P LE DONNE TRA LAVORO E FAMIGLIA

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P LE DONNE TRA LAVORO E FAMIGLIA
ChiDOPPIADIFESA
MICHELLE HUNZIKER
GIULIA BONGIORNO
P
er me la cosa più preziosa è il tempo. Corro
sempre e voglio correre sempre di più. Ma
ora ho 34 anni e il mio
compagno mi chiede di
rallentare per creare una famiglia. Io ho delle riserve,
perché temo che questo significhi dover rinunciare alla
carriera.
È innegabile che, sempre
e comunque, una parte del
tempo delle donne è destinata alle incombenze familiari
e alla fine quello che rimane
per il lavoro non è abbastanza. Quindi, di fatto, per me
creare una famiglia significa
rinunciare ad altro. Per lui
no. Chi risarcisce noi donne
di questo sacrificio? Secondo voi quanto tempo lavora
una donna per mandare avanti la famiglia?
Marina
Il tempo è donna: così è
intitolata una recente ricerca
dell’Istituto Ispo, che, nel
confronto tra il tempo del lavoro femminile nel suo complesso (tra ufficio e casa) e
quello del lavoro maschile, ha
dimostrato che le donne lavorano più degli uomini. Ecco
qualche dato: tre anni e tre
mesi più degli uomini su circa quarant’anni di esistenza
impiegatizia, che corrispondono a un mese all’anno (o a
UNA FINESTRA SULLA
REALTÀ DI QUANTI
OGNI GIORNO
SUBISCONO VIOLENZE
E SOPRAFFAZIONI.
UN DIALOGO APERTO
CON I LETTORI DI “CHI”
LA LETTERA
LE DONNE
TRA LAVORO
E FAMIGLIA
un’ora e sette minuti al giorno) di lavoro in più. Di tutto
questo tempo lavorativo, soltanto poco più della metà viene retribuito, mentre il resto –
quello dedicato al lavoro domestico – non lo è. Questi dati, dunque, dimostrano che
davvero alle donne il tempo
non basta mai.
«Bisogna trovare il modo
di conciliare», si dice, ma non
è così semplice e non sempre
il modo c’è. Oltretutto, sembra troppo spesso scontato
che, per “conciliare”, le donne affrontino mille sacrifici. E
così vengono discriminate
due volte: la prima, perché
sono costrette a organizzare e
gestire da sole la vita domestica, alla quale troppo spesso
gli uomini si sottraggono; la
seconda, perché si vedono negato anche soltanto il riconoscimento degli enormi sforzi
che compiono quotidianamente. Per qualche motivo, si
tende infatti a trascurare che
la scelta di una donna di
crearsi una famiglia e, al tempo stesso, di realizzarsi professionalmente significa, di
fatto, avere due occupazioni
estremamente impegnative e,
di conseguenza, rinunciare al
tempo libero da dedicare a se
stessa. Ma non solo. Il tempo
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a disposizione non è comunque quasi mai sufficiente per
far fronte a tutto e le donne si
ritrovano in una condizione di
“ritardo” cronico sui loro impegni: le ore notturne, allora,
invece di essere dedicate all’indispensabile riposo, vengono trasformate in una specie di “tempo supplementare”
destinato al recupero, con tutte le conseguenze dannose
che questo può avere sulla salute psicofisica. Non bisogna
tuttavia dimenticare che questa situazione è dovuta, almeno in parte, anche a una sorta
di rassegnazione da parte di
molte donne, che ritengono
naturale – e dunque subiscono – il doppio lavoro.
Il primo problema da risolvere è proprio questo: se le
donne non sono consapevoli
di sé e dei propri diritti, difficilmente potranno aspettarsi
questa consapevolezza da
parte degli altri. L’imperativo
per il prossimo futuro non
può dunque che essere uno:
prendere realmente atto del
cambiamento intervenuto nella nostra società, il che significa riequilibrare e ripensare i
ruoli all’interno della coppia
(con relativa redistribuzione
dei compiti e degli incarichi)
e, su un piano più ampio (istituzioni, aziende eccetera), tutelare maggiormente le esigenze delle donne.
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