Basta dimissioni in bianco: data certa con il nuovo

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Basta dimissioni in bianco: data certa con il nuovo
Basta dimissioni in bianco:
data certa con il nuovo modulo
di Gianfranco Cassano
Con la pubblicazione sulla G.U. n. 260 dell’8 novembre
2007 della legge 188/2007, i lavoratori che intendono
recedere dal contratto, per la comunicazione delle
dimissioni, dovranno utilizzare appositi moduli, di
prossima emanazione, validi per 15 giorni dalla data di
emissione. Un importante stop al fenomeno delle
dimissioni forzate, volto a neutralizzare la pratica di far
sottoscrivere al lavoratore una lettera in bianco al
momento dell’assunzione
RIF. NORMATIVI
Legge 188/2007
Art. 2118 Cod. civ.
PER APPROFONDIRE
www.parlamento.it/parlam/le
ggi/07188l.htm
L’art. 1 della legge 188/2007 specifica che, “fatto salvo quanto stabilito dall’articolo 2118 del
Codice civile, la lettera di dimissioni volontarie, volta a dichiarare l’intenzione di recedere dal
contratto di lavoro, è presentata dalla lavoratrice, dal lavoratore, nonché dal prestatore d’opera e
dalla prestatrice d’opera, pena la sua nullità, su appositi moduli predisposti e resi disponibili
gratuitamente, oltre che con le modalità di cui al comma 5, dalle direzioni provinciali del lavoro e
dagli uffici comunali, nonché dai centri per l’impiego”. Gli elementi fondamentali che si possono
rapidamente rilevare dal testo normativo sono: l’obiettivo della legge, l’istituto del recesso, i
destinatari attivi e passivi delle norme, gli effetti sul rapporto di lavoro e le modalità di esecuzione.
L’obiettivo perseguito
Nel tempo il legislatore ha rilevato un comportamento illecito praticato nell’ambito del rapporto di
lavoro, identificando, nel momento dell’instaurazione di tale rapporto, l’utilizzo di pressioni sul
lavoratore affinché, oltre alla sottoscrizione della lettera d’assunzione o inizio rapporto, lo stesso
sottoscriva anche un foglio in bianco da utilizzare, quale lettera di recesso volontario, alla migliore
occasione. Tale pratica sembra essere diffusa in determinati settori produttivi e indirizzata
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soprattutto verso le lavoratrici per superare, evidentemente, i problemi legati alla possibile
insorgenza di una successiva maternità. Con riferimento a tale seconda ipotesi, occorre ricordare
che sia l’attuale normativa sia la consolidata giurisprudenza hanno definito in modo preciso
l’ambito entro il quale il datore di lavoro e la lavoratrice possono agire, applicando una protezione
assoluta della maternità.
Resta evidente che, nonostante tale protezione, si continuino a verificare situazioni di sgradevole
comportamento discriminatorio nei confronti delle lavoratrici attuate, evidentemente, con l’inganno
della lettera di dimissioni “in bianco”.
Il recesso: la manifestazione unilaterale di volontà
L’istituto del recesso è disciplinato dall’art. 2118 del Codice civile e consiste, per il lavoratore, in
un atto volontario diretto all’interruzione del rapporto di lavoro. Tale manifestazione, per essere
valida, non deve essere viziata nella fase di formazione da alcuna irregolarità; in assenza di tali
condizioni, il recesso può essere invalido e annullabile. Il recesso ha efficacia dal momento in cui
è conosciuto dal datore di lavoro (atto recettizio), indipendentemente dall’accettazione da parte di
questi, e comportano per il lavoratore il rispetto del periodo di preavviso, escluso il caso di recesso
per giusta causa; i l mancato rispetto dei termini di preavviso comporta per il lavoratore l’addebito
del danno da parte del datore di lavoro applicato mediante la trattenuta dei giorni non lavorati.
Destinatari attivi e passivi
L’art. 2 della legge 188/2007 specifica chi siano i destinatari attivi (lavoratori) mediante
un’elencazione che non definisce tutto l’universo del mondo del lavoro al quale s’intende estendere
il nuovo adempimento; infatti, mentre è chiarissima la volontà di incidere nel rapporto di lavoro
subordinato (“per contratto di lavoro, ai fini del comma 1, s’intendono tutti i contratti inerenti ai
rapporti di lavoro subordinato di cui all’art. 2094 del Codice civile, indipendentemente dalle
caratteristiche e dalla durata, ….”), meno definito è il riferimento al mondo del lavoro
parasubordinato (“…nonché i contratti di collaborazione coordinata di natura continuativa, anche a
progetto,…”). Su questi ultimi è evidente che qualche ulteriore indicazione dovrà essere emanata
dal Ministero del lavoro, perché la lettura estensiva porta a considerare, quali destinatari del
provvedimento, anche soggetti di rapporti parasubordinati che, nella logica, non dovevano essere
presi in considerazione. Si pensi ai componenti dei consigli d’amministrazione e degli organi di
controllo delle società; lo svolgimento di tali incarichi, spesso ricoperti da professionisti iscritti ad
albi, avviene mediante un mandato quale diretta emanazione della volontà di un organo
assembleare. Risulta difficile pensare che, ad esempio, in caso di dimissioni di un amministratore
delegato, considerata la delicatezza dell’incarico e delle conseguenze anche economiche di una
divulgazione anticipata di notizie, sia possibile applicare questo nuovo adempimento. È evidente
che il legislatore, nel voler arginare un fenomeno di distorsione del rapporto di lavoro, non avesse
intenzione di comprendere nel dettato normativo anche i soggetti che svolgono un’attività regolata e
disciplinata dal principio del mandato.
In sintesi, i soggetti attivi del provvedimento sono:
- i lavoratori subordinati (art. 2094 Cod. civ.) quali apprendisti, operai, impiegati, quadri e
dirigenti;
- i lavoratori parasubordinati quali collaboratori coordinati e continuativi, anche in modalità a
progetto;
- i collaboratori occasionali;
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gli associati in partecipazione (art. 2549 Cod. civ.), ove vi sia la fornitura di una prestazione
lavorativa;
- i soci di cooperative titolari di un rapporto di lavoro previsto dall’art. 1, comma 3, della
legge 142/2001, come modificato dall’art. 9, comma 1, lettera a), della legge 30/2003;
- i lavoratori domestici.
I destinatari passivi della norma sono:
- i datori di lavoro pubblici;
- i datori di lavoro privati;
- i datori di lavoro privato in ambito domestico;
- le fondazioni e i partiti.
Le modalità di applicazione della norma
Il lavoratore che intende recedere dal rapporto di lavoro in essere deve manifestare tale decisione
per iscritto, compilando e sottoscrivendo un apposito modello prenumerato e datato, valido per 15
giorni, ritirandolo gratuitamente presso le direzioni provinciali del lavoro, gli uffici comunali e i
centri per l’impiego. Il modello è scaricabile anche tramite Internet direttamente dal sito del
Ministero del lavoro, garantendo la certezza dell’identità del richiedente e la riservatezza dei dati.
Prossimamente sarà estesa, mediante un apposito regolamento, la possibilità di consegnare il
modello anche alle organizzazioni sindacali dei lavoratori e ai patronati. L’applicazione pratica
della normativa si avrà solo dopo l’emanazione del provvedimento di attuazione e della
predisposizione della comunicazione standard: in altre parole, entro 90 giorni a partire dal 23
novembre 2007.
Entro sei mesi dall’entrata in vigore del provvedimento, come previsto dall’art. 4 della legge
188/2007, saranno stipulate le convenzioni con le organizzazioni sindacali e i patronati necessarie a
rendere disponibile, attraverso questi canali, la consegna del modello al lavoratore richiedente. Nei
casi di dimissioni per matrimonio o per maternità resta confermata l’attuale disciplina, che prevede
la convalida delle stesse davanti al funzionario della direzione provinciale del lavoro. Ovviamente,
con l’introduzione della nuova norma tali dimissioni dovranno essere comunicate e convalidate
sull’apposito modello ministeriale.
Gli aspetti critici del provvedimento
Premesso che l’attuale struttura del mondo del lavoro e la sua regolamentazione sono tali da rendere
sempre complessa l’applicazione pratica di ogni provvedimento di carattere generale, anche la legge
188/07 non si sottrae a questa regola. Nello specifico, si rilevano delle criticità con riferimento ai
seguenti argomenti:
- recesso con comunicazione prenumerata e preavviso: la contrattazione collettiva prevede, in
funzione della qualifica, del livello e dell’anzianità, una regolamentazione diversificata per i
termini del preavviso da riconoscere al datore di lavoro, come indicato nell’art. 2118 del
Codice civile; la nuova norma, prevedendo una data rigida per la validità della
manifestazione di volontà pari a 15 giorni dall’emissione da parte del sistema, rende
oggettivamente difficile la gestione dei tempi contrattuali da parte del lavoratore, che si
troverebbe nella necessità di comunicare al datore di lavoro la sua intenzione di recedere,
rispettando i termini del preavviso (ad esempio 6 mesi), mediante presentazione della
“classica” lettera, salvo consegnare entro 15 giorni prima della cessazione effettiva il
modello prenumerato; si auspica un intervento chiarificatore che spieghi come contemperare
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la necessità di regolare il fenomeno delle “dimissioni in bianco” con il rispetto del dettato
normativo dei termini di preavviso da parte del lavoratore, considerando anche l’aspetto
organizzativo delle imprese;
esiste una perplessità che colpisce la legittimità dell’obbligo di presentare le proprie
dimissioni attraverso le modalità indicate dalla nuova norma in presenza di una giusta causa:
per definizione, infatti, l’interruzione del rapporto di lavoro per giusta causa “impedisce la
prosecuzione del rapporto per gravi motivi”;
per le dimissioni definite in sede di conciliazione sindacale o quelle incentivate si ritiene
opportuno avere dei chiarimenti, considerata la delicatezza della materia e la necessità che le
volontà si formino contestualmente;
vi sono ulteriori casi particolari per i quali si attendono chiarimenti, come ad esempio:
a) il lavoratore che comunque presenta le dimissioni senza utilizzare il modello ufficiale e
non si rende disponibile per un’eventuale rettifica;
b) il lavoratore che pone in essere atti concludenti della sua volontà di interrompere
unilateralmente il rapporto di lavoro, definiti anche dalla contrattazione collettiva, senza
formalizzazione alcuna;
c) il lavoratore extracomunitario assunto con contratto di lavoro domestico che, dopo aver
interrotto da un giorno all’altro e senza formalità il rapporto e ritorna nel paese di
origine, dopo poco tempo rientra in Italia e rivendica l’esistenza di un rapporto che, per
forza di cose, il datore di lavoro considera ormai concluso;
d) i rapporti di lavoro occasionali (i cosiddetti “mini co.co.co.”), che sono caratterizzati da
una varietà di situazioni oggettive e soggettive difficilmente comprimibili con questa
regolamentazione.
Conclusioni
In attesa dei necessari chiarimenti, considerati i termini di novanta giorni di differimento necessari
alla pubblicazione del decreto di attuazione, il primo giudizio a caldo sul provvedimento è di
apprezzamento per l’attenta osservazione dei fenomeni di distorsione del rapporto di lavoro e
dell’applicazione di interventi supportati dall’utilizzo sempre più consistente delle nuove
tecnologie. Resta evidente, tuttavia, che l’introduzione di questo nuovo adempimento non punta
certamente nella direzione della semplificazione delle pratiche burocratiche dell’amministrazione
del personale.
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