La parità di accesso agli organi di amministrazione e

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La parità di accesso agli organi di amministrazione e
CIRCOLARE N. 16 DEL 7 GIUGNO 2012
Circolare N° Registro: 258.1 Data: 06/06/2012
Area: Direzione generale
MERCATO MOBILIARE E SOCIETA’ QUOTATE
La parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo
delle società quotate
www.assonime.it
Il regime della parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo …
Circolare N. 16/2012
ABSTRACT
La presente circolare descrive il contenuto, le modalità e i termini di applicazione della
disciplina in materia di equilibrio tra i generi negli organi delle società quotate introdotta
dalla legge n. 120 del 2011. Dopo un’analisi del quadro normativo, la circolare illustra
gli aspetti applicativi della nuova disciplina e le eventuali modifiche statutarie anche alla
luce dell’art. 144-undecies del Regolamento Emittenti n. 11971/1999, introdotto dalla
delibera n. 18098, e il relativo regime sanzionatorio.
PROVVEDIMENTI COMMENTATI
Legge 12 luglio 2011 n. 120
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Delibera Consob 8 febbraio 2012 n. 18098
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INDICE
Introduzione
p. 4
1. Il quadro normativo e autoregolamentare di riferimento
p. 7
2. Le quote di genere negli organi di amministrazione e controllo delle
società quotate
p. 9
2.1 Le nuove regole in materia di composizione del consiglio di
amministrazione
p.10
2.2. Le nuove regole in materia di composizione del collegio sindacale
p.14
2.3 Le nuove regole in materia di composizione degli organi di
amministrazione e controllo nei modelli alternativi di governante
p.15
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3. Le modifiche statutarie
p.17
3.1 Gli adeguamenti statutari per garantire la composizione del
consiglio di amministrazione alle quote di genere
p.18
3.2 Gli adeguamenti statutari per garantire la composizione del collegio
sindacale alle quote di genere
p.22
3.3 Gli adeguamenti statutari in caso di sistemi alternativi di
amministrazione e controllo
p.24
3.4 L’organo competente a deliberare le modifiche statutarie
p.25
4. Il regime sanzionatorio
p.27
3
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Introduzione
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Il 12 luglio 2011 è stata approvata la legge n. 120 (d’ora in avanti, la legge) che ha
introdotto, nel nostro ordinamento, il principio della parità di genere nell’accesso agli
organi di amministrazione e controllo delle società quotate in mercati regolamentati e
delle società non quotate controllate da pubbliche amministrazioni1. In applicazione
della nuova disciplina, almeno un terzo dei componenti degli organi sociali di tali
società deve essere espressione del “genere meno rappresentato”; in sede di primo
mandato è tuttavia prevista la quota di almeno un quinto. Il dettato normativo non
opera un esplicito riferimento al genere femminile, ma ricorre alla generica locuzione di
genere meno rappresentato”: l’utilizzo di un’espressione omnicomprensiva è finalizzato
a consentirne l’applicazione in relazione alla categoria che necessita di essere
garantita.
La nuova disciplina si applica ai rinnovi degli organi di amministrazione e controllo
successivi a un anno dall’entrata in vigore della legge: sono quindi interessate le
società che eleggeranno i propri organi a partire dal 12 agosto 2012; la disciplina
dovrebbe interessare la maggior parte delle società quotate a partire dalla stagione
assembleare 20132. Al fine di prevenire l’instaurarsi – per via legislativa – di
meccanismi potenzialmente lesivi di principi di eguaglianza, costituzionalmente
garantiti3, il criterio di riparto si applica per tre mandati consecutivi; decorso questo arco
temporale, la rappresentanza di genere all’interno degli organi sociali torna a essere
una libera determinazione del singolo emittente4.
1
Il provvedimento è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 28 luglio 2011.
In realtà, le società quotate che non hanno l’esercizio sociale coincidente con l’anno solare, saranno
interessate a partire dalle assemblee di rinnovo degli organi sociali a partire dal 12 agosto 2013.
3
Art. 3 e 51 della Costituzione.
4
Come si legge nella Relazione accompagnatoria alla legge, il provvedimento normativo si pone come
uno strumento diretto a equilibrare situazioni di sostanziale disparità di condizioni. Comportando
l’adozione di discipline giuridiche differenziate a favore delle categorie sociali svantaggiate, esso può
essere adottato come misura sperimentale a carattere temporaneo, in quanto derogatorio del generale
principio di formale parità di trattamento stabilito nell’art. 3 della Costituzione.
2
4
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Il provvedimento è stato adottato dopo un lungo iter parlamentare5, partendo dal
presupposto dell’ancora scarsa presenza di rappresentanti del genere femminile negli
organi di amministrazione e controllo delle società soggette al relativo ambito di
applicazione. I dati attualmente disponibili sulla composizione degli organi sociali
dimostrano che, nella maggioranza dei casi, la presenza femminile è riconducibile a
rapporti di carattere familiare con l’azionista di riferimento 6. Nel corso degli ultimi anni si
è registrato un lento ma graduale incremento della componente numerica delle donne7,
in parte legato a una maggiore attenzione al tema della gender diversity che si è
diffuso con gradualità nel corso degli ultimi anni, parallelamente al dibattito
internazionale.
Con la nuova legge, il nostro sistema si è allineato alle scelte effettuate in altri
ordinamenti europei che disciplinano, per via normativa, il tema della c.d. gender
diversity8. L’esigenza di garantire un’equilibrata proporzione tra i generi nella
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Nel corso del 2009 sono stati presentati numerosi disegni di legge volti a favorire una maggiore
rappresentatività delle donne nei consigli di amministrazione delle società (Golfo – C. 2426; Germontani –
S. 1719; Bonfrisco – S. 1819; Mosca – C. 2956; Carlino – S. 2143 e S. 2194; Thaler Ausserhofer – S.
2328). In data 30 giugno 2010, è stata presentata alla VI Commissione permanente delle Finanze della
Camera, la proposta di legge unificata Golfo (C. 2426) e Mosca (C. 2956) “Disposizioni in materia di
accesso agli organi delle società quotate in mercati regolamentati”, approvata il 2 dicembre 2010. La legge
è stata approvata, con modificazioni, dal Senato il 15 marzo 2011 e definitivamente dalla Camera il 28
giugno 2011.
6
Consob, Quaderno di Finanza, Women on boards in Italy, 2011.
7
Dall’analisi delle relazioni di corporate governance relative all’esercizio 2010, si è riscontrato un lieve ma
continuo aumento delle donne nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate.
Su un numero complessivo di 262 società, si è riscontrato, con riferimento all’organo gestorio, che su
2.728 cariche di consiglieri, 182 sono donne: pari, quindi, al 6,7% del totale. Quanto all’organo di controllo,
su un totale di 786 cariche, 736 sono coperte da uomini e 50 donne, pari al 6,4% del totale. Fonte:
Assonime-Emittenti Titoli, La corporate governance in Italia: autodisciplina e operazioni con parti correlate.
Anno 2011.
8
Il panorama europeo offre risposte tra loro diversificate in materia di gender diversity. In Danimarca, il
c.d. Gender equality Act richiede che i boards e i comitati endoconsiliari delle società amministrazioni e, in
generale delle società a partecipazione statale devono garantire un equo bilanciamento tra i generi. La
normativa non applica una sanzione specifica ma riserva alle società di motivare la mancata applicazione
di questo principio. La legislazione vigente in Finlandia richiede un’equilibrata presenza di generi all’interno
delle società a controllo pubblico. Quanto alle società quotate, in entrambi gli ordinamenti, il
perseguimento dell’equilibro tra generi è auspicato a livello autoregolamentare. La Norvegia ha introdotto
una normativa sulle quote di genere per tutte le società quotate, oltre che per le municipalizzate e le
cooperative. Il provvedimento legislativo risale al 2003 e richiede una rappresentanza del 40% del board di
entrambi i generi; dopo un periodo di applicazione volontaria, la disciplina è divenuta obbligatoria dal 2006
e, in caso di mancata ottemperanza delle disposizioni di legge, prevede lo scioglimento del board. In
Spagna, a partire dal 2007, si richiede alle grandi società spagnole di incrementare il numero dei loro
rappresentanti per genere fino al 40% entro il 2015. In Belgio, è in vigore dal settembre del 2011, una
legge che impone a tutte le società quotate di riservare al genere meno rappresentato una percentuale
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composizione degli organi sociali delle società quotate rappresenta uno dei temi sui
quali si incentra il dibattito della governance ed è destinata a significative evoluzioni in
ambito europeo. Nel 2011 la questione è stata affrontata dalla Commissione Europea,
in occasione della consultazione sul Green paper9. La Commissione ha recentemente
pubblicato un rapporto sulla presenza delle donne nei board e avviato una pubblica
consultazione che si è conclusa lo scorso 28 maggio10. Il Parlamento europeo ha
inoltre più volte ribadito la necessità di leggi che introducano le quote per incrementare
la rappresentanza femminile negli organi direttivi delle società, qualora le misure
nazionali non riescano a raggiungere questo obiettivo11.
pari al 33% del board. Sempre nel 2011, il parlamento francese ha approvato la legge che richiede che il
consiglio di amministrazione e quello di sorveglianza siano composti da una quota non inferiore al 40% per
ciascun sesso; la legge trova applicazione per: (i) società quotate e (ii) società non quotate ma non piccole
(500 dipendenti e 50 milioni di euro di fatturato per il terzo esercizio consecutivo). Tale proporzione deve
essere raggiunta entro il 2016. Per le sole società quotate, la soglia del 20% deve essere gradualmente
conseguita entro il 2014 e questi limiti sono stati estesi anche agli organi degli enti pubblici; in caso di
mancata osservanza è disposto l’annullamento dell’atto di nomina dell’organo, mentre rimangono valide le
decisioni adottate dallo stesso. Quanto ai Paesi Bassi, dal 2011 le grandi società pubbliche e private sono
obbligate a raggiungere una composizione bilanciata (almeno del 30%) sia nel consiglio di gestione che
nel consiglio di sorveglianza; il mancato raggiungimento di tali soglie non dà tuttavia luogo ad alcuna
sanzione, essendo le società semplicemente obbligate a motivare la mancata applicazione della legge
secondo la formula del comply or explain.
Accanto a specifici provvedimenti normativi, tutti gli ordinamenti appena richiamati incoraggiano una
bilanciata presenza tra generi anche a livello di autodisciplina. L’unica eccezione ricorre nell’ordinamento
inglese, che raccomanda la presenza della gender diversity nel solo alveo autoregolamentare. In
considerazione della sempre crescente attenzione al tema e dell’ancora scarso livello del numero di donne
presenti nei boards delle società UK, nel corso del 2011, è stato presentato il c.d. Davies Report che
contiene una serie di raccomandazioni in materia di gender diversity. Il Rapporto invita le società
appartenenti all’indice FTSE 350 e FTSE 100 a incrementare la presenza del genere femminile all’interno
dei loro boards. Il Rapporto propone di modificare il Codice inglese “The UK Corporate Governance Code”
al fine di raccomandare alle società quotate di stabilire una policy in materia di gender diversity e di
comunicarla al mercato unitamente agli obiettivi raggiunti. Le integrazioni dovrebbero intervenire
contestualmente alla revisione generale del Corporate Governance Code, fissata per la fine del 2012. Il
documento oggetto di consultazione è disponibile sul sito del Financial Reporting Council.
9
European Commission, Green paper, The EU corporate governance framework, par. 1.1.3. In materia di
board composition, il documento di consultazione suggerisce, tra le misure idonee a garantire una più
variegata composizione dei suoi membri, tre differenti parametri: (i) professionalità; (ii) internazionalità; (iii)
diversità nel genere, la cui combinazione dovrebbe contribuire a migliorare la dialettica dell’organo
gestorio, innalzandone la qualità. Il documento dedica un’apposita sezione al board, focalizzando
l’attenzione anche in materia di composizione, sul presupposto che una più variegata composizione dei
membri possa agevolarne il regolare funzionamento. Tra gli elementi potenzialmente idonei a migliorare la
qualità del consiglio di amministrazione rientrerebbe, a parere della Commissione, anche la presenza della
componente femminile.
10
http://ec.europa.eu/justice/newsroom/gender-equality/opinion/120528_en.htm
11
Parlamento Europeo. Comunicato stampa del 3 marzo 2012.
6
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Dopo un inquadramento della nuova legge sull’equilibrio tra i generi negli organi delle
società quotate nel sistema delle società quotate, e un accenno ad alcune
raccomandazioni contenute nel Codice di autodisciplina delle società quotate, oggetto
di recente revisione, la presente circolare descrive il contenuto, le modalità e i termini
di applicazione della disciplina illustrandone gli aspetti operativi e le eventuali modifiche
statutarie.
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1. Il quadro normativo e autoregolamentare di riferimento
La legge sulle quote di genere ha fissato il principio dell’equilibrio tra generi negli
organi delle società quotate e delle società a controllo pubblico. La legge si compone di
tre disposizioni e, ancorché intitolata “Modifiche al testo unico delle disposizioni in
materia di intermediazione finanziaria”, opera solo attraverso l’art. 1 un’integrazione del
Tuf. L’art.1 raccoglie, infatti, un insieme di disposizioni che vanno a emendare le norme
in materia di composizione degli organi di amministrazione e controllo delle società
quotate, e, specificamente: l’art. 147-ter dedicato all’elezione e composizione del
consiglio di amministrazione, l’art. 147-quater, relativo alla composizione del consiglio
di gestione, e l’art. 148 recante la disciplina sulla composizione dell’organo di controllo.
In ciascuna di queste previsioni è stato inserito un nuovo comma che fissa il principio
per il quale il riparto dei componenti degli organi di amministrazione e controllo da
eleggere deve essere effettuato, per soli tre mandati consecutivi, in base a un criterio
che assicuri l’equilibrio tra i generi. Almeno un terzo dell’organo di amministrazione e
dell’organo di controllo deve essere espressione del genere meno rappresentato. Il
mancato rispetto delle nuove regole di composizione è sanzionato attraverso
l’applicazione di un’articolata procedura che richiede un’attività di vigilanza della
Consob, delegata peraltro a disciplinare i casi di violazione, applicazione e rispetto
delle disposizioni in materia di quote di genere.
L’operatività della nuova disciplina è subordinata alla decorrenza del regime transitorio
definito nel successivo art. 2, che ne fissa l’applicazione a partire dal primo rinnovo
degli organi di amministrazione e controllo successivo alla data del 12 agosto 2012 12.
In sede di primo mandato, però, deve essere rispettata una quota pari almeno a un
quinto degli amministratori e dei sindaci eletti e, solo nei successivi due mandati, la
12
La legge n. 120/2011 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 28 luglio 2011. Le disposizioni
sono entrate in vigore il 12 agosto 2011.
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quota di un almeno terzo. Anche con riferimento a tale profilo, l’applicazione del regime
descritto nel Tuf, sia pur limitatamente alla previsione del rapporto del genere da
rispettare, è subordinata alla piena decorrenza del regime transitorio fissato nella
legge. Questo articolato meccanismo redazionale è il risultato del complesso iter
normativo che ha determinato, nei necessari passaggi parlamentari, significative
modifiche di numerosi aspetti di dettaglio13.
L’art. 3 della disposizione in commento estende, infine, alle società non quotate
controllate da pubbliche amministrazioni le previsioni in materia di quote di genere,
demandando a un regolamento la definizione di termini e modalità di attuazione della
relativa disciplina. Il regolamento non è stato ancora emanato, nonostante la legge ne
richiedesse l’adozione già dallo scorso 12 ottobre.
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La disciplina sulle quote di genere nelle società con azioni quotate è completata dalla
disciplina regolamentare della Consob. L’art. 144-undecies del Regolamento Emittenti,
emanato in attuazione di una specifica delega14, detta alcune regole in materia di
formazione delle liste e di sostituzione dei componenti degli organi di amministrazione
e controllo volte a garantire l’equilibrio di genere tra i componenti eletti. La stessa
disposizione contiene, inoltre, alcune precisazioni relative ai profili sanzionatori in caso
di mancato rispetto del riparto di genere nella proporzione imposta dal legislatore.
In occasione della recente revisione del Codice di autodisciplina delle società
quotate15, il Comitato per la corporate governance ha infine accentuato l’attenzione
sulla composizione del consiglio di amministrazione. Nel raccomandare agli emittenti di
effettuare, almeno una volta all’anno, la valutazione sul funzionamento del consiglio e
dei suoi comitati, il Codice invita a tenere conto di una serie di elementi quali: le
caratteristiche professionali, di esperienza nonché l’appartenenza a generi diversi
(criterio applicativo, 1.C.1, lett. g). Nel successivo Commento, il Codice chiarisce che la
presenza di consiglieri appartenenti a generi diversi, che abbiano maturato
un’esperienza in consigli di società straniere, che appartengano a differenti fasce di età
e con una diversa anzianità di carica, possa contribuire a garantire una maggiore
13
Cfr., supra, nt n.2.
La legge sulle quote di genere ha attribuito all’Autorità di vigilanza di disciplinare con regolamento in
merito a “violazione, applicazione e rispetto delle quote di genere, anche con riferimento alla fase
istruttoria e alle procedure da adottare”. Il documento di consultazione è stato accompagnato da una
approfondita analisi sull’impatto dell’applicazione della disciplina primaria, che evidenzia l’elevato numero
di candidati appartenenti al genere meno rappresentato da indicare nelle liste per garantire il
raggiungimento della proporzione imposta a livello legislativo. Assonime ha risposto alla consultazione che
si è conclusa con l’emanazione della delibera n. 18098 dell’8 febbraio 2012.
15
Codice di autodisciplina delle società quotate, anno 2011.
14
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diversificazione dei propri componenti e, indirettamente, a innalzare il livello qualitativo
dell’organo gestorio.
2. Le quote di genere negli organi di amministrazione e controllo delle società
quotate
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L’art. 1 della legge sulle quote di genere interviene direttamente sulle disposizioni del
Tuf dedicate alle modalità di elezione e composizione degli organi di amministrazione e
controllo delle società quotate in mercati regolamentati in tutti e tre i modelli di
governance. Sono quindi soggette al nuovo regime le società con azioni quotate, da
intendersi, secondo quanto stabilito dall’art. 119 del Tuf, come “le società italiane con
azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell’Unione Europea”.
Con successiva Comunicazione, la Consob ha precisato che sono tenute al rispetto
della disciplina legislativa e regolamentare sulle quote di genere anche le società
emittenti le sole azioni di risparmio16. Tale scelta sembra legata alla volontà di favorire
l’accesso alle cariche sociali al genere meno rappresentato nella generale
considerazione dei benefici che potrebbero derivare alla governance societaria dalla
diversità di genere. L’idea di rimediare a una situazione di cronico squilibrio della
presenza del genere femminile negli organi di amministrazione e controllo è
condivisibile. La soluzione adottata dalla Consob assoggetta però al nuovo regime
anche società in cui risultino quotate le sole azioni che non concorrono alla nomina dei
componenti degli organi di amministrazione e controllo. Tale impostazione rischia di
ingenerare un’inopportuna difformità interpretativa in merito all’applicazione delle
disposizioni del Tuf e del Regolamento Emittenti con riferimento alle società che
emettano azioni prive di diritti amministrativi, dal momento che in occasione della
consultazione sulle modifiche regolamentari per l’introduzione del voto di lista, l’Autorità
aveva limitato l’applicabilità delle disposizioni regolamentari di nuova introduzione alle
sole società in cui risultino quotate azioni che concorrono alla nomina delle cariche
sociali17. Peraltro, l’estensione alle società emittenti sole azioni di risparmio finirebbe
con applicare a tale categoria di società lo statuto speciale delle società quotate e la
16
Comunicazione n. DSR/DCG 12010283 del 13.2.2012. La Comunicazione è stata emanata in risposta a
quesito sull’applicabilità della disciplina da parte di una società emittente azioni di risparmio quotate
presso Borsa Italiana.
17
Consob, Documento di consultazione per la modifica del Regolamento Emittenti in attuazione degli art.
147-ter, comma 1, e 148, comma 2, Tuf.
9
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relativa disciplina applicabile che il Capo II del Tuf prevede per le sole società quotate
di cui all’art. 11918. L’impostazione della Consob pare dunque destinata a risolversi in
una non opportuna estensione del regime normativo oltre i precisi confini soggettivi
tracciati dalla legge in commento.
2.1 Le nuove regole in materia di composizione del consiglio di amministrazione
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Il primo comma dell’articolo 1 della legge riguarda le modalità di elezione e di
composizione del consiglio di amministrazione. Il legislatore ha integrato l’art. 147-ter
Tuf, affidando allo statuto di prevedere che il consiglio sia eletto sulla base di liste di
candidati. L’inserimento del nuovo comma completa il regime del voto di lista 19,
prevedendo che la nomina dei componenti del consiglio di amministrazione avvenga in
modo che le regole di “riparto” siano tali da assicurare l’equilibrio tra generi.
L’esplicito riferimento al “riparto degli amministratori da eleggere”, inteso come risultato
della composizione del consiglio di amministrazione in caso di nomina mediante voto di
lista, potrebbe far ritenere che il rispetto del criterio di genere debba essere assicurato
nella sola ipotesi in cui la società abbia proceduto alla nomina avvalendosi di questo
meccanismo. Tuttavia, una simile lettura restrittiva appare contraddetta dal sesto
periodo dell’art. 147, comma 1-ter, Tuf che richiede di modificare lo statuto, inserendo
non solo le “modalità di formazione delle liste” ma anche “i casi di sostituzione in corso
di mandato”. Poiché in questa seconda ipotesi non è applicabile il sistema del voto di
lista, se ne può trarre conferma che l’obbligo di rispettare il criterio del genere ha
portata generale e ricorre ogniqualvolta si debba procedere alla nomina degli organi
18
G. F. Campobasso, Testo Unico della Finanza, Commentario, vol. II, Torino, 2002, p. 972.
Il meccanismo del voto di lista è stato introdotto in Italia con il decreto legge 332/1994, convertito dalla
legge n. 474/1994 (cd. legge sulle privatizzazioni) che, all’art. 4, ne prevedeva l’applicazione mediante
previsione statutaria da parte delle società controllate dallo Stato o da enti pubblici, al fine di renderle più
attraenti per gli investitori istituzionali. Il voto di lista era legato inscindibilmente all’introduzione, nella
stessa legge, di limiti al possesso azionario nelle società privatizzate: il legislatore quindi voleva evitare
che in caso di privatizzazione totale un unico soggetto che possedesse una partecipazione entro i limiti di
possesso azionario (ad es. 5%) potesse nominare l’intero board (cfr. M. Belcredi, Amministratori
indipendenti, amministratori di minoranza e dintorni, in Rivista delle Società, 4, 2005, pp. 853-878). Con
l’introduzione del Tuf, è stato estesa a tutti gli emittenti la previsione – nell’atto costitutivo – di clausole
necessarie ad assicurare che almeno un sindaco effettivo sia eletto dalle minoranze. Infine, la legge per la
tutela del risparmio (legge n. 262/2006) ha esteso il voto di lista come metodo per l’elezione del consiglio
di amministrazione e ha delegato la Consob a stabilire con regolamento “modalità per l’elezione di un
sindaco effettivo da parte dei soci di minoranza”. L’art. 147-ter, comma 3, Tuf richiede, con riferimento
all’elezione del consiglio di amministrazione, che almeno uno dei componenti sia espressione della lista
che abbia ottenuto il maggior numero dei voti e che non sia collegata in alcun modo, neppure
indirettamente, ai soci che hanno presentato o votato la lista risultata prima per numero di voti.
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della società o di alcuni loro componenti, a nulla rilevando che si debba applicare il
metodo maggioritario, ad esempio, perché le liste non sono state presentate.
La nomina di uno o più amministratori, espressione del genere meno rappresentato,
aggiunge una nuova figura all’interno del consiglio che si colloca accanto
all’amministratore di minoranza (art. 147-ter, comma 3, Tuf) e all’amministratore
indipendente (art. 147-ter, comma 4, Tuf)20. Se, però, la nomina del rappresentante
delle minoranze è subordinata all’effettiva presentazione di liste21, con riguardo agli
esponenti di genere, il legislatore richiede, come detto sopra, il rispetto del dettato
normativo a prescindere dalla presentazione delle liste, invitando le società ad
adoperarsi affinché, all’esito della procedura elettiva, sia raggiunta la necessaria
rappresentanza. Questa lettura interpretativa trova conferma nella successiva
disposizione che, come verrà meglio chiarito sub par. 4, prevede un rigoroso regime
sanzionatorio in capo alla società che non rispetti tale criterio. Successivamente
all’entrata in vigore della nuova disciplina, i consigli di amministrazione delle società
dovranno essere disegnati, distribuendo i seggi anche in considerazione del nuovo
elemento di composizione. Visto, però, il rilevante impatto che la nuova disciplina è
destinata ad avere sulla composizione in essere dei consigli, il legislatore ha previsto la
prima applicazione del nuovo criterio solo in occasione della nomina integrale del
consiglio, come del resto si coglie dalla lettura dell’art. 2 della legge che subordina
l’applicazione della nuova disciplina ai “rinnovi” successivi al 12 agosto 2012. Il
legislatore non impone che, all’indomani di tale data, gli organi di amministrazione
presentino una composizione che accolga anche il genere meno rappresentato nei
termini richiesti dalla legge. Tale riferimento temporale segna, invece, il punto di
partenza a decorrere dal quale le assemblee convocate per i rinnovi dovranno
allinearsi in tal senso.
La piena operatività della legge è, dunque, destinata a trovare un’attuazione
scaglionata negli anni in relazione alla prima naturale scadenza degli organi sociali
delle società quotate soggette alla disciplina. Anteriormente alla scadenza del primo
20
L’art. 147-ter, comma 4, fissa nel numero di uno o due amministratore indipendenti a seconda che il
consiglio sia composto da un numero di membri, rispettivamente fino a sette componenti o superiore a
sette, nelle società con modello di governance tradizionale o monistico. Nelle società con modello di
governance dualistico, invece, l’art. 147-quater Tuf richiede almeno un indipendente nel caso di consigli di
gestione composti da più di quattro membri.
21
Il voto di lista costituisce un’opportunità che viene offerta alle minoranze azionarie e non una condizione
imprescindibile di corretta composizione del consiglio, il quale, ove un’unica lista sia stata effettivamente
presentata, sarà composto da membri tratti esclusivamente dalla medesima. Cfr. F. Chiappetta, Diritto del
governo societario, 2° ed., Padova, 2010, p. 134, nt. 1.
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rinnovo successivo al 12 agosto 2012, quindi, le società non sono tenute a modificare
la composizione del proprio organo gestorio: qualora si sia verificata una qualsiasi
ipotesi di cessazione di uno dei componenti del consiglio di amministrazione in carica
da una data antecedente al 12 agosto 2012 e si renda necessario procedere alla
sostituzione ex art. 2386 c.c. non si dovrà soddisfare la regola dell’equilibrio di genere.
Ciò non toglie che l’allineamento della composizione consiliare al criterio del genere
possa essere perseguito anticipatamente e in via volontaria22.
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Nel caso in cui venga meno la maggioranza degli amministratori (art. 2386, comma 2,
c.c.), non troverà necessariamente applicazione l’equilibrio di genere in quanto
l’assemblea deve esclusivamente provvedere alla sostituzione dei mancanti e non al
rinnovo dell’intero consiglio23. Diverso è il caso in cui nello statuto ricorrano clausole
che dispongono, a seguito della cessazione di taluni amministratori, la decadenza
dell’intero consiglio di amministrazione e occorra procedere d’urgenza alla relativa
nomina in assemblea (art. 2386, comma 4, c.c.): in questa ipotesi, il rinnovo dell’intero
consiglio – sempreché successivo al 12 agosto 2012 – sarà soggetto alla nuova
disciplina sulle quote di genere.
Come precisato nel paragrafo introduttivo, al genere meno rappresentato deve essere
riservato almeno un terzo di seggi attribuiti agli amministratori eletti e il relativo criterio
si applica per tre mandati consecutivi (art. 147-ter, comma 1-ter, Tuf). La disposizione
transitoria contenuta nella legge n. 120/2011 chiarisce però che, in sede di primo
mandato, la quota deve essere pari ad almeno un quinto (art. 2): il rapporto di genere
necessario per rispettare il dettato normativo salirà invece a un terzo solo nei due
mandati successivi al primo.
La legge richiede, inoltre, il rispetto del criterio di genere per tre mandati consecutivi. Il
Codice civile fissa in tre esercizi la durata massima del consiglio di amministrazione
(art. 2383, comma 2, c.c.) 24; la nuova disciplina dovrebbe quindi produrre i propri effetti
su un periodo complessivo massimo pari a nove anni, fatta eccezione per quelle
22
Alcune società, in occasione della pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblee di
approvazione del bilancio 2011, nelle quali, tra le altre cose, doveva essere nominato il consiglio di
amministrazione, pur ricordando che non trovavano ancora applicazione le disposizioni in materia di
equilibrio di genere, hanno invitato gli azionisti a tenerne conto in relazione alla composizione delle liste di
candidati da presentarsi al riguardo.
23
Peraltro l’art. 2386, comma 3, consente agli statuti di prevedere che gli amministratori nominati ai sensi
del comma 2 (cioè la maggioranza degli amministratori) possano restare in carica non solo fino alla
scadenza naturale originaria residua del consiglio ma per un intero mandato. In questo caso però la ratio
della legge indurrebbe a considerare applicabile la norma sull’equilibrio di genere all’intero consiglio o
perlomeno alla quota di consiglio rinnovata.
12
Il regime della parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo …
Circolare N. 16/2012
società che adottino mandati annuali (o biennali). A prescindere dalla durata del
mandato, inoltre, la rappresentanza di quote di genere dovrà essere in ogni caso pari a
un quinto del consiglio di amministrazione in sede di primo mandato e a un terzo nei
successivi due. Infine, è opportuno chiarire che l’eventuale decadenza del consiglio di
amministrazione, prima della naturale scadenza, dovrebbe rilevare in ogni caso ai fini
del computo dei tre mandati.
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Diverso è il caso dell’eventuale applicazione di meccanismi di scadenza parziale dei
componenti dell’organo amministrativo (c.d. staggered board)25. Sul punto, la Consob
ha fornito alcuni chiarimenti interpretativi in occasione dell’emanazione della disciplina
regolamentare. Nel documento di esito della consultazione, l’Autorità ha precisato che
“il rispetto della quota di genere deve essere assicurato per tre mandati consecutivi,
relativamente a ciascuna porzione del board”, chiarendo peraltro che “il rispetto della
quota di genere deve essere calcolato con riferimento alla composizione del consiglio
nel suo complesso e assicurato fin dal primo rinnovo parziale” 26.
L’impostazione adottata dall’Autorità è condivisibile nella misura in cui sottolinea la
necessità di rispettare la quota di genere con riferimento all’organo gestorio nel suo
complesso. Solleva, invece, alcune perplessità l’apparente richiesta che venga
assicurato il rapporto delle quote di genere sin dal primo rinnovo parziale (successivo
al 12 agosto 2012). Le società che adottano un sistema di staggered board dovrebbero
poter liberamente decidere, anche in relazione alle candidature ricevute, se procedere
alla nomina di esponenti del genere diverso in occasione di ciascun rinnovo parziale –
e, in questo caso ridurre proporzionalmente il numero degli esponenti di genere diverso
in relazione alla porzione del consiglio oggetto di rinnovo – o se concentrare l’elezione
di tutti gli esponenti di genere diverso in occasione di uno (e non necessariamente il
primo) dei rinnovi parziali, raggiungendo integralmente il rapporto imposto dal
legislatore entro il terzo rinnovo parziale. Entrambe le soluzioni appaiono idonee a
garantire la corretta applicazione delle quote di genere; ciò che rileva, come del resto
riconosce la stessa Consob, è che il rapporto tra il numero degli amministratori
appartenenti al genere diverso e il numero complessivo dei componenti del consiglio
sia pari alla proporzione imposta dal legislatore.
24
Si ricorda che una simile previsione non è prevista per l’organo di controllo, dal momento che l’art. 2400
c.c. stabilisce che i sindaci durano comunque in carica per tre esercizi.
25
Nel corso dell’esercizio 2011, sono stati registrati quattro casi di società che fatto ricorso a un sistema di
staggered board, con rinnovo di 1/3 del consiglio di amministrazione ogni anno. Si veda, Assonime –
Emittenti Titoli, La corporate governance, cit., p. 63.
26
Consob, Modifiche al Regolamento n. 11971/1999 in materia di Emittenti. Esiti della consultazione, 8
febbraio 2012, disponibile sul sito della Consob, Esiti della consultazione, cit., p. 11.
13
Il regime della parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo …
Circolare N. 16/2012
Altra questione riguarda la determinazione esatta del numero idoneo a integrare il
rapporto imposto dalla norma. Come più volte evidenziato, il Tuf richiede la presenza di
“almeno un terzo” (o di “almeno un quinto” per il primo mandato) di esponenti del
genere meno rappresentato. Il numero dei seggi da riservare sarà variabile in relazione
alla dimensione del consiglio stesso. In alcuni casi, la determinazione del rapporto è
facilitata dal numero dei componenti del consiglio di amministrazione (si pensi alle
ipotesi il numero complessivo dei componenti sia un multiplo di 5, in sede di
applicazione del primo mandato e di 3, nei mandati successivi). In altri casi, in cui il
quoziente dato dal rapporto di almeno un terzo (o di almeno un quinto) dei membri del
consiglio di amministrazione sia un numero decimale, la correzione per difetto non
garantirebbe una giusta applicazione della disposizione normativa dal momento che
non sarebbe pienamente raggiunta la rappresentanza richiesta ma una quota inferiore.
Per rispettare il dettato normativo in presenza di un numero decimale, l’arrotondamento
va corretto per eccesso; questa soluzione è stata adottata anche dalla Consob che, in
occasione della definizione del nuovo art. 144-undecies RE, ha chiarito che, qualora
dall’applicazione del criterio di riparto tra generi non risulti un numero di componenti
degli organi di amministrazione e controllo appartenenti al genere meno rappresentato,
tale numero deve essere arrotondato per eccesso all’unità superiore (art. 144undecies, comma 3, RE).
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2.2 Le nuove regole in materia di composizione del collegio sindacale
La previsione di esponenti del genere meno rappresentato è richiesta anche con
riguardo all’organo di controllo. Il terzo comma dell’art. 1 della legge in commento
estende, infatti, il principio del riparto tra generi all’interno della disciplina dedicata al
collegio sindacale (art. 148 Tuf) 27 mediante l’introduzione di un nuovo comma (comma
27
Anche con riguardo alle modalità di elezione dell’organo di controllo trova applicazione il metodo del
voto di lista, introdotto, peraltro, nel 1998; la disciplina prevista nell’art. 148 Tuf è completata dalle
disposizioni regolamentari emanate dalla Consob. Il Testo Unico della Finanza ha affidato alla Consob il
potere di stabilire con regolamento le modalità di elezione di un membro effettivo del collegio sindacale da
parte di soci che non siano collegati, neppure indirettamente, ai soci che hanno presentato o votato la lista
risultata prima per numero di voti (art. 148, comma 2, Tuf). La disciplina regolamentare ha fissato, con
riguardo all’organo di controllo, alcuni rapporti di collegamento che possono assumere rilievo ai fini della
eleggibilità a sindaco (art. 144-quinquies RE). Sebbene riferite espressamente al collegio sindacale, le
indicazioni possono rappresentare un utile criterio anche per la qualificazione di una lista di candidati
amministratori; infatti la Consob, nella Comunicazione del 26 febbraio 2009 n. DEM/9017893, ha
raccomandato ai soci che presentano una lista da qualificare come di minoranza di depositare
contestualmente una dichiarazione che attesti l’assenza di rapporti di collegamento, anche indiretti di cui
all’art. 147-ter, comma 3, e all’art. 144-quinquies RE, con gli azionisti che detengono, anche
congiuntamente, una partecipazione di controllo o di maggioranza relativa di cui all’art. 120 Tuf o della
pubblicazione dei patti parasociali. Il Regolamento Emittenti completa la disciplina prevedendo alcuni
14
Il regime della parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo …
Circolare N. 16/2012
1-bis). La soluzione legislativa si pone in termini di eccezionalità rispetto al panorama
internazionale, quale conseguenza dell’attribuzione dell’esercizio dell’attività di
vigilanza a un organo esterno all’organo gestorio.
Anche con riguardo al collegio sindacale, il riparto deve essere effettuato in modo che il
genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti effettivi.
Simmetricamente alla disciplina prevista per il consiglio di amministrazione, inoltre, il
rapporto scende a un quinto in sede di prima applicazione. L’efficacia del regime
transitorio è limitata alle sole società che abbiano un collegio sindacale composto da
un numero di cinque (o più) membri 28. In tutti i casi in cui il collegio sindacale è
composto da tre sindaci, il rappresentante del genere mancante sarà in ogni caso
almeno uno. Resta, naturalmente, valido il criterio di arrotondamento per eccesso.
Valgono, infine, anche per il collegio sindacale le considerazioni, spese nel precedente
paragrafo, relative all’applicazione del nuovo regime normativo. La disciplina si applica
esclusivamente ai collegi sindacali oggetto di rinnovo successivo al 12 agosto 2012. In
caso di eventuali sostituzioni in corso di mandato dei collegi attualmente in carica,
subentrano i componenti supplenti eletti dall’assemblea di nomina, ai sensi dell’art.
2401 c.c.
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2.3 Le nuove regole in materia di composizione degli organi di amministrazione e
controllo nei modelli alternativi di governance
Le nuove previsioni trovano applicazione anche nell’ambito delle società che adottano i
modelli di governance alternativi.
Società con modello dualistico
Con riguardo alle società con modello di governance dualistico, la legge ha integrato la
norma dedicata alla composizione del consiglio di gestione, aggiungendo un nuovo
comma all’art. 147-quater e chiarendo che “qualora il consiglio di gestione sia costituito
da un numero di componenti non inferiore a tre, a esso si applicano le disposizioni
dell’art. 147-ter, comma 1”.
aspetti relativi alla formazione delle liste per l’elezione dell’organo di controllo (art. 144-sexies, comma 3),
nonché le modalità di deposito (art.144-octies) oltreché gli adempimenti pubblicitari post nomina degli
organi di amministrazione e controllo (art.144-novies) (cfr. Assonime, Circolare n. 36/2008, cit.).
28
Su un campione di 262 società censite, 237 (pari al 94% del totale) sono dotate di un collegio sindacale
composto da 3 membri effettivi e 2 supplenti. Il residuo 6% dispone di un collegio sindacale composto da 5
membri. Fonte Assonime – Emittenti Titoli, La corporate governance, cit., p. 50.
15
Il regime della parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo …
Circolare N. 16/2012
La previsione stabilisce, inequivocabilmente, che nei consigli con un numero di
componenti inferiore a tre la disciplina non trova applicazione. Nei consigli di gestione
con un numero di componenti pari a tre29, almeno uno sarà espressione del genere
meno rappresentato30. In caso di un consiglio di gestione con numero di componenti
superiore a tre, la determinazione del numero del genere varierà in relazione alla
composizione, secondo l’applicazione del meccanismo di arrotondamento prima
descritto: il numero dei componenti appartenenti al genere meno rappresentato verrà
quindi effettuata avvalendosi della proporzione di un quinto in sede di primo mandato e
di un terzo nei successivi due mandati.
Quanto al consiglio di sorveglianza, il legislatore ha esteso a tale organo l’operatività
del criterio di riparto fissato per il collegio sindacale 31. L’art. 148, comma 4-bis, Tuf, che
definisce le regole di funzionamento del consiglio di sorveglianza, mediante rinvio a
quanto stabilito per le società che adottano il modello di governance tradizionale, in
tema di presidenza e di requisiti di eleggibilità e decadenza, richiama infatti il nuovo
comma dedicato al riparto dei membri del collegio sindacale.
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Società con modello monistico
La disposizione dedicata all’elezione e composizione dell’organo del consiglio di
amministrazione (art. 147-ter Tuf), come novellata dalla legge in commento, riguarda
anche le società che adottano il modello monistico. I consigli di amministrazione delle
società monistiche dovranno rispettare una composizione che preveda, in primo
mandato, la proporzione di un quinto e nei successivi due, la quota di un terzo di
esponenti del genere meno rappresentato32.
Manca, invece, un richiamo esplicito alla disciplina sul riparto nell’ambito della
disposizione dedicata al comitato per il controllo sulla gestione (art. 148, comma 4-ter,
Tuf): l’organo di controllo delle società che adottano tale modello beneficia, dunque, di
29
Analogamente a quanto evidenziato con riferimento al collegio sindacale, pertanto, l’applicazione della
disciplina non trova alcun beneficio dal regime transitorio che fissa il rapporto di un quinto per la
determinazione dei componenti del genere meno rappresentato nel corso del primo mandato.
30
La corretta applicazione della disciplina che, come più volte evidenziato, mira a garantire il “genere
meno rappresentato” richiederebbe, in ogni caso, per i consigli di gestione con numero pari o superiore a
tre, almeno un componente di ciascun genere.
31
Le società quotate che adottano il sistema dualistico, al 30 aprile 2012, sono: A2A, Banco Popolare di
Milano, Intesa San Paolo, Mid Industry Capital, Società Sportiva Lazio, Ubi (Unione Bancaria Italiana). I
dati sono tratti dal sito Consob (al 17 maggio 2012).
32
Le società quotate che adottano il sistema monistico sono: Buongiorno, Chl ed Engineering (cfr. sito
Consob al 17 maggio 2012).
16
Il regime della parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo …
Circolare N. 16/2012
una significativa deroga33. Tale impostazione è legata alla struttura di governance tipica
del modello monistico che colloca l’organo di controllo (il comitato per il controllo sulla
gestione) all’interno del consiglio di amministrazione. Il comitato è infatti composto da
amministratori che non versino in alcuna delle condizioni di ineleggibilità e decadenza,
analogamente a quanto stabilito per i componenti del collegio sindacale (art. 148,
comma 3, Tuf). Fermo restando il rispetto del criterio di riparto di almeno un terzo,
l’applicazione di questo meccanismo nel sistema monistico lascia un’ampia libertà alle
società nel decidere se collocare uno o più esponenti del genere meno rappresentato
esclusivamente nel consiglio di amministrazione o se prevederne alcuni anche nel
comitato per il controllo sulla gestione34.
3. Le modifiche statutarie
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L’operatività del nuovo sistema di elezione richiede un’apposita previsione statutaria
che sancisca modalità di elezione idonee ad assicurare l’equilibrio tra i generi. Le
società possono quindi godere di un’ampia libertà nel delineare i contenuti delle
clausole statutarie. Tale impostazione è coerente con la finalità di garantire l’equilibrio
tra generi successivamente alla nomina e per tutta la durata del mandato che la legge
mira a perseguire.
La libertà statutaria incontra un unico limite nella disciplina Consob che non consente
agli emittenti di imporre il rispetto del criterio di riparto tra generi alle liste che
presentino un numero di candidati inferiore a tre (art. 144-undecies, comma 2, lett. a).
Come chiarito nel documento di consultazione, tale soluzione è riconducibile alla
volontà di rendere meno oneroso l’esercizio del diritto di voice da parte del socio di
33
Tale impostazione è stata motivata dal fatto che “il comitato per il controllo sulla gestione costituisce
un’articolazione interna del consiglio di amministrazione la cui composizione deve già rispettare il predetto
equilibrio di genere”. Atti del Governo, VI Commissione permanente delle Finanze della Camera, 2
dicembre 2010, Parere di approvazione dell’emendamento che ha proposto di sopprimere l’articolo che
estendeva il principio dell’equilibrio tra generi anche alla composizione del comitato per il controllo sulla
gestione previsto nelle società che adottano il sistema monistico ai sensi dell’art. 2409-sexiesdecies c.c..
34
I membri del comitato non devono aver ricevuto deleghe né assumere particolari cariche né svolgere,
neanche di mero fatto, funzioni attinenti alla gestione dell’impresa sociale o di società che la controllano o
ne sono controllate (art. 2409-octiesdecies, comma 2, c.c.). È presumibile che la diversa collocazione
possa dipendere, ad esempio, dall’attribuzione o meno di una delega o di un incarico in capo al singolo
amministratore, dal momento che il Codice civile ne esclude l’attribuzione per i componenti del comitato
per il controllo sulla gestione.
17
Il regime della parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo …
Circolare N. 16/2012
minoranza in occasione del rinnovo degli organi sociali35 e di non disincentivare la
presentazione di liste da parte di investitori. Questa impostazione non esclude,
naturalmente, che coloro che presentano liste con meno di tre candidati possano
includere esponenti del genere meno rappresentato al fine di favorire il rispetto della
quota di genere al momento della nomina dell’organo. Allo stesso modo, dalla regola
fissata dalla Consob non sembra discendere un obbligo in capo alla società di
richiedere, per via statutaria, a pena di inammissibilità, esponenti del genere meno
rappresentato ai presentatori di liste con un numero di candidati pari o superiore a tre.
Come ribadito dalla stessa Consob, anche a conclusione della procedura di
consultazione, le società sono libere di disegnare le regole statutarie con le modalità
che ritengono più opportune per pervenire al raggiungimento del risultato imposto dal
legislatore.
3.1 Gli adeguamenti statutari per garantire la composizione del consiglio di
amministrazione alle quote di genere
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Con riguardo all’organo amministrativo, l’art. 147-ter Tuf, come integrato dalla legge in
commento, richiede specifiche modifiche statutarie. La disciplina è completata dall’art.
144-undecies RE, che contiene alcune ulteriori disposizioni di dettaglio in materia di
equilibrio tra generi.
Le modifiche necessarie si pongono su tre differenti livelli, dovendo lo statuto
esplicitamente prevedere: (i) il criterio di riparto; (ii) le modalità di formazione delle liste
e (iii) i casi di sostituzione in corso di mandato. L’inserimento di specifiche previsioni
statutarie rappresenta il presupposto per consentire il raggiungimento dell’equilibrio tra
generi.
Il criterio di riparto
Quanto ai contenuti delle modifiche, lo statuto deve richiamare il criterio di riparto che
assicuri l’elezione di amministratori appartenenti al genere meno rappresentato.
L’integrazione statutaria non solleva particolari questioni redazionali, né pare
necessario che la clausola richiami le proporzioni di un quinto o di un terzo imposte dal
legislatore. Più semplicemente, le società potrebbero limitarsi a replicare il principio in
statuto, ad esempio, stabilendo che l’elezione del consiglio di amministrazione avvenga
secondo un criterio di riparto che assicuri l’equilibrio tra generi. Non sembra tuttavia da
escludere che tale previsione statutaria possa essere assorbita dalla successiva
35
Documento di consultazione. Regolamento Emittenti. Proposte di modifica. 9 dicembre 2011.
18
Il regime della parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo …
Circolare N. 16/2012
clausola (illustrata nel successivo paragrafo) che richiede di indicare esplicitamente le
modalità di formazione delle liste.
Le modalità di formazione delle liste e i criteri suppletivi
La seconda modifica riguarda l’inserimento in statuto di “modalità di formazione delle
liste”. Il Regolamento Emittenti richiede, inoltre, di indicare anche “criteri suppletivi”
d’individuazione dei singoli componenti degli organi per consentire il rispetto
dell’equilibrio tra generi (art. 144-undecies, 1, comma 2, lett. a). Si tratta, dunque, di
una modifica più complessa della prima, che presuppone la definizione di criteri ai quali
i presentatori delle liste devono attenersi nella fase del confezionamento delle stesse.
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Quanto ai contenuti della clausola, lo statuto potrebbe, in primis, richiedere ai soci
presentatori delle liste di inserire candidati appartenenti a entrambi i generi,
dettagliando ulteriormente le modalità di formazione delle liste, cosi da agevolare
l’elezione della quota richiesta dal legislatore all’esito della procedura di voto. In
ragione però della preclusione posta dalla Consob (art. 144-undecies, comma 2, lett.
a), la previsione statutaria potrà essere indirizzata ai soli presentatori di liste con
numero di candidati pari o superiori a tre.
Come prima chiarito, il rispetto del principio fissato dalla Consob non richiede,
necessariamente, che le società confezionino una clausola statutaria ad hoc che
imponga ai presentatori di liste con numero di candidati pari o superiore a tre la
proposta di rappresentanti del genere meno rappresentato dal momento che il dettato
regolamentare opera a prescindere. In tal senso, potrebbe essere, ad esempio, utile
sollecitare candidature di soggetti appartenenti al genere meno rappresentato in
numero sufficiente da consentire il raggiungimento della proporzione imposta dalla
legge e/o di collocare tali candidature tra le prime della lista così da facilitare la relativa
nomina.
In alternativa, le società potrebbero però limitarsi a prevedere una clausola dal tenore
generale di rispetto dell’equilibrio di genere e che rinvii, all’avviso di convocazione,
l’indicazione di specifiche modalità operative per garantire il raggiungimento della
diversità di genere nel rapporto imposto dal legislatore 36. La richiesta di presentare
candidature di amministratori di genere diverso potrebbe quindi essere perseguita
mediante opportune indicazioni all’interno dell’avviso di convocazione che, anche alla
luce dell’esperienza applicativa, è divenuto il mezzo di comunicazione privilegiato per
36
Analoga impostazione è stata posta in essere da alcuni emittenti per garantire la nomina di
amministratori in possesso dei requisiti di indipendenza raccomandati dal Codice di Autodisciplina.
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Il regime della parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo …
Circolare N. 16/2012
consentire a tutti gli azionisti l’esercizio consapevole e informato dei propri diritti. L’uso
dell’avviso di convocazione potrebbe essere validamente completato dalla “Relazione
sulle materie all’ordine del giorno”, che l’organo di amministrazione è tenuto a mettere
a disposizione del pubblico nei termini di legge (art. 125-ter Tuf): all’interno di tale
relazione potrebbero essere fornite puntuali indicazioni sulle modalità di formazione
delle liste. In entrambi i casi, la società sarebbe in condizione di invitare i soci a
presentare liste di candidati, tenendo adeguatamente in considerazione il necessario
rispetto del criterio imposto dalla legge sulle quote di genere e – quindi – a presentare
un numero di candidati appartenenti a entrambi i generi così da garantire il rispetto
della relativa disciplina37.
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Quanto all’indicazione di “criteri suppletivi” per l’individuazione dei singoli componenti
del consiglio di amministrazione, può apparire utile inserire eventuali clausole
statutarie, che consentano, durante la procedura elettiva, di sostituire il candidato
appartenente al genere più rappresentato con quello del genere mancante, così da
soddisfare l’equilibrio nella proporzione imposta dal legislatore. L’operatività di tali
clausole postula la definizione di criteri idonei a individuare sia il soggetto da sostituire
sia il sostituto. La soluzione più corretta sembra poter essere quella di proporre, una
volta stabilita la graduatoria secondo un ordine decrescente, la sostituzione dell’ultimo
degli eletti con il primo dei soggetti non eletti, appartenente al genere meno
rappresentato, tratto dalla medesima lista.
Peraltro, in mancanza di candidati idonei all’interno della medesima lista, è difficile
ipotizzare che l’esponente del genere meno rappresentato possa essere tratto anche
da altre liste, in quanto non sembra che la disciplina sulle quote di genere possa
derogare a quella sul voto di lista in sede di elezione dell’intero consiglio.
In tal caso quindi, al fine di non alterare l’equilibrio tra liste, potrebbe essere previsto
che il sostituto venga nominato, a maggioranza, dall’assemblea, eventualmente sulla
base di una candidatura proposta, seduta stante, dai presentatori della lista
interessata.
In tutti i casi quindi nei quali non siano disponibili candidati eletti idonei a consentire
una rappresentanza di genere o non sia possibile applicare il metodo del voto di lista,
37
Lo statuto potrebbe anche rinviare al “Regolamento assembleare” la definizione delle modalità per
garantire, all’esito della procedura elettiva, la nomina di esponenti del genere meno rappresentato, qualora
la sola applicazione delle semplici previsioni statutarie non consentisse il raggiungimento della quota
stabilita dalla legge. Il ricorso al regolamento assembleare determinerebbe il necessario coinvolgimento
dell’assemblea quale organo competente a decidere le necessarie integrazioni.
20
Il regime della parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo …
Circolare N. 16/2012
perché nessuna lista è stata presentata, devono poter operare, in via suppletiva,
meccanismi che consentano di raggiungere, all’esito del processo elettivo, il numero di
amministratori appartenenti al genere meno rappresentato nella proporzione imposta
dalla legge.
In extrema ratio, qualora non vi fossero amministratori rispondenti al dettato normativo,
non è da escludere che la nomina possa avvenire nei consigli di amministrazione
successivi all’assemblea attraverso meccanismi di sostituzione, ex art. 2386 c.c., di
uno o più amministratori dimissionari e appartenenti al genere più rappresentato con
amministratori idonei a soddisfare il criterio di genere nel rapporto imposto dal
legislatore.
I casi di sostituzione in corso di mandato
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L’ultimo adeguamento statutario di riguarda i “casi di sostituzione in corso di mandato”.
Anche il Regolamento Emittenti impone di indicare in statuto “le modalità di
sostituzione dei componenti degli organi (di amministrazione e controllo) venuti a
cessare in corso di mandato, tenendo conto del criterio di riparto tra generi” (art. 144undecies, 1, comma 2, lett. b).
La richiesta è finalizzata a prevenire effetti derivanti da situazioni in cui, dopo la nomina
del consiglio di amministrazione, vengano meno, per una qualsiasi ipotesi di
cessazione dall’incarico, uno o più degli amministratori eletti e si proceda alla
cooptazione, senza tuttavia rispettare il criterio di riparto imposto dalla disciplina
primaria. Nel caso in cui si verifichi una delle situazioni che determina la decadenza del
rappresentante eletto o, più in generale, venga meno il rapporto tra generi imposto dal
legislatore, lo statuto, in ottemperanza della disposizione normativa in commento, deve
contemplare clausole che consentano sostituzioni (ex art. 2386 c.c., comma 1) che
garantiscano il mantenimento del limite numerico di genere 38. Nell’assemblea
38
In questo senso, il dettato normativo si discosta significativamente da quello relativo al rappresentante
espresso dalle minoranze. Il primo comma dell’art. 147-ter, infatti, nulla prevede con riguardo alla
sostituzione di singoli amministratori di minoranza. Le società sono quindi libere di estendere in via
statutaria l’applicazione del metodo del voto di lista, prevedendo che si applichi anche alla sostituzione di
un singolo amministratore tratto da una lista di minoranza. Sul punto si veda anche Assonime, Circolare n.
36/2008, cit.; M. Notari – M. Stella Richter Jr., Adeguamenti statutari e voto a scrutinio segreto nella legge
sul risparmio, Le società, 2006, p. 533. F. Ghezzi, Commento all’art. 2386, in P. Marchetti – L. A Bianchi –
F. Ghezzi – M. Notari (diretto da) Commentario alla riforma delle società, Milano, 2006, p. 248 e ss. M.
Ventoruzzo, La composizione del consiglio di amministrazione delle società quotate dopo il d.lgs. n. 303
del 2006: prime osservazioni, in Rivista delle Società, 2007, p. 205. Ha invece ritenuto che i nuovi
candidati debbano essere individuati nell’ambito di quelli proposti nella stessa lista dalla quale era scelto
l’amministratore cessato, P. Rainelli, Commento all’art. 2386, in G. Cottino – G. Bonfante – O. Cagnasso –
21
Il regime della parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo …
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immediatamente successiva, la società dovrà procedere alla nomina dello stesso
amministratore o di un soggetto diverso, purché si rispetti il criterio di genere.
Per quel che riguarda il contenuto delle clausole statutarie, la società potrebbe quindi
assolvere l’adempimento attraverso la stesura di una clausola che si limiti a prevedere
che l’eventuale sostituzione di uno o più amministratori avvenga nel rispetto
dell’equilibrio tra generi.
Gli statuti possono invece definire clausole più articolate che orientino la società
nell’individuazione del componente da sostituire, per rispettare l’equilibrio di genere. Al
riguardo, lo statuto potrebbe richiedere che i soggetti da cooptare siano individuati
dalla lista dalla quale era stato tratto il componente poi venuto a mancare o, in
alternativa, da altre liste, sempreché vi siano candidature idonee e disponibilità ad
accettare l’incarico39. A differenza di quanto sostenuto con riferimento alla nomina
assembleare dell’intero consiglio di amministrazione40, in questo caso sembra possibile
trarre il sostituto anche da una lista diversa da quella da cui era stato originariamente
tratto l’amministratore venuto a mancare: in tal caso infatti, non essendo previsto il
ricorso al sistema del voto di lista41 non appare controversa l’applicazione diretta delle
disciplina sulle quote di genere.
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3.2 Gli adeguamenti statutari per garantire la composizione del collegio sindacale alle
quote di genere
Con riguardo al collegio sindacale, la nuova formulazione dell’art. 148 Tuf si limita a
richiedere che l’atto costitutivo stabilisca il riparto dei componenti in modo che il genere
meno rappresentato sia in rapporto di un terzo rispetto al numero dei membri effettivi
del collegio sindacale (fermo restando la diversa proporzione di un quinto in sede di
primo mandato). A differenza di quanto precisato in materia di consiglio di
amministrazione, la legge non richiede esplicitamente di disciplinare, per via statutaria,
le modalità di formazione delle liste e i casi di sostituzione in corso di mandato.
Tuttavia, il Regolamento Emittenti detta specifiche indicazioni circa le necessarie
integrazioni statutarie per procedere alla nomina dell’organo di controllo nel rispetto
P. Montalenti (diretto da) Il nuovo diritto societario, Bologna, 2004, p. 710.
39
Al collegio sindacale, tenuto a manifestare il consenso sulla sostituzione, competerà la verifica
sull’idoneità della nomina a consentire il rispetto del rapporto imposto dal legislatore.
40
In quel caso si è ritenuto che la disciplina del voto di lista non possa essere derogata da quella sulle
quote di genere.
41
In presenza di una cooptazione ex 2386 c.c., comma 1 e/o di una nomina assembleare di uno più
amministratori (ma non dell’intero consiglio) il voto di lista trova applicazione.
22
Il regime della parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo …
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dell’equilibrio tra generi e alle eventuali sostituzioni (art. 144-undecies, 1, comma 2,
RE), utilizzando la generale delega di cui all’art. 147 Tuf, comma 2, che è però riferita
alle sole elezioni effettuate con solo voto di lista.
Le società sono quindi chiamate ad arricchire le clausole statutarie dedicate alla
procedura di nomina del collegio sindacale, introducendo modifiche volte a favorire la
presentazione di liste con candidati appartenenti a entrambi i generi. Come si è visto
con riguardo al consiglio di amministrazione, il conseguimento di tale obiettivo potrebbe
essere perseguito, in primis, richiedendo ai presentatori di liste “di maggioranza” (con
un numero di candidati non inferiore a tre) di inserire nelle stesse esponenti di entrambi
i generi. In alternativa, potrebbero essere utilizzate clausole più generali che richiedano
l’equilibrio di genere anche nel collegio sindacale e rinviino a opportune indicazioni
nell’avviso di convocazione.
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Meno chiaro appare il quadro normativo con riferimento alle modalità di sostituzione in
corso di mandato dei sindaci. L’art. 148, comma 1-bis, Tuf si limita a prevedere che il
riparto dei membri del collegio sindacale sia effettuato in modo tale che il genere meno
rappresentato ottenga almeno un terzo dei membri “effettivi” del collegio stesso ma
nessun riferimento è fatto dalla legge ai membri supplenti. Stando al tenore letterale
della norma, sembrerebbe quindi potersi ritenere che, successivamente al rinnovo
dell’organo di controllo, e in occasione del subentro di sindaci supplenti, non sia più
necessario garantire il rispetto della proporzione tra i due differenti generi.
Una più rigorosa lettura del dettato legislativo porta, però, a ritenere che il rapporto tra
generi debba essere garantito per tutta la durata del mandato e, quindi, anche nei casi
di sostituzione dei sindaci, vista la ratio della norma. Al riguardo, il Regolamento
Emittenti richiede di indicare in statuto “le modalità di sostituzione dei componenti degli
organi venuti a cessare in corso di mandato” (art. 144-undecies, lett. b) RE). Posta
questa premessa, è possibile inserire clausole statutarie relative alla nomina del
collegio sindacale, che richiedano di selezionare i supplenti tra esponenti del genere
meno rappresentato, così da garantire il mantenimento del rapporto anche in caso di
sostituzione in corso di mandato. Dal momento che non è dato conoscere ex ante il
genere meno rappresentato, l’inserimento tra i supplenti di un esponente di ciascuno
dei due differenti generi potrebbe rappresentare un utile elemento per consentire il
rispetto dell’equilibrio. Peraltro, al fine di poter conseguire tale risultato e prevenire
l’avvio di eventuali procedure sanzionatorie, la società sembra legittimata a ricorrere al
supplente espressione del genere meno rappresentato disponibile, anche
prescindendo dalla lista di appartenenza, dal momento che l’istanza primaria che la
23
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nuova disciplina mira a perseguire è quella del mantenimento delle quote di genere. Se
questa è la regola generale cui si intende accedere in caso di sostituzione, è ben
evidente che la stessa troverà applicazione anche nell’ipotesi in cui il sindaco da
sostituire sia espressione delle minoranze; in tal caso, però, dovrebbe essere
“ripescato” il sindaco supplente che consenta di rispettare l’equilibrio di genere,
avvalendosi prima di quelli del genere meno rappresentato eventualmente presenti
nelle altre liste di minoranza e solo successivamente di quelli presenti nella lista di
maggioranza, e nel rispetto, ove compatibile, dei criteri contenuti nel Codice Civile.
Sembra infatti trovare applicazione mutatis mutandis il criterio delineato dalla Consob
in materia di sostituzione del sindaco di minoranza (art. 144-sexies, commi 8 e 11).
Il ripristino dell’equilibrio tra rappresentanti di minoranza potrà avvenire solo in
occasione dell’assemblea ex 2401 c.c., chiamata a nominare i sindaci effettivi e
supplenti necessari per l’integrazione del collegio, sempreché vi siano candidature
idonee al perseguimento di tale obiettivo.
3.3 Gli adeguamenti statutari in caso di sistemi alternativi di amministrazione e
controllo
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La disciplina legislativa richiede modifiche statutarie anche alle società che adottano
sistemi alternativi di amministrazione e controllo.
In caso di adozione del sistema dualistico, la modifica statutaria da apportare riguarda
le disposizioni relative al consiglio di sorveglianza, al quale si applica il rinvio alla
disciplina fissata per il collegio sindacale dal nuovo art. 148, comma 1-bis. Lo statuto
dovrebbe prevedere che il riparto dei membri del consiglio di sorveglianza sia tale da
garantire che almeno un terzo dei membri eletti sia composto da consiglieri del genere
meno rappresentato. Analogamente a quanto evidenziato in precedenza con riguardo
al collegio sindacale, gli emittenti potranno arricchire le clausole statutarie relative
all’elezione del consiglio di sorveglianza mediante voto di lista con indicazioni idonee a
perseguire l’equilibrio tra genere.
Con riguardo, invece, al consiglio di gestione – al quale la legge estende l’applicazione
della disciplina fissata per il consiglio di amministrazione nel solo caso in cui sia
composto da un numero di componenti non inferiore a tre – la modifica statutaria
riguarda certamente il recepimento del criterio di riparto. Quanto alle modalità di
formazione delle liste, l’effettiva definizione è dubbia; nelle società dualistiche, il dettato
24
Il regime della parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo …
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legislativo non prevede l’applicazione di questo metodo elettivo42. In alcuni casi,
tuttavia, la prassi statutaria ha elaborato sistemi in cui il consiglio di sorveglianza
nomina il consiglio di gestione sulla base di liste presentate dai propri membri 43. In
questi casi, le società potranno, eventualmente, arricchire le clausole statutarie con
criteri d’ individuazione e nomina di esponenti del genere meno rappresentato. In caso
di mancata applicazione del metodo del voto di lista, invece, le candidature dovrebbero
essere presentate direttamente da componenti del consiglio di sorveglianza al
momento dell’elezione; nel caso non si soddisfi l’equilibrio di genere attraverso i
candidati eletti, il consiglio di sorveglianza potrebbe continuare a votare a maggioranza
fin quando tale obiettivo non venga perseguito.
Quanto alle società che adottano il modello monistico, le modifiche statutarie dovranno
riguardare la parte relativa al consiglio di amministrazione, al quale si applica, per
esplicita previsione legislativa, la disciplina tracciata dall’art. 147-ter, comma 1-ter, per
le società che adottano il modello tradizionale.
3.4 L’organo competente a deliberare le modifiche statutarie
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L’entrata in vigore della disciplina sulle quote di genere è destinata come visto a
determinare una revisione degli statuti delle società soggette alla relativa applicazione.
Il Codice civile affida generalmente all’assemblea straordinaria la revisione dello
statuto (art. 2365, comma 1); la competenza può essere tuttavia delegata, ai sensi del
successivo secondo comma, al consiglio di amministrazione (o al consiglio di gestione,
in caso di società con modello dualistico) se si tratta di adeguamenti a disposizioni
normative sopravvenute e sempreché lo statuto abbia preliminarmente investito tale
organo della relativa competenza. Appare legittimo l’intervento dell’organo gestorio
nell’adeguare gli statuti non solo nelle modificazioni c.d. “imposte” – intendendo come
tali sia le modifiche obbligatorie, cioè quelle che la legge impone senza prevedere
alcun regime suppletivo, sia le modificazioni opportune, cioè quelle che mirano a
eliminare dal dettato statutario un’incongruenza rispetto a un sopravvenuto regime
legale inderogabile – ma anche in quelle caratterizzate da un tasso di “discrezionalità
tecnica”. Sono invece sottratte alla competenza dell’organo gestorio le modifiche
42
Si veda, M. Stella Richter, Gli adeguamenti degli statuti delle società con azioni quotate dopo il d.lgs. n.
303/2006, in Rivista del diritto societario, 2007, p. 204; C. Marchetti, Il sistema dualistico: questioni e
clausole statutarie. Prima parte in Studi e Materiali del Consiglio nazionale del notariato, 1/2007, p. 204. V.
Cariello, Il sistema dualistico, Torino, 2012, pp. 321-325. Vincoli tipologici e autonomia statutaria. Milano,
2007, p. 12.
43
L’unica società che adottata il metodo del voto di lista per l’elezione del consiglio di gestione è A2A.
25
Il regime della parità di accesso agli organi di amministrazione e controllo …
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discrezionali “rilevanti”, nelle quali la competenza non può che essere dell’assemblea
che delibera in sede straordinaria44.
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La natura delle modifiche statutarie che le società sono chiamate ad adottare in
attuazione della disciplina legislativa in commento sembra qualificarle come un
allineamento dovuto al dettato legislativo e con un margine di discrezionalità alquanto
limitato. Il legislatore non ha infatti affidato alla società il potere di decidere,
nell’esercizio della propria autonomia statutaria, se avvalersi di una regola attraverso la
quale riequilibrare il divario tra generi all’interno dei propri organi di amministrazione e
controllo. Questa scelta è stata già effettuata dal legislatore; alle società è fatta
richiesta di confezionare clausole statutarie che definiscano meccanismi di nomina
idonei a perseguire tale obiettivo. Posta questa ricostruzione, pare potersi ritenere che
la definizione di tutte le modifiche statutarie correlate alla disciplina sulle quote di
genere possa essere assolta direttamente in sede consiliare 45. Tale soluzione
consentirebbe di pervenire alle relative modifiche in maniera più tempestiva rispetto a
un eventuale coinvolgimento dell’assemblea straordinaria.
Ciò premesso, le società possono naturalmente effettuare le modifiche statutarie
direttamente in assemblea straordinaria; in tal caso, si dovrà procedere alla relativa
convocazione e tenere la stessa anteriormente a quella ordinaria di rinnovo degli
organi sociali. Questa assemblea, peraltro, potrebbe ben tenersi in coincidenza con
quella ordinaria di rinnovo degli organi, nel caso in cui quest’ultima sia la prima
adunanza soggetta alla nuova disciplina.
Infatti, la possibilità di nominare componenti di organi di amministrazione e controllo
sulla base di modifiche statutarie effettuate da una assemblea straordinaria
44
Cfr. Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 89 del 22 novembre 2005 e I. Maffezzoni, Art. 2365, in
Assemblea, a cura di A. Picciau, Egea, 2008, pp. 50 e 54 s., in Commentario alla riforma delle società,
diretto da P.G. Marchetti-L.A. Bianchi-F. Ghezzi-M. Notari. M. Notari e M. Stella Richter jr., op. cit., p. 543
s., ammettono la possibilità delegare all’organo amministrativo la competenza a modificare lo statuto in
adeguamento a disposizioni normative anche qualora tale operazione comporti margini di discrezionalità
da parte degli amministratori. Per una ricostruzione della distinzione tra modifiche c.d. “imposte” e
modifiche “opportune”, cfr. N. Atlante e M. Stella Richter, op. cit.. Una parte minoritaria, ma autorevole,
della dottrina limita, invece, le ipotesi di delega all’organo amministrativo all’adeguamento alle sole
disposizioni «inderogabili», le quali non lasciano spazio alla discrezionalità degli amministratori. In questo
senso, P. Abbadessa-A. Mirone, Le competenze dell’assemblea nelle s.p.a., in Riv. soc., 2010, p.9; critica
nei confronti della formulazione dell’art. 2365, paventando il rischio di condotte abusive da parte degli
amministratori, C. Montagnani, Art. 2365, in Società di capitali. Commentario a cura di G. Niccolini e A.
Stagno d’Alcontres, I, Jovene, 2004, p. 464.
45
In questo senso, si veda, A. Busani – G. O. Mannella, “Quote rosa” e voto di lista, in Le società, 1/2012,
p. 53.
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immediatamente precedente una ordinaria, e quindi non ancora iscritte nel registro
delle imprese, appare una soluzione percorribile46.
Il ricorso all’avviso di convocazione può comunque rappresentare lo strumento per
incentivare i soci a presentare candidature idonee a perseguire l’equilibrio di genere
imposto dal legislatore, sebbene non ancora recepito a livello statutario.
4. Il regime sanzionatorio
La disciplina prevede un regime sanzionatorio nei confronti dell’emittente qualora non
risulti rispettato il criterio di riparto imposto per la corretta composizione dell’organo
gestorio e di controllo.
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Il legislatore ha affidato alla Consob il potere di intervenire direttamente nel caso di
violazione della norma primaria e ha definito un regime articolato su tre livelli,
caratterizzato da effetti progressivamente più incisivi.
Qualora la composizione dell’organo amministrativo o di controllo a seguito della
nomina integrale dell’organo o di successive sostituzioni non rispetti il criterio di riparto
imposto dalla legge, l’Autorità di vigilanza è infatti chiamata a diffidare la società
interessata affinché si adegui entro il termine massimo di quattro mesi. Il
riconoscimento di questo arco temporale dovrebbe consentire alla società
inadempiente di procedere all’eventuale sostituzione di uno o più membri degli organi
appartenenti al genere più rappresentato che eventualmente possano rassegnare le
proprie dimissioni, o di convocare un’assemblea, nell’ipotesi in cui questa si profili
come la strada necessaria (si pensi all’ipotesi in cui si debba procedere alla
sostituzione di un sindaco e l’emittente non abbia sindaci supplenti appartenenti al
genere meno rappresentato).
Decorsi quattro mesi, in caso d’ inottemperanza, sono previste da un lato una sanzione
pecuniaria amministrativa di importo variabile tra centomila e un milione di euro per gli
organi di amministrazione e tra ventimila e duecentomila euro per gli organi di
controllo, dall’altro un’ulteriore diffida ad adempiere entro i successivi tre mesi.
46
In tal senso Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 19 del 10 marzo 2004, che prevede che l’organo
competente possa assumere decisioni in presenza di “modificazioni statutarie ancora da iscrivere al
Registro Imprese; tale é il caso, ad esempio: della nomina di amministratori in numero coerente con la
nuova clausola statutaria approvata dalla stessa assemblea, ma non adeguato allo statuto precedente”.
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Decorsi inutilmente gli ultimi tre mesi (passati quindi sette mesi dalla nomina o
sostituzione di componenti nell’organo), è prevista la decadenza dalla carica di tutti i
componenti eletti, cioè dell’intero organo.
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L’articolazione delle procedure sembra indicare che gli organi eletti che non rispettino i
requisiti di composizione sono legittimamente operativi e i relativi atti efficaci fino al
momento della loro eventuale decadenza. In quel caso, qualora sia dichiarata la
decadenza di uno solo tra gli organi di amministrazione e controllo, l’altro procederà
immediatamente alla convocazione di un’assemblea di nomina47. Nel caso in cui sia il
consiglio a decadere sembra applicabile il principio di cui all’art. 2386, comma 5, che
affida al collegio sindacale il compimento degli atti di ordinaria amministrazione,
considerando anche che decorreranno almeno 40 giorni per la convocazione
dell’assemblea (art. 125-bis Tuf).
Il meccanismo sanzionatorio si presenta molto complesso, sebbene fortemente
affievolito nelle sue conseguenze applicative rispetto all’originaria proposta che
prevedeva la decadenza tout court dell’intero organo. L’applicazione di sanzioni
progressivamente più rigorose appare peraltro finalizzata a consentire all’emittente di
sanare una situazione che è naturale conseguenza di una scelta dei soci. In questi
termini, si comprende la finalità della “diffida” che non ha altre conseguenze se non
quelle di fornire un arco di tempo sufficiente alla società per raggiungere l’equilibrio di
genere, anche eventualmente convocando un’assemblea ad hoc per procedere alla
nomina degli organi sociali.
Il Direttore Generale
Stefano Micossi
47
In caso di decadenza del consiglio di amministrazione.
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