7 L`AVVENTO

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7 L`AVVENTO
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L’AVVENTO
Noi cristiani siamo stati capaci, nella lunga storia che abbiamo alle spalle, di svuotare dall'interno il
senso di molte nostre grandi feste. Il Natale è forse la vittima più illustre di questo: è diventata la
festa dei bambini, la festa della bontà, la festa della famiglia (Natale con i tuoi...) il compleanno di
Gesù... di conseguenza anche l'Avvento si è colorato di una retorica un po' buonista e un po'
consumista fra corone dell'avvento e calendari d'avvento con le caselline da aprire ogni giorno in un
gioco infantile: anche questo però, pur se superficialmente ci rimanda a un "aspettare qualcosa che
deve venire, che verrà".
L'Avvento è quindi tempo di attesa; ma attesa di chi, di che cosa? Possiamo semplicisticamente
rispondere che aspettiamo la nascita di Gesù la notte di Natale, ma Gesù è già nato duemila anni fa,
è morto ed è risorto; c'è il rischio che la nostra sia una pia finzione, intessuta di sentimentalismo.
Proviamo allora a recuperare il senso complesso e profondo di questo tempo lasciandoci guidare e
quasi immergere nella via che la liturgia traccia per noi lungo le quattro domeniche. .
Paradossalmente, proprio all'inizio dell'anno liturgico, nella prima domenica di Avvento, il vangelo
ci propone di ascoltare ancora la profezia di Gesù sui "tempi ultimi", sulla fine dei tempi e del
tempo, come la avevamo ascoltata nella domenica precedente, l'ultima dell'anno. Questa volta
però con un accento diverso: l'avvento vero, definitivo, quello che attendiamo, è prima di tutto la
manifestazione piena del Signore glorioso.
Veniamo così immessi in una prospettiva che ci supera, che supera le nostre piccole domande, i
nostri piccoli perché, i nostri moralismi ristretti. E' vero, questo lo ripetiamo ogni volta che diciamo
il Padre Nostro: "Venga il tuo Regno", o quando recitiamo il credo "Di nuovo verrà nella gloria a
giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine", ma forse queste parole così dense vengono a
volte ripetute in modo meccanico, senza sentirle veramente.
Questo brano del Vangelo è anche un richiamo all'attesa come consapevolezza di una assenza;
attendiamo la manifestazione piena del Figlio, perché stiamo vivendo la sua assenza, il suo "essere
altrove": da qui il grido insistente dell'avvento: Vieni Signore Gesù. Maranathà.
Il tempo di avvento si chiude, nella IV domenica con il racconto della visita di Maria a s. Elisabetta,
preludio, la notte di Natale, al racconto della nascita di Gesù: la liturgia ci fa compiere uno strano
cammino all'indietro; dall'ultima venuta, annunciata e prospettata, ma avvolta nel mistero
dell'ignoto, ci rimanda alla prima venuta, se ci pensiamo ancora più strana e misteriosa: ci rimanda
a un Dio che in un qualche modo rinuncia al suo essere Dio per diventare uomo, "in tutto simile agli
uomini tranne che per il peccato".
E noi? Noi viviamo nel tempo fra le due venute, attendendo e cercando il suo avvento in noi e fra
noi.
La II e la III domenica, con il racconto della predicazione del Battista, ci immettono in quel popolo
che ascolta e che deve "preparare la via del Signore" affinché tutta l'umanità "possa vedere la
salvezza del nostro Dio". Il Signore è venuto, verrà nei tempi ultimi, viene oggi in noi e per noi, se lo
cerchiamo con passione, se non diamo per scontata la nostra fede, e non la consideriamo possesso
acquisito. Forse la preghiera più bella ci è donata, all'inizio dell'avvento, nella liturgia delle ore:
Insegnami a cercarti e mostrati quando ti cerco: non posso cercarti se tu non mi insegni, né trovarti,
se non ti mostri".