RELAZIONE PERICOLOSITA

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RELAZIONE PERICOLOSITA
Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo
Dottore di Ricerca in Scienze della Terra
07100 Sassari - Via C. Floris, 2
Cell.: 3476841401 e.mail: [email protected]
N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna
CF:TLCGNN58M17B354S
PI: 01819860907
STUDIO DI MAGGIOR DETTAGLIO DELLA PERICOLOSITA’
GEOMORFOLOGICA DEL TERRITORIO DI OLBIA
RELAZIONE TECNICA
PREMESSA
lI presente elaborato, riferisce dello studio di compatibilità geologica e geotecnica condotto sull’intero
territorio di Olbia fra il secondo semestre del 2014 e il mese di Novembre del 2015 ai sensi dell’Art. 8
comma 2 delle NdA PAI, così come da questo previsto ai fini della Pianificazione Urbanistica Comunale
(PUC).
In questo ambito lo studio ha il compito di illustrare la Pericolosità Geomorfologica o da Frana del Territorio di
Olbia, i fattori e gli elementi geomorfologici su cui si è basata la sua determinazione e le modalità operative
messe in atto per pervenire alla perimetrazione. Deve inoltre (Art. 25 NdA PAI):
◘ analizzare le relazioni tra le trasformazioni del territorio derivanti dalla realizzazione del Piano e le
condizioni dei dissesti attivi o potenziali dell’area interessata da questo;
◘ verificare e dimostrare la coerenza del Piano con le previsioni e le norme del PAI.
La Perimetrazione del Pericolo Geomorfologico (unitamente a quella del Pericolo Idraulico) costituisce
com’è noto atto prevalente e preordinato sul PUC, per cui le due relazioni che compongono il presente
elaborato, quella geologica e quella geotecnica, in virtù di quanto prescritto dall’Allegato F delle NdA PAI,
dovranno dunque dimostrare, nei termini precisati più avanti, che la proposta di nuovo P.U.C., è coerente
col PAI dal punto di vista geologico, geomorfologico e per quanto possibile geotecnico, fermo restando che
per quest’ultima questione si demanda all’atto della redazione dei progetti, potendosi al più affrontare il
discorso delle eventuali criticità litotecniche delle previsioni del PUC, del resto ampiamente rappresentabili
nell’ambito della stessa analisi geomorfologica.
Al di là dei contenuti normalmente previsti per le due relazioni ai sensi di legge, dunque, la peculiarità dello
Studio verte, sulla determinazione della pericolosità geomorfologica del territorio, con riferimento alle
condizioni ex ante ed a quelle ex post attuazione del Piano. Pertanto la caratterizzazione degli aspetti
geomorfologici del territorio, comprendenti quelli idrogeomorfologici e più in particolare, delle eventuali
dinamiche gravitative ed erosive, costituiscono, l’ambito tematico sul quale prevarranno attenzione e
discussione nel corso della stesura del presente elaborato.
Al termine dello studio verrà esposto uno specifico giudizio (o verifica) di compatibilità delle previsioni e
degli indirizzi del Piano comunale.
Va necessariamente chiarito da subito che le conoscenze hanno tratto deciso vantaggio ed incremento
dalle innumerevoli ricognizioni che sono state compiute, in ambito periurbano ed extraurbano a seguito
dell’alluvione 2013 e della successiva alluvione del 31 Settembre -1 Ottobre 2015, di ciò che ne è derivato
in termini di approfondimenti in campo idrologico-idraulico e geomorfologico. Detti eventi intensi, in
particolare quello del 2013, hanno tuttavia messo a nudo una serie di vulnerabilità geomorfologiche che
erano state postulate, ricostruite o arguite fin dai tempi PAI ma che nella sostanza non vi avevano trovato
piena rispondenza cartografica, anche in considerazione del fatto che in quella occasione (2000) al PAI si
giunse solo a seguito di un percorso che in realtà esordì come Attività di individuazione e di perimetrazione
delle aree a rischio idraulico e geomorfologico e individuazione delle relative misure di salvaguardia nel subbacino Liscia (D.L. 180/98; L267/98; D.P.C.M. 29-9-98.) e solo al termine, nel 2002, fu configurato come
Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) della Sardegna . Le cause di questo difetto di
trasposizione Cartografica sono da ricercare nella debordante casistica di fenomeni gravitativi di crollo
(areali e puntuali) lungo i versanti della Gallura, quindi sostanzialmente a ragioni legate alla difficoltà
dell’epoca di rappresentazione di singoli fenomeni e di specificità geomorfologiche (peraltro in gran parte
ignorate e ignote alla ricerca ufficiale), in rapporto alla tempistica ed alla scala di restituzione prevista
(inizialmente 1:25:000).
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1. MATERIALI E METODI
1.1
FASI DELLO STUDIO
Si riassumono di seguito le fasi dello studio e delle indagini svolte ai fini dell’indagine idrogeologica del
territorio di Olbia a seguito dell’alluvione del 18/11/2013 e della presente relazione:
1. Ricognizioni preliminari sui luoghi nelle fasi immediatamente successive all’evento intenso del 18
Novembre 2013.
2. Preliminare ricerca bibliografica di base finalizzata a reperire gli eventuali studi scientifici sulle
problematiche d’interesse e sui caratteri geologici, geomorfologici e sismici dell’area di indagine.
3. Ricerca storica allo scopo di documentare gli elementi di natura cartografica utili all’anamnesi delle
problematiche idrogeomorfologiche ed ai confronti su base cronologica mirati allo studio dell’assetto
idrogeologico e geomorfologico urbano ed extraurbano, considerati come elementi varianti, per ragioni sia
antropiche che naturali.
4. Studio geomorfologico sul terreno e in foto aerea, allo scopo di raccogliere elementi diagnostici e riscontri
sulle dinamiche idro-geo-morfologiche presenti, sugli eventuali dissesti in atto o potenziali sui versanti
sottesi. Ufficiale campagna di rilievi nei mesi successivi (autunno 2013-inverno 20141, autunno 2014inverno 2015; estate 2015; autunno 2015, a seguito dell’evento alluvionale 2015).
5. Studio geomorfologico e idro-geo-morfologico sul terreno e in foto aerea delle aste fluviali urbane anche al
fine di supportare l’analisi idraulica.
6. Analisi multi temporale in foto aerea tramite confronti diacronici, finalizzata allo studio delle variazioni
naturali e artificiali dei corsi d’acqua e dei versanti.
7. Studio litologico sul terreno al fine di definire i caratteri litostratigrafici del sottosuolo ovvero di confermare
quelli già noti, anche al fine di circostanziare e correlarvi le indagini geognostiche fin qui eseguite e
reperite presso gli uffici comunali.
8. Studio idrogeologico speditivo allo scopo di verificare la presenza o meno di acque sotterranee,
interferenti, la soggiacenza delle falda freatiche riscontrabili nelle varie unità geologico-strutturali e di
ottimizzare la valutazione dei Curve Number degli Studio idraulici2.
9. Valutazione quantitativa delle modificazioni plano altimetriche determinate nel corso dell’urbanizzazione, a
partire dagli interventi delle bonifiche storiche sul tratto terminale del Riu S’Eligheddu.
10. Valutazione dello stato degli attraversamenti in ambito urbano e periurbano e delle relative interferenze
geomorfologiche con le dinamiche in alveo; ispezioni parziali di tratti tombati.
11. Ricerca bibliografica, al fine di reperire i documenti tecnici sugli interventi pubblici o privati e le opere
idrauliche realizzate.
12. Georeferenziazione e analisi spaziale dei sondaggi geognostici reperiti al punto precedente.
13. Identificazione delle forme generate da processi gravitativi, sia in fase di distacco che di accumulo dei
corpi di frana.
14. Identificazione delle condizioni geolitologiche, morfologiche, clivo metriche e d’uso del suolo in grado di
sviluppare processi di versante, ivi comprese le erosioni, al fine di determinare le varie condizioni della
suscettività del territorio al pericolo ovvero la sua potenziale instabilità.
15. Identificazione dei principali processi gravitativi in atto e di quelli generati dall’alluvione del 18/11/2013.
16. Elaborazione digitale delle carte automatiche (Acclività) a partire dalle coperture topografiche in formato
digitale fornite dal Comune e di quelle Lidar messe a disposizione dall’ADIS relativamente al territorio
comunale.
17. Rielaborazione della Carta dell’Uso del Suolo redatta nell’ambito PUC.
18. Elaborazione e opportuno adattamento della Carta Geolitologica a partire da quella redatta nell’ambito del
PUC.
19. Elaborazione della Carta Geomorfologica e dei fenomeni franosi e dei processi erosivi.
20. Elaborazione della Carta dell’Instabilità Potenziale.
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Anche in assenza di convenzione, come da prassi metodologica dello scrivente geologo, mirata alla definizione degli scenari di evento alla scala 1:1
Questo argomento è assai delicato ma allo stato delle cose, appare di controversa risoluzione, almeno finché non sarà resa più severa l’attribuzione del coefficiente
numerico CN, in particolare per quel che attiene alla distinzione fra permeabilità di un suolo e permeabilità di un litotipo e dunque, finché l’adempimento metodologico
non sarà sottratto all’attuale impostazione dell’attuale scuola idraulica. Un discorso simile andrebbe posto anche ai fini del calcolo dei tempi di corrivazione.
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21. Elaborazione della Carta della Pericolosità da Frana (meglio sarebbe dire Geomorfologica)
Una prima versione della Carta della Pericolosità è stata presentata ad Agosto 2015. Gli esisti di tale versione
malgrado gli sforzi fatti in sede di aggiustamento e di arricchimento del modulo in ambiente GIS, sono stati
giudicati non del tutto convincenti da chi scrive nei risultati classificativi. Questi erano infatti particolarmente
sottostimati in determinati contesti collinari, talora insediati con insediamento sparso e comunque ancora
insediabili, in virtù del “peso” dello strato geologico (in particolare la mera distinzione fra ammassi rocciosi e
ammassi rocciosi arenizzati-eluvi così come ereditata dalla carta geolitologica PUC, si è rivelata non
soddisfacente) quindi non erano realistici. Di conseguenza si è ovviato cercando di migliorare il
riconoscimento delle qualità geomorfologiche di quelle specifiche aree rurali e di alcuni ambienti rocciosi
collinari. Tali correzioni hanno condotto a risultati realistici e coerenti con le condizioni e gli scenari
geomorfologici di tutti gli ambiti a granitoidi fin qui studiati in passato da chi scrive e noti all’ADIS. La versione
definitiva degli elaborati in consegna è quella di Novembre 2015.
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difesa dei litorali di cui all’art. 3, comma 1, lettera g della L. 183/89. Servizio Difesa del Suolo, pp. 49.
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Dottore di Ricerca in Scienze della Terra
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Prof. Roberto Almagià, Roma, C.V.R.. vol. XIII (1957) 1958, pp. 242..
[85] Spano B. & Pinna M. (1956) – Le spiagge della Sardegna. Ricerche sulle variazioni delle spiagge italiane,
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Provincia di Sassari. Atti del Convegno: Il dissesto idrogeologico: inventario e prospettive. Atti
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[97] Tilocca G. & Dore M. (2002) – Il dissesto idrogeologico nella Gallura (Sardegna NE-Italia). Riassunto:
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dell’Università di Sassari, pag. 105-125.
[99] Ulzega A. (1988) - Carta geomorfologica della Sardegna marina e continentale. Scala 1:500.000. P.F.
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[100] Ulzega A. (2002) - Panchina Tirreniana Auct. and Tyrrhenian Stage in Sardinia. Rend. Soc. Paleont. Ital.,
vol. 1, pag. 353-354.
[101] Università di Sassari & Cas.Mez. (1979-1980) – Atlante idrogeologico della Sardegna in scala 1:100.000.
F° 182 Olbia. Progetto speciale n.25. Casilina Stampa Stabilimento Litocartografico-Roma.
[102] USACE Manuals (1995) – Engineering and Coastal design. EM 1110-2-1810 -cap. 4., pp. 59.
[103] Vardabasso S. (1934) – Profilo geomorfologico del massiccio sardo-corso. Atti del XII° Congresso
Geografico Italiano. pp. 5 – Cagliari.
[104] Vardabasso S. (1955) – Il Quaternario della Sardegna. Atti del 4° Congresso INQUA, pp. 24. Roma.
[105] Vardabasso S. (1934) – Visioni geomorfologiche della Sardegna. Soc. Ed. It. pp. 5, 21 fig., Cagliari.
[83]
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Vardabasso S. & Vardabasso S.na (1962) – La Gallura – Cenni Geologici – Cenni Geografici. Estratto dal
vol.: La Gallura, pp. 23. a cura di Murineddu A.– Ed. Fossataro, Cagliari.
[107] Verstappen H.Th. [ed.] (1983) – Applied Geomorphology – Geomorphological Surveys for Environmental
Development. Elsevier.
[108] Waelbroeck C.,, Labeyrie L., Michel E., Duplessy J.C., McManus J.F., Lambeck K., Balbon E. &
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[109] Wright L.D. (1985) – River Deltas. Coastal Sedimentary Environments. 2nd ed., R.A. Davis, ed., SpringerVerlag, New York, pag. 1-76.
[110] Wright L.D. & Coleman J.M. (1973) – Variations in morphology of major river deltas as functions of ocean
wave and river discharge regimes. American Association of Petroleum Geologist Bulletin, vol. 57, 2, pag.
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[111] Zorzi Ca’ F. (1983) – Indagine sul metodo dell’idrogramma unitario del SCS. Quaderni di Idronomia
Montana. Vol. 1, pag. 45-66.
[106]
1.3
SINTESI BIBLIOGRAFICA
Quello riportato in precedenza è l’elenco dei documenti scientifici a contenuto geologico, idrogeologico e
geomorfologico presi in considerazione per l’approfondimento o la consultazione ed a cui è fatto esplicito o
implicito riferimento nel corso dello studio di dettaglio. Anche in questo caso e, forse, più ancora che per la
parte dedicata alla parte idrologica e idraulica, si sottolinea come sia del tutto assente una letteratura
geologica, geomorfologica ed idrogeologica che approfondisca il quadro delle conoscenze relative alla Piana
di Olbia, tanto più se dedicata ai processi geomorfologici interagenti con la sua pericolosità idrogeologica.
Si segnalano tuttavia le seguenti recenti ricerche :
 Columbu S., Costamagna L.G., Cruciani G., Elter F.M., Fancello D., Franceschelli M. & Scodina M.
(2014) - Petrographic features of foliated leucocratic body in the Migmatite Complex from northeastern
Sardinia. Rend. Online Soc. Geol. It., Suppl. n. 1 al Vol. 31; pag. 757.
 Costamagna L.G., Cruciani G., Elter F.M., Fancello D., Franceschelli M., Massa F. & Spano M.E. (2014)
- The high-grade metamorphics from Pittulongu to Golfo Aranci (NE Sardinia): an attempt of lithological
reconstruction. Rend. Online Soc. Geol. It., Suppl. n. 1 al Vol. 31; pag. 759.
 Franceschelli M. & Cruciani G. (2014) - 40Ar-39Ar results on amphibole and biotite of an anatectic
amphibole-bearing migmatite from the Variscan basement of NE Sardinia, Italy. Rend. Online Soc. Geol.
It., Suppl. n. 1 al Vol. 31; pag. 765.
Queste ultime riscontrano di come l’interesse scientifico prevalente sia concentrato sulla sfera petrologica
delle Migmatiti che, malgrado l’indiscussa dignità del tema, non costituisce esattamente una delle priorità
necessarie ai fini dello sviluppo cognitivo sul pericolo geomorfologico ed idrogeologico della regione indagata.
Si sottolinea, in aggiunta, che questo stesso stato di cose, oltre a rappresentare un grave handicap
dell’approccio geomorfologico attuale, a parere di chi scrive, costituisce anche una sostanziale ed oggettiva
carenza della base cognitiva a disposizione della stessa idrologia. I deficit di conoscenza geolitologica,
litostratigrafica e geomorfologica infatti si riverberano fortemente sulle incertezze idrogeologiche, che com’è
noto influiscono sulla corretta o, se si vuole, realistica quantificazione del Coefficiente di deflusso, del Curve
Number, della trasformazione afflussi-deflussi, dei tempi di corrivazione, del trasporto solido, della stessa
scabrezza degli alvei, ovvero di elementi la cui corretta determinazione è decisiva nel rendere adeguati agli
scenari reali gli stessi studi idraulici.
Pertanto, in questa sede si ribadiscono tutte le difficoltà già espresse nel documento denominato “Relazione
Generale sullo Studio Geologico” (che è deve comunque considerarsi propedeutico nonché integrante del
presente documento ai fini dello studio di maggior dettaglio e della successiva procedura di variante al PAI)
circa la necessità di addivenire a una sintesi condivisa, soprattutto, in assenza di qualunque elemento di
approfondimento scientifico in grado di affrancare le eventuali interpretazioni di quanto descritto, da elementi
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soggettivi e, dunque, da avverse interpretazioni (cfr. ad esempio la ripartizione delle varie gamme di
alterazione dei graniti o l’attribuzione del contesto della Piana di Olbia ad un Glacis di erosione).
Quanto detto è ancor più importante ai fini dell’applicazione delle metodologie PAI per la determinazione in
campo geomorfologico della cosiddetta “Instabilità potenziale”. Infatti a tale riguardo, ferme restando le
suddette lacune scientifiche, gli esiti dei risultati in assenza di altrettante contromisure tecnico-metodologiche
(in gran parte da definirsi), non sono affatto indifferenti ai limiti concettuali e pratici nell’attuale applicazione
delle LL. GG. PAI che per questo verranno illustrati in un paragrafo apposito.
Non di meno, la bibliografia utilizzata sottintende fortunatamente una conoscenza dello specifico territorio che
in realtà ha avuto inizio in ambito regionale circa 17 anni or sono e di cui sono riscontri parziali i contenuti di
[30], [31], [91], [92], [94], [96] e [97], nonché lo stesso PAI Sub bacino 4-Liscia, mediante il quale è stato
possibile contrastare ed ovviare in parte all’assenza di supporti scientifici. In tal modo la Pericolosità
geomorfologica riscontrata nelle cartografie con l’applicazione delle Linee Guida PAI, alla luce dei “correttivi”
introdotti dal recente Aggiornamento del Sub-bacino PAI-Coghinas-Mannu-Temo, è il risultato a buon diritto di
una paziente opera di correzione in progress e a ritroso (back analisys), sulla base delle conoscenze
pregresse e anche di quanto osservato posteriormente ad ogni evento intenso registrato (su scala regionale ci
si limita menzionare i seguenti: Dicembre 1998, Dicembre 2004, Ottobre 2008, Settembre 2009, Novembre
2013 e, per quanto possibile, quello del 1 Ottobre 2015). Tutto ciò allo scopo di rendere il risultato finale il più
irreprensibile possibile, in quanto a realismo e a credibilità tecnica, fermo restando la sussistenza di elementi
soggettivi allo stato attuale, non emendabili e, ovviamente, del fattore scala..
1.4
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RICERCA FOTOGRAFICA
Aeronautica Militare (1954): Foto in b/n in scala 1:33.000 declassificate.
E.R.S.A.T. (Ente Sardo di Assistenza Tecnica in Agricoltura) (1977): Foto a colori in scala 1:10.000
R.A.S. Assessorato EE. LL. FF. UU. (1997-1998): Ortofoto Aima in scala 1:10.000.
R.A.S. Assessorato EE. LL. FF. UU. (2001-2004): Ortofoto a colori RGB in scala 1:10.000
R.A.S. Assessorato EE. LL. FF. UU (1977): Ortofoto a colori in scala 1:10.00
Sardegna geoportale; http://webgis.regione.sardegna.it/.
Google Earth
Collezione repertorio personale di scatti fotografici
1.5
RICERCA DOCUMENTALE E ALTRE FONTI TECNICHE
In questo caso, lo scopo è stato quello di reperire in prima istanza quante più informazioni possibili sugli eventi
critici che abbiano riguardato il territorio di Olbia, in generale, ed il settore urbano, in particolare. Si è pertanto
fatto riferimento, specificamente a:
A. Il repertorio del P.S.F.F. relativo al Riu San Nicola del Subbacino 4-Liscia;
B. il repertorio A.V.I. (Aree Vulnerate in Italia) del C.N.R.-G.N.D.C.I. (Consiglio Nazionale delle RicercheGruppo per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche);
C. il repertorio I.F.F.I. (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia).– A.P.A.T. & RAS (2005);
D. il repertorio P.A.I. relativo al Sub Bacino 4 – Liscia;
E. la consultazione di un estratto dell’archivio dei quotidiani regionali conservato in microfilm presso la
Biblioteca Universitaria del Ministero dei Beni Culturali di Sassari, al fine di acquisire ulteriori informazioni
anche su eventi calamitosi minori, a partire dagli anni ’20;
F.
la consultazione di copie del materiale bibliografico storico giacente presso il Dipartimento d’Ingegneria
del Territorio della Facoltà di Agraria dell’Università di Sassari (anni 2000-2008);
G. lo Studio sull’Idrologia Superficiale della Sardegna (SISS), elaborato dall’E.A.F. (2003), sulla base dei dati
disponibili presso il Servizio Idrografico Regionale;
H. La Nuova Sardegna-Archivio on line;
I.
Kerrer-Lacava (1988) - Studio di impatto ambientale del porto industriale. Consorzio n.1 di Olbia, pp. 404.
J.
I.G.M.I. (1896): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°NO Terranova Pausania.
Firenze.
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K.
L.
M.
N.
O.
P.
Q.
R.
S.
T.
U.
V.
W.
X.
Y.
Z.
AA.
BB.
CC.
DD.
EE.
FF.
GG.
HH.
II.
JJ.
KK.
LL.
MM.
NN.
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I.G.M.I. (1896): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.181 I NE Muddizza Piana. Firenze.
I.G.M.I. (1896): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°SO Loiri. Firenze.
I.G.M.I. (1931): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°SO Loiri. Firenze.
I.G.M.I. (1931): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV°SE Maladromida. Firenze.
I.G.M.I. (1958): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV° NO Olbia. Firenze.
I.G.M.I. (1958): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.182 IV° NE Golfo Aranci. Firenze.
I.G.M.I. (1967): Carta Topografica d’Italia in scala 1:100.000, F°182. Firenze.
I.G.M.I. (1994): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.444-I Olbia Est. Firenze.
I.G.M.I. (1994): Carta Topografica d’Italia in scala 1:25.000, Tav.444-IV Olbia Ovest. Firenze.
Comune di Olbia (2011)-. Cartografia tematica Assetto Ambientale in scala 1:10000. Riordino delle
conoscenze Piano Urbanistico Comunale.
Studio Italiano di Geofisica Mineraria (anni 60) - Condizioni geologiche della Gallura nord orientale in
relazione alla ricerca d’acqua (con n. 6 stratigrafie di pozzi eseguiti)
Tilocca G. (2007) - Inquadramento geologico con particolare riferimento al trasporto solido del Riu
Padrogiano. Applicazione del metodo di Gavrilovic. Studio di Settore del PRP di Olbia-Golfo Aranci. pp. 16
+ 9 Allegati cartografici. Autorità Portuale di Olbia-Golfo Aranci (2008).
Tilocca G. (2008) - Inquadramento geologico con particolare riferimento al trasporto solido del Riu
Padrogiano. Relazione Tecnica Consuntiva. Studio di Settore del PRP di Olbia-Golfo Aranci. pp. 79.
Autorità Portuale di Olbia-Golfo Aranci (2008).
Ministero dei Lavori Pubblici-Provveditorato alle opere pubbliche per la Sardegna. Ufficio del Genio Civile
di Sassari Elenco delle acque pubbliche della provincia di Sassari. A) Elenco Principale Approvato con
R.D. 4 Dicembre 1921 B) 1°Elenco Suppletivo Approvato con RD n.78 del 12 Settembre 1935; C) 2°
Elenco Suppletivo Approvato con RD n.1343 del 30/09/1938.
Piano Generale della palude Salinedda – S. Simplicio a nord di Terranova. Scala 1:2000 (ed. 1900).
Piano Generale della palude Salinedda – Gallurese a sud di Terranova. Scala 1:2000 (ed. 1900).
Palude Salinedda San Simplicio – Piano parcellare. Scala 1:2000 (ed. 1903).
Palude Salinedda Gallurese – Piano parcellare. Scala 1:2000 (ed. 1903).
Lavori di bonifica delle paludi Salinedde in prossimità dell’abitato di Terranova Pausania-Perizia per
l’impiego degli imprevisti a norma dell’art. 20 del Reg.to 25 Maggio 1895-n.350, occorrenti per i lavori di
completamento dei terreni colmati di proprietà del Comune di Terranova. Planimetria. Scala 1:2000 (ed.
1904).
Piano Generale delle paludi Salinedde - presso Terranova. Scala 1:4000 (ed.1907).
Progetto per lavori complementari di bonifica delle paludi Salinedde presso Terranova P. nia. Ponticelli con
impalcature in cemento armato. Varie scale. (ed. 1908).
Planimetria della proprietà di Mossa Antonio nella località Giuanne Canu presso Terranova. Scala 1:500
(ed. 1910).
Piano dei terreni residuati coi lavori di bonifica delle Paludi Salinedde presso Terranova Pausania. Scala
1:2000 (ed. 1910).
Disegni allegati alla monografia richiesta con nota 29 Luglio 1911 n.1061 dalla Commissione Tecnica
centrale per le Bonificazioni istituita con R.D. 11 Dicembre 1904. Tav. Scala 1:25.000.
Bonifica dello Stagno di Corcò-Piano grafico della zona bonificata. Scala 1:4000. (ed. 1912).
Progetto di sistemazione del Rio Cecilia a monte del ponte della strada provinciale Terranova-Telti nella
bonifica delle Paludi Salinedde in comune di Terranova Pausania. Planimetria. Scala 1:4000 (ed. 1919).
Progetto di un canale di scolo per gli stagni Palude Piana. Planimetria. Scala 1:4000 (ed. 1919).
Bonifica dello Stagno di Colcò. Stato di consistenza della bonifica sopradetta. Scala n.d. (ed. 1924).
Progetto di sistemazione del Canale Gallurese a monte della Ferrovia Cagliari-Terranova e della strada
provinciale Terranova-Monti3. Scala 1:4000 (ed. 1926).
Campo di aviazione di Terranova-Progetto di allargamento del campo con lo spostamento del canale
Sozzò. Planimetria. Scala 1:4000 (data n.d.).
La denominazione di questo documento, non essendo stata rinvenuta nell’elaborato digitalizzato, è assegnata dallo scrivente per similitudine col documento XII.
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Gli ultimi documenti di questo repertorio sono stati ufficialmente reperiti presso l’Archivio del Genio Civile di
Sassari dal Settore Pianificazione e Gestione del Territorio, Edilizia Privata e Pubblica del Comune. L’elenco
dei lavori Idraulici svolti in tempi recenti e di cui si è reperita documentazione è oggetto di uno specifico
paragrafo nella Relazione di “Assetto Storico-Progetti e opere che hanno modificato l’assetto idrografico della
città di Olbia” (Studio di variante al Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico (PAI) e del quadro delle opere di
mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia) che in parte riprende e attualizza alcuni
paragrafi della relazione del servizio denominato: Predisposizione della progettazione preliminare, previa
analisi e ricognizione delle esigenze residue, degli interventi di difesa da rischio idrogeologico dei
centri abitati del Bacino “Liscia” 4, affidato nel 2010 dall’Assessorato dei LL. PP. della RAS ad ATP di cui lo
scrivente ha fatto parte.
Ulteriori elementi informativi di carattere geognostico sul solo territorio urbano sono stati tratti dal seguente
elenco di progetti relativi agli interventi idraulici svolti in tempi recenti ai fini della difesa del suolo (Tab.1).
N DENOMINAZIONE PROGETTO
1
Sistemazione idraulica del Rio Gadduresu
2
Sistemazione idraulica del Rio Gadduresu II stralcio
Opere difesa spondale Riu San Nicola
3
Perizia suppletiva
Interventi di sistemazione idraulica (San Nicola)
4
5
6
7
Perizia suppletiva n.1
Perizia suppletiva n.2
Completamento opere di adeguamento della
capacità di deflusso del reticolo idrografico
Interventi di sistemazione idraulica sul Rio
Gadduresu a valle del sottopasso ferroviario
Sistemazione idraulica Rio San Nicola a protezione
dell’abitato. Interventi di mitigazione del rischio
idraulico
ANNO
2002
2003
2003
2004
2005
2005
2006
2006
2007
2006
2007
2007
2008
2005
2008
2009
ENTE ATTUATORE
Comune Olbia
Consorzio di Bonifica della
Gallura
Comune Olbia
Comune Olbia
Comune Olbia
Comune Olbia
2012
8
Sistemazione idraulica Rio Gadduresu sottopasso
ferroviario
Piano di Lottizzazione comparto “Sub A” Località
“S’Accutadorza”- Opere di collegamento con il
quartiere “Gregorio”
9
Arretramento stazione di Olbia
2012
Rete Ferroviaria Italiana
Messa in sicurezza della sponda sinistra del Rio
San Nicola
2014
2015
Comune Olbia
2006
Comune Olbia
Soc. Immobiliare Primavera
srl
Tab. 1 - Progetti finalizzati alla difesa del suolo e alla mitigazione del pericolo e del rischio
idrogeologico consultati
I dati geognostici reperiti sono stati riportati in uno specifico documento pazientemente redatto ed utilizzato
nell’ambito della progettazione (preliminare) delle Opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio
comunale di Olbia.
Si noti infine che con finalità diagnostiche geomorfologiche per l’ambito urbano, come già accennato, nel corso
dello studio relativo alla Predisposizione della variante al Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) e del quadro
delle opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia, era stata elaborata una
specifica Cartografia dell’Assetto Storico che poneva in evidenza gli effetti di ordine geomorfologico relativi agli
interventi di bonifica storica su vaste aree circostanti San Nicola-Zozò e S’Eligheddu (all’epoca denominato in
carta Rivo Gallurese), con la stima delle isopache dei relativi apporti di colmata nelle aree di bonifica e la
geolocalizzazione dei sondaggi lì realizzati all’epoca. L’inserimento del contenuto di tale cartografia costituisce
una modifica a complemento della Carta Geolitologica del PUC da cui è stata derivata la Carta Geo-litologica
ai fini della perimentrazione della Pericolosità da Frana.
4
L’analisi e la ricognizione delle esigenze residue sono state fondate sull’esame dei progetti reperiti presso l’Amministrazione di Olbia nel corso dell’indagine svolta e
la Relazione per la parte specifica, sintetizza le relazioni tecniche di progetto a cui, tuttavia, si rimanda per le verifiche e i confronti rispetto allo stato di fatto attuale.
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PRODOTTI E LAYOUTS
Nell’ambito dello studio sono state elaborate le seguenti cartografie:
[1] Carta Geo-litologica del Territorio comunale (Scala 1:10.000; restituzione 1:12.500)
[2] Carta dell’Acclività del Territorio comunale (Scala 1:10.000; restituzione 1:12.500)
[3] Carta dell’Uso del Suolo del Territorio comunale (Scala 1:10.000; restituzione 1:12.500)
[4] Carta della Instabilità potenziale dei versanti del Territorio comunale (Scala 1:10.000; restituzione
1:12.500)
[5] Carta de Geomorfologica [dei Fenomeni Franosi5 e dei processi erosivi] del Territorio comunale
(Scala 1:10.000)
[6] Carta della Pericolosità Geomorfologica del Territorio comunale (Scala 1:10.000; Scala 1:2000)
[7]
1.6
Infine si è proceduto a consuntivo a redigere la Relazione tecnica illustrante lo studio svolto ai fini della
valutazione della pericolosità geomorfologica, ovvero della compatibilità geologica e geotecnica (vale a dire, il
presente documento). Alla Relazione sono Allegate 16 Monografie di approfondimento illustrativo su
altrettante questioni geomorfologiche riferite a parti del territorio studiato.
Si sottolinea che:
A. sia la Carta Geo-Litologica che quella Geomorfologica (dei Fenomeni Franosi) hanno necessitato, per i
rispettivi contenuti e finalità, tanto di rilievi sul terreno alla scala della loro copertura cartografica, che di
complementare studio in foto aerea, talora a scala di ulteriore dettaglio;
B. per la parte extraurbana del territorio, detti rilievi sul terreno hanno comportato sovente problemi o
impossibilità di accesso o transito diretto sulle proprietà private in quanto per lo più recintate, a cui hanno
fatto seguito rispettivamente maggiori tempi di esecuzione o limitazioni metodologiche alla sola foto aerea
compendiate da estrapolazioni per analogia;
C. lo studio delle Isole di Tavolara (Base militare) e di Molara (di proprietà privata), è stato alquanto
disagevole tanto in ragione dell’insularità, quanto per la rispettiva condizione amministrativa (base militare
la prima e isola del tutto privata la seconda, in ogni caso inserite in un’AMP con vincoli locali di accesso)
nonché poco esplorate, fino ad oggi, in termini geomorfologici6. Ciò ha reso necessario richiedere
l’intervento del Comune al fine di ottenere opportune autorizzazioni all’accesso ed all’esplorazione dei
luoghi, in particolare per il rilievo della parte Nord Orientale dell’isola di Tavolara, a partire dalla base
militare. Tuttavia le richieste non sono andate a buon fine per cui i risultati dello lo studio delle Isole di
Tavolara e di Molara, non potendo beneficiare dei previsti rilievi sul terreno, utili quanto meno ad una
definizione di maggior dettaglio della geolitologia e dei dissesti di versante, dovendosi giudicare deficitari
in merito alla Carta Geologica e a quella Geomorfologica, possono risultare conservativi, soprattutto
sull’isola di Molara;
D. le carte dalla n.1 alla n. 5 dello studio di pericolosità, le cosiddette carte intermedie, sono state studiate e
redatte alla scala 1:10.000; le Tavv. dalla 1 alla 4 vengono restituite alla scala 1:12.500 sull’intero
territorio comunale (ciò ha comportato il taglio in n.7 Tavole per ognuno dei quattro strati informativi, per
un totale di 28 Tavole relative totali. La carta finale della Pericolosità da frana (redatta in forma
Coordinata col PAI vigente) è elaborata e stampata in 54 Tavole alla scala 1:2.000 nei centri abitati e in 9
Tavole alla scala 1:10.000 per la restante parte del territorio, secondo quanto previsto dall’ADIS e con
essa concordato in deroga per le vie brevi, in merito al formato delle carte intermedie. In totale sono
state dunque elaborate 100 Tavole (Tab.2).
E. nell’ambito della illustrazione geomorfologica della presente relazione, sono stati scelti alcuni settori come
rappresentativi delle fisiografie che più ricorrono nel territorio o che in esso costituiscono particolarità
5
Tale tematismo è altrimenti definibile Carta Inventario dei Fenomeni Franosi, Carta Dissesti Geomorfologici o più semplicisticamente Carta Geomorfologica
[finalizzata alla perimetrazione del Pericolo geomorfologico]
6
Ferma restando la particolare scarsità in Sardegna di informazione scientifica sulla pericolosità geomorfologica, si prende atto del fatto che il Progetto IFFI
Inventario dei Fenomeni Franosi della Regione Sardegna (2005), non ha esplorato le Isole minori, quindi neppure Tavolara (cfr. Pag.34 Fascicolo APAT-Dip.
Difesa del Suolo; pp.38; Marzo 2006).
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salienti e arealmente evidenti (Cugnana, Tavolara, Riu Toltu, Plebi, Moriscinu-Sa Testa, Cabu Abbas,
San Pantaleo, Capo Ceraso; Isola Amministrativa di Berchiddeddu: Valle del Palasole; Sorilis); in ogni
caso maggiore importanza relativa è stata assegnata agli ambiti dei paesaggi granitoidi in genere. Su
alcuni di tali settori ci si soffermerà attraverso sintetiche monografie Allegate alla presente Relazione.
Denominazione
Carta delle Pendenze
Carta Geolitologica
Carta dell’Uso del
Suolo
Carta dell’Instabilità
dei versanti
Carta Geomorfologica
Carta
della
Pericolisità da Frana
coord.
Carta
della
Pericolisità da Frana
coord. Centri urbani
Scala
1:12..500
1:12..500
1:12..500
Tavole
1A, 1B, 1C, 1D, 1E, 1F, 1G
2A, 2B,2C, 2D, 2E, 2F, 2G
3A,3B, 3C, 3D, 3E, 3F, 3G
1:12..500
4A, 4B, 4C, 4D, 4E, 4F, 4G
1:10.000
1:10.000
5A, 5B, 5C, 5D, 5E, 5F, 5G, 5H, 5I
6A, 6B, 6C, 6D, 6E, 6F, 6G, 6H, 6I
1:2.000
7,8,9,10,11,12,13,14,15,16,17,18,19,20,
21,22,23,24,25,26,27,28,29,30,31,32,33,
34,35,36,37,38,39,40,41,42,43,44,45,46,
47,48,49,50,51,52,53,54,55,56,57,58,59,
60
Tab. 2 – Riepilogo Tavole restituite
2. NORMATIVA DI RIFERIMENTO
Le specifiche fonti normative di riferimento nell’ambito dello studio sono state le seguenti:
 Legge 267/1998 - Misure urgenti in materia di rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da
disastri franosi nella Regione Campania. Conversione in legge del D.L. 11 giugno 1998, n. 180
 D.P.C.M. 29 settembre 1998 “Atto di indirizzo e coordinamento per l’individuazione dei criteri relativi agli
adempimenti di cui all’art. 1, commi 1 e 2 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180
 D.Lgs 23 febbraio 2010, n. 49 Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla
gestione dei rischi di alluvioni.
2.1










NORMATIVA REGIONALE COLLEGATA
Legge Regionale 15 dicembre 2014, n. 33
Norme di Attuazione PAI-RAS - Aggiornate con Decreto del Presidente della Regione Sardegna
n.148 del 26.10.2012 (Agg. Gennaio 2014) e con Deliberazione del Comitato Istituzionale N.2 del
30.07.2015
LL. GG. PAI-Attività di individuazione e di perimetrazione delle aree a rischio idraulico e
geomorfologico e delle relative misure di salvaguardia (RAS-2000); PAI-RAS, 2002
Delibera del Comitato Istituzionale n. 3 del 18.7.2007
LL. GG. Adeguamento PUC al PAI (RAS-2008)
Deliberazione G.R. N. 44/11 del 7.11.2014
Deliberazione del Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino della Sardegna n. 2 del 18.12.2014
Deliberazione del Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino della Sardegna n.1 del 26.05.2015
Deliberazione del Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino della Sardegna n. 2 del 16.06.2015
Circolare 1/2010 del comitato istituzionale dell’Autorità di Bacino della Sardegna - Indirizzi
interpretativi e procedurali relativi alle Norme di Attuazione del Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto
Idrogeologico (PAI).
3. IL MODELLO GEOLOGICO
Ai sensi del DPR 207/20101, la Relazione Geologica comprende sulla base di specifiche indagini geologiche,
la identificazione delle formazioni presenti nel sito, lo studio dei tipi litologici, della struttura e dei caratteri fisici
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del sottosuolo, definisce il modello geologico del sottosuolo, illustra e caratterizza gli aspetti stratigrafici,
strutturali, idrogeologici, geomorfologici, nonché il conseguente livello di pericolosità geologica (art. 26/1a).
La finalità della presente sezione è quella di fornire allo strumento urbanistico alla scala locale e di piano
prevista, la conoscenza tutti gli elementi geo-fisici generali che interagiscono come cause o come effetti nel
comportamento geomorfologico del territorio di Olbia, ben sapendo che la perfetta distinzione fra pericolosità
geomorfologica ed idraulica attiene ad una necessità amministrativa che non necessariamente trova un
sistematico riscontro in ambito naturale. S’intende con questo rappresentare il fatto che dinamiche alluvionali
lungo le sponde comportano dissesti idrogeologici attinenti al mondo erosivo che di rado si configurano come
frane ma che non è possibile ignorare ai fini della completezza informativa. Parimenti le piogge brevi ed
intense determinano al suolo un vasto corteo di superfici dilavate ed incise in modo concentrato. In tal senso,
pur con qualche difficoltà e con evidenti lacune, si è cercato di illustrare la casistica delle principali aree
soggette a dilavamento diffuso e a fenomeni di ruscellamento, così come si è cercato di indicare i tratti
spondali più segnati dalle dinamiche di trascinamento e quindi più geomorfologicamente vulnerabili dalle piene
torrentizie.
Si cercherà di fornire quindi la più ampia gamma di elementi anamnestici e diagnostici di carattere
geomorfologico e geolitologico in grado di fare chiarezza sulla cosiddetta pericolosità geomorfologica
(altrimenti detta Pericolosità da Frana) del territorio di Olbia. In questa sezione, pertanto, verranno presentati e
discussi aspetti a carattere geolitologico, geomorfologico e idrogeologico e in particolare:
1. I caratteri geolitologici regionali con riferimento alle litologie affioranti nei vari settori fisiografici da ritenersi
rappresentativi.
2. I caratteri ricorrenti delle litologie prevalenti, ossia quelle magmatiche granitoidi e il loro stato di
arenizzazione, quindi la varianìbilità della litofacies.
3. La distribuzione variabile e lo spessore mutevole dei volumi arenizzati (coltri eluviali).
4. La distinzione fra coltri eluviali ed eventuali coperture sedimentarie vere e proprie.
5. La relativa permeabilità degli ammassi arenizzati.
6. La scarsa capacità di assorbimento e di ritenzione dei suoli associati a tali ammassi.
7. La caratterizzazione idro-geo-morfologica sommaria dei principali sistemi di drenaggio.
8. I processi erosivi e gravitativi di versante.
9. Le sorgenti di recapito solido al sistema torrentizio del territorio.
10. I processi erosivi all’interno dei torrenti alla base della stessa mobilità torrentizia laterale.
Infine, come di consueto, si farà generale riferimento anche agli elementi geomorfologici terrestri alla base
dell’attuale configurazione morfologica costiera e a quelli idraulico-marittimi connessi sia con la condizione al
contorno delle foci (compendi lagunari e portuali), alla luce delle profonde modifiche storiche da esse subite a
seguito sia delle bonifiche igienico-sanitarie che delle opere urbane degli ultimi decenni.
L’elenco dei campi tematici che verranno toccati nel corso della trattazione, dà conto del fatto che, al di là degli
specifici adempimenti cartografici, l’indagine ha avuto come obiettivo collaterale ed innovativo quello di
traguardare le irrisolte necessità di come determinare il trasporto solido nei torrenti del territorio, in particolare
quelli extraurbani che alla luce dell’evento del 2013 sono sembrati assai esposti alla generazione di flussi
concentrati ed iperconcentrati di sedimenti. Di questa specifica attività dà conto, Allegato alla presente, il
carteggio relativo ai suggerimenti impartiti per l’attività di perimetrazione idraulica e una serie di schede a ciò
connesse ove vengono illustrate le evidenti attinenze al campo del dissesto geomorfologico ed alla relativa
pericolosità.
3.1
LOCALIZZAZIONE E ASPETTI GEOGRAFICI
Il territorio di Olbia si estende per 382,5 Kmq (cfr. Geoportale RAS) ed il secondo per importanza della
superficie in Sardegna. Esso ricomprende tre isole del Tirreno (Tavolara, Molara e Molarotto) ed è ripartito
sulla cartografia IGM ai Fogli 428 (Arzachena), 444 (Olbia), 445 (Isole di Tavolara e Molara) e 462 (Padru) in
scala 1:100.000. Amministrativamente è articolato in due porzioni in discontinuità, una decisamente maggiore
a Nord ed una minore a Sud, separate dal territorio di Loiri Porto San Paolo. In virtù di questa articolazione, la
porzione più estesa è quella settentrionale limitata da confini a NordEst con Golfo Aranci, a Nord ed in parte
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ad Ovest con Arzachena, ad Ovest e Sud Ovest con Sant’Antonio di Gallura e Telti e a Sud, come intuibile,
con Loiri Porto San Paolo. Quella minore, nota come Isola Amministrativa di Berchiddeddu, dal nome della
frazione di maggior estensione e peso demografico, confina a Nord con Loiri Porto San Paolo, a Est con
Padru e a Sud ed Ovest con Monti..
Taluni degli abitati rurali presenti, nella porzione più interna della più vasta area settentrionale, risultano
costituiti da agglomerati sparsi, originati dall’evoluzione dell’insediamento tradizionale a Stazzi, di matrice
strettamente Gallurese (da Casagliana a San Giovanni fino a Lettu di Fica). Altri invece, in gran parte costieri,
sono assai più concentrati, per lo più in conseguenza dell’edificazione costiera legata allo sviluppo turistico ed
alla speculazione edilizia. In tutto questo contesto fa eccezione, il solo caso di San Pantaleo, a Nord di Olbia,
che ha caratteristiche sue proprie di borgo interno demograficamente consolidato, al contrario di quelli
dell’isola amministrativa. Non di meno, la prossimità alla costa e in particolare il tratto noto come “Costa
Smeralda” (che ha inizio poco a Nord di Portisco, ha avuto il risultato di determinare l’estensione in continuità
non solo del nucleo urbano ma anche nel suo particolare intorno roccioso ad alture di indubbia suggestione, di
edifici residenziali, in gran parte vergenti il mare. Insediamenti assai più recenti connessi con rapide
espansioni a carattere soprattutto turistico ma con discreta quota di residenzialità, sono quelli di Porto
Rotondo sul Golfo di Cugnana, di Cugnana, di Pittulongu (latu sensu) a Nord verso Golfo Aranci e di Murta
Maria a Sud, con l’appendice ancora più meridionale di Costa Corallina e quelle invece più prossima alla città
del Lido del Sole (peraltro, il più antico degli insediamenti turistico balneari di Olbia) e delle Vecchie Saline.
Sul borgo di Rudalza, di antica matrice rurale, hanno riverberato le conseguenze dello sviluppo turistico di
Porto Rotondo, Palumbalza e Marinella per cui, al momento, esso espandendosi, viene a collocarsi a cavallo
delle due amministrazioni comunali di Olbia e di Golfo Aranci.
Nella cosiddetta isola Amministrativa o exclave di Berchiddeddu, interamente a vocazione agricola e agro
zootecnica, oltre il borgo principale, sussistono almeno altri 6 insediamenti più concentrati, originati
storicamente e consolidatisi dall’incontro della tradizione Logudorese con quella Gallurese a ridosso dei Salti
di Giosso. Si tratta di Sa Castanza (dove si può distinguere anche Su Carru), Trainu Moltu, Sos Coddos,
Pedru Gaias, Battista e Mamusi.
3.2
INQUADRAMENTO GEOLOGICO REGIONALE DELLA GALLURA
Il territorio di Olbia, pur con qualche specificità, è parte integrante della Gallura sia in senso geografico che in
senso geologico. Questa, sul piano strettamente geologico, costituisce la parte nord orientale del Pilastro
tettonico o Horst bordante la fossa terziaria del Logudoro. Tale Pilastro tettonico, in termini litologici è
contrassegnato dalla assoluta prevalenza di rocce granitoidi erciniche (Leucograniti, Granodioriti,
Monzograniti), raramente e solo localmente integre, più spesso attraversate, oltre che da adunamenti filoniani
a chimismo, dimensioni e direzioni variabili (più spesso SW-NE e SSW-NNE), da vistosi sistemi di
fratturazione di origine tettonica che, per ciò stesso, a partire dalla superficie hanno alterato o reso alterabili in
varia misura e modo, i rispettivi ammassi, mutandone sovente le caratteristiche litotecniche e accelerando
l’azione del morfodinamismo.
In un tale quadro, costituiscono volumi assai subordinati, sempre in contatto con le precedenti, le litologie
erciniche più antiche riferibili al complesso metamorfico di alto grado, rappresentate da Migmatiti
(Metatessiti, Diatessiti, Ortogneiss e Paragneiss (cfr. par. 1.3) in prevalenza. In Gallura queste ultime
assumono una certa rilevanza areale nell’alto Bacino idrografico del Riu Vignola (Aggius), ad E ed a S di
S.anta Teresa Gallura (La Filaccia, Ciuchesu) e Trinità d’Agultu (Serra Tamburu), fra Sant’Antonio di Gallura e
Luras (M.te Foci, M.te Candela, Carana), ad Arzachena e fra Budoni e S. Teodoro. Ad Olbia esse si ritrovano
nel settore settentrionale e meridionale periurbano (M.te Plebi, 473 m; M.te Chidade, 91m) dove, come
documentato dai rilievi sul terreno, costituiscono tendenzialmente il sostrato geolitologico roccioso del territorio
costiero fra Olbia e Golfo Aranci (Golfo di Cugnana, Golfo di Marinella; Suiles, Terrata, Bados, Moriscu,
Pittulongu, Sa Testa) e immediatamente a Sud di Olbia (Foce del Padrogiano; Isola della Bocca). Esse
affiorano con una certa continuità dai 250 m di quota fino alla linea di costa (Bados, Pittulongu, Punta di Filio,
Gravile), oltre la quale certamente costituiscono anche l’impalcatura della piattaforma continentale (Isola della
Bocca).
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A questo panorama ufficiale, gran parte del quale è condiviso dalla letteratura geologica, sfugge tuttavia, la
casistica e l’importanza, sia per l’estensione che per lo spessore, delle coltri di arenizzazione delle rocce
granitoidi (Coltri eluviali), in particolare di Granodioriti e Monzograniti. Le relative diverse litofacies si
rinvengono in vari settori, talvolta anche molto ampi e a quote così differenziate da rendere piuttosto complesso
pervenire ad un omogeneo quadro di elementi genetici. Tali litofacies sono infatti il risultato spazio-temporale
sia dell’impostazione geologica degli ammassi intrusivi che della loro evoluzione geomorfologica in superficie,
guidata come detto dalle discontinuità strutturali. La trasformazione litologica, quindi la varietà, è tale da
configurale soprattutto come coperture, stante l’assai differenziato comportamento geotecnico ed idrogeologico
rispetto agli ammassi da cui si originano. Su ciò si cercherà di approfondire più avanti, tramite uno specifico
paragrafo inserito nella trattazione geomorfologica, in virtù delle implicazioni sui processi che hanno interessato
il presente studio, ferma restando l’assenza nella letteratura sarda di organici punti di riferimento in termini
tanto di tipicizzazione che di riconoscimento cartografico (di esse dà conto il solo F° geologico 182 Olbia in
scala 1:100.000). Ciò fino ad oggi ne ha impedito una qualsiasi propria cartografia di dettaglio e ha determinato
in una certa casistica progettuale (ivi compresa, in passato, quella degli interventi di mitigazione e delle opere
idrauliche di Olbia), non trascurabili confusioni, ambivalenze, equivoci ed errori di ordine geognostico
(soprattutto per le difficoltà che nei sondaggi, in condizioni di perforazione ordinaria, si hanno ad estrarre carote
integre di queste litofacies, particolarmente se in condizioni di alterazione spinta). Ciò dunque è uno dei
principali limiti della loro conoscenza geologica e geomorfologica in Gallura (ed in generale nell’Isola).
Passando ai sedimenti veri e propri, in base alla stessa concettualizzazione geolitologica della Gallura, le
coperture sedimentarie sul basamento di tale Pilastro tettonico, costituiscono condizioni di eccezionalità
geologica, essendo decisamente rare, geograficamente circoscritte e cronologicamente vincolate. Esse sono
rappresentate da:
1. i sedimenti quasi esclusivamente carbonatici del Mesozoico di Tavolara (Olbia), Capo Figari e Figarolo
(Golfo Aranci).
2. I vulcano-sedimenti e le vulcaniti del Miocene inferiore di Trinità d’Agultu (Bacino di Lu Colbu-Falzaggiu)
3. i sedimenti terrigeno-carbonatici del Miocene inferiore (Burdigaliano) di Capo Testa (Santa Teresa Gallura)
4. le coperture detritiche, alluvionali, eoliche o di spiaggia del Quaternario (dal Pleistocene all’attuale).
Di essi interessano il presente studio quelli ai punti 1 e 4 che verranno meglio caratterizzati in appositi
paragrafi e successivamente anche nelle memorie geomorfologiche dei settori presi ad esempio.
3.3
INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO REGIONALE DELLA GALLURA
Nella Sardegna settentrionale, l’interferenza dell’evoluzione morfoclimatica pleistocenica e olocenica sulla
componente geolitologica e sulle morfostrutture ereditate dagli avvicendamenti tettonici tardo terziari
(strutturazione del Mar Tirreno), ha generato un quadro geomorfologico singolare e composito di non sempre
agevole collocazione temporale, per lo più a causa della scarsità di terreni databili. E’ tuttavia noto che la
strutturazione tettonica terziaria del micro continente sardo-corso, sia responsabile di un assetto
tradizionalmente definito da due Horst a sostrato paleozoico, coincidenti con la Nurra ad Ovest e la Gallura ad
Est, separati da una Fossa (Graben) colmata da vulcaniti e sedimenti terziari (Bacino del Logudoro-Anglona) a
dislocazione circa N-S. All’interno di tale fossa si delineano dal Miocene strutture d’impostazione tettonica
estensiva o transtensiva (“Corridoio di Monti”; “Soglia di Monti”), ospitanti bacini laterali più interni, che non
essendo stati raggiunti dal dominio marittimo contengono coperture continentali costituite esclusivamente da
sedimenti fluvio-lacustri, vulcaniti e vulcanoclastiti (“Bacino di Oschiri-Berchidda”).
Il pilastro orientale, a litologie prevalentemente rocciose e cristalline coincide, dunque, nella sua parte
settentrionale, con la Gallura. Questa verrebbe definita da un ideale quadrilatero (Fig. 1) circoscritto da due lati
marittimi (Golfo dell’Asinara-Bocche di Bonifacio e Mar Tirreno) e due continentali (la valle del Coghinas a Sud
Ovest e il Corridoio di Monti a Sud Est). Tuttavia, verso Sud Est può aggiungersi (seconda taluni Autori), in
ossequio alla presenza di frammenti di batolite intrusivo e di Metamorfiti di alto grado, tutta una vasta regione
compresa fra i Monti di Alà e le pendici Sudorientali del Monte Nieddu (Padru-San Teodoro-Budoni), che si
spinge sino al promontorio costiero di Orvile (Posada). La Piana di Olbia, come vedremo, s’inserisce in questo
16
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contesto come morfo-struttura derivante da un lato dall’evoluzione geodinamica tardo miocenica e pliocenica e,
dall’altro, a sovrimposti effetti geomorfologici dovuti al glacio-eustatismo pleistocenico ed olocenico. Fra questi
il più evidente risulta l’approfondimento dell’idrografia al ritiro glaciale, la cui sommersione ha generato
nell’Olocene le coste a Rias.
Dal Pleistocene, quanto meno, sono inoltre certamente più attivi i processi di degradazione fisica e chimica,
diffusamente e pervasivamente responsabili del fenomeno di arenizzazione sugli ammassi intrusivi, soprattutto
quelli più basici ed è sempre da attribuirsi al ritiro del livello marino, dell’Ultimo Massimo Glaciale (cfr. ParFig.
2 e Fig.49), la genesi del Pediment (o glacis di erosione) a cui è riferibile geomorfologicamente buona parte
della stessa Piana di Olbia. Solo nelle valli fluviali a maggior recapito sedimentario si ha, dunque, evidenza in
ambiente emerso dell’onlap costiero olocenico post glaciale, con depositi alluvionali relativamente spessi.
Le testimonianze del Pleistocene marino o eolico sono discontinue, rare e mal conservate lungo le coste, di
norma all’interno di anfratti costieri o zone in falesia meno soggette a processi erosivi marini (S. ta Teresa
Gallura-Santa Reparata; lato NW Isola di Molara; Costa di Arzachena-Canale delle Galere; Tavolara; Molara).
Esse in ogni caso si devono interpretare come relitti di coperture più vaste, in gran parte eoliche o di versante
(Tavolara). Relativamente più diffusi ma non necessariamente più voluminosi, si presentano i corpi alluvionali,
talora terrazzati, nelle piane costiere più “mature” (Riu Liscia; Riu San Giovanni; Riu Padrogiano e minori nella
Piana di Olbia). Tali formazioni, come acquiferi poco profondi a falda libera, svolgono, data la collocazione
fisiografica, una fondamentale funzione ecologica a sostegno degli ambienti di transizione; come volumi di
detriti poco addensati o sciolti, costituiscono un vasto stock a disposizione dell’azione erosiva laterale che si
espleta lungo le sponde dei tratti terminali dei corsi d’acqua stessi.
I detriti di versante, attribuibili quanto meno al tardo Pleistocene glaciale (Wurmiano Auct.), sono diffusi sui
rilievi, in ragione crescente con l’altezza. Essi sono soprattutto il prodotto di antichi ma espliciti movimenti
gravitativi (frane) al giorno d’oggi stabilizzati per via naturale (versante Nord di Tavolara), più spesso sospesi e
quiescenti (es: Monte Pino; settori di Punta Cugnana a San Pantaleo)7 e di semplice degradazione superficiale
(ad es.: Monte Plebi).
3.3.1
Le reti idrografiche della Gallura nord-orientale
Tutte le principali valli alluvionali e parte delle ramificazioni secondarie derivano dalla struttura tettonica
terziaria, le cui geometrie ereditano in parte o del tutto quelle delle epoche precedenti, a loro volta legate anche
alla strutturazione interna dei corpi plutonici del basamento. A partire dal baricentro oro-idrografico del Monte
Limbara, tale assetto dà luogo, su scala regionale, ad una rete idrografica a densità di drenaggio elevata con
patterns prevalentemente dendritici, sub-dendritici e, a scala di singolo bacino, talora angolari, paralleli e
sub-paralleli. Questi, in particolare, assecondano e ricalcano il caratteristico reticolato di faglie e fratture
sovrimposte sul sostrato roccioso cristallino e ne sottolineano la scarsa o scarsissima permeabilità primaria,
prevalente negli ambiti privi di coperture.
Infatti se si esclude il settore a Sud del cosiddetto Corridoio di Monti e della relativa Soglia, quasi tutta la rete
idrografica gallurese si delinea in modo sostanzialmente centrifugo dal Monte Limbara (1362m) per lo più in
ambiti montani o intramontani. Essa sfrutta l’assetto a gradinata, asimmetrico in senso Nord-Sud [41] [62] [63],
del massiccio montuoso che da un lato riduce le pendenze complessive ma è in grado altresì di generare
gradienti clivometrici medio-alti. a livelli orografici medio-bassi (Fig.1).
In tal modo l’energia del rilievo è relativamente elevata non solo su fasce orograficamente montane ma anche
in ambito strettamente collinare. In questo quadro rientrano, a maggior ragione, le numerose Serre vale a dire
allineamenti di rilievi in sequenza dal profilo a denti di sega (in gallurese Sarre). Nelle aree interne dell’Alta
Gallura, a queste si avvicendano, da monte a valle, altopiani più o meno denudati (Plateaux, Auct) a quote
ricorrenti, con dislivelli in media di circa 200 m. e, più di rado, bacini intramontani (o pedemontani a valle)
ospitanti alluvioni, di solito poco potenti. Di conseguenza, i differenziali morfologici più accentuati si osservano
proprio sul limite Ovest (Corridoio o Soglia di Monti, a seconda di quale sia la sezione di riferimento) fra Fossa
terziaria logudorese (solco vallivo, a valle del lago del Coghinas) e Pilastro gallurese o fra questo ed i sub
7
Di essi fornisce una prima testimonianza la cartografia geomorfologica allegata allo studio presente
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bacini periferici al Logudoro in cui è scomposto il Pilastro in prismi. In ogni caso, benché il profilo altimetrico
decresca verso Nord, Nord-NordEst ed Est, in tutta la regione gallurese, compreso il settore costiero, si
conservano gradienti morfologici e clivometrici elevati, fin quasi a lambire la linea di costa. Ciò si traduce in una
buona capacità di carico solido dei torrenti, con sviluppo della rete per lo più secondo assetti montani e
pedemontani.
Fig.1 - Schema Idrografico della Gallura tratto da M. Dore, G. Ghiglieri & G. Tilocca, Prime considerazioni sul dissesto idrogeologico della Gallura (NE Sardegna,
Italia). Congrès international Environnement et Identité en Méditerranée, Corte-Corsica 2002 ; p. 45-55 (2002)
Ugualmente accentuati sono i differenziali altimetrici e clivometrici visibili al passaggio fra i rilievi e le piane
intramontane (questo termine è privo di implicazioni orografiche ma si riferisce a tutti i contesti dove si esprime
il gradiente di cui sopra) o, per meglio dire, idrogeomorfologicamente pedemontane, a cui è riferibile una certa
parte dei settori extraurbani studiati. In tali contesti, di conseguenza, le “pianure alluvionali” vere e proprie o non
esistono o al massimo si limitano a frange particolarmente strette, più che altro di ambito pedemontano, dove
localmente si avvicendano processi geomorfologici periodici ora di accumulo ora di erosione dei sedimenti,
tuttavia in un contesto generale geomorfologicamente erosivo. Di conseguenza questi tratti, sul piano
idrogeomorfologico si identificano soprattutto come luoghi di trasferimento del trasporto solido. Il caso più
rappresentativo sotto questo aspetto appare essere rappresentato dai tronchi terminali dei torrenti che
unendosi concorrono a determinare il Riu Padrogiano (Riu Enas + Riu La Castagna).
Lungo le aree costiere marginali esposte ad E, la rete idrografica è articolata in bacini tendenzialmente allungati
con asse NNW-SSE, o Ovest-Est, di modesta superficie, a pendenza relativamente alta, nel complesso ben
gerarchizzati in rapporto all’estensione, con chiare evidenze erosive (ed altrettante propensione al trasporto
con gli eventi intensi) sino al bordo delle esigue piane. Qui, solo a qualche centinaio o decina di metri dalla
linea di costa, si rilevano in condizioni ordinarie tendenze al riempimento con presenza di cordoni litoranei e
relativi stagni retrostanti. Queste strutture fungono da bacini di laminazione delle piene e possono entrare
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direttamente in contatto col mare, con conseguente rottura del cordone litoraneo, in caso di intensità
fenomenologica fluviale o marittima.
I corsi d’acqua più importanti in tali tratti terminali, presentano tutti tendenze alla diversione mentre i rami minori
dislocati in prossimità delle foci sono tutti a esigua gerarchizzazione e taluni non dispongono di alveo inciso.
Un secondo ordine di spiegazioni dell’assetto geomorfologico dell’idrografia generale e di quella “costiera”, in
cui è inserita una buona parte caso di Olbia, è data dagli effetti delle variazioni glacio-eustatiche
Pleistoceniche ed oloceniche. Infatti la linea in cui il sostrato roccioso è intercettato dal livello del mare, si
definisce una costa a Rias.
Le coste a Rias della Gallura documentano di testate di valli torrentizie di basso ordine in gran parte incise
secondo allineamenti strutturali e sovraescavatesi col ritiro del livello marino durante glaciazione wurmiana,
fino ai -125m/135m dal l.m.m. attuale del Last Glacial Maximum (LGM) circa 20ka (Fig 2).
In generale, dunque, si ammette che ai vari stadi di stazionamento del ritiro attribuito al glaciale conosciuto
come wurmiano (70.000 y b.p. – 19.000 y b.p.), tramite gli apporti continentali (onlap costiero), si siano generati
ambienti con prodotti sedimentari di genesi sia marina (Beach rocks) che continentale (sedimenti alluvionali ed
eolianiti) che, durante gli stadi di risalita olocenica del livello glacio-eustatico, hanno costituito stocks di volta in
volta rielaborati dai cicli di erosione e deposizione, per svariate generazioni di nuovi sedimenti. Taluni di tali
corpi sono pertanto in tempi odierni posizionati in forma relitta sotto il livello del mare o possono affiorarvi
sporadicamente o continuativamente (e con spessori significativi) a seconda dell’importanza della valle fluviale
che li ha generati8.
In questo modo tali processi, la cui ciclicità è oggi ammessa anche nell’Olocene, al termine dello stadio più
accelerato della risalita olocenica del mare (3 Ka)9 hanno reso possibile all’interno di tali testate sommerse,
l’impostazione di vari tratti ghiaiosi e sabbiosi (barre litoranee, progressivamente evolutesi) i quali, sarebbero
progressivamente emersi in forma di cordoni determinando, quindi, l’edificazione delle spiagge ai margini
interni delle insenature, in altri termini le Pocket beach, isolando lagune e conche stagnali retrostanti che
progressivamente vengono colmate dalle foci dei corsi d’acqua.
Si ricorda che già Spano & Pinna (1956; [85]), citando il Portolano della Sardegna dell’Ammiraglio Albini del
1842, sottolineavano per Olbia la scarsa profondità (“poco più di un metro e mezzo sotto il pelo d’acqua”) del
“canale di accesso all’insenatura interna” (Pag. 54 op. cit.), segnalando implicitamente la presenza di una
bocca di laguna con manifesta tendenza all’insabbiamento precoce ad opera della progradazione del delta del
Padrogiano.
Le Pocket beach a cui fanno riferimento ancora oggi aste fluviali variamente gerarchizzate, quindi,
costituiscono in larga misura, la risultante morfo-strutturale costiera della interazione fra:
I)
fratturazione del sostrato litologico che ha guidato il deflusso idrico delle acque continentali e,
conseguentemente, gli apporti sedimentari (in atto, ridotti o cessati),
II)
evoluzione eustatica e deposizionale pleistocenica,
III)
attuale configurazione dei moti ondosi e dei vettori derivati
IV)
bilancio sedimentario fra recapito e allontanamento da parte della dinamica costiera.
Oltre alla struttura a gradinata, la diffusione di valli sovraescavate e la generazione di costa di sommersione a
Rias e di pocket beach, l’effetto geomorfologico più caratteristico e noto sul paesaggio granitico continentale
della Gallura è attualmente dato dalla larga diffusione di rilievi residuali (Inselberg e Tor; “Cataste di blocchi”
della cartografia PUC) e dei prodotti secondari ad essi associati (Boulders e Corestones), con paesaggi
rocciosi a Serre (profilo a denti di sega) o a Inselberg e Tor. Tutti questi elementi derivano da masse evolutesi
in condizioni morfoclimatiche sostanzialmente diverse da quelle odierne, sulle quali, si sono impostate,
8
Questa circostanza è alla base del fatto che nella Piana di Olbia, i corpi alluvionali siano limitati alla sola foce del S’Eligheddu o siano sommersi, mentre poco a
Sud costituiscano una parte piuttosto rilevante della Piana del Riu Padrogiano, corso d’acqua e bacino le cui caratteristiche areali, idrologiche e sedimentologiche
giustificano le differenze col S’Eligheddu ed autorizzano ad ammettere lo spostamento della foce verso Nord con convergenza del Riu La Castagna (ramo Sud) verso
il Riu Enas (ramo Ovest e Nord) a causa del sovralluvionamento del tronco di Olevà del Riu La Castagna, a monte della Laguna delle Tartanelle.
9
L’attuale livello marino mediterraneo, al netto di ipotesi di innalzamento medio di 1mm/anno, si considera relativamente “stazionante” da non più di 3-4 ka),.
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certamente in condizioni di clima periglaciale e sfruttando i giunti di fratturazione, altrettanto diffuse franosità da
crollo che oggi si manifestano come fenomeni per lo più relitti, naturalmente stabilizzati (Pietre Ballerine Auct.)
oppure quiescenti sui versanti più acclivi e/o elevati. I processi di denudamento di tale contesto sono, in
sostanza geologicamente assai recenti, per lo più in atto e destinati a perdurare nel lungo tempo, soprattutto se
in presenza (residuale) di coperture detritiche (detriti di versante, colluvi) e di mantelli di alterazione. Tali
processi sono accelerati con tutta evidenza in condizioni di piogge intense e sui versanti acclivi privi di
copertura a macchia, che indubbiamente costituisce il presidio naturale di questa condizione vulnerabile.
In tutte le pianure immediatamente sottendenti questo genere di versanti (che come detto comprendono anche
quelle costiere)si evidenzia dunque una certa immaturità geomorfologica anche come eredità delle dinamiche
glacio-eustatici per cui, il colmamento deve considerarsi processo in atto per progradazione ed
aggradazione dei sedimenti dell’onlap costiero solo nelle valli terminali. La sostanziale assenza o
comunque la scarsità di terrazzamenti antichi su sedimenti in quasi tutte le vallate, assieme alla negatività delle
quote dei tratti terminali di alcuni Thalweg (quest’ultimo aspetto è peraltro apparso generalizzato, al netto degli
interventi umani, all’intero territorio regionale, per il tramite delle informazioni topografiche assunte col PSFF.
RAS), potrebbero essere la conferma di un bilancio negativo a partire dallo “svuotamento” pleistocenico
glaciale e dalla connessa sovra escavazione delle terre emerse.
Fig. 2- Stima dei Livelli Relativi del mare fra Pleistocene e Olocene.
In conclusione, da tale punto di vista, si rileva quasi fino al limite costiero una pervasiva condizione erosiva dei
bacini idrografici che limita gli ambiti di trasferimento e deposizione proprio ai soli lembi di piana costiera (es.
Olbia; San Teodoro; Budoni) ed alle valli intramontane e quelle alluvionali pedemontane di origine strutturale
(Liscia, San Giovanni, Padrogiano-La Castagna-Lerno) associate alle relative piane. Tutti questi ambiti
fisiografici sono in tal modo estremamente predisposti alla pericolosità idraulica che è fortemente caratterizzata
sia da velocità elevate che da robusto trasporto solido a partire dagli eventi associati a portate pluridecennali
coincidenti quasi esclusivamente con piogge brevi ed intense.
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Non meno pericolose debbono giudicarsi le piane alluvionali autentiche ed evolute, anch’esse esplicitamente
immature in termini geomorfologici, cioè con evidenze erosive e di trasporto.
La Piana di Olbia esprime in conclusione una chiara depressione strutturale piuttosto deficitaria di riempimento
sedimentario nella sua parte emersa, associabile quindi ad un Glacis d’erosione (o Pediment).
3.4 ASPETTI RIASSUNTIVI SULLA PERICOLOSITÀ IDRAULICA DELLA GALLURA
La configurazione generale descritta, che interessa peraltro, dove più dove meno, tutta la Sardegna Orientale,
deve ritenersi di estrema rilevanza sia idrologica che geomorfologica. Essa infatti testimonia di ringiovanimento
del rilievo e, data la limitatezza dei corridoi idrografici conseguente alla strutturazione tettonica in prismi, tende
a generare fasce pedemontane brevi sottendenti bacini relativamente limitati. I tempi di corrivazione sono
conseguentemente molto bassi e di solito, nella realtà, inferiori a quelli normalmente calcolati, peraltro (sempre)
con insufficiente riferimento al contesto geomorfologico E’ di tutta evidenza, dunque, che l’assetto
geomorfologico riesce a condizionare le portate liquide, quelle solide e le velocità dei corsi d’acqua che
scorrono in questo tipo di bacini, assai più di quanto le formulazioni teoriche possano prevedere. Di questo
specifico aspetto si è avuto più volte riscontro in questi ultimi anni. I sistemi idrografici di Olbia ricadono
esattamente in molte di queste caratteristiche, sebbene morfometrie e patterns, loro e dei rispettivi sottobacini,
non siano omogenei né omogeneamente ripartiti anche all’interno di un solo bacino.
Di ciò possono portarsi ad esempio, il ramo del S’Eligheddu denominato Riu l’Ua Niedda che ha un pattern
dissimile dal ramo denominato Riu Lu Caprolu ed il ramo principale alimentante il Riu San Giovanni, ovvero il
Riu Toltu-Riu di Batiti.
3.5
INQUADRAMENTO MORFO-OROGRAFICO E GEO-IDROLOGICO DELLA GALLURA COSTIERA
La scelta di trattare a parte questo tema non attiene ad una semplice adempimento espositivo ma ne traduce
la rilevanza tematica dal punto di vista della dagnosi idrogeomorfologica. Le indagini svolte sul territorio
gallurese e su quello di Olbia, in particolare, documentano senza possibilità di smentite, la corrispondenza
biunivoca fra assetto geomorfologico, processi idrologici e, quindi, pericolosità idraulica.
Appare particolarmente evidente infatti la contiguità fra pericolo geomorfologico (frana ed erosioni) e pericolo
idraulico, laddove le condizioni geomorfologiche predisponenti il relativo pericolo sono le medesime riscontrabili
nelle aree di ricarica dei sedimenti dei sistemi idrografici. In tal senso non deve meravigliare come, ad una certa
parte dell’idrografia extraurbana di Olbia, siano potenzialmente associabili deflussi iperconcentrati né, più
ordinariaente, possono sorprendere le deposizioni di strati ghiaioso-sabbiosi di natura arcosica, al ritiro delle
correnti di piena in tutto l’agro perturbano oppure i segni di erosione e scalzamento dei manufatti. Tutto ciò
dunque evidenzia nel calcolo delle portate idrauliche e nella previsione delle relative dinamiche di piena, una
problematica di fatto irrisolta che, solitamente, incide più di quanto ritenuto, in particolare negli attraversamenti.
Ciò costituisce una complicazione non da poco nello studio dello scenario di piena ad ogni loro corrispondenza
e nelle verifiche di sicurezza.
Il territorio in studio ricade nella cosiddetta “Bassa Gallura”, termine col quale s’intende sostanzialmente quella
parte della regione, orograficamente collinare e a basse montagne, più a contatto con la fascia costiera. Come
si vedrà meglio a breve, nel territorio di Olbia convivono tuttavia sia tratti più tipici dell’ “Alta Gallura” cioè
elementi morfo-orografici tipici o, quanto meno, più diffusi nella Gallura interna che altri, del tutto singolari e
tipici dell’ambito costiero (“Bassa Gallura”). Nell’ambito del panorama geomorfologico (elementi e fattori)
compatibile con quello dell’Alta Gallura, fanno tuttavia eccezione i caratteri altimetrici (il più elevato dei rilievi è
il Monte Pino, con soli 742m), a cui sono associati cumulati di pioggia annuali via via più bassi con
l’approssimarsi della costa. L’area tuttavia non è affatto esente dalle precipitazioni brevi ed intense alle quali
vanno riferendosi gli effetti al suolo più critici tanto dal punto di vista idrologico quanto da quello
geomorfologico.
Al netto di queste distinzioni sommarie, tuttavia, in alcuni settori interni (verso Sant’Antonio di Gallura e Telti
ad Ovest e verso Arzachena a Nord) si ha la possibilità di riscontrare una vasta gamma di elementi specifici
della regione più montuosa, in particolare la rocciosità, l’allineamento delle creste, le pendenze dei versanti e i
loro gradienti, l’energia del rilievo.
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Tratti distintivi della regione gallurese comuni col territorio di Olbia sono, in ogni caso, i seguenti:
A) il ben noto sostrato geo-litologico, dove prevalgono le unità magmatiche erciniche, del cosiddetto
Complesso Magmatico Intrusivo, attraversate dai cosiddetti “cortei” filoniani, deteriorate in varie litofacies e
contrassegnate, in particolare, da diffuse, ampie e talora potenti coltri di sabbioni di alterazione (“Graniti
Arenizzati”), associate con più frequenza ai litotipi monzonitici e granodioritici. Subordinate e assai più
localizzate, risultano le migmatiti di età incerta (pre-paleozoiche?);
B) l’estrema rarità di coperture sedimentarie antiche. Quelle del Mesozoico (conglomerati, calcari e dolomie
del Giurassico) sono localizzate a Capo Figari e Tavolara. Quelle terziarie sono assenti a Olbia.
C) relativa abbondanza e diffusione di coperture sedimentarie quaternarie, sebbene in genere poco potenti
(ad Olbia, fanno eccezione le aree vallive e deltaiche del Padrogiano e del San Giovanni in quanto ben
esposte in ambito emerso). Si tratta di corpi continentali in prevalenza detritici che per la gran parte si
riscontrano nelle rare e limitate aree alluvionali, in particolare costiere, dei corsi d’acqua principali dove
possono dare luogo a terrazzamenti. Di norma sono presenti ai margini o in aree tettonicamente
vincolate (ad Olbia Riu San Giovanni; Riu Padrogiano). Si rinvengono in forma residuale, infine, le eolianiti
fossili, ingenere conservate residualmente sulle falesie costiere attuali (ad Olbia si rinvengono nella
parete Nord di Molara e in modo del tutto relitto non cartografabile anche in qualche parete protetta di
Tavolara);
D) la strutturazione a pilastri e altopiani (Plateaux Auct.). La Piana di Olbia strutturata a bacino ne
costituisce la prosecuzione e l’espressione morfologica verso Est e Sud Est. Essa suggerisce di un
controllo dell’evoluzione geomorfologica a partire dalle direttrici tettoniche erciniche riattivate nelle ere
successive (Cenozoico, in particolare nel Miocene e forse nel Pliocene) e attualmente evidenziate da valli
o da spezzoni di valli ad assetto rettilineo (ad Olbia, il Riu Toltu, il Riu San Giovanni; il Riu Saraghinu; La
Ena di Jacumoni; il Riu di Montilongu10; sul Padrogiano, nei sub bacini relativi ai torrenti che lo alimentano
verso l’interno), versanti e incisioni ripide nelle aste torrentizie che spesso si presentano con dislivelli e
quote ricorrenti fino ai limiti delle piane (cfr. [40], [61], [62], [106]). Tali strutture si presentano con fratture e
corridoi di fratture circa NordEst-SudOvest (N60°; N30°), circa Nord-Sud (N05°-10°) e circa Est-Ovest
(N280°-300°) e coniugate NordNordOvest-SudSudEst. Ad Olbia, ungo la cosiddetta faglia di San Pantaleo
(Nord Nord Est-SudSud Ovest) si evidenziano anche fasce cataclastico-milonitiche;
E) l’assetto a gradinata consente che nei bacini idrografici più importanti si stabiliscano ripetutamente
sequenze di assetti montani e pedemontani, questi ultimi associati a mantelli alluvionali che, anche a voler
ignorare i restanti corpi detritici dei versanti, alimentano la possibilità di un costante recapito solido a valle,
stante il regime erosivo della regione e la reiterazione degli eventi brevi ed intensi di pioggia;
F) i gradienti geomorfologici molto pronunciati anche in prossimità dell’area costiera che conferiscono una
particolare valenza paesistica ed un potenziale valore aggiunto turistico-insediativo, soprattutto a
determinati contesti rocciosi e che rendono questi luoghi particolarmente appetibili e “vulnerabili” sul
medio-lungo periodo alle esigenze degli insediamenti (ad Olbia, il. settore di Cugnana e San Pantaleo);
G) i reticoli di fratturazioni e fessurazioni che, come eredità dell’impostazione ercinica, comprendente la
strutturazione interna dei corpi plutonici, hanno interessato il sostrato cristallino, riattivandosi in più tappe
(almeno secondo le tesi accademiche più accreditate) secondo i lineamenti tettonici principali e hanno
(morfologicamente) guidato le dinamiche geomorfologiche (erosioni, idrografie, aggetti costieri), sino
all’Olocene, fra cui la risalita eustatica lungo la rete idrografica sovra incisa nel Pleistocene superiore;
H) i reticoli idrografici, con pattern da dendritici-subdentritici ad angolari impostatisi per buona parte sul
suddetto reticolo di fratturazione dando vita, in un regime idrologico strutturalmente torrentizio, ad aste da
monocursali per lo più confinate, a tratti pluricursali (San Giovanni; San Simone; Piricone; Nannuri;
Padrogiano) e molto segmentate che non dispongono di aree schiettamente alluvionali costiere (fa
eccezione nel territorio di Olbia il solo Padrogiano);
I) la presenza di forme del rilievo residuali (Tor, Inselberg), associate a vaste e diffuse plaghe di blanda
franosità di crollo relitta (derivante dalla sequenza Corestones, Boulders, Tor, della letteratura tematica
10
Alcuni di queste denominazioni non si ritrovano più nella nuova cartografia, compresa quella IGMI. Esse compaiono tuttavia nelle cartografie IGMI di fine XIX
secolo. Si propone in questa sede di ripristinarla come primo passo per restituire dignità geografica alle aste torrentizie e al fine di alla ripristinarne la coscienza e la
consapevolezza fra la popolazione nell’ambito del più vasto piano di protezione civile
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K)
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anglosassone), particolarmente evidenti nelle aree cacuminali di cresta (a prescindere dall’altitudine) e
sugli altopiani collinari interni del territorio (ad Olbia ne è l’esempio massimo la Serra di Cugnana-San
Pantaleo; ma sono piuttosto rappresentativi anche i rilievi presenti all’estremità Nord-Ovest del territorio di
Olbia, incuneata fra Arzachena e Sant’Antonio di Gallura);
ulteriori colline orientate contrassegnate da tipologie di rilievi residuali denominate Serre o Sarre, di solito
posizionate sui bordi delle superfici di cui al punto D);
la estrema diffusione, in quanto associata alla fratturazione, di rocce granitoidi variamente soggette a
stati di alterazione, discontinua per potenza, soprattutto entro i volumi di Monzograniti e di Granodioriti
(arenizzazione S.S.);
il recapito solido verso valle ed alle foci che, contrariamente a quanto in passato ritenuto dal mondo
tecnico, essendo assoggettato ai particolari fattori idrologici, clivometrici e geolitologici e alla stessa
evoluzione geomorfologica della regione, può avere carattere parossistico. Esso certamente costituisce
uno degli elementi di maggiore specificità dell’assetto delle aste fluviali, principali e non, ricadenti nel
territorio del comune di Olbia ed in particolare nell’area extraurbana (cfr. Sos Campittos-Palasasole-San
Simone-Enas-La Castanza-Padrogiano; San Giovanni-Toltu-Paulu Azzinu-La Ena de Li contraltiMasciumarega-; Maronzu; Casagliana-La Conciaredda) e delle relative foci. Tale caratteristica che
come detto trova più di una spiegazione nell’assetto geologico è altresì legata alla dinamica dei versanti e
alla loro relativa instabilità in ragione della presenza di coperture regolitiche, detritiche, colluviali e di coltri
di alterazione del granito a dir poco pervasive su vaste porzioni, a prescindere dalle quote;
il profilo costiero originato dalla sommersione post glaciale (risalita Versiliana o Flandriana Auct. di
testate montane di valli idrografiche di origine strutturale, approfonditesi durante il ritiro eustatico nel
Pleistocene superiore, vale a dire la costa Costa a Rias, di cui le Rade di Cugnana, il Golfo di Marinella,
la Rada di Olbia, fino a Porto Spurlatta costituiscono esempi piuttosto rilevanti nell’intero panorama
sardo. Tale profilo produce a sua volta celle sedimentarie che sottendono una gamma di bacini variabile
da VII a I o al più II ordine gerarchico. In quest’ultimo caso essi così limitati da non consentire, il più delle
volte, la formazione dei tipici aggetti deltaici delle foci (fanno eccezione, pur con assetti atipici, Il Riu
Maronzu, Il Riu La Conciaredda il Riu Padrogiano e lo stesso San Giovanni a Cannigione). In ogni caso si
tratta di sistemi che garantiscono il recapito di sedimenti necessario alla conservazione delle spiagge (la
cui presenza è tuttavia legata anche agli effetti morfo-sedimentologici sui corpi sedimentari olocenici e
pleistocenico superiori, cioè all’erosione degli apparati dunali antichi e delle Beach rocks).
Quest’ultimo aspetto segna un legame evidente fra le problematiche idrogeologiche e geomorfologiche e
quelle dei litorali e del loro utilizzo. E’ inoltre evidente come esso costituisca una criticità di fatto della
pianificazione territoriale, in quanto contempla interessi interferenti e, allo stato, talora conflittuali fra numerosi
campi dell’attività umana (attività rurali, mitigazione dei pericoli e dei rischi, valorizzazione e gestione del
Demanio fluviale e di quello marittimo, conservazione delle spiagge e dei compendi costieri).
3.6
GENERALITÀ, EQUIVOCI COGNITIVI E CRITICITÀ IN SINTESI
A. Se si esclude il convenzionale quanto incompleto quadro geologico fornito sul territorio di Olbia dalla
Cartografia geologica ufficiale in scala 1:100.000 (F°182 Olbia; F° 169 Isola La Maddalena; SGI) ed in
scala 1:50.000 (F° Arzachena) e qualche contributo della letteratura minero-petrografica, più sulle migmatiti
che sui graniti (almeno in rapporto alla rilevanza spaziale di questi ultimi), poco o nulla di
scientificamente rilevante è dato riscontrare nella pubblicistica scientifica sotto il profilo geologico e, tanto
meno, sotto quello geomorfologico e idrogeologico11. Saranno tuttavia citati nel seguito n.3 lavori stranieri
peraltro oramai piuttosto datati (cfr. Bibliografia [41], [62] e [63]) che hanno avuto modo di trattare del
territorio di Olbia nell’ambito di più ampie analisi geomorfologiche dell’Isola.
B. In letteratura scientifica non sono mai stati né illustrati né studiati analiticamente specifici casi di processi
gravitativi sui versanti del suo intorno abitato, dell’isola amministrativa e neppure sul dominio insulare di
11
Del sostanziale disinteresse geomorfologico per la regione, a fronte della sua ben nota celebrazione paesaggistica, è eloquente il contenuto delle Note Illustrative
dello stesso F° Arzachena in scala 1:50.000.
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C.
D.
E.
F.
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Tavolara che pure ospita, sotto questo aspetto diverse singolarità. Né risulta oggetto di analisi scientifiche
l’accattivante quadro idrogeomorfologico del territorio, con un’idrografia complessa nelle sue variabili
geomorfologiche ed idrauliche e come sappiamo, particolarmente pericolosa, in quanto incline a deflussi
torrentizi non di rado soggetti a piogge convettive. La condizione di carenza è tale che, sul piano geologico,
a fronte della modesta articolazione litostratigrafica del contesto, si scontano soverchie difficoltà nel fornire
una caratterizzazione univocamente attendibile, quindi suffragata dai riscontri di terreno. Ciò, si è potuto
constatare in modo inequivocabile dalla stessa disamina delle descrizioni dei sondaggi geognostici
collezionati. Tuttavia si evidenzia soprattutto nella definizione assai approssimata dei termini litologici
riferibili alle “coperture” (alluvioni, colluvi, detriti di versante) sulle aree urbane e periurbane12, nella
distinzione di queste dalle coltri arenizzate del sostrato (coltri eluviali) e nella loro effettiva localizzazione13.
Il risultato finale è che si è accumulata sin qui una sostanziosa carenza informativa che avvantaggia
disinformazione ed equivoci concettuali e tecnici. Sul piano geomorfologico, sussiste l’esempio del
concetto di Piana alluvionale di Olbia. Questa espressione è infatti correntemente in uso ma non è stata
e non è suffragato sul terreno (cioè in affioramento) dai necessari riscontri geologici. Per cui essa è di
dubbia se non addirittura ambigua utilità in ambio pianificatorio e progettuale se non se chiariscono i limiti e
se non se ne precisano gli elementi morfoevolutivi di carattere geomorfologico.
Dall’excursus fatto su studi precedenti e sulle relazioni di accompagnamento ai progetti (di opere
prevalentemente urbane) consultati, si ravvisa spesso il frettoloso quanto erroneo accostamento a voci
descrittive delle coperture reperibili, tanto in superficie quanto nelle indagini geognostiche, quali “sedimenti
alluvionali”, “depositi fluviali”, “depositi alluvionali” di cui non v’è riscontro quanto meno nell’Unità
fisiografica della Piana di Olbia (al contrario, di quanto si osserva invece, ad esempio, nella piana del
Padrogiano o nella media e bassa valle del Riu San Giovanni). Altri concetti ancora, quali Pediment
(Glacis di erosione), di Olbia, Laguna di Olbia, Delta del Padrogiano, Laguna delle Saline,
quantunque corretti e documentabili sul piano tecnico-scientifico, non si utilizzano neppure e quindi non
hanno mai goduto né di giusta valenza né di collocazione e considerazione in campo tecnico ed
amministrativo. Il loro impiego dovrebbe essere introdotto anche nel linguaggio della divulgazione ai fini
della Protezione civile, in termini di intervento non strutturale di informazione.
Non è mai stata riposta la necessaria attenzione al fatto che gran parte dei tratti terminali della rete
idrografica cittadina, costituiscono aree di regimazione idraulica e di bonifica igienico-sanitaria dei terreni,
sia per colmamento che per escavo. Quindi si è ignorato fino ad oggi che le geometrie assegnate sono
posticce e totalmente fuorvianti in termini geomorfologico-sedimentologici (rettificazioni degli alvei e assetti
forzati ad estuario di originari delta di fondo baia; il S’Eligheddu o Rivo Gallurese su tutti; ma anche il San
Nicola), così come diversi spazi al contorno sono costituiti da riempimenti sciolti di natura artificiale e per
ciò stesso, facilmente erodibili, soprattutto perché rimaneggiati. Parimenti si tende a dimenticare che non
solo nel Porto di Olbia ma anche in alcune aree attrezzate a porto turistico si riversano le portate liquide e
solide di idrografie torrentizie (Porto Rotondo; Porto Spurlatta; Porto Palumbalza);
Confronti cartografici ed ortofotografici su basi storiche mettono in evidenza rettificazioni artificiali anche sul
Padrogiano e serie modificazioni geometriche e sedimentologiche sia sul Padrogiano che, soprattutto, sul
San Giovanni per attività di prelievo d’inerti protrattesi fino a tempi recenti;
Dal punto di vista geo-idrologico, in particolare le conoscenze sulla permeabilità dei suoli e sui circuiti idrici
sotterranei appaiono alquanto insufficienti, per quanto attiene sia al cosiddetto “acquifero del complesso
intrusivo” che a quello delle cosiddette alluvioni plio-pleistoceniche (secondo la non condivisibile definizione
adottata nel Piano di Gestione del Distretto Idrografico della Sardegna). Nel contesto urbano l’acquifero del
complesso intrusivo è quello ospitato dalla coltre arenizzata, a scarsissima soggiacenza in quanto potente
mediamente qualche metro (2-4m) e facilmente saturabile in talune stagioni piovose (nel contesto urbano
di Olbia dunque non sussiste un acquifero alluvionale). Al contrario, le innumerevoli esumazioni ed
esposizioni artificiali della falda (cfr. PRAE- Gallura Est) del contesto della Piana Alluvionale (in senso
12
Ciò, in sede di allestimento della cartografia geologica, ha fatto optare per la conservazione delle definizioni ufficiali di cui alla Carta Geologica del PUC , lasciando
il riconoscimento e le interpretazioni ex novo alla trattazione della presente Relazione tecnica e degli ulteriori elaborati analitici.
13
Proprio questa preliminare attività dovrebbe andare a costituire la base di riferimento per poter aspirare ad una realistica conoscenza dell’alimentazione del
trasporto solido della rete idrografica come viatico per la conoscenza di questa stessa problematica.
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stretto) del Riu Padrogiano, lì testimoniano la presenza di un importante acquifero alluvionale in senso
stretto.
G. I torrenti principali (Palasole, Padrogiano; San Giovanni;) rivelano interessi estrattivi di un recentissimo
passato che non possono affatto dirsi ininfluenti ai fini dell’inquadramento del dissesto delle aste torrentizie
(cfr. punto E)..
H. Non di meno, sempre correlandoci alle rare e talora contraddittorie conoscenze scientifiche di base, si
possono reperire documenti tecnici che fanno riferimento a rinvenimenti di non meglio conosciute “falde
semiartesiane” o “leggermente in pressione” o “sospese” in quanto “confinate a tetto da uno strato
semipermeabile”. Ciò in conseguenza del riscontro di lenti argillose nei sondaggi dai cui report, considerato
lo specifico contesto geomorfologico della loro localizzazione14 si deve trarre che si tratti di condizioni
episodiche e locali che, tuttavia, non possono in alcun modo contraddire il modello più generale.
I. Le trasformazioni subite dal territorio urbano e perturbano (Colcò) fin dai primi del ‘900 a seguito delle
bonifiche antimalariche non sono state adeguatamente prese in considerazione nel corso della disordinata
espansione urbanistica dagli anni ’60 fino ai tempi più recenti, per cui l’urbanizzazione e
l’infrastrutturazione sviluppatasi all’interno delle colmate e lungo i canali, realizzati con scopi di regimazione
e di bonifica igienico-sanitaria, con assetto rettilineo e abbattimento delle scabrezze, si è rivelata via via
sempre più conflittuale con l’assetto idrografico ed idrogeologico artificiale. Non mancano i tombamenti
anche fuori dal contesto urbano propriamente detto (ad es. nell’area dell’Aeroporto).
J. La scarsa conoscenza sugli elementi della trasformazione idrografica e geomorfologica del territorio, attuati
in circa due decenni a seguito della realizzazione delle misure di profilassi anti malarica degli inizi del XX
secolo, ha di fatto spianato la strada ad ulteriori reiterate sottovalutazioni attuatesi nei decenni successivi
nel corso delle dinamiche insediative e di sviluppo della città. Di ciò fanno fede15 in ambito urbano:
1. la cancellazione o la riduzione spaziale di gran parte delle aree di espansione e laminazione naturale,
presenti a monte della città storica come un naturale presidio alla genesi di alluvioni, attraverso la forzata
canalizzazione recente (il caso più “miope” in tal senso è quello del Canale Gadduresu realizzato negli
anni ’80, anch’esso in base a principi improntati a minimizzare la scabrezza e a massimizzare la velocità);
2. la pretesa di far descrivere ai canali di recente realizzazione traiettorie incompatibili con la dinamica di
piena (Canale Gadduresu e Diversivo San Nicola);
3. il tombamento di canali in assenza o carenza di adeguata mantutenzione nel tempo e al di sotto delle
abitazioni (Santa Cecilia, fra via Fontanesi e via Pinturicchio);
4. la sistematica variazione dell’assetto plano-altimetrico con le lottizzazioni che, in diversi casi, affranca dal
pericolo diretto di allagamento chi si insedia colmando ed elevandosi a quote maggiori rispetto
all’originario piano di campagna ma che, di converso, espone a maggiore pericolosità, per incremento
locale dei tiranti idraulici, chi non adotta tali accorgimenti (a riprova dunque dell’insufficienza di disciplina
idrogeologica nei regolamenti edilizi in tale ottica di salvaguardia idraulica);
5. l’insediamento edilizio a distanze dai canali incompatibili con la sicurezza;
6. la realizzazioni di ponti e di attraversamenti in genere privi di congruenza sistemica oltre che insufficienti
rispetto alle attuali verifiche (cfr.la sovrapposizione di ponti tubo ostruenti su sezioni trapezie);
7. la collocazione di condotte di sottoservizi in posizioni interferenti e tali da abbattere i franchi e ridurre le
luci di progetto delle opere;
8. la drastica riduzione della scabrezza mediante la protezione in cemento delle sponde e del fondo,
operata negli ultimi decenni;
9. la sovrapposizione delle protezioni in cemento su quelle in conci e malta;
10. il taglio della vegetazione arborea avente la funzione di presidiare la stabilità dei canali e di garantire
condizioni di ombra in funzione della riduzione vegetativa di Arundo donax;
11. le non ottimali risoluzioni delle interferenze idrauliche adottate con la realizzazione dei tratti in rilevato
della tangenziale che circonda l’abitato [ad esempio in località Ludos nel bacino del Gadduresu)].
14
Ciò si evidenzia, in poche parole, da resoconti tecnici su progetti immobiliari localizzati in aree corrispondenti a zone un tempo sede di palude.
L’elenco palesa anche quanto il disordine urbanistico di Olbia sia associabile all’assenza strutturale di qualunque apporto della scienza idrologica e
geomorfologica nella progettazione.
15
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K. L’espansione e la trasformazione urbanistica sia dell’abitato in senso stretto che della proporzionalmente
enorme area industriale, peraltro giustapposti senza una vera e propria soluzione di continuità naturale
(vedasi a tale riguardo il controverso settore di Tilibas), sono avvenute pressoché “in orizzontale” in un
contesto di bassopiano sovraeroso, morfologicamente depresso (Pediment) e con ricorrenti ulteriori
sovradepressioni paludose sfuggite alle bonifiche di inizio XX secolo o non considerate in quanto di
modesta ampiezza o più distanti dall’abitato. Ciò ha reso necessari in vari casi, soprattutto a seguito dei
PRU, interventi locali di riassetto del territorio (talora comportanti modifiche e vere e proprie dislocazioni
degli alvei), in gran parte disgiunti gli uni dagli altri e privi di una qualche organicità e, soprattutto, in
assenza, come detto, di una qualsivoglia visione sistemica dell’assetto, al contrario di quanto si evidenzia
nelle stesse progettazioni di inizio secolo XX. L’insieme di tali trasformazioni, ha nei fatti stravolto oltre
quello idrografico, tanto l’assetto morfologico quanto una parte di quello litologico originale, essendosi
resi necessari ora interventi di riempimento-colmamento, ora di escavazione e rimaneggiamento, con una
ricollocazione spesso disordinata, per non dire del tutto fuori controllo, dei materiali di risulta sempre
facilmente erodibili.
L. Molte delle criticità che si osservano nell’ambito urbano, sono state ampiamente sviluppate negli studi
precedenti mentre quelle osservabili nella zona industriale (Tilibas-Cabu Abbas; PadredduriCocciani/Balidone etc.) sono state marginalmente documentate per ragioni attinenti alle competenze
amministrative. In ogni caso negli elaborati di cui allo Studio di Variante nell’ambito urbano, è emerso
che esse hanno pesato in modo rilevante nel condizionare i tiranti dell’esondazione del 18/11/2013 anche
nelle zone più colpite.
M. La più o meno rapida trasformazione di talune aree costiere in altrettante aree residenziali turistiche, nel
passato, ha presso che ignorato gli assetti idrogeologici locali (l’esempio più noto all’Amministrazione in
tal senso è quello di Pittulongu ma andrebbe considerato con massima attenzione ed altrettanta
preoccupazione anche lo sviluppo verso l’area lagunare di Murta Maria, quello di Porto Rotondo, di
Palumbalza e di Marinella) mentre le trasformazioni recenti che hanno certamente sottovalutato gli
elementi idrogeologici, hanno reso progressivamente più pericolose tali aree anche in presenza di opere
idrauliche, di mitigazione e/o di salvaguardia, peraltro tardive e non sempre adeguate.
N. Gli interventi di mitigazione attuati fin qui hanno assecondato una logica presso che puntuale o locale, per
cui, come mostra chiaramente il caso del Gadduresu 16, si sono attuati a monte senza risolvere le
condizioni più critiche di valle o di foce, semmai ignorando dei vincoli specifici e delle condizioni al
contorno che di fatto vanificavano tutte le mitigazioni a monte (la condizione dell’attuale confluenza del
Gadduresu nel S’Eligheddu, come la sussistenza del Sottopasso ferroviario di via Amba Alagi, sono
piuttosto eloquenti in tal senso).
O. La scarsa considerazione dell’assetto idrogeologico complessivo, è palese anche nel divario esistente fra
stato di fatto e repertorio ufficiale degli invasi di competenza regionale, cioè fra i bacini artificiali presenti
nel territorio di Olbia e quelli ufficialmente censiti dal sistema in capo all’Assessorato dei LL. PP. della
RAS17.
P. L’ambito extraurbano di Olbia non solo è eccezionalmente vasto ma appare senza dubbio anche
eccezionalmente appetibile sotto il profilo dell’insediamento. In questo senso è evidente che
l’insediamento più o meno sparso con qualche concentrazione al di fuori del tessuto urbano (più o meno
all’esterno della Tangenziale) può avere ed ha nei fatti obiettive implicazioni idrogeologiche, in virtù del
consumo di spazio de-naturalizzato. Ciò è ancor più valido nelle aree più interne, soprattutto del vasto
settore collinare ad Ovest della valle del San Giovanni.
Q. Similmente l’edificazione di spazi rurali in ambiti accidentati e a relativamente alta energia di rilievo,
quantunque non necessariamente pericolosi al momento, sul piano geomorfologico, ha come effetto
collaterale l’apertura di una viabilità grossolana, su pendenze elevate e su di una litologia, quella
arenizzata, che è fortemente aggredibile col tempo dai fenomeni erosivi, che nella fattispecie si
16
L’irrisolta questione del sottopasso è esemplificativa ma lo è di più quella assai meno nota della trave che riduce di circa il 50% la luce della già insufficiente
sezione alla confluenza del Santa Cecilia/Gadduresu sul S’Eligheddu.
17
Gli sbarramenti ufficialmente riscontrabili nel documento denominato “Elenco completo degli sbarramenti di competenza regionale” sono 6. Tale
evidente deficit suggerisce dell’insufficiente controllo della RAS sulla fattispecie.
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incanalano, contribuendo ai già citati surplus di recapito solido. La viabilità peraltro poiché incanala i flussi
idrici di dilavamento in flussi di ruscellamento, ha la possibilità di modificare l’assetto del deflusso
allontanandolo da una parte e concentrandolo in forma anomala dall’altra. In sostanza anche in queste
aree, se non perfino in forme più esasperate, si può determinare ciò che si era osservato fin dal 2006 a
Pittulongu18. Una evidente suscettività in tal senso si riscontra:
 in tutte le aree con pendenze superiori al 20% ricadenti nelle varie Sarre nel bacino del San Giovanni e,
in modo particolare, allo stato attuale, ad Est di San Pantaleo (Muru Alvata e Lu Spronu) e a Sud di
Cugnana (Punta Lisandru e La Concaccia)
 nella Sarra di Cabu Abbas-Monte Zapparottu.
R. Per le stesse ragioni di cui sopra, anche la viabilità di servizio dei cantieri forestali può costituire un
particolare vettore erosivo, capace di determinare incremento di materiale solido nell’idrografia montana e
di alterare localmente la geometria dei deflussi e di modificare gli spartiacque minori.
Fig.3 - Recenti insediamenti fra Punta Lisandru e La Concaccia. Sono destinati nel tempo a recare ed
incrementare il disordine idrogeologico sul versante.
S. Se fino ad oggi non vi è stata soverchia lungimiranza nei confronti del drenaggio idrico, ancor meno
interesse hanno suscitato i fenomeni di erosione dei versanti e dei ripiani inclinati e di trasporto dei
sedimenti. Tuttavia l’evento del 18/11/2013 dimostra che:
 oltre a talune porzioni montane diboscate, numerose aree pianeggianti più o meno oggetto di
attenzioni agronomiche produttive, sono state bersaglio preferenziale dei fenomeni di dilavamento e
di ruscellamento,
 tutte le conduzioni a vigneto, a prescindere dalla loro collocazione rispetto ai picchi pluviometrici,
hanno mostrato, ove più ove meno, la loro vulnerabilità nei confronti di fenomeni di sheet flood,
dilavamento e ruscellamento,
 le aree a seminativo si dimostrano assai suscettibili con le piogge più intense,
 tali vulnerabilità sono massime soprattutto se le lavorazioni sono eseguite meccanicamente (ciò è la
norma) a Rittochino e a Cavalcapoggio,
 i fenomeni di dissesto sono possibili anche con angoli < 10°,
 tutte le aree danneggiate su basse pendenze, sono localizzate su sostrati arenizzati del basamento
granitoide, talora anche piuttosto potenti (>>2m) e non necessariamente in ambito collinare o
18
Tutto ciò era stato declinato come Disordine idrogeologico in termini di pericolo geomorfologico Hg2. Si rammenta che questa valutazione conservativa, tuttavia,
fu inopinatamente rigettata all’epoca dal Genio Civile di Sassari che bollò come “priva di presupposti tecnici”questa assai scelta che era stata motivata dal fatto che
all’epoca la questione pur in atto sfuggiva alla specifica attenzione dello studio idraulico.
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montano. Semmai in ambito montano si può evidenziare la sussistenza della funzione protettiva del
bosco su questo stesso sostrato ed a maggior ragione quindi, sussistendo nessi evidenti col dissesto
idrogeologico dello specifico contesto, va posta molta attenzione nella prevenzione degli incendi e
molta circospezione nell’apertura di nuove viabilità in tali contesti.
Fig. 4 - Fosso Casagliana- Ponte su strada per Sant’Antonio. Un tratto di 200m a monte del ponte (cerchio rosso) è interessato da colata di detrito
e blocchi con accumulo soprattutto a ridosso del ponte.. Dal versante giungono detriti per erosione concentrata lungo lo stradino segnato in
tratteggio blu che peraltro intercetta un ulteriore fenomeno gravitativo naturale sul versante
E’ necessario dunque e per concludere, soffermarsi sul tema del Trasporto solido e dell’erosione, che
senza dubbio, nel campo del dissesto idrogeologico, fungono da elementi di interconnessione oggettivi fra
assetto geomorfologico ed assetto idrologico e idraulico. Alcuni torrenti del territorio di Olbia, sotto questo
aspetto, hanno, infatti, caratteri comuni ai ben noti e più temuti torrenti della Sardegna orientale (Baronia,
Ogliastra, Salto di Quirra e Sarrabus, nello specifico).
Si pensi agli effetti al suolo che negli ultimi anni (ma in realtà anche negli anni ’70) hanno messo in evidenza
corsi d’acqua come il Riu La Castagna, il Riu Palasole, il Riu Enas e il Riu San Giovanni (per limitarci ai più
noti), con clamorose erosioni spondali, mobilizzazioni del fondo e persino abbattimenti o collassi strutturali
delle fondazioni dei ponti. Orbene, posto che questo tema costituisce un’oggettiva difficoltà in termini di
misurazione e di quantificazione complessiva, si sottolinea come sia chiara l’oggettiva sussistenza di un
rapporto di causa-effetto fra recapito solido dei torrenti e recapito solido nei torrenti da parte dei versanti,
ovvero tra il trasporto solido torrentizio e i processi gravitativi sulle coperture e sugli ammassi che
costituiscono le superfici sottese. Ciò al momento esprime la chiara sottovalutazione di una problematica,
soprattutto se si considera che tutt’oggi la presenza del sostrato granitoide nel territorio gallurese autorizza
diversi soggetti a considerarlo privo di processi gravitativi, inerodibile e poco suscettibile al dissesto
geomorfologico. Al contrario, proprio quel che si è sommariamente detto dovrebbe determinare un’attenzione
assai diversa negli apparati tecnici poiché è di tutta evidenza che è proprio in assenza di un coerente quadro
cognitivo, su di un fenomeno, peraltro sempre più sollecitato con gli eventi intensi, che si rendono necessari
approcci più conservativi e contestualizzati, tanto nella pianificazione quanto nella progettazione
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Fig. 5 - Fosso Casagliana- Dettaglio. Sul ponte si riversano flussi in aggiunta destinati altrove
Fig. 6 - Scalzamento del solido stradale nella cunetta (Lato Ovest) dello sterrato di via Lu Spronu
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Fig. 7 - Cunetta (lato Ovest) sovraescavata lungo lo sterrato di Lu Spronu presso Sna
Pantaleo. Gli effetti sono esasperati dall’assetto rettilineo sul rilevato battuto poggiante
su sostrati rmaneggiati più volte di Granito arenizzato
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Fig. 8 -Cunetta (Lato Est) sovraescavata lungo lo sterrato di Lu Spronu presso San Pantaleo
Fig. 9 - Recenti insediamenti sparsi sul versante Sud di Sa Bandela (più in basso, la cosiddetta Olbia 2). Il
cerchio rosso localizza l’attraversamento distrutto di Fig. 11. La viabilità è soggetta a ripetuta manutenzione,
dato il contesto litologico e clivometrico
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Fig. 10 - Sa Bandela (Monte Zapparottu)
Fig. 11 - Attraversamento distrutto su tratto montano Riu Padredduri, presso Olbia 2
3.7
QUADRO GEOLOGICO DEL TERRITORIO DI OLBIA
3.7.1
Geolitologia del basamento cristallino
L’area circostante la città di Olbia e buona parte del suo territorio, compresa l’isola amministrativa, sono
caratterizzati da un sostrato geolitologico in rocce granitoidi più o meno fratturate, alterate in superficie in
funzione dei differenziali di chimismo, delle tessiture e dell’assetto tettonico e geomeccanico. Nel settore di
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monte a Ovest e Nord-Ovest (Campo di Pino), prevalgono i corpi litoidi delle masse granitoidi, più o meno
dissestate per crolli per lo più antichi, più o meno stabilizzati o con alterazioni più o meno profonde, con
spessori variabili da 1-2 m nell’area pedemontana fino anche a 6-8 m lungo i versanti a quote intermedie (200400m). Solo a N (allineamento M.Te Plebi-M.te Su Aspro-Cugnana-Portisco) e al margine esterno NE
(allineamento Sa Testa-Pittulongu-Suiles-Marinella), stratigraficamente sottostanti le masse granitiche, ma da
queste attraversate, si rilevano caratteristici corpi migmatitici, in prevalenza Diatessiti, Gneiss e Paragneiss o
prodotti di contatto lungo costa (Cala Saccaia-Isola della Bocca-Caprile-Bados-Sos Aranzos).
A seguito di tale sostrato, lungo i versanti rocciosi a granitoidi a forte pendenza (> 100%) delimitanti gli
spartiacque dei corsi d’acqua che la interessano e quindi periferici anche per l’area extraurbana di Olbia
(Monte Pino) si possono rilevare aree con coperture detritiche a caratteristici blocchi sparsi, il cui stato di
stabilità è sollecitato soprattutto in caso di piogge intense e il cui assetto lungo i compluvi e i canaloni più
scoscesi, particolarmente in caso di presenza a monte di (relativamente) antiche Colate di Blocchi (Block
Streams), può essere favorevole a fenomeni afferenti alla casistica delle Colate Detritiche (Debris Flow).
Su di un piano generale dunque, le condizioni geolitologiche in affioramento dell’area del tessuto urbano e di
quello extraurbano della Piana Costiera sono contrassegnate soprattutto dalla presenza di un sostrato a rocce
migmatitiche ed intrusive granitoidi. Parte di tale sostrato funge da anfiteatro orografico che circoscrive la
Piana di Olbia separandola da altri domini geomorfologici di cui si dirà più avanti.
3.7.1.1
Le Migmatiti
Si tratta di un complesso di rocce variabili fra le Metatessiti, le Diatessiti, Gneiss e Paragneiss che affiorano
in continuità solo in settori ben localizzati, di solito abbastanza estesi ed anche morfologicamente ben
individuabili, nell’intorno del centro urbano, in ragione dei differenziali morfologici con le aree intrusive
circostanti. Il più vasto fra di essi è collocato al limite Nord-Est del territorio comunale, al confine con Golfo
Aranci e contraddistingue una parte della Zona Industriale a Nord del Porto, Cala Saccaia e soprattutto le
colline di M.te Sa Serra (89m), M.te Padronu (122m), M.te Alvo (245m), M.te Nieddu (296m) e tutto il
compendi di Pittulongu dalla costa sino all’interno (Muriscinu, Muriscu, Suiles), spingendosi fino al cosiddetto
Golfo di Marinella ed alla parte strettamente costiera di Porto Rotondo (Punta Nuraghe; Punta della Volpe;
Punta Lada; Punta del Trappolino). Un secondo settore piuttosto significativo è dato dall’apparato collinare di
Monte Plebi (o Punta de Su Aspro), collocato a Nord della città, rispetto alla quale costituisce uno dei
segmenti più evidenti dell’anfiteatro orografico che la circonda.
Fig. 12 -Profilo versante Sud Monte Alvu (245m). Sulla Dx collina e viadotto di Moriscu in
migmatiti
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Tale settore geologicamente parlando si sospinge in continuità sino al golfo di Cugnana, andando ad
interessare Portisco ed i versanti sottesi al Golfo di Cugnana, sino a Cala di Petra Ruja.
Fig.13 - Profilo NordEst di Monte Plebi, P.ta de Su Aspro (473m). Migmatiti. Ripreso da
Sant’Antonio
Curiosamente, queste litofacies appaiono suscitare particolari interessi negli ambienti scientifici per quanto
riguarda i soli aspetti strettamente petrologici ai quali poter riferire una genesi, la cui definizione rappresenta
ancora oggi un ambito controverso. Ad ogni modo sono rocce resistenti che danno luogo a dissesti per crollo o
scivolamento planare di prismi o cunei su tagli (Fig. 14)
Fig. 14 - Litofacies degli ammassi migmatitici di M.te Plebi, lungo i tornanti che guardano a Sud
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Fig. 15 - Panoramica sulle morfologie da versante Sud di Monte Plebi; sullo sfondo la Zona
industriale sul mare e M.te Zapparottu (420m) al confine con Golfo Aranci.
3.7.1.2
Il Complesso intrusivo
Nel secondo caso, il complesso intrusivo, sul piano strettamente litologico, può articolarsi in 4 litofacies, non
sempre presenti in forma contigua ed organica come sintetizzato in Fig. 25. Di seguito se ne fornisce uno
schema in sintesi, secondo un’ideale sequenzialità a partire dalla condizione originaria sino a quella più
alterata. Da notare che tale articolazione non è stata riversata sulla carta Geolitologica della Pericolosità 19, in
quanto tale approfondimento attiene in realtà ad obiettivi scientifici che esulano dall’incarico:
1. Ammasso Roccioso in senso stretto, di solito in corrispondenza di rialzi morfologici, ovvero piccole
alture isolate (relitti di Tor), contrassegnate da più sistemi di discontinuità persistenti e a spaziatura da
larga a molto larga , talora diaclasate ma con manifesta condizione di solidità e competenza;
2. Ammasso roccioso con numerose famiglie di discontinuità e pervasive alterazioni delle superfici
che ne indeboliscono le caratteristiche litotecniche fino al punto da generare stagionali scivolamenti di
cunei che degenerano in accumuli di pietrame al piede del pendio o in crolli di blocchi al piede (Fig, 18);
3. Ammasso roccioso contornato da discontinue plaghe di arenizzazione ovvero volumi dello stesso
ammasso che hanno subito processi più o meno spinti e più o meno pervasivi di alterazione chimicofisica e comunque tali da condizionare i caratteri litotecnici. Di norma, in questi casi, l’arenizzazione è
poco profonda (1-2m) e assai discontinua ma in caso di saturazione e in condizioni attive di pendenza
(fronti naturali o escavi con inclinazione >40°) sistematici fenomeni assimilabili a Soil slip o più di rado (in
aree di monte) a colate di detrito di esiguo sviluppo;
4. Coltre di arenizzazione più o meno continua o granito arenizzato latu sensu, ovvero coperture eluviali di
aree parzialmente erose dei pendii o dei bassi morfologici, spesse anche diversi metri sui fianchi delle
colline (presenti nel settore in esame extraurbano; a spessore decrescente verso l’area urbana), sulle cui
superfici esposte possono determinarsi fenomeni di ruscellamento, mentre sui tagli e sulle trincee in caso
di saturazione si generano stagionalmente fluidificazioni superficiali (cfr.3).
19
Semmai si sottolinea che la base geolitologica derivante dallo studio del PUC appaia sotto questo aspetto piuttosto semplificata. Essa è stata integrata in ambito
urbano per quel che riguarda i riporti ma per il resto, anche in ragione dell’estensione territoriale e quindi del tempo necessario, si è giudicato più pragmatico evitare di
elaborarne una diversa. Questo a consuntivo costituisce un limite oggettivo. Appare doveroso sottolineare che si sarebbe potuto estrarre una parte delle mappatura
delle arenizzazione dalla carta UDS (seminativi, vigne etc.) ma nello specifico caso di Olbia, ciò avrebbe prefigurato una sopravvalutazione
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Fig. 16 -Foto aerea illustrante il rapporto della parte settentrionale del c.a., parte della zona industriale col settore orografico a
granitoidi rocciosi di Cabu Abbas- Monte Zapparottu
Nella realtà tale ideale sequenza, dove gli ammassi di cui al punto 1 sono, in verità rari da riscontrare, non
mostra soluzioni di continuità vere e proprie se non alla scala del singolo affioramento, secondo un dettaglio
non cartografabile sinotticamente ma solo caso per caso. Tuttavia è altrettanto chiaro che sussista una
correlazione fra forme e litologie. Ciò in quanto l’articolazione morfologico-altimetrica dei luoghi ricalca un
assetto geolitologico che, a sua volta, è parzialmente derivante dall’evoluzione geomorfologica. Infatti le aree
più distali (cioè quelle lontane dallo spartiacque) della Piana di Olbia, sono di per sé il risultato di una sovra
escavazione Pleistocenica a discapito principalmente delle coltri arenizzate, che invece si conservano “a
mezza costa” e la loro condizione di colmamento attuale è palesemente immatura (geologicamente è un
fenomeno in atto che si evince anche dalle tendenze all’interrimento della laguna; ciò spiega l’estrema
rarefazione di corpi alluvionali antichi in affioramento) e si limita al solo settore sepolto e sommerso ricadente
a valle del contorno di foce del Riu Seligheddu (cfr. dove vere alluvioni ciottolose fluviali sono state riscontrate
negli scavi del tunnel nell’area del porto e sono stati segnalati per la prima volta nel 2003 [72].
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Fig.17 - Panoramica morfologie del complesso intrusivo presso Raica (Monte Telti-Punta Lu
Lutagiu)
Fig. 18 - Ammasso roccioso con crolli al piede associati lungo la
SP presso incrocio con via Lu Spronu (San Pantaleo)
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Fig. 19 - Punta Lu Lisandru-La Concaccia; a Sud di Punta Cugnana (da strada vicinale
Casagliana-Sant’Antonio-Cugnana). Tutto il versante a valle del tratteggio e sede di blocchi
diffusi. A monte possono concentrarsi sui canaloni. Le due frecce indicano l’unico settore di
distacco e crollo con corpo di frana al piede accertabile
Fig.20 - Panoramica morfologie del complesso intrusivo presso Punta Imbalsamato (323m)
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Fig. 21 - Stralcio F° 444 Olbia IGMI in scala originaria 1:50.000
3.7.1.3
Geologia e Geomorfologia del processo di arenizzazione
Ai fini dell’inquadramento geomorfologico della pericolosità da frana del territorio di Olbia e della definizione dei
suoi comportamenti idrogeologici così come della formazione di detriti sulle superfici di deflusso del sostrato,
appare piuttosto importante inquadrare il tema dell’arenizzazione del complesso granitoide intrusivo. Il
processo di arenizzazione è responsabile della maturità del paesaggio appena retrostante il tessuto urbano di
Olbia a cui, al contrario si contrappone, a dispetto delle quote relativamente poco pronunciate e comunque
sempre inferiori ai 700m s.l.m., l’asprezza e l’immaturità del rilievo appena retrostante l’area pedemontana
periurbana. Ma nel contempo, stanti gli stessi contrasti morfologici e clivo metrici che si evidenziano in altri
settori come le Sarre, sia al loro interno che nei rapporti con le aree circostanti, i quali attengono in primo luogo
all’assetto strutturale, è evidente come sia importante la presenza e la persistenza del suddetto processo
geomorfologico nella complessiva evoluzione.
D’altro canto, proprio la distinzione del contesto arenizzato, nelle sue varie forme, dal quello degli ammassi
rocciosi integri e competenti a quello della coltre pseudocoerente, rappresenta uno degli aspetti, al momento,
più controversi per la corretta parametrizzazione del tema della Pericolosità da Frana in ambiente intrusivo, in
tutta la Sardegna.
In generale, come si vedrà meglio più avanti, le condizioni di arenizzazione che si documentano nel Complesso
intrusivo del territorio appaiono non disgiunte da quelle geomorfologiche, in un processo di circolare
causazione in quanto nelle culminazioni orografiche degli altopiani e delle Sarre, di norma, la roccia è nuda,
assume forme a Tor prive di coltri detritiche o al più con Boulders residuali, a testimonianza sia di una
maggiore integrità litotecnica (fisico-mineralogica) che di un verosimilmente più spinto stato di denudamento da
erosione. Nelle porzioni mediane dei versanti ed ai piedi di questi sussistono le coltri arenizzate, sebbene
localmente i fattori d’influenza siano molteplici.
Questa distinzione è sostanzialmente alla base della conservazione delle semplificazioni ovvero delle poche
distinzioni contenute nella Carta Geolotologica impiegata per la definizione della Pericolosità. Senza contare la
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cruciale questione dell’assenza di criteri di distinzione scientificamente suffragati il cui superamento, stante la
casistica dell’arenizzazione del territorio di Olbia, avrebbe prefigurato criteri alquanto soggettivi e
conseguentemente arbitrari. Su tali aspetti si attende con fiducia quindi la dovuta assunzione di responsabilità
sia sul versante scientifico che su quello amministrativo, essendo questa una questione riguardante piuttosto
strettamente questioni interrelate nell’ambito della difesa del suolo, quali l’erosione, la desertificazione, il
trasporto solido e il ripascimento naturale dei compendi costieri di spiaggia.
Ad ogni buon conto è facile documentare come nelle culminazioni, in genere, la roccia si presenti con una
maggiore integrità mineralogica, cioè senza particolare incidenza dell’alterazione della litologia originaria, sia
negli ammassi caratterizzati da discontinuità a bassa spaziatura cioè eccezionalmente fratturati che in quelli a
spaziature ampie.
Del primo caso è esempio piuttosto rappresentativo l’area ad Est di San Pantaleo fra Punta di La Vigna
Vecchia, Muru Alvata e Punta Lu Spronu. Del secondo si possono citare, soprattutto i versanti ad Ovest della
valle del Riu San Giovanni, in cui si hanno vasti ammassi di qualità litotecnica tale, da giustificare la
concessione di titoli minerari per pietre ornamentali. L’origine di tale rilievo è residuale, sia che le morfologie si
dispongano o meno secondo geometrie preferenziali d’impostazione tettonica. I prismi infatti si selezionano, in
funzione della strutturazione tettonica e, di conseguenza, delle caratteristiche geometriche dei sistemi di
fratturazione e fessurazione sulle quali l’acqua agisce sia su scala macro che microscopica, secondo lo
schema concettuale col quale s’illustrerà fra breve il fenomeno dell’arenizzazione delle litologie intrusive.
Fig. 22 -Stralcio F° Geologico 182 Olbia
40
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Fig.23 -Stralcio ingrandito della Carta Geologica d’Italia F° 182 –Olbia (1967) con aggiunta delle linee tettoniche a Sud e a Est del la valle del Riu Padrogiano. Si noti che l’attribuzione ai Graniti del settore
di Punta Aspra, cioè la porzione più orientale del segmento settentrionale del Porto di Olbia, deve considerarsi errata, in quanto costituita da Migmatiti
Legenda
qd: discariche portuali. qp: Depositi salamastri di lagune temporanee. Formazione deltizia. dt: Detrito di falda, conoidi di deiezione, suoli detritici, suoli colluviali. f: Alluvioni attuali e recenti talora terrazzate e parzialmente cementate. Olocene
δf: Filoni di composizione da dacitica a basaltica; litotipi lamprofirici (spessartiti, camptoniti) con termini di transizione alla serie dacite-basalto. Υ: Graniti grigio-rosati, biotitici, localmente passanti a granodioriti, in genere a grana eterogenea con
prevalenza di componenti di dimensioni medio-grossolane, talora contenenti scie ricche di biotite ed inclusi di varia natura. Υ dt:Mantelli eluviali dei corpi granitici e relative facies arcosiche. Υi:graniti minuti a grana media, rosei o raramente grigi, a
sola biotite o a due miche, spesso a tendenza aplitica, localmente un po’ porfirici, in masse a contorni per lo più sfumati; Carbonif. Sup.- Permiano.
g:Gneiss occhiadini, listati, zonati, a composizione granitica, granodioritica, e quarzo-dioritica, ad una o due miche; migmatiti prevalentemente arteritiche. Rari noduli cornubianitici per lo più a contatto con i Graniti di Gallura. Pre-Cambriano ?
Corridoi principali di faglie
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Corridoi principali di faglie
Fig.24 - Stralcio ingrandito della Carta Geologica d’Italia F° 182 –Olbia (1967), Ambito fisiografico
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Pertanto se da un lato nelle culminazioni del rilievo la roccia è spesso a giorno, cioè del tutto priva di coltri
arenizzate, quindi anche priva di vegetazione, dall’altro lungo i versanti permangano aree contrassegnate da
coltri di arenizzazione del sostrato a vari stadi di evoluzione e, su quegli stessi versanti possono aversi non di
rado accumuli anch’essi residuali di blocchi derivanti da collassi a quote superiori di ammassi diaclasati e
persino antiche frane stabilizzate naturalmente o quiescenti. L’esempio che ha maggiore esposizione di tale
fenomeno è visibile sulla Sarra di Monte Pino, ai confini con Telti dalla SP per Tempio o presso la Sarra di
Monte Santo ai confini con S. Antonio di Gallura.
6
5
4
3
6 Alluvioni e fanghi di ambiente fluvio-lagunare (0,2-1,0m)
5 Detriti di versante 0.50-2,0m (variabile)
4 Complesso granitoide ercinico del tutto
arenizzato; spessore variabile da 0.50-6,0m
(area della Piana di Olbia) a 2- 4m negli ambiti
extraurbani.
Olocene-Attuale
Coltre eluviale
[dal Pleistocene]
3 Complesso granitoide ercinico parzialmente
arenizzato (0.50-2,0m) (variabile)
2
2
Complesso
granitoide
ercinico,
a
Monzograniti molto fratturati e
fessurati (radicato)
Complesso granitoide del
Carbonifero-Permiano,
a
prevalenti
Monzograniti
porfirici in ammassi rocciosi.
Con filoni accessori. Radicato
in profondità.
1
1
Complesso
granitoide
ercinico,
a
Monzograniti porfirici integri o
poco fessurati (radicato)
Fig. 25 - Schema litostratigrafico generale
Fig. 26 - Litofacies granito idi n.2. Trincea 250m a SE svincolo per Nuovo Ospedale. Bacino del
Riu de Tannaule
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Fig.27 - Condizioni di instabilità in ammasso roccioso fratturato in trincea stradale (loc. Monte
Pino) amplificate da scavo e abbattimento meccanico (trincea non protetta)
Fig. 28 - Stralcio F° Geologico
Fig. 29 - Profilo geologico ufficiale
44
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Fig.30 - Stato di arenizzazione spinta dove si possono riconoscere strutture e e aggregati
minerali dell’originario ammasso (Trincea su versante meridionale di La Concaccia a Sud di
Punta Lu Lisandru; Strada Casagliana Sant’Antonio. Litofacies n.3
Fig. 31- Stato di areniizzazione completo. La roccia si è trasformata in ghiaia addensata
permeabile. (Trincea su versante meridionale di la Concaccia a Sud di Punta Lu Lisandru;
Strada Casagliana Sant’Antonio, pochi metri di distanza da sito della figura precedente).
Litofacies n.4
Queste ultime possono concentrarsi alla base di dette aree di culminazione dove solitamente sono poco
rilevabili in caso di presenza boschiva oppure si rinvengono disperse per rotolamento ai piedi dei versanti. Alle
coltri di arenizzazione corrispondono in ogni caso le maggiori estensioni di manto boschivo o a macchia che
peraltro determinano condizioni di Feed back che contribuiscono a stabilizzarle (es.: M.te Pinu).
L’area d’indagine, per la gran parte dall’evidente carattere erosivo, appare interessata da spessori di
arenizzazione metrici e plurimetrici. Il più delle volte le fasce di arenizzazione hanno potenze molto irregolari,
potendo risultare di qualche decimetro e spingersi fino a 10m e oltre in alcuni settori al passaggio con la
collina. Di solito ciò nel settore di Olbia è rilevabile sulle parti più basse dei versanti (San Vittore), dove le
stesse possono essere ricoperte anche da esigui conoidi o dove in genere può apprezzarsi l’approfondimento
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del regolite. La disponibilità di acqua e di acidi organici all’interno di questo inducono per attacco chimico lo
sgretolamento granulare.
Ad ogni modo, poiché le coltri arenizzate si generano a partire dalla superficie esposta, si trovano sempre in
posizione stratimetrica superiore rispetto ai loro corrispettivi ammassi rocciosi e mai al di sotto di volumi di
roccia. Questi ultimi possono al più costituirne dei nuclei più interni o collocati più in basso (Fig. 6) A meno di
nette e particolari discontinuità tettoniche, appare difficile riscontrare reali soluzioni di continuità laterali o
verticali20 nelle varie casistiche della degradazione (Fratturazione-Alterazione-Regolite), essendo il passaggio
spaziale fra i vari fenomeni costituito da vaste aree a Corestones (masse in blocchi apparentemente più
integri e distinguibili secondo geometrie prismatiche più o meno arrotondate ai vertici, che risultano contornate
da sacche di arenizzazione in modo da generare una tessitura pseudoclastica), il cui risultato terminale,
posteriore all’allontanamento dei sabbioni, è la formazione di innumerevoli Tor e l’accumulo residuale di
Boulders (in gergo “Pietre Ballerine”). Queste ultime forme, rappresentano l’eredità ultima di un’evoluzione
che ha comportato una strutturale condizione di blando dissesto geomorfologico naturale consistente nella
diffusione di relitti morfologici di versante stabilizzati o meno, i quali costituiscono di solito gli elementi di
maggior pregio del paesaggio geologico della Gallura sia interna che costiera.
Detto fenomeno ha in definitiva nell’assetto strutturale della roccia le sue cause predisponenti per cui
considerando anche il degrado termico superficiale21, deve considerarsi sia fisico che e chimico-mineralogico
e diviene progressivamente più pervasivo con l’infiltrazione dell’acqua, la quale concorre ad amplificare i
processi di alterazione dei termini litologici (Idrolisi; Ossido/Riduzione). Per tale ragione le coltri di
arenizzazione danno luogo ad acquiferi permeabili per porosità secondaria, con circolazioni e portate solo di
rado apprezzabilmente significative.
Lo schema seguente dà conto del fenomeno di arenizzazione ed è illustrato soprattutto con l’intento di porre in
evidenza la varietà della casistica da cui traggono e possono trarre origine i volumi solidi degli alvei ed i suoi
legami con la più controversa questione della pericolosità idrogeologica naturale del territorio gallurese.
Di seguito si illustrano in termini schematici le varie fasi che compongono il processo di degrado fisico-chimico
di un ammasso roccioso granitoide primigenio per sfruttamento del sistema dei giunti da parte dei processi
atmosferici, noto come arenizzazione:
I)
Fasi predisponenti di Tettonizzazione che sovrimpongono alle discontinuità associate alla sequenza
di raffreddamento dei corpi magmatici, ulteriori sistemi di discontinuità strutturali variamente ma non
casualmente orientati in funzione delle cinematiche;
II)
L’ammasso roccioso subisce una deformazione rigida con rottura in segmenti e prismi secondo più
ordini di giunti, con caratteri geometrici, di pervasività e spaziatura disomogenei ma, di norma
definiti da una rete di discontinuità il cui inviluppo è sede preferenziale di inneschi dei
comportamenti di cui ai successivi punti;
III)
Sviluppo di progressiva permeabilità per fessurazione;
IV)
Penetrazione di acque. Contatto con acque d’infiltrazione superficiale, a partire dai livelli meno
profondi;
V)
Degrado ed alterazioni superficiali sulla componente dei minerali silicati per idrolisi e ossidazione;
VI)
Incremento della infiltrazione e della circolazione d’acqua;
VII)
Ulteriore approfondimento di fenomeni di alterazione per idrolisi, a partire dai costituenti basici
silicatici e da quelli feldspatici (2NaAlSi3O8), più rapidi se in ambiente morfoclimatico caldo-umido;
VIII)
Prosecuzione dell’alterazione e innesco di un più generale e pervasivo fenomeno di Arenizzazione
dalla superficie esterna verso l’interno (Fig. 37), con contemporanei fenomeni di ferrettizzazione per
ossidazione del Fe2+ della biotite in Fe3+ e formazione di goethite;
20
Ragione per cui non esiste oggi una sola carta geologica ufficiale che distingua sistematicamente le tipologie delle alterazioni delle litofacies.
21
Nell’azione di sgretolamento dell’ammasso roccioso l’attacco chimico è sollecitato dalla disponibilità idrica e dalla presenza di acidi organici mentre alla parte fisica
del processo non dovrebbe essere considerato estraneo il ruolo del congelamento in un contesto cronologico periglaciale (quanto meno nel Pleistocene superiore). Il
modello schematizzato nelle pagine seguenti è, in ogni caso, fortemente influenzato dall’assetto strutturale a meso e micro-scala.
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IX)
X)
XI)
XII)
XIII)
XIV)
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Estensione ed approfondimento dell’arenizzazione con efficacia diversa a seconda delle geometrie,
della persistenza dei piani di taglio, dei tipi petrografici interessati, degli afflussi pluviometrici, della
temperatura e delle sue variazioni;
Formazione di Corestones nel regolite (Fig. 36), a partire dai prismi fratturati in più ordini di giunti;
si tratta di litofacies ad alterazione evoluta non completa o ad uno stadio intermedio che dà luogo ad
un ammasso suddiviso in affioramento in prismi di dimensioni varie a sezione da romboidale a
quadrangolare, con vertici arrotondati secondo una geometria a graticcio, con elementi più o meno
integri separati o contornati da superfici arenizzate;
Progressiva rimozione/erosione (o distacco) del sabbione di arenizzazione contornante i blocchi
integri ed accumulo successivo di massi, blocchi o clasti di materiale roccioso sui bordi (Formazione
di Boulders; “Pietre Ballerine” Auct.);
Asportazione totale del contorno arenizzato e totale esumazione delle parti integre;
Generazione di Rilievi residuali con tipiche morfologie (Tor in primo luogo; Inselberg
subordinatamente; es: Pedres presso Olbia);
Eventuale rimodellamento dei rilievi residuali, con formazione al loro piede di accumuli di frana per
crollo di blocchi ciclopici; tali frane si stabilizzano in funzione delle dimensioni dei massi,
dell’acclività originaria del versante e della colonizzazione vegetale, ma porzioni di essa possono
dare luogo per tempi di ritorno centenari a distacchi limitati in funzione del progressivo degrado
fisico.
L
Fig.32 - Litofacies arenizzata di tipo 4 con nucleo meno alterato tipo 3. Trincea
Circonvallazione.a Sud Est di viadotto Pasana 2
Resta il fatto che il prodotto finale dell’alterazione e dell’arenizzazione, più simile ad un’arenaria grossolana
pseudocoerente che alla roccia cristallina originaria, dà luogo ad un mantello superficiale qua e là ferrettizzato,
potente da pochi decimetri fino anche a 5-10m che, per quanto detto, può fungere da acquifero di modesta
capacità ed ospitare una falda libera con portate, comunque, sempre molto limitate (tendenti ad abbassarsi o
a cessare nel periodo estivo), in ogni caso sostenute dal sistema di fratturazione della massa granitica
sottostante o circostante.
Riassumendo, i connotati geologici e geomorfologici più importanti ai fini della discussione sulla pericolosità
idrogeologica naturale del territorio di Olbia, pur con qualche specificità di rilievo derivanti dall’assetto
Gallurese, non sono dissimili da quelli di altre aree costiere della Sardegna orientale. Essi sono i seguenti sul
piano geolitologico:
1. Larga prevalenza di un basamento geolitologico poco permeabile a granitoidi del complesso intrusivo
permo-carbonifero e subordinate migmatiti del complesso ercinico ma di età incerta;
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2. Coperture eluviali associate all’alterazione del sostrato a granitoidi, discontinue per spessore ma
largamente presenti ai piedi degli ammassi rocciosi e sui versanti da questi costituiti;
3. Coperture detritiche sedimentarie di versante e di ambiente torrentizio, di bassa potenza ma diffuse;
Fig. 33 - Cava in località Micaleddu-Conca Onica, lato Occidentale a vista; orizzonti di
arenizzazione pervasiva interrotti da nuclei rocciosi
Fig. 34 -Attraversamento totalmente ostruito da ghiaie derivanti dal
dilavamento di un’area a granito arenizzato coltivata a vigna, presso
(Monte Pino)
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Fig. 35 - Litofacies arenizzate n.3 e 4 passanti verso monte a litofacies 2 erose in superficie a
seguito della demolizione della protezione in cemento della sponda Dx. Riu Seligheddu a valle
ponte di via V. Veneto.
Fig. 36 -Tipica sequenza di alterazione dei graniti [89]
Sul piano geomorfologico sono le seguenti:
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1. Presenza di una fisiografia a gradinata che rende ricorrenti alti gradienti clivo metrici fino al settore
circostante lo spazio urbano (circa 100 m s.l.m.);
2. Immaturità e persistente condizione “erosiva” del rilievo conseguente dagli assetti del margine tirrenico;
3. Scarso sviluppo della pianura costiera come risultato complessivo delle azioni geomorfologiche in
risposta al glacio-eustatismo;
4. Spartiacque della Piana di Olbia impostato, lungo direttrici tettoniche;
5. Presenza di un diffuso stato di alterazione delle matrici rocciose granitoidl in particolare di quelle
granodioritiche e monzogranitiche che si spinge fino all’arenizzazione in senso stretto, talora profonda,
talora meno che rende suscettibile all’erosione il sostrato granitoide;
6. Diffusione di coperture detritiche, regolite e, in taluni settori collinari e montuosi, di frane di crollo
antiche che unitamente alle arenizzazioni, assicurano disponibilità di carichi solidi ai deflussi idrici;
7. Elevata energia del rilievo del settore collinare e di quello montuoso retrostante la piana costiera e in
comunicazione idrografica con l’area urbana .
Tali condizioni, se sottovalutate, come sovente in passato, conducono ad una sostanziale replica degli
equivoci che per lungo tempo hanno fatto ritenere tutta la Gallura un’area piuttosto immune da dissesti
idrogeologici, da fenomeni erosivi e dalla possibilità concreta di generare trasporto solido con le reti
idrografiche. Tale equivoco è stato ripetutamente contraddetto dai fatti negli ultimi 15-20 anni. L’assetto
descritto, quindi, rende particolarmente vulnerabile alle criticità idrogeologiche ed al pericolo idraulico tutta la
Bassa Gallura e, in generale, tutti i settori con differenziali clivo metrici o a valle di essi. Ciò anche perché le
originarie aree di espansione naturale sono state sopraffatte dall’urbanizzazione o bonificate per ragioni
igienico sanitarie (Fig. 16). Se si considera, in più, l’esposizione dei bacini alle perturbazioni metereologiche da
Sud, si comprende anche la ricorrenza cronologica dei fenomeni alluvionali associati a piovosità intensa. Fra
questi, negli ultimi 60 anni, debbono rammentarsi in particolare quelli del 1951, 1964, 1979, 1989, 1998, 2004,
2005, 2006, 2008; 2009, 2010, 2011, 2013, 2015.
Fig.37 - - Rappresentazione schematica del processo di arenizzazione di un ammasso granitico [90]
3.7.1.4
I sedimenti mesozoici di Tavolara
L’isola è costituita da un’imponente successione carbonatica giurassica (dal Bajociano-Bathoniano al
Berriasiano), soprastante il sostrato intrusivo, con spessore massimo di circa 500m. Parte della successione
affiorante, nello specifico la formazione alla base del contatto col sostrato cristallino, è per la verità, terrigena e
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correlabile con la “Formazione di Genna Selole”22. Si precisa che ai fini dello studio di Pericolosità
geomorfologica, essa non risulta tuttavia discriminata dalla soprastante, poiché l’affioramento costituisce una
mera curiosità geologica ed è appena localizzabile sulla falesia Nord poco a SudOvest di Spalmatore di Fuori,
in una “finestra” geologica che si apre fra gli accumuli di antiche frane lungo la costa.
Poiché la presenza di tali litologie mesozoiche conferisce all’isola caratteri morfostrutturali e geomorfologici
alquanto singolari, determinandone, al di là dell’insularità in sé, una fisiografia totalmente distinta da qualunque
altro contesto gallurese ed assimilabile (fatte le dovute proporzioni ed al netto del contesto insulare, di per sé
quasi esclusivo, in quanto isola mesozoica) a quello del Montalbo (Siniscola-Lula), nell’ambito dello studio
presente ne è stata predisposta una monografia illustrativa specifica.
3.7.1.5 Le coperture detritiche quaternarie
La casistica delle coperture detritiche di origine alluvionale, gravitativa, colluviale, eluviale ed eolica, è
significativa soprattutto sul piano dell’interpretazione geomorfologica, in quanto anche a piccola scala è
evidente quanto sia subordinata dal punto di vista areale. In essa allo stato attuale è nettamente
sottodimensionate, lo ricordiamo, l’assai più vasto dominio delle coperture eluviali. Sappiamo, infatti, che tali
litofacies (frutto di arenizzazioni pleistoceniche ed oloceniche di ammassi del Carbonifero-Permiano), sono
eccezionalmente più diffuse di quanto la cartografia ufficiale rappresenti, in ragione del modello geomorfologico
gallurese, peraltro interessato da piani inclinati pedemontani (Pediment), il principale dei quali coincidente con
la Piana costiera di Olbia [61] [62].
La presenza di arenizzazioni nel sostrato magmatico del rilievo, ha semmai favorito nelle cartografie ufficiali
l’evidenziazione di dette masse intrusive (senza che fosse distinta l’arenizzazione dalla roccia) a discapito dei
colluvi e dei detriti di versante in genere. I primi sono simili in apparenza alle arenizzazioni per tessitura,
litotecnica e colorazione, ad esse sovrapposti su tutti i declivi e di norma, è assai arduo discriminarne il
passaggio alla roccia arenizzata lungo le superfici di erosione generate lungo i versanti, senza che siano
eseguiti dettagliati rilievi sul terreno. I secondi sono mescolati ai regoliti al di sotto della macchia e del bosco e,
quindi sono sottratti all’osservazione diretta, a meno di tagli e trincee, artificiali o da frana. Solo attraversando le
aree più interne e boscate e percorrendo gli sterrati che vi si inoltrano che si può riscontrare la diffusione areale
(per non dire ubiquitarietà) e la potenza di questa fattispecie (che funge da condizione predisponente per il
bosco stesso).
In generale solo le grandi valli intramontane e le piane alluvionali più importanti, cioè quelle percorse da corsi
d’acqua sottendenti i bacini relativamente più vasti (Vignola, Carana-Liscia, Toltu-San Giovanni, EnasCastagna-Padrogiano, San Teodoro e Budoni), sono interessate da corpi alluvionali, di rado potenti più di 10m
(Liscia, Padrogiano-La Castagna-Piricone, San Giovanni), con terrazzamenti di dubbio riferimento al
Pleistocene superiore che inducono ad assegnare gran parte di essi alla fase di onlap costiero posteriore
all’Ultimo Massimo Glaciale (cfr. Fig.2).
Parimenti, come già accennato, si parla assai spesso a torto di sedimenti alluvionali in senso stretto
postulandone la presenza, in particolare con riferimento alla Piana di Olbia, senza che tuttavia sia mai stato
realmente possibile rilevarli sul terreno emerso. In tal senso secondo criteri geologici, l’impiego del termine
Piana Alluvionale nella descrizione della suddetta piana, appare quanto meno discutibile e non verrà impiegato
nella Relazione. Infatti le coperture classiche della sua litostratigrafia, sono essenzialmente riferibili ad una
varietà di litologie ascrivibili ai piani di accumulazione colluviale e in misura assai minore torrentizia. Questi
ultimi ad Olbia città si rinvengono praticamente solo in settori attualmente sommersi o poco meno (per
l’esattezza in corrispondenza del fronte degli scavi che ospitano il tunnel stradale, lungo il porto storico). A tale
evidente subordinazione della sfera squisitamente torrentizia, fa apparente eccezione la stratigrafia che si
determina a Sud della struttura di Punta Onica, la quale, tuttavia è interna alla composita Pianura del
Padrogiano, morfostruttura del tutto separata dal Pediment di Olbia. Qui, malgrado, come detto non si disponga
in letteratura di alcuna autorevole conferma, l’assetto geomorfologico e i riscontri di terreno rivelano accumuli
22
Di questa correlazione non sussiste traccia in letteratura, in quanto la formazione affiorante a Tavolara è stata descritta solo nell’ambito della stesura del Doglio
geologico 182 del SGI in scala 1:100.000. Viene formulata in questa sede sulla base di rilievi diretti dello scrivente effettuati sulla parete Nord dell’Isola nel corso
degli anni ’90.
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alluvionali consistenti prossimi ai 10m, dove peraltro s’instaura una falda freatica perenne a scarsa
soggiacenza.
Fig. 38 - Detriti di versante lungo il pendio meridionale di Punta Lu Lisandru (Strada
CAsagliana Sant’Antonio)
3.7.1.6
I Corpi alluvionali
I depositi detritico-alluvionali, sono corpi di origine fluviale molto caratteristici per la presenza di materiale
molto eterogeneo fino ai massi di diversi decimetri, di solito ben addensato e mediamente permeabile per
porosità. Essi caratterizzano tutti i principali tronchi vallivi, a partire tuttavia da determinate sezioni, a valle
delle quali i torrenti di solito divengono più pericolosi anche in virtù delle potenzialità offerte al trasporto solido
per trascinamento, dall’erosione spondale in caso di eventi intensi.
Fig. 39 - Falda detritica di versante passante a coltre alluvionale, intercettata dalla viabilità ai
piedi della Sarra di Monte Santo, Sx idrografica del Riu Toltu.
Nel settore della città di Olbia, come sopra accennato, sono localizzati solo in corrispondenza della parte più
prossima alla costa, nell’area del’insenatura meridionale (scavi Tunnel e Bonifica Pedru Calvu del 190)”, in
quella industriale poco a N del Porto Industriale (dove assumono spessori di circa 10 m, raccordandosi a
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monte con falde detritiche “pedemontane”), coincidente col tratto terminale della piana costiera su cui scorrono
sistemi torrentizi (Riu Padredduri, Riu Cabu Abbas). In particolare, come visto, sono state riscontrate sul
margine costiero ma a quote negative, nel corso degli scavi del Tunnel portuale, vale a dire sulla sponda Sx
del sistema idrografico correlabile col Riu S’Eligheddu. Queste ultime alluvioni potenti 3-4 m al massimo
ricoprono reperti archeologici del V sec. D.C. e quindi sono riferibili all’Olocene più recente ma ne
documentano una fase climatica connessa con la ciclicità glacio-eustatica. Ancora più a N, termini simili ma
più recenti possono rinvenirsi sporadicamente e ipotizzarsi per spessori più modesti nell’area della vecchia
Salina di Pittulongu, nella Laguna di Bados ed all’interno delle conche stagnali retro-dunali attive o relitte, dove
a stento superano 1 m mescolandosi a termini palustri, comunque a scarsa potenza. Queste ultime strutture
sono delimitate dai cordoni di sbarramento sabbiosi e/o ghiaiosi edificatisi coi livelli più recenti del mare.
Potenze più importanti con estensioni chilometriche si riscontrano, come visto, in tutta la Pianura alluvionale
del Padrogiano. In particolare da questo punto di vista emergono:
1. il settore di alimentazione meridionale fra il Riu La Castagna-Riu Piricone e il Riu Nannuri, soprattutto a
valle di Azza Ruja-Spirito Santo;
2. il settore di alimentazione Nord-Occidentale nel tratto fra la confluenza del Palasole e del San Simone nel
Riu Enas).
In entrambi i casi, si tratta di alluvioni di difficile attribuzione stratigrafica, verosimilmente oloceniche o tardo
pleistoceniche
Nello specifico, nel primo caso, le alluvioni sono terrazzate con superfici a quote di circa 5m superiore
all’alveo. Esse sono costituite da banchi di conglomerati ciottoloso-ghiaiosi prevalenti e di ghiaie ciottolose
potenti anche più di 10 m ed in parte addensate. Si tratta di corpi facilmente erodibili da cui trae abbondante
alimentazione solida il Riu Castagna in caso di piena. L’alveo attuale (anche a monte del ponte di Azza Ruja in
territorio di Loiri-Porto San Paolo) è infatti la trasposizione di questa abbondanza di materiale ciottoloso, con
tratti che evidenziano propensione al sovralluvionamento (anche al netto degli interventi recenti). Sopra le
sponde a quote inferiori al margine terrazzato si rinvengono diversi depositi ghiaiosi e sabbiosi con
componenti di chiara origine intrusiva, conferiti dalle piene recenti in fase di ritiro.
Fig. 40 - Stato della riva Dx. (Foto Tilocca 04/12/2013)
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Fig. 41- Localizzazione su dettaglio orto fotografico della Fig. 40
Fig. 42- Alluvioni attuali rimaneggiate e mobilizzate dall’evento del 18/11/2013 a
valle del ponte di San Giobìvanni (Riu San Giovanni)
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Nel secondo caso, si rinvengono terrazzate sebbene a minore spessore, a partire da poco a monte della
stazione di Enas (dove l’evento del 18/11/2013 ha innescato sul terrazzo in Dxi crolli della riva, con
conseguente arretramento e pregiudizio dei fabbricati lì presenti), fino al salto di Burrai - Malghina. A valle di
tale sezione incassata, a rapide e cascade (che il 18/11/2013, per le sue caratteristiche geomorfologiche, è
stata teatro di una complessa dinamica con esondazione, sormonto del ponte, forte velocità e manifesta
erosione oltre le sponde, a quote di + 6 m rispetto all’alveo di magra), si passa in un breve tratto (Reg.
Caterina Longa) alla condizione di conoide costiera nella Piana costiera del Padrogiano, dove le varie reti
confluenti (Enas, Nannuri, La Castagna-Piricone) danno luogo in realtà ad una potente zona di accumulo, sia
idrico che sedimentario. Ciò è testimoniato dalle dinamiche migratorie dei letti dei torrenti convergenti e dalla
bassissima soggiacenza di una falda inesauribile ospitata entro sedimenti alluvionali. Tale tendenza
all’accumulo si ritiene responsabile della deviazione del Riu La Castagna-Piricone verso Ovest (cioè verso il
Padrogiano).
La suddetta conoide, compresa fra Loddone, Giuncalzu, Luneddu, Chiriala, Fraghi e Salduleo, tende a
restringersi all’interno del varco strutturale fra Chidade (migmatiti) a Sud e l’Aeroporto a Nord, a valle del
quale ha rapidamente inizio la struttura deltaica del Padrogiano. La cosiddetta Piana del Padrogiano è quindi
costituita da un inviluppo di fasce alluvionali pedemontane, passanti ad una vera e propria piana alluvionale
molto ristretta e poco sviluppata, a valle della convergenza dei tre torrenti principali ed in cui spicca tuttavia
l’ampiezza relativa del delta terminale. La scarsa estensione della piana testimonia dell’immaturità
complessiva del sistema che manifesta caratteri erosivi dall’ambito montano dello spartiacque sino ai piedi
delle colline drenate dal sistema degli affluenti minori del tratto montano del Riu Castagna (Loiri–Azzanì) e del
Riu Mannu –Lerno, sino a pochi chilometri dalla foce.
Fig. 43 - Conoide alluvionale, Piana e Delta del Padrogiano
3.7.1.7
I sedimenti Attuali degli alvei e dei canali
In generale tutti i sedimenti in alveo o deposti di recente sulle sponde come effetto del ritiro dei livelli idrici e
del rallentamento della corrente negli eventi di piena, provengono dall’erosione a monte di tratti più pendenti e
dalla stessa erosione spondale che di norma precede in sequenza temporale e spaziale la sedimentazione. In
diversi tratti si osserva peraltro la contiguità fra i due fenomeni che spesso hanno offerto dei veri traccianti per
la ricostruzione dell’evento idrologico su tutti i tratti a monte del centro urbano.
Nell’area urbana e della Piana di Olbia, si tratta presso che esclusivamente di sedimenti ghiaiosi e sabbiosi
derivanti dall’erosione del complesso arenizzato e, più a monte, dei manti colluviali con frazioni secondarie di
limo e/o argilla. Nelle aree pedemontane e di monte (>500m-600m) e di maggiore acclività possono rinvenirsi,
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negli alvei dei torrenti pedemontani e montani, in fondo ai canaloni o sospesi sui versanti a questi più prossimi
anche sedimenti conglomeratici grossolani sciolti e, più di rado, concentrazioni di blocchi che suggeriscono
saltuarie possibilità di fenomeni ai limiti delle colate rapide, durante gli eventi a maggiore intensità temporale.
Sì fa notare anche in questa sede che le bonifiche di inizio ‘900 vengono messe in atto anche aggredendo e
scavando migliaia di mc di tali sedimenti sabbiosi e limosi, accumulati alla foce del Seligheddu/Rivo
Gallurese, il cui piccolo ma caratteristico segmento aggettante dell’epoca, riscontrante un delta su specchoi
acqueo lagunare, fu totalmente distrutto per generare l’attuale falso estuario in progressivo colmamento.
Fig. 44 - Lavori in corso sull’alveo del Riu Enas (a monte del Ponte della Stazione), comportanti
escavi e impieghi dei materiali alluvionali deposti sul letto e sui terrazzi (cfr. scheda
monografica)
Fig. 45 -Sponda terrazzata alluvionale in Sx sul Riu , a monte del ponte della SP, presso
Battista (Riu di Monte Aspro)
3.7.1.8
I Sedimenti di Spiaggia
Le spiagge attuali sono prevalentemente sabbiose lungo le falcate e ghiaiose o ciottolose presso i promontori.
Sebbene siano il risultato di processi selettivi a carico anche di sedimenti relitti, ovvero formazioni
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sedimentarie fossili eredi di livelli eustatici precedenti, riesumate, rierose e risedimentate, la composizione
mineralogica dei sedimenti costituenti gli arenili è, in generale, influenzata dal sottostante sostrato cristallino.
Le spiagge di fondo baia (Pocket Beachs) più estese contengono di norma sedimenti sabbiosi più classati
(unimodali o al massimo bimodali) sotto il profilo granulometrico e più selezionati sul piano composizionale.
Quelle a Nord di Olbia sono confinate in celle sedimentarie ben delineate per assetto geomorfologico ma
anche piuttosto povere in spessore di volumi sabbiosi e con bassifondi rocciosi ripetutamente in affioramento.
I sedimenti che le riempiono derivano per la gran parte da processi erosivi e selettivi di materiali depostisi in
precedenza (Paleo-dune), durante stazionamenti eustatici antichi e, subordinatamente, da apporti più recenti.
Per questo é tipica in esse la presenza di muscovite, minerale fillosilicatico stabile derivante dal sostrato
gneissico-migmatitico.
Le spiagge meridionali, ovvero quelle ricadenti a Sud della congiungente Olbia - Sa Testa (Punta Aspra e
Punta di Filiu)-Capo Ceraso hanno caratteri assai meno regolari e risultano nettamente influenzate dagli
apporti fluviali storici ed attuali del Riu Padrogiano che risentono visibilmente del sostrato granitoide del
bacino. Di ciò attestano i loro connotati tessiturali (sabbie grossolane poco evolute, persino alla foce),
composizionali (abbondanza di litoclasti e feldspato) e cromatici (da giallo-ocra a bruno-rossastro), tutti
piuttosto diversi dalle spiagge settentrionali (sabbie anche molto fini, con quarzo prevalente, da grigie e
bianche), fatte salve le spiagge del settore Nord della bocca lagunare (generate dagli accumuli artificiali dei
primi escavi eseguiti per la realizzazione della Canaletta di accesso al Porto). Esse infatti rispondono ad altro
tipo di azioni2 e sottolineano quanto l’assetto geomorfologico sia dipendente dai risultati delle interazioni
sedimentologiche ed idrauliche dell’ambiente fluviale e di quello marittimo. In genere tutti tali arenili sono
interessati da deposizioni sabbioso-ghiaiose di tipo fluviale che si mescolano a quelli “fossili” eredi di livelli
eustatici precedenti in ragione della loro distanza dalla foce del Padrogiano.
3.7.1.9
Le colmate artificiali
Si rinvengono solo nell’ambito urbano- L’area emersa subito ad W del Porto Romano di Olbia nell’inviluppo dei
bacini del Riu San Nicola e del Canale Zozò e quella relativa al tratto terminale del Riu S’Eligheddu (all’epoca
riscontrabile come Rivo Gallurese), essendo state sedi, nei primi anni del XX secolo, di massicci interventi di
regimazione e di bonifica idraulica igienico-sanitaria mediante escavazioni, rettificazioni, canalizzazioni,
colmate e riempimenti (cfr. A07 Studio 2014), si contraddistinguono per la presenza di ingenti volumi derivanti
da movimentazioni artificiali. Di tali volumi si dà conto nell’apposita Tavola 11 della cartografia elaborata ai fini
di detto Studio.
Le aree dove in tempi più recenti si sono compiute artificializzazioni, mediante riempimenti e colmate con
materiali di risulta ed annessi rimodellamenti e spianamenti, risultano essere quelle della parte settentrionale
della Laguna di Olbia compresa fra Punta Taulas e Cala Cocciani (Molo Cocciani) e quelle fra Poltu Quatu e
Sa Marinedda (Nuovo Porto Turistico) a Sud. In termini idrogeologici, devono farsi rientrare fra le
artificializzazioni più significative, lo spostamento ad Est della foce a delta del Riu Padredduri, con la
rettificazione del suo corso terminale e la cementificazione dell’alveo e lo spostamento sempre ad est del
tratto terminale del Riu Cabu Abbas, un tempo recapitante sulla palude di Tilibas.
Come si vedrà meglio nella trattazione della Pericolosità geomorfologica del territorio, la descrizione della
presenza dei corpi detritici nei bacini rimane un punto dolente dell’indagine condizionata da una carta
geolitologica PUC che è sostanzialmente sottodimensionata sui corpi detritici o a comportamento detritico, ivi
compresi quelli eluviali, in acaso di saturazione.
2
Spano & Pinna (1956) segnalano lo stato di sofferenza strutturale di tali spiagge in conseguenza delle opere e degli interventi alla foce del Fiume finalizzati alla
funzionalità portuale.
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SE
NW
Intersezione Idrografia
Fig. 46 - Profilo litologico schematico del sostrato granitoide nella Piana di Olbia. La legenda è la stessa della Fig.25
3.7.2 Riepilogo Sintetico Litostratigrafia
Dal basso verso l’alto il riepilogo degli assetti lito-stratigrafici salienti della regione di Olbia possono così
riassumersi
UNITA’ LITOSTRATIGRAFICHE DENOMINAZIONE C.G.I.
Metamorfiti gneissiche
Complesso migmatitico
ercinico
Monzograniti fratturati e
Complesso plutonico
Cortei filoniani
Masse granitiche alterate
Complesso Plutonico
Mantello eluviale,
Calcari e dolomie
ETA’
Precambriano incerto
Paleozoico, Carbonifero sup.Permiano
Fenomeni quaternari
(su litologie del Carbonifero
sup.-Permiano);
Quaternario
Successione della Sardegna Mesozoico, Giurassico
orientale
DESCRIZIONE
Migmatiti leucocratiche, gneiss;
Anfiboliti
Monzograniti inequigranulari
LITOTECNICA
Rocce coerenti litoidi
Alterazioni quaternarie di genesi
chimica e fisica sulle litologie
granitoidi
Coltri arenizzate
Banchi di calcari e calcari dolomitici
stratificati di colore grigio chiaro
Rocce pseudocoerenti,
talvolta incoerenti
Rocce coerenti litoidi
Rocce coerenti litoidi
Mantello alluvionale e/o
detriti di versante
Depositi Quaternari
residuali
Pleistocene e, Olocene
Conglomerati, Ghiaie , limi, argille dei
depositi alluvionali.
Terre incoerenti o poco
coerenti
Depositi quaternari
Ghiaie, sabbie, limi e argille
sabbiose dei depositi
alluvionali e litorali
N.C.
Olocene
Depositi ghiaiosi e sabbiosi di
ambiente deltizio
Terre incoerenti
Attuale
Vari
Terre poco coerenti
Suoli e depositi attuali
Tab.3 - Litostratigrafia (da Carta geologica della Sardegna in scala 1:200.000 (adattato parzialmente modificato)
Nelle figure successive sono esposte in dettaglio le descrizioni della legenda del Foglio 182 della Carta
Geologica ufficiale (S.G.I.) in scala 1:100.000.
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Villafranchiano (?) 1
Brecce con mammiferi (Myotragus
melonii, Inuus inuus, ecc.). Lateriti,
crostoni stalagmitici a capo Figari.
Puddinga in piccoli ciottoli conservata
entro cavità del calcare (Isola di
Tavolara).
2
Conglomerati conchigliari con Conus
testudinarius, Patella ferruginea
e.;(“Panchina Auct.”)
“Panchina Auct.” Tirreniano
3
“Duna antica”: sabbioni, eolianite,
detriti minuti arrossati: “pseudopanchina” Auct. Brecce rossastre,
poco coerenti; con resti di mammiferi
(Prolagus sardus, ecc.) e di uccelli
all’isola di Tavolara e Capo Figari.
Depositi calcariferi incrostanti,
localizzati, con molluschi terrestri
(Helix serpentina, ecc.)
“Duna antica”
Pleistocene
4
Alluvioni attuali e recenti talora
terrazzate e parzialmente cementate
(ghiaie, sabbie, detriti vari torrentizi)
Olocene
5
Detrito di falda, coni di deiezione, suoli
detritici, suoli colluviali
Olocene
6
OLOCENE
PLEISTOCENE
Brecce cementate con mammiferi
(Prolagus sardus; Megaceros
cazioti); terre rosse, sabbioni
cementati con molluschi terrestri (Helix
serpentina) a Capo Figari.
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Sabbie e dune costiere recenti, cordoni a
sbarramento di lagune (qs).
Olocene
7//8
Olocene
9
Spiagge ciottolose (qc)
Formazione deltizia
(Fiume Padrogiano)
Sabbie e limi, lenti
torbose con fauna
palustre e ceramica
d’età énea
Depositi ghiaiosi e
sabbiosi
10
Discariche portuali; argille con molluschi
marini (Olbia)
Tab.4 : Litostratigrafia Quaternario (da Carta geologica d’Italia , in scala 1:100.000, F°182-Olbia). Dal più antico
(1) al più recente (10).
qd
qp
PLEISTOCENE
qc
Spiagge ciottolose (qc)
dt
f
Detrito di falda, conoidi di deiezione, suoli detritici, suoli colluviali
Alluvioni attuali o recenti, talora terrazzate e parzialmente cementate (ghiaie, detriti vari
torrentizi).
Qe
“ Duna antica “: sabbioni edianite, detriti minuti arrossati: “pseudo-panchina” Auct. Brecce
rossastr, poco coerenti; con resti di mammiferi (Prolagus sardus, ecc.) e di uccelli all’Isola di
Tavolara e Capo Figari. Depositi calcariferi incrostanti, localizzati, con molluschi terrestri (Helix
serpentina, ecc.)
Conglomerati conchigliari grossolani con Conus testudinarius, Patella ferruginea, ecc.
(“Panchina” Auct.). TIRRENIANO
Brecce cementate con mammiferi (Prolagus sardus, Megaceros cazioti) : terre rosse, sabbioni
cementati con molluschi terrestri [Helix serpentina] a Capo Figari
Brecce con mammiferi (Myotragus melonii, Inuus inuus, ecc.). Lateriti, crostoni stalagmitici a
Capo Figari. Puddinga a piccoli ciottoli conservata in minuti lembi entro cavità del calcare (Isola
Tavolara). VILLAFRANCHIANO (?)
Q3
Qb
Q
Formazione
marina
Formazioni
continentali
qs
Discariche portuali ; argille con molluschi marini (Olbia)
Depositi salmastri di lagune temporanee (Sebkhe).
Formazione deltizia (Fiume Padrogiano): sabbie e limi, lenti torbose con fauna palustre (Emys)
e ceramica d’età ènea.
Sabbie e dune costiere recenti; cordoni a sbarramento di lagune (qs).
Formazioni continentali
OLOCENE
A
Sedimenti terziari e quaternari
60
G10-11 CALCARE DI MONTE BARDIA- Calcari bianchi, massicci o grossolanamente stratificati,
spesso bioclastici od oolitici, a coralli, nerinee [Cryptoplochus pyramidalis (Muenst.), C.
macrogonius (Thurm.),ecc.] diceratidi ed altri molluschi. Tra i microfossili: Salpingoporella
annulata Car., Clypeina jurassica Favre, Thaumatoporella parvovesiculifera [Rain.],
Campbelliella striata [Car.], Kurnubia palaestiniensis Henson, Favreina salevensis [Par.].
KIMMERIDGIANO p.p.-PORTLANDIANO.
G7-10 FORMAZIONE DI DORGALI-Calcari micritici nocciola ad articoli di crinoidi, alternanze parallele
o irregolari di calcari e dolomie (settore sud-occidentale dell’Isola di Tavolara), dolomie
grigiastre o brune, spesso oncolitiche, talora a noduli di selce, con rari rostri di belemniti,
arenarie e conglomerati basali. BATONIANO-KIMMERIDGIANO p.p.
Siltiti ed arenarie grigie o giallastre a stratificazione incrociata, conglomerati ad elementi
granitici e scistoso-cristallini, sottili orizzonti e vene di lignite picea (I. Tavolara), in sacche tra
granito e la Formazione di Dorgali. LIAS?-DOGGER INF.?
qf
α
B
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Formazioni marine
GIURASSICO
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Filoni ed ammassi di quarzo d’origine idrotermale.
Filoni aplitici, filoni ed ammassi pegmatitici (α);
filoni microgranitici, microgranitico-aplitici e micropegmatitici, talora a due miche (γf).
δF
γdt
γ
γc
γi
γP
γa
σ
Kδ
g
a
gm
γm
Sg
Gneiss occhiadini, listati, zonati, a composizione granitica, granodioritica, e quarzo-dioritica,
ad una o due miche; migmatiti prevalentemente arteritiche.Rari noduli cornubianitici per lo più
al contatto con i Graniti della Gallura.
Anfiboliti ad orneblenda non sempre distintamente scistose.
Migmatiti arteritiche a prevalente paleosoma con intercalazione di lenti e filoncelli, in genere
concordanti, pegmatitici, aplitici e microgranitici, localmente prevalenti sulla frazione
paleosomatica.
Migmatiti per lo più arteritiche a prevalente neosoma.
Metabasiti pirossenico-granatifere a matrice simplettitica (originarie eclogiti?) e rocce
associate (scisti biotitico-anfibolici a granato, ecc.)in masserelle incluse nelle migmatiti a
prevalente neosoma (Punta de li Tulchi).
Formazioni metamorfiche
C
COMPLESSOMETAMORFI
CO-MIGMATITICO
ε
Rioliti a struttura porfirica ed a massa di fondo granulare o granofirica in filoni e, più
raramente, in ammassi; filoni afirici di riolite a struttura granofirica, talora a due miche e con
tendenza aplitica.
Filoni di composizione da dacitica a basaltica; litotipi lamprofirici (spessartiti, camptoniti) con
termini di transizione alla serie dacite-basalto.
Graniti grigio-rosati biotitici, localmente passanti a granodioriti, in genere a grana eterogenea
con prevalenza di componenti di dimensioni medio-grossolane, talora contenentiscie ricche
dibiotite ed inclusi di varia natura (γ).Graniti cataclastici (γ c).
Mantelli eluviali dei corpi granitici e relative facies arcosiche (γ dt)
Graniti minuti o a grana media, rosei o raramente grigi, a sola biotite o a due miche, spesso a
tendenza aplitica, localmente un po’ porfirici, in masse a contorni per lo più sfumati.
Graniti porfirici con massa di fondo a grana media o medio-piccola, sulla quale spiccano
grossi cristalli di feldspato roseo o bianco e plaghe quarzose, localmente contenenti scie
ricche di biotite, chiazze e vene pegmatitiche ed inclusi di varia natura.
Alternanze tra graniti e micrograniti (Zone prossime a Ludurru)
Sienite alcalina (Dintorni di Berchiddeddu)
Masserelle differenziate quarzodioritiche biotitico-anfiboliche a grana a volte fine a volte
porfirica (K δ);
gabbri quarzifero-anfibolici a grana grossa (ε).
Formazioni eruttive
CICLO MAGMATICO ERCINICO
γf
ρF
Tab. 5 .- Legenda stratigrafia F° 182 Olbia della Carta Geologica d’Italia (A + B +C:dal più recente in alto al più antico, in basso)
3.8
QUADRO GEOMORFOLOGICO DEL TERRITORIO DI OLBIA
Esula dalle finalità del presente lavoro la tipicizzazione e la selezione di Unità fisiografiche selezionate in base
a caratteri di specificità ed originalità. Non di meno, per la descrizione geomorfologica del territorio si è operata
una sommaria suddivisione in “ambiti fisiografici”, distinti in base alla loro ripartizione rispetto alle categorie
geografiche di riferimento che sono le seguenti:
 Linea di costa in generale e area interna lagunare o del Porto di Olbia;
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 Aste vallive principali del sistema idrografico del Riu Padrogiano (comprensiva del Delta)
 Aste vallive principali del sistema idrografico del Riu San Giovanni
 Spartiacque principale fra sistemi idrografici principali e Piana di Olbia (comprensiva dei sistemi
idrografici)
Detti ambiti fisiografici possono presentare pertanto caratteri di similitudine. L’exclave (o Isola Amministrativa)
di Berchiddeddu per comodità d’illustrazione viene considerata, alla stregua di un ambito specifico, sebbene in
essa se ne possano riconoscere diversi, di cui si cercherà d’esporre i caratteri salienti.
Di seguito vengono elencati i principali:
1. Piana di Olbia
2. Conoide alluvionale e Piana del Padrogiano
3. Sarra di Cugnana-San Pantaleo
4. Sarre di Monte Santo-Jacumoni-Capruleddu-Maria Grazia-Monti Longu
5. Sarra di Cabu Abbas- Zapparottu
6. Sarre di M.te Telti-Lu Lutagiu-Punta Ruja- Monte Mandrione-Monte Alvo
7. Sarra di Monte Pino
8. Sarra di Capo Ceraso
9. Valle alluvionale del Riu San Giovanni
10. Ripiani di Punta di Filio e di Moriscu
11. Isola di Tavolara
12. Settore di Berchiddeddu
Dall’elenco emerge ad ogni modo l’importanza dei contesti contrassegnati da orografia collinare o di bassa
montagna, con versanti per lo più rocciosi e dal profilo acclive. Il termine “Sarra” costituisce per l’appunto una
modificazione in lingua Gallurese del termine “Serra” che in Logudorese (e soprattutto in Spagnolo) identifica la
presenza di un rilievo relativamente, cioè localmente più frastagliato e tale da assumere un profilo “a denti di
sega”. Stante questa spiegazione, tale termine, proprio per il suo significato e la sua specificità, è stato
volutamente usato e “ripescato” dalle carte storiche del XIX secolo, laddove nelle più recenti fosse stato
dismesso e, ravvisata la sussistenza di medesime condizioni geomorfologiche, è stato impiegato anche nei casi
dove non costituisce necessariamente un toponimo, proprio per sintetizzarne la fattispecie.
Ne consegue che i contesti di cui ai punti n.3, 4, 5, 6, 7 e 8 siano ambiti con caratteristiche geomorfologiche
alquanto simili, al di là di eventuali difformità orografiche, soprattutto nei confronti dei differenziali clivometrici
con gli ambiti circostanti.
3.8.1 La Piana di Olbia
Di certo costituisce la porzione con maggiori peculiarità idrogeologiche, quantunque in sostanza non offra
particolare esposizione al pericolo geomorfologico a meno che non si voglia approfondire in modo efficace e
specifico, il tema dell’erosione (ma, la metodologia RAS non offre le corrette soluzioni al momento per la più
corretta evidenza del problema). Essa è delimitata da un anfiteatro montuoso che la circoscrive, ad imbuto fin
quasi alla costa e dalla costa stessa.
La Piana di Olbia consiste in una depressione strutturale generatasi nell’ambito della ridefinizione interna
all’Horst della Gallura durante la cinematica tardo terziaria del Blocco Sardo-Corso nel Mediterraneo,
verosimilmente connessa all’impostazione del Tirreno occidentale. Essa è quindi in primo luogo il risultato
dell’interferenza fra lineazioni tettoniche principali N60°, impostate sul cosiddetto Corridoio di Monti e loro
coniugate NNW-SSE, nell’insieme responsabili peraltro della struttura morfologica a gradinate tipica del
Limbara e degli altopiani circostanti (Lu Tosu, Altopiano di Telti, Muddizza Piana). Questi altopiani posti a 300400 m (Plateaux, Auct.) si raccordano ad essa con pendenze anche discretamente elevate (25%) a partire da
quote prossime ai 100 m, che possono spingersi fin quasi al livello del mare.
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Lungo le aree pedemontane il rilievo appare, dal punto di vista pedologico-sedimentologico, notevolmente
denudato non appena aumentano le acclività; con l’incremento delle quote, dalle coltri arenizzate si passa a
sola presenza di regolite con accumuli di versante sovrastanti, testimoni di antichi fenomeni gravitativi. Il
paesaggio è quindi contrassegnato in ambito intrusivo dalla presenza di forme residuali dell’alterazione dei
graniti tettonizzati (Tafoni, Boulders, Tor, Inselberg, “Pietre Ballerine”). Il contorno della piana, verso Ovest,
come detto è definito in larga misura dallo spartiacque che separa la ben nota idrografia di Olbia (S’Eligheddu,
San Nicola) dai sistemi a carattere più regionale (Padrogiano e San Giovanni). In esso trova comunque il
modo di farsi spazio qualche torrente esterno alla Piana. Avendo come punto di osservazione il Centro abitato,
da Sud verso Nord (in senso orario) si percorre un ideale anfiteatro, seguendo la linea d’’inviluppo dei rilievi di
seguito elencati: Monte Telti (Punta Lu Lutagiu, Punta Ruja), Albitrene, I Lacuneddi, Monte Campu, Stazzo
Capruleddu, Monte Pedracassa, Sarra di Monte Pinu, Punta di Lucciu, Monte Picchiecchio, Punta de Su
Quadreddu, Monte Plebi (Punta de Su Aspro), Li Puntitti, Monte Nura Catena, Monte Cabu Abbas, Monte
Zapparottu (nome locale “Sa Bandela”), Monte Nieddu, Monte Alvu, Monte Padronu, Monte Sa Serra, Punta
de Su Aspru. In questa sequenza, l’inviluppo è certamente dominato dalle forme frastagliate del complesso
intrusivo fino a Su Quadreddu; verso Est, cioè da Mote Plebi subentrano le Migmatiti, dal contorno
superficiale meno accidentato e con quasi nessuna incidenza di forme isolate e residuali, che invece
riprendono poco ad Est della Sarra di Cabu Abbas (bacino Riu Padredduri-Su Balidone) fino alla costa.
L’allineamento di Monte Telti con Monte San Michele e l’inviluppo delle colline minori sino alla costa a Nord e
la piccola Sarra di Conca Onica-Micaleddu a Sud, di fatto isolano strutturalmente l’appendice del TannaulePaule Longa –Serra Elveghes dalla Piana di Olbia vera e propria a Nord e da quella del Padrogiano a Sud.
Tuttavia ai fini della presente trattazione tale appendice è ascritta alla Piana di Olbia per cui le due Piane (di
Olbia e del Padrogiano) sono in comunicazione geografica in località Zucchitta, nella quale il Riu San Simone
(proveniente dai versanti Est del Limbara) s’innesta in Sx nel Riu Enas.
All’estremità orientale della piana costiera si è ridefinita, con l’ultima risalita eustatica postglaciale, una costa di
sommersione a Rias che si sostanzia con la presenza della Laguna divenuta porto nel XIX secolo.
Dell’origine e della funzione idrografica di tali tratti geomorfologici, nonché della loro rilevanza in ambito
regionale, testimonia ancora il sistema fluviale del Padrogiano, uno dei più importanti dell’isola ma terminante
in una morfostruttura esterna alla Piana di Olbia che ha riferimento con l’unità fisiografica definita dalla Piana
alluvionale del Padrogiano (illustrata a parte).
Al contrario di questa, la depressione di Olbia che non è mai stata riempita da sedimenti terziari, appare
piuttosto deficitaria anche nell’ambito delle coperture pleistocenico-oloceniche. Si è visto infatti che almeno in
affioramento i sedimenti alluvionali in senso stretto si collocano sul bordo del perimetro costiero in prossimità
del porto attuale, in ambito prevalentemente sommerso (cfr. scavi tunnel area portuale; [92]); affiorano invece
ma restano comunque limitati ad una frangia, nelle sviluppo spaziale più esterno nell’area industriale
(Documento U in par. 1.5 Ricerca documentale e altre fonti tecniche). Tale circostanza, dal punto di vista
geomorfologico, individua una condizione complessiva e perdurante di esposizione all’erosione che si
manifesta in una generale assenza di significative coperture e in una condizione di sovraescavazione dello
stesso mantello eluviale rappresentato dalle coltri arenizzate del granito, almeno fino ai livelli marini attuali. Il
quadro è coerente con l’ipotesi che l’intera idrografia della Piana sia il relitto di una più ampia paleo-idrografia la
cui asta principale, spingendosi ben oltre l’attuale delta affogato in laguna, fosse alimentata nel tratto
attualmente sommerso dalle paleo-terminazioni di tutta quella serie di Rii minori che al presente attraversano
l’abitato di Olbia, ovvero il Riu S’Eligheddu, il Riu San Nicola, Riu Gadduresu, il Cabu Abbas e il Padredduri e di
altri ancora, nel settore fra Pittulongu e Golfo Aranci (del significato geomorfologico ed idraulico in passato di
tale idrografia “minore” anche in epoca storica, possono tuttavia essere chiamati a testimoniare i sedimenti
alluvionali, alternati a palustri e marini, recentemente messi in luce con gli scavi del Tunnel presso l’area
portuale per un totale di 6-8m, per lo più al di sotto del livello del mare).
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Fig. 47 - Stralcio da Tav. IGMI storica F°182 IV SE –Loiri (rilievo 1896; ricognizioni parziali, 1931)- Si noti ai fini idraulici, il lago di Casteddu a quote
di 25-26m s.l.m.. La depressione attualmente esistente costituisce fascia fluviale di espansione per il Riu Padrogiano.
Per quanto attiene al sostrato, appaiono diradate anche le sue coperture eluviali nell’area assiale della piana,
la meno elevata e con potenze della coltre arenizzata discontinue e limitate, in media a 2-3m, talora meno,
mentre verso monte, nel tratto pedemontano gli spessori del mantello eluviale aumentano significativamente
almeno fino ai livelli d’erosione guidati dall’acclività. Benché non possa dirsi sussistere un legame fisso fra
quote e stato dell’arenizzazione del sostrato granitoide, è piuttosto evidente che in tutta la Piana di Olbia, nel
tratto altimetrico fra i 25m s.l.m. e i 50m, dove non mancano gli ammassi isolati e le alture rocciose di cui ai
punti 1, 2 dello schema di Fig. 25 lo stato di alterazione del granito si configura più spesso come quello
tipicizzato al punto 3 e in subordine al n.4. Le stesse trincee sulla Circonvallazione attestano di una importante
presenza di rocce molto fratturate afferenti alla litofacies n.3. La litofacies n.4 è più presente nei settori di
basso topografico (10-25m), in condizioni di più bassa acclività.
In ogni caso tutti i settori a media acclività ai piedi delle Sarre che definiscono l’anfiteatro di Olbia, esclusi
settori a migmatiti, documentano la presenza di arenizzazioni più o meno spinte. Di ciò attestano le varie
“Tanche” presenti nell’anello che va da Pinnacula a Putzolu (in senso antiorario).
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Piana Olbia
in s.s.
Appendice
Piana Padrogiano
Fig. 48 - Schematizzazione morfostrutturale della Piana di Olbia contornata dall’inviluppo dllo spartiacque dei deflussi convergenti sulla Laguna di
Olbia.In rosso direttrici delle strutture tettoniche. In blu i limiti orografici della Piana di Olbia propriamente detta, più o meno coincidenti o ad esse
ortogonali e correlate (coniugate). In nero i limiti di/con altre strutture
Resta il fatto che sia il S’Eligheddu che il San Nicola nel tratto urbano scorrono entro valli piuttosto ampie con
forme decisamente residue di terrazzamento al contorno, soprattutto sul S’Eligheddu (Tanca S’Accutadorza),
ritagliate sul sostrato alterato e non su alluvioni. Gli alvei in origine, cioè al netto della rispettive canalizzazioni
(che parrebbero averli approfonditi, non solo nei tratti più distanti dalle foci), sono relativamente poco incisi e
con tendenze alla sinuosità. Non sono affatto incisi inoltre, i rami a minima gerarchizzazione (Zozò/Gialdinu;
Tannaule) che, in base all’interpretazione assunta, non possono essere altro che corpi idrici connessi
esclusivamente con il livello del mare attuale cioè senza una storia precedente. Sotto questo aspetto anche il
tratto urbano del Gadduresu parrebbe avere una struttura recente e non è affatto da escludersi una paleo
idrografia con confluenza nel S’Eligheddu ben più a monte di quella odierna.
3.8.2
La Piana Costiera e la ria di Olbia
La Ria di Olbia è disposta sul prolungamento assiale della Piana di Olbia. Come accennato precedentemente,
la parte più interna della Ria deve considerarsi di fatto, una Laguna compromessa dallo stato di
artificializzazione che a partire dal XIX secolo si è imposto sull’evoluzione naturale. Essa si è definita
all’estremità orientale della piana costiera, con l’ultima risalita eustatica post-glaciale, come parte di una costa
di sommersione a Rias ed è contrassegnata da numerose aree umide palustri, sottese ai modesti bacini
idrografici a regime torrentizio e da questi alimentate.
Alcune di tali aree sono state oggetto in passato di bonifiche a scopi igienico-sanitari, sia in aree di transizione
(Salinedda San Simplicio) che più all’interno (Colcò). Fino ai primi del ‘900 infatti sopravvissero i laghi naturali
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di Colcò e di Casteddu, ubicati in depressioni endoreiche di origine tettonica. alimentati dalla falda subalvea del
Riu Padrogiano. Tuttavia tutto l’abitato originario di Olbia (Terranova) era contrassegnato da depressioni
morfologiche ospitanti paludi o stagni. Gran parte di queste sono state oggetto progressivamente di colmate,
inalveamenti e regimazioni. Alcune tuttavia sono state deliberatamente urbanizzate senza le necessarie
contromisure idrauliche.
Fig. 49 - Ricostruzione delle paleo linee di riva dall’Olocene, nel Golfo di Olbia23
Per quanto attiene alla sua evoluzione, si ammette in sintesi che l’intera idrografia della Piana sia il relitto di
monte (“testata”) di una più ampia paleo-idrografia di epoca Wurmiana (70.000-19.000 y. B.P), Questa
idrografia, stanti gli elementi batimetrici e paleo-batimetrici in possesso (cfr. Fig. 3), doveva necessariamente
essere sottesa all’asta principale corrispondente ad un paleo Riu Padrogiano, il quale spingendo la foce ben a
valle dell’attuale delta del Padrogiano (si consideri che il LGM ammette una profondità a -135 m s.l.m. attuale),
veniva alimentata nel tratto attualmente sommerso dalle paleo-terminazioni di tutto il sistema idrografico di Rii
che oggi attraversano l’abitato di Olbia (San Nicola-Abba Fritta, S’Eligheddu-Gadduresu, Padredduri-Cocciani,
Cabu Abbas, e di tutti i restanti dislocati nel settore Sud (Paule Longa alias Ena Frisca) e Est fra Pittulongu e
Golfo Aranci. Tutti questi, all’epoca (circa 20 ka), in sostanza fungevano da testate montane (1°ordine
gerarchico, sensu Horton-Strahler) di affluenti minori di sinistra ed hanno continuato ad esserlo fino al
raggiungimento del livello eustatico attuale posteriormente ai 3-4 ka, in base alla ricostruzione di Fig. 6, rispetto
alla quale la parte emersa del delta del Riu Padrogiano potrebbe essersi messa in posto in un arco di tempo di
2-3000 anni.
Attualmente si tratta, nel complesso, di corsi d’acqua a carattere torrentizio con una rete a sviluppo subdendritico ad alta densità di drenaggio, discreto rapporto di biforcazione, quindi ben gerarchizzata rispetto
all’estensione, sia per ragioni geo-litologiche che morfologiche. Tali caratteristiche morfometriche sono ben
individuabili e nella fascia altimetrica superiore ai 100 m s.l.m. appaiono ben più marcate che a valle dove, a
partire dagli 80-100 m, la rete tende a rarefarsi, riducendo sensibilmente la densità di drenaggio, fin quasi a
rettificarsi, per poi propendere a divagare nel tratto terminale (E’ da qui in poi che sui corsi d’acqua sono state
adottate nel secolo scorso misure di controllo e regolazione del flusso con opere di regimazione).
L’osservazione della idrografia (Fig. 50) mostra chiaramente:
23
Porqueddu A., Antonioli F., D’Oriano R., Gavini V., Trainito E. & Verrubbi V. (2011): Relative sea level change in Olbia Gulf (Sardinia, Italy), a historically important
Mediterranean Harbour. Quaternary International 232, pag. 21-30.
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una tendenza dei corsi d’acqua a raccordarsi verso Est, in direzione della Ria di Olbia che deve, pertanto,
considerarsi, come detto, l’erede di una valle fluviale sommersa dalla risalita del livello marino (paleo
idrografia);
un deflusso chiaramente condizionato da direttrici NW a SE (assi N300°-320°) a N di Olbia, più irregolare
a S di Olbia, che sono quelle che strutturano la Piana e condizionano l’inviluppo dei bacini idrografici;
un settore legato al Padrogiano (Regione d’Olovà) in cui in passato doveva registrarsi, in un contesto
idrologico dissimile dall’odierno, lo sfondamento verso Est (attuale Laguna delle Tartanelle) del Riu della
Castagna, attuale affluente in Dx del Padrogiano (spartiacque con tratteggio in Fig. 50).
Il Riu Padrogiano infatti termina con foce a delta nella Laguna di Olbia ed in esso riversa periodicamente
abbondanti apporti di torbide e di detriti in ragione delle portate associate ai singoli eventi idrologici. In tale
contesto il fiume ha avuto storicamente uno straordinario ruolo nel recapito a mare di sedimenti e nel
modificare, per loro pro gradazione, il profilo della costa. Anche per tale ragione e contrariamente a quanto si
ritiene, l’insenatura a ria di Olbia non costituisce affatto un porto naturale sedimentologicamente stabile o
geomorfologicamente in equilibrio.
Ad W di Olbia, dal Monte Limbara, in direzione ESE, si dirama un importante sottosistema tributario a pochi
chilometri dalla foce, del Riu Padrogiano (Riu Taroni-Riu S. Simone; n. 1 in Fig.6), decisamente il più
importante dell’area. Verso di esso recapita anche la rete (Riu Lerno-Riu Castagna-Riu de su Piricone; n. 3 in
Fig. 5), proveniente dal Monte Nieddu (970 m), al confine con le regioni denominate Salti di Buddusò (a W) e
Baronia (a S).
All’interno della rada, da Ovest ad Est, si riversano inoltre il Riu S’Eligheddu-Riu Gadduresu, il Riu S. NicolaRiu de S’Abba Fritta, entrambi abbondantemente artificializzati nei tratti terminali sin dall’inizio del secolo
scorso, il Riu Gialdinu (altrimenti noto Riu Zozò; anch’esso realizzato tramite inalveamento e regimazione con
l’intervento del 1902 sulla Palude di Salinadda), il Riu di Cabbu Abbas, il Riu Padredduri-Riu Su Balidone-Riu
Cuggiani, deviati e “sistemati” in tempi più recenti per lasciar spazio a lotti della zona industriale ed, infine,
alcuni compluvi minori con foce sempre nel settore a settentrione, in località Scalo delle Draghe e Pozzo Sacro.
La Laguna determina una riduzione delle quote delle condizioni al contorno di foce relative alle condizioni
marittime. Tali altezze vengono computate in circa 1,00m s.l.m.m. a differenza di gran parte dei paraggi
esposti della Sardegna, per i quali il PSFF predetermina condizione al contorno di 1,80m che di norma vengono
confermati dagli eventi. Durante l’alluvione di Olbia del 18/11/2013 i riscontri confermano un effetto
complessivo di risalita del livello marino di circa 1,00m che ovviamente ha ostacolato il deflusso dei canali alle
foci, in particolare quelle gravate di ponti con franco irrisorio (+0,50m e 0,60m sono i franchi misurati sulle 2
tipologie di luci presenti sul San Nicola).
3.8.3
L’idrografia del territorio di Olbia
Sappiamo della estrema complessità, della regimazione e della pericolosità dei sistemi idrografici che
defluiscono all’interno del centro abitato per i quali si rimanda agli appositi studi idrogeologici redatti nel 2014
dal Comune. Meno risalto cognitivo è stato dato (da PAI, PSFF etc.) alla rete che defluisce all’esterno
dell’abitato e in genere a quella di ambito rurale, quantunque assai spesso abbia riscontrato della sua
pericolosità anche a dover limitare l’attenzione solo agli ultimi 15 anni. E’ diessa, quindi, che si riferirà di
seguito, brevemente soprattutto per le sue implicazioni con le dinamiche di trasferimento dalle aree di recapito
sui versanti e, dunque, con la problematica dei dissesti gravitativi “a monte” e del trasporto solido “a valle”.
Per quanto detto nei paragrafi precedenti, dunque, la strutturazione tettonica e l’evoluzione morfoclimatica
hanno determinato lungo le più importanti aste torrentizie dei bacini idrografici principali, più tratti in condizione
pedemontana. In ognuna di esse i tronchi costituiscono di conseguenza aree di trasferimento dei volumi
sedimentari conseguenti all’erosione montana su versanti e compluvi. Ciò si traduce nella presenza per lunghi
tratti, di robusti serbatoi sedimentari di ricarica a contatto degli stessi corsi d’acqua, a loro volta alimentati ed
alimentabili ulteriormente dai compluvi di basso ordine che ai bordi degli altipiani e presso le Sarre possono
essere coincidere in parte o del tutto con “canaloni” riempiti di pietrame e di blocchi, spesso in contesti ancora
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arenizzati o comunque con diffuse regoliti o coperture detritiche di versante. Si inizia a spiegare in tal modo
quindi l’origine del robusto trasporto solido in occasione di eventi con portate pluridecennali.
Fig.50: Schema della rete idrografica (naturale ed artificializzata) defluente sulla piana di Olbia e convergente entro la Rada. In
Celeste: Idrografia del Riu Padrogiano; in Blu e Verde: le restanti minori. In Rosso ed Arancio: tracce dei principali segmenti di
spartiacque fra tali reti; in Giallo: principali tratti tombati ricostruibili; in Rosa: fosso di guardia a monte dell’area industriale.
Questo è infatti ciò che si osserva in genere (e a maggior ragione a seguito dell’evento del 18/11/2013)
sul Riu Palasasole, sul Riu Enas, sul Riu San Simone, Sul Riu Padrogiano, sul Riu La CastagnaPiricone, sul Riu Nannuri, sul Riu Toltu, sul Riu San Giovanni, quantunque sia già piuttosto indicativa la
sola valutazione dei relativi spettri granulometrici alle varie sezioni dei tronchi. In ognuno di essi, nei tratti, si
ribadisce, con caratteri pedemontani, si registrano posteriormente alla piena del 2013 spostamenti di sedimenti
grossolani (anche pluridecimetrici nelle dimensioni medie), fino a generare talora cumuli e concentrazioni
eterometriche non classate, che oltre a indicare robuste azioni di trascinamento sul fondo ed erosive
laterali, suggeriscono anche della possibilità che nel corso dell’evento si siano manifestati deflussi
iperconcentrati. Questo è dunque, da subito, ciò che s’intende evidenziare in questa sede, anche in ragione
del fatto che tali caratteristiche esprimibili solo con le portate e le velocità elevate degli eventi più intensi,
possono essere cagione di erosioni spondali dai caratteri parossistici, ovvero profonde per arretramento e
comportanti magnitudo elevate anche in ragione delle altezze dei terrazzi e possibilità di evoluzione in frana.
Un caso eclatante è quello della sponda Dx del Riu Enas, poco a valle della confluenza col Riu Palasole in
regione Zabatta, richiamato nelle Figg.40, 41 e 44 .
La rete di drenaggio che interessa il territorio extraurbano è proporzionalmente assai più sviluppata di quella
urbana, innanzitutto per assenza di regimazioni, rettificazioni, canalizzazioni e bonifiche ma anche per ragioni
sia orografiche, ovvero l’ambito montano e collinare di deflusso, che geoidrologiche. Non v’è dubbio che gli
indici di biforcazione delle aree interne superano quelli che si registrano nell’idrografia cittadina.
In questa sede si discuterà soprattutto di quella rete che non è in contatto idrografico con quella che defluisce
sul centro abitato, ovvero sulla Piana di Olbia, per la cui illustrazione si rimanda agli appositi studi idrogeologici
redatti nel 2014 dal Comune.
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II collettori principali, per portate liquide e solide, per estensione e perimetro del bacino, lunghezza dell’asta e,
in genere, per gli aspetti morfometrici, sono:
 il Riu Padrogiano
 il Riu San Giovanni
E’ da notare che, dato il maggior sviluppo relativo delle aste principali e dell’area di drenaggio, nessuno di essi
scorre per intero nel solo territorio di Olbia.
Fra i due corsi d’acqua il più importante per gli aspetti idrologici e morfometrici, è quello che nel suo tratto
terminale viene chiamato Riu Padrogiano. Il suo bacino di superficie pari a circa 435 Kmq è sotteso alla più
esplicita foce a delta della Sardegna, disposta ai giorni nostri in parte nella Laguna di Olbia e in parte nella
Rada costiera esterna a questa, cioè in mare aperto. L’evoluzione olocenica prima (con deviazione
dell’originario corso sul ramo denominato Riu de su Piricone) e la realizzazione dell’argine in Dx (anni ’30) ne
hanno fortemente modificato l’assetto, circoscrivendone e concentrandone l’azione morfodinamica e di
ripascimento costiero.
Per diverse ragioni fra cui, estensione, complessità e naturalità complessiva (scarsa interferenza antropica, fra
cui assenza di invasi), è stato studiato come bacino prototipo nell’ambito del Piano Stralcio delle Fasce Fluviali
ed a questo si rinvia per ulteriori dettagli. Si noti tuttavia che il PSFF ha studiato secondo criteri idraulici il solo
ramo proveniente da Ovest (rete idrografica comprendente Riu de Sa Piana, Riu San Michele e Riu San
Simone) e marginalmente quello meridionale proveniente da Padru (Riu La Castagna-Piricone etc.) ma non ha
investigato affatto il Riu Palasasole (proveniente da Padru e dal territorio dell’isola amministrativa di
Berchiddeddu). E’ in questa regione montuosa e precisamente dai versanti con spartiacque su Monte
Salvannori (540m), Filighe Masciu (510m), Su Laccu Canu (591m), Nodalvu (504m), Corru Murone
(623m), Monte Sa Pianedda (819m), Monte di Pinu (702m), Punta Lurumasino (647m), Punta Torrione
(679m), Contra Ruja (598m) e Contra Giobadas (574m) che ha origine un primo importante sistema
idrografico montano. Detto sistema è formato (in senso orario) da Riu Sciaseddu-Riu di San Tommeo, Riu
Codalonga, Riu (proveniente da) Sa Pianedda, Canale dell’Inferno e Riu di Lu Colbu, i quali confluiscono in un
primo nodo pedemontano localizzato fra gli abitati di Trainu Moltu, Pedru Gaias e Sos Coddos/Li Coddi,
sottendente un bacino complessivo di oltre 20Kmq, a valle del quale si passa alla denominazione in Riu Sos
Campittos del tronco. A valle di tale nodo l’alveo scorre ripetutamente confinato in brevi forre rocciosa o
comunque su fondo inciso in roccia, che si avvicendano a più lunghi tratti parzialmente confinati, passando da
assetto a Rapid, Cascade, Step pool a Riffle pool o viceversa, in funzione delle condizioni di denudazione del
letto. In questo primo tratto di circa 4,5Km Km, riceve in Sx il Riu Nurattolo, Il Riu Mandras e il Riu
Salconazzos-San Paolo (poco a valle della confluenza in questo del Riu Sa Rughe) e il Riu de Sa Castanza e il
Riu Gravilasu in Dx. In base alle osservazioni post evento 2013, l’alveo, in corrispondenza della confluenza col
Riu San Paolo (in realtà poco a monte) diviene molto ampio (raddoppia la sezione di monte) con assetto
soprattutto a Riffle pool. Il suo fondo, fino all’ingresso del Riu Gravilasu in Dx, cioè per circa 0,6Km, malgrado
l’evidenza dell’azione erosiva, appare sovralluvionato ma soprattutto estremamente ricco di sedimenti
grossolani decimetrici e pluridecimetrici, quantunque prevalgano ghiaie e sabbie. A valle del Gravilasu sino al
confine con Monti, si ritorna alla condizione di alternanza con prevalenza di fondo roccioso a Step pool e
Cascade su fondo misto ghiaioso a Riffle pool.
Dall’esame del reticolo idrografico si ricava ad ogni modo che alla genesi ed all’importanza del Padrogiano
contribuisce la relazione idrografica ed idrologica col baricentro idrografico regionale del Monte Limbara
(statisticamente accertata come una delle aree più piovose in Sardegna, almeno secondo i dati storici [65]).
Infatti da qui in direzione Est-SudEst, si dirama l’importante sottosistema idrografico del Riu Taroni-Riu S.
Simone, tributario in Sx del Riu Enas, in regione Burrai, cioè 3,5Km a valle della stretta di Monte Alvo (169m).
Mentre da Sud, precisamente dal Monte Nieddu (970 m), al confine con le regioni denominate Salti di Buddusò
(a OVEST) e Baronia (a S), nei territori fra Padru, San Teodoro e Budoni, proviene il ramo denominato Riu
Lerno-Riu Mannu-Riu La Castagna (si veda quanto poc’anzi detto sul Riu Palasasole), noto soprattutto perché
ripetutamente interessato da piene (peraltro non solo negli ultimi anni) ma soprattutto da menzionarsi per la sua
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capacità di trasporto solido e le sue caratteristiche sedimentologiche (da notare che parte dell’area di
alimentazione è attigua a quella del Riu Palasasole (vedi oltre)
Il Riu Padrogiano termina con foce a delta nella Rada di Olbia nella quale si riversano periodicamente
abbondanti torbide fluviali. Essa, anche per tale ragione e contrariamente a quanto si ritiene, non costituisce
affatto un porto naturale sedimentologicamente stabile o geomorfologicamente in equilibrio. Semmai, possiede
i connotati naturali di una laguna (pre-laguna) che necessita di periodici interventi umani in corrispondenza
della “bocca”, per garantire, malgrado le tendenze all’insabbiamento, la funzionalità della navigazione.
Fig. 51 - Il circolo rosso indica il guado sommergibile di Via Stazzi Montiruju
Il San Giovanni interessato dall’alluvione del 18/11/2013 e da quella del 01/10/2015, ha superficie inferiore
(183 Kmq) ed è alimentato sostanzialmente da tre rami idrografici:
 il più meridionale defluisce in buona parte da una rete che sottende le creste montuose subito a Nord di
Olbia (dalla Sarra di Monte Pinu a Monte Plebi) e la Sarra di Monte Santo e che è sottesa alla valle del
Riu Lamaghioni-Riu Li Batiti-Riu Toltu che costituisce il tronco principale con origine in territorio di
Sant’Antonio di Gallura;
 quello occidentale fa riferimento (da monte verso valle), quest’ultimo al Riu Paulu Azzuiu (denominazione
che si ritrova solo sui vecchi IGM risalenti al XIX sec.) e al Riu di Montilongu proveniente in parte dal
territorio si Sant’Antonio e con confluenza in quello di Arzachena;
 quello orientaale alimentato (da monte verso valle) dal Riu Masciumarega e dal Riu Saraghinu (La
Trigghia, Fosso Frati Saracati, Li Rimagghi), provenienti dai versanti della Serra di San Pantaleo (o di
Cugnana).
Esso, è per buona parte impostato lungo un corridoio strutturale che si diparte a NW di Olbia ed è ricoperto da
importanti coltri alluvionali almeno a partire dal suo tratto pedemontano terminale (a valle della rete
convergente della “conoide” di monte, localizzata ad Est della Sarra di Monte Santo). In tal modo l’alveo inciso
non risulta essere più confinato da poco a monte del ponte di San Giovanni sino alla foce deltaica nella Laguna
di Cannigione.
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Le evidenze posteriori all’evento del 2013, mostrano una particolare espansione dell’alveo soprattutto a valle
della sezione del ponte distrutto di San Giovanni e suggeriscono della possibilità che nel corso dell’evento si
siano determinati impulsi di piena con flusso iperconcentrato (oltre che dinamiche anomale per effetto
ostruttivo e successivo collasso di parte dei manufatti del ponte andato distrutto nella piena del 1974).
Di importanza relativamente inferiore, sono le reti che si diramano con altre direzioni e deflussi dalla Serre in
prossimità della costa come la Sarra di Cugnana o relativamente più interne, come la Sarra di Monte Pino, la
Sarra di Monte Santo e la Sarra di San Giacomo-Punta Jacumoni (Lettu di Fica).
Nello specifico abbiamo:
 Serra di Cugnana: Fosso Casagliana-Riu La Conciaredda; Riu Coscicani; Fosso Frate Ghelardi; Fosso
La Radditta (e come detto il Riu Saraghinu; Riu Masciumarega);
 Sarra di Monte Pino: parte del Riu S’Eligheddu dal versante Sud (e come detto il Riu Lamaghioni-Riu di
Batiti-Toltu dal versante Nord)
 Sarra di Monte Santo: vari minori (e come detto il Riu Lamaghioni-Riu di Batiti-Riu Toltu dal versante Sud;
il Riu Paulu Azzuiu dal versante Nord)
 Sarra di San Giacomo-Punta Jacumoni: Riu Brusciatu e il Riu La Tegghia (affluenti del Riu di Montilongu
e come detto il Riu Paulu Azzuiu dal versante Sud e il Riu di Montilongu dal versante Nord.
Riu Paulu Azzinu
La Ena di Li Contralti
Fig. 52 -Nel circolo rosso: il nodo idrografico a valle del guado di via Stazzi Montiruju compreso fra la confluenza nel Riu Toltu
dei torrenti provenienti da M.te Plebi e la confluenza del Riu Paulu Azzinu, proveniente da P.ta Littu Petrosu (642m;
Sant’Antonio di Gallura). La rete occidentale drena la Sarra di Monte Santo
Tale idrografia è per lo più impostata su di un assetto montano con alvei confinati ed incisi, e condizioni del
fondo passanti da Rapid-Cascade a Step Pool e Riffle Pool, che contribuiscono al carico solido della rete
sottendente di valle o al recapito costiero.
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Nell’area del’isola amministrativa, in contesti geomorfologici analoghi a quelli sottesi al Riu Palasasole, si
generano anche:
 il Riu Tiriddoi e il Riu de La Tovaredda, tributari del Riu de Li Traesseddi (affluente di Sx del Riu MannuRiu La Castagna) presso Azzanì, in territorio di Loiri-Porto San Paolo;
 il Riu Sorilis, proveniente da Punta Su Tantarile (729m) e da Punta Sorilis (709m) e il Riu de Sa Pira,
provenienti da Sa Pianedda (819m), entrambi tributari del Riu Pannuzzu-Riu de S’Elema (affluente del
Coghinas).
In tutte le pianure immediatamente sottendenti questo genere di versanti (che come detto comprendono anche
quelle costiere) si evidenzia dunque una certa immaturità geomorfologica anche come eredità dei movimenti
glacio-eustatici per cui, il colmamento deve considerarsi processo in atto per progradazione ed
aggradazione dei sedimenti dell’onlap costiero solo nelle valli terminali.
La sostanziale assenza di terrazzamenti antichi in quasi tutte le vallate, assieme alla negatività delle quote dei
tratti terminali di alcuni Thalweg (quest’ultimo aspetto è peraltro apparso generalizzato, al netto degli interventi
umani, all’intero territorio regionale, per il tramite delle informazioni topografiche assunte col PSFF-RAS), sono
la conferma di un bilancio negativo a partire dalla sovraescavazione pleistocenica contemporanea al massimo
glaciale (LGM).
3.9
SISMICITÀ
L’intero territorio della Sardegna risulta essere inserito nella Zona 4 della riclassificazione sismica nazionale operata
attraverso l’O.P.C.M. 3274/03 (si veda anche la Deliberazione G.R. 15/31 del 30.3.2004). In tale sfondo non sono
state elaborate ulteriori suddivisioni o zonazioni da parte della R.A.S., né sono stati forniti contributi o articolazioni
inerenti le palesi differenze territoriali riscontrabili nella sia pure debole pericolosità sismica. E’ noto, infatti, che il
territorio Nord Orientale e Meridionale della Sardegna possano risentire, sia pure debolmente (M.C.S.= 4-5), della
sismicità delle strutture tettoniche attive sia del Margine Ligure (o in generale del Mediterraneo occidentale) che di
quello tirrenico occidentale e del Canale di Sardegna.
Taluni degli epicentri sismici sono posizionati alcune miglia a Est e Sud Est del Golfo di Olbia, altri sono stati
riscontrati nella parte settentrionale del mediterraneo centrale ad W della Corsica, altri nel Canale di Sardegna.
Con riferimento a tutto il 2012, gli eventi più recentemente registrati ed avvertiti sono stati quelli del:
 26/4/2000, con magnitudo Md = 4,8-4,1 della scala Richter all’epicentro sulla verticale delle strutture
tirreniche (alcune miglia ad Est di Posada);
 03/03/2001
(4.2 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
 21/04/2001
(3.5 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
 10/02/2002
(3.1 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
 20/10/2003
(3.1 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
 12/12/2004
(4.2 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
 18/12/2004
(4.3 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;
 15/10/2008
non classificato, più debole e avvertito nel medesimo settore geografico;
 09/11/2010
(magnitudo Md = 3,3 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al Largo
della Corsica; avvertito nel Sassarese
 28/07/2011 (magnitudo Md = 5,2 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al Largo della
Corsica; avvertito nel Sassarese
 04/03/2012
(magnitudo Md = 4.6 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al Largo
della Corsica; avvertito nel Sassarese.
La Fig. 54 riporta la zonizzazione macrosismica assegnata alla Sardegna in conseguenza del sisma del 26/4/2000,
segnalato come quello a maggior magnitudo fra i più recenti e avvertito in una vasta area della Gallura, soprattutto a
Olbia, Loiri-Porto San Paolo, San Teodoro e Budoni. A tale riguardo, appare interessante, ai fini della presente
relazione, evidenziare come nella banca dati dell’I.N.G.V. del C.N.R. risultino i seguenti riscontri, relativamente alla
scossa sismica:
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Olbia
Posada
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Generalmente avvertita. scene di panico tra i turisti che si trovavano in una piazza. Vibrazione di
pavimenti; tintinnio di pentole e bicchieri; oscillazione di lampadari; porte e finestre si sono
chiuse/aperte; divani e poltrone si sono spostati. La popolazione si è riversata nelle strade. Leggere
crepe e filature sono segnalate nei tramezzi di alcuni edifici. Qualche pezzo di intonaco è caduto,
qualche vaso rotto e una credenza rovesciata.
Generalmente avvertito; molta gente ha preferito uscire in strada, i vetri delle finestre, i letti e le
scrivanie hanno tremato.
(si noti che normalmente a Md=4,8 corrispondono effetti sull’epicentro pari a M.C.S. = 7-8; la localizzazione
dell’epicentro a circa 25 Km dalla costa spiega, però, l’attenuazione dei fenomeni avvertiti in questo caso).
Molto rilevante, a fini statistici e storici, è stato anche il sisma del 13 /11/1948 (area ipocentrale Mar di Sardegna, Io =
6.0 e MCS = 4.3), oggetto di studi speditivi da parte del G.N.D.T. (1994) che hanno portato alla compilazione della
successiva tabella delle intensità (Tab. 6; si ricorda che la soglia del danno è quella di Io > 5-6).
Sulla base degli allegato all’ O.P.C.M. n. 3274/03 e s.m.i., poiché appartenente alla Zona 4, il territorio è classificato
come sismico e risulta con accelerazione sismica orizzontale ag/g ≤ 0,05 , con probabilità di superamento pari al 10%
in 50 anni. Il dato va tuttavia rielaborato e ricalibrato in base ad una specifica micro zonazione (cfr. DM 14 gennaio
2008: “Norme Tecniche per le costruzioni” - NTC ‘08).
L’attribuzione alla Zona sismica 4 può consentire, alla luce delle NTC/2008, la conservazione delle convenzionali
procedure di verifica geotecnica, in considerazione delle caratteristiche delle costruzioni in progetto.
Lat
Long.
Profondità
(km)
Data UTC e ora
40.956
10.216
5.67
26/04/00
40.831
10.414
24.59
40.866
10.084
11.05
41.092
10.19
33.47
40.957
10.277
10.0
41.711
9.198
8.4
40.830
10.160
10.0
40.898
10.168
10.0
13:28
27/06/00
04:07
03/03/01
01:54
21/04/01
17:31
10/02/02
16:21
20/10/03
12/12/04
21:23
11:52
18/12/04
09:12
Magnitudo
Provincia evento
Località
4.1
SOTTOMARINO
Tirreno
centrale
4.1
SOTTOMARINO
4.2
SOTTOMARINO
3.5
SOTTOMARINO
3.1
SOTTOMARINO
3.1
SOTTOMARINO
4.2
SOTTOMARINO
4.3
SOTTOMARINO
Tirreno
centrale
Tirreno
centrale
Tirreno
centrale
Tirreno
centrale
Corsica
Tirreno
centrale
Tirreno
centrale
Tab.6- Elaborazione su dati provenienti da: http://kharita.rm.ingv.it/Gmaps/reg/
73
Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo
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Fig. 53 - Localizzazione eventi sismici con effetti rilevati nella Sardegna NE (da http://kharita.rm.ingv.it/) dal 2000 in poi.
Fig.54 - intensità macrosismica regionale conseguente al sisma del 26 Aprile 2000
74
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4. IL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO P.A.I.
Nel territorio di Olbia il P.A.I. della RAS (2005) riconosce pericolosità geomorfologica solo limitatamente a
poche aree (Monte Plebi; Monte Alvo Enas) ed in porzioni sostanzialmente assai limitate e per lo più
circoscritte ad eventi verificatisi.
Nella Cartografia PAI del territorio di Olbia trovavano spazio, inoltre, sia pure in modo largamente
incompleto, ampie superfici indicanti fenomenologie più o meno relitte o naturalmente stabilizzate,
cronologicamente antiche ed arealmente diffuse.Tali condizioni geomorfologiche, a suo tempo, erano state
oggetto di parziali inserimenti nella cartografia del Sub bacino–Liscia per ragioni legate alla scala del loro
rilievo24. Tutte le situazioni sono state inserite nella Pericolosità coordinata di cu al presente studio, cosi
come le nuove aree perimetrate dalla Variante generale del Sub Bacino 3 Coghinas-Mannu-Temo, di
recente approvazione da parte dell’ADIS e riguardanti talune porzioni dell’isola Amministrativa di
Berchiddeddu.
Fig. 55 - Legenda Pericolosità geologica PAI
ADEGUAMENTO ALL’ART. 8 COMMA 5 DELLE NTA DEL PAI
Nell’adeguamento del PUC al PAI, in ottemperanza all’art. 8 comma 5 delle NdA del PAI è prevista la
necessità di riconoscere e perimetrale alla scala dello strumento urbanistico le aree di pericolosità definite ai
sensi dell’art. 26 delle NdA del PAI (Aree a significativa pericolosità idraulica o geomorfologica non
direttamente perimetrate dal PAI). Con riferimento a detto articolo delle NdA PAI, il presente studio ha
pertanto perimetrato l’intero territorio alla scala 1:10.000 e alla scala 1: 2.000 ha delimitato nei centri abitati
interessati dal PUC le aree a significativa pericolosità geomorfologica non direttamente perimetrate dal PAI .
4.1
24
Va detto che originariamente talune porzioni più interne erano state ritenute, come altre, perimetrabili. Ciò in quanto vi si rinvennero vaste superfici di versante
contrassegnate da una franosità areale assai diffusa a carattere soprattutto relitto o stabilizzato, caratterizzata da blocchi ciclopici talvolta sparpagliati sui fianchi dei
rilievi, talaltra concentrati lungo originari tratti compluviali dei versanti stessi. A tale condizione di dissesto fu proposto in origine di attribuire un livello di pericolosità
Hg2, in quanto non riattivabile per via naturale nelle attuali condizioni morfodinamiche. Poiché la perimetrazione, stanti vastità e diffusione di tali fenomeni nel Sub
bacino 4-Liscia, fu eseguita in scala 1:25.000 non fu dato corso alla proposta parte della RAS che preferì introdurre di essa solo quelle porzioni che fossero ubicate in
corrispondenza di tavole già regolarmente rilevate e con perimetrazionidi poligoni eseguite alla scala 1:10.000. Da ciò consegue anche la particolare angolosità dei
poligoni ed il fatto che molti di essi non trovino la loro naturale prosecuzione laterale in altre tavole
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4.2
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I.F.F.I. E PAI
L’I.F.F.I. (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia - Sardegna dell’APAT-RAS (2005) nel territorio di
Olbia riscontra col codice ID0900010700 la sola frana areale di TAvolara.
4.3
VINCOLO IIDROGEOLOGICO E PAI
Oltre quelle storicamente vincolate, in base alla Deliberazione N. 37/15 del 30.7.2009 della G.R , il C. F. V.
A. ha esteso il vincolo idrogeologico di cui al Regio Decreto Legge 30.12.1923, n. 3267 e al R.D.
1126/1926 Regolamento per l’esecuzione del 3267/1923, alle aree delimitate dal PAI come aree di
pericolosità da frana ai sensi della deliberazione della Giunta regionale n. 54/33 del 30 dicembre 2004 e
s.m.i..
4.4
PERIMETRAZIONE DELLA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA SECONDO IL PAI
4.4.1 Generalità
La Pericolosità geomorfologica (Hg) (detta anche Pericolosità di frana) è la probabilità che un fenomeno
gravitativo o di versante di determinata intensità, si verifichi per una data area in un dato periodo di tempo
(Varnes D.J.: Landslide hazard zonation-a review of principles and practice. IAEG Comm. on Landslides,
UNESCO, 1984).
Gli Elementi a rischio (E) sono le persone, i beni, i servizi e le attività economiche in genere che possono
essere colpiti da eventi calamitosi, in questo caso di frana (DPCM 29-9-1998).
Il Rischio (Rg = Rischio di frana) esprime la probabilità che si produca un certo danno (alle persone ed ai
beni) al verificarsi di un certo evento di frana; esso dipende dal “danno potenziale” (D = V x E, in cui V
costituente il grado di perdita su di un certo elemento, è esprimibile in una scala di valori da 0 a 1 (nel PAI
RAS è adottato V = 1, per cui si ha D=E), rispettivamente: Nessuna Perdita e Perdita Totale e dalla
probabilità di evento H del fenomeno. Date queste condizioni il Rischio può dunque esprimersi nel modo
seguente, secondo la relazione:
R=HxExV
[1]
ovvero R = H x D
nota come equazione del rischio.
La previsione del Rischio di frana prevede la soluzione di tale equazione mediante la valutazione delle
diverse componenti come illustrato al paragrafo successivo.
4.4.2
Sintesi della metodologia secondo il piano stralcio di assetto idrogeologico
Il P.A.I. della R.A.S. non perimetra superfici di pericolosità e di rischio geomorfologico nell’area indagata. L’art. 8
comma 5 delle NdA dispone che negli atti di adeguamento dei piani urbanistici comunali al PAI siano delimitate
puntualmente alla scala 1: 2.000 le aree a significativa pericolosità idraulica o geomorfologica non direttamente
perimetrate dal PAI.
Nel P.A.I., la pericolosità di frana (Carta di pericolosità di frana) è stata ricavata seguendo la metodologia illustrata
dalle sue Linee Guida, derivata da un’impostazione semplificata della geomorfologica quantitativa, basata su di un
processo concettuale parametrico di overlay mapping riportato dal diagramma di flusso in Fig. 32.
Allo scopo occorre elaborare le seguenti cartografie propedeutiche:
 Carta delle Pendenze (P)
 Carta della Litologia (GL)
 Carta dell’Uso del Suolo (UDS)
dalle quali si perviene alla elaborazione della Carta dell’instabilità potenziale dei versanti in cui, ai singoli elementi
di ciascun tematismo (classi) viene attribuito un peso-indice in funzione del “ruolo esercitato nella produzione del
dissesto”. Con la sovrapposizione dei tematismi si ottiene la somma algebrica dei pesi, mediante i quali si stabiliscono
le Classi d’instabilità potenziale della relativa carta.
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Fig.56 - Diagramma di flusso relativo alla elaborazione della Carta di Pericolosità Geologica o da frana (da Linee Guida
P.A.I.-R.A.S., 2000)
L’incrocio fra la Carta dell’instabilità potenziale dei versanti e la Carta dei fenomeni franosi (Carta geomorfologica) ha
come risultato la Carta della pericolosità di frana, a cui sono associati classi o livelli di pericolosità Hg, secondo la
tabella seguente:
Classe
Intensità
Valore
Descrizione
Relazione Generale P.A.I., 2005
LL. GG. P.A.I., 2000
Aree con pericolosità moderata e con pendenze I fenomeni franosi presenti o potenziali sono
comprese tra il 20% ed il 35% con copertura marginali
Hg1
Moderata
0,25
boschiva limitata o assente; aree con copertura
boschiva con pendenze < 35%
Aree con pericolosità media con fenomeni di Zone in cui sono presenti solo frane stabilizzate
dilavamento diffusi, frane di crollo e/o non più riattivabili nelle condizioni climatiche
scivolamento non attive e/o stabilizzate, con attuali a meno di interventi antropici (assetti di
copertura boschiva rada o assente e con equilibrio raggiunti naturalmente o mediante
Hg2
Media
0,50
pendenze comprese fra 35 e 50 %, falesie lungo interventi di consolidamento) zone in cui esistono
le coste
condizioni geologiche e morfologiche sfavorevoli
alla stabilità dei versanti ma prive al momento di
indicazioni morfologiche di movimenti gravitativi
Aree con pericolosità elevata con pendenze > Zone in cui sono presenti frane quiescenti per la
50% ma con copertura boschiva rada o assente; cui riattivazione ci si aspettano presumibilmente
frane di crollo e/o di scorrimento quiescenti, tempi pluriennali o pluridecennali; zone di
fenomeni di erosione delle incisioni vallive. Fronti possibile espansione areale delle frane
di scavo instabili lungo le strade; aree nelle quali attualmente quiescenti; zone in cui sono presenti
sono in attività o sono state svolte in passato indizi geomorfologici di instabilità dei versanti e in
Hg3
Elevata
0,75 attività minerarie che hanno dato luogo a cui si possono verificare frane di neoformazione
discariche di inerti, cave a cielo aperto, cavità presumibilmente in un intervallo di tempo
sotterranee con rischio di collasso del terreno e/o pluriennale o pluridecennale
subsidenza (i siti minerari dismessi inseriti nella
carta di pericolosità di frana); aree interessate in
passato da eventi franosi nei quali sono stati
eseguiti interventi di messa in sicurezza
Aree con pericolosità molto elevate con manifesti Zone in cui sono presenti frane attive, continue o
fenomeni di instabilità attivi o segnalati nel stagionali; zone in cui è prevista l’espansione
Molto
Hg4
1
progetto AVI o dagli enti Locali interpellati o areale di una frana attiva; zone in cui sono
elevata
rilevate direttamente dal gruppo di lavoro
presenti evidenze geomorfologiche di movimenti
incipienti
Tab. 7 - Pericolosità di frana (Hg) (tratta dalla Relazione Generale del P.A.I.) e nelle LL. GG. P.A.I., 2000
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Va aggiunto che la relazione generale del PAI contempla anche la Classe Hg0 definendola come
Classe
Hg0
Intensità
Nulla
Valore
0,0
Descrizione
Aree non soggette a fenomeni franosi con pericolosità assente e con pendenze < 20%
Tab.8
Operando l’incrocio fra la pericolosità Hg e gli elementi a rischio E (= D), con relativo prodotto numerico secondo la
relazione [1], si otterrà la Carta del Rischio geomorfologico o di frana, secondo la seguente matrice
Elementi
a rischio
Pericolosità Geologica
Hg1
Hg2
Hg3
Hg4
E1 x Hg1 = Rg1
= 0,25 x 0,25 =
0,0625
E1 x Hg2 = Rg1
= 0,25 x 0,50 =
0,125
E1 x Hg3 = Rg1
= 0,25 x 0,75 =
0,1875
E1 x Hg4 = Rg1
= 0,25 x 1 =
0,25
E2 x Hg1 = Rg1
= 0,50 x 0,25 =
0,125
E2 x Hg2 = Rg1
= 0,50 x 0,50 =
0,25
E2 x Hg3 = Rg2
= 0,50 x 0,75 =
0,375
E2 x Hg4 = Rg2
= 0,50 x 1 =
0,50
E3
E3 x Hg1 = Rg1
= 0,75 x 0,25 =
0,1875
E3 x Hg2 = Rg2
= 0,75 x 0,50 =
0,375
E3 x Hg3 = Rg3
= 0,75 x 0,75 =
0,5625
E3 x Hg4 = Rg3
= 0,75 x 1 =
0,75
E4
E4 x Hg1 = Rg1
= 1 x 0,25 =
0,25
E4 x Hg2 = Rg2
= 1 x 0,50 =
0,50
E4 x Hg3 = Rg3
= 1 x 0,75 =
0,75
E4 x Hg4 = Rg4
=1x1=
1
E1
E2
Tab.9 - Matrice del rischio geologico coi risultati numerici a giustificazione delle attribuzione alle varie classi (Rg = E * V *
Hg; V=1 quindi: Rg = E x Hg)
che esprime, a sua volta, il risultato dell’applicazione della Equazione del Rischio, ovvero del prodotto di
sovrapposizione dei due livelli informativi, gli Hg e gli E. Questi ultimi vengono definiti secondo i parametri seguenti:
CLASSE
DESCRIZIONE
Aree escluse dalle definizioni E2, E3 ed E4;
Zona boschiva;
E1
Zone di protezione ambientale con vincolo estensivo (p.e. vincolo Galasso).
Zona agricola generica;
E2
Infrastrutture puntuali per le telecomunicazioni;
Zone di protezione ambientale con vincolo specifico ma non puntuale (p.e. parchi, riserve…).
Infrastrutture pubbliche (altre infrastrutture viarie a fondo artificiale, ferrovie, oleodotti, elettrodotti,
acquedotti, bacini artificiali);
Zone per impianti tecnologici e discariche di R.S.U. ed assimilabili, zone di cava e zone minerarie attive e
non, discariche minerarie di residui di trattamento, zona discarica per inerti;
E3
Beni naturali protetti e non, beni archeologici;
Zona agricola irrigua o ad alta produttività, colture strategiche e colture protette;
Specchi d’acqua con aree di acquacoltura intensiva ed estensiva;
Zona di protezione ambientale puntuale (monumenti naturali e assimilabili).
Centri urbani ed aree urbanizzate con continuità; nuclei rurali minori di particolare pregio; zone di
completamento; zone di espansione; grandi insediamenti industriali e commerciali; servizi pubblici
prevalentemente con fabbricati di rilevante interesse sociale; aree con limitata presenza di persone; aree
extraurbane poco abitate; edifici sparsi; nuclei urbani non densamente popolati; aree sedi di significative
attività produttive (insediamenti artigianali, industriali, commerciali minori);
Zona discarica rifiuti speciali o tossico nocivi;
E4
Zona impianti industriali ad elevato rischio potenziale;
Aree di intensa frequentazione turistica (zone residenziali estive, alberghiere; zone campeggi e villaggi
turistici, spiagge e siti balneari, centri visita etc.);
Beni architettonici, storici e artistici;
Infrastrutture pubbliche strategiche (strade statali);
Porti vari, aeroporti, stazioni.
Tab. 10- Elementi a rischio (E). In grassetto quelli individuati nell’area indagata
PESO
0,25
0,50
0,75
1
Con Rg avente le seguenti caratteristiche:
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CLASSE
Rg1
INTENSITÀ’
Moderato
VALORE
≤ 0,25
Rg2
Medio
≤ 0,50
Rg3
Elevato
≤ 0,75
Rg4
Molto
elevato
≤1
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DESCRIZIONE DEGLI EFFETTI
Aree con danni sociali, economici e al patrimonio ambientale marginali
Aree con possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale
che non pregiudicano l’incolumità del personale, l’agibilità degli edifici e la funzionalità
delle attività economiche
Aree con possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e
alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione di funzionalità
delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale
Aree con possibili perdite di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli
edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione delle attività socioeconomiche
Tab. 11- Descrizione delle classi di del rischio geomorfologico e loro classificazione
Poiché nella metodologia P.A.I. si è ammesso che V (Vulnerabilità), cioè il grado di perdita del bene, sia uguale ad 1,
corrispondente alla perdita totale, la relazione del rischio
R = H x E x V diviene:
Rg = Hg x E x 1
ovvero
Rg = Hg x E
(cfr. Tab. 9)
4.4.3 Pericolosità Geomorfologica vigente nel PAI
Il P.A.I.-R.A.S. descrive la pericolosità e i rischi idrogeologici del territorio della Gallura per la gran parte
all’interno della perimetrazione del Sub-Bacino 4-Liscia. Tuttavia ulteriori elementi informativi sono
ricompresi all’interno del Sub-Bacino 3-Coghinas-Mannu-Temo. Il Comune di Olbia rientra quasi perintero
nel Sub bacino 4-Liscia. Una porzione subordinata facente parte dell’estremità Sud Ovest dell’isola
Amministrativa di Berchiddeddu, rientra tuttavia nel Sub Bacino Coghinas-Mannu-Temo, di recente
sottoposto a variante
Esaminando la pericolosità del Sub Bacino 4 si deduce come in esso la metodologia fin qui descritta per la
sua determinazione sia stata in verità ben poco seguita.
L’autore di tali scelte fu lo scrivente che ritenne all’epoca di ovviare agli inconvenienti metodologici
accennati, limitandosi a perimetrare aree con fenomeni accertati, in atto, quiescenti o sospesi e a rilevare (e
valutare come Hg2) alla scala 1:25.000 la pericolosità associata alle forme residuali come sede di franosità
relitta o naturalmente stabilizzata. Una tale soluzione derivava anche dal fatto che la pericolosità associata
a fenomeni così diffusi (di tale tipologia si parla infatti in Relazione generale) è a sua volta così estesa
arealmente da poter essere perimetrabile e rappresentata alla scala 1:10.000 solo mediante diverse decine
di tavole di pericolo.
Nella stesura ufficiale del P.A.I. del sub Bacino 4, tuttavia si prescrisse di non tenere conto di tale franosità
diffusa arealmente rilevata nel corso dello studio P.A.I. alla scala 1:25.000, se non nelle tavole di riscontro di
criticità puntuali ad Hg più elevato. Tale franosità, che caratterizza molti e vasti tratti di versanti soprattutto in
granitoidi del complesso intrusivo, nella stesura della cartografia originale era stata riferita al più alla
pericolosità Hg2 (e quindi a rischi massimi Rg2; cfr. Tab. 9). In conseguenza di ciò, nel P.A.I. ufficiale
vigente, come su accennato, è rimasta testimonianza estremamente parziale della pericolosità ad essa
associata solo nelle tavole in cui fossero già stati riconosciuti più elevati nonché arealmente assai più
ristretti livelli di Hg.
Quindi, così come per l’intera Gallura, anche le criticità geomorfologiche del comune di Olbia, per quanto né
diffuse né di vaste dimensioni e magnitudo, risultano decisamente sottodimensionate nel P.A.I. in rapporto
al reale assetto geomorfologico del territorio (cosa del resto comune a tutti gli ambiti a rocce intrusive).
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4.5
CARTOGRAFIA DELLA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA NON DIRETTAMENTE PERIMETRATA DAL P.A.I. (EX
N.T.A. DEL P.A.I.). AREE A SIGNIFICATIVA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA
4.5.1 Carenze e debolezze della metodologia ufficiale e correttivi apportati
A)
Nella metodologia P.A.I. si distingue solo fra pericolo idraulico e pericolo geomorfologico, assimilato
limitativamente a pericolo di frana. Pericolo geomorfologico e pericolo di frana non sono sinonimi e non
sussiste l’esplicito riferimento al pericolo dell’erosione determinante in genere particolare e diffusa casistica
di pericolo geomorfologico, intermedio fra idraulico e di frana, soprattutto nei diffusi ambiti a graniti
arenizzati del territorio di Olbia. Si rileva, infatti nel contesto geolitologico descritto (soprattutto nel
complesso intrusivo dove gli stadi di arenizzazione sono sempre piuttosto diffusi) e in quello d’uso del
territorio in questione, come il fenomeno appaia sempre piuttosto latente25 nelle masse granodioritiche e
monzogranitiche, senza contare che la presenza di compluvi a pendenza elevata, con o senza ulteriori
effetti negativi dovuti all’antropizzazione (esempio: realizzazione di viabilità rurale o al servizio di
lottizzazioni, escavi per sottostrutture, metodi di lavorazione agronomica), può indurre, anche in tempi
rapidi, manifestazioni gravitative come le colate di detrito, canali di ruscellamento, dilavamento diffuso e
retrocessioni spondali per scalzamento, cioè fenomeni che si sommano a quelli strettamente idraulici
durante gli eventi intensi (cfr. scenari vari del 18/11/2013). Ma proprio poiché il P.A.I. della R.A.S. non ha
formalizzato una specifica pericolosità dei dissesti erosivi in s.s., non ha, purtroppo, inteso farne uno
specifico oggetto di distinzione nelle problematiche dell’assetto geomorfologico e di rappresentazione del
disordine idrogeologico26. Quindi la perimetrazione del pericolo erosivo non è stata introdotta nel P.A.I. della
Sardegna (e ciò malgrado in questi anni si sia spesso parlato di desertificazione).
Numerosi e ampi esempi in tal senso sono stati riscontrati nel corso dell’evento intenso del 18 Novembre
2013, in particolare nelle aree rurali sede di reiterate azioni di dissodamento, aratura e rimaneggiamento.
Particolarmente gravate di tali fenomeni sono apparse tutte le aree a vocazione agricola reale e soprattutto
quelle prospicienti in Sx il Riu Enas della Piana del Padrogiano (Serra Alveghes), le radure di fascia
pedemontana in prossimità o meno della valle principale del Riu San Giovanni soprattutto nella Sx
idrografica, l’intera fascia pedemontana del S’Eligheddu e gli ampi spazi a viticoltura del settore
pedemontano del Palasole (Sos Campittos-Sa Castanza). Assai diffuse infine le situazioni erosive nella
frangia periurbana appena ad ovest della Tangenziale esterna al centro abitato. In entrambi i casi sono
apparse situazioni largamente predisponenti i metodi assunti con lo scavo meccanizzato che assecondano
le pendenze. Ciò evidentemente pone un problema di controllo sul territorio e di rispetto di regolamenti
d’uso dello stesso.
Tale forma di dissesto idrogeologico, poiché dunque non può essere ignorata ai fini della materia qui
trattata, deve essere fatta rientrare a pieno titolo nell’ambito dei dissesti geomorfologici di versante, ovvero
di processi geomorfologici potenzialmente pericolosi. Ciò anche alla luce del fatto che i dissesti erosivi, nello
specifico ambiente litologico del territorio di Olbia, in particolare al cospetto di aree a granitoidi alterati e
arenizzati, sono potenzialmente in grado di generare effetti gravitativi collaterali più “ordinari”, quali limitati
crolli e colate di detrito, in particolare, oltre che sovraccarico solido di reti idrografiche che vengono
progettate e mitigate in assenza di qualunque calcolo, valutazione e men che meno misura dei volumi solidi
delle correnti (quelle che poi sono spesso responsabili degli intasamenti degli attraversamenti minori e dei
sistemi di smaltimento e drenaggio di superficie).
Nell’elaborazione del modello di calcolo dell’Instabilità Potenziale, tale suscettività, emerge associata alle
coltri eluviali ed ai sedimenti sciolti. Di conseguenza, lo studio della pericolosità geomorfologica significativa
del territorio di Olbia, mette in evidenza questa particolare forma d’instabilità superficiale soprattutto come
Hg1, più di rado come Hg2, e occasionalmente come Hg3 (soprattutto se in associazione a fenomeni di
ART. 26
La sua difficile rappresentazione cartografica giustifica l’assenza al momento, su scala regionale, di un qualsiasi tentativo di rilievo geolitologico delle arenizzazioni,
tal che il modo migliore di assumerne l’estensione parrebbe quello di estrapolarla dalla presenza di sugherete che di solito approfittano delle masse arenizzate dei
granitoidi per insediarsi. Ma questa soluzione trova una limitazione nelle aree a bassa altezza già risultato di diboscamento, per cui anche in questo modo i risultati
sarebbero sottodimensionati.
26
Fino al paradossale punto che in passato il Genio Civile di SS bollò come “priva di pre-requisiti tecnici” la prima proposta di perimetrazione in Hg1 e Hg2 di
Pittulongu (Olbia) la quale faceva esplicito riferimento a tali dissesti idrogeologici e non alle frane in S.S. all’interno di aree a pendenze medio basse caratterizzate da
escavi abbandonati, colmamenti, accumuli provvisori, abbancamenti, cantieri, vie senza drenaggi, ruscellamenti, dilavamenti etc,,
25
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trascinamento ed erosivi connessi con esondazioni di torrenti importanti; cfr. Enas, Padrogiano e San
Giovanni).
Si noti infine che, sempre fra i processi erosivi, il P.A.I. non contempla affatto quelli legati all’arretramento
della linea di costa, specificamente la costa sabbiosa (“erosione delle spiagge”), benché anche in questo
caso si tratti a pieno titolo di una fattispecie di dissesto geomorfologico, peraltro connessa in modo
sostanziale sia coi processi di versante che con le dinamiche alluvionali alla base del trasporto solido nei
corsi d’acqua.
Se si prendesse a riferimento anche questa criticità, con semplici analisi diacroniche del profilo
costiero su base pluridecennale, sarebbe piuttosto facile dimostrare quanto meno il drastico e
paradossale arretramento di una parte del Delta del Padrogiano (aspetto questo che, purtroppo non
viene contemplato nell’ambito degli approfondimenti a carattere ambientale del PUL di Olbia), così
come una sostanziale riduzione del budget sabbioso dei compendi sabbiosi delle spiagge a
maggiore frequentazione.
Questo tema non è stato tuttavia evidenziato nelle carte geomorfologiche redatte al fine dello studio della
pericolosità richiesta in questa sede.
B)
Passando all’esame dei risultati pratici dell’applicazione del metodo, si è subito preso atto che
l’applicazione sic et simpliciter di quanto suggerito nelle suddette Linee Guida P.A.I. della RAS secondo il
diagramma di flusso in Fig. 56, conduceva, nei calcoli della matrice che determinano il riconoscimento
dell’Instabilità Potenziale, ad un’esasperata sopravvalutazione della componente geolitologica, a tutto
svantaggio della contestualizzazione.
In conseguenza di ciò con la preliminare versione derivata dall’applicazione tal quale delle Linee Guida
P.A.I., i risultati sono stati tali da far degenerare in eccesso lo sviluppo dell’instabilità potenziale, a tal punto
che si determinava (cioè veniva generata dal modello e, quindi, perimetrata) instabilità potenziale (limitata).
persino:
- sulle spiagge dei litorali marittimi (ovvero in condizioni di 0 m sul livello del mare, di pendenza 0% o
comunque assai < 10%) e, quindi, in assenza totale di “versante” e di una qualunque significativa azione
gravitativa in grado di sollecitare le litologie nostrane
- lungo gli alvei delle esigue piane costiere.
Questa condizione è apparsa, dunque, palesemente decontestualizzata e, dati gli effetti teorici degenerativi
sullo sviluppo cartografico di Hg, inaccettabilmente penalizzante.
In sostanza, in conseguenza di una applicazione fedele del metodo, senza correttivi o vincoli aggiuntivi sul
modello, cioè esattamente come stabilito dalla R.A.S nelle Linee Guida per l’Adeguamento dei P.U.C. al
P.A.I., nei risultati cartografici si genera una distribuzione di livelli d’instabilità geomorfologica (da bassa a
massima) e di rapportabile Pericolo non suffragata da alcun riscontro (né attuale né a carattere storico),
anche in condizioni di pendenza nulla o bassa. Si determina altresì una specifica diffusione di Instabilità
bassa nelle superfici del tutto prive nella realtà di elementi significativi di dissesto. In questi casi i risultati
cartografici della sopravvalutazione delle instabilità potenziali contraddicono pesantemente lo stato di fatto,
soprattutto in termini di livello di classificazione.
Ciò considerato, appare evidente che la sopravvalutazione consegue soprattutto dal fatto che le LL. GG.
P.A.I. costituiscono (per le esigenze del P.A.I. esposte nel paragrafo “Carta dell’Instabilità potenziale dei
versanti” delle stesse Linee Guida, rispetto alle quali l’introduzione della metodologia P.A.I. alla scala
comunale dello strumento urbanistico, appare nei fatti una palese contraddizione delle stesse
raccomandazioni delle Linee Guida di cui al medesimo paragrafo) un’esasperata semplificazione di un
metodo originario [cfr. Amadesi & Vianello, 1978] tarato in ambito appenninico (quindi geolitologicamente
assai diverso dall’ambito Gallurese), priva di elementi di verifica sulle litologie sarde. I pesi che vengono
suggeriti, sono infatti presi in prestito da litologie di altri contesti, senza alcuna verifica su quelle sarde. Ciò
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appare palesemente non compatibile con lo sforzo di rendere la valutazione della Pericolosità
Geomorfologica un risultato di natura scientifica27. Si consideri infine che la metodologia PAI della RAS era
configurata su di un’analisi territoriale che inizialmente avrebbe dovuto eseguirsi alla scala 1:25.000 e che la
ripartizione delle classi di pendenza non è prescrittiva ma è suggerita “a titolo di esempio” (anche per
questo è apparso più che congruo incrementare la risoluzione della pendenza nel presente studio).
E’ stato quindi deciso di fissare progressive condizioni di modello più restrittive che consentissero di
pervenire a risultati di maggior realismo se confrontati con i risultati del lavoro sul campo. Allo scopo, tramite
assegnazione di specifiche prescrizioni al calcolo del Sistema Geografico, si è scelto di vincolare
ulteriormente l’attribuzione dei pesi litologici al fattore pendenza del versante cosa, questa, che nella
metodologia esposta in [6;Amadesi & Vianello, 1978] veniva determinata in modo più particolareggiato,
attribuendo pesi diversi alle litologie in funzione delle pendenze e delle giaciture.
Tab.11 -Significato dei livelli di pericolosità P.A.I.. secondo le indicazioni della Relazione generale P.A.I.
Quindi, proprio alla luce della particolare influenza dei fattori sopra richiamati, sia in assoluto che nei riguardi
specifici della precarietà degli ammassi rocciosi granitoidi residuali, ovvero con blocchi pervasivamente
fratturati ed a spaziature sovente da strette a moderate (bassi RQD) e con aperture allentate, la metodologia a
cui il modello informatizzato si é rifatta, ha posto come pregiudiziali a base di calcolo, 5 ulteriori condizioni
restrittive rispetto alla semplificazione delle LL. GG. P.A.I. illustrate in Fig. 56.
Infatti, rispetto alle indicazioni derivanti dalle LL. GG.–P.A.I. e dalle LL. GG. per l’Adeguamento
ambientale del PUC (Luglio 2008), ai fini dell’elaborazione del risultato, sono state introdotte modifiche
concettuali e tabellari tese a ridurre gli effetti algebrici di un metodo che , come visto, si è rivelato
alquanto suscettibile di banalizzazioni del contesto fisico anche perché in verità, non del tutto in linea
con le fonti scientifiche di ispirazione [6]. Tali correttivi sono stati riassunti in Tab.13.
In particolare:
- sono state introdotte modifiche relative sia ai pesi che alle modalità di incrocio dei dati. nello
specifico al modello di tipo algebrico con tre variabili indipendenti è stato sostituita un’analisi mediante
27
Si noti che oltre a non essere stato testato sulla litologia della Sardegna, come detto in Precedenza, non esiste neppure un’applicazione del metodo
scientificamente tarata sulle condizioni geolitologiche dell’isola e quindi, questa impostazione, al momento, è sottratta a qualunque impiego che non sia del tutto
sperimentale e si connota chiaramente come empirica
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modello ad una sola variabile indipendente (la pendenza) e le restanti due (Uso del suolo e GeoLitologia) dipendenti dalla prima. In tal modo i pesi delle due classi dipendenti si ripartiscono in modo
diverso in funzione dell’acclività.
Sono state inoltre meglio ripartite le classi di pendenza, secondo lo schema che segue (si noti che
50% corrisponde ad un angolo di circa 27° e 275% corrisponde a circa 70°) al fine d’introdurre uno
sfondo di carattere geotecnico e geomeccanico nella distribuzione dei relativi pesi.
-
Tab.12 - Pendenze e pesi secondo le LL. GG. PAI
Il modello di calcolo, facendo riferimento ad una diversa matrice di valori che lega litologia e uso del suolo ai
valori di acclività, ha introdotto dunque ulteriori elementi di condizionamento che rendono l’analisi
automatica più contestuale. In più, con riferimento al riscontro in situ o in foto aerea di fenomeni
franosi/dissesto diffusi, alle segnalazioni contenute nella carta geomorfologica (I fase ) e al materiale
I.F.F.I., si è passati alla validazione dei risultati della cartografia, ivi comprese le correzioni introdotte nei
progressivi livelli di applicazioni dei vincoli correttivi, con un approccio, come detto, in back analysis,
improntato sulla verifica degli effetti del 18/11/2013
I livelli correttivi introdotti nella determinazione dell’instabilità potenziale sono i seguenti
N.
1
2
3
4
5
CASISTICA DELLE CONDIZIONI DI
CORREZIONE ACCLIVITA’
(P) con peso < -3 (cioè -4 e -5)
> 275% (70° circa)
P con peso < -2 (cioè -3)
compresa fra (>) pendenza 50° e (<) 275%
P con peso < -1 (cioè -2)
compresa tra (>) 35% e (<) pendenza 50°
di P con peso < 3 e > -1
compresa tra (>) 0% e (<) 35% e uso del
suolo < 0
P con peso < 3 e > -1
compresa tra (>) 0% e (<) 35%
e uso del suolo >=0
SINTASSI DEL SISTEMA
Assegna direttamente il valore di instabilità potenziale massima
(Σ pesi = -3)
Computa il peso relativo al valore dell’acclività + ½ valore litologia +
valore Uso del Suolo
Computa “valore acclività + valore litologia + valore uso del suolo”
(conserva la matrice convenzionale)
Computa la somma di +7 (parametro da attribuirsi alla Instabilità
potenziale limitata e e classe d’instabilità 2) ed il peso relativo alla
litologia
Assegna il valore + 11
(situazione potenzialmente stabile e classe d’instabilità 1)
Tab.13 – Correttivi alle classi di instabilità potenziale dei versanti.
4.5.2 Perimetrazione Aree a Significativa Pericolosità Geomorfologica
Con riferimento alle Norme di Attuazione del P.A.I. si richiama di seguito, quanto in parte già esposto nella
precedenti premesse.
Ai sensi dell’ Art. 26:
1. Possiedono significativa pericolosità idraulica le seguenti tipologie di aree idrografiche appartenenti al
bacino idrografico unico della Regione Sardegna:
a. reticolo minore gravante sui centri edificati;
b. foci fluviali;
c. aree lagunari e stagni.
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2. Possiedono significativa pericolosità geomorfologica le seguenti tipologie di aree di versante appartenenti
al bacino idrografico unico della Regione Sardegna :
a. aree a franosità diffusa, in cui ogni singolo evento risulta difficilmente cartografabile alla scala del
P.A.I.;
b. aree costiere a falesia;
c. aree interessate da fenomeni di subsidenza.
3. Per le tipologie di aree indicate nei commi 1 e 2 le prescrizioni applicabili valgono all'interno di porzioni di
territorio delimitate dalla pianificazione comunale di adeguamento al P.A.I., ai sensi dell’articolo 8, comma 5.
Il programma triennale di attuazione stabilisce per tutte le aree indicate nel commi 1 e 2 interventi di
sistemazione e manutenzione della rete idrografica, dei versanti e di regimazione del deflusso idrico
superficiale.
4. Alle aree elencate nei precedenti commi 1 e 2, dopo la delimitazione da parte della pianificazione
comunale di adeguamento al P.A.I., si applicano le prescrizioni individuate dalla stessa pianificazione
comunale di adeguamento al P.A.I. tra quelle per le aree di pericolosità idrogeologica molto elevata, elevata
e media.
Ai sensi dell’ Art. 8 comma 5:
In applicazione dell’articolo 26, comma 3, delle presenti norme, negli atti di adeguamento dei piani
urbanistici comunali al P.A.I. sono delimitate puntualmente alla scala 1: 2.000 le aree a significativa
pericolosità idraulica o geomorfologica non direttamente perimetrate dal P.A.I..
Le Linee Guida per l’adeguamento P.U.C. a P.P.R. e P.A.I., sull’assetto ambientale a pag. 229 stabiliscono
inoltre che:
“Ai sensi dell’Art. 8, comma 12, N.T.A. P.A.I. nelle aree perimetrate dal P.A.I. come aree di pericolosità da
frana di qualunque classe gli strumenti di pianificazione possono istituire fasce speciali di tutela regolandone
l’uso in funzione delle rispettive competenze. In particolare i Comuni potranno definire una Buffer-zone che
individuerà la fascia di ulteriore interessamento del processo franoso per effetto di rotolamenti, colate di
fango, caduta massi, etc.”.
4.5.3
Elaborazione dell’ Instabilita’ Potenziale
Come anticipato dallo schema di Fig. 56, la cartografia dell’instabilità potenziale su cui sovrapporre gli
elementi della franosità (Carta Geomorfologica o dei Fenomeni Franosi) è ottenuta incrociando le seguenti
carte di base:
 Carta Geolitologica,
 Carta delle Pendenze
 Carta dell’Uso del Suolo
Nella elaborazione del modello necessario alla Carta dell’Instabilità Potenziale, come già anticipato, si è
ritenuto di dover ricorrere ai correttivi di cui si è accennato, a partire dai dati dei tematismi Pendenza e UDS,
secondo lo schema di Tab.13. Tali correttivi rappresentano “forzature” del modello finalizzate a migliorarne i
risultati. Come detto infatti, in condizioni standard (come da LL. GG. PAI) la modellazione riscontra a
consuntivo alcuni elementi di debolezza:
 è decisamente sensibile (sovrastima) al dato litologico
 e’ meno sensibile del dovuto alla pendenza
Le classi di pendenza, sono ripartite, ad avviso di chi scrive, su intervalli di inclinazione troppo ampi e su
campi numerici ristretti perché il modello riesca ad esprimere sensibilità piena a tale variabile. Per questo
ultimo aspetto, se ciò può essere tollerato senza aberrazioni da una modellazione in cui la pendenza entra in
gioco due volte, compresa anche la pesatura delle classi litologiche (cfr. [6]), nella versione semplificata
proposta dalla RAS, l’instabilità potenziale non è sensibile alla pendenza in modo adeguato e se lo è, molto
dipende dalla risoluzione della carta delle pendenze che può avere diverse elaborazioni in ragione della scala
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della copertura topografica impiegata. Per tale ragione anche nella ripartizione delle classi di pendenza sono
stati apportati correttivi numerici al modello che lo rendono più sensibile alle variazioni del dato di acclività
(vedi oltre).
Tali correttivi forniscono la possibilità di rendere il risultato consuntivo dell’elaborazione più attinente al contesto
senza, cioè, incorrere in incongrue sovrastime. L’obiettivo è dunque quello di fornire una perimetrazione delle
classi di pericolo quanto più possibile rappresentativa dello stato oggettivo; nello specifico, che in ambiti
pianeggianti non sia sovrastimata dal peso della geolitologia e dalla ripartizione delle classi di pendenza e che,
nel contempo, abbia a riconoscere sistematicamente ed a prescindere dalle approssimazioni del metodo
standard, condizioni che sono in ogni caso, cioè sistematicamente, associate al pericolo geomorfologico nel
contesto del rilievo indagato.
A-CARTA GEO-LITOLOGICA E RELATIVI PESI
Le condizioni geolitologiche del territorio di Olbia ai fini dello studio sono riassune nelle Tavv. 2A, 2B, 2C, 2D, 2E, 2F e
2G. I termini geolitologici che vi si riconoscono sono descritti nella legenda riportata nelle Figg. 57 e 58. Si sottolinea
nuovamente l’importanza nella sua stesura dell’identificazione delle aree arenizzate, ricondotte all’interno della
denominazione di Coltri Eluviali. La carta mostra, di conseguenza, la loro larga diffusione, quindi l’importanza areale ai
fini dell’elaborazione dell’instabilità Potenziale. Non di meno occorre rimarcare due aspetti:
◘ la sottostima areale ereditata dalla Carta Geolitologica del PUC a vantaggio della perimetrazione delle superfici
rocciose anche in ambiti orograficamente montuosi o comunque orograficamente più elevati rispetto a quelli
pedemontani dove sono solite essere riconosciute tali coltri;
◘ i graniti arenizzati costiuiscono in realtà un gruppo di litologie differenziato, per cui anche i comportamenti
geomeccanici o geotecnici assumono connotazioni differenti ai fini della definizione e della classificazione della
loro pericolosità geomorfologica.
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Fig. 57 - Stralcio della legenda delle formazioni geolitologiche della Carta Geolitologica
Fig. 58 - Stralcio della legenda delle principali discontinuità strutturali della Carta Geolitologica
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Fig. 59 - Stralcio della Carta Geolitologica (Tav2A). Settore a Sud Est di San Pantaleo
Fig. 60 - Stralcio della Carta Geologica (Tav2D). Settore di Cabu Abbas-Monte Zapparottu (Sa Bandela) a Nord
Ovest di “Olbia 2”
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Fig. 61 - Stralcio della Carta Geologica (Tav2F). Settore Nord Est dell’Isola di Tavolara
A ciascuna delle voci della legenda geolitologica è stata assegnata un’impedenza tenuto conto dei pesi
suggeriti dalle LL. GG. P.A.I. e dalla Variante Generale al PAI, ma ssumendo valori con maggiore attinenza ai
contesti (ad esempio ai Graniti arenizzati a vario titolo, proprio per il loro carattere differenziato e in ogni caso
non equiparabile a quello di una terra del tutto sciolta, è stato assegnato un peso 4; cfr. Tab. 14). Tuttavia,
poiché nella metodologia P.A.I. i pesi da assegnare alle litologie non fanno riferimento alle giaciture ed allo
stato geo-meccanico degli ammassi, né sono fornite in termini specifici e locali, essendo come detto
totalmente svincolate da una letteratura scientifica regionale, peraltro inesistente, è stato necessario integrare
le conoscenze della suddetta cartografia, con le ricognizioni geomorfologiche. L’assegnazione dei pesi è stata
soggettivamente attuata a vantaggio della sicurezza, come da tabella sottostante, riformulando quella
suggerita dalle LL. GG. PAI.
LITOLOGIA
Peso
Riporto di bonifica delle aree palustri dal 1900: materiali eterogenei ed eterometrici, sciolti o debolmente
addensati, con probabile prevalenza di sabbie e ghiaie derivanti da scavi su aree contermini.Spessore variabile
1
da 0,25 a 2,50 metri. OLOCENE
Coperture alluvionali ed eluvio-colluviali indifferenziate;
coltri di detriti immersi in matrice fine talvolta ricoperti da suoli evoluti (arricchiti in matrice organica) variamemte
2
associati a nuclei di roccia compatta o parzialmente alterata. OLOCENE
Corpo idrico superficiale
2
89
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Depositi alluvionali dei letti fluviali attuali. OLOCENE
Depositi alluvionali terrazzati. Ghiaie con subordinate sabbie. OLOCENE
Depositi alluvionali terrazzati. Ghiaie con subordinate sabbie. OLOCENE
Depositi antropici. Discariche minerarie. OLOCENE
Depositi antropici. Manufatti antropici. OLOCENE
Depositi antropici. Materiali di riporto e aree bonificate. OLOCENE
Depositi deltizi. OLOCENE
Depositi di versante. Detriti con clasti angolosi, talora parzialmente cementati. OLOCENE
Depositi lagunari e palustri. OLOCENE
Depositi litorali. OLOCENE
Calcari di scogliera e calcareniti organogene (biospariti), calcari oolitici (oomicriti), grainstone e packstone ad
alghe e foraminiferi (Clypeina jurassica, Campbelliella striata e Salpingoporella annulata). PORTLANDIANO SUP.
Dolomie, dolomie arenacee, calcari dolomitici, da litorali a circalitorali, con foraminiferi e alghe calcaree.
DOGGER-MALM
Filoni a composizione da dacitica a basaltica / filoni basaltici a serialita transizionale.CARBONIFERO SUP. PERMIANO
Filoni aplitici e ammassi pegmatitici / filoni e stocks di composizione acida e serialita calcalcalina.
CARBONIFERO SUP. - PERMIANO
Filoni di composizione intermedia a serialita calcacalina. CARBONIFERO SUP. - PERMIANO
Filoni di gabbro. Gabbri verde scuro, porfirici per fenocristalli di Pl, Aug, Hbl, tessitura ofitica. CARBONIFERO
SUP. - PERMIANO
Filoni e stocks di composizione dacitica e riodacitica, a serialitÓ calcalcalina, a struttura da porfirica a
microporfirica, talora granofirica, con fenocristalli di Qtz, Fsp, Bt e tessiture isotrope talora fluidali.
CARBONIFERO SUP. - PERMIANO
Filoni idrotermali a quarzo prevalente. CARBONIFERO SUP. - PERMIANO
Filoni intermedio-basici a composizione andesitica o basaltica, a volte porfirici, con fenocristalli di Am,
generalmente molto alterati, in massa di fondo da afirica a microcristallina. CARBONIFERO SUP. - PERMIANO
Gabbri. CARBONIFERO SUP. û PERMIANO
Gabbro-Tonaliti grigio-verdi.
Granititi e loro differenziazioni a vario livello di alterazione, da compatte a variamente arenizzate
Granititi emergenti in affioramento in nuclei arrotondati di dimensione variabile, a fratturazione geometrica con
solcature riempite talvolta da materiali terrigeno-detritici
Micascisti e paragneiss indifferenziati. ?PRECAMBRIANO-?PALEOZOICO
Mineralizzazioni ad asbesto, talco e serpentino interstratificate nelle metamorfiti (M. Plebi). ?PRECAMBRIANO?PALEOZOICO
Ortogneiss e metatessiti. ?PRECAMBRIANO-?PALEOZOICO
Porfidi granitici, di colore prevalentemente rosato e rossastro, a struttura da afirica a porfirica per fenocristalli di
Qtz, Fsp e Bt e tessitura isotropa; in giacitura prevalentemente filoniana, talvolta in ammassi. CARBONIFERO
SUP. - PERMIANO
Tab.14 - Impedenze assegnati alle litologie presenti nella cartografia geologica
2
3
3
1
6
1
2
3
1
1
7
8
7
8
7
7
7
8
7
7
7
4
7
6
6
7
7
B-CARTA DELLE PENDENZE E RELATIVI PESI
La carta delle pendenze, , è stata ricavata dall’analisi in ambiente GIS della cartografia regionale affiancata
a quella comunale più aggiornata. In particolare essa ottenuta dal mosaico fra DTM a 10m elaborato dalla
Cartografia Regionale e DTM a 1m derivato dal Lidar 2009 messo a disposizione dalla RAS Area urbana e
parte dell’inviluppo dei bacini esterno al centro urbano). I risultati sono documentati nelle Tavv. 1A, 1B, 1C,
1D, 1E, 1F e 1G restituite in scala 1:12.500. Di esse si forniscono alcuni esempi nelle Figg. 62 e 63.
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Fig. 62 - Stralcio della Carta delle Pendenze (Tav1A). Settore a Sud Est di San Pantaleo
Le classi di acclività e i pesi ripartite per ognuna di esse sono sintetizzati in Fig.63.
Fig. 63 – Legenda Carta delle pendenze (cfr. Tab. 12)
91
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Fig. 64- Stralcio della Carta delle Pendenze (Tav1D). Settore di Cabu Abbas-Monte Zapparottu (Sa Bandela) a Nord Ovest di “Olbia 2”
C-CARTA DELL’USO DEL SUOLO E RELATIVI PESI
Nell’ambito del P.U.C. è stata messa a punto una carta originale dell’Uso del Suolo con definizione del IV
Livello alla scala 1:10.000 di tutto il territorio comunale. La carta è stata impiegata tal quale ai fini dello
studio della pericolosità ma viene restituita in n. 7 Tavv.: 3A, 3B, 3C, 3D, 3E, 3F, e 3G. Le classi individuate
in carta sono quelle di Tab.15. dal corrispondente repertorio regionale PAI (a sua volta derivante da CorineLand Cover) e sono classificate assegnando il valore d’impedenza secondo la corrispondente tabella
proposta dalle Linee Guida PAI.
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Fig. 65 - Stralcio della Carta UDS (Tav3A). Settore a Sud Est di San Pantaleo
Fig. 66 - Stralcio della Carta UDS (Tav3D). Settore di Cabu Abbas-Monte Zapparottu (Sa Bandela) a Nord Ovest
di “Olbia 2”
Con riferimento alle classi del III Livello, le impedenze assegnate sono le seguenti:
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Sigla
111
112
121
122
123
124
131
132
133
141
142
143
211
212
221
222
223
231
241
242
243
244
311
312
313
321
322
323
324
331
332
333
421
511
512
411
521
522
523
Classe uso del suolo III livello Corine Land Cover
Tessuto urbano continuo
Tessuto urbano discontinuo
Aree industriali e commerciali mediocre
Reti stradali e ferroviarie e spazi accessori
Aree portuali
Aeroporti
Aree estrattive
Discariche e depositi di rottami
Aree in costruzione
Aree verdi urbane
Aree ricreative sportive e archeologiche
Cimiteri
Seminativi in aree non irrigue
Seminativi in aree irrigue
Vigneti
Frutteti
Oliveti
Prati stabili
Colture temporanee associate a colture permanenti
Sistemi colturali particellari complessi
Aree prevalentemente occupate da colture agrarie
Aree agroforestali
Boschi di latifoglie
Boschi di conifere
Boschi misti
Aree a pascolo naturale e prateria d’alta quota
Brughiere e cespuglieti
Aree a vegetazione sclerofilla
Aree vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione
Spiagge, dune, sabbie
Rocce nude, falesie, rupi e affioramenti
Aree con vegetazione rada
Paludi
Paludi salmastre
Corsi d’acqua, canali e idrovie
Bacini d’acqua
Lagune, laghi e stagni costieri
Estuari e delta
Mari
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Impedenza Peso
mediocre
0
mediocre
0
mediocre
0
minima
-1
mediocre
0
mediocre
0
nulla
-2
nulla
-2
nulla
-2
buona
1
mediocre
0
mediocre
0
nulla
-2
mediocre
0
nulla
-2
mediocre
0
minima
-1
mediocre
0
minima
-1
minima
-1
nulla
-2
minima
-1
massima
2
massima
2
massima
2
mediocre
0
buona
1
mediocre
0
buona
1
nulla
-2
nulla
-2
minima
-1
nulla
-2
nulla
-2
nulla
-2
nulla
-2
nulla
-2
nulla
-2
nulla
-2
Tab. 15 - Classi UDS e Impedenze secondo il PAI D
D CARTA DELL’ISTABILITÀ POTENZIALE
I risultati delle sovrapposizioni dei tre tematismi di base unitamente ai vincoli correttivi di Tab. 13, in funzione
della somma dei pesi, sono ripartiti secondo le cinque classi d’instabilità potenziale riassunte nella Fig. 67.
Fig.. 67 –Classi d’instabilità in funzione del totale delle impedenze (somma pesi Geologica UDS e Acclività ed condizioni correttive)
94
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Nelle Figg. successive sono esposti alcuni stralci riferiti alle medesime aree delle figure relative agli altri
tematismi di base.
Fig. 68 - Stralcio della Carta dell’Instabilità Potenziale (Tav. 4A). Settore a Sud Est di San Pantaleo
Fig. 69 - Stralcio della Carta dell’Instabilità Potenziale (Tav4D). Settore di Cabu Abbas-Monte Zapparottu (Sa
Bandela) a Nord Ovest di “Olbia 2”
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4.6
CARTA GEOMORFOLOGICA
LA Carta Geomorfologica è stata elaborata al solo scopo di definire gli elementi geomorfologici con
significato ai fini della Pericolosità Geomorfologica (o da Frana) che non ricadessero nel novero di altri
tematismi (voci come le cornici e gli orli di scarpata, le rotture di pendio etc., non sono inserite poichè si
ritengono del tutto pletoriche in quanto già ricadenti nel dominio di riferimento della carta delle acclività).
Quella in consegna è il risultato di due successive elaborazioni: una prima dell’estate 2015, il cui incrocio
con l’instabilità potenziale ottenuta riscontrava la permanenza di settori palesemente “disturbati” da dissesti
che la modellazione finale non riusciva a porre in evidenza come pericolosi (Hg0) o con pericolo congruo
rispetto al “clima” geomorfologico locale (Hg1); una successiva integrazione a questa, del Settembre–
Ottobre 2015, finalizzata alla messa in evidenza di settori orograficamente collinari, subordinatamente
montani e morfologicamente denudati, senza fenomenologie eclatanti ma costituiti da ammassi rocciosi
fratturati con dislocazioni, blocchi parzialmente ribaltati o localmente “implosi” sulle discontinuità, oppure
contrassegnati da varie tipologie di modesti movimenti di crollo sui rispettivi versanti, sovente con
dimensioni di qualche decimetro, non necessariamente voluminosi (<<1mc). Quest’ultima fattispecie
potrebbe persino considerarsi ubiquitaria nei territori spogli di vegetazione, il che fa pensare che possa
rinvenirsi anche all’interno delle aree con fitte coperture boschive. Tale ultima versione è quella consegnata
(Tavv.5A/5B/5C/5D/5E/5F/5G/5H/5I).
Ogni Tavola è contraddistinta da due legende: una con finalità di sintesi geolitologica,
Fig. 70- Legenda Geolitologica della Carta Geomorfologica
l’altra con riferimento alla tipicizzazione dei processi e delle forme geomorfologiche individuate:
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Fig. 71 - Legenda dei processi e delle forme della Carta Geomorfologica
Quest’ultima legenda facente riferimento allo stato di attività delle situazioni di dissesto o di frana è stata
mutuata dalla Carta Geomorfologica predisposta di recente nell’ambito dello Studio di dettaglio e
approfondimento del quadro conoscitivo della pericolosita’ e del rischio da frananel sub bacino n°3 Coghinas –
Mannu –Temo.Progetto di variante generale e di revisione del piano per l’assetto idrogeologico della Regione
Autonoma della Sardegna (di cui all’Art. 37, comma 1, delle vigenti Norme di Attuazione).
Fig. 72- Stralcio della Carta Geomorfologica (Tav.5B). Settore a Sud Est di San Pantaleo
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Fig. 73 - Stralcio della Carta Geomorfologica (Tav. 5E). Settore di Cabu Abbas-Monte Zapparottu (Sa Bandela) a Nord
Ovest di “Olbia 2”
4.7
CARTA DELLA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA
LA cartografia della pericolosità geomorfologica (significativa) costituisce il risultato finale del presente studio.
Essa è redatta:
◘ alla scala 1:10.000 in forma coordinata col PAI per l’intero territorio comunale ed in tale formato è
ricompresa in n.9 Tavole (Tavv. 6A/6B/6C/6D/6E/6F/6G/6H/6I)
◘ alla scala 1:2000 per i soli centri abitati individuati dall’Amministrazione comunale di concerto con gli
estensori del Piano Urbanistico Comunale. Detta carografia è comprensiva delle Tavole da n. 7 a n. 60.
La legenda impiegata è quella di Fig.74.
99
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Fig. 74 - Legenda della Pericolosità Geomorfologica o da Frana
Fig. 75 - Stralcio della Carta della Pericolosità Geomorfologica (Tav.6B). Settore a Sud Est di San Pantaleo
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Fig. 76- Stralcio della Carta della Pericolosità Geomorfologica (Tav. 6E). Settore di Cabu Abbas-Monte Zapparottu (Sa Bandela)
a Nord Ovest di “Olbia 2”
5
DISCUSSIONE DEI RISULTATI
In definitiva, dunque, con riferimento alla metodologia generale esposta, sono stati predisposti i seguenti
risultati cartografici:
A. Carta Geolitologica alla scala 1:12.500 (n.7 Tavole)
B. Carta delle Pendenze alla scala 1:12.500 (n.7 Tavole)
C. Carta dell’Uso del Suolo alla scala 1:12.500 (n.7 Tavole)
D. Carta dell’Instabilità potenziale alla scala 1:12.500 (n.7 Tavole)
E. Carta Geomorfologica alla scala 1:10.000 (n.9 Tavole)
F. Carta della Pericolosità da Frana (Geomorfologica) coordinata alla scala 1:10.000 (n.9 Tavole)
G. Carte della Pericolosità da Frana (Geomorfologica) dei centri urbani alla scala 1:2000 (n.54 Tavole)
Per un totale di 100 carte
Di esse le tavole riferite ad A, B, C, D, sono state editate, come gà anticipato, in formato stampa alla
scala1:12.500 per ridurre il numero dei layout mentre le rimanenti sono stampate alla scala dichiarata.
I risultati evidenziano che:
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il centro urbano di Olbia non è soggetto per la gran parte a potenziali fenomeni franosi (Hg0)
oppure i fenomeni franosi, presenti o potenziali, per la gran parte in realtà dissesti erosivi, sono
marginali (Pericolosità Moderata-Hg1);
Il territorio della Piana di Olbia contornante il centro urbano mostra prevalenza di Hg1 e le
pericolosità superiori sono associate a pericoli erosivi in caso di esondazioni per eventi alluvionali
conseguenti, per lo più, a piogge brevi ed intense;
la zona Industriale è interessata da (Hg1);
le frange orografiche collinari e montuose a ridosso della Piana di Olbia (Monte Picchiecchio e
Punta di Lucciu) possono presentare pericolosità con larga prevalenza di Hg2 (Media);
Pericolosità Elevata (Hg3) e/o Molto Elevata (Hg4) è rilevabile nel settore di Cabu Abbas-Monte
Zapparottu-Monte Biancuzzo (Sa Bandela-S’Iscoglia) a monte di Olbia 2; nella Sarra di Monte Pino,
a ridosso del Golfo di Marinella (Monte Canareddu), ad Ovest nel settore fra Monte Capruleddu e
Monte Cucculiri, a ridosso della SS427, Punta di Tre Monti, Punta di Monti Longu, Contra Manna,
Punta Jacumoni, Lettu di Fica sempre al confine con Sant’Antonio di Gallura, lungo la Sarra di
Cugnana (Punta Cugnana; Punta Scala Impedrada; Punta d’Aratena) fino a ridosso del centro
abitato di San Pantaleo (Punta Pelchia Manna; Punta Sant’Andrea) e oltre (Punta di La Vigna
Vecchia; Muru Alvata) e a Piana di Calvia a ridosso della SS 125 lungo la Dx valliva del Riu San
Giovanni.
Ulteriore Hg2 è diffuso sui rilievi collinari accidentati ai bordi con altri comuni (Sarra di Monte
Santo al confine con Sant’Antonio di Gallura);
A Monte Plebi Punta de S’Aspro domina l’Hg228 (coordinato);
Pericolosità Hg3 e Hg2 conseguente a suscettività erosiva sono localizzate rispettivamente su aree
a Sx del Riu Enas Padrogiano (Micalddu, Serra Alveghes), a Sx (fra Stazzi Giacamu e Tanca Manna)
e all’interno dell’asta del Riu San Giovanni (Lu Lazzareddu)
l’isola di Tavolara è soggetta quasi per intero a Hg3 e Hg4.
Lo studio di compatibilità eseguito è principalmente, finalizzato alla definizione della Pericolosità
Geomorfologica (espressione che è da preferirsi nell’uso in questa sede, in luogo di quella di Pericolosità da
frana29) del territorio di Olbia e i suoi rapporti con le scelte di Pianificazione Urbanistica.
I risultati descritti con la cartografia, sono il frutto di un circostanziato e ponderato studio degli elementi
geomorfologici del territorio di Olbia che ha potuto contare su circa un ventennio di osservazioni di dettaglio e
sui riscontri al suolo degli effetti di tutti i principali eventi pluviometrici, a partire da quelli del Dicembre 1998 per
finire con quelli del 1 Ottobre 2015. Dal momento che questo stesso studio è stato avviato a seguito dell’evento
del 2013 è piuttosto evidente, tuttavia, che quanto riscontrato sul campo successivamente alla data del
18/11/2013 ha potuto costituire di gran lunga la principale fonte casistica per la verifica in back analysys dei
risultati del metodo impiegato ed offrire ulteriori chiavi di lettura nei confronti dei fenomeni erosivi che, come
detto in più circostanze nel corso della relazione, pur rientrando a pieno titolo fra i fenomeni di dissesto
geomorfologico, non sempre vengono fatti rientrare nelle carte di pericolosità geomorfologica allorchè si adotti il
criterio “ortodosso” dell’illustrazione della sola Pericolosità da Frana. Il risultato è che detti fenomeni alla fine
possano essere del tutto sottovalutati e risultare non contemplati nel quadro territoriale evidenziato nell’una o
nell’altra pericolosità. Per questa ragione, la pericolosità illustrata dalle carte qui elaborate è una Pericolosità
Geomorfologica, quindi anche da frana ma non soltanto da frana; essa dunque considera i fenomeni erosivi e
di conseguenza individua superfici su diversi spazi non esattamente “di versante” ed anche lungo le sponde di
28
29
Le geometrie vi attestano la perimetrazione secondo il criterio del PAI 2000
Nella cartografia allegata allo studio è stata conservata l’espressione “Pericolosità da Frana”.
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taluni dei i corsi d’acqua principlali. Tale aspetto è rilevante, ad avviso di chi scrive, se inquadrato nell’ottica
dell’Invarianza idraulica (Art. 7 comma 2 NdA - Integrazione).
Lo studio inoltre, tanto nei riscontri sul terreno quanto con l’incrocio dei poligoni della pericolosità
geomorfologica o da frana con quelli idraulici, rivela la stretta connessione fra le due pericolosità
idrogeologiche. Nel suo articolarsi esso dimostra infatti che l’assetto idrologico è piuttosto legato a quello
geomorfologico e, qualunque sia l’attuale impostazione metodologica regionale, anche quello idraulico non può
prescinderne. E’ un fatto di tutta evidenza che molte delle aree geomorfologicamente pericolose di ambito
montano e pedemontano (la gran parte), comprese quelle a ridosso della Piana di Olbia (per es.:. Putzolu)
siano drenate attraverso tronchi critici con particolare capacità erosiva nel contesto geolitologico e quindi alto
contenuto solido delle correnti di piena, per lo meno con tempi di ritorno men che cinquantennali. Parimenti, le
portate liquide per tempi di ritorno elevati, in questi casi, sono certamente in grado di produrre flussi
iperconcentrati (Debris Floods). Ciò per la presenza di condizioni geolitologiche e geomorfologiche in grado di
determinare vaste aree di alimentazione di volumi solidi mobilizzabili con l’erosione dei versanti, lungo i
compluvi di primo ordine e con lo scalzamento stesso delle sponde torrentizie che già li ospitano.
Si è visto che le coperture detritiche esposte alla pendenza, ovvero i detriti di versante, i colluvi, gli
eluvi, in genere, tutti i mantelli di alterazione e, ove presenti, le frane, attuali e antiche, rappresentano
un ampio e diffuso serbatoio di materiali solidi che, sia nelle condizioni idrologiche locali (regimi
torrentizi e suscettività alle piogge concentrate) che in quelle geomorfologiche di base (giovinezza del
rilievo e fase geologica erosiva in corso) dei bacini idrografici del territorio di Olbia, possono dare
luogo, quanto meno su alcune delle aste del sistema idrografico comunale, a mobilizzazione di volumi
ingenti di sedimenti, quindi ad un Trasporto Solido notevole, da cui non deve prescindere la
modellazione idraulica. A questa suscettività sono particolarmente esposte le fasce pedemontane, indi
per cui le condizioni idrogeomorfologiche e sedimentologiche della rete idrografica che le percorre
costituiscono una delle chiavi per interpretare la dinamica del dissesto sui versanti.
In considerazione dell’indubbia carenza cognitiva quantitativa del fenomeno del trasporto solido, peraltro
amplificato dalla contestuale azione della componente vegetale trasportata, quanto sopra affermato, deve
indurre a perfezionare l’attuale approccio pianificatorio idraulico, introducendo all’atto della verifica, quanto
meno un “fattore di sicurezza” nelle sezioni e nei tratti ove la rete, alla luce degli ultimi eventi ed in particolare di
quello del18/11/2013, è parsa più vulnerabile ai fenomeni di erosione, trasporto e sedimentazione che
interessano le suddette fasce. In sostanza, una volta accertata la sussistenza di un certo contesto
geomorfologico e morfometrico generale e di quello specifico idrogeomorfologico, attraverso l’osservazione e
se possibile, l’analisi dell’alveo, delle geometrie, delle granulometrie del fondo, è decisamente auspicabile
adottare un criterio conservativo considerando la sezione dell’alveo a minore “altezza”, rispetto a quella reale,
postulando cioè un letto più elevato. Ciò in quanto proprio le sezioni degli attraversamenti, spesso anche in
virtù dell’artificializzazione subita, sembrano essere sede preferenziale di sovraccarichi di accumuli.
Quindi questa circostanza costituisce nei fatti una criticità aggiuntiva per la metodologia di verifica idraulica in
assenza di soluzioni opportune (per questi motivi si è suggerito al consulente idraulico, l’introduzione di un
“franco sedimenti” nella verifica degli attraversamenti su questi tronchi pedemontani).
Si tratterebbe in sintesi di adottare una quota del fondo alveo maggiore, la cui misura potrà stabilirsi in funzione
della gerarchizzazione del corso d’acqua o di altri criteri oggettivi consoni in ogni contesto idrogeomorfologico.
Nel contempo, appare non ulteriormente rinviabile da parte della RAS l’avvio, in sede di PGRA di una profonda
fase conoscitiva sulla problematica con la quale si caratterizzino, oltre le frane, le coperture mobilizzabili sui
versanti e negli stessi corsi d’acqua. Vista inoltre la diffusione, la potenza, l’irregolare distribuzione e la
variabilità delle litofacies e l’assenza di ogni criterio distintivo omogeneo tale conoscenza deve ricomprendere
necessariamente le coltri alterate dei sostrati intrusivi che sono assai spesso sede di dissesti superficiali duranti
gli eventi intensi. Tali passaggi consentirebbero di individuare tutte le principali aree di ricarica sedimentaria e,
quindi, anche le aree ove le colate di detrito sono possibili. .
Pertanto, in virtù di quanto riscontrato, i consulenti idraulici sono stati invitati, in sede di verifiche e di
determinazione dei perimetri di esondazione delle portate per dati Tr, a tener conto della problematica del
trasporto solido, adottando soluzioni che tenessero in considerazione le sue potenzialità, a cominciare
dall’introduzione per le sezioni di calcolo, del criterio conservativo sui sedimenti sopra menzionato.
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Per questo stesso scopo da Maggio è stata avviata una progressiva attività di supporto per poter affinare
questo criterio, individuando e concordando nel contempo la rete idrografica a cui riferirsi, vale a dire quella
sottendente le aree in cui la condizione di pericolosità geomorfologica del territorio di Olbia può tendere ad
interferire strutturalmente e significativamente con la pericolosità idraulica, per il tramite della produzione di
sedimenti.
6.
CONCLUSIONI SULLA PERICOLOSITA’ DA FRANA
Ai fini strettamente geomorfologici, visti i risultati cartografici finali, si può dire che il modello elaborato
apportando correttivi allo standard propossto dalla RAS per la determinazione della Pericolosità da frana, si
rivela più sensibile alle variabili geomorfologiche. L’applicazione è stata certamente in grado di “avvertire” i
risultati qualitativi dello studio geomorfologico soprattutto sulle alte classificazioni. Tuttavia la limitatezza
dell’articolazione della carta geo-litologica adoperata (Carta del geolitologica del PUC), in particolare la
mancata distinzione delle facies arenizzate realmente presenti, nonché in varie circostanze, della copertura
detritica (spesso sostrato del bosco), in determinati contesti fa tendere i risultati a classificazioni sotto
dimensionate. Il primo esito classificativo della Peicolosità, in sostanza, è sembrato vocato a generare ampie
superfici in Hg1 in spazi che laddove fossero stati meglio posizionate le arenizzazioni pervasive anziché
ammassi di rocce, sia pure fratturate, avrebbero generato Hg medi (Hg2) più vicini al reale stato del rilievo
pedemontano e montano (si noti che a dispetto della ruralità, le condizioni antropologiche del passato hanno
promosso insediamento sparso anche in talune di queste aree con gli Stazzi). Parimenti per ragioni analoghe si
determinano vaste aree in Hg0 che potrebbero ascriversi ad Hg1. Stante tale condizione di diffuso
sottodimensionamento classificativo si è resa necessaria una ulteriore rivisitazione della prima versione della
pericolosità. Data la necessità di conservare una sola Carta Geolitologica (quella PUC), si è così optato di
perfezionare il quadro cognitivo degli elementi areali della Carta Geomorfologica, andando alla ulteriore ricerca
di aree ricche di blocchi sconnessi o ribaltati, con crolli e rotolamenti di elementi rocciosi isolati o sparsi sul
versante. I risultati finali sono largamente soddisfacenti in quanto realistici.
Si sottolinea di contro che anche alla luce degli accertamenti sull’erosione potenziale elaborati in precedente
studio, (Carta della suscettività all'erosione dei bacini; 2014) il pericolo geomorfologico moderato messo in luce
all’interno della zona urbana di Olbia e soprattutto nella Piana appare non solo giustificato ma largamente
verificato dagli eventi intensi degli ultimi anni. Questo aspetto, con tutta evidenza, interagendo non poco con
quanto richiamato dall’Art. 47 delle NdA PAI deve sollecitare la messa in atto di tutti quegli interventi strutturali
o meno miranti al contenimento dell’erosione in genere e soprattutto a ridosso dei centri abitati per non
rischiare di rendere inefficiente la rete di drenaggio minore di valle.
Ciò detto, è bene sottolineare che a seguito degli accertamenti dello studio, in particolare relativamente ai
versanti del bacino del Riu Palasasole-Riu Enas-Riu Padrogiano e del Riu San Giovanni, la problematica del
trasporto solido dei torrenti è emersa in forma esplicita. In sostanza si evidenzia una buona capacità di recapito
solido da parte del sistema geologico in condizioni di sollecitazione estrema per evento intenso. Ciò a dispetto
delle “credenze popolari”, ovvero dello storico equivoco scientifico che dipinge le aree del complesso intrusivo
della Sardegna come geomorfologicamente molto stabili, esenti da fenomeni gravitativi e dissesti
geomorfologici significativi e, quindi, incapaci di alimentare il trasporto solido dei torrenti.
L’analisi post evento dell’18/11/2013 dei suddetti tronchi a partire da determinate sezioni individuate nel corso
di ricognizioni guidate da precedente esame diacronico in foto aerea, attesta che diversi tratti della rispettiva
rete pedemontana sono stati sede di flussi con mobilizzazioni solide cospicue, talora iperconcentrati.
Complessivamente sia sul sistema Palasole-Enas-Castagna-Padrogiano che sul sistema Toltu-San Giovanni si
sono avute mobilizzazione di centinaia di migliaia di mc di materiali e importanti conseguenze sulle opere di
attraversamento o di difesa, alcune delle quali, a loro volta, si sono riverberate sugli effetti idraulici (ad es.: sul
San Giovanni alla sezione Ponte San Giovanni; sul Riu Enas a valle dell’innesto del Palasole e alla sezione
Ponte Stazione Enas). Si segnalano inoltre taluni particolari compluvi o torrenti montani che hanno alta
probabilità di essere stati sede di colate detritiche, quanto meno facendo riferimento alle più convenzionali
relazioni idrologiche (cfr.Pica et al.,1999).
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Il risultato complessivo della perimetrazione della pericolosità geomorfologica, attesta di quanto fin qui detto.
In particolare è doveroso sottolineare come il controllo incrociato degli esiti delle presenti indagini, con i
risultati della perimetrazione idraulica, riscontri la sussistenza di una eloquente correlazione fra la
localizzazione dei tratti critici della rete idrografica vulnerabili ai fenomeni geomorfologici e alla pericolosità da
frana del bacino sotteso. Ciò ha posto in evidenza una indubbia e non nota peculiarità del sistema idrografico
in generale con particolare risalto nelle aree sottese alla rete defluente all'interno dell'isola amministrativa di
Berchideddu (soprattutto nel sistema idrografico del Riu Sos Campittos-Riu Palasole) e in misura minore in
quello del Riu Serra Sorilis. Egualmente espliciti sono stati, più a Nord tutti i riscontri nel Riu Enas (a valle della
confluenza in Dx col Palasole e in Sx col Santo Simone; Malghina), nel Riu La Castagna (Padrogiano), a valle
di Azza Ruja (al confine con Loiri Porto San Paolo), nel Riu Padrogiano stesso e, ancora più Nord, nel bacino
del Riu San Giovanni, nel tratto pedemontano a valle del guado di via Stazzi Montiruju compreso fra la
confluenza nel Riu Toltu dei torrenti provenienti da M.te Plebi e la confluenza del Riu Paulu Azzinu,
proveniente da P.ta Littu Petrosu (642m; Sant’Antonio di Gallura).
Tale risultato tuttavia sconta le lacune della cartografia geolitologica che, come più volte detto, al di là delle
scelte pragmatiche operate (impiego della Geolitologia PUC con adattamenti prevalenti in area urbana Olbia),
soffre soprattutto della difficoltà scientifica di formulare distinzioni secondo classi di riferimento oggettive o
oggettivabili. Essa dunque non è in grado di mettere in evidenza in modo esauriente i terreni che sui versanti
concorrono all’alimentazione solida dei sistemi idrografici; tuttavia ne suggerisce in qualche modo la presenza.
7. GIUDIZIO DI COMPATIBILITA’ GEOLOGICA
Alla luce delle conclusioni dello Studio Geomorfologico, viste in particolare l’indagine geomorfologica e la
perimetrazione della Pericolosità significativa Geomorfologica o da Frana su tutto il territorio comunale, può
concludersi che, nel complesso, le previsioni e gli indirizzi del nuovo P.U.C. così come è stato possibile
ricavabile dalle Carte della Zonizzazione, appaiono al momento compatibili con le previsioni del P.A.I. dal
punto di vista Geologico e Geomorfologico.
Ciò in quanto:
◘ non mirano a peggiorare le condizioni di equilibrio statico dei versanti e di stabilità dei suoli, poiché non
attuano trasformazioni del territorio non compatibili con essi;
◘ non aumentano il livello di pericolosità geomorfologica così come qualitativamente valutata da questo
stesso studio;
◘ non compromettono la riduzione o l’eliminazione di eventuali cause di pericolosità o di danno potenziale
eventualmente presenti in aree di pericolosità perimetrata ad essa prossime;
◘ non inducono e non incrementano condizioni di rischio specifico da frana;
Tuttavia le condizioni geolitologiche corrispondenti alle arenizzazioni e ai depositi colluviali e di versante delle
zone interne, quelle geomorfologiche riscontrate negli ambiti territoriali classificati come pericolosi, ancorché
con pericolo Hg1 e Hg2 o attualmente prive di pericoli, sono sempre tali da esporli, secondo varie magnitudo e
periodo di ricorrenza in ragione dell’intensità degli afflussi meteorici, a dissesti superficiali e a condizioni di
dissesto erosivo. Ciò anche in ragione della capacità di progressiva evoluzione dei proc.essi di arenizzazione
e di degrado superficiale.
E’ noto peraltro che il PUC sia sotto ordinato al quadro derivante dall’assetto idrogeologico e che in base
all’art. 47 comma 2 delle NdA PAI [Integrazione del Titolo V delle Norme di Attuazione del Piano Stralcio
per l’Assetto Idrogeologico (PAI) della Sardegna contenente le “Norme in materia di coordinamento tra il
PAI e il Piano di Gestione del rischio di alluvioni (PGRA)”] sia tenuto a rispettare il principio dell’invarianza
idraulica ovvero il principio in base al quale le portate di deflusso meteorico scaricate dalle aree urbanizzate
nei recettori naturali o artificiali di valle non sono maggiori di quelle preesistenti all’urbanizzazione.Anche per
tale ragione, poiché le portate di deflusso meteorico scaricate dalle aree urbanizzate nei recettori possono
essere soggette al carico solido, è bene tenere presente la necessità di non incrementare l’erosione che lo
alimenta.
Va comunque sottolineato che:
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Se si escludono alcune contenute situazioni a ridosso del quartiere “Zona Bandinu”. il centro urbano non
risulta interessato da Pericolosità Geomorfologica maggiore di Hg1 (Moderata);
In tutto il settore della Piana di Olbia a ridosso della frangia urbanizzata, la Pericolosità appare piuttosto
limitata e di modesta entita in termini classificativi, essendo le eccezioni documentabili come espressione
del pericolo erosivo associato agli eventi brevi ed intensi.
In ogni caso, se è vero che gli insediamenti più a ridosso della cintura urbana vanno rarefacendosi in modo
centrifugo (in ragione inversa alla vicinanza col mare), è di tutta evidenza come il consumo di suolo, si sia
spinto fino ad oggi in settori rurali di particolare attitudine dal punto di vista idrogeologico (Putzolu, Lu Caprolu,
Ferrulalzu nella Piana di Olbia sottesa al Riu S’Eligheddu; Piana di Siana, Zucchitta, Piana Manna, Serra
Alveghes sottese al Riu Enas-Padrogiano), dove attualmente convivono quasi senza soluzione di continuità
attività industriali (cave), aziende agricole, zootecniche e/o a vocazione turistica, depositi commerciali, peraltro
a ridosso di viabilità rurale sempre più fruita che interseca o costeggia quella ferroviaria (Micaleddu-Conca
Onica). Per quanto decisamente rarefatto, l’insediamento più rurale deve comunque fare i conti con il
miglioramento della viabilità, con la razionalizzazione delle eventuali pratiche agronomiche, con
l’approvvigionamento dei sottoservizi. Quest’ultimo aspetto appare sempre piuttosto delicato per quanto
attiene alle questioni riguardanti scavi e rinterri in ambiti arenizzati o con coperture detritiche, dal momento
che il rimaneggiamento superficiale delle superfici arenizzate e, a maggior ragione, di quelle detritiche è
normalmente foriero di accelerazioni di degrado e di innesco di processi di ruscellamento. Questi aspetti
dovrebbero sempre essere prevenuti da qualunque progetto locale, sia esso pubblico o privato. Anche per tale
ragione, oltre che per quanto sostenuto in riferimento alla Invarianza Idraulica si ritiene consigliabile il ricorso
da parte dell’Amministrazione agli studi di compatibilità idrogeologici (sensu NdA PAI) anche in aree H0 e H1,
cioè anche laddove non siano previsti in base alle norme PAI. Ciò al fine di incrementare l’approccio di ogni
progettazione nei confronti della prevenzione idrogeologica, quindi la qualità dei progetti.e di scongiurare
qualunque innesco indesiderato di disordine idrogeologico.
Nell’exclave di Berchiddeddu, dal punto di vista geomorfologico non sussistono gravi criticità di versante.
Tuttavia occorra sottolineare come taluni settori con condizioni litologiche favorevoli (graniti arenizzati) siano
oggetto di espansione gli interessi vitivinicoli e, dunque, l’uso del suolo prevalente sia la vigna, notoriamente
pregiudizievole per il suolo in carenza di soluzioni a presidio contro i fenomeni erosivi. In questi casi, dove
massima è stata la selezione litologica per la scelta dei terreni da coltivare, è bene che le aziende prestino
altrettanta cura nel non compromettere la conservazione del suolo superficiale attraverso pratiche
agronomiche, geomorfologicamente non compatibili, quali il rittochino meccanizzato. Sono state osservate,
infatti, vaste superfici dilavate soprattutto in posizione valliva a ridosso delle fasce torrentizie (ad es. Li
Campitti o Sos Campittos). Si sottolinea inoltre come peraltro la perdita di suolo sia destinata ad avere come
risultato di breve e medio temine anche l’ingente incremento di recapito solido nel sistema idrografico e,
giocoforza, maggiore tendenza all’ostruzione delle sezioni e maggiori oneri manutentivi pubblici.
E’ inoltre scontato che, nel breve e nel medio periodo, in simili contesti, le scorrette lavorazioni agricole
possano peggiorare l’instabilità di superfici oggi attualmente stabili. A tale riguardo, viste anche le implicazioni
di ciò in campo idraulico, data l’abbondanza attuale del recapito solido nei corsi d’acqua, attestata oltre che
dalla rete pedemontana extra urbana anche dalle condizioni di erosione e sedimentazione delle reti di
deflusso minori ed urbane 30 ed extraurbani, sarebbe opportuno che l’Amministrazione provvedesse alla
predisposizione di un regolamento per gli usi agricoli del territorio periurbano e a predisporre una
pianificazione della manutenzione ordinaria dei fossi, delle cunette sulla viabilità presso le aree più esposte ai
fenomeni erosivi, al solo scopo di non sollecitare le pericolosità potenziali messe in evidenza dallo studio
stesso, mettendo in atto quindi un dispositivo di controllo (cioè di monitoraggio) finalizzato ad interventi a
cadenza periodica secondo le indicazioni impartite dalle Direttive per la Manutenzioni degli alvei e la
Gestione dei sedimenti (RAS 2012) e le LL.GG. per la Sistemazione e Manutenzione dei Versanti (RAS
30
In questi ultimi mesi si è reso piuttosto evidente il caso, ad es. del Riu Pasana in ambito urbano, a seguito di drastiche operazioni manutentive eseguite con troppa
fretta e con scarsa attenzione geomorfologica da mezzi meccanici.
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2013). Parimenti, se non già predisposto, dovrà tenere conto di quanto in questa sede scritto e cartografato, ai
fini del Piano di Emergenza di Protezione Civile idrogeologica.
Fig. 77 - Contrafforti vallivi della Sarra di Monte Pino e coltri arenizzate ai piedi (con vigne)
Fig. 78 - Sarra di Cugnana, vista dai piedi del versante Nord fi M.te Pino
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Fig. 79 - Paesaggio pedemontano del complesso intrusivo arenizzato di Nibbaru Mannu;
Bacino Riu San Giovanni, Strada comunale in direzione Riu Toltu (guado).
Fig. 80 - Guado sul Riu Toltu di via Stazzi Monti Ruju. Alveo estremamente ciottoloso. La foto è
scattata da sponda Sx a valle del guado. Il ciottolame è stato sistemato sia a monte che a valle
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Fig. 81- Ammassi rocciosi di cresta su Monte Telti
Fig. 82 - Morfologie relitte e crolli al piede presso Lettu di Fica (settore Nord Orientale del
territorio di Olbia, al confine con Sant’Antonio di Gallura)
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Fig. 83 - Rilievi a Inselberg presso Montilongu (estremo settore Nord Ovest)
Fig. 84 - Isola Amministrativa. Rilievo granitoide di Monte Salvannori (o di Salvanori; 640m),
visto da Mamusi
Dott. Geol. Giovanni Tilocca
Lì, Novembre 2015
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