Atti_Incontro_18gennaio2014

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Atti_Incontro_18gennaio2014
AGESCI
ASSOCIAZIONE GUIDE E SCOUTS
CATTOLICI ITALIANI
Regione Lazio | Settore Sviluppo
I
T
AT
Scautismo e sviluppo: qualche contributo
incontro 18 gennaio 2014
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Atti incontro 18 gennaio 2014
AGESCI E SVILUPPO
Lo scopo della nostra associazione (AGESCI) è quello di rispondere alle esigenze e ai
bisogni dei giovani e della società che ci circonda, progettando la crescita attraverso
interventi di sviluppo, con la particolare attenzione alla costruzione di relazioni
privilegiate con i protagonisti del territorio.
Il fine ultimo è quello di aiutare i giovani a diventare uomini e donne responsabili,
capaci di “progettare” la propria vita , capaci di amare e costruire un mondo senza
frontiere, l’associazione ha la responsabilità di “crescere” in maniera globale per
rendere un servizio educativo e fare sviluppare la realtà territoriale in cui si opera.
L’elaborazione di un progetto di sviluppo responsabilizza tutta l’associazione e in
particolare la “zona” e la “comunità capi”... fino al singolo capo che assume in sé la
responsabilità di sentirsi parte di una “grande famiglia” impegnata nell’educazione delle
giovani generazioni.
L’AGESCI crede fermamente nel proprio ruolo educativo e intende lo sviluppo come la
naturale e conseguente crescita associativa dal punto di vista della qualità e che solo
successivamente riguarda la parte numerica.
La formazione dei capi è il perno su cui ruota e sviluppa la propria “crescita”. In questi
anni l’associazione ha investito molto rispetto alla formazione degli adulti: ha riscritto
il Regolamento di Formazione Capi, ha rinnovato il Progetto del Capo- strumento
fondamentale per “la progettazione di sé e del proprio cammino di crescita personale,
da verificare in Comunità Capi”. Esso risponde alle necessità formative dell’adulto, che
valorizza le offerte formative interne ed esterne all’associazione e attinge da esse. La
formazione di qualità è il “valore assoluto” su cui si impegna l’AGESCI , attraverso
questa si crea e si forma la cultura della crescita.
L’AGESCI, proprio perché crede molto al suo ruolo educativo, ha approvato al Consiglio
Generale 2009, la “nascita” di un ruolo apposito: l’Incaricata/o allo sviluppo nazionale
per la “ diffusione dello scoutismo, per sostenere azioni e progetti di sviluppo, per
favorire l’ingresso di nuovi educatori, per confrontare modelli, esperienze e progetti,
sia nazionali che internazionali, legati allo sviluppo dello scoutismo”. Dal 2009 hanno
fatto seguito le scelte di alcune Regioni di nominare degli Incaricati regionali allo
sviluppo.
AGESCI LAZIO Settore Sviluppo
INDICE
Preghiera Compagni di volo ……………………………………………………………………………………… pag. 3
Relazioni degli ospiti ………………………………………………………………………………………………… pag. 4
Contributo di Giuseppe Lobefaro ………………………………………………………………. pag. 4
Contributo di Velia Ceccarelli ………………………………………………………….……….… pag. 5
Contributo di Annarita Sacco ……………………………………………………………………… pag. 6
Contributo di Teresa Sorrentino ……………………………………………………………….. pag. 8
Bibliografia ……………………………………………………………………………………………………………..….. pag. 14
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Atti incontro 18 gennaio 2014
COMPAGNI DI VOLO
Voglio ringraziarti Signore,
per il dono della vita;
ho letto da qualche parte
che gli uomini hanno un'ala soltanto:
possono volare solo rimanendo abbracciati.
A volte, nei momenti di confidenza,
oso pensare, Signore,
che tu abbia un'ala soltanto,
l'altra la tieni nascosta,
forse per farmi capire
che tu non vuoi volare senza di me;
per questo mi hai dato la vita:
Perché io fossi tuo compagno di volo,
insegnami, allora, a librarmi con Te.
Perché vivere non è trascinare la vita,
non è strapparla, non è rosicchiarla,
vivere è abbandonarsi come un gabbiano
all'ebbrezza del vento,
vivere è assaporare l'avventura della libertà,
vivere è stendere l'ala, l'unica ala,
con la fiducia di chi sa di avere nel volo
un partner grande come Te.
Ma non basta saper volare con Te, Signore,
tu mi hai dato il compito di abbracciare anche il fratello e aiutarlo a volare.
Ti chiedo perdono, perciò,
per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi,
non farmi più passare indifferente
vicino al fratello che è rimasto con l'ala, l'unica ala, inesorabilmente impigliata nella
rete della miseria e della solitudine
e si è ormai persuaso
di non essere più degno di volare con Te.
Soprattutto per questo fratello sfortunato dammi, o Signore,
un'ala di riserva.
Don Tonino Bello
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Relazioni degli ospiti
“Relazioni tra scautismo locale ed istituzioni del proprio territorio”
Giuseppe Lobefaro, ex presidente I Municipio, Roma
Dai primi interventi ho un po' la conferma di quanto già sapevo: da una parte la difficoltà
dello scoutismo odierno di affacciarsi “verso fuori”, visto che negli ultimi anni ci si è chiusi all'interno
per cercare di fare un buon lavoro nell’ambito del gruppo e con i ragazzi; dall’altra parte la necessità
per la politica di creare contatti veri con le realtà operanti sul territorio.
Lo scautismo è abituato ad operare sul territorio, mantenendo rapporti con le famiglie, le
parrocchie e le scuole. Bisogna creare nei nostri giovani l’abitudine a guardarsi intorno, essere
presenti sul territorio, partecipare.
Negli incontri fatti recentemente ho cominciato a sentire una voglia di cambiamento che mi
ricorda un po' quello che accadeva qualche anno fa, insieme alla voglia di rapportarsi in maniera
più profonda (a volte forse eccessivamente) con quello che c'è intorno; forse si tratta di un tipo di
scoutismo più “politicizzato”, che crea fronti differenti a seconda di come il quartiere presenta la sua
appartenenza politica. Se quello era un eccesso, forse il disinteresse successivo ne è stato la
conseguenza.
Bisogna trovare un equilibrio tra le due posizioni.
Lo scoutismo – l’AGESCI in particolare - è rimasta una delle poche associazioni di volontari;
se vi guardate intorno tutte le altre associazioni o cooperative sociali sono composte da persone
che sono anche funzionari di questi enti. Tutte le grandi associazioni che hanno rapporti con il
territorio hanno questa caratteristica di avere del personale che ha anche tempo da dedicare a
questo. Lo scoutismo ha mantenuto per fortuna questa “volontarietà”.
In questo momento c'è un forte bisogno non solo da parte dello scoutismo ma anche da
parte del territorio di avere contatti con le realtà locali, vive e vere. Quando io ero presidente del
municipio andavo ad incontrare soggetti che non rappresentavano nulla, si sedevano intorno a un
tavolo rappresentando magari solo una piccola cooperativa o una piccola associazione, eppure per
la sola capacità posseduta di avere rapporti istituzionali erano in grado di determinare anche alcune
politiche. Se uno sta dalla mattina alla sera dentro al municipio, prima o poi sarà preso in
considerazione dal rappresentante istituzionale; certo bisogna stare spesso molto attenti a queste
persone, in particolare al fatto che rappresentino veramente qualcuno/qualcosa.
Da parte dell’AGESCI c'è grande concretezza, l’associazione possiede la capacità di creare rapporti
non solo con la famiglia ma anche con le scuole e con la parrocchia; dentro lo scoutismo c’è già la
capacità di mettersi in relazione con gli altri.
Come fare a mettersi in relazione con le istituzioni? Devo dire che non è facilissimo: c'è una
dinamica che è legata al fatto di essere volontari e al fatto che il tempo per fare è generalmente
dedicato all'azione educativa dei ragazzi.
Eppure è importante sottolineare che nel fare educazione è fondamentale aiutare i ragazzi
che stanno in formazione a guardarsi intorno, a vedere da cosa sono circondati e dunque a
impegnarsi sul territorio, aiutandoli non solo in quello che in genere è l'impegno associativo, ma
piuttosto aprendosi alle varie forme di servizio. Quest'abitudine a guardarsi intorno è una cosa che
deve essere formata fin da piccoli; aiutarli a conoscere il territorio non in maniera sporadica, in
maniera “spot”, quanto piuttosto in maniera costante, facendo capire che la loro presenza sul
territorio aiuta il territorio stesso a cambiare, a migliorare; d'altra parte noi come capi siamo chiamati
a formare i nostri ragazzi sull’essere delle persone responsabili, dotate di spirito critico.
Essere responsabili e critici in una fase sociale e politica dove è facile distruggere tutto per cercare
di cambiare distruggendo! Dallo scoutismo potrebbe arrivare un segnale di concretezza, una
capacità di attuare il cambiamento attraverso un'assunzione di responsabilità.
Devo dire che nella mia esperienza politica ho incontrato tante persone e gli scout si riconoscono
subito, in qualche maniera hanno questa capacità di concretezza che - in questo momento
particolare nel quale tutti cercano di scaricare gli errori del passato e di non assumersi la
responsabilità - è importante e fa la differenza.
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Se i municipi fanno una lettura del territorio così come facciamo noi nei nostri progetti? Ci
sono dei luoghi organici dove un'associazione come la nostra o un gruppo o una zona possono
contribuire a fare una lettura globale del territorio, un esempio é la consulta dell'handicap, luogo
dove si incontrano tutte le varie associazioni che lavorano in quest’ambito.
A Roma sono proprio i Municipi i luoghi dove prendere rapporto con le istituzioni e dove si può
essere ascoltati. L’area della cultura, della scuola e del sociale sono aree in cui i municipi sono
sicuramente favorevoli alla collaborazione. La prima cosa da fare è quella di farsi conoscere: c'è
una confusione tale per cui è complicato partecipare a una riunione del municipio, però vale il fatto
di bussare alla porta e presentarsi, di dire “anche noi ci siamo”, presentando le specifiche
dell'associazione, ad es. i rapporti con la scuola, la cultura, l'ambiente e il sociale
sicuramente i
lavori pubblici non sono competenza specifica dell'associazione, anche se potrebbe diventare un
lavoro per la branca RS in un'attività di mappatura del territorio.
Credo che sia molto importante la presenza nei luoghi dove si prendono le decisioni. Purtroppo i
tempi che hanno le istituzioni per decidere, per ratificare, per accogliere sono diversi da quelli dei
volontari e degli Incaricati al Territorio: bisogna trovare qualcuno che si possa accreditare presso il
Municipio, per un radicamento progressivo dei rapporti.
“Le scuole e lo scautismo locale”
Velia Ceccarelli, Dirigente scolastico, IC “Salvo D’Acquisto”, Cerveteri (Roma)
La scuola è, o dovrebbe essere, l'interlocutore privilegiato dei gruppi sul territorio.
Già, a livello nazionale, esistono protocolli d'intesa tra AGESCI e MIUR che denotano un'attenzione
particolare all'associazione considerandola un'alleata dei processi educativi.
Quello che ci interessa di più è restringere il campo e vedere come l'istituzione scolastica e il
gruppo possono stabilire dei collegamenti e delle interiezioni per il rispettivo “sviluppo” e come il
gruppo o la zona possano costruire una rete no solo educativa ma anche “istituzionale” che aiuti a
potenziare e migliorare l’intervento educativo e che dia opportunità di presenza e visibilità sul
territorio.
Possiamo fare delle considerazioni generali su ambiti di collaborazione già previsti a livello
normativo:
•
Il Piano dell'Offerta Formativa (POF) delle Istituzioni scolastiche e Il progetto educativo
hanno la stessa struttura e le stesse finalità e la scuola(ex lege art 3 del DPR 275/99) e il gruppo
dovrebbero scambiarsi le informazioni sui ragazzi che sono inevitabilmente gli stessi;
•
Il lavoro sui ragazzi disabili prevede in sede di GLHO (gruppo di lavoro operativo
sull'handicap) la presenza di TUTTE le figure (compresi i capi) che lavorano con i ragazzi.
Inoltre, dal punto di vista operativo, il gruppo può interpellare la scuola (formalmente sempre per
iscritto al Dirigente Scolastico) per vari interventi:
•
Progetti gratuiti per la formazione dei docenti con una ricaduta sugli alunni (lezioni,
approfondimenti, uscite con o senza ragazzi ecc..) al fine di far conoscere bene le finalità e la
modalità dello scoutismo
•
Presenza nei locali scolastici (sia attività promozionali che utilizzo locali)
•
Offerta di servizi con il clan (servizi di pre e post scuola)
•
Collaborazione per eventi (Presepe, giornate ecologiche, maratonina...)
La scuola e l'AGESCI hanno le stesse finalità e hanno gli stessi utenti con la differenza che la
scuola accoglie TUTTI pertanto il gruppo, se ha interesse a svilupparsi e reclutare i bambini che
hanno più bisogno, non può prescindere dalla collaborazione con la maggiore istituzione per
bambini e ragazzi sul territorio.
“Le forme di aggregazione giovanili sul territorio”
AGESCI LAZIO Settore Sviluppo
Annarita Sacco, sociologa, operatrice in un centro per ragazzi nella zona di Tor
Pignattara, Roma
CHI SONO I GIOVANI
Chi sono i giovani oggi? Partiamo da una definizione di giovinezza: “... Il periodo della vita di un
uomo in cui la società nella quale egli vive non lo considera più un bambino, senza peraltro
riconoscergli pienamente lo status, i ruoli e le funzioni dell'adulto. Rispetto al comportamento, la
giovinezza è definita attraverso i ruoli che il giovane deve e può svolgere nella società in base al
suo status, quelli che gli si impone e gli si impedisce di svolgere. Non è definita da un particolare
momento, ad esempio la pubertà fisica, ma per forme, contenuto, durata e periodo del ciclo di vita
in cui occorre è delimitata in modo diverso dalle varie culture e società” (Mitterauer 1991).
Il giovane è colui che non è più bambino, ma nello stesso tempo non è ancora entrato in pieno nel
ruolo dell'adulto. È una fase di ridefinizione della propria “identità”. In questa fase si stringono
relazioni più forti con il gruppo dei pari. Man mano che il processo di socializzazione procede, il
giovane impara ad assumere i ruoli idonei alla propria età e a comprendere i ruoli adulti che in
seguito dovrà assumere. Il ruolo della socializzazione in questo periodo è quindi quello di
permettere all'individuo di inserirsi, una volta superate le paure della pubertà, nella società (Andreoli
1995).
Oggi questa fase della vita si è molto allungata: dai 12 ai 30-35 anni. Nel nostro caso, dunque,
stiamo parlando di persone che vivono la vita di reparto, di branca r/s ma anche di comunità capi.
Scrive Zygmunt Bauman in “Il disagio della postmodernità”: “I modelli postmoderni ci impongono di
astenerci dal contrarre impegni a lungo termine: occorre rifiutare qualsiasi legame con idee, luoghi e
persone
Tenere aperte tutte le porte, non attaccarsi a nessun luogo, trattare ogni luogo come un
soggiorno temporaneo, non dipendere dall'esercizio di una sola professione, non giurare eterna
fedeltà a nessuno e nessuna causa
Non si tratta quindi di scoprire in sé una vocazione data una
volta per tutte, né di costruire con pazienza, mattone per mattone, il proprio essere; si tratta invece
di non-lasciarsi-definire, in modo che ogni identità adottata sia una veste e non una pelle, e che non
aderisca troppo strettamente alla persona”
Sempre Bauman in “L'arte della vita” aggiunge: “Viviamo uno stato di autentica rivoluzione
permanente, stimolata dalla modernizzazione ossessiva e compulsiva di ogni aspetto della vita
umana
il ritmo del cambiamento tende a essere troppo rapido. L'esperienza non riesce a
cristalizzarsi, sedimentare e consolidarsi in atteggiamenti e schemi di comportamento, valori e
visioni del mondo”.
QUALI SONO LE FORME E I LUOGHI DI AGGREGAZIONE
Cosa spinge i giovani a partecipare ad un gruppo?
La condivisione di ideali e atteggiamenti, modi di apparire e il linguaggio utilizzato.
Prima degli anni Cinquanta non si parlava di aggregazioni giovanili, l'età adulta subentrava presto
con il matrimonio. La famiglia era il legame più forte, attraverso di essa, verticalmente, avveniva il
processo educativo, in un contesto fortemente tradizionale.
Successivamente il boom economico ha fatto convogliare pian piano l'attenzione verso i giovani,
come destinatari principali dei messaggi consumistici.
Negli anni Sessanta nasce il mito del “giovane ribelle”. Simbolo di questa generazione sono i jeans,
giovanili e che eliminano le differenze delle classi sociali. Altro elemento è la minigonna, anch'essa
come distinzione tra giovani e adulti. Arrivano pure il juke box e la musica. Sono anni di
cambiamento a livello globale. Questa viene etichettata come beat generation.
La forte contestazione del Sessantotto rispecchiava una realtà giovanile critica e delusa nei
confronti della politica degli adulti (l’uscita disastrosa dalla guerra, la politica bellica e la guerra
fredda) e un desiderio di cambiare le cose su una cultura collettivista dalle dimensioni politicamente
schierate a sinistra nonché anche una realtà giovanile autonoma nei consumi.
Negli anni Settanta, invece, oltre a un'accentuata rivendicazione di un diritto a soddisfare i bisogni
del superfluo, la realtà giovanile si caratterizza, pur rimanendo la dimensione politica il collante della
trama relazionale, per un forte ideale di differenziazione.
E arriviamo agli anni Ottanta, quelli della caduta del muro di Berlino e delle grandi ideologie. La
realtà giovanile si ritrova in una condizione sociale di emancipazione e autonomia mentre viene a
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ricrearsi una trama intergenerazionale. L’aumento della classe media e il prolungarsi della
permanenza all’interno della famiglia per via degli studi e del lavoro, sono le condizioni del nascere
dei legami verso la generazione adulta facendo assumere un aspetto piuttosto funzionale di
quest’ultimi nel senso di sicurezza, anche economica. Le relazioni si sviluppano su una cultura
narcisistica che si impone prepotentemente come individualista e carrieristica. La moda, la cura del
proprio corpo, un’intensa vita sociale divengono una modalità con cui il giovane “yuppie”, può dare
l’immagine di persona che vive secondo i suoi desideri, professionalmente affermata.
Negli anni Novanta, nonostante la forte transizione politica (Berlino, tangentopoli, la fine dei
tradizionali partiti politici...) i giovani come rileva il sociologo Ilvo Diamanti restano una “generazione
invisibile”. Lo sviluppo tecnologico che velocizza le comunicazioni apre invece ad una cultura fatta
di percezioni e fruizioni. Le relazioni si rendono meno interpersonali, spesso con la mediazione del
proprio computer. I modelli televisivi propongono un microcosmo di individui governato da logiche
(cooperative e conflittuali) di sopravvivenza personale a una relazionalità priva di regole.
In famiglia il giovane trova la sicurezza, mentre nei confronti 'dell'esterno' prevale la sfiducia e il
sospetto: il 'prossimo' non è generalmente visto come una risorsa, ma come una potenziale
minaccia'.
A proposito degli anni 2000 Bauman afferma in “Intervista sull'identità”: “Oggi i luoghi cui era
tradizionalmente affidato il sentimento di appartenenza (lavoro, famiglia, vicinato) o non sono
disponibili o sono poco affidabili, cioè incapaci di placare la sete di socialità o calmare la paura della
solitudine. Da qui nasce la crescente domanda delle cosiddette 'società guardaroba', quelle che
apparentemente prendono corpo quando si appendono nel guardaroba i problemi individuali.
L'occasione spesso sono eventi 'scioccanti', superpubblicizzati (partite, crimini, matrimoni, divorzi,
sventure di celebrità ): le comunità guardaroba vengono messe insieme alla bell'è meglio per la
durata dello spettacolo e subito smantellate quando gli spettatori vanno a “riprendersi i cappotti al
guardaroba”. Il loro vantaggio (rispetto alla roba autentica) sono il breve arco di tempo e la
trascurabile quantità di impegno necessario per unirsi ad esse”.
“Sequele episodiche di mini interazioni sostituiscono sempre più le prolungate conversazioni e
relazioni familiari. Esposti ai contatti 'resi facili' dalla tecnologia, perdiamo la capacità di entrare in
interazione con persone reali
evitiamo i faccia a faccia, le complesse e difficili interazioni con
persone reali. I succedanei consumistici permettono libertà dalle fatiche e la possibilità di una facile
e frequente sostituzione della merce. I beni di consumo incarnano il punto estremo di nondefinitività e revocabilità delle scelte e
fanno sembrare che il controllo sia nelle nostre mani”.
Si può considerare anche un altro punto di vista e cioè che oggi i giovani possono sembrare
disinteressati alla politica e all'impegno in generale, ma al contrario divengono sempre più
competenti e si mobilitano effettuando per lo più azioni politiche non convenzionali, di movimento,
all'interno di piccoli gruppi. Può essere interessante proporre azioni di quartiere come i guerrilla
gardening (cura di un'area verde abbandonata).
I giovani non fanno parte di una sola aggregazione, ma appartengono a più gruppi e a volte lo fanno
senza riconoscersi pienamente in ognuno di essi.
INTERNET
Oltre alla famiglia d'origine, quella dei pari, oggi esiste una terza famiglia, quella virtuale, un
contenitore psichico, di affetti, di cultura, di relazioni, di costume.
CONDIZIONE DELLE AGGREGAZIONI GIOVANILI NELLA CHIESA CATTOLICA
Fotografia attuale della chiesa: ovunque assistiamo a un processo di opacizzazione della chiesa; la
chiesa non convince più sulla possibilità che può offrire a far diventare un uomo “più uomo”, la
religione cristiana non viene letta come portatrice di felicità. Il teologo Armando Matteo sostiene che
i giovani (considera i nati anni Ottanta e Novanta) non hanno più antenne per Dio, per la fede e per
la chiesa. Ciò si vede, ad esempio, da: non conoscenza della cultura biblica, non partecipazione
alla messa domenicale, scarsa partecipazione alla vita post-cresimale.
Un tempo il primo imprinting alla religione era dato dalla famiglia, a seguire dalla scuola. Il cammino
ai sacramenti era conferma di quanto avevano già appreso i ragazzi e ragazze. Le scoperte
scientifiche, psicologiche e sociali hanno rivoluzionato il nostro rapporto con noi stessi e con la fede.
Gli oratori, dove resistono, sono pieni di bambini ma vuoti di giovani, ciò fa passare il concetto che
non è più un luogo per quella fascia d'età.
Quindi i giovani si trovano disinteressati alla fede per:
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- mancata evangelizzazione da parte della famiglia
- di conseguenza la chiesa non predispone un cammino di iniziazione alla fede
- l'immagine diffusa della chiesa (potenza di tipo politico, economicamente interessata)
- cultura europea attuale: c'è un generale calo di attaccamento al cristianesimo
Quali sono le aggregazioni giovanili:
formali
scout, associazionismo, oratori, acr, centri di aggregazione giovanile,
attività sportive pre e agonistiche, attività musicali e culturali continuative,
gruppi politici, centro turistico giovanile, comunità giovanile ...
informali
comitiva (anche con aspetti di devianza come Emo, punkabbestia), gruppi
gioco di ruolo, cosplay, flashmob ...
(Su questo, all'interno dell'incontro di sabato 18 gennaio della Pattuglia regionale sviluppo AGESCI
Lazio, è emerso come quelle aggregazioni più strutturate e con una maggior richiesta di definizione
personale e impegno a lungo termine siano in calo, mentre aumentano le aggregazioni spot o
informali. Infine, un ultimo aspetto che meriterebbe attenzione su questi temi sono i luoghi di
aggregazione: bar, discoteche, centri sociali, chiese, sedi, strade e piazze ma anche centri
commerciali).
“Urbanizzazione e scautismo”
Teresa Sorrentino, urbanista, Roma
Cosa sta accadendo al nostro territorio? L’invito è quello di provare ad introdurre una prospettiva
differente. Non tanto con l’obiettivo di uscire con una geografia più suggestiva ma con una
‘geografia critica’, uno sguardo che possa in qualche modo tornarci utile.
Nel poco tempo che abbiamo proveremo a leggere i tratti principali di alcune trasformazioni che
hanno a che fare con il rapporto tra le FORME del territorio e i MODI DI ABITARLO delle comunità,
delle società insediate. Non esiste tra questi due ‘domini’ una relazione diretto del tipo ‘se allora’,
un nesso causa-effetto, ma
qualche ‘meccanismo’ tende a
legare questi due mondi tra loro.
SOCIETÀ e TERRITORI si
dicono alcune cose, danno forma,
stando insieme al loro rapporto e
questo RAPPORTO appare oggi
diverso per alcuni versi, NUOVO.
Ci interessa quello che sta
accadendo al nostro territorio?
Cercheremo di dare evidenza ad
alcuni modi di abitare e di
spostarsi emergenti allo scopo di
capire :
SE queste novità toccano
il nostro modo di
‘organizzare’ il progetto
dell’AGESCI nel Lazio
SE é opportuno ripensare
a certi modelli fino ad ora adottati
SE alcune ‘sofferenze’ o criticità dell’azione scout sul territorio possono spiegarsi alla luce
delle cose che cominceremo a discutere oggi e della NUOVA MAPPA che ci apprestiamo a
disegnare
Il Lazio presenta un’elevata variabilità paesaggistica in ragione tanto della complessità dei fenomeni
geologici che hanno interessato il suo territorio, quanto dell’azione sull’ambiente naturale delle
attività umane nel corso dei secoli.
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È possibile riconoscere due aree trasversali:
• l’Alto Lazio con le regioni naturali della Tuscia, della Sabina, dell’Alto Reatino e del Cicolano
• e il Basso Lazio che comprende l’Agro Pontino e la Ciociaria, separati tra loro dalla catena dei
monti Lepini, Ausoni e Aurunci.
A cerniera tra queste due realtà si pone una terza “fascia trasversale”, costituita dalla Campagna
Romana e dalla Valle dell’Aniene. La porzione nordoccidentale della Regione si presenta
essenzialmente collinare: è il regno dei distretti vulcanici dei monti Vulsini, Cimini, Vicani, Sabatini e
Tolfetani. Attraversato il Tevere, a sud, troviamo il complesso vulcanico dei Colli Albani.
Nessuno dei sistemi collinari raggiunge i 1000 m di quota, ad eccezione del Monte Cimino, mentre
sovente le caldere dei vulcani sono occupate da bacini lacustri. Per la restante parte, il Lazio è
essenzialmente montuoso.
Nel settore centro-orientale le catene montuose presentano direzione quasi meridiana: è il caso dei
Monti Lucretili, Sabini e Reatini, mentre i Monti della Laga hanno un orientamento nord-ovest/sudest. Anche le catene del Lazio meridionale sono orientate in direzione nord-ovest/sud-est: si tratta
delle catene dei monti Lepini-Ausoni-Aurunci, Simbruini-Ernici e dei Monti Marsicani.
Le pianure nel Lazio sono limitate e concentrate lungo la fascia costiera: la maremma laziale, la
pianura romana, l’agro pontino e anche la valle del Tevere, all’interno. Altre zone pianeggianti sono
localizzate nell’entroterra, come le conche intramontane del reatino e delle valli fluviali secondarie.
SETTE SPUNTI:
1) Così lontano così vicino
Siamo nella Regione al perfetto centro dell’Italia, in contatto con l’Europa attraverso le linee
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ferroviarie e specialmente quelle aeree low-cost, dai due aeroporti della Capitale. Le nostre ragazze
e i nostri ragazzi, ma anche le famiglie, escono con sempre maggior frequenza dal Paese Italia
istituendo forme di scambio non più eccezionali (ERASMUS ).
Oggi il tempo lavora in modo potente sullo spazio, informandolo e deformandolo: la mappa
geografica era anche la mappa delle possibilità d’uso associate al tempo, la misura fisica e
geometrica era anche misura del tempo, mentre oggi le isocrone deformano il territorio e il tema
della raggiungibilità diventa decisivo per ‘localizzare’ un progetto sul territorio.
2) Sì viaggiare
Non sono solo le merci o le informazioni a “viaggiare” di più ma anche e specialmente le persone.
La maggiore mobilità è vissuta e praticata da coloro che abitano le grandi città o i capoluoghi.
Specialmente al termine delle scuole medie sono ragazze e ragazzi dei piccoli comuni e delle
frazioni ad imparare a muoversi sul territorio. La vicinanza e la prossimità non costituiscono più
condizioni necessarie, si esercitano ed arrangiarsi, ad utilizzare mezzi di trasporto pubblici e provati,
ad organizzare il tempo del trasporto, ad organizzarsi in modo autonomo.
3) Infrastrutture “socievoli”
Le infrastrutture, a volte più delle piazze, diventano ‘spazi’ della socialità, potenziali attrattori. Sono
ambiti periferici e tangenziali rispetto ai centri abitati, sono lineari e non areali, sono spazi veloci,
fatti per il trasferimento e il movimento e non per la sosta, sono prevalentemente legati alla
produzione e al consumo.
4) Nuove centralità
Ci sono composizioni, legature, connessioni che, oltre il confine amministrativo, tengono insieme
comuni o parti di essi FACENDO DIVENTARE CENTRALE QUANTO PRIMA ERA CONSIDERATO
PERIFERICO, smontando gli ingredienti costitutivi dell’identità locale: la piazza, il municipio, la
chiesa e la canonica. Sono in particolare le popolazioni giovani, le popolazioni straniere e le nuove
famiglie a raccontarcelo
5) Come si misura il consumo di suolo?
Registriamo un incremento esponenziale del consumo di suolo, che non corrisponde alla crescita
della popolazione
inserire dati del Lazio
e che vuol dire tra l’altro EDIFICAZIONE DI NUOVI
QUARTIERI preferita al RECUPERO DELL’EDILIZIA ESISTENTE, il che vuol dire svuotamento dei
quartieri storici.
6) Piccolo è bello
Un altro fenomeno da evidenziare riguarda la crescita dei centri “di corona” delle grandi città, che
offrono abitazioni a prezzi più accessibili, ma divengono sovente quartieri-dormitorio “satelliti” dei
centri capoluogo.
7) Babele contemporanea
L'evoluzione della popolazione laziale è stata caratterizzata da un incremento percentuale
complessivo del 3,7% [Italia: 3,2%; regioni meridionali e insulari: 0,75%; Nord: 4,9% ].
La crescita demografica della regione è strettamente legata al suo ruolo di ATTRAZIONE DI
IMMIGRATI, siano essi provenienti da altre regioni che, in misura sempre più importante, da altri
paesi. Il MAGGIOR POLO della regione è naturalmente il CAPOLUOGO ROMA E LA SUA
PROVINCIA (il comune di Roma assorbe più dell'80% dei residenti stranieri della regione).
Inoltre processo di ESPANSIONE DELL'AREA METROPOLITANA si riverbera sulla crescita delle
province contermini, alimentato dal flusso dei residenti in uscita dalla capitale.
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Bibliografia e sitografia
AAVV, 2000, Il paesaggio italiano. Idee contributi immagini, Milano, Touring Editore, pp. 279
AGESCI LAZIO, 2013, Linee Guida - La cultura dello sviluppo
AGESCI Lombardia, 2009, Linee Guida – Vademecum Sviluppo
AGESCI Progetto Nazionale 2012-2016 – Sentinelle di positività
AGESCI, 2006, Documento per il Consiglio Generale 2006 della Commissione Sviluppo
ARMANDO, M., 2010, La prima generazione incredula, Rubbettino
BAUMAN, Z., 2007, Il disagio della postmodernità, Bruno Mondadori
BAUMAN, Z., 2003, Intervista sull'identità, Laterza
BAUMAN, Z., 2009, L'arte della vita, Laterza
BUZZI, C., CAVALLI, A., DE LILLO, A. , anno ?, Giovani verso il Duemila, Il Mulino
CASTRONOVO, GORGOLINI, Un mondo di giovani. Culture e consumi dopo il 1950, in
SORCINELLI, P. (a cura di), 2004, Identikit del novecento, Donzelli Editore
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GOZZINI, G., 2011, La mutazione individualista. Gli italiani e la televisione1954-2011, Laterza
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http://stopmgf.altervista.org/il_rischio_nel_lazio.html (dati sull’immigrazione)
http://www.consumosuolo.org/Images/Pubblicazioni/Locandina%20A3.pdf
[Digitare il testo]
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Atti incontro 18 gennaio 2014
Questi atti sono stati curati dalla Pattuglia Regionale AGESCI Lazio Settore Sviluppo:
Dino Nencetti (Incaricato Regionale)
Alessandra Marani (Zona Pleiadi)
Claudio Murro (Zona La Fenice)
Germano Di Francesco (Zona Etruria)
Gian Mario Nucci (Zona Castelli)
Giorgio Maltempi (Zona Centro Urbis)
Mario Ruda (Zona Ostiense)
Questo documento nasce dal contributo di tutti, quindi ringraziamo:
i partecipanti
Alberto Del Zoppo (Pattuglia Sviluppo Zona Castelli)
Alessandra Marani (IABZ L/C Zona Pleiadi)
Alessandro Tozzi (Pattuglia Sviluppo Zona Auriga)
Amedeo De Rossi (Incaricato allo Sviluppo Zona SVA)
Claudio Murro (Incaricato a Sviluppo e Consolidamento Zona La Fenice)
Dino Nencetti (Incaricato Regionale Settore Sviluppo)
Enrico Costantino (Incaricato al Territorio Zona Pleiadi)
Enrico Costanzi Fantini (Incaricato allo Sviluppo Zona Cassiopea)
Federica Mezza (Pattuglia Sviluppo Zona La Fenice)
Francesca Votto (Incaricato al Territorio Zona Ostiense)
Germano Di Francesco (Incaricato allo Sviluppo Zona Etruria)
Gian Mario Nucci (Incaricato allo Sviluppo Zona Castelli)
Giorgio Maltempi (Incaricato alla Comunicazione Zona Centro Urbis)
Maria Livia Brauzzi (Incaricata allo Sviluppo Zona Pleiadi)
Rocco Lopalco (Pattuglia Sviluppo Zona La Fenice)
i relatori
Annarita Sacco (Sociologa, Roma)
Giuseppe Lobefaro (Ex Presidente I Municipio, Roma)
Teresa Sorrentino (Urbanista, Roma)
Velia Ceccarelli (Dirigente Scolastico, Cerveteri (Roma)
e Alberto Birindelli per la copertina.