Peppino Prisco, ex presidente dell’Inter che partecipò alla campagna di
Russia come tenente della Brigata Alpina Julia dove conobbe mio padre allora
caporale maggiore dell’esercito ».
Insomma una grande festa dell’amicizia. E alla sua amicizia con il grande
cantautore abruzzese scomparso Ivan Graziani è dedicato un altro premio
da lei istituito.
«Sì, il “Premio Pigro” in programma ogni anno a Teramo, città natale del cantautore. Con Ivan eravamo grandi amici. Ho voluto rendergli omaggio dedicandogli ogni anno una selezione di vini con etichetta creata appositamente da un
grande artista su cui è apposta la dicitura “un fiore per Ivan”. Hanno partecipato grandi artisti, come Cascella e Ballantini. Così, di anno in anno, stiamo creando un giardino simbolico dedicato a lui. Le bottiglie vengono vendute in occasione di un concerto e il ricavato devoluto in beneficenza».
Anno dopo anno ha selezionato i suoi vitigni, ha affinato le tecniche di
produzione, facendo crescere la sua azienda che oggi esporta in 27 Paesi
del Mondo, coniugando felicemente numeri e qualità. Quali sono i vini
prodotti?
«La mia azienda è cresciuta grazie alla mia tenacia, a quella di mio padre e ad
un lavoro di squadra. Con la collaborazione del mio enologo, Concezio Marulli,
apprezzato ormai a livello internazionale, ho ampliato la gamma dei prodotti.
Così, ai cavalli di battaglia della Cantina - il Montepulciano d’Abruzzo, il Bianco
di Ciccio, il Cerasuolo e l’Ikebana (novello) che rappresentano la linea tradizionale del “tralcetto” – abbiamo aggiunto nuove etichette: il Chronicon e il San
Clemente (dal nome dell’antica abbazia a Casauria) nelle tre versioni,
Montepulciano d’Abruzzo, che matura in barriques di rovere per 15 mesi - vino
apprezzato anche da papa Ratzinger - Chardonnay e Trebbiano d’Abruzzo,
entrambi con fermentazione malolattica in barriques nuove che conferiscono
loro un caratteristico profumo tostato e delicatamente vanigliato. Di recente
produzione è Yamada (è un termine giapponese il cui ideogramma sillabato è
la parafrasi del nome Zaccagnini), un pecorino in purezza profumatissimo, dalle
note lievemente agrumate. Infine i Passiti, il Clematis, nome di un fiore, da uve
Montepulciano lasciate appassire sui tralci e con maturazione del vino in caratelli di rovere francese da 50 litri, il Plaisir Rosso, da uve Cannonau, e il Plaisir
Bianco, da uve Moscato di Castiglione che acquistiamo da un produttore locale, Antonio Angelucci di Torre de’ Passeri, che ha impiantato 3 ettari di Moscato
nella zona cru di produzione ».
Ci parli dell’interessante recupero che, insieme al suo enologo, ha fatto del
Moscato di Castiglione.
«Si tratta di un biotipo locale di Moscato Giallo sopravvissuto nella tradizione
contadina di Castiglione a Casauria dove dà origine a un Moscatello che viene
gustato insieme alle ciambelle in occasione della festa di San Biagio. È un vitigno antico, decantato nel Settecento insieme al Moscato di Trani e di Siracusa.
Accantonato dalle aziende per il suo gusto dolce-amaro, è stato da noi recuperato e vinificato eliminando quel sentore amarognolo che lo caratterizzava
semplicemente tagliando i tralci della pianta e portando i grappoli a una par-
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Bolognano e Beuys
Artista tedesco scomparso 21 anni fa, considerato il padre della cosiddetta arte concettuale, Joseph Beuys (Krefeld 1921- Düsseldorf 1986) approda a Bolognano grazie all’intensa amicizia con Lucrezia De Domizio Durini,operatrice culturale, collezionista ed editrice d’arte, moglie del barone Durini.
Iscritto da giovane alla Hitler-Jugend, aviatore durante la seconda guerra mondiale, Beuys
ricorderà sempre il giorno in cui fu abbattuto in Crimea e venne curato da un gruppo di
nomadi tartari che utilizzarono antiche pratiche della loro medicina: la cosa segnò profondamente l’artista, il cui percorso creativo si indirizzerà con gli anni sempre più verso la
ricerca di un’armonia tra uomo e natura.
Su questo principio si incentrerà l’opera di Beuys successiva alle esperienze degli anni ’60,
votate all’affermazione di un rapporto stretto tra arte e sua fruizione sociale (ricordiamo,
tra le altre, la lunga parentesi del gruppo “Fluxus”).
Quando arriva a Bolognano, Beuys ha appena partecipato all’edizione 1982 di
“Documenta” a Kassel, con le “7000 querce”, pietre di basalto adottabili da potenziali
acquirenti che avrebbero finanziato la ripiantumazione di altrettanti alberi.
Nella mattinata del 13 maggio 1984 Joseph Beuys, nella sua Piantagione Paradise, di
fronte al suo Studio, piantò la famosa Quercia, simbolo di longevità e costanza, prototipo
delle “7000 Querce di Kassel”. Il Comune di Bolognano conferì al Maestro tedesco la
Cittadinanza Onoraria e nel pomeriggio, di fronte a persone venute da tutto il mondo,
nella Cantina dell’Azienda Vinicola Zaccagnini, avvenne la storica Discussione “Difesa
della Natura” in cui Beuys parlò della creatività come fonte primaria di rinnovamento
sociale. Il 13 Maggio 1999, a 15 anni esatti dal conferimento della Cittadinanza Onoraria,
è stata inaugurata la piazza intitolata al Maestro Tedesco.
Quest’anno la Biennale di Venezia ha ospitato per 100 giorni l’evento Joseph Beuis.
Difesa della Natura. con il quale Lucrezia De Domizio Durini ha inteso riproporre e sviluppare tutti gli argomenti artistici, sociali e culturali analizzati da Beuys durante la sesta edizione di “Documenta”. Iniziativa importante che avrà un seguito dal 24 al 26 Novembre
proprio a Bolognano, nel “Luogo della Natura. Servizi e Magazzini della Piantagione
Paradise di Beuys”, un ipogeo dedicato ad Harald Szeemann,sede di un Centro
Internazionale di Studi e di Ricerche nato nello spirito beuyssiano della salvaguardia dell’ambiente e delle relazioni tra l’arte e le varie problematiche culturali della quotidianità.
ziale disidratazione. Questo procedimento ci permette di ottenere un passito
dal gusto ampio e armonico, con sentori di miele e frutta tropicale».
Molti sono i riconoscimenti tributati ai suoi vini, tra i quali quelli conferiti dalla prestigiosa rivista Wine Spectator, riferimento sacro per gli estimatori di vino statunitensi.
«Sì, mi ha particolarmente lusingato il massimo punteggio che Wine Spectator
ha tributato al Myosotis, un cerasuolo dall’importante struttura e dal fondo
speziato conferitogli dalla permanenza per tre mesi in botti di rovere. Ma molti
altri sono i riconoscimenti: Bere dolce 2007 ha attribuito quattro sfere al
Passito Bianco Plaisir 2005 e al Passito Rosso Clematis 2001 e ben cinque sfere
al Passito Rosso Plaisir 2005; l’edizione 2006 dei Vini Buoni d’Italia ha conferito le quattro stelle con corona, riconoscimento dato ai vini eccezionali per la
gamma aromatica, il corpo, l’eleganza e l’armonia, al Plaisir Bianco 2004, mentre l’edizione del 2007 assegna la corona al Trebbiano d’Abruzzo San Clemente
2005 e al Passito Rosso Clematis 2000. Il Plaisir Passito Rosso 2005 ha ricevuto tre stelle dalla Guida Veronelli 2007. La Guida Duemilavini 2007 dell’AIS ha
attribuito i quattro grappoli a ben cinque vini, tra i quali il Rosso Passito
Clematis 2001, un vino dal bouquet intenso di frutti di bosco neri e liquirizia e
dal gusto ampio, armonico e persistente».
Insomma, è proprio il caso di concludere con il suo slogan “Il
vino, arte dell’uomo”.
Iincontro
FORMAGGI
DELLA
NATURA
con Giovanni Del Giudice del caseificio «Rivisondoli»
di Riziero Zaccagnini
ph. Luca Del Monaco
Uno stabilimento moderno in cemento e mattoni, un ampio piazzale d’asfalto come parcheggio, un’insegna
semplice con il logo dell’azienda, il verde e il rosso del marchio storico.
Nulla all’esterno preannuncia la ricercatezza e la cura dei dettagli che ci investono entrando nel punto vendita del caseificio “Rivisondoli”, all’ingresso dell’omonimo paese. Una vera e propria boutique di prodotti tipici
abruzzesi, vini, oli, pasta dalle tradizionali trafilature, funghi e tartufi, miele, farro e orzo biologici, genziane
liquori e birre artigianali. Di fronte un ricco e carico banco di latticini di ogni tipo, formaggi teneri e stagionati, scamorze, burro ricotte e creme. Profumi intensi, delicati e decisi, forme morbide e tagli netti, in un ventaglio di colori tenui e tinte accese. Sul fondo la parete a vista apre una finestra sul laboratorio, in un groviglio
di tubi d’acciaio, silos, pastorizzatori, vasche e centrifughe: impianti ad alta tecnologia per un prodotto tipico
della montagna rivisondolese.
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In questo incontro tra modernità e tradizione ritroviamo lo spirito con cui
Giovanni e Toni Del Giudice portano avanti il mestiere di famiglia. Il primo biologo, una laurea a Siena, il secondo ingegnere, da sei anni guidano l’azienda,
attenti al recupero e alla conservazione dei prodotti caseari tradizionali e, al
contempo, impegnati nella ricerca di nuove fantasiose ricette.
Basta uno sguardo ai nomi dei formaggi in vetrina, per scoprire l’intenso lavoro creativo che contraddistingue l’azienda Del Giudice. Accanto al caciocavallo,
alle mozzarelle e ai nodini troviamo la “ciambella affumicata”, il “verzello”, il
“lingotto”, il “baronale”, “prato matteo” : «Settantotto prodotti differenti, tutti
stagionali, legati alla produzione di latte delle numerose aziende agricole locali, ai pascoli selezionati, ai tempi di stagionatura». Nomi che richiamano le zone
di pascolo, le erbe differenti che danno profumi e sapori unici ai formaggi, la
tipicità e l’originalità della lavorazione. Scorze di ogni colore, verdi per la stagionatura nelle foglie del cavolo-verza (rigorosamente raccolte dall’orto di
casa), marroni di trebbia, rosse di cera protettiva per evitare la contaminazione
delle muffe, infine nere del carbone vegetale che avvolge il “carbonato”, robiola dolce all’interno e acidula all’esterno, prodotto unico e vanto di Giovanni Del
Giudice. Tanta sperimentazione ha portato l’azienda a numerosi successi nelle
fiere dedicate all’arte casearia. Con un pizzico d’orgoglio Giovanni ci mostra
l’invito al CIS di Bra, organizzato da Slow Food, a cui si partecipa solo se selezionati tra le aziende di tutto il mondo. Un riconoscimento importante del lavoro svolto, senza dimenticare mai le proprie origini.
Sono passati molti anni dal 1898, quando il nonno di Giovanni e un socio crearono l’azienda “D’Orazio”, le cui mozzarelle sono ancora presenti nel ricordo
degli abruzzesi. Oggi i Del Giudice sono gli eredi di quella tradizione, che tenacemente portano avanti, a volte con difficoltà. Come per il caciocavallo, «sfogliato all’interno come una volta, quando si annodava il gomitolo di pasta scottato nell’acqua», noto quale prodotto tipico dei monti abruzzesi dai tempi dell’inchiesta Iacini, subito dopo l’unità d’Italia. « Oggi esiste la DOP per il cacio-
cavallo della Sila, e noi che non ne facciamo parte abbiamo un contenzioso
aperto addirittura per l’utilizzo del nome. Su questo c’è bisogno di un impegno
promozionale e politico forte, per non rischiare di rimanere penalizzati». Una
questione delicata, dato che buona parte della produzione si indirizza verso
wine bar, enoteche, ristoranti e mercato estero, dove qualità e tipicità certificate sono fondamentali. DOP a parte, l’impegno di Giovanni e Toni è tutto rivolto alla cura dei particolari, i tempi di lavorazione e la stagionatura in grotta o
in cella, tra paglia, fieno o foglie di noce; la ricerca nei sieri, i fermenti, il caglio
proveniente da Lodi (un caglificio del 1800). La conoscenza scientifica di
Giovanni si manifesta puntualmente mentre ci racconta il processo di lavorazione che dal latte porta al formaggio. «La lavorazione per il fior di latte o il
caciocavallo è sostanzialmente la stessa. Cambiano le temperature di riscaldamento iniziale del latte e, di conseguenza, le reazioni chimiche interne». Poi i
differenti fermenti, la tecnica del “latte innesto” e del “siero innesto”, l’acidificazione in cui i batteri trasformano il lattosio in acido lattico o derivati, la cagliatura e così via. «Con la rottura della cagliata, a seconda delle dimensioni dei
pezzi, si decide anche l’umidità del prodotto che andremo a lavorare».
Formaggi asciutti e grassi, oppure “freschi” e morbidi, vaccini e pecorini.
«Prima di fare un formaggio lo immagino, ne studio i particolari. Bisogna
essere pazienti; il risultato del lavoro di oggi lo avrai dopo alcuni mesi, e non
è detto che sia soddisfacente. Si tratta allora di
ricominciare, annotando ogni passaggio, fino ad Info azienda
Rivisondoli, Casearia Comm.
ottenere il prodotto voluto». Un lavoro continuo di Del Giudice Giovanni & C.
ricerca, che per un attimo tradisce un approccio s.n.c.
Fonticella 71 – 67036
quasi accademico all’arte di fare formaggi. Ma è Via
Rivisondoli (Aq)
solo un passaggio, il segreto è un altro: «Latte, Tel. 0864.69115, Fax.
tanto amore e voglia di sperimentare». Parole che 0864.69487
Sito internet:
restituiscono tutta la passione per un mestiere www.rivisondoli.biz,
e-mail [email protected]
antico di montagna.
IL
tratturo
dei
Vestini
Un corridoio del tempo tra borghi, chiese e teatri all’aperto.
di Massimo Colangelo
Percorro la statale 17
in direzione de
L’Aquila reduce dalle
angustie delle “svolte
di Popoli”, ora la strada è un nastro di asfalto che invita alla velocità. Se non fosse per
le interruzioni dovute a
lavori di ampliamento
della sede stradale, lo
sguardo non si soffermerebbe sulle bellezze
ambientali di questa
zona, i suoi borghi, le
chiese, i numerosi
ritrovamenti archeologici sparsi un po’ su
tutta la piana, probabilmente localizzati
lungo il tragitto del
tratturo. Quest’ultimo
poi è addirittura
dimenticato, eppure
per secoli e secoli è
stato percorso da
uomini e greggi, un
fiume di persone e di
pecore che sono stati,
nel tempo, i mediatori
di relazioni economiche e culturali.
Il tratturo in questione è quello chiamato “Magno”,
che collegava L’Aquila a Foggia e attraversava la piana
dei Navelli ricevendo i vari “bracci” , i tratturelli, rami
minori che confluivano nel tracciato principale. Lungo
questo percorso, che sulla piana è in gran parte parallelo all’ attuale S.S. 17, si trovavano città, luoghi di sosta
e di riparo, edicole, piccole chiese ed anche santuari,
cosicchè nel viaggio faticoso e spesso avverso, i pastori
potevano riposare e confidare nell’aiuto dei Santi protettori.
Al giorno d’ oggi si percorre velocemente la Statale ma
è possibile girare per uno dei tanti bivi che vi si affacciano per trovarsi in un paesaggio subito trasformato,
diverso: si percorre una sorta di “corridoio” del tempo,
che dà accesso ad una dimensione pacata, distante
dalla strada statale da poco abbandonata.
A partire dalla S.S. 17, che attraversa e taglia la piana
di Navelli, deviando sulle strade laterali, ancora oggi è
possibile visitare luoghi autentici dell’ Abruzzo e, se si è
fortunati, incontrarne lo Spirito che, un po’ nascosto, vi
abita ancora.
Peltuinum
Si arriva nel luogo dove sorgeva la città antica lasciando la statale 17 in direzione di Castelnuovo, frazione
del comune di Prata d’Ansidonia; si sale verso un altipiano sul quale appaiono i resti monumentali della
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cinta muraria, che definiscono ancora oggi i
limiti dell’antico abitato. Si entra passando
per la Porta
Occidentale, nei pressi
della quale si notano i
resti di un nucleo abitativo medievale, probabilmente un edificio
ecclesiastico (il
Conventino), che ospitava una piccola
comunità di religiosi
ancora nel XVI secolo.
L’ampio altipiano offre magnifiche vedute paesaggistiche e la possibilità di una lunga passeggiata nella
campagna; proseguendo in direzione sud si arriva in
prossimità di resti di altri monumenti antichi quali il
tempio ed il teatro. Del tempio purtroppo non resta
che la parte cementizia del podio su cui si stagliava
l’edificio, circondato da un porticato che ospitava le
attività legate all’edificio sacro; parte del porticato fu
riutilizzato nel medioevo da artigiani che qui installarono le loro botteghe. Sul lato occidentale del tempio, in
prossimità del porticato, è visibile un curioso elemento
in pietra con due incavi: si tratta probabilmente della
base di un piccolo altare sacrificale dove, all’interno
della vaschetta circolare, veniva raccolto il sangue della
vittima per usi rituali. Il complesso monumentale era
inserito nella zona del foro, cui si accedeva da una traversa della strada principale, su cui si affacciavano le
botteghe, e collegato a quella del teatro.
Il teatro è senza dubbio il monumento più rilevante
dell’area archeologica: costruito nel I d.C., conserva
gran parte delle gradinate, alcuni accessi antichi e
parte della scena antica; presenta inoltre importanti
riutilizzi strutturali e trasformazioni di epoca medievale
per fini difensivi. Da questa zona della città antica si
nota, a poca distanza, il borgo medievale di Castel
Camponeschi.
Gli studi condotti ci raccontano una continuità di vita
che, nei secoli successivi al V, portò notevoli cambiamenti nella città, con il sistematico spoglio dei monumenti antichi i cui materiali si rinvengono negli edifici
successivi della Civita Ansidonia medievale.
S. Paolo ad Peltuinum
Questa chiesa, sorta fuori dall’antico centro urbano di
Peltuinum, ne conserva e ne perpetua il nome.
Si raggiunge attraverso un piccolo sentiero posto a
nord della zona del tempio. Costruita utilizzando perlopiù materiali classici, trasportati dalla vicina città romana, la chiesa è costituita da un’aula rettangolare conclusa da un transetto senza abside. In facciata la parte
centrale, caratterizzata dal portale sovrastato da due
finestre circolari, si presenta avanzata. Da S. Paolo
viene un notevole ambone con straordinarie sculture
(XIII sec.) custodito nella chiesa di S. Nicola in Prata
d’Ansidonia.
Complessivamente l’edificio attuale è dovuto ad una
ricostruzione benedettina (XIII sec) su preesistenze del
IX sec. All’interno, purtroppo non visitabile, alcuni
dipinti tra cui S. Cristoforo che protegge il cammino di
uomini e greggi transumanti e che richiama la funzione di luogo di sosta tratturale di questa chiesa.
Castel Camponeschi o castello di Prata
Per raggiungere Castel Camponeschi bisogna tornare
sulla strada che da Castelnuovo porta a Prata
d’Ansidonia, percorso qualche km, nelle vicinanze di
Prata, si vedrà svettare sulla sommità di un colle il
borgo medievale, recentemente restaurato. Manca una
documentazione che renda possibile datare l’incastellamento di Castel Camponeschi che nasce con una
logica difensiva tipica della vita medievale, quando,
mancando uno stabile potere centrale a garanzia della
vita delle popolazioni, si rende necessario realizzare
insediamenti muniti. Il castello è protetto da una cinta
muraria staccata dall’abitato tranne che per un tratto,
a sud-ovest, dove le case coincidono con le mura. È
del 1508 un documento che cita il “Castrum S. Petri
Camponeschi” ; nel 1963 l’ultimo nucleo famigliare
lascia Castel Camponeschi. Ancora oggi il borgo è
disabitato.
Francesco De Gregori
in concerto a Sulmona
Canzoni a Teatro
Ancora una volta il Teatro Comunale “Maria
Caniglia” ospiterà un grande cantautore
italiano. Dopo il successo dello scorso
autunno con Ivano Fossati, il 4 Dicembre
sarà la volta di Francesco De Gregori.
L’artista romano porterà a Sulmona lo
spettacolo con il quale il 23 novembre, in
contemporanea all’uscita del nuovo cd live
registrato in estate intitolato Left & Right ,
prenderà il via da Venezia il suo nuovo tour
teatrale .
50 tappe percorrendo l’intera penisola,
da Rimmel ai brani dell’ultimo intenso
Calypsos hanno segnato la storia della
canzone italiana d’autore.
Poetico e graffiante, malinconico, profondo, leggero, De Gregori continua a riscoprire le emozioni delle sue parole, reinventando arrangiamenti, tra ritmi folk, rock deciso
e melodie più dolci che accompagnano i
versi inconfondibili e appassionati di uno
tra i più amati cantautori italiani.
Ec
am
ti pr
sen
nel
por
da La
accompagnato sul palco dai musicisti che
da anni lo affiancano, Stefano Parenti alla
batteria, Alessandro Arianti alle tastiere,
Alessandro Valle pedal steel guitar e chitarra, Lucio Bardi e Paolo Giovenchi alle chitarre e Guido Guglielminetti al basso.
De Gregori torna a suonare a contatto con
il suo pubblico in un contesto più raccolto,
proponendo vecchi e nuovi successi che
L’appuntamento è dunque per martedì
4 Dicembre al Teatro M.Caniglia di
Sulmona. Le prevendite sono aperte in
tutto Abruzzo e per informazioni è possibile contattare l’organizzazione presso
il Fans Club Nomadi ai numeri
0864.52224 e 389.9737620.
Dalla stes
verai/ e il
può nasc
confonde
può perd
da Sempr
E tu dici: “Perdonami”/ Perdo
Alice guarda i gatti e i
gatti guardano nel
sole/ mentre il mondo
sta girando senza
fretta/
E cesare perduto
nella pioggia / sta
aspettando il suo
amore
ballerina
da Alice
con le mani
more per le mani
prenderò/ e
nza dire parole
mio cuore ti
rterò
donna cannone
ssa parte mi trovero amore
condersi/
ersi/ ma non
dersi mai
re e per sempre
E voglio vivere come i gigli nei
campi/ e come gli uccelli nel cielo
campare
da A Pa’
E qualcosa rimane/ fra
le pagine chiare e le
pagine scure/ e cancello il tuo nome dalla
mia facciata/ e
confondo i miei alibi e
le
tue ragioni
da Rimmel
Siamo noi/
quelli che
hanno letto
un milione
di libri / e quelli che
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Nino cammina che
sembra un uomo/
con le scarpette di
gomma dura/
dodici anni e il
cuore pieno di
paura
da La leva calcistica della classe 68
Scrive il suo nome nella grotta del Bue
Marino/ con la sua strana calligrafia
da Giovane esploratore Tobia
non sanno nemmeno
parlare
da La storia
Dietro la collina, ci sta
la notte crucca e assassina/ e
in mezzo al prato c’è
una
contadina
da Generale
onami?! Va bene, perdonami: però perdonami cosa?/ La vita! da La linea della vita
Del 12 dicembre,
l’Italia con le bandiere/ l’Italia
nuda come
sempre
da Viva l’ Italia
Alla scoperta dell’Abruzzo Medioevale
SAN PIETRO AD ORATORIUM
e IL QUADRATO MAGICO
di Emanuela Ceccaroni
ph. Luca Del Monaco
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Se quella dell’Abruzzo interno è una connotazione geografica, delimitata dai monti e disegnata con i colori della natura, intensi e cangianti nello scorrere delle stagioni, l’anima di questo Abruzzo appare
all’improvviso, negli angoli che si dischiudono
allo sguardo e ai passi
Luoghi dell’anima
di chi ne traccia i molteplici percorsi.
a tentazione che potrebbe indurre la
scrittura, declinando nelle forme di
retoriche descrizioni i paesaggi, appare
invece come una reale opportunità che
alcuni luoghi offrono, in una sequenza
che restituisce questa anima, impreziosita da
forme architettoniche e artistiche che la rendono occasione unica di confronto non con il passato, ma con un presente operante attraverso i
linguaggi dei secoli precedenti.
Così piace avvicinarsi alla chiesa di san Pietro
ad Oratorium, posta lungo la riva sinistra del
Tirino, in un ambiente naturale che ne è parte
integrante, come nel vicino modello di san
Liberatore a Maiella.
La figura di Desiderio, il re dei Longobardi di
manzoniana memoria, ancora oggi protegge la
chiesa nel ricordo sull’epigrafe del 1100, collocata sul portale a futura memoria della sua
costruzione nell’VIII sec.: A REGE DESIDERIO
FUNDATA MILLENO CENTENO RENOVATA, sebbene fosse già menzionata nel 752, quattro
anni prima che egli divenisse re di un popolo di
cui rimangono tracce nelle fare e nelle scurcole, toponimi ancora oggi parlanti, e in oggetti
sparsi che riemergono come segnali della presenza longobarda in Abruzzo.
Beni e possedimenti fecero di san Pietro ad
Oratorium una delle chiese, con annesso monastero, tra le più importanti, protetta da papi,
imperatori, re e, tra gli altri, dai Medici; le donazioni e i privilegi ne accompagnarono la vita e,
quando papa Pasquale II riconsacrò la chiesa
restaurata, furono le reliquie di san Pietro apostolo a porre il suggello di un’operazione religiosa che non nascondeva i caratteri temporali.
Il controllo di ampie porzioni di territorio e di
tutte le attività connesse consentiva ai monaci
una stabilità economica che aprì le porte alla
realizzazione di opere d’arte più durature di
ogni altra vicenda, in anticipo su esperienze
analoghe in zone limitrofe.
Materiali reimpiegati da edifici di epoca classica, cornici, capitelli, formelle e frammenti scultorei segnano i passaggi di queste vicende e
oggi, ormai spogliata della presenza dei monaci, la chiesa restituisce il fascino dei linguaggi
adoperati per confermare la certezza della fede,
parlare al popolo e consegnare al futuro un
dono inconsapevole attraverso la curiosità, lo
stupore e la riflessione.
La curiosità si attiva davanti al palindromo
quadrato magico (rotas opera tenet arepo
L
sator) che sempre affascina e non svela ancora
la sua intima essenza, in quel reticolo di parole
incastrate che sembrano non voler dialogare
con l’osservatore, ma quasi divertirsi con lui in
una sfida senza tempo.
Un gioco che arriva da lontano, tracciato già
nell’antica Pompei e cristallizzato dal terremoto del 79 d.C.; ereditato poi dai secoli successivi con il suo carico di mistero o di semplice
astuzia, inciso sulla pietra, scritto sulla carta,
amplificato da Internet per giungere a una
spiegazione, la spiegazione ultima.
Cristianamente inteso come anagramma del
Pater noster, esotericamente trasmesso nel
Medioevo, forse ha un senso, ma sembra più
appropriato ai nostri tempi il non-senso che
cattura e stimola l’immaginazione.
La curiosità allora, in assenza di una convincente spiegazione, lascia il posto allo stupore
quando le molteplici circostanze casuali e favorevoli, che negano ancora all’Abruzzo la possibilità di essere un luogo aperto, permettono di
varcare il portale incorniciato da pilastri e dai
giri di palmette e tralci: in quel preciso istante
è una terra intera ad accogliere il visitatore, a
fasciarlo con i colori e l’intensità delle pietre,
delle sculture e degli affreschi, a mostrargli il
suo carattere più intimo.
Le arti si intrecciano nelle tre navate con absidi al cui centro si erge il ciborio del Duecento,
sullo sfondo degli affreschi dai toni dell’ocra; la
pietra si sfoglia nei capitelli e diventa tralcio
vegetale, in movenze di carattere romanico che
si sciolgono nelle forme più vicine al gotico
delle arcatelle superiori, tra le quali piastrelle di
maiolica conferiscono al ciborio un’unicità non
riscontrata in altre chiese.
Su tutto vigila, dal XII secolo, la figura del Cristo
in trono, benedicente alla greca e con un libro
nella mano sinistra aperto sulle parole apocalittiche Ego sum primus et novissimus; ai lati i
simboli degli Evangelisti – angelo, aquila, leone,
toro – contornati da due grandi serafini con tre
coppie di ali. Movenze che si stanno liberando
dagli impacci e dalle fissità dei secoli precedenti e si librano verso nuove prospettive.
Disposti a semicerchio sull’arco trionfale, i ventiquattro vecchi dell’Apocalisse, con barba bianca e nell’atto di alzare il calice d’oro in mano,
quasi scompaiono nella sequenza che si perde
tra le decorazioni dai tratti miniaturistici; i santi
sull’abside concludono uno dei cicli pittorici più
antichi d’Abruzzo, evidente segno di un benes-
sere della comunità monastica e felice avvio di
una stagione artistica feconda che vedrà le
pareti delle chiese ornarsi di opere di valore,
monito per i fedeli e celebrazione del divino.
Affreschi come libri, che parlano agli uomini e
ne suscitano lo stupore, assecondandone le più
intime paure, raccolte dall’Apocalisse e trasformate in immagini facilmente riconoscibili.
E dopo lo stupore, germina la riflessione sui
segni, le opere e i giorni, trascorsi e da venire,
mentre si volgono le spalle al ciborio e agli
affreschi e si attraversa di nuovo il portale a
girali scolpiti, l’architrave con il nome di
Desiderio e ai lati i bassorilievi del re David e di
Vincenzo diacono; il sator arepo sfida di nuovo
il presente, ma nell’incastro delle possibilità
prendono forma i tanti luoghi dell’Abruzzo
interno, unici come san Pietro ad Oratorium,
che si scompongono e ricompongono in una
sorta di gioco, quasi un circolo magico che
avvolge questa terra di montagne e chiese.
SATOR
AREPO
TENET
OPERA
ROTAS
“Da leggersi una volta orizzontalmente… indi verticalmente: dall’alto in basso, in alto, in
basso…ecc.”Questa notissima costruzione leggibile in più sensi è la stessa che viene portata a esempio da studiosi dell’informazione quando esaminano la tecnica di costruzione delle parole incrociate
per studiare le possibilità statistiche che due o più
sequenze di lettere hanno possibilità di combinarsi
in messaggi diversi”.
Umberto Eco, Opera aperta, Bompiani.
Colori e sapori
Il sapore del bosco
di KATIA MASCI
ifugio di folletti e gnomi i funghi hanno sempre suscitato una strana curiosità e sono avvolti da un alone di
mistero. Forse perché caratterizzati da colori invitanti, o
per il fatto che sembrano spuntare dal nulla su terreno o
su tronchi di piante. In realtà risultano essere un alimento molto particolare, e costituiscono una importantissima
risorsa alimentare perché ricchi di sostanze nutritive di vario genere. Diverse specie possiedono proprietà anticancerogene, altre contribuiscono ad abbassare il livello di colesterolo nel sangue, altre
ancora contengono vitamine di fondamentale importanza.
R
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ra le varietà delle montagne abruzzesi ci sono i porcini, i prataioli, i galletti e le mazze di tamburo. Ai funghi e tartufi la cucina regionale deve molto soprattutto nella preparazione dei primi. Sempre nelle zone
montane la rinomata “regina della Valle” comincia a
rosseggiare già da fine settembre. Si tratta della roscetta abruzzese, la varietà di castagna per eccellenza dell’Appennino
abruzzesi. La roscetta della Valle Roveto si presenta grande, di
forma rotondeggiante, superficie liscia di colore bruno rossastro. Il sapore è più dolce rispetto alla media. La raccolta della
“Roscetta” inizia a metà ottobre e si effettua manualmente con
i cesti, seguita dalla cernita delle castagne e successivo trattamento per la loro conservazione. Il processo consiste in una
permanenza in acqua per circa 20 giorni e poi asciugatura al
sole. Al termine vengono conservate in luoghi asciutti. Le
castagne possono essere anche abbrustolite e conservate per
tutto l’inverno. L’autunno è anche la stagione della fioritura e
della raccolta dello zafferano, invidiato tesoro dell’altopiano di
Navelli, esportato in tutto il mondo. La raccolta deve essere
eseguita giornalmente e nelle prime ore del mattino, prima che
il fiore si apra. Si effettua manualmente distaccando il fiore con
la base dell’unghia del pollice contro l’indice. I fiori raccolti
vanno posti all’interno di ceste e portati a casa. Durante la sfioritura, ovvero l’apertura dei fiori, si separano gli stimmi dalle
restanti parti. Lo zafferano non subisce lavorazioni intermedie,
viene commercializzato in condizioni di assoluta purezza, in
filamenti o al massimo in polvere. Lo contraddistingue un
potere aromatico molto intenso e una colorazione che assume i
toni del rosso porpora. Anche la zucca è un frutto dell’autunno
dal colore particolarmente invitante, resa celebre negli ultimi
anni più per la ricorrenza di Halloween che per le sue importantissime qualità nutritive della polpa interna. Ai frutti autunnali si accompagna molto bene la primizia del novello. È con
questo vino che viene sancito il primo brindisi della vendemmia nei giorni di San Martino, dove si rievoca il connubio con le
castagne. Si sposano bene la dolcezza della roscetta abruzzese
con i profumi giovani del novello. La castagna è anche una delle
componenti essenziali di tante ricette di dolci abruzzesi, così
come la marmellata d’uva, che viene preparata nel periodo
autunnale. La scrucchiata, che trae il suo nome dal rumore che
gli acini fanno sotto le dita durante l’eliminazione dei vinaccioli, nella nostra regione è fatta prevalentemente con il
T
Montepulciano d’Abruzzo. Dopo la vendemmia, a consacrare
l’autunno arriva la raccolta delle olive e l’olio nuovo. Le varietà
abruzzesi più caratteristiche sono la gentile e la dritta. Ma esistono anche varietà che si prestano ad una conservazione diversa. In Abruzzo è molto diffusa la preparazione delle olive da cultivar “Intosso” . Le olive di questa varietà hanno forma ellittica
e sono più grandi delle normali olive da olio. Il processo di
lavorazione è abbastanza lungo, circa 30 / 40 giorni. Essendo di
base l’olivo amaro, la prima fase che caratterizza la lavorazione
è la deamarizzazione con abbondante uso di acqua e soluzioni di
idrossido di sodio. Successivamente le olive vengono messe in
salamoia. Durante la lavorazione l’oliva mantiene quel caratteristico colore verde, acquistando anche un sapore leggermente
acidulo ma molto gradevole.
[Link]
Maccheroni alla chitarra
con zucchine e zafferano
(ingredienti per 6 persone)
g. 600 di maccheroni alla chitarra
g.1000 di zucchine
2 carote medie
g.100 di guanciale di maiale
1 spicchio di aglio rosso di Sulmona
4 bustine di zafferano di Navelli
Olio extra vergine di oliva
Parmigiano o pecorino (a seconda
dei gusti)
Peperoncino
Grattugiare le carote e le zucchine;
in un tegame capiente (servirà tutta
Riso allo zafferano con
mousse di baccalà
(ingredienti per sei persone)
g. 300 di baccalà ammollato
g. 300 di riso carnaroli
2 patate medie
lit.0,500 di latte
prezzemolo
brodo vegetale q.b.
burro e parmigiano q.b.
4 bustine di zafferano di Navelli
Cuocere il baccalà con le patate a
tocchetti e il latte fino a quando le
patate siano cotte e il latte comple-
la pasta) scaldare l’olio con uno
spicchio d’aglio vestito, toglierlo e
mettere il guanciale facendolo rosolare, quindi unire carote e zucchine.
Far cuocere per 5 minuti ca. e poi
aggiungere lo zafferano precedentemente fatto sciogliere in un po’
d’acqua. Far insaporire ancora 5
minuti, mentre a parte si cuoce la
pasta. Quando la pasta è pronta
scolare e versarla direttamente nel
tegame della salsa; mantecare con il
formaggio scelto, aggiungere un pizzico di peperoncino e servire.
Ricetta del ristorante Clemente di
Sulmona
tamente assorbito (eventualmente
aggiungere altro latte). Passate il
composto cosi fatto nel mixer,
aggiungendo un cucchiaio di parmigiano e prezzemolo. Il composto
dovrà avere la consistenza di un
purè. Regolate sale e pepe. A parte
preparate un risotto tradizionale allo
zafferano; a cottura ultimata mettete
una parte della mousse di baccalà e
mantecate con burro e parmigiano.
Servire mettendo una quenelle di
mousse di baccalà sul riso.
Ricetta del ristorante Clemente di
Sulmona
È stata una
buona vendemmia?
di Massimo Maiorano
a particolarità che differenzia
il vino da molte altre bevande
sta nel fatto che ogni anno
risulta diverso. Di anno in
anno, con le stesse vigne e
con le stesse tecniche di cantina, viene
fuori un vino dai caratteri mai uguali.
Tutti noi possiamo ricordare fantastiche
annate: sono sensazioni gustative che
rimangono impresse nella nostra memoria proprio perché identiche non si riproporranno più. Ne avremo delle altre che
ricorderemo con più o meno intensità,
ma ognuna comunque in modo diverso.Ogni anno in questa stagione si tirano
le somme della vendemmia, e i media
sono pieni di notizie a tal proposito: si
parla di stagione siccitosa o piovosa, calda
o fredda, soleggiata o meno, e così via.
Ci sono annate in cui sembra che tutto
vada storto, piogge, grandine, ed altro
ancora, come il 2002. Ricordo ancora le
parole di Elisabetta Foradori, famosa produttrice del Trentino, a proposito di quella vendemmia in occasione di una degustazione verticale dei suoi vini: “è stata
un’annata come le altre, da noi in fondo
L
piove sempre durante l’estate, se fino ad
oggi i miei vini vi sono piaciuti, perché
non dovrebbe piacervi questo?” Per la
cronaca il vino di cui si parlava era il
Granato 2002 e prese i 5 grappoli sulla
guida Duemilavini della Associazione
Italiana Sommelier; non fu certo l’unico
premiato di quella annata.
Ogni zona ha un proprio microclima che
non necessariamente rispetta ciò che
mediamente accade in Italia o anche solo
in Abruzzo.
Della vendemmia del 2007 l’Assoenologi
dai primi dati dichiara che si tratta di
una vendemmia scarsa, in Abruzzo si
parla del venti per cento in meno, e di
una raccolta molto anticipata.
Come tutti sappiamo è stata una stagione
siccitosa, molto soleggiata e con molto
caldo, persino di notte, cosa abbastanza
rara nei vigneti situati nell’Abruzzo interno. Per fortuna il caldo notturno si è
risolto in pochissimi giorni di agosto, e la
peculiarità dei nostri vini, dovuta alla
forte escursione termica tra giorno e
notte, rimarrà intatta.
Le uve sono risultate molto zuccherine,
quindi avremo un buon tenore alcolico. A
dispetto di ciò che sembrava evidente
osservando i grappoli smunti dalla siccità,
si è riscontrato fortunatamente un buon
livello di acido tartarico, che così garantirà buona freschezza e longevità al vino.
Come sempre però bisognerà aspettare il
prossimo anno e magari di più per
cominciare davvero a capire quale sarà
stato il livello qualitativo dei vini di questa vendemmia.
E staremo lì, magari in compagnia, con il
bicchiere in mano a indovinare a quale
annata somiglia o a definire che non
somiglia a nessun altra.
Ogni volta la storia si ripete, ma proviamo ogni tanto ad accostarci ad un bicchiere di vino senza curarci dell’anno
della vendemmia, il vignaiolo avrà sicuramente fatto di tutto per fare un buon
lavoro: noi cerchiamo di godercelo.
Così facendo scopriremo anche vini che
magari non avremmo degustato con la
dovuta attenzione, pensando ad una cattiva annata, che invece possono riservarci
sensazioni da ricordare a lungo.
Buon vino a tutti.
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Prati del Sirente - Valle Lupara - M. Sirente
(4 ore facile)
Dislivello: 1192 m
Tempo di salita: 4.00 h
Tempo di discesa: 2.30 h
Segnaletica: segnavia giallo - rossi, sentiero n. 15
CAI
Carte: CAI Gruppo Velino Sirente
IGM 146 III NE Monte Sirente
Affacciato sui dolcissimi «Prati del Sirente» e su una
splendida distesa di faggete, la parete settentrionale del
Monte Sirente è la più spettacolare della montagna e
puo essere salita lungo i sentieri che percorrono la Valle
Lupara ed il Canalone Majori.
Lungo la strada che collega i centri di Rocca di Mezzo e
Secinaro, al Km 12.350 si incontrano i resti del vecchio
chalet «Sirente» (1156 m). Questo punto rappresenta la
base di partenza di questa bellissima escursione, attraverso l’itinerario più famoso della montagna.
Da qui ci si incammina nel bosco lungo il sentiero CAI n
15 indicato da segnavia giallo - rossi.
Giunti alla quota di 1228 m si devia a sinistra verso la
Valle del Condotto. L’altro sentiero indicato con dei
segnavia rossi e con delle lettere M porta sempre alla
vetta, ma percorrendo il più ripido Canalone Maiori.
Giunti circa a 1300 m il sentiero si biforca di nuovo. Qui
si svolta a destra seguendo la mulattiera che porta con
una serie di tornanti alla base della Valle Lupara a 1700
m in circa 1.45 h.
Questa si percorre mantenendosi prima sulla sinistra
della stessa e poi dopo una traversata sulla destra. Dopo
aver affrontato l’ultimo strappo del canalone ci si affaccia sulla parte sommitale del Sirente. Proseguendo verso
destra mantenendosi sulla cresta, si prosegue fino alla
cima della montagna a 2348 m.
La discesa richiede circa due ore e trenta di percorrenza.
[Link]
Accarezzando l’acqua
in canoa sul fiume Tirino
Promuovere un turismo sostenibile diffondendo conoscenza del territorio e dell’ambiente, per sviluppare una maggiore sensibilità ecologica: così possiamo riassumere la missione che dal 1999 la Cooperativa
“Il Bosso” è impegnata a perseguire organizzando corsi di formazione
e di educazione ambientale soprattutto nelle scuole, escursioni lungo
i sentieri dei monti abruzzesi seguendo le tracce di camosci, cinghiali
e lupi, visite ai centri faunistici dei parchi della regione e gite in
Mountainbike lungo i numerosi percorsi che si diramano dal Centro
Visite del Fiume Tirino, loro sede storica.
Ma l’attività di sicuro più accattivante e più strettamente legata al
territorio di Bussi Sul Tirino è la canoa, che la cooperativa promuove
organizzando brevi escursioni adatte a tutti, in un tratto dolce del
fiume che permette anche ai non esperti di avvicinarsi a questo sport.
Un’escursione accarezzando a remi l’acqua cristallina, immersi nella
rigogliosa vegetazione che avvolge il Tirino e che ospita una ricca
fauna. Un modo simpatico, di certo il più semplice per prendere confidenza con il fiume, passando due ore piacevoli a contatto diretto con
una natura inusuale. Un itinerario che, partendo dalla località San
Martino, nel comune di Capestrano, porta fino alle sorgenti di Capo
d’Acqua, risalendo il fiume per poi tornare lasciandosi accompagnare
dalla corrente.
Scheda tecnica e costi
Lunghezza percorso: c.a 5 Km
Grado di difficoltà: Facile (consigliato per le famiglie)
Durata: c.a 2,30 ore
Le canoe partono da due posti fino a un massimo di 10 più accompagnatore. I costo variano da 50 a 140 Euro.
Info: Il Bosso Società Cooperativa a r.l. ,
via Gramsci c/o Centro Visite Fiume Tirino – 65022 Bussi Sul Tirino (PE)
tel/fax 085.9808009 , sito internet: www.ilbosso.com
In mezzo scorre il fiume
Intercalata da documenti (veri o finti) fotografici d’epoca in color
seppia, è la storia del rapporto tra due fratelli che il padre, severo pastore presbiteriano, educa nel culto di Dio, del bene e della
pesca alla lenza. Ma i due fratelli sono diversi: uno è serio, studioso e discretamente noioso, l’altro è un simpatico scapestrato, accanito frequentatore di gonnelle e tavoli da gioco. Film
nostalgico della memoria è ambientato nel Montana tra il 1910
e il 1925 e ricalca fedelmente il romanzo autobiografico di
Norman McLean. Illustrativo, ben pettinato, edificante ha una
oleografica fotografia per la quale il francese Philippe Rousselot
si è portato a casa l’Oscar
Crediti
Anno: 1992
Durata: 123’
Regia: Robert Redford
Destinazione Pechino.
Il campione olimpico Stefano Baldini in Abruzzo
di Marco Iacuone
Il campione olimpico di maratona Stefano Baldini ha trascorso
venticinque giorni a partire dal 2 Luglio in terra abruzzese, insieme ai colleghi di nazionale, per prepararsi ai prossimi impegni
agonistici. La località scelta per il ritiro è stata Rivisondoli e lungo
i sentieri e le strade del comprensorio dell’Alto Sangro hanno
avuto luogo gli allenamenti, guidati da Donato Chiavatti, tecnico pescarese e stretto collaboratore di Luciano Gigliotti, che è
responsabile del settore maratona della federazione di atletica
leggera, nonché tecnico personale di Baldini. Abbiamo raggiunto telefonicamente il campione, il quale, con grande disponibilità ha risposto alle nostre domande.
Innanzitutto, l’Abruzzo è stata
una sua scelta?
“È stato deciso così perché ci sono
anche atleti del sud e quindi è un
luogo che concilia le distanze, peraltro
Chiavatti ed altri colleghi me ne avevano parlato molto bene e devo dire
che effettivamente mi sono trovato
benissimo. Il clima è ideale e il territorio offre possibilità tecniche notevoli
per gli allenamenti. Ci sono percorsi in
pianura, salite e scollinamenti, peccato solamente che non ci sia un campo
di atletica, qui a 1300 metri, sarebbe
stato perfetto. Non lontano comunque c’è la pista di Sulmona e abbiamo
usato quella all’occorrenza. C’è stata
grande disponibilità e partecipazione
da parte di tutti e poi essere riconosciuto e salutato per le strade è motivo di gioia e orgoglio”
A proposito di orgoglio, quanto è
stata dura rinunciare ai mondiali
di Osaka?
“Tanto. Tengo moltissimo alla maglia
azzurra e poi la maratona di Osaka mi
avrebbe permesso di sperimentare le
condizioni ambientali che troverò a
Pechino. La decisione è stata quindi
sofferta, motivata solo dalle mie non
buone condizioni fisiche. Ai grandi
appuntamenti preferisco non presentarmi se non sono al meglio”.
Siamo ormai prossimi
all’Olimpiade di Pechino e il pensiero torna ad Atene. Cosa hai
provato in quella giornata?
“Emozioni che non si possono dimenticare: entrare da solo in quello stadio
pieno di gente e poi la magica premiazione durante la cerimonia di chiusura davanti a tutto il mondo. Ogni
gara ha la sua storia, tutte sono belle
e da ricordare, ma chiaramente il successo di Atene ha avuto un sapore
particolare, perché il mio sogno è
diventato realtà”.
Dopo aver raggiunto la vetta più
alta quali sono le motivazioni
che la spingono ancora a sudare
e soffrire?
“La passione. La corsa è la mia vita,
mi diverto e mi sento bene e finchè
avrò questa voglia andrò avanti”.
Ci regalerà un’altra grande gioia?
“Voglio arrivare a Pechino con la
consapevolezza di potermela giocare, entro fine anno ho intenzione di
partecipare ad una maratona internazionale, mi sento in forma e
voglio testare le mie condizioni.
Spero di arrivare all’Olimpiade al
meglio, se così non sarà rinuncerò
all’impegno, ma per ora sono fiducioso”.
Il ciclismo, l’atletica hanno a che
fare costantemente con il
doping, crede che il suo sia uno
sport pulito?
“I furbi sono dappertutto, nel ciclismo tuttavia i casi sono all’ordine
del giorno. Per quanto riguarda il
nostro ambiente i controlli a sorpresa nelle gare ma anche negli allenamenti(ogni atleta deve comunicare
alla federazione dove si allena) sono
stati un efficace deterrente contro il
doping, ad Osaka, infatti, su mille
atleti controllati solo uno è risultato
positivo”.
Lei vede all’orizzonte qualcuno
che potrà raccogliere la sua eredità?
“Il nostro è un movimento in crescita soprattutto a livello amatoriale,
sta diventando quasi una moda. A
livello agonistico però non sono
molti gli atleti promettenti”.
Crede che ci sarà ancora
l’Abruzzo nel suo futuro?
“Perché no, mi sono trovato ottimamente ed è un ambiente ideale per
allenarsi, ci sono quindi buone possibilità.
[Link]
Il maratoneta
Giovane ebreo, appassionato della corsa, s’imbatte in
un criminale di guerra
nazista che torna
dall’Uruguay a New York
per entrare in possesso di
diamanti, custoditi per lui
dal fratello ora defunto.
Duello mortale. Diretto con
sapienza un po’ accademica
e qualche effettismo, basato
su una sceneggiatura di
William Goldman (da un proprio romanzo) che è
una fantasia ebraica di vendetta, sembra che
voglia dire la sua sul nazismo, la libertà e il maccartismo, ma presto si rivela un thriller efficace
con un finale discutibile. Passata in antologia la
scena del dentista.
(Morandini)
Crediti
Anno: 1976
Produzione:Paramount
Durata: 125’
Regia: John SchlesingerLin
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Agenda di stagione
festetradizionali
Scanno
11 Novembre
Le Glorie (S.Martino)
Info: Comune di Scanno, tel. 0864.74545; www.scanno.org, www.scannonline.it
Sviluppata a partire da retaggi culturali remotissimi, la festa di San Martino a
Scanno è caratterizzata delle “Glorie”, enormi “fuochi” che ardono cataste di
legna alte spesso più di 20 metri. Attorno alle Glorie si vive un’atmosfera di
grande allegria, si improvvisano canti, balli e abbondanti libagioni, mentre i
ragazzi col viso tinto di rosso gareggian a far ardere con più vigore il falò del
proprio quartiere.
Cansano
6 Dicembre
Benedizione dei pani di San Nicola
Domenica 25 novembree
La chiesa di San Nicola accoglie i fedeli che portano i pani speziati ad essere
benedetti per poi disatribuirli alla popolazione. Il rito antico consisteva nel
pesare prima la donna che offriva il pane per poi chederne un quantitativo
superiore al suo peso.
ore 17,30 Auditorium dell’Annunziata
Quintetto Bibiena
Giampaolo Pretta, flauto
Alessandro Carbonare, clarinetto
Paolo Grazia, oboe
Stefano Pignatelli, corno
Musiche Milnhaud, Respighi, Barber, Borodin
Prezza
Domenica 2 dicembre
Info: Comune, tel. 0864.40131,
e-mail: [email protected]
13 Dicembre
Santa Lucia
Info: Comune, tel. 0864.45138,
e-mail: [email protected]
ore 17,30 Auditorium dell’Annunziata
Michele di Toro
Pianista jazz
Domenica 9 dicembre
Dopo la messa solenne e la processione che porta alla grotta dove la leggenda
narra sia morta la Santa, in casa si preparano i “pani”, pasta all’uovo zuccherata e anice, aforma di occhi, in ricordo della martire.
musica
Sulmona
Camerata Musicale Sulmonese
Inf. Via dei sardi, tel.0864/ 212207
Giovedì 1 novembre ore 17,30
Auditorium dell’Annunziata
Quintetto a plettro “Giuseppe Anedda”
ore 17,30 Auditorium dell’Annunziata
Quartetto Brosdy
Andrew Haveron, violino
Jan Belton, violino
Paul Cassidy, viola
Jacqueline Thomas, violoncello
Musiche: Coplan, Gerswhin, La Vista, Barber, Schubert
Domenica 16 dicembre ore 17,30
Teatro comunale Maria Caniglia
Orchestra Sinfonica nazionale di san Pietroburgo
Direttore: S. Gorkovenko
Solista: N.Lomeiko, violino
Musiche: Ciaikoski, Glinka, Mussorgskij
Musiche: Vivaldi, Bellini, Piazzola, Angulo
Domenica 4 novembre ore
17,30
Auditorium dell’Annunziata
Giuseppe Albanese, pianoforte
Musiche: Beethoven, Schubert, Wagner, List, Bellini
Domenica 11 novembre
Auditorium dell’Annunziata
Umberto Clerici, violoncello
Monica Cattarossi, pianoforte
Musiche:Janacek, Chopin
Domenica 18 novembree
ore 17,30 Auditorium dell’Annunziata
Orchestra da Camera S. Prokoviev
Direttore Alexander Dolisnky
Musiche: Grieg, Prokoviev, Respingi
Sulmona
4 Dicembre
Teatro comunale “Maria Caniglia”
Francesco De Gregori in concerto
(Info: Nomadi Fans Club, tel. 0864.52224, cell. 389.9737620)
Il nuovoTour di Francesco De Gregori farà tappa a Sulmona, portando in scena
uno spettacolo ridisegnato sugli spazi teatrali, alla ricerca di un contatto più
intimo con il pubblico. Canzoni ormai storiche accanto ai brani dell’ultimo
album, riarrangiate e reinterpretate da uno dei più amati cantautori italiani.
LO
SC
AF
FA
LE
...e teatro
Avezzano
Teatro dei Marsi
Via Cavalieri di Vittorio Veneto,
ore 21.00
Antonella Ruggiero - Stralunato
Venerdi 9 novembre
recital
Mark Harris, pianoforte; Ivan Ciccarelli,
percussioni.
ore 21.00
L’ultimo avventore
Cantata per due voci e orchestra
Orchestra Sinfonica abruzzese
Venerdi 23 novembre
Giovedì 27 dicembre ore
21.00
Lo schiaccianoci
Balletto di Ciajkoskji
Balletto nazionale dell’opera di Sofia
L’Italia a vapore. Itinerari turistici in
treno lungo la penisola, Brambilla
Valentina, FBE 2006
Francesco De Gregori. Quello che non so,
lo so cantare, E. Deregibus Enrico,
Giunti Editore 2003
Il libro completo dei treni, Herring Peter,
DeAgostini, 2005
Francesco De Gregori di G. Lo Cascio,
Muzzio 1990
Patagonia express. L. Sepulveda, Teadue
1998
Opera aperta di U. Eco, Bompiani 1989
L’uomo che guardava passare i treni,G.
Simenon, Adelphi 1991
Sulmona
Teatro Comunale “Maria Caniglia”
STAGIONE DI PROSA 2007/2008
Assassinio sul’orient Express, A. Christie,
Mondatori 2006
Info: Ufficio Servizi Turistici Sulmona,
Palazzo SS. Annunziata
Tel. 0864.210216 - Fax 0864.207348
Atlante occidentale, D. Del Giudice,
Einaudi 1984
L’annuario del turismo e della cultura
2007 Touring club
T.S.A. – Società per Attori
venerdì 30/11/07
LA PAROLA AI GIURATI di Reginald
Rose
ore 21.00
Regia di Alessandro Gassman
Con Alessandro Gassman
Komiko Production
domenica 09/12/07 ore
18.00
MISERIA E NOBILTA’ di Eduardo
Scarpetta
Regia di Armando Pugliese
Con Francesco Paolantoni, Nando Paone
sabato 22/12/07 ore
21.00
LASCIO ALLE MIE DONNE
di Diego Fabbri
Regia di Nanni Fabbri
Con Lello Arena, Angiola
Sebastiano Trincali
prevendita dal 20/12/07
Baggi,
Il Morandini 2008. Dizionario dei film
Morandini Morando; Morandini
Laura; Morandini Luisa, Zanichelli
Comunità e società, Ferdinand Tönnies,
Edizioni Comunità, Milano, 1979.
Formaggi italiani, Coria Federico;
Moriondo Claudia; Mornadi Eli, Giunti
Editore 2007
Treno di Panna, Andrea De Carlo
Einaudi Milano 1981
L’ autunno del patriarca, Gabriel García
Márquez Mondadori 2005
Elogio dell’invecchiamento, Andrea
Scanzi, Mondadori 2007
Memorie di un assaggiatore di vini, D.
Cernilli, Einaudi
prevendita dal 07/12/07
Broken Silence
Parco Regionale Sirente-Velino - Le più
belle escursioni, Narciso Galiè, Gabriele
Vecchioni , Società Editrice Ricerche,
1999
Il simposio, Platone, Keybook 2007
Formaggi. Conoscere e riconoscere le produzioni più diffuse d’Italia e d’Europa
Guatteri Fabiano, De Agostani 2006
prevendita dal 28/11/07
Fate e folletti in cucina. Ricette a base di
farina di castagne, Massarosa 2007
Treni. Nove viaggi ai confini del mondo e
della storia, Ettore Mo, Rizzoli 2004
Per dove parte questo treno
allegro,Sandro Veronesi, 2001
Bompiani
Quel treno da Vienna, Corrado Augias,
Mondadori 2006
Dylan Dog. Il treno dei dannati, Tiziano
Sclavi, Mondadori 2006
La compagnia del vino J. Fante, Einaudi
Dorando Pietri. La corsa del secolo,
Frasca Augusto, Aliberti 2007
Il romanzo del vino, Cipresso Roberto;
Negri Giovanni; Milioni Stefano,
Piemme 2006.
Quelli che corrono. Un manuale per
cominciare, per continuare, per migliorare
Stefano Baldini, Mondadori 2007
Filosofia del vino, Massimo Donà,
Bompiani 2003.
Con le ali ai piedi. 42 segreti e 195 consigli
per vincere la sfida con se stessi
Baldini Stefano, Mondatori, 2005
Annuale dei migliori vini italiani 2008
di Maroni Luca, Lm
Zafferano. Storia, miti e scienza. Salute,
bellezza e cucina. Ricette, segreti e sfizi
di Pietra Gianfilippo, Apogeo 2006
Il cinema italiano contemporaneo. Da
«La dolce vita» a «Centochiodi», G. P.
Brunetta, Laterza 2006
a cura di Antonio Di Fonso e Andrea Padovani
Abruzzoèappennino
la rivista dell’appennino abruzzese
www.abruzzoeappennino.com