Le riserve da apporti di capitale_Audino - Novità fiscali

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Le riserve da apporti di capitale_Audino - Novità fiscali
Diritto tributario svizzero
Le riserve da apporti di capitale
Roberto Audino
Master of Advanced Studies SUPSI in Tax Law
Esperto diplomato in finanza e controlling
Partner e responsabile area contabile MDR Advisory
Group SA, Lugano
Tra passato, presente e prospettive future
1.
Introduzione
La Legge federale del 23 marzo 2007 sul miglioramento delle condizioni quadro fiscali per le attività e gli investimenti
imprenditoriali ha ridisciplinato l’approccio al rimborso degli
apporti, degli aggi e dei versamenti suppletivi forniti da titolari di diritti di partecipazione (di seguito Legge sulla Riforma
II)[1]. Con l’introduzione di questi nuovi concetti a partire dal
1. gennaio 2011 il Legislatore ha voluto codificare il principio
secondo cui il rimborso degli apporti di capitale, degli aggi e
dei versamenti suppletivi sono, per la persona fisica che ha effettuato l’apporto, parificati al rimborso del capitale (articoli 19
capoverso 3 della Legge tributaria del Canton Ticino [di seguito
LT] e 20 capoverso 3 della Legge federale sull’imposta federale
diretta [di seguito LIFD]) e dunque esente da imposta se sono
rispettate alcune condizioni poste dal Legislatore stesso. In particolare le nuove norme sanciscono che sono esentati i rimborsi
di apporti di capitale effettuati dopo il 31 dicembre 1996.
Il principio del valore nominale, lascia dunque il posto al principio degli apporti di capitale. L’effetto retroattivo della norma
è frutto di un compromesso politico tra la destra e la sinistra
parlamentare. Compromesso che fa tuttora discutere a livello
fiscale oltre che politico. La Legge sulla Riforma II definisce inoltre i criteri che permettono di identificare aggi, apporti e versamenti suppletivi che possono venir rimborsati in esenzione
d’imposta e dunque qualificati quale componente del capitale
(articolo 5 capoverso 1bis della Legge federale sull’imposta preventiva [di seguito LIP]).
Ai sensi della Legge sulla Riforma II, gli apporti, gli aggi e i versamenti suppletivi devono essere effettuati direttamente dai
titolari dei diritti di partecipazione. Devono inoltre venir contabilizzati e dunque evidenziati su un conto separato del bilancio commerciale ed ogni modifica deve essere prontamente
notificata all’Amministrazione federale delle contribuzioni (di
seguito AFC). Quest’ultima, secondo i disposti di legge e la
relativa circolare applicativa[2], mantiene un approccio molto formale nel considerare rimborsabili esentasse unicamente
gli apporti di capitale provenienti da azionisti diretti. Questo
approccio dell’AFC è di fatto opposto a quanto sostiene la dottrina commerciale. Questa infatti ritiene che la norma va intesa da un profilo più ampio ed economico e dunque che anche
le persone vicine all’azionista, che hanno effettuato e/o effettuano apporti di capitale, possono beneficiare dell’esenzione al
rimborso. In questo senso è interessante ricordare che il messaggio del Consiglio federale che accompagnava il disegno di
legge prevedeva che unicamente gli apporti forniti direttamente dai titolari dei diritti di partecipazione potevano essere
rimborsati in esenzione d’imposta[3]. L’avverbio direttamente
non è stato ripreso nel testo di legge in votazione popolare,
abbandonando i propositi iniziali ed abbracciando una nozione
economica che, a detta di molti, dovrebbe contemplare anche
gli apporti posti in essere da persone vicine all’azionista. L’approccio formale AFC si scontra dunque con quello della dottrina commerciale.
L’introduzione delle nuove norme ha portato con sè un’importante ed inattesa riduzione del gettito fiscale, sia dal profilo
dell’imposta preventiva che da quello delle imposte sui redditi.
La controversia politica è aperta. La riduzione di gettito fu evidenziata all’epoca dal Consiglio federale, ma non nelle proporzioni in cui la defezione si sta attualmente manifestando. Alcuni
sostengono che il Governo abbia taciuto sulla reale portata della riduzione del gettito fiscale, nell’intento di non influenzare in
modo determinante le intenzioni del Popolo chiamato al voto
nel febbraio del 2008.
2.
La ratio del cambiamento legislativo
A detta del Governo, le condizioni quadro fiscali nazionali non
erano più ritenute adatte alla concorrenza internazionale. Le
misure che il Governo intendeva introdurre perseguivano più
obiettivi. In generale la volontà fu quella di incentivare gli inve-
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stimenti in Svizzera e rendere la nostra piazza economica più
competitiva per permetterle di essere a pari livello degli altri
Paesi europei concorrenti e dei nostri vicini di casa. L’intento
del Consiglio federale fu quello di rafforzare il settore delle imprese e del commercio, creare nuovi posti di lavoro nelle piccole-medie imprese (di seguito PMI) ed aumentare l’attrattiva
della piazza finanziaria svizzera, tutto ciò con l’intenzione di
rispondere alle preoccupazioni espresse dagli ambienti politici
ed economici che furono in parte ignorate in occasione delle
revisioni precedenti dell’ordinamento tributario.
A detta del Legislatore, la piazza finanziaria svizzera non poteva più sopportare gli svantaggi dati dal principio del valore
nominale che impone ogni rimborso di aggio o versamento
suppletivo superiore al valore nominale del capitale azionario
o sociale liberato. Il Governo, in sede di progetto, sottolineò
anche che, in alcuni casi, il principio del valore nominale, viola
il principio dell’imposizione secondo la capacità contributiva
sancito dall’articolo 127 capoverso 2 della Costituzione federale (di seguito Cost.). Il progetto previsto giungeva dopo
innumerevoli atti parlamentari che, in un modo o nell’altro,
perseguivano l’obiettivo generale di migliorare le condizioni
quadro fiscali per le attività imprenditoriali e gli investimenti.
3.
I principi del sistema d’imposizione delle riserve
da apporti di capitale nel diritto interno svizzero
A partire dal 1. gennaio 2011 e con l’introduzione della Legge
sulla Riforma II, sono stati modificati alcuni articoli di legge
atti a determinare i principi per cui aggi, apporti e versamenti
suppletivi possono venir esentati all’atto della loro restituzione e dunque definiti come parte del capitale. Ecco come si
presentano oggi gli articoli di legge modificati ed attualmente in vigore:
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◆
◆
l’articolo 20 capoverso 3 LIFD sancisce che il rimborso degli
apporti, dell’aggio e dei pagamenti suppletivi forniti dai titolari dei diritti di partecipazione dopo il 31 dicembre 1996
è trattato in modo identico al rimborso del capitale azionario o sociale;
l’articolo 19 capoverso 3 LT riprende la formulazione
dell’articolo 7b della Legge federale sull’armonizzazione
delle impose dirette dei Cantoni e dei Comuni (di seguito
LAID) che è identica a quella della LIFD, ovvero che il rimborso degli apporti, dell’aggio e dei pagamenti suppletivi
forniti dai titolari dei diritti di partecipazione dopo il 31 dicembre 1996 è trattato in modo identico al rimborso del
capitale azionario o sociale;
l’articolo 5 capoverso 1bis LIP indica che il rimborso degli
apporti, dell’aggio e dei pagamenti suppletivi forniti dai titolari dei diritti di partecipazione dopo il 31 dicembre 1996
è trattato in modo identico a quello del capitale azionario
o sociale se la società di capitali o la società cooperativa li
allibra su un conto separato del bilancio commerciale e comunica ogni modifica di questo conto all’AFC.
La società deve effettuare questa comunicazione entro 30
giorni dalla data dell’assemblea generale degli azionisti. Dovrà essere dunque notificato ogni mutamento in relazione al
conto degli apporti di capitale in applicazione delle direttive
previste dalla Circolare n. 29 dell’AFC e dai disposti dell’articolo 125 capoverso 3 LIFD[4]. La Circolare definisce in effetti
in modo esplicito quali sono tempi e modi relativi alle comunicazioni da effettuare in relazione all’imposta preventiva e la
relativa procedura da seguire. Dopo le comunicazioni del caso,
l’AFC informa la società interessata o il suo rappresentante, in
merito all’ammontare delle riserve da apporti di capitale fiscalmente ammesse.
Per avere la qualifica di riserva di capitale, determinante è
l’imputazione dell’apporto di capitale nel bilancio commerciale. L’eventuale compensazione delle perdite riportate preclude
la possibilità di rimborso dell’apporto in esenzione d’imposta.
La sistematica fiscale comporta dunque che eventuali conseguenze fiscali devono essere esaminate al momento dell’apporto ed al momento della restituzione di quest’ultimo. La verifica deve essere svolta sia dal profilo societario che da quello
dell’azionista persona fisica, in quanto all’atto del trasferimento dell’apporto cambia di fatto la proprietà dello stesso. Contabilmente l’apporto deve essere accreditato[5]:
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al conto capitale azionario o sociale al momento della costituzione della società;
ai conti delle riserve di capitale, per esempio denominati
apporto o aggio, nel caso si tratti di aggio d’emissione nel
caso di costituzione della società o aumento di capitale
qualora le azioni vengano liberate al di sopra del loro valore
nominale;
ai conti delle riserve aperte.
Qualora gli apporti provengono da sostanza commerciale, di
regola, è imponibile la differenza tra il valore venale dell’apporto ed il suo valore contabile. Nel caso invece di apporto sottovalutato le conseguenze fiscali si ripercuotono sull’azionista
che effettua l’apporto dalla sua sostanza commerciale. In breve si assiste ad una distribuzione gratuita di azioni se il prezzo
pagato è inferiore al valore nominale, ed ad una donazione,
vantaggio, qualora l’importo versato quale prezzo è superiore
al valore nominale, ma comunque inferiore al valore venale[6].
4.
L’approccio dell’AFC
L’AFC approccia le problematiche legate agli apporti di capitale attenendosi ad una visione prettamente societaria nel
definire in modo sistematico cosa ha ricevuto la società e da
chi. Dunque l’autorità fiscale qualifica le riserve da apporti di
capitale dal punto di vista giuridico stretto e meno economico
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della fattispecie, senza dimenticare la contabilizzazione nel
bilancio commerciale della società, anch’essa menzionata nei
testi di legge. La prestazione deve essere fornita direttamente dal titolare dei diritti di partecipazione. L’AFC non riconosce dunque quali apporti le prestazioni tra società sorelle, che
non sono notoriamente allibrati nel bilancio commerciale ed i
versamenti provenienti da persone vicine all’azionista, la cosiddetta “teoria del triangolo”. Nella sostanza, per quel che ci
concerne, con questo tipo di operazione si crea una riserva,
che ai sensi della legge non è considerata riserva da apporti di
capitale. Detta teoria si applica a tutte le prestazioni valutabili in denaro ed ai vantaggi vari che intervengono tra società
sorelle controllate dallo stesso azionista. Secondo la sistematica fiscale l’azionista beneficia di una distribuzione mascherata di utile dalla società che eroga la prestazione e procede
in equivalenza ad un apporto mascherato di capitale nella società figlia beneficiaria della prestazione. Serie di eventi che
causano conseguenze fiscali in capo alla società che eroga la
prestazione ed in capo all’azionista. Nella società figlia questa prestazione non ha di fatto conseguenze fiscali, tuttavia
trattandosi di un apporto mascherato di capitale, questo deve
venir accreditato alle altre riserve e non può essere considerato apporto di capitale ai sensi LIFD. Sarà quindi imponibile al
momento del rimborso. Questo trattamento è dato dal fatto che l’apporto non è effettuato dal detentore dei diritti di
partecipazione bensì dalla società sorella. Quindi le condizioni
poste dagli articoli della LIFD, LT e LIP non sono soddisfatte.
In questo ultimo specifico caso si parla però della cosiddetta
“teoria del beneficiario diretto”. Secondo quest’ultima teoria, una
prestazione valutabile in denaro non passa dal titolare dei diritti di partecipazione, bensì è attribuita direttamente al beneficiario della prestazione stessa.
Esistono inoltre ulteriori considerazioni aperte. L’articolo 20
capoverso 3 LIFD ingloba anche le prestazioni effettuate da
persone vicine al detentore dei diritti di partecipazione ai sensi
delle teorie appena esposte?
Questa situazione si riscontra spesso nell’ambito di un gruppo
di società tra sorelle oppure tra una società nonna della società beneficiaria finale della prestazione. In questo contesto
la Circolare n. 29 dell’AFC specifica che “In caso di concessione di
vantaggi tra società consorelle, i titolari dei diritti di partecipazione
ricevono, da un punto di vista economico, delle prestazioni valutabili
in denaro da parte della società che le fornisce, le quali essi a loro
volta apportano quali vantaggi nella società beneficiaria. In base al
principio dell’apporto di capitale, la concessione di vantaggi tra società consorelle non è tuttavia qualificata come apporto nelle riserve da
apporti di capitale, in quanto essi non sono forniti direttamente dai
titolari dei diritti di partecipazione e poiché i plusvalori trasferiti nella
società di capitali o nella società cooperativa beneficiaria possono
essere contabilizzati in modo palese solo come rivalutazione” [7].
Si tratta dunque, ai fini fiscali, di un reddito da partecipazione
in capo all’azionista e di un conseguente apporto di capitale
nella società beneficiaria. Da ricordare che se le azioni sono
detenute dalla persona fisica nella sostanza commerciale,
l’AFC applica la teoria del triangolo in modo diverso, ovvero la
cosiddetta “teoria del triangolo modificata”. Nello specifico la prestazione erogata causa all’azionista un ammortamento della
partecipazione nella società. Questo ammortamento viene
compensato con una rivalutazione corrispondente relativa alla
partecipazione della società che si è arricchita. L’AFC è dell’avviso che la teoria del triangolo non è applicabile nell’ambito del
principio degli apporti di capitale in quanto la concessione di
vantaggi tra società consorelle non si qualifica come apporto di capitale. In altre parole l’analisi economica fondata sulla
teoria del triangolo viene accantonata concentrandosi unicamente sull’aspetto civile dei fatti. Inoltre l’autorità specifica
che l’esigenza di contabilizzazione di una simile prestazione
nel bilancio commerciale non è soddisfatta trattandosi di una
prestazione qualificata come apporto dissimulato nella società beneficiaria.
Si può dunque affermare che in generale l’autorità fiscale applica il concetto in modo formale, nel senso che non vi è reddito da partecipazioni in capo all’azionista nella misura in cui
quest’ultimo non registra nulla contabilmente a seguito della
prestazione erogata ad una società vicina, concetto legato al
principio del valore nominale.
Ulteriore particolarità da sottolineare è riferita agli aggi versati prima del 1. gennaio 1997. Questi rimangono infatti normalmente imponibili. Secondo la prassi adottata dall’AFC, a
bilancio commerciale bisognerà quindi procedere ad una suddivisione della riserva legale generale che dovrà indicare: (i) le
riserve da apporti di capitale ai sensi dell’articolo 5 capoverso
1bis LIP e (ii) gli altri apporti.
5.
L’approccio della dottrina
La dottrina è molto critica relativamente all’approccio scelto
dall’AFC. Parte di essa infatti ammette il principio dell’aggio
d’apporto anche in virtù della teoria del triangolo[8] , contestando l’attuale visione dell’AFC, sostenendola incoerente con
l’applicazione generalmente ammessa in materia di imposte
sull’utile relativamente alla stessa teoria.
Da notare che nel suo messaggio del 22 giugno 2005, il Consiglio federale specifica che “in tutti i casi di applicazione degli
articoli 60 lettera a LIFD e 24 capoverso 2 lettera a LAID in cui
non viene liberato un capitale nominale può quindi essere ammesso
un apporto di capitale. Un apporto di capitale per il tramite di un
conferimento in natura superiore al valore nominale del capitale o al
credito può essere preso temporaneamente in considerazione nel solo
bilancio fiscale” [9].
La dottrina sostiene in modo evidente come dal testo di legge
adottato, il Legislatore intenda ignorare le conseguenze risultanti dall’applicazione della teoria del triangolo in materia di
imposte sull’utile. Anzi, al contrario, l’esigenza che gli apporti
siano effettuati direttamente dai detentori dei diritti di partecipazione è stata eliminata in sede di dibattimento parlamentare dal testo di legge poi approvato. L’interpretazione della
norma da parte dell’autorità fiscale, in particolare dell’articolo
20 capoverso 3 LIFD, segue quel che è accaduto in relazione
al diritto legato alla tassa di bollo d’emissione ed in particolare
in merito alla nozione di azionista ai sensi dell’articolo 5 capoverso 2 lettera a della Legge federale sulle tasse di bollo (di
seguito LTB).
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In una recente sentenza del Tribunale amministrativo federale
relativa ad una fattispecie di versamenti suppletivi tra società
vicine, i giudici hanno sancito che può essere definito azionista
ai sensi della LTB unicamente l’azionista diretto[10].
La nozione di azionista ai sensi della LTB è dunque estremamente formale e si rifà storicamente al diritto civile insito nelle
norme della LTB. Sempre secondo il Tribunale amministrativo
federale questo approccio non può essere lo stesso per le imposte sull’utile in quanto queste hanno un carattere economico vista anche l’applicazione della teoria del triangolo. Nel
messaggio del Consiglio federale riguardante la Legge sulla
Riforma II, si specifica però che “Anche nel caso delle cosiddette
relazioni triangolari non è dato di massima apporto di capitale, per
esempio quando il medesimo azionista (società madre o azionista)
predispone uno spostamento degli utili tra le sue società sorelle e la
società da beneficiare ottiene una compensazione, mentre la società beneficiata fruisce di un adeguamento esente d’imposta delle sue
riserve aperte (se del caso solo a livello di bilancio fiscale). È quindi
importante che unicamente gli apporti, gli aggi e i supplementi (ai
sensi degli art. 60 lett. a LIFD e 2 lett. a LAID) versati direttamente
dal titolare della partecipazione vengano equiparati al rimborso del
capitale azionario o del capitale sociale” [11].
alla volontà del Legislatore di sostenere le imprese in un momento di grave difficoltà. Ci si chiede dunque quale nesso lega
gli articoli della LTB con quelli della LIP e della LIFD, introdotti
il 1. gennaio 2011, e che specificano unicamente il meccanismo nonché i criteri di riconoscimento degli apporti di capitale
secondo il nuovo ordinamento; per contro nulla hanno a che
vedere con l’intenzione di fornire ad aziende in difficoltà una
misura che potrebbe salvarle. Dunque tra il principio dell’apporto di capitali e il risanamento non dovrebbe esserci alcuna
relazione, in quanto, sostiene sempre la dottrina, si tratta di due
istituzioni giuridiche distinte che hanno obiettivi ben diversi e
regolati da leggi separate e specifiche. Essa sostiene inoltre che
è inaccettabile l’approccio dell’AFC secondo cui viene posto
in opposizione l’esonero fiscale per i rimborsi degli apporti di
capitale, da una parte, e l’esonero dalla tassa di bollo federale
in caso di risanamento, dall’altra. Da ricordare che nell’ambito
della futura Riforma III dell’imposizione delle imprese, l’Organo di coordinamento avrebbe proposto di eliminare la tassa di
emissione sul capitale proprio e migliorare il sistema di deduzione per le partecipazioni delle persone giuridiche[13].
Ai fini dell’imposta preventiva, la dottrina ribadisce quanto finora descritto, anche in considerazione della teoria del beneficiario diretto. Tuttavia questa teoria non riguarda eventuali
rimborsi di apporti di capitale, bensì ha l’intento di definire e
salvaguardare il diritto al rimborso dell’imposta preventiva secondo gli articoli 21 e seguenti LIP.
La Circolare n. 29 dell’AFC indica che “Gli apporti di capitale effettuati nel quadro di un risanamento (utile di risanamento improprio)
devono essere compensati con le perdite esistenti per beneficiare della
franchigia secondo l’articolo 6 capoverso 1 lettera k della legge federale sulle tasse di bollo (LTB). Gli apporti in capitale che eccedono la
franchigia dell’articolo 6 capoverso 1 lettera k LTB possono beneficiare del condono dalla tassa di emissione secondo l’articolo 12 LTB. Nella misura in cui tali apporti non sono utilizzati per compensare riporti
di perdite commerciali, questi sono considerati fiscalmente come riserve derivanti da apporti di capitale ai sensi dell’articolo 20 capoverso 3
LIFD e l’articolo 5 capoverso 1bis LIP”[12].
Su quest’ultimo aspetto la dottrina è molto critica. La stessa sostiene infatti che da una parte la Circolare n. 29 dell’AFC vieta
di compensare gli apporti di capitale con le perdite riportate,
mentre dall’altra impone tale compensazione in caso di apporti
di capitale nel contesto di un risanamento, pena il non beneficio dell’esenzione fiscale dalla tassa di bollo. Inoltre l’articolo
5 capoverso 1bis LIP impone che gli apporti di capitale siano
rimborsabili in esenzione d’imposta se vengono contabilizzati
separatamente nel bilancio commerciale. Dunque il Legislatore
pone come condizione legale la contabilizzazione separata degli
apporti di capitale a conto annuale. Da qui la domanda se la nozione di “eliminate” (in tedesco “beseitigt”), ai sensi dell’articolo 6
capoverso 1 lettera k LTB, corrisponde alla nozione di “compensate” (in tedesco “verrechnet”), ai sensi della Circolare n. 29 dell’AFC.
La dottrina anche in questo senso indica come la nozione “eliminate”, ai sensi della LTB, abbia un approccio economico legato
6.
Gli atti parlamentari
Innumerevoli sono gli atti parlamentari introdotti relativamente alle problematiche in oggetto. Nel contenuto, tutti
questi atti parlamentari hanno alcuni denominatori comuni.
Molti chiedono al Consiglio federale spiegazioni in merito alle
perdite fiscali derivanti dall’introduzione della Legge sulla Riforma II, rispettivamente relative al passaggio dal principio
del valore nominale a quello del principio degli apporti di capitale. Altri chiedono che il Legislatore intervenga urgentemente per arginare tali perdite prima che queste diventino di
proporzioni incontrollabili o che tali interventi vengano effettuati nell’ambito della futura Riforma III dell’imposizione delle
imprese. In questo senso il coro unanime è quello di accusare
il Governo di aver taciuto ai parlamentari, alle commissioni,
durante i dibattiti alle Camere, eccetera, non informando correttamente delle enormi perdite fiscali che questo passaggio
avrebbe portato con sè.
In modo ancor più accentuato viene sottolineato lo stesso approccio del Consiglio federale nei confronti del Popolo, che si
ritiene non abbia avuto le corrette informazioni prima della votazione nel febbraio 2008, ledendo il principio della buona fede
nei rapporti fra Stato e cittadino. In questo contesto, anche il
Tribunale federale con la sentenza del 20 dicembre 2011, con
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cui ha respinto il ricorso per violazione dei diritti politici sulla
Riforma II dell’imposizione delle imprese, ha criticato aspramente le omissioni, gli errori e le lacune delle informazioni comunicate dal Consiglio federale prima della votazione in quanto “non adeguata per una formazione d’opinione coscienziosa”[14].
Per tutta risposta il Governo sostiene che all’epoca della votazione non era possibile stimare le perdite di gettito relative
all’introduzione del principio degli apporti di capitale. La mancata informazione ha fatto intendere che le minori entrate sarebbero state esigue e per questo il Governo se ne rammarica,
ma difende il principio degli apporti di capitale in quanto corretto dal profilo della sistematica fiscale[15]. Nel messaggio
concernente la Legge sulla Riforma II si specifica inoltre che
“Non sono praticamente quantificabili le minori entrate che derivano
alla Confederazione e ai Cantoni dalle misure a favore delle imprese
di persone e in seguito all’introduzione del principio degli apporti di
capitale, […]” [16].
Gli atti parlamentari accusano inoltre del fatto che la Legge
sulla Riforma II, secondo il progetto, avrebbe dovuto agevolare le PMI ed invece ha favorito le grandi società con azioni quotate in borsa che hanno potuto distribuire dividendi in
esenzione d’imposta. Il Governo afferma, a più riprese nelle
risposte agli atti parlamentari, che è disposto ad esaminare
soluzioni nell’ambito del diritto commerciale o del diritto fiscale che vincolino i versamenti di riserve da apporti di capitale a
determinate condizioni da definire. Tuttavia sostiene con forza
che la Riforma II dell’imposizione delle imprese non si tocca e
non intende porla in discussione.
È comunque importante ricordare che le distribuzioni di dividendi in esenzione d’imposta non sono certo una novità tra
le grandi aziende quotate in borsa. Queste infatti, già prima
dell’introduzione delle nuove norme, potevano, e possono tuttora, procedere ad una riduzione del capitale sociale mediante
acquisto di azioni proprie sul mercato borsistico, utilizzando
una seconda linea particolare della borsa e procedendo all’annullamento delle stesse azioni. Gli atti chiedono di rettificare
il concetto alla base del principio degli apporti di capitale nel
senso di introdurre una regola di priorità che garantisca che le
riserve da apporti di capitale possano venir rimborsate esentasse soltanto quando tutte le riserve da utili distribuibili siano
state ripartite. L’operazione di rimborso dovrebbe avvenire per
il tramite di una procedura di riduzione del capitale. Questo di
certo non rappresenta un problema per le grandi aziende che
non hanno difficoltà a trovare le risorse per sostenere finanziariamente il costo della procedura. È invece prevedibile che possa
dimostrarsi pesante per le PMI che quasi certamente avranno
complicazioni a reperire le risorse finanziarie necessarie per tale
procedura. Risorse, che come spesso accade per le PMI, sono
quasi tutte investite nell’attività produttiva.
In alcuni casi gli atti chiedono anche di sopprimere la retroattività della norma che il Popolo, in sede di votazione, non poteva
prevedere. Questa cancellazione ridurrebbe le perdite fiscali e
tutelerebbe la buona fede. Questa soluzione finale è frutto di
un compromesso politico. Una parte del Parlamento proponeva
che il principio degli apporti di capitale venisse applicato soltanto agli apporti versati dopo l’introduzione della Legge sulla Ri-
forma II, mentre gli ambienti dell’economia privata sollevarono
l’esigenza di includere tutti gli apporti di capitale sinora versati.
Alla fine si giunse a questo compromesso sostenibile economicamente e che non è stato oggetto di dibattito delle Camere
federali. In sede di progetto in consultazione, il Consiglio federale aveva proposto di rinunciare alla retroattività. Tuttavia sulla
base dei risultati della consultazione, nel messaggio la proposta
è stata modificata e dunque è stato introdotto questo principio.
Il Governo sottolinea inoltre che l’unico argomento di dibattito
politico fu l’eliminazione dell’avverbio direttamente relativo agli
articoli della LIFD e della LIP, sostenendo in modo convinto la
retroattività della norma e specificandone la ratio. In effetti la
retroattività colma una lacuna, seppur parziale, del nostro ordinamento che, ricordo, è stato, a livello europeo, uno degli ultimi
ad adeguarsi attenuando il principio del valore nominale.
L’importante numero di atti parlamentari non lascia dubbi sul
fatto che a livello politico le tematiche che stiamo affrontando
sono d’attualità ed in continua evoluzione, suscitando dibattiti
che dividono la destra e la sinistra parlamentare.
7.
Le perdite fiscali
Fin dall’inizio dell’anno 2011 l’AFC si è dovuta confrontare con
un importante volume di comunicazioni di apporti di capitale da parte di aziende svizzere, distribuibili ai sensi delle nuove
norme e secondo le comunicazioni da effettuarsi ai sensi della
Circolare n. 29 dell’AFC. Secondo il DFF il principio degli apporti
di capitale “ha provocato minori entrate fiscali, la cui portata non
era prevedibile prima dell’entrata in vigore della riforma II dell’imposizione delle imprese. In ambito di imposta preventiva, per il 2011 le
minori entrate sono ammontate a 1.2 miliardi di franchi”[17].
8.
Le possibili prospettive future e conclusioni
Il 6 aprile 2011, il Consiglio federale rispondendo a due mozioni[18] , che chiedevano fra l’altro l’abolizione dell’effetto retroattivo della norma, ha affermato che intende esaminare delle
soluzioni dell’ambito del diritto commerciale o fiscale che vincolino i versamenti di riserve da apporti di capitale a condizioni
che dovranno comunque essere definite. Nello specifico a quel
momento il Consiglio federale ipotizzava le seguenti soluzioni:
◆
nell’ambito della revisione del diritto societario e del diritto contabile, il rimborso degli apporti di capitale è trattato
quale rimborso di capitale proprio agli azionisti. Ne deriva
che non sarebbe sufficiente una semplice delibera dell’assemblea generale degli azionisti per avallarla. Le riserve
legali, e dunque anche gli aggi, potrebbero venir restituiti agli azionisti attraverso la procedura di riduzione del
capitale. Tale procedura è ancorata agli articoli 732 e seguenti del Codice delle obbligazioni (di seguito CO) e per
essere attuata sono necessari una serie di adempimenti
dai quali non si può prescindere e che rendono la riduzione
del capitale piuttosto complessa ed onerosa. Ne consegue
dunque che se si decidesse di perseguire questa soluzione,
l’attuale, relativamente semplice procedura di rimborso
degli apporti, potrebbe essere resa più formale ed onerosa
e dovrà rispettare dettami ben precisi e imprescindibili ancorati nel CO;
7
8
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◆
in questo senso è in discussione l’ipotesi secondo la quale le riduzioni di capitale sarebbero possibili unicamente
nel caso in cui non vi siano utili riportati e riserve liberamente disponibili da poter distribuire, la cosiddetta “regola
di priorità”. Nella visione del Consiglio federale questa misura potrebbe migliorare la tutela dei creditori e dall’altro
impedirebbe che le distribuzioni imponibili di utili vengano sostituite da rimborsi di apporti di capitale in esenzione d’imposta. Questo porterebbe a differire nel tempo le
perdite fiscali nel momento in cui la società verrà posta in
liquidazione. La probabilità che le perdite future vengano
compensate da riserve da apporti di capitale è dunque più
marcata. Queste soluzioni potrebbero, sostiene sempre il
Consiglio federale, essere applicate anche alla LIFD e alla
LIP, e regolerebbero anche altri aspetti, tra i quali gli apporti
dissimulati di capitale che non danno diritto al rimborso in
esenzione d’imposta.
Il 7 giugno 2012, il Consiglio degli Stati ha liquidato due mozioni[19]. Entrambe chiedevano che il rimborso esentasse gli apporti solo se nel momento in cui le società avessero distribuito
tutte le riserve di utile distribuibili, compreso l’utile d’esercizio,
rispettivamente che l’attribuzione degli aggi potesse avvenire a
credito delle riserve legali di capitale per vincolarne il rimborso
attraverso la procedura di riduzione di capitale. In tale contesto,
la consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf affermò che
in tempi brevi sarebbe stato elaborato un progetto basato sul
diritto tributario.
risparmiato. Verrebbero dunque a modificarsi i disposti degli
articoli 20 capoverso 3 LIFD, 19 capoverso 3 LT, 7b LAID e 5
capoverso 1bis LIP.
Più recentemente, il 21 novembre 2012, il Consiglio federale ha proposto di accogliere una mozione della Commissione
dell’economia e dei tributi del Consiglio degli Stati[20] , nella
quale il principio degli apporti di capitale non viene messo in
discussione, ma viene richiesta una compensazione delle perdite fiscali nel quadro di una legge autonoma o nel quadro della Riforma III dell’imposizione delle imprese. Il Parlamento si è
però pronunciato anche contro questa mozione e non esiste
dunque più alcun mandato parlamentare per la revisione del
principio degli apporti di capitale.
Elenco delle fonti fotografiche:
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http://www.economiesuisse.ch/de/SiteCollectionImages/Inhaltsbilder/
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A tutt’oggi questo progetto non è ancora stato presentato.
Considerata l’affermazione della ministra delle finanze per
cui la modifica si baserebbe sul diritto tributario, si potrebbe
leggere fra le righe che il diritto commerciale potrebbe venir
[1] Raccolta ufficiale 2005 2893, in: http://www.
admin.ch/opc/it/official-compilation/2008/2893.
pdf [22.04.2014].
[2] Si veda la Circolare AFC n. 29, Principio dell’apporto di capitale, del 9 dicembre 2010, in: http://
www.estv.admin.ch/verrechnungssteuer/dokumentation/00207/00773/index.html?lang=it
[22.04.2014].
[3] Foglio federale 2005 4241, pagina 4309, in:
http://w w w.admin.ch/opc/it/federal-gazette/2005/4241.pdf [22.04.2014].
[4] Ai fini della tassazione sull’utile, le società di
capitali e le società cooperative indicano inoltre
il loro capitale proprio al termine del periodo fiscale o dell’assoggettamento. Il capitale proprio
comprende il capitale azionario o sociale liberato,
gli apporti, l’aggio e i pagamenti suppletivi ai sensi
dell’articolo 20 capoverso 3 LIFD, esposti nel bilancio commerciale, le riserve palesi e le riserve latenti
costituite per il tramite di utili imposti, nonché la
parte del capitale di terzi economicamente equiparabile al capitale proprio.
[5] Bernardoni Norberto/Bortolotto Pietro, La fiscalità dell’azienda nel nuovo diritto federale e
cantonale ticinese, Mendrisio 2010, pagina 293 e
seguenti.
[6] Bernardoni Norberto/Bortolotto Pietro, op. cit.,
pagina 301.
[7] Circolare AFC n. 29, pagina 4.
[8] Richner Felix/Frei Walter/Kaufmann Stefan/
Meuter Hans Ulrich, Handkommentar zum DBG,
II° edizione, Berna 2009, N 111 ad art. 20 LIFD.
[9] Foglio federale 2005 4241, pagina 4308 e seguente.
[10] Sentenza del Tribunale amministrativo federale, n. A 1592/2006, consid. 4.2.2, del 15 aprile
2009.
[11] Foglio federale 2005 4241, pagina 4309.
[12] Circolare AFC n. 29, pagina 4.
[13] Si veda il sito del Dipartimento federale delle finanze (di seguito DFF), Riforma dell’imposizione delle imprese, in: http://www.efd.admin.ch/
t hemen/s teuer n/02720/inde x .ht ml?lang=it
[22.04.2014].
[14] Sentenza del Tribunale federale n. 1C_176/
2011, del 20 dicembre 2011.
[15] DFF, Il Consiglio federale prende posizione in
merito al principio degli apporti di capitale, Comunicato stampa, Berna 14 marzo 2011, in: http://
www.efd.admin.ch/dokumentation/medieninformationen/00467/index.html?lang=it&msgid=38106 [22.04.2014].
[16] Foglio federale 2005 4241, pagina 4359.
[17] DFF, Il principio degli apporti di capitale, Scheda informativa, Berna, stato luglio 2013.
[18] Mozione n. 11.3189 depositata da Christian
Levrat, dal titolo “Principio degli apporti di capitale.
Sopprimere la retroattività” (in: http://www.parlament.ch/i/suche/pagine/geschaefte.aspx?gesch_
id=20113189 [22.04.2014]) e Mozione n. 11.3199
depositata da Susanne Leutenegger Oberholzer,
dal titolo “Rispettare la buona fede dei votanti e correggere il principio degli apporti di capitale” (in: http://
www.parlament.ch/i/suche/pagine/geschaefte.
aspx?gesch_id=20113199 [22.04.2014]).
[19] Mozione n. 12.3315 depositata da Anita Fetz,
dal titolo “Riforma dell’imposizione delle imprese II,
principio degli apporti di capitale. Diminuire sensibilmente la perdita di entrate” (in: http://www.parlament.ch/i/suche/pagine/geschaefte.aspx?gesch_
id=20123315 [22.04.2014]) e Mozione n. 12.3316,
depositata da Pirmin Bischof, dal titolo: “Riforma
dell’imposizione delle imprese II. Adeguamento del principio degli apporti di capitale” (in: http://www.parlament.ch/i/suche/pagine/geschaefte.aspx?gesch_
id=20123316 [22.04.2014]).
[20] Mozione n. 12.3972, depositata dalla Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio degli
Stati, dal titolo ”Principio degli apporti di capitale”
(in: http://www.parlament.ch/i/suche/pagine/geschaefte.aspx?gesch_id=20123972 [22.04.2014]).