In treno sulla Sulmona Carpinone
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In treno sulla Sulmona Carpinone
è ABRUZZO appennino 04/07 rivista trimestrale dell’appennino abruzzese spedizione in abbonamento postale In treno sulla Sulmona Carpinone Colori e sapori Il sapore del bosco De GREGORI Nuovo Tour Turismo & Borghi autentici la terra ospitale Sport e natura Intervista a Stefano Baldini, campione olimpionico Fuochi in novembre “Bruciano della gramigna nei campi un’allegra fiamma suscitano e un fumo brontolone. La bianca nebbia si rifugia fra le gaggìe ma il fumo lento si avvicina non la lascia stare. I ragazzi corrono intorno al fuoco con le mani nelle mani, smemorati, come se avessero bevuto del vino. Per molto tempo si ricorderanno con gioia dei fuochi accesi in novembre al limitare del campo”. Attilio Bertolucci sommario abruzzoèappennino autunno Abruzzoèappennino Link 5 Editoriale è REGIONE ABRUZZO ABRUZZO appennino rivista trimestrale dell’appennino abruzzese spedizione in abbonamento postale numero 4 anno 2007 Registrazione Tribunale di Sulmona n. 3 del 13-12-2006 Patagonia express 7 Il treno della valle 8 Borghi autentici 12 In treno sulla Sulmona Carpinone Paesaggi, boschi e storie della linea ferroviaria più suggestiva d’Italia di Antonio Di Fonso Bolognano e Beuys 15 Scenari Storia di copertina 6 La terra amica. Dove il turismo significa ospitalità 9 Umberto Eco 23 Ricette 25 In mezzo scorre il fiume 26 Il maratoneta 29 Intervista a Teresa Nannarone Borghi autentici Direttore Responsabile Antonio Di Fonso 11 Agenda di stagione una rete di comunità ospitali di Antonio Carrara Teatro Feste e tradizioni Redazione Massimo Colangelo Luca Del Monaco Riziero Zaccagnini I protagonisti email [email protected] Colori e sapori «È stata una buona vendemmia?» Arte Musica Altri eventi Lo scaffale Progetto Editoriale Massimo Colangelo I formaggi della natura incontro con Giovanni Del Giudice di R. Zaccagnini Comunità Montana Peligna Progetto grafico e impaginazione Andrea Padovani. ZOEDESIGN Ufficio Stampa Via Debeli 20 Sulmona 67039 (AQ) tel. 0864.31199 fax 0864.206420 16 Percorsi Sport e natura Il tratturo dei Vestini 18 Un corridoio del tempo tra borghi, chiese e teatri all’aperto trekking sul Sirente di M. Colangelo Accarezzando l’acqua in canoa sul fiume Tirino San Pietro ad Oratorium e il quadrato magico 22 di E. Ceccaroni Fotografia Luca Del Monaco di M.C. Di Cesare iprotagonisti 21 Francesco De Gregori in concerto a Sulmona Iniziativa editoriale 23 Colori e abruzzoeappennino.com Sviluppo sul web Federico Bonasia stampa PUBLISH pre&stampa Sambuceto (CH) Iniziativa comunitaria LEADER PLUS PSL e GAL ABRUZZO ITALICO sapori «Il sapore del bosco di Katia Masci 27 di L. Del Monaco I luoghi dell’anima 13 Zaccagnini e il vino, arte dell’uomo 30 31 31 26 di Massimo Maiorano email [email protected] Hanno collaborato Franco Avallone Antonio Carrara Katia Masci Emanuela Ceccaroni Maria Carmela Di Cesare Massimo Maiorano Marco Iacuone 28 28 29 28 Sport e natura. Destinazione Pechino. Il campione olimpico Stefano Baldini in Abruzzo di M. Iacuone 27 L’editoriale 54 La stagione ideale è l’autunno. La migliore probabilmente. Quella in cui è possibile fare scoperte imprevedibili, ammirare il gusto dei dettagli e le sfumature dei colori, per esempio passeggiando nei boschi lungo i sentieri, visitando paesi e località e seguendo piste già battute eppure sempre sorprendenti, perché osservate con occhi nuovi, assumendo punti di vista cosi antichi da sembrare modernissimi. D’ autunno si vive meglio la sospensione del tempo, quell’attesa per l’attesa in cui sembra naturale recuperare una misura più umana e meno avvilente dei ritmi di vita, quasi a volere riaffermare il diritto alla lentezza, alla riscoperta del piacevole e dell’inutile, dell’effimero e gratuito guardarsi attorno. Ecco, l’autunno è la stagione dei punti di vista, delle prospettive reinventate, inedite, degli scorci e delle uscite laterali da cui guardare il mondo. È il periodo dell’anno in cui ci si riappropria del proprio tempo. Non è casuale che abbiamo scelto di aprire questo numero di copertina salendo sul treno, percorrendo una linea ferroviaria, la Sulmona Carpinone che attraversa e buca montagne e faggeti, pinete e campi in quota, proprio mentre essi si rivestono – come si dice in questi casi – di colori e sfumature dalla gamma infinita, quella varietà cromatica che appunto solo l’autunno offre. Proprio il treno ci è sembrato un modo per guardare e scoprire paesaggi conosciuti in una prospettiva diversa, assecondandone non solo la visione, ma anche il tempo e la durata di essa, in quella lentezza del viaggio che mostra le emozioni e rifugge dalla frenesia. E non è un caso neanche la scelta di intervistare personaggi che nel loro settore hanno raggiunto eccellenti risultati, puntando tutto sulla passione, sulla cura attenta e devota, per cosi dire, del fare, sapendo che ci vuole amore, rispetto e tempo per realizzare un buon prodotto: che sia un vino di qualità – come ci racconta Marcello Zaccagnini – o un formaggio eccellente – come c’informa Giovanni del Giudice. E ci piace a questo proposito sottolineare come anche un atleta, un campione olimpico come Stefano Baldini, ce lo ricordi, sottolineando che alla base del raggiungimento di risultati sportivi prestigiosi ci sia, ancora una volta, una dedizione particola- re, una paziente, lenta applicazione. D’autunno, dunque, è possibile riscoprire se stessi, è facile apprezzare i piccoli e grandi piaceri del benessere, che è sempre duplice, spirituale e materiale, sublime e corporale. Cosi, seguiremo i percorsi che ci guidano nelle terre dei Vestini, in cerca di storia e tradizioni, o nei borghi solitari e nelle chiese rupestri, ma non rinunceremo a frequentare quelli che ci conducono alle buone tavole della cucina stagionale, nel regno di funghi e tartufi o della “roscetta”, la castagna appenninica. E mentre si aprono nei capoluoghi, a Sulmona e all’Aquila, le stagioni teatrali e le rassegne cinematografiche, ci piace ricordare che nelle terre dell’Appennino è possibile ancora scattare le ultime foto alle montagne - l’articolo sul Sirente ce lo conferma -, 0 immerse in una luce e in un’atmosfera magica, irripetibile, come si può trovare soltanto nella stagione in cui il tempo e la bellezza danzano insieme. In treno sulla Sulmona Carpinone Paesaggi , boschi e storie della linea ferroviaria più suggestiva d’Italia di Antonio Di Fonso ph. Luca Del Monaco È forse la linea ferroviaria più bella d’Italia, sicuramente una delle più antiche, visto che il suo certificato di nascita risale al 18 settembre del 1892, quando viene istituito il suo primo tratto, Sulmona – Cansano, nell’ambito di un progetto iniziale che si proponeva di raggiungere Caianiello, e quindi, attraversando la dorsale dell’Appennino abruzzese e molisano, congiungere le terre di mezzo con la capitale meridionale, la Napoli lontana e irraggiungibile di quei tempi. In territorio campano, intanto, si era già cominciato a lavorare alla costruzione della linea ferroviaria Caianello - Venafro - Isernia, i cui lavori si concludono il 21 marzo del 1894. 6 7 A quel punto restava da realizzare il completamento del progettato collegamento Sulmona - Isernia, nello specifico la tratta da Cansano fino ad Isernia, la più impegnativa di tutta la linea per le caratteristiche del territorio attraversato, prevalentemente montuoso. Si scavarono gallerie (le più lunghe sotto il Monte Pagano di 3109 mt e sotto il Monte Totila di 2175 mt), viadotti, ponti e finalmente il 18 settembre 1897 la stazione di Cansano viene collegata a quella di Isernia. Una vera e propria opera di ingegneria del paesaggio, se si può dire cosi, i cui segni sono il tratto distintivo, il fiore all’occhiello del percorso, quei puntelli strutturali che regalano al viaggiatore scorci mozzafiato, paesaggi in controluce, boschi e faggeti che, stando seduti dietro ai vetri, mentre il treno si arrampica, possono essere ammirati dagli sguardi dei passeggeri. E cosi, il collegamento tra Sulmona e Caianello in poco tempo diviene una realtà. I convogli partivano da Sulmona e impiegavano quasi 4 ore per arrivare a Castel di Sangro. Da qui, in meno di 2 ore, arrivavano a Carpinone. Tempi altissimi se paragonati a quelli odierni, perfettamente in linea con molte altre ferrovie di montagna e relativamente accettabili in quegli anni. Gli anni ‘30 vedono la comparsa sulla Carpinone - Sulmona delle prime littorine, presenze familiari e abituali che renderanno più veloce il viaggio, e che godranno di grande popolarità. Gli anni della guerra, i bombardamenti, le distruzioni colpiscono inesorabilmente la linea ferroviaria, arteria cruciale a cavallo della Gustav, e proprio per questo bersaglio obbligato, pedaggio da pagare alla rabbia devastatrice dei tedeschi in ritirata. Dovunque, morte e distruzione, caselli e stazioni distrutti, ponti crollati. Ma si sa lo spirito di quegli anni muoveva le montagne, e non è in questo caso solo un modo di dire. Ebbe inizio la ricostruzione, anni di sacrifici e fatica, di lavoro e abnegazione, come pure di slanci ed entusiasmi imprevedibili [Link] Patagonia express Luis Sepulveda «Due ragioni mi portarono sulle alture andine: la prima era fare il viaggio su quel treno, perché era già stata annunciata la soppressione definitiva del ramo Ollague – Ujina. La seconda accompagnare un amico nordamericano, Tom Bradley, fotografo, che voleva vedere da vicino i condor e fare qualche scatto. Arrivammo su quel treno lento, vagabondammo per una settimana sulle falde del vulcano Olca, e su alcuni monti della cordigliera di Paranà. Vedemmo dozzine di uccelli giganteschi, e con le provviste agli sgoccioli tornammo a Ujina un giorno prima dell’arrivo del treno». e imprevisti: alla fine la tratta Cansano - Roccaraso riapre il 10 dicembre 1947, rendendo percorribile la Sulmona – Roccaraso. Per il resto della linea si doveva ancora attendere, in quanto erano altre le priorità di ricostruzione della rete ferroviaria. Nel 1948 viene inaugurata e rinasce a nuova vita la stazione di Sulmona e nel maggio del 1950 la linea vede di nuovo l’elettrificazione, questa volta in CC. Dopo anni di attesa, finalmente, il 9 Novembre 1960 un treno speciale inaugura la riapertura dell’intera Sulmona – Carpinone. Gli anni 70 ed i primi anni ‘80 scorrono abbastanza tranquilli per la linea, che vede scomparire definitivamente la trazione a vapore (alla fine del 1969) e ridurre drasticamente il traffico merci. Sopravvissuta alle distruzioni della guerra, la ferrovia sembra però dover cadere vittima della politica dei “rami secchi”. Intanto i tempi cambiano, l’idea di viaggio muta destinazione e caratteristica: si concepisce il treno come mezzo di trasporto non solo di servizio, ma anche turistico e di svago. Nell’inverno del 1987 la Carpinone - Sulmona vede circolare sui propri binari un’insolita presenza: infatti la Ferrovia Sangritana, visto l’enorme successo del “Treno della Valle”, decide di istituire un analogo servizio per i numerosi appassionati di sport invernali. Nasce così il “Trenino della Neve” da Pescara a Castel di Sangro/Roccaraso via Lanciano. L’idea è buona ma le complicazioni non mancano, e infatti una serie di difficoltà, ambientali e tecniche, fanno purtroppo abbandonare ben presto il progetto. Gli anni ‘90 cercano di rilanciare questa ipotesi turistica: a testimonianza di ciò i numerosi treni speciali organizzati da associazioni e gruppi di appassionati. Si addensano tuttavia all’oriz- IL TRENO DELLA VALLE In Abruzzo la Ferrovia Adriatico-Sangritana gestisce il Trenino della valle sul quale è possibile compiere un percorso turistico dalle acque dell’Adriatico fino alla Maiella. È un simpatico treno colorato che offre vari itinerari, sia per gruppi che per singoli; attraversa la valle del Sangro, il lago di Bomba e i monti abruzzesi. I temi delle proposte sui vari percorsi vanno dalla gastronomia al trekking, dall’arte e cultura alle oasi naturali. Per informazioni: FERROVIA ADRIATICO SANGRITANA SRL Via Dalmazia 9 - 66034 LANCIANO (CH) - Abruzzo - ITALIA tel.: (centralino) (+39) 0872.70.81 fax: (+39) 0872.70.85.00 email: [email protected] web: www.sangritana. zonte nubi nuvolose per la Carpinone - Sulmona, che, sfuggita alla politica dei “rami secchi”, non sfugge alla politica del risparmio intrapresa dalle FS alla fine degli anni ‘80. Tra il 1994 ed il 1995 vengono chiuse le biglietterie, le gestioni merci e varie stazioni sono declassate a semplici fermate e, di fatto, abbandonate a se stesse. E tutto ciò proprio mentre si rilancia il turismo di qualità, nascono Riserve e nuove are protette nella zona, si discute di prodotti tipici e gastronomia di territorio, aumentano le presenze di visitatori in cerca di aria, natura, acqua e paesaggi incontaminati e che, magari, sceglierebbero il treno come simbolo di trasporto a misura d’uomo e d’ambiente. Insomma, mentre si costituisce una nuova antropologia del viaggiatore, che cerca la lentezza e rifugge la frenesia, pronto ad ammirare magari un tramonto o lo scintillio di un ruscello intravisti dal treno mentre sta per imboccare una galleria di montagna, la linea ferroviaria soffre e vive una fase difficile sul piano organizzativo. Una visita sulla Carpinone - Sulmona significa regalarsi un viaggio indimenticabile su una linea di grande bellezza paesaggistica, che, dopo quella del Brennero (1370 m.), è la ferrovia più alta d’Italia (la stazione di Rivisondoli Pescocostanzo, 1268 m). Il tracciato sinuoso e tortuoso e dalla forte pendenza (si va dai 328 m di Sulmona agli 800 m di Castel di Sangro) si incunea fra il Parco Nazionale d’Abruzzo e il Parco Nazionale della Maiella, toccando centri turistici estivi ed invernali dotati di impianti sportivi e ricettività alberghiera di primissimo ordine. Un viaggio irripetibile, unico, come assistere a un documentario girato dal vivo, immersi tra i colori e i profumi dell’Appennino che scorre dai finestrini di un treno. La terra amica. Dove il turismo significa ospitalità 8 9 Intervista a Teresa Nannarone, assessore alla Provincia dell’Aquila Una terra ospitale, accogliente, che possa offrire le eccellenze culturali, naturalistiche ed enogastronomiche in una nuova e dinamica concezione del turismo. È l’idea forte, la coordinata di riferimento che guida le scelte della Provincia dell’Aquila nel settore del turismo e della promozione. Ne abbiamo parlato con Teresa Nannarone, assessore provinciale con delega alla Promozione sociale, al turismo e decentramento. “Una Provincia ospitale, vicina, amica, raggiungibile. È questa l’idea che orienta e indirizza le nostre scelte, il nostro impegno di amministratori. Un territorio che presenta connotati unici e una collocazione strategica anche nella dimensione regionale. D’altra parte, le iniziative e le attività che abbiamo realizzato sono in sinergia con la Regione, si integrano con gli appuntamenti regionali”. Ci può fare un esempio? “Il Symposium, che è una iniziativa pensata e promossa dalla Regione (nella scorsa primavera 300 tour operator americani hanno visitato l’Abruzzo per inserire all’interno dei cataloghi l’offerta abruzzese nel mercato statunitense, ndr), ha avuto proprio nella nostra provincia uno dei momenti di maggiore intesse e consenso: siamo stati premiati dall’ENIT, abbiamo coinvolto operatori e ristoratori del territorio, puntato sulla tradizione, il folcklore, la storia e la cultura. Ma senza dimenticare di far conoscere anche la buona tavola, quella che si definisce la gastronomia di territorio. E abbiamo scelto come località vetrina Sulmona, Cocullo e Capestrano. Non va dimenticato, infine, che le agenzie che hanno partecipato al Symposium coprono il 75% del turismo che dagli Stati Uniti viene in Italia” La promozione è l’anima del settore turistico “Non a caso abbiamo prodotto una serie di guide tematiche che raccontano lo straordinario patrimonio naturalistico e culturale della Provincia. Ogni guida ha sintetizzato quelle peculiarità che rappresentano la nostra scommessa sul futuro. In questa ottica abbiamo realizzato nel 2004 la guida sul turismo religioso, La via di Celestino, che rientra nel progetto delle Quattro province, edite anche in polacco e spagnolo, e nel 2005 quella sul turismo archeologico. Poi, a seguire una pubblicazione che ha avuto diffusione anche internazionale: Le emozioni d’alta quota, sugli sport appunto di montagna e d’alta quota. Sempre nel 2005 abbiamo promosso la guida Fai il pieno di natura e la guida sui Castelli e un’altra sul cicloturismo. Tutte le guide sono bilingue, in italiano e inglese. Ma abbiamo anche altri progetti, al riguardo” Ce li può anticipare? “Oltre a realizzare una guida del gusto e un progetto editoriale che possiamo denominare Tra sacro e profano, incentrato sulle tradizioni religiose e folckloriche - la Perdonanza dell’Aquila, la Pasqua sulmonese, Cocullo e i serpari, la festa del Narciso di Rocca di Mezzo -, vorremmo offrire una versione multimediale di questi lavori, che possano essere fruiti in modo ancora più agile: in pratica i testi delle guide verranno scaricati in podcasting, in italiano e inglese. La presentazione dell’iniziativa ci piacerebbe farla a New York, per proseguire il ragionamento intrapreso con il Symposium. Inoltre, sempre a livello di promozione, visto anche il successo ottenuto nelle scorse edizioni, assicureremo la nostra presenza in febbraio alla BIT di Milano (Borsa internazionale del turismo, ndr.)e in marzo alla manifestazione dell’ENIT. Senza dimenticare le altre manifestazioni di settore, da Modena Sky pass a Ecotur di Montesilvano. E parteciperemo promuovendo le nostre eccellenze: l’anno scorso le tele di Teofilo Patini e il letto d’osso di Celano, tanto per fare qualche esempio, sono state una scoperta straordinaria per molti operatori”. Parliamo di eventi. Provincia in festival ha avuto successo di pubblico e risalto promozionale. C’è anche una precisa idea culturale nelle scelte di alcune manifestazioni. Vengono in mente il concerto di Goran Bregovic, l’Orchestra di Piazza Vittorio, o la musica e la cultura rom di Spinelli “I concerti, gli spettacoli, le iniziative sono gratuite, hanno significato e significano un impegno economico notevole. L’obiettivo è offrire spettacoli di qualità, senza dimenticare il valore sociale dell’intrattenimento, oltre a quello ovviamente promozionale. Abbiamo voluto puntare sull’integrazione, sulla conoscenza, sul rapporto tra i popoli improntati sull’amicizia e la reciproca scoperta. La cultura, la musica svolgono anche questa funzione e la scelta degli artisti ne è la conseguenza.” In conclusione, quali sono le prospettive del turismo nella Provincia dell’Aquila? “Occorre investire in termini economici, di energie e idee. Ènecessario unire e connotare il territorio, arrivando a proposte uniche che vedano coinvolti tutti gli operatori del settore, in modo da consorziare e aggregare. Puntando sulle eccellenze, che sono poi le nostre identità più forti, riuscendo a farle conoscere e valorizzare. Pensate a quello che è accaduto in Puglia per la Taranta, divenuta manifestazione di grandissimo richiamo, alla quale hanno dato un contributo artisti di fama internazionale, ma che nasce e si fonda sulle tradizioni locali e folckloriche più autentiche. E nella nostra terra gli esempi al riguardo davvero non mancano”. 1 0 11 Borghi autentici una rete di comunità ospitali di Antonio Carrara presidente della Comunità Montana peligna Un progetto di sviluppo locale in una rete nazionale. Si chiama Borghi autentici, un’Associazione di piccoli comuni italiani, circa 60, che si sono messi insieme sulla base di un’idea: realizzare una rete ricettiva diffusa con l’obiettivo di offrire ai tanti turisti che sono alla ricerca di un’esperienza vera la possibilità di trascorrere le loro vacanze non semplicemente in un piccolo borgo ma in un contesto comunitario che conserva tratti di autenticità. L’autenticità alla quale si fa riferimento è quella delle case da recuperare, della cultura e delle tradizioni locali, dell’enogastronomia, dei prodotti artigianali e delle relazioni sociali. Non a caso la rete di ospitalità diffusa si chiama “Comunità Ospitale”, perché non sono solo Borghi da valorizzare ma luoghi nei quali le persone, i sapori, le voci, i colori e la storia di una comunità fanno in modo che i turisti si sentano cittadini temporanei dei borghi. La scommessa è quella di scegliere un modello innovativo di sviluppo turistico locale basato sull’ospitalità di comunità, attraverso il recupero di abitazioni tradizionali trasformate in residenze turistiche di qualità per un’ospitalità diffusa. Comunità che sanno raccontare le loro tradizioni e vivere i loro ritmi e stili di vita. Comunità nelle quali i cittadini, gli operatori economici e gli amministratori pubblici condividono una strategia unica di accoglienza, una visione comune in grado di assicurare all’ospite una permanenza indimenticabile. Comunità Ospitali basate sul paese, sulla Comunità Locale che si mobilita per accogliere ed ospitare i turisti. È una piccola parte dell’Italia che trova le motivazioni strategiche di un rinnova- to slancio di permanenza e sviluppo nell’identità, nel paesaggio, nella cultura produttiva, nel proprio modo di vivere, nella storia e nelle tradizioni dei luoghi. È una realtà che considera la comunità locale quale elemento decisivo e valore del proprio disegno di sviluppo. La comunità quale luogo, contesto umano e culturale che è sinonimo del buon vivere, di gusto, tradizioni, di saper fare creativo e di una dimensione sociale dolce; una comunità che si apre all’esterno. C’è nell’idea di comunità,che viene assunta come un punto di forza del progetto, un richiamo alla analisi fatta dal sociologo tedesco, Ferdinand Tönnies, nella sua opera Comunità e Società (1887) che è oggetto di una ricorrente riscoperta. Per Tönnies le relazioni sociali della comunità sono caratterizzate da rapporti di tipo associativo e organico al contrario di quelli della società che sono più meccanici e conflittuali. Alla dicotomia del sociologo tedesco, comunità e società, sono accompagnate spesso le categorie di tradizionale e moderno. La scommessa, ma anche la forza di Borghi autentici, sta proprio nel realizzare un progetto di grande modernità fondato sulla tradizione. [Link] Borghi autentici in Provincia Il progetto Borghi autentici è approdato in provincia dell’Aquila grazie all’iniziativa dell’amministrazione provinciale e dell’assessore Michele Fina che lo ha proposto e promosso coinvolgendo comuni, comunità montane, Enti parco e Regione Abruzzo. Il progetto coinvolge attualmente 8 comuni: Barrea, Canistro, Castelvecchio Calvisio, Castelvecchio Subequo, Corfinio, Pereto, Pescina e Pettorano Sul Gizio. È stato realizzato uno studio di fattibilità; è stata costituita una società operativa che insieme alle altre società operanti nelle altre regioni ha realizzato una proposta di contratto di programma presentata al Ministero dello sviluppo economico e alle regioni interessate. http://www.borghiautenticiditalia.it/ 12 13 ZACCAGNINI E IL VINO arte dell’uomo di Maria Carmela Di Cesare n un momento in cui la nobilitazione del vino sembra avvenire attraverso un progressivo affrancamento dalla tradizione rurale, per recuperare una dimensione più tecnicistica e asettica dove nulla è lasciato al caso e dove il richiamo al territorio, pur presente, è semplicemente il frutto di calcoli di marketing, l’appellativo “vignaiolo” che Marcello Zaccagnini si attribuisce con fierezza ci colpisce profondamente perché racchiude il culto della memoria e dell’esperienza dei padri come valore imprescindibile. I Azienda Agricola Ciccio Zaccagnini s.a.s. c.da Pozzo – Bolognano – Pescara Tel. 39 085 8880195 Fax 39 085 8880288 Visitare la sua azienda è un’esperienza unica. Con il suo grande evocativo occhio di vetro spalancato sulla valle ammantata di vigneti, la sala degustazione della cantina accoglie superba i visitatori. Nel giardino antistante e tra i vicini vigneti, troneggiano creazioni di grandi artisti come Pietro Cascella, Gino Sabatini Odoardi, Franco Summa, David Bade e il giovane talento Simone Zaccagnini, figlio del produttore. Si rimane immediatamente rapiti dalla felice armonia che l’architettura dell’azienda, un misto di materiali (legno, pietra, ferro, rame) crea con il paesaggio agrario circostante. Quella stessa armonia che il “vignaiolo” Marcello cerca incessantemente nella creazione dei suoi vini, sintesi di ricerca e tradizione, nell’amore che egli ha per l’arte in tutte le sue forme, nella definizione degli spazi aziendali intesi non solo come luogo di lavoro ma anche di incontro e di scambio di idee, nella cordialità con cui accoglie i visitatori che avvertono immediatamente di trovarsi dinanzi a un uomo che ama profondamente il suo lavoro, che con tenacia e passione ha creato, proseguendo il lavoro del padre “Ciccio”, un colosso aziendale che oggi è il secondo esportatore di vino abruzzese negli Stati Uniti e il primo in Norvegia. Un uomo che si è “fatto da solo”, come si suol dire, che dal viso volitivo e dallo sguardo penetrante lascia trapelare tutta la sua determinazione. «È la mia “cocciutaggine” che mi ha condotto al punto in cui sono arrivato» ama ripetere vantandosi proprio di questo termine, cocciutaggine, che il giornalista aquilano Bruno Vespa gli ha attribuito con ammirazione e amicizia e che esprime perfettamente il suo temperamento. Zaccagnini, lei è forse una delle poche persone al mondo che può vantare il privilegio di svolgere un lavoro che ama. «Sì, amo profondamente il mio lavoro. La mia azienda l’ho creata insieme a mio padre quasi dal niente, reinvestendo ogni guadagno perché credevo ciecamente nel mio progetto. Pensi che tanti anni fa, quando non avevamo molti soldi, ci siamo rivolti all’allora preside dell’Istituto Agrario di Alanno, il prof. Franco Di Medio, che, con una consulenza gratuita, ci suggerì di trovare qualcosa di semplice ed economico per distinguerci. Nacque così l’idea del tralcetto che ci ha caratterizzato perché dava immediatamente l’idea della terra e del lavoro». Giungendo nella sua azienda il visitatore si rende immediatamente conto di vivere un’esperienza estetica: la simbolica architettura degli edifici, le opere d’arte di prestigio nel giardino e tra i vigneti, gli eventi culturali che lei, con generosa sensibilità, continua a organizzare fuori e dentro la sua cantina che ormai è divenuta un crocevia di artisti e intellettuali. Da dove nasce questa passione per l’arte? «Una sottile vena artistica ha sempre attraversato per generazioni la mia famiglia. Mio nonno era un trombettista autodidatta stimatissimo, e mio figlio, Simone, è pittore, scultore e disegnatore. Credo profondamente nel valore della cultura. Per anni ho organizzato la rassegna Uvarte, che ha avuto illustri padrini tra cui l’architetto Paolo Portoghesi, e che è iniziata nel lontano 13 maggio del 1984, quando ho ospitato nella mia allora piccola cantina, Joseph Beuys, annoverato tra i più importanti artisti del secondo dopoguerra. In quella occasione il mondo della cultura internazionale intervenne per assistere alla storica performance dell’artista, “Difesa della Natura”, il cui nucleo concettuale può essere sintetizzato nell’idea che “l’uomo e la natura con l’animo riunito creeranno un nuovo mondo”, per usare le parole dell’artista». Queste parole sembrano calzare perfettamente al suo lavoro di vignaiolo. «Beuys parlava della creatività come fonte primaria di rinnovamento sociale, un concetto che mi è caro e che cerco di trasfondere nella mia attività di vignaiolo. Il vino è un prodotto legato alla terra e al lavoro dell’uomo. È per questo che ho coniato il motto: “Il vino, arte dell’uomo”, che sintetizza la passione, l’estro, la creatività che una bottiglia di vino deve necessariamente sottendere, infatti ogni vino ha un suo carattere, una sua immagine, propri aromi e profumi». l suo amore per il vino è amore per la terra e per la vita, come evidenziava Ermanno Olmi nel ’94 quando fu padrino d’eccezione del suo Ibisco Rosa. «Ermanno Olmi è stato premiato in occasione dell’edizione 2004 del meeting “il tralcetto dell’amicizia”, altro appuntamento annuale da me promosso, ideato dall’ex Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Luigi Federici. Il premio viene assegnato ogni anno a personalità che si sono distinte per la loro professionalità. La commissione, presieduta da me, è composta dallo stesso Comandante Federici, dal professor Carlo Casciani, dal dottor Antonio Cicchetti direttore generale Policlinici d’Italia e dal Generale Corinto Zocchi. Il premio 2006 è stato assegnato a Gianni Letta. Nell’albo d’oro dei premiati nelle scorse edizioni, illustri figure come il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Guido Bellini, lo stesso Federici, Ennio Morricone, Roberto Gervaso, Sergio Zavoli e Peppino Prisco, ex presidente dell’Inter che partecipò alla campagna di Russia come tenente della Brigata Alpina Julia dove conobbe mio padre allora caporale maggiore dell’esercito ». Insomma una grande festa dell’amicizia. E alla sua amicizia con il grande cantautore abruzzese scomparso Ivan Graziani è dedicato un altro premio da lei istituito. «Sì, il “Premio Pigro” in programma ogni anno a Teramo, città natale del cantautore. Con Ivan eravamo grandi amici. Ho voluto rendergli omaggio dedicandogli ogni anno una selezione di vini con etichetta creata appositamente da un grande artista su cui è apposta la dicitura “un fiore per Ivan”. Hanno partecipato grandi artisti, come Cascella e Ballantini. Così, di anno in anno, stiamo creando un giardino simbolico dedicato a lui. Le bottiglie vengono vendute in occasione di un concerto e il ricavato devoluto in beneficenza». Anno dopo anno ha selezionato i suoi vitigni, ha affinato le tecniche di produzione, facendo crescere la sua azienda che oggi esporta in 27 Paesi del Mondo, coniugando felicemente numeri e qualità. Quali sono i vini prodotti? «La mia azienda è cresciuta grazie alla mia tenacia, a quella di mio padre e ad un lavoro di squadra. Con la collaborazione del mio enologo, Concezio Marulli, apprezzato ormai a livello internazionale, ho ampliato la gamma dei prodotti. Così, ai cavalli di battaglia della Cantina - il Montepulciano d’Abruzzo, il Bianco di Ciccio, il Cerasuolo e l’Ikebana (novello) che rappresentano la linea tradizionale del “tralcetto” – abbiamo aggiunto nuove etichette: il Chronicon e il San Clemente (dal nome dell’antica abbazia a Casauria) nelle tre versioni, Montepulciano d’Abruzzo, che matura in barriques di rovere per 15 mesi - vino apprezzato anche da papa Ratzinger - Chardonnay e Trebbiano d’Abruzzo, entrambi con fermentazione malolattica in barriques nuove che conferiscono loro un caratteristico profumo tostato e delicatamente vanigliato. Di recente produzione è Yamada (è un termine giapponese il cui ideogramma sillabato è la parafrasi del nome Zaccagnini), un pecorino in purezza profumatissimo, dalle note lievemente agrumate. Infine i Passiti, il Clematis, nome di un fiore, da uve Montepulciano lasciate appassire sui tralci e con maturazione del vino in caratelli di rovere francese da 50 litri, il Plaisir Rosso, da uve Cannonau, e il Plaisir Bianco, da uve Moscato di Castiglione che acquistiamo da un produttore locale, Antonio Angelucci di Torre de’ Passeri, che ha impiantato 3 ettari di Moscato nella zona cru di produzione ». Ci parli dell’interessante recupero che, insieme al suo enologo, ha fatto del Moscato di Castiglione. «Si tratta di un biotipo locale di Moscato Giallo sopravvissuto nella tradizione contadina di Castiglione a Casauria dove dà origine a un Moscatello che viene gustato insieme alle ciambelle in occasione della festa di San Biagio. È un vitigno antico, decantato nel Settecento insieme al Moscato di Trani e di Siracusa. Accantonato dalle aziende per il suo gusto dolce-amaro, è stato da noi recuperato e vinificato eliminando quel sentore amarognolo che lo caratterizzava semplicemente tagliando i tralci della pianta e portando i grappoli a una par- 1 4 15 Bolognano e Beuys Artista tedesco scomparso 21 anni fa, considerato il padre della cosiddetta arte concettuale, Joseph Beuys (Krefeld 1921- Düsseldorf 1986) approda a Bolognano grazie all’intensa amicizia con Lucrezia De Domizio Durini,operatrice culturale, collezionista ed editrice d’arte, moglie del barone Durini. Iscritto da giovane alla Hitler-Jugend, aviatore durante la seconda guerra mondiale, Beuys ricorderà sempre il giorno in cui fu abbattuto in Crimea e venne curato da un gruppo di nomadi tartari che utilizzarono antiche pratiche della loro medicina: la cosa segnò profondamente l’artista, il cui percorso creativo si indirizzerà con gli anni sempre più verso la ricerca di un’armonia tra uomo e natura. Su questo principio si incentrerà l’opera di Beuys successiva alle esperienze degli anni ’60, votate all’affermazione di un rapporto stretto tra arte e sua fruizione sociale (ricordiamo, tra le altre, la lunga parentesi del gruppo “Fluxus”). Quando arriva a Bolognano, Beuys ha appena partecipato all’edizione 1982 di “Documenta” a Kassel, con le “7000 querce”, pietre di basalto adottabili da potenziali acquirenti che avrebbero finanziato la ripiantumazione di altrettanti alberi. Nella mattinata del 13 maggio 1984 Joseph Beuys, nella sua Piantagione Paradise, di fronte al suo Studio, piantò la famosa Quercia, simbolo di longevità e costanza, prototipo delle “7000 Querce di Kassel”. Il Comune di Bolognano conferì al Maestro tedesco la Cittadinanza Onoraria e nel pomeriggio, di fronte a persone venute da tutto il mondo, nella Cantina dell’Azienda Vinicola Zaccagnini, avvenne la storica Discussione “Difesa della Natura” in cui Beuys parlò della creatività come fonte primaria di rinnovamento sociale. Il 13 Maggio 1999, a 15 anni esatti dal conferimento della Cittadinanza Onoraria, è stata inaugurata la piazza intitolata al Maestro Tedesco. Quest’anno la Biennale di Venezia ha ospitato per 100 giorni l’evento Joseph Beuis. Difesa della Natura. con il quale Lucrezia De Domizio Durini ha inteso riproporre e sviluppare tutti gli argomenti artistici, sociali e culturali analizzati da Beuys durante la sesta edizione di “Documenta”. Iniziativa importante che avrà un seguito dal 24 al 26 Novembre proprio a Bolognano, nel “Luogo della Natura. Servizi e Magazzini della Piantagione Paradise di Beuys”, un ipogeo dedicato ad Harald Szeemann,sede di un Centro Internazionale di Studi e di Ricerche nato nello spirito beuyssiano della salvaguardia dell’ambiente e delle relazioni tra l’arte e le varie problematiche culturali della quotidianità. ziale disidratazione. Questo procedimento ci permette di ottenere un passito dal gusto ampio e armonico, con sentori di miele e frutta tropicale». Molti sono i riconoscimenti tributati ai suoi vini, tra i quali quelli conferiti dalla prestigiosa rivista Wine Spectator, riferimento sacro per gli estimatori di vino statunitensi. «Sì, mi ha particolarmente lusingato il massimo punteggio che Wine Spectator ha tributato al Myosotis, un cerasuolo dall’importante struttura e dal fondo speziato conferitogli dalla permanenza per tre mesi in botti di rovere. Ma molti altri sono i riconoscimenti: Bere dolce 2007 ha attribuito quattro sfere al Passito Bianco Plaisir 2005 e al Passito Rosso Clematis 2001 e ben cinque sfere al Passito Rosso Plaisir 2005; l’edizione 2006 dei Vini Buoni d’Italia ha conferito le quattro stelle con corona, riconoscimento dato ai vini eccezionali per la gamma aromatica, il corpo, l’eleganza e l’armonia, al Plaisir Bianco 2004, mentre l’edizione del 2007 assegna la corona al Trebbiano d’Abruzzo San Clemente 2005 e al Passito Rosso Clematis 2000. Il Plaisir Passito Rosso 2005 ha ricevuto tre stelle dalla Guida Veronelli 2007. La Guida Duemilavini 2007 dell’AIS ha attribuito i quattro grappoli a ben cinque vini, tra i quali il Rosso Passito Clematis 2001, un vino dal bouquet intenso di frutti di bosco neri e liquirizia e dal gusto ampio, armonico e persistente». Insomma, è proprio il caso di concludere con il suo slogan “Il vino, arte dell’uomo”. Iincontro FORMAGGI DELLA NATURA con Giovanni Del Giudice del caseificio «Rivisondoli» di Riziero Zaccagnini ph. Luca Del Monaco Uno stabilimento moderno in cemento e mattoni, un ampio piazzale d’asfalto come parcheggio, un’insegna semplice con il logo dell’azienda, il verde e il rosso del marchio storico. Nulla all’esterno preannuncia la ricercatezza e la cura dei dettagli che ci investono entrando nel punto vendita del caseificio “Rivisondoli”, all’ingresso dell’omonimo paese. Una vera e propria boutique di prodotti tipici abruzzesi, vini, oli, pasta dalle tradizionali trafilature, funghi e tartufi, miele, farro e orzo biologici, genziane liquori e birre artigianali. Di fronte un ricco e carico banco di latticini di ogni tipo, formaggi teneri e stagionati, scamorze, burro ricotte e creme. Profumi intensi, delicati e decisi, forme morbide e tagli netti, in un ventaglio di colori tenui e tinte accese. Sul fondo la parete a vista apre una finestra sul laboratorio, in un groviglio di tubi d’acciaio, silos, pastorizzatori, vasche e centrifughe: impianti ad alta tecnologia per un prodotto tipico della montagna rivisondolese. 1 6 17 In questo incontro tra modernità e tradizione ritroviamo lo spirito con cui Giovanni e Toni Del Giudice portano avanti il mestiere di famiglia. Il primo biologo, una laurea a Siena, il secondo ingegnere, da sei anni guidano l’azienda, attenti al recupero e alla conservazione dei prodotti caseari tradizionali e, al contempo, impegnati nella ricerca di nuove fantasiose ricette. Basta uno sguardo ai nomi dei formaggi in vetrina, per scoprire l’intenso lavoro creativo che contraddistingue l’azienda Del Giudice. Accanto al caciocavallo, alle mozzarelle e ai nodini troviamo la “ciambella affumicata”, il “verzello”, il “lingotto”, il “baronale”, “prato matteo” : «Settantotto prodotti differenti, tutti stagionali, legati alla produzione di latte delle numerose aziende agricole locali, ai pascoli selezionati, ai tempi di stagionatura». Nomi che richiamano le zone di pascolo, le erbe differenti che danno profumi e sapori unici ai formaggi, la tipicità e l’originalità della lavorazione. Scorze di ogni colore, verdi per la stagionatura nelle foglie del cavolo-verza (rigorosamente raccolte dall’orto di casa), marroni di trebbia, rosse di cera protettiva per evitare la contaminazione delle muffe, infine nere del carbone vegetale che avvolge il “carbonato”, robiola dolce all’interno e acidula all’esterno, prodotto unico e vanto di Giovanni Del Giudice. Tanta sperimentazione ha portato l’azienda a numerosi successi nelle fiere dedicate all’arte casearia. Con un pizzico d’orgoglio Giovanni ci mostra l’invito al CIS di Bra, organizzato da Slow Food, a cui si partecipa solo se selezionati tra le aziende di tutto il mondo. Un riconoscimento importante del lavoro svolto, senza dimenticare mai le proprie origini. Sono passati molti anni dal 1898, quando il nonno di Giovanni e un socio crearono l’azienda “D’Orazio”, le cui mozzarelle sono ancora presenti nel ricordo degli abruzzesi. Oggi i Del Giudice sono gli eredi di quella tradizione, che tenacemente portano avanti, a volte con difficoltà. Come per il caciocavallo, «sfogliato all’interno come una volta, quando si annodava il gomitolo di pasta scottato nell’acqua», noto quale prodotto tipico dei monti abruzzesi dai tempi dell’inchiesta Iacini, subito dopo l’unità d’Italia. « Oggi esiste la DOP per il cacio- cavallo della Sila, e noi che non ne facciamo parte abbiamo un contenzioso aperto addirittura per l’utilizzo del nome. Su questo c’è bisogno di un impegno promozionale e politico forte, per non rischiare di rimanere penalizzati». Una questione delicata, dato che buona parte della produzione si indirizza verso wine bar, enoteche, ristoranti e mercato estero, dove qualità e tipicità certificate sono fondamentali. DOP a parte, l’impegno di Giovanni e Toni è tutto rivolto alla cura dei particolari, i tempi di lavorazione e la stagionatura in grotta o in cella, tra paglia, fieno o foglie di noce; la ricerca nei sieri, i fermenti, il caglio proveniente da Lodi (un caglificio del 1800). La conoscenza scientifica di Giovanni si manifesta puntualmente mentre ci racconta il processo di lavorazione che dal latte porta al formaggio. «La lavorazione per il fior di latte o il caciocavallo è sostanzialmente la stessa. Cambiano le temperature di riscaldamento iniziale del latte e, di conseguenza, le reazioni chimiche interne». Poi i differenti fermenti, la tecnica del “latte innesto” e del “siero innesto”, l’acidificazione in cui i batteri trasformano il lattosio in acido lattico o derivati, la cagliatura e così via. «Con la rottura della cagliata, a seconda delle dimensioni dei pezzi, si decide anche l’umidità del prodotto che andremo a lavorare». Formaggi asciutti e grassi, oppure “freschi” e morbidi, vaccini e pecorini. «Prima di fare un formaggio lo immagino, ne studio i particolari. Bisogna essere pazienti; il risultato del lavoro di oggi lo avrai dopo alcuni mesi, e non è detto che sia soddisfacente. Si tratta allora di ricominciare, annotando ogni passaggio, fino ad Info azienda Rivisondoli, Casearia Comm. ottenere il prodotto voluto». Un lavoro continuo di Del Giudice Giovanni & C. ricerca, che per un attimo tradisce un approccio s.n.c. Fonticella 71 – 67036 quasi accademico all’arte di fare formaggi. Ma è Via Rivisondoli (Aq) solo un passaggio, il segreto è un altro: «Latte, Tel. 0864.69115, Fax. tanto amore e voglia di sperimentare». Parole che 0864.69487 Sito internet: restituiscono tutta la passione per un mestiere www.rivisondoli.biz, e-mail [email protected] antico di montagna. IL tratturo dei Vestini Un corridoio del tempo tra borghi, chiese e teatri all’aperto. di Massimo Colangelo Percorro la statale 17 in direzione de L’Aquila reduce dalle angustie delle “svolte di Popoli”, ora la strada è un nastro di asfalto che invita alla velocità. Se non fosse per le interruzioni dovute a lavori di ampliamento della sede stradale, lo sguardo non si soffermerebbe sulle bellezze ambientali di questa zona, i suoi borghi, le chiese, i numerosi ritrovamenti archeologici sparsi un po’ su tutta la piana, probabilmente localizzati lungo il tragitto del tratturo. Quest’ultimo poi è addirittura dimenticato, eppure per secoli e secoli è stato percorso da uomini e greggi, un fiume di persone e di pecore che sono stati, nel tempo, i mediatori di relazioni economiche e culturali. Il tratturo in questione è quello chiamato “Magno”, che collegava L’Aquila a Foggia e attraversava la piana dei Navelli ricevendo i vari “bracci” , i tratturelli, rami minori che confluivano nel tracciato principale. Lungo questo percorso, che sulla piana è in gran parte parallelo all’ attuale S.S. 17, si trovavano città, luoghi di sosta e di riparo, edicole, piccole chiese ed anche santuari, cosicchè nel viaggio faticoso e spesso avverso, i pastori potevano riposare e confidare nell’aiuto dei Santi protettori. Al giorno d’ oggi si percorre velocemente la Statale ma è possibile girare per uno dei tanti bivi che vi si affacciano per trovarsi in un paesaggio subito trasformato, diverso: si percorre una sorta di “corridoio” del tempo, che dà accesso ad una dimensione pacata, distante dalla strada statale da poco abbandonata. A partire dalla S.S. 17, che attraversa e taglia la piana di Navelli, deviando sulle strade laterali, ancora oggi è possibile visitare luoghi autentici dell’ Abruzzo e, se si è fortunati, incontrarne lo Spirito che, un po’ nascosto, vi abita ancora. Peltuinum Si arriva nel luogo dove sorgeva la città antica lasciando la statale 17 in direzione di Castelnuovo, frazione del comune di Prata d’Ansidonia; si sale verso un altipiano sul quale appaiono i resti monumentali della 1 8 19 cinta muraria, che definiscono ancora oggi i limiti dell’antico abitato. Si entra passando per la Porta Occidentale, nei pressi della quale si notano i resti di un nucleo abitativo medievale, probabilmente un edificio ecclesiastico (il Conventino), che ospitava una piccola comunità di religiosi ancora nel XVI secolo. L’ampio altipiano offre magnifiche vedute paesaggistiche e la possibilità di una lunga passeggiata nella campagna; proseguendo in direzione sud si arriva in prossimità di resti di altri monumenti antichi quali il tempio ed il teatro. Del tempio purtroppo non resta che la parte cementizia del podio su cui si stagliava l’edificio, circondato da un porticato che ospitava le attività legate all’edificio sacro; parte del porticato fu riutilizzato nel medioevo da artigiani che qui installarono le loro botteghe. Sul lato occidentale del tempio, in prossimità del porticato, è visibile un curioso elemento in pietra con due incavi: si tratta probabilmente della base di un piccolo altare sacrificale dove, all’interno della vaschetta circolare, veniva raccolto il sangue della vittima per usi rituali. Il complesso monumentale era inserito nella zona del foro, cui si accedeva da una traversa della strada principale, su cui si affacciavano le botteghe, e collegato a quella del teatro. Il teatro è senza dubbio il monumento più rilevante dell’area archeologica: costruito nel I d.C., conserva gran parte delle gradinate, alcuni accessi antichi e parte della scena antica; presenta inoltre importanti riutilizzi strutturali e trasformazioni di epoca medievale per fini difensivi. Da questa zona della città antica si nota, a poca distanza, il borgo medievale di Castel Camponeschi. Gli studi condotti ci raccontano una continuità di vita che, nei secoli successivi al V, portò notevoli cambiamenti nella città, con il sistematico spoglio dei monumenti antichi i cui materiali si rinvengono negli edifici successivi della Civita Ansidonia medievale. S. Paolo ad Peltuinum Questa chiesa, sorta fuori dall’antico centro urbano di Peltuinum, ne conserva e ne perpetua il nome. Si raggiunge attraverso un piccolo sentiero posto a nord della zona del tempio. Costruita utilizzando perlopiù materiali classici, trasportati dalla vicina città romana, la chiesa è costituita da un’aula rettangolare conclusa da un transetto senza abside. In facciata la parte centrale, caratterizzata dal portale sovrastato da due finestre circolari, si presenta avanzata. Da S. Paolo viene un notevole ambone con straordinarie sculture (XIII sec.) custodito nella chiesa di S. Nicola in Prata d’Ansidonia. Complessivamente l’edificio attuale è dovuto ad una ricostruzione benedettina (XIII sec) su preesistenze del IX sec. All’interno, purtroppo non visitabile, alcuni dipinti tra cui S. Cristoforo che protegge il cammino di uomini e greggi transumanti e che richiama la funzione di luogo di sosta tratturale di questa chiesa. Castel Camponeschi o castello di Prata Per raggiungere Castel Camponeschi bisogna tornare sulla strada che da Castelnuovo porta a Prata d’Ansidonia, percorso qualche km, nelle vicinanze di Prata, si vedrà svettare sulla sommità di un colle il borgo medievale, recentemente restaurato. Manca una documentazione che renda possibile datare l’incastellamento di Castel Camponeschi che nasce con una logica difensiva tipica della vita medievale, quando, mancando uno stabile potere centrale a garanzia della vita delle popolazioni, si rende necessario realizzare insediamenti muniti. Il castello è protetto da una cinta muraria staccata dall’abitato tranne che per un tratto, a sud-ovest, dove le case coincidono con le mura. È del 1508 un documento che cita il “Castrum S. Petri Camponeschi” ; nel 1963 l’ultimo nucleo famigliare lascia Castel Camponeschi. Ancora oggi il borgo è disabitato. Francesco De Gregori in concerto a Sulmona Canzoni a Teatro Ancora una volta il Teatro Comunale “Maria Caniglia” ospiterà un grande cantautore italiano. Dopo il successo dello scorso autunno con Ivano Fossati, il 4 Dicembre sarà la volta di Francesco De Gregori. L’artista romano porterà a Sulmona lo spettacolo con il quale il 23 novembre, in contemporanea all’uscita del nuovo cd live registrato in estate intitolato Left & Right , prenderà il via da Venezia il suo nuovo tour teatrale . 50 tappe percorrendo l’intera penisola, da Rimmel ai brani dell’ultimo intenso Calypsos hanno segnato la storia della canzone italiana d’autore. Poetico e graffiante, malinconico, profondo, leggero, De Gregori continua a riscoprire le emozioni delle sue parole, reinventando arrangiamenti, tra ritmi folk, rock deciso e melodie più dolci che accompagnano i versi inconfondibili e appassionati di uno tra i più amati cantautori italiani. Ec am ti pr sen nel por da La accompagnato sul palco dai musicisti che da anni lo affiancano, Stefano Parenti alla batteria, Alessandro Arianti alle tastiere, Alessandro Valle pedal steel guitar e chitarra, Lucio Bardi e Paolo Giovenchi alle chitarre e Guido Guglielminetti al basso. De Gregori torna a suonare a contatto con il suo pubblico in un contesto più raccolto, proponendo vecchi e nuovi successi che L’appuntamento è dunque per martedì 4 Dicembre al Teatro M.Caniglia di Sulmona. Le prevendite sono aperte in tutto Abruzzo e per informazioni è possibile contattare l’organizzazione presso il Fans Club Nomadi ai numeri 0864.52224 e 389.9737620. Dalla stes verai/ e il può nasc confonde può perd da Sempr E tu dici: “Perdonami”/ Perdo Alice guarda i gatti e i gatti guardano nel sole/ mentre il mondo sta girando senza fretta/ E cesare perduto nella pioggia / sta aspettando il suo amore ballerina da Alice con le mani more per le mani prenderò/ e nza dire parole mio cuore ti rterò donna cannone ssa parte mi trovero amore condersi/ ersi/ ma non dersi mai re e per sempre E voglio vivere come i gigli nei campi/ e come gli uccelli nel cielo campare da A Pa’ E qualcosa rimane/ fra le pagine chiare e le pagine scure/ e cancello il tuo nome dalla mia facciata/ e confondo i miei alibi e le tue ragioni da Rimmel Siamo noi/ quelli che hanno letto un milione di libri / e quelli che 20 21 Nino cammina che sembra un uomo/ con le scarpette di gomma dura/ dodici anni e il cuore pieno di paura da La leva calcistica della classe 68 Scrive il suo nome nella grotta del Bue Marino/ con la sua strana calligrafia da Giovane esploratore Tobia non sanno nemmeno parlare da La storia Dietro la collina, ci sta la notte crucca e assassina/ e in mezzo al prato c’è una contadina da Generale onami?! Va bene, perdonami: però perdonami cosa?/ La vita! da La linea della vita Del 12 dicembre, l’Italia con le bandiere/ l’Italia nuda come sempre da Viva l’ Italia Alla scoperta dell’Abruzzo Medioevale SAN PIETRO AD ORATORIUM e IL QUADRATO MAGICO di Emanuela Ceccaroni ph. Luca Del Monaco 22 23 Se quella dell’Abruzzo interno è una connotazione geografica, delimitata dai monti e disegnata con i colori della natura, intensi e cangianti nello scorrere delle stagioni, l’anima di questo Abruzzo appare all’improvviso, negli angoli che si dischiudono allo sguardo e ai passi Luoghi dell’anima di chi ne traccia i molteplici percorsi. a tentazione che potrebbe indurre la scrittura, declinando nelle forme di retoriche descrizioni i paesaggi, appare invece come una reale opportunità che alcuni luoghi offrono, in una sequenza che restituisce questa anima, impreziosita da forme architettoniche e artistiche che la rendono occasione unica di confronto non con il passato, ma con un presente operante attraverso i linguaggi dei secoli precedenti. Così piace avvicinarsi alla chiesa di san Pietro ad Oratorium, posta lungo la riva sinistra del Tirino, in un ambiente naturale che ne è parte integrante, come nel vicino modello di san Liberatore a Maiella. La figura di Desiderio, il re dei Longobardi di manzoniana memoria, ancora oggi protegge la chiesa nel ricordo sull’epigrafe del 1100, collocata sul portale a futura memoria della sua costruzione nell’VIII sec.: A REGE DESIDERIO FUNDATA MILLENO CENTENO RENOVATA, sebbene fosse già menzionata nel 752, quattro anni prima che egli divenisse re di un popolo di cui rimangono tracce nelle fare e nelle scurcole, toponimi ancora oggi parlanti, e in oggetti sparsi che riemergono come segnali della presenza longobarda in Abruzzo. Beni e possedimenti fecero di san Pietro ad Oratorium una delle chiese, con annesso monastero, tra le più importanti, protetta da papi, imperatori, re e, tra gli altri, dai Medici; le donazioni e i privilegi ne accompagnarono la vita e, quando papa Pasquale II riconsacrò la chiesa restaurata, furono le reliquie di san Pietro apostolo a porre il suggello di un’operazione religiosa che non nascondeva i caratteri temporali. Il controllo di ampie porzioni di territorio e di tutte le attività connesse consentiva ai monaci una stabilità economica che aprì le porte alla realizzazione di opere d’arte più durature di ogni altra vicenda, in anticipo su esperienze analoghe in zone limitrofe. Materiali reimpiegati da edifici di epoca classica, cornici, capitelli, formelle e frammenti scultorei segnano i passaggi di queste vicende e oggi, ormai spogliata della presenza dei monaci, la chiesa restituisce il fascino dei linguaggi adoperati per confermare la certezza della fede, parlare al popolo e consegnare al futuro un dono inconsapevole attraverso la curiosità, lo stupore e la riflessione. La curiosità si attiva davanti al palindromo quadrato magico (rotas opera tenet arepo L sator) che sempre affascina e non svela ancora la sua intima essenza, in quel reticolo di parole incastrate che sembrano non voler dialogare con l’osservatore, ma quasi divertirsi con lui in una sfida senza tempo. Un gioco che arriva da lontano, tracciato già nell’antica Pompei e cristallizzato dal terremoto del 79 d.C.; ereditato poi dai secoli successivi con il suo carico di mistero o di semplice astuzia, inciso sulla pietra, scritto sulla carta, amplificato da Internet per giungere a una spiegazione, la spiegazione ultima. Cristianamente inteso come anagramma del Pater noster, esotericamente trasmesso nel Medioevo, forse ha un senso, ma sembra più appropriato ai nostri tempi il non-senso che cattura e stimola l’immaginazione. La curiosità allora, in assenza di una convincente spiegazione, lascia il posto allo stupore quando le molteplici circostanze casuali e favorevoli, che negano ancora all’Abruzzo la possibilità di essere un luogo aperto, permettono di varcare il portale incorniciato da pilastri e dai giri di palmette e tralci: in quel preciso istante è una terra intera ad accogliere il visitatore, a fasciarlo con i colori e l’intensità delle pietre, delle sculture e degli affreschi, a mostrargli il suo carattere più intimo. Le arti si intrecciano nelle tre navate con absidi al cui centro si erge il ciborio del Duecento, sullo sfondo degli affreschi dai toni dell’ocra; la pietra si sfoglia nei capitelli e diventa tralcio vegetale, in movenze di carattere romanico che si sciolgono nelle forme più vicine al gotico delle arcatelle superiori, tra le quali piastrelle di maiolica conferiscono al ciborio un’unicità non riscontrata in altre chiese. Su tutto vigila, dal XII secolo, la figura del Cristo in trono, benedicente alla greca e con un libro nella mano sinistra aperto sulle parole apocalittiche Ego sum primus et novissimus; ai lati i simboli degli Evangelisti – angelo, aquila, leone, toro – contornati da due grandi serafini con tre coppie di ali. Movenze che si stanno liberando dagli impacci e dalle fissità dei secoli precedenti e si librano verso nuove prospettive. Disposti a semicerchio sull’arco trionfale, i ventiquattro vecchi dell’Apocalisse, con barba bianca e nell’atto di alzare il calice d’oro in mano, quasi scompaiono nella sequenza che si perde tra le decorazioni dai tratti miniaturistici; i santi sull’abside concludono uno dei cicli pittorici più antichi d’Abruzzo, evidente segno di un benes- sere della comunità monastica e felice avvio di una stagione artistica feconda che vedrà le pareti delle chiese ornarsi di opere di valore, monito per i fedeli e celebrazione del divino. Affreschi come libri, che parlano agli uomini e ne suscitano lo stupore, assecondandone le più intime paure, raccolte dall’Apocalisse e trasformate in immagini facilmente riconoscibili. E dopo lo stupore, germina la riflessione sui segni, le opere e i giorni, trascorsi e da venire, mentre si volgono le spalle al ciborio e agli affreschi e si attraversa di nuovo il portale a girali scolpiti, l’architrave con il nome di Desiderio e ai lati i bassorilievi del re David e di Vincenzo diacono; il sator arepo sfida di nuovo il presente, ma nell’incastro delle possibilità prendono forma i tanti luoghi dell’Abruzzo interno, unici come san Pietro ad Oratorium, che si scompongono e ricompongono in una sorta di gioco, quasi un circolo magico che avvolge questa terra di montagne e chiese. SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS “Da leggersi una volta orizzontalmente… indi verticalmente: dall’alto in basso, in alto, in basso…ecc.”Questa notissima costruzione leggibile in più sensi è la stessa che viene portata a esempio da studiosi dell’informazione quando esaminano la tecnica di costruzione delle parole incrociate per studiare le possibilità statistiche che due o più sequenze di lettere hanno possibilità di combinarsi in messaggi diversi”. Umberto Eco, Opera aperta, Bompiani. Colori e sapori Il sapore del bosco di KATIA MASCI ifugio di folletti e gnomi i funghi hanno sempre suscitato una strana curiosità e sono avvolti da un alone di mistero. Forse perché caratterizzati da colori invitanti, o per il fatto che sembrano spuntare dal nulla su terreno o su tronchi di piante. In realtà risultano essere un alimento molto particolare, e costituiscono una importantissima risorsa alimentare perché ricchi di sostanze nutritive di vario genere. Diverse specie possiedono proprietà anticancerogene, altre contribuiscono ad abbassare il livello di colesterolo nel sangue, altre ancora contengono vitamine di fondamentale importanza. R 24 25 ra le varietà delle montagne abruzzesi ci sono i porcini, i prataioli, i galletti e le mazze di tamburo. Ai funghi e tartufi la cucina regionale deve molto soprattutto nella preparazione dei primi. Sempre nelle zone montane la rinomata “regina della Valle” comincia a rosseggiare già da fine settembre. Si tratta della roscetta abruzzese, la varietà di castagna per eccellenza dell’Appennino abruzzesi. La roscetta della Valle Roveto si presenta grande, di forma rotondeggiante, superficie liscia di colore bruno rossastro. Il sapore è più dolce rispetto alla media. La raccolta della “Roscetta” inizia a metà ottobre e si effettua manualmente con i cesti, seguita dalla cernita delle castagne e successivo trattamento per la loro conservazione. Il processo consiste in una permanenza in acqua per circa 20 giorni e poi asciugatura al sole. Al termine vengono conservate in luoghi asciutti. Le castagne possono essere anche abbrustolite e conservate per tutto l’inverno. L’autunno è anche la stagione della fioritura e della raccolta dello zafferano, invidiato tesoro dell’altopiano di Navelli, esportato in tutto il mondo. La raccolta deve essere eseguita giornalmente e nelle prime ore del mattino, prima che il fiore si apra. Si effettua manualmente distaccando il fiore con la base dell’unghia del pollice contro l’indice. I fiori raccolti vanno posti all’interno di ceste e portati a casa. Durante la sfioritura, ovvero l’apertura dei fiori, si separano gli stimmi dalle restanti parti. Lo zafferano non subisce lavorazioni intermedie, viene commercializzato in condizioni di assoluta purezza, in filamenti o al massimo in polvere. Lo contraddistingue un potere aromatico molto intenso e una colorazione che assume i toni del rosso porpora. Anche la zucca è un frutto dell’autunno dal colore particolarmente invitante, resa celebre negli ultimi anni più per la ricorrenza di Halloween che per le sue importantissime qualità nutritive della polpa interna. Ai frutti autunnali si accompagna molto bene la primizia del novello. È con questo vino che viene sancito il primo brindisi della vendemmia nei giorni di San Martino, dove si rievoca il connubio con le castagne. Si sposano bene la dolcezza della roscetta abruzzese con i profumi giovani del novello. La castagna è anche una delle componenti essenziali di tante ricette di dolci abruzzesi, così come la marmellata d’uva, che viene preparata nel periodo autunnale. La scrucchiata, che trae il suo nome dal rumore che gli acini fanno sotto le dita durante l’eliminazione dei vinaccioli, nella nostra regione è fatta prevalentemente con il T Montepulciano d’Abruzzo. Dopo la vendemmia, a consacrare l’autunno arriva la raccolta delle olive e l’olio nuovo. Le varietà abruzzesi più caratteristiche sono la gentile e la dritta. Ma esistono anche varietà che si prestano ad una conservazione diversa. In Abruzzo è molto diffusa la preparazione delle olive da cultivar “Intosso” . Le olive di questa varietà hanno forma ellittica e sono più grandi delle normali olive da olio. Il processo di lavorazione è abbastanza lungo, circa 30 / 40 giorni. Essendo di base l’olivo amaro, la prima fase che caratterizza la lavorazione è la deamarizzazione con abbondante uso di acqua e soluzioni di idrossido di sodio. Successivamente le olive vengono messe in salamoia. Durante la lavorazione l’oliva mantiene quel caratteristico colore verde, acquistando anche un sapore leggermente acidulo ma molto gradevole. [Link] Maccheroni alla chitarra con zucchine e zafferano (ingredienti per 6 persone) g. 600 di maccheroni alla chitarra g.1000 di zucchine 2 carote medie g.100 di guanciale di maiale 1 spicchio di aglio rosso di Sulmona 4 bustine di zafferano di Navelli Olio extra vergine di oliva Parmigiano o pecorino (a seconda dei gusti) Peperoncino Grattugiare le carote e le zucchine; in un tegame capiente (servirà tutta Riso allo zafferano con mousse di baccalà (ingredienti per sei persone) g. 300 di baccalà ammollato g. 300 di riso carnaroli 2 patate medie lit.0,500 di latte prezzemolo brodo vegetale q.b. burro e parmigiano q.b. 4 bustine di zafferano di Navelli Cuocere il baccalà con le patate a tocchetti e il latte fino a quando le patate siano cotte e il latte comple- la pasta) scaldare l’olio con uno spicchio d’aglio vestito, toglierlo e mettere il guanciale facendolo rosolare, quindi unire carote e zucchine. Far cuocere per 5 minuti ca. e poi aggiungere lo zafferano precedentemente fatto sciogliere in un po’ d’acqua. Far insaporire ancora 5 minuti, mentre a parte si cuoce la pasta. Quando la pasta è pronta scolare e versarla direttamente nel tegame della salsa; mantecare con il formaggio scelto, aggiungere un pizzico di peperoncino e servire. Ricetta del ristorante Clemente di Sulmona tamente assorbito (eventualmente aggiungere altro latte). Passate il composto cosi fatto nel mixer, aggiungendo un cucchiaio di parmigiano e prezzemolo. Il composto dovrà avere la consistenza di un purè. Regolate sale e pepe. A parte preparate un risotto tradizionale allo zafferano; a cottura ultimata mettete una parte della mousse di baccalà e mantecate con burro e parmigiano. Servire mettendo una quenelle di mousse di baccalà sul riso. Ricetta del ristorante Clemente di Sulmona È stata una buona vendemmia? di Massimo Maiorano a particolarità che differenzia il vino da molte altre bevande sta nel fatto che ogni anno risulta diverso. Di anno in anno, con le stesse vigne e con le stesse tecniche di cantina, viene fuori un vino dai caratteri mai uguali. Tutti noi possiamo ricordare fantastiche annate: sono sensazioni gustative che rimangono impresse nella nostra memoria proprio perché identiche non si riproporranno più. Ne avremo delle altre che ricorderemo con più o meno intensità, ma ognuna comunque in modo diverso.Ogni anno in questa stagione si tirano le somme della vendemmia, e i media sono pieni di notizie a tal proposito: si parla di stagione siccitosa o piovosa, calda o fredda, soleggiata o meno, e così via. Ci sono annate in cui sembra che tutto vada storto, piogge, grandine, ed altro ancora, come il 2002. Ricordo ancora le parole di Elisabetta Foradori, famosa produttrice del Trentino, a proposito di quella vendemmia in occasione di una degustazione verticale dei suoi vini: “è stata un’annata come le altre, da noi in fondo L piove sempre durante l’estate, se fino ad oggi i miei vini vi sono piaciuti, perché non dovrebbe piacervi questo?” Per la cronaca il vino di cui si parlava era il Granato 2002 e prese i 5 grappoli sulla guida Duemilavini della Associazione Italiana Sommelier; non fu certo l’unico premiato di quella annata. Ogni zona ha un proprio microclima che non necessariamente rispetta ciò che mediamente accade in Italia o anche solo in Abruzzo. Della vendemmia del 2007 l’Assoenologi dai primi dati dichiara che si tratta di una vendemmia scarsa, in Abruzzo si parla del venti per cento in meno, e di una raccolta molto anticipata. Come tutti sappiamo è stata una stagione siccitosa, molto soleggiata e con molto caldo, persino di notte, cosa abbastanza rara nei vigneti situati nell’Abruzzo interno. Per fortuna il caldo notturno si è risolto in pochissimi giorni di agosto, e la peculiarità dei nostri vini, dovuta alla forte escursione termica tra giorno e notte, rimarrà intatta. Le uve sono risultate molto zuccherine, quindi avremo un buon tenore alcolico. A dispetto di ciò che sembrava evidente osservando i grappoli smunti dalla siccità, si è riscontrato fortunatamente un buon livello di acido tartarico, che così garantirà buona freschezza e longevità al vino. Come sempre però bisognerà aspettare il prossimo anno e magari di più per cominciare davvero a capire quale sarà stato il livello qualitativo dei vini di questa vendemmia. E staremo lì, magari in compagnia, con il bicchiere in mano a indovinare a quale annata somiglia o a definire che non somiglia a nessun altra. Ogni volta la storia si ripete, ma proviamo ogni tanto ad accostarci ad un bicchiere di vino senza curarci dell’anno della vendemmia, il vignaiolo avrà sicuramente fatto di tutto per fare un buon lavoro: noi cerchiamo di godercelo. Così facendo scopriremo anche vini che magari non avremmo degustato con la dovuta attenzione, pensando ad una cattiva annata, che invece possono riservarci sensazioni da ricordare a lungo. Buon vino a tutti. 26 27 Prati del Sirente - Valle Lupara - M. Sirente (4 ore facile) Dislivello: 1192 m Tempo di salita: 4.00 h Tempo di discesa: 2.30 h Segnaletica: segnavia giallo - rossi, sentiero n. 15 CAI Carte: CAI Gruppo Velino Sirente IGM 146 III NE Monte Sirente Affacciato sui dolcissimi «Prati del Sirente» e su una splendida distesa di faggete, la parete settentrionale del Monte Sirente è la più spettacolare della montagna e puo essere salita lungo i sentieri che percorrono la Valle Lupara ed il Canalone Majori. Lungo la strada che collega i centri di Rocca di Mezzo e Secinaro, al Km 12.350 si incontrano i resti del vecchio chalet «Sirente» (1156 m). Questo punto rappresenta la base di partenza di questa bellissima escursione, attraverso l’itinerario più famoso della montagna. Da qui ci si incammina nel bosco lungo il sentiero CAI n 15 indicato da segnavia giallo - rossi. Giunti alla quota di 1228 m si devia a sinistra verso la Valle del Condotto. L’altro sentiero indicato con dei segnavia rossi e con delle lettere M porta sempre alla vetta, ma percorrendo il più ripido Canalone Maiori. Giunti circa a 1300 m il sentiero si biforca di nuovo. Qui si svolta a destra seguendo la mulattiera che porta con una serie di tornanti alla base della Valle Lupara a 1700 m in circa 1.45 h. Questa si percorre mantenendosi prima sulla sinistra della stessa e poi dopo una traversata sulla destra. Dopo aver affrontato l’ultimo strappo del canalone ci si affaccia sulla parte sommitale del Sirente. Proseguendo verso destra mantenendosi sulla cresta, si prosegue fino alla cima della montagna a 2348 m. La discesa richiede circa due ore e trenta di percorrenza. [Link] Accarezzando l’acqua in canoa sul fiume Tirino Promuovere un turismo sostenibile diffondendo conoscenza del territorio e dell’ambiente, per sviluppare una maggiore sensibilità ecologica: così possiamo riassumere la missione che dal 1999 la Cooperativa “Il Bosso” è impegnata a perseguire organizzando corsi di formazione e di educazione ambientale soprattutto nelle scuole, escursioni lungo i sentieri dei monti abruzzesi seguendo le tracce di camosci, cinghiali e lupi, visite ai centri faunistici dei parchi della regione e gite in Mountainbike lungo i numerosi percorsi che si diramano dal Centro Visite del Fiume Tirino, loro sede storica. Ma l’attività di sicuro più accattivante e più strettamente legata al territorio di Bussi Sul Tirino è la canoa, che la cooperativa promuove organizzando brevi escursioni adatte a tutti, in un tratto dolce del fiume che permette anche ai non esperti di avvicinarsi a questo sport. Un’escursione accarezzando a remi l’acqua cristallina, immersi nella rigogliosa vegetazione che avvolge il Tirino e che ospita una ricca fauna. Un modo simpatico, di certo il più semplice per prendere confidenza con il fiume, passando due ore piacevoli a contatto diretto con una natura inusuale. Un itinerario che, partendo dalla località San Martino, nel comune di Capestrano, porta fino alle sorgenti di Capo d’Acqua, risalendo il fiume per poi tornare lasciandosi accompagnare dalla corrente. Scheda tecnica e costi Lunghezza percorso: c.a 5 Km Grado di difficoltà: Facile (consigliato per le famiglie) Durata: c.a 2,30 ore Le canoe partono da due posti fino a un massimo di 10 più accompagnatore. I costo variano da 50 a 140 Euro. Info: Il Bosso Società Cooperativa a r.l. , via Gramsci c/o Centro Visite Fiume Tirino – 65022 Bussi Sul Tirino (PE) tel/fax 085.9808009 , sito internet: www.ilbosso.com In mezzo scorre il fiume Intercalata da documenti (veri o finti) fotografici d’epoca in color seppia, è la storia del rapporto tra due fratelli che il padre, severo pastore presbiteriano, educa nel culto di Dio, del bene e della pesca alla lenza. Ma i due fratelli sono diversi: uno è serio, studioso e discretamente noioso, l’altro è un simpatico scapestrato, accanito frequentatore di gonnelle e tavoli da gioco. Film nostalgico della memoria è ambientato nel Montana tra il 1910 e il 1925 e ricalca fedelmente il romanzo autobiografico di Norman McLean. Illustrativo, ben pettinato, edificante ha una oleografica fotografia per la quale il francese Philippe Rousselot si è portato a casa l’Oscar Crediti Anno: 1992 Durata: 123’ Regia: Robert Redford Destinazione Pechino. Il campione olimpico Stefano Baldini in Abruzzo di Marco Iacuone Il campione olimpico di maratona Stefano Baldini ha trascorso venticinque giorni a partire dal 2 Luglio in terra abruzzese, insieme ai colleghi di nazionale, per prepararsi ai prossimi impegni agonistici. La località scelta per il ritiro è stata Rivisondoli e lungo i sentieri e le strade del comprensorio dell’Alto Sangro hanno avuto luogo gli allenamenti, guidati da Donato Chiavatti, tecnico pescarese e stretto collaboratore di Luciano Gigliotti, che è responsabile del settore maratona della federazione di atletica leggera, nonché tecnico personale di Baldini. Abbiamo raggiunto telefonicamente il campione, il quale, con grande disponibilità ha risposto alle nostre domande. Innanzitutto, l’Abruzzo è stata una sua scelta? “È stato deciso così perché ci sono anche atleti del sud e quindi è un luogo che concilia le distanze, peraltro Chiavatti ed altri colleghi me ne avevano parlato molto bene e devo dire che effettivamente mi sono trovato benissimo. Il clima è ideale e il territorio offre possibilità tecniche notevoli per gli allenamenti. Ci sono percorsi in pianura, salite e scollinamenti, peccato solamente che non ci sia un campo di atletica, qui a 1300 metri, sarebbe stato perfetto. Non lontano comunque c’è la pista di Sulmona e abbiamo usato quella all’occorrenza. C’è stata grande disponibilità e partecipazione da parte di tutti e poi essere riconosciuto e salutato per le strade è motivo di gioia e orgoglio” A proposito di orgoglio, quanto è stata dura rinunciare ai mondiali di Osaka? “Tanto. Tengo moltissimo alla maglia azzurra e poi la maratona di Osaka mi avrebbe permesso di sperimentare le condizioni ambientali che troverò a Pechino. La decisione è stata quindi sofferta, motivata solo dalle mie non buone condizioni fisiche. Ai grandi appuntamenti preferisco non presentarmi se non sono al meglio”. Siamo ormai prossimi all’Olimpiade di Pechino e il pensiero torna ad Atene. Cosa hai provato in quella giornata? “Emozioni che non si possono dimenticare: entrare da solo in quello stadio pieno di gente e poi la magica premiazione durante la cerimonia di chiusura davanti a tutto il mondo. Ogni gara ha la sua storia, tutte sono belle e da ricordare, ma chiaramente il successo di Atene ha avuto un sapore particolare, perché il mio sogno è diventato realtà”. Dopo aver raggiunto la vetta più alta quali sono le motivazioni che la spingono ancora a sudare e soffrire? “La passione. La corsa è la mia vita, mi diverto e mi sento bene e finchè avrò questa voglia andrò avanti”. Ci regalerà un’altra grande gioia? “Voglio arrivare a Pechino con la consapevolezza di potermela giocare, entro fine anno ho intenzione di partecipare ad una maratona internazionale, mi sento in forma e voglio testare le mie condizioni. Spero di arrivare all’Olimpiade al meglio, se così non sarà rinuncerò all’impegno, ma per ora sono fiducioso”. Il ciclismo, l’atletica hanno a che fare costantemente con il doping, crede che il suo sia uno sport pulito? “I furbi sono dappertutto, nel ciclismo tuttavia i casi sono all’ordine del giorno. Per quanto riguarda il nostro ambiente i controlli a sorpresa nelle gare ma anche negli allenamenti(ogni atleta deve comunicare alla federazione dove si allena) sono stati un efficace deterrente contro il doping, ad Osaka, infatti, su mille atleti controllati solo uno è risultato positivo”. Lei vede all’orizzonte qualcuno che potrà raccogliere la sua eredità? “Il nostro è un movimento in crescita soprattutto a livello amatoriale, sta diventando quasi una moda. A livello agonistico però non sono molti gli atleti promettenti”. Crede che ci sarà ancora l’Abruzzo nel suo futuro? “Perché no, mi sono trovato ottimamente ed è un ambiente ideale per allenarsi, ci sono quindi buone possibilità. [Link] Il maratoneta Giovane ebreo, appassionato della corsa, s’imbatte in un criminale di guerra nazista che torna dall’Uruguay a New York per entrare in possesso di diamanti, custoditi per lui dal fratello ora defunto. Duello mortale. Diretto con sapienza un po’ accademica e qualche effettismo, basato su una sceneggiatura di William Goldman (da un proprio romanzo) che è una fantasia ebraica di vendetta, sembra che voglia dire la sua sul nazismo, la libertà e il maccartismo, ma presto si rivela un thriller efficace con un finale discutibile. Passata in antologia la scena del dentista. (Morandini) Crediti Anno: 1976 Produzione:Paramount Durata: 125’ Regia: John SchlesingerLin 28 29 3031 Agenda di stagione festetradizionali Scanno 11 Novembre Le Glorie (S.Martino) Info: Comune di Scanno, tel. 0864.74545; www.scanno.org, www.scannonline.it Sviluppata a partire da retaggi culturali remotissimi, la festa di San Martino a Scanno è caratterizzata delle “Glorie”, enormi “fuochi” che ardono cataste di legna alte spesso più di 20 metri. Attorno alle Glorie si vive un’atmosfera di grande allegria, si improvvisano canti, balli e abbondanti libagioni, mentre i ragazzi col viso tinto di rosso gareggian a far ardere con più vigore il falò del proprio quartiere. Cansano 6 Dicembre Benedizione dei pani di San Nicola Domenica 25 novembree La chiesa di San Nicola accoglie i fedeli che portano i pani speziati ad essere benedetti per poi disatribuirli alla popolazione. Il rito antico consisteva nel pesare prima la donna che offriva il pane per poi chederne un quantitativo superiore al suo peso. ore 17,30 Auditorium dell’Annunziata Quintetto Bibiena Giampaolo Pretta, flauto Alessandro Carbonare, clarinetto Paolo Grazia, oboe Stefano Pignatelli, corno Musiche Milnhaud, Respighi, Barber, Borodin Prezza Domenica 2 dicembre Info: Comune, tel. 0864.40131, e-mail: [email protected] 13 Dicembre Santa Lucia Info: Comune, tel. 0864.45138, e-mail: [email protected] ore 17,30 Auditorium dell’Annunziata Michele di Toro Pianista jazz Domenica 9 dicembre Dopo la messa solenne e la processione che porta alla grotta dove la leggenda narra sia morta la Santa, in casa si preparano i “pani”, pasta all’uovo zuccherata e anice, aforma di occhi, in ricordo della martire. musica Sulmona Camerata Musicale Sulmonese Inf. Via dei sardi, tel.0864/ 212207 Giovedì 1 novembre ore 17,30 Auditorium dell’Annunziata Quintetto a plettro “Giuseppe Anedda” ore 17,30 Auditorium dell’Annunziata Quartetto Brosdy Andrew Haveron, violino Jan Belton, violino Paul Cassidy, viola Jacqueline Thomas, violoncello Musiche: Coplan, Gerswhin, La Vista, Barber, Schubert Domenica 16 dicembre ore 17,30 Teatro comunale Maria Caniglia Orchestra Sinfonica nazionale di san Pietroburgo Direttore: S. Gorkovenko Solista: N.Lomeiko, violino Musiche: Ciaikoski, Glinka, Mussorgskij Musiche: Vivaldi, Bellini, Piazzola, Angulo Domenica 4 novembre ore 17,30 Auditorium dell’Annunziata Giuseppe Albanese, pianoforte Musiche: Beethoven, Schubert, Wagner, List, Bellini Domenica 11 novembre Auditorium dell’Annunziata Umberto Clerici, violoncello Monica Cattarossi, pianoforte Musiche:Janacek, Chopin Domenica 18 novembree ore 17,30 Auditorium dell’Annunziata Orchestra da Camera S. Prokoviev Direttore Alexander Dolisnky Musiche: Grieg, Prokoviev, Respingi Sulmona 4 Dicembre Teatro comunale “Maria Caniglia” Francesco De Gregori in concerto (Info: Nomadi Fans Club, tel. 0864.52224, cell. 389.9737620) Il nuovoTour di Francesco De Gregori farà tappa a Sulmona, portando in scena uno spettacolo ridisegnato sugli spazi teatrali, alla ricerca di un contatto più intimo con il pubblico. Canzoni ormai storiche accanto ai brani dell’ultimo album, riarrangiate e reinterpretate da uno dei più amati cantautori italiani. LO SC AF FA LE ...e teatro Avezzano Teatro dei Marsi Via Cavalieri di Vittorio Veneto, ore 21.00 Antonella Ruggiero - Stralunato Venerdi 9 novembre recital Mark Harris, pianoforte; Ivan Ciccarelli, percussioni. ore 21.00 L’ultimo avventore Cantata per due voci e orchestra Orchestra Sinfonica abruzzese Venerdi 23 novembre Giovedì 27 dicembre ore 21.00 Lo schiaccianoci Balletto di Ciajkoskji Balletto nazionale dell’opera di Sofia L’Italia a vapore. Itinerari turistici in treno lungo la penisola, Brambilla Valentina, FBE 2006 Francesco De Gregori. Quello che non so, lo so cantare, E. Deregibus Enrico, Giunti Editore 2003 Il libro completo dei treni, Herring Peter, DeAgostini, 2005 Francesco De Gregori di G. Lo Cascio, Muzzio 1990 Patagonia express. L. Sepulveda, Teadue 1998 Opera aperta di U. Eco, Bompiani 1989 L’uomo che guardava passare i treni,G. Simenon, Adelphi 1991 Sulmona Teatro Comunale “Maria Caniglia” STAGIONE DI PROSA 2007/2008 Assassinio sul’orient Express, A. Christie, Mondatori 2006 Info: Ufficio Servizi Turistici Sulmona, Palazzo SS. Annunziata Tel. 0864.210216 - Fax 0864.207348 Atlante occidentale, D. Del Giudice, Einaudi 1984 L’annuario del turismo e della cultura 2007 Touring club T.S.A. – Società per Attori venerdì 30/11/07 LA PAROLA AI GIURATI di Reginald Rose ore 21.00 Regia di Alessandro Gassman Con Alessandro Gassman Komiko Production domenica 09/12/07 ore 18.00 MISERIA E NOBILTA’ di Eduardo Scarpetta Regia di Armando Pugliese Con Francesco Paolantoni, Nando Paone sabato 22/12/07 ore 21.00 LASCIO ALLE MIE DONNE di Diego Fabbri Regia di Nanni Fabbri Con Lello Arena, Angiola Sebastiano Trincali prevendita dal 20/12/07 Baggi, Il Morandini 2008. Dizionario dei film Morandini Morando; Morandini Laura; Morandini Luisa, Zanichelli Comunità e società, Ferdinand Tönnies, Edizioni Comunità, Milano, 1979. Formaggi italiani, Coria Federico; Moriondo Claudia; Mornadi Eli, Giunti Editore 2007 Treno di Panna, Andrea De Carlo Einaudi Milano 1981 L’ autunno del patriarca, Gabriel García Márquez Mondadori 2005 Elogio dell’invecchiamento, Andrea Scanzi, Mondadori 2007 Memorie di un assaggiatore di vini, D. Cernilli, Einaudi prevendita dal 07/12/07 Broken Silence Parco Regionale Sirente-Velino - Le più belle escursioni, Narciso Galiè, Gabriele Vecchioni , Società Editrice Ricerche, 1999 Il simposio, Platone, Keybook 2007 Formaggi. Conoscere e riconoscere le produzioni più diffuse d’Italia e d’Europa Guatteri Fabiano, De Agostani 2006 prevendita dal 28/11/07 Fate e folletti in cucina. Ricette a base di farina di castagne, Massarosa 2007 Treni. Nove viaggi ai confini del mondo e della storia, Ettore Mo, Rizzoli 2004 Per dove parte questo treno allegro,Sandro Veronesi, 2001 Bompiani Quel treno da Vienna, Corrado Augias, Mondadori 2006 Dylan Dog. Il treno dei dannati, Tiziano Sclavi, Mondadori 2006 La compagnia del vino J. Fante, Einaudi Dorando Pietri. La corsa del secolo, Frasca Augusto, Aliberti 2007 Il romanzo del vino, Cipresso Roberto; Negri Giovanni; Milioni Stefano, Piemme 2006. Quelli che corrono. Un manuale per cominciare, per continuare, per migliorare Stefano Baldini, Mondadori 2007 Filosofia del vino, Massimo Donà, Bompiani 2003. Con le ali ai piedi. 42 segreti e 195 consigli per vincere la sfida con se stessi Baldini Stefano, Mondatori, 2005 Annuale dei migliori vini italiani 2008 di Maroni Luca, Lm Zafferano. Storia, miti e scienza. Salute, bellezza e cucina. Ricette, segreti e sfizi di Pietra Gianfilippo, Apogeo 2006 Il cinema italiano contemporaneo. Da «La dolce vita» a «Centochiodi», G. P. Brunetta, Laterza 2006 a cura di Antonio Di Fonso e Andrea Padovani Abruzzoèappennino la rivista dell’appennino abruzzese www.abruzzoeappennino.com