quella fase editoriale, connotata dalla grande
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quella fase editoriale, connotata dalla grande
L’HORROR MADE IN ITALY di Dario Argento Dario Argento nasce a Roma il 7 settembre 1940. Compie i primi passi da giornalista, frmando, negli anni Sessanta, articoli di cinema e spettacolo. Nel 1970 s’impone all’attenzione del pubblico e della critica con L’uccello dalle piume di cristallo e l’anno successivo dirige Il gatto a nove code. Sempre nel 1971 esce 4 mosche di velluto grigio. Nel 1974, con lo sceneggiatore Bernardino Zapponi, realizza lo script del nuovo flm, Profondo rosso, che sbarca nelle sale nel 1975. Nel 1977 avviene il viraggio verso l’horror con Suspiria, che esporta il “fenomeno Argento” all’estero, e procura al regista romano grande prestigio internazionale. In questo periodo Argento incontra George A. Romero, l’artefce de La notte dei morti viventi, e decide di fnanziarne la nuova pellicola, Dawn of the Dead, che circolerà in versione europea, curata direttamente da Argento, col titolo Zombi. Nel 1980 sigla il nuovo horror Inferno, per poi riapprodare al thriller con Tenebre (1982). Nel 1985 esce Phenomena, formula che mixa ingredienti horror e dinamiche del thriller. Successivamente, alterna le vesti di regista (nel 1987 sigla Opera, nel 1990 gira assieme all’amico Romero Due occhi diabolici, dittico ispirato ai racconti di Edgar Allan Poe, e nel 1993 frma Trauma) ai panni del produttore (La chiesa e La setta). Nel 1996 ecco La sindrome di Stendhal, e nel 1998 il suo adattamento cinematografco del romanzo di Gaston Leroux, Il fantasma dell’opera. Nel 2001 Argento opta per un ritorno agli stilemi del thriller classico, dirigendo Non ho sonno e Il cartaio nel 2004, nel 2005 gira un flm prodotto dalla RAI e destinato al piccolo schermo, Do you like Hitchcock?, e viene quindi coinvolto in un progetto internazionale, “Masters of Horror”, che, sotto l’egida del regista Mick Garris per l’emittente TV americana Showtime, raccoglie le migliori grife della cinematografa horror contemporanea. Argento dirige gli inquietanti episodi Jenifer e Pelts. Nel 2007 ecco il capitolo fnale della “Trilogia delle tre madri” con La terza madre. Dirige quindi Giallo (2009), circolato direttamente per l’home video; ma è nuovamente l’horror il territorio d’elezione della sua ultima fatica: Dracula 3D. “S platter” vanta un grande merito. Ha saputo non solo cogliere tutta la provocatoria ironia insita in questo flone, ma ha pure intravisto dove sarebbe andato a parare il futuro cinema horror. Perché l’attuale torture porn, ovvero la nuova stagione del cinema splatter inaugurata da Saw – L’enigmista, è proprio fglia degli anni Ottanta e Novanta. R dal “Dylan Dog” di Tiziano Sclavi. Anch’io, a un certo punto della mia attività artistica, ho fatto da testimonial e supervisore per una serie a fumetti progettata con l’amico Luigi Cozzi, “Profondo rosso” (pubblicato dalla Edizioni Scorpio di Milano). Tredici numeri (abbiamo esordito nel 1990) realizzati nel tipico formato “alla Sergio Bonelli”, che ofrivano storie brevi, con tanto di focus su registi e attori cult del cinema horror internazionale. <<Perché l'attuale torture porn (...) è proprio fglio degli anni Ottanta e Novanta.>> icordo bene il grande forire di fumetti horror in quell’epoca, che declinavano in chiave estrema i racconti proposti 7 Q <<... quella fase editoriale, connotata dalla grande inventiva e dalla voglia di provocare (...), ha sparso semi, idee, intuizioni, geniali folgorazioni...>> uegli anni si sono rivelati un momento davvero magico per la produzione fumettistica italiana: disegnatori, soggettisti e sceneggiatori hanno finito per ritrovarsi tutti insieme appassionatamente a sperimentare storie e invenzioni grafiche sul vasto e multiforme territorio dell’horror. E vorrei, a questo proposito, sfatare un mito. Continuo a captare in giro un tormentone, quello secondo il quale l’horror non appartiene alla cultura italica. Ebbene, rispedisco al mittente l’affermazione: non è affatto vero. Tante sono le produzioni cinematografiche italiane, in questo campo, che hanno riscosso apprezzamenti e successo tra i critici e i fan. Tutti, insomma, dobbiamo essere consapevoli che la tradizione del cinema dell’orrore nostrano è tra le più autorevoli del mondo. linguaggi, si è trattato di un’influenza molto importante. Un grande momento culturale. Poi, purtroppo, quella formidabile fiammata è andata via via spegnendosi. Chissà, forse perché il pubblico ha cominciato a farsi incuriosire e attrarre dalle nuovissime forme d’intrattenimento mediatico casalingo. Del resto, a partire dalla metà degli anni Novanta, Internet ha iniziato a decollare, avviando la sua crescita esponenziale… Ma resta una verità: quella fase editoriale, connotata dalla grande inventiva e dalla voglia di provocare (proprio in pieno Splatter-style), ha sparso semi, idee, intuizioni, geniali folgorazioni… <<Continuo a captare in giro un tormentone, (...) l’horror non appartiene alla cultura italica. Ebbene, rispedisco al mittente l’afermazione.>> E allora è doppiamente meritoria quest’iniziativa targata Rizzoli Lizard: non soltanto si propone come un’opportunità per ammirare la maestria di tanti nostri artisti, artefici di tavole dal grande impatto visivo (sfogliate per credere il volume che avete tra le mani), ma è anche un’occasione per toccare con mano la lungimiranza e la modernità del progetto curato da Paolo Di Orazio. Un’avventura che va assolutamente riscoperta. E a corroborare questa passione ha sicuramente provveduto l’ondata delle riviste di fumetti horror che invase tutte le edicole a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. Per le nuove generazioni, per gli adolescenti che cominciavano a fraternizzare con tali 8 intervista all’uomo nero di edoardo rosati <<Quello che avevo sempre desiderato era lavorare per una rivista horror, dopo essere cresciuto a zombi e mostri americani a fumetti. Il numero uno di "Splatter" si apriva con una storia disegnata da Micheluzzi, un fuoriclasse. Capii subito che ero in mezzo a un qualcosa di epocale.>> - Paolo Di Orazio S ì, l’Uomo Nero esiste. È alto e smilzo. Ha una chioma liscia e lunga. Un naso aquilino. Inforca gli occhiali. E la sua parlata è “romana de Roma”. Tutt’altro che una presenza “atterrente”, a dire la verità. Eppure, nel 1990 questo personaggio sbatacchiò gli scranni del Parlamento nostrano con la stessa furia con cui Pazuzu scrollava il letto della povera Regan ne L’esorcista. Il nostro Uomo Nero, infatti, scatenò – con una manciata di “immorali” fumetti e un libro di “malvagi” pensieri – uno tsunami d’indignazione tra i Signori del Palazzo, generando una clamorosa interrogazione parlamentare per istigazione a delinquere. Lui, il Babau, al secolo Paolo Di Orazio, strapazzò le coscienze del Paese all'età di ventiquattro anni. Quando si dice il talento. O, meglio, l’“X-Fact-horror”. 9 Edoardo rosati: da dove sgorga questo tuo lato oscuro della Forza? iniziai a ravvisare un fl rouge… Sì, un nesso. La silhouette scheletrica di “Kriminal”, i tomi di medicina e chirurgia, l’anatomia umana… C’era qualcosa, ai miei occhi, di magico e irresistibile, che connetteva tutto ciò. Qualcosa in cui fu facile perdermi. E allora ecco che condensai questa primigenia passione in una singola immagine-feticcio: il teschio umano. Un’icona mitica e mistica al pari delle leggende respirate tra le pagine dei Quindici.» PaOLO DI ORazIO: «Tutto origina dalle letture domestiche. Mio padre, rappresentante di libri verso la fne degli anni Sessanta, portava regolarmente a casa tomi di enciclopedie e splendidi testi illustrati di anatomia umana. Tra queste preziose edizioni, primeggiavano I quindici, perché tanti erano i volumi che componevano l’opera, e per me svettava su tutti quello dedicato alle fabe (che mia madre, ogni tanto, mi leggeva la sera, prima di addormentarmi). Che fascino, le illustrazioni di quei racconti… E che piacere intenso mi regalava il profumo della carta stampata. In parallelo, la libreria casalinga andava popolandosi di fumetti (grazie alla passione di mia sorella): “Il Monello”, “Topolino”, ma anche i nerissimi “Kriminal”, “Satanik”, “Diabolik”.» E.r.: E i classici supereroi delle serie americane? Batman, superman o l’Uomo ragno… PDO: «Ça va sans dire! L’Uomo Pipistrello e l’Uomo d’acciaio erano già da tempo presenze familiari in casa Di Orazio, ma con lo sbarco in Italia dei primi supereroi Marvel (targati Editoriale Corno), divenni un totale nerd neurotossico dell’universo di Stan Lee (tutt’oggi un riferimento assoluto, per me). Erano anche gli anni in cui la TV trasmetteva chicche cinematografche come Il cervello di Frankenstein (con Gianni e Pinotto) o Frankenstein contro l’Uomo Lupo, pellicole che defnirono non soltanto il mio culto dell’horror, ma anche la necessità di fumettare di mio pugno (sotto forma di parodie alla Jacovitti) per raccontare storie fantastiche.» E.r.: Possiamo definirli “i primi germi contagiosi”. PDO: «Prima che cominciassi a frequentare le elementari, obbligai mia madre a insegnarmi a leggere questi albi. Impazzivo, per quelle tavole disegnate. Smaniavo: non potevo non sapere cosa ci fosse scritto all’interno dei balloon! E già all’epoca 10 E.r.:in efetti, su questo fronte il cinema degli anni settanta regalò ai fan un’adrenalinica caterva di stimoli, con flm del calibro di L’esorcista, Carrie - Lo sguardo di Satana, Il presagio, Suspiria, Non aprite quella porta… Ma tu sei nato nel 1966, e dinanzi a quella ridda di orrori, eri soltanto un bimbo che frequentava le elementari… E.r.: Cito “totem”, nel filone di “Métal Hurlant”, e “Cannibale”. PDO: «Furono il bivio verso la dannazione! Tutte riviste che nel 1984 mi calamitarono verso “Phantasmagorie”, il laboratorio romano di fumetto e fotografa diretto da Francesco Coniglio. Ero fortemente animato dal progetto di addentrarmi sul serio nel settore, per fumettare le idee che mi sgorgavano in piena, senza argini, e che riversavo a getto continuo riempiendo quaderni e agende. Un anno spettacolare (Coniglio in persona apprezzò il mio magma incontenibile), che mi portò a realizzare i miei primissimi fumetti veri e propri (horror, of course), pubblicati poi nel 1986 su una rivista hard, per adulti, intitolata “Fichissimo” (per la Epp Edizioni): storie, come Il rompicapo, Gastrofobia e Il Succhiapolvere, che non avevano nulla di erotico, ma erano tutte costruite in chiave sovrannatural-demenziale. Nel 1987, eccomi redattore a tempo pieno in un’agenzia di servizi editoriali. Scrivevo racconti porno (stavolta sì): guadagnavo non poco, curando ben undici riviste hardcore (sempre sotto il marchio Epp), e questa titanica massa di lavoro si rivelò una strepitosa palestra. Mi educò a sfornare parecchio materiale scritto in velocità e a vivere la trincea di redazione. alla fne, un sequestro giudiziario e una denuncia a carico della casa editrice mi resero disoccupato per un bel po’ di tempo.» PDO: «Oh, sì! Tutti titoli che con i loro potenti e variopinti poster pubblicitari decoravano la città e il mio cervello. E quando mi recavo a casa di certi parenti (i quali nascondevano in un mobile quella che diventò la mia bibbia paranoica defnitiva, ovvero Zio Tibia colpisce ancora, Oscar Mondadori 1970), io mi pascevo nel racconto dei grandi che avevano avuto la fortuna di godersi al cinema quei flm vietati ai minori. Così, al sottoscritto altro non restava che sublimare, ridisegnando a modo proprio quei cinemanifesti e ritagliando, dai quotidiani e dai settimanali che circolavano in casa, recensioni e fani di tutte le pellicole in questione. Via via, altri mattoni cruciali mi hanno consentito di edifcare la personale cattedrale horror: il “Corriere della Paura”, ancora della Corno, interamente in bianco e nero, dedicato ai personaggi orrifci della Marvel Comics e alle storie dell’insolito di Stan Lee, e “Horror”, rivista a cura di Pier Carpi e alfredo Castelli, edita da Gino Sansoni. Ma furono la fne degli anni Settanta e l’alba degli Ottanta a catapultarmi verso quel fronte a fumetti che determinò il mio futuro percorso.» 11 E.r.: Un’occasione per rastrellare le idee e riflettere sul da farsi. non toccare i racconti. al che io blaterai che erano soltanto appunti e lui invece insistette per lasciarli così, e mi spinse a scriverne altri, esattamente con quello spirito e quello stile, secco e crudo. Insomma, la nave aCME era in procinto di salpare. Insieme a Coniglio, Roberto Dal Pra’ era l’autore preposto allo scouting. Io figuravo al timone del coordinamento. avevo una scrivania tutta mia, un telefono, e gestivo parte dei collaboratori. In realtà, la redazione non presentava una gerenza precisa, una gerarchia a compartimenti stagni. Eravamo un megagruppo creativo. L’atmosfera era elettrica: nel giro di un paio di mesi, “Splatter” avrebbe esordito nelle edicole.» PDO: «Il cuore pulsante restava l’horror, per me. E su questo terreno sentivo il profondo bisogno di investire. Iniziai, allora, a buttar giù schizzi e fogli dattiloscritti per una serie che avrei voluto disegnare: “Delitti infantili” (così la chiamai, dapprima), che poi divenne Primi delitti. Stralci di dialogo, fugaci descrizioni e flash contestuali che intendevo trasformare in soggetti e sceneggiature. Raccolsi il tutto in una cartelletta e tornai a bussare alla porta di Francesco Coniglio, il quale, nel frattempo (parliamo del 1989), aveva fondato il marchio aCME con Guido Silvestri, in arte Silver, il “papà” di Lupo alberto. Nulla accade per caso. Stavano allestendo un certo numero di progetti per il pubblico adolescenziale, e uno di questi mi calzava a pennello. Si chiamava “Splatter”. Francesco mi conosceva bene, sapeva della mia “malattia” per l’horror e quindi aveva già dato per scontato che avrei partecipato all’avventura con un entusiastico “sì”. a quel punto, gli mostrai il dossierone Primi delitti, e lui… sobbalzò sulla sedia dopo aver letto gli appunti. “Sei l’uomo da un milione di dollari!” esclamò. M’intimò di E.r.: Giugno 1989. Gli edicolanti sono lacerati dai letali rasoi del guanto di Freddy Krueger, che campeggia sulla cover del primo numero di “splatter”. PDO: Uscimmo senza alcun sostegno pubblicitario. Non avevamo la strada spianata in alcun modo. “Dylan Dog” a parte (che comunque aveva proposto al pubblico una sua personalissima visione dell’horror), in edicola non esisteva alcun faro guida. Ma cominciarono ad arrivare le prime lettere… 12