Leggi i primi capitoli

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IL ROM ANZO
M ilano , 1982. M arta ha p o co p iù d i vent’anni q uand o arriva in città d ecis a a
las ciars i alle s p alle un p as s ato d i cui no n intend e far p aro la co n nes s uno . Nel
g iro d i q ualche s ettimana, la rag azza d all’as p etto s elvatico s ces a d al treno
ced e il p as s o a una d o nna nuo va, s icura d i s é, che s i muo ve neg li ambienti
d ella città bene, d ivid end o s i tra la mo nd anità, l’amo re d i Luca e il
vo lo ntariato .
Palermo , 1941. In un co ntinente s co nvo lto d alla g uerra, il famo s o archeo lo g o
Anto nio Pard i, s o ttrae ag li uo mini d i H itler un p rezio s o rep erto millenario
che nas co nd e arcani s eg reti ed è la chiave p er o ttenere il d o minio d el mo nd o .
M ilano , 2006. C o s tanza Pard i viene as s as s inata nel s uo ap p artamento . Il
co rp o s traziato d alle co ltellate viene ritro vato l’ind o mani in una cas a mes s a
co mp letamente a s o q q uad ro . Il d elitto ap p are inco mp rens ibile. La d o nna
no n aveva nemici e, s ebbene d i no bili o rig ini, viveva o rmai in ris trettezze
eco no miche. So ltanto a s eg uito d i q ues to trag ico evento , M arta s i rend e
co nto che C o s tanza le ha las ciato una s erie d i ind izi p er arrivare alla verità e s i
butta a cap o fitto in una ricerca che mette a ris chio la s ua vita e la co s tring e a
fare i co nti co l s uo d o lo ro s o p as s ato .
L’AUTRICE
Annalis a C anes trelli è nata a Ro ma e vive a M ilano co n il marito , d ue fig li e
d ue g atti. Laureata in C o ns ervazio ne d ei Beni C ulturali, ha s emp re co ltivato
la p as s io ne p er l’Arte e la Sto ria. Il codice dell’imperatore è il s uo p rimo ro manzo .
A nnalisa Canestrelli
Il codice
dell’imperatore
© 2015 De Ag o s tini Libri S.p .A.
Red azio ne: C o rs o d ella Vitto ria 91, 28100 – No vara
Pubblicato s u licenza d i Libro mania S.r.l.
ISBN 978-88-98562-26-8
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w w w .libro mania.net
Ed izio ne d ig itale ap rile 2015
Ques to ro manzo è un’o p era d i fantas ia. No mi, p ers o nag g i, luo g hi e
avvenimenti s o no frutto d ell’immag inazio ne d ell’auto re o us ati in mo d o
fittizio . Og ni s o mig lianza a luo g hi o eventi reali o a p ers o ne realmente
es is tenti o es is tite è no n vo luta e p uramente cas uale.
Tutti i d iritti s o no ris ervati. Nes s una p arte d i q ues to vo lume p uò es s ere
rip ro d o tta, memo rizzata o tras mes s a in alcuna fo rma o co n alcun mezzo
elettro nico , meccanico , in fo to co p ia, in d is co o in altro mo d o , co mp res i
cinema, rad io , televis io ne, s enza auto rizzazio ne s critta d ell’Ed ito re.
Le rip ro d uzio ni effettuate p er finalità d i carattere p ro fes s io nale, eco no mico o
co mmerciale o co munq ue p er us o d ivers o d a q uello p ers o nale p o s s o no
es s ere effettuate a s eg uito d i s p ecifica auto rizzazio ne rilas ciata d a C LEARed i,
C o rs o d i Po rta Ro mana n. 108, M ilano 20122, e-mail info @ cleared i.o rg e s ito
w eb w w w .cleared i.o rg
A Martina e Michele.
“No n s erve s trap p are le p ag ine d ella vita:
bas ta vo ltar p ag ina e rico minciare.”
Jim M o rris o n
Il codice dell’im peratore
PROLOG O
Milano, venerdì 29 settembre 2006
Il vento s mo s s e le tend e bianche nel s o g g io rno d ell’ap p artamento d i p iazza
Ris o rg imento . Stes a s ul d ivano , M arta tirò s u il p laid fino al mento . No n
aveva vo g lia d i alzars i: p er g uard are il marito s ed uto in p o ltro na d i fianco a
lei, inclinò la tes ta allung and o il co llo . Lo s chienale o s truiva la vis ta, ma il
braccio p enzo lo ni e la p o s a mo lle d ei p ied i leg g ermente ruo tati d entro le
p anto fo le d i p elle lis cia e un p o ’ s biad ita p arlavano d a s o li. Erano q uas i le
d ieci e il teleco mand o era d iventato cald o nella mano d i M arta nell’attes a che
Luca s i ad d o rmentas s e. C ambiò finalmente canale, s o s tituend o la p artita d el
M ilan co n un o mo ne ai fo rnelli che, in mag lietta a maniche co rte e s alo p ette
d i jeans , rimes tava amo revo lmente in una cas s eruo la.
A meno d i tre chilo metri, alle co lo nne d i San Lo renzo , fricchetto ni
g io vanis s imi ballavano s p into nand o s i s o tto un p alco d o ve, s ud ati frad ici,
cinq ue mus icis ti afro p icchiavano co n vig o re s ui larg hi bo ng hi. Le cas e
into rno alla p iazza fremevano co me vecchiette in fila s u una p anchina che,
arp io nate alle lo ro bo rs ette, s us s ultino s cand alizzate in attes a d ella fine d el
s up p lizio acus tico .
Quand o il g rid o vio lento attravers ò a rallentato re l’aria d ens a e ap p iccico s a
d i umanità, neanche una tes ta s i vo ltò vers o la fines tra d a cui era us cito . La
d o nna che lo aveva emes s o era s ed uta s ul d ivano a fio ri e fis s ava s tup ita la
lama che le s p o rg eva d al p etto . Rialzò lo s g uard o mentre una chiazza d i
s ang ue le s i allarg ava s ulla camicia co me un s o le all’alba. Quand o venne
co lp ita nuo vamente, no n fece nulla p er d ifend ers i e nemmeno urlò p iù:
cad d e a terra co n un to nfo s o rd o .
Lo ntano d a lì, nel s uo ap p artamento co n le p areti co lo r p anna e i mo bili in
no ce frances e, M arta s i p as s ò un lembo d el mo rbid o p laid d i cachemire s ulla
g uancia. So cchius e g li o cchi e ins p irò : il s o g g io rno era g rand e e le p o rte
fines tre erano s o cchius e, ma aleg g iava anco ra into rno l’aro ma zuccherino d el
d o lce che aveva s fo rnato p rima d i cena.
CA PIT OLO PRIMO
Marta aveva ventidue anni quando era arrivata a Milano nel 1982. Appena scesa dal treno, si era
trascinata la sua logora valigia di cuoio fino a un modestissimo albergo vicino alla stazione Centrale
dove aveva chiesto una stanza all’ultimo piano.
I primi otto giorni li aveva trascorsi in camera, passando il tempo a mangiare biscotti scadenti stesa
sul letto o osservando i tetti dalla finestra. Era abituata a fare un unico pasto verso le due del
pomeriggio, così a quell’ora scendeva per infilarsi in uno degli squallidi ristorantini sempre aperti del
quartiere. Sceglieva regolarmente un tavolo in un angolo da cui poteva osservare senza essere notata.
Ordinava un solo piatto, scelto a caso, giusto per nutrirsi. Mangiava a testa bassa e poi, senza scambiare
una parola con nessuno, pagava in contanti e risaliva velocemente in camera. Chiudeva la porta a
chiave, incastrando sempre una sedia sotto la maniglia. Vivere come se fosse braccata era diventata
un’abitudine, anche se sapeva che nessuno la stava più cercando.
Il nono giorno dal suo arrivo si era svegliata verso le otto, si era vestita e, dopo essersi pettinata i
capelli lunghissimi nella sua camera che puzzava di posacenere e indumenti smessi dimenticati
nell’armadio, aveva tirato fuori dalla tasca interna della valigia un sacchetto di tela chiuso da un
cordino di velluto: era pieno di soldi. Negli ultimi due anni vi aveva attinto con rancore, solo per
garantirsi la sopravvivenza. Erano mesi che si preparava a quel momento: come un mantra, si ripeteva
che si sarebbe data una sola possibilità. Solo una.
Quella mattina aveva preso quasi tutto, cacciandosi le banconote appallottolate nella tasca della
giacca.
Al piano terra dell’albergo, il marocchino con le occhiaie e i denti cariati che stava dietro al banco
della reception aveva fischiato in segno di apprezzamento. Marta non si era voltata, era andata dritta
alla fermata degli autobus ed era salita sul primo mezzo per piazza del Duomo.
A lungo era rimasta ferma a osservare la minuzia del ricamo della facciata in marmo annerito dallo
smog. La piazza era piena di gente. Stranieri, soprattutto. L’aria fredda di febbraio si mescolava con
l’odore dolciastro della cacca dei piccioni e quello acre dei diesel.
Essere libera era una sensazione terribile. Avrebbe preferito scomparire, ma la libertà l’obbligava a
darsi una chance.
Fingendo interesse per i negozi sotto i portici, si era incamminata piano fino alla lunga vetrina di
un parrucchiere, scintillante di specchi e dei gioielli delle clienti. Signore eleganti e griffate sedevano
a loro agio su poltroncine di design, le gambe accavallate e i capelli bagnati. Prima di decidersi a
entrare, Marta era rimasta a osservare il loro gesticolare di fronte allo specchio, mentre mani abili come
quelle di un giocoliere avvolgevano rapide ciocche decolorate attorno alle spazzole. Le era andata
incontro subito una ragazza con la frangia piastrata e la coda di cavallo, facendo frusciare il camice
bianco. A due passi da lei, però, si era fermata indecisa e con il mignolo aveva spostato appena la
cortina della frangia pesante. Il suo sguardo aveva indugiato sulle scarpe di Marta, scorticati mocassini
marrone con la punta quadrata e il tacco a rocchetto che facevano rumore a ogni passo. Tic e toc.
Marta si era fatta avanti inespressiva mentre le sue scarpe risuonavano sul pavimento troppo bianco
come a voler accrescere il suo imbarazzo. Tic e toc, due suoni diversissimi, senza dubbio. La ragazza
con il camice si era guardata intorno, in cerca di aiuto. Marta le si era fermata davanti e la gonna a
pieghe verde scura aveva smesso di ondeggiare sulle gambe magre coperte da una calzamaglia infeltrita,
mostrando l’orlo liso e slabbrato. Il maglione che indossava era bucato su ambedue i gomiti e la giacca
fuori moda da almeno cinquant’anni.
A disagio, la ragazza le aveva rivolto la formula di rito.
“Buongiorno, come possiamo esserle utili?”
Marta aveva indicato i suoi capelli scuri, disordinati e lunghi fino al sedere. “Li voglio tagliare.”
“Certo.”
Una sola possibilità.
Lo stylist dall’aspetto androgino con i pantaloni a sigaretta blu strettissimi e il maglione a collo alto
dello stesso colore l’aveva squadrata come una specie nuova e sconosciuta.
“I capelli. Li voglio tagliare. Qui” aveva ribadito lei, muovendo la mano verso il collo come se
volesse essere sgozzata.
Prima di pagare con le banconote stropicciate aveva lanciato un ultimo sguardo ai suoi capelli che
venivano spazzati via da sotto la poltrona. Una colata di coraggio le aveva scaldato lo stomaco: durante il
taglio si era guardata solo di sfuggita, ora puntava dritta alla sua immagine riflessa nello specchio,
proprio dietro la cassa.
Era uscita dal salone quasi correndo.
Non era ancora finita.
Alla Rinascente, due commesse strizzate nella divisa le erano andate subito incontro.
Dopo, quando lei era già uscita, ne avevano parlato a lungo senza venirne a capo. Era il caso di
avvisare la polizia, visto che quella ragazza vestita di stracci aveva acquistato una gran quantità di
vestiti, scarpe e trucchi, lasciando che scegliessero tutto loro? Sembrava non avesse mai comprato niente
in vita sua.
Marta si era ritrovata in strada carica di sacchetti. Si era messa dei pantaloni e una giacca colore
nero e aveva buttato i suoi vestiti nel primo bidone della spazzatura. Per tornare in albergo aveva preso
un taxi. Si era accorta che la gente la guardava.
Il marocchino dell’albergo l’aveva salutata senza riconoscerla, un po’ confuso, consegnandole le
chiavi. Facendo le scale due a due, era salita in camera e si era ritrovata davanti alla specchiera
sull’anta dell’armadio.
Dunque questa era lei. La pelle bianchissima, gli occhi grandi, i capelli lucidi e corvini. Era
diventata una donna senza saperlo.
Aveva buttato via tutti gli altri vecchi vestiti nella valigia e si era messa a riprovare quelli appena
acquistati. Ma, soprattutto, si era guardata tanto allo specchio.
Era il momento di fare qualcosa di ben più difficile che comprare un abito: doveva imparare a essere
come gli altri.
Il suo progetto non era neanche così ambizioso: vita, normalità, compagnia.
La borghesia di Marcel Proust e la televisione a tubo catodico nella hall erano stati i suoi maestri.
Una settimana più tardi, aveva aperto il giornale dell’albergo sulla pagina degli eventi. Da quella sera
avrebbe cominciato a frequentare tutti gli ambienti ricchi e colti della città.
Cinque mesi dopo il suo arrivo a Milano, all’inaugurazione di una mostra fotografica, aveva
conosciuto il suo futuro marito: Luca Atti.
***
Nel 1982 Luca aveva trentun anni. Proveniva da una famiglia milanese estremamente ricca ed era
un appassionato d’arte. Alla mostra, dove aveva conosciuto Marta, ci era capitato per caso. Era il
vernis s ag e di una giovane fotografa che faceva bei ritratti in bianco e nero. E Luca c’era andato
solo perché la partita di calcetto del giovedì era saltata.
Così lui e il suo amico più caro si aggiravano distratti per le sale come due ragazzini in gita
scolastica. A un tratto l’amico gli aveva tirato una gomitata: ragazza in vista. Luca si era voltato a
guardarla: indossava un vestitino nero e teneva le mani dietro la schiena. Un uomo le parlava
gesticolando troppo e sistemandosi di continuo gli occhiali sul naso. Era luglio, ma lì dentro si gelava.
Senza dire nulla, Luca era andato al bar e si era fatto versare il miglior champagne che avessero. Con le
due flûtes fra le mani si era diretto verso di lei.
“Ecco lo champagne!”
Il tipo con gli occhiali lo aveva guardato brutto e si era voltato verso Marta, sperando che lei lo
liquidasse immediatamente.
Invece Marta aveva sorriso, allungando la mano verso il bicchiere.
L’unica cosa che aveva pensato era che gli occhi di Luca avevano il colore del mare dove l’acqua è
bassa e si tocca.
***
Marta non aveva raccontato mai nulla sulla sua famiglia: aveva detto solo di essere orfana e di non
avere parenti. Luca aveva insistito perché facessero qualche ricerca: qualcuno, magari all’estero, doveva
pur esserci.
Poi non ne avevano più parlato.
Si erano sposati nel 1984.
Vita, normalità, compagnia. Ecco qua.
Dopo il matrimonio, Marta si era impegnata a organizzare la sua vita come un orologio il più preciso
possibile. Luca, la casa, la cura della persona. Si era guardata intorno, aveva studiato a fondo le signore
del ceto sociale di cui era entrata a far parte e aveva imparato che era necessario pretendere il massimo
da sé. Erano donne che non si concedevano sconti, quasi spietate con loro stesse. Era diventata ancora
più bella di prima.
Quando il marito, viste le loro possibilità, le aveva suggerito di dedicarsi al volontariato, aveva
accettato senza esitazioni. Con impegno e abnegazione, si era occupata di ogni incarico che l’Opera
San Francesco le aveva affidato. Aveva marciato come una perfetta soldatessa sulla strada asfaltatissima
dell’altruismo.
Nulla le costava fatica e tutto le appariva semplice: le esigenze che cambiavano, le piccole difficoltà
coniugali. Luca non sospettava neanche lontanamente di essere il cicatrizzante delle sue ferite,
l’unguento che ci si mette sopra per farle sparire e permettere alla pelle nuova di ricrescere. Così i segni
sprofondavano sempre più in basso, verso luoghi talmente reconditi da sentirsi quasi legittimata a
dimenticarli, come se niente fosse mai accaduto.
Con il passare degli anni, Marta aveva imparato a calibrare, ad assecondare, a trovare il ritmo giusto.
Le mogli degli amici la disprezzavano un po’. Luca in compenso disprezzava loro e compativa i suoi
amici che sopportavano quelle donne viziate e ingorde. Anche per lui era stato semplice adattarsi: era
cresciuto a forza, con una madre che non aveva mai nascosto il suo totale disinteresse per il marito e la
famiglia. Non aveva mai nascosto più di tanto neanche i suoi amanti. Da ragazzino avrebbe voluto
morire quando, in minigonna e tacchi alti, andava a prenderlo alla scuola di tennis sculettando davanti
al maestro con cui si appartava mentre lo spediva a farsi una doccia e a lavarsi “con comodo, senza
fretta”. I suoi compagni sghignazzavano e lui, sotto l’acqua, piangeva di rabbia e di dolore. Quando era
pronto, si sedeva su una panchina ad aspettare, immaginando.
Ora la madre era sola come un cane e gli rinfacciava continuamente di trascurarla. Ma Luca aveva
imparato da tempo a ignorarla. Adesso a casa c’era Marta ad aspettarlo.
***
M arta aveva co no s ciuto C o s tanza Pard i nel 2001.
La d o nna era entrata nella s ua vita co me un s as s o g ettato nel centro d i un
lag o lis cio e s enza incres p ature.
Quand o era s tata co nvo cata d all’Op era San Frances co p er o ccup ars i d i una
nuo va anziana s o la e co n q ualche p ro blema d i d eambulazio ne, M arta aveva
q uarantuno anni ed era s p o s ata d a d icias s ette.
La s ig no ra Pard i abitava d a s o la in un ap p artamento al p rimo p iano in via
Pio p p ette, p ro p rio d i fro nte alle co lo nne d i San Lo renzo . Il g io rno in cui
M arta aveva varcato la p o rta d i q uella cas a p er la p rima vo lta, l’aveva tro vata
in p ied i ad as p ettarla. Po rtava i cap elli g rig i racco lti in un p erfetto chig no n,
era mag ra e ai p ied i calzava d ei s and ali, vecchi ma eleg antis s imi, co n un’alta
zep p a d i leg no in s tile g iap p o nes e. No n ind o s s ava, co me le altre d o nne che
M arta aveva as s is tito , d eg li abiti d a cas a, ma p o rtava una g o nna nera co n
s o p ra una camicia ind iana s ui to ni d el ro s s o s curo .
M arta l’aveva o s s ervata in s ilenzio , avvertend o la netta s ens azio ne, co n il
s uo tailleur blu, la g o nna che le arrivava g ius to s o tto il g ino cchio e le
d eco lleté co n la s uo la ro s s a, d ell’evid enza d ella s ua mas cherata.
“Buo ng io rno , la ring razio d ella s ua d is p o nibilità, p erò è meg lio che s ap p ia
che la s ua p res enza q ua è un’id ea d el mio p arro co , no n mia. Ved e, io s o no
p erfettamente lucid a e p urtro p p o no n s o p p o rto chi p arla in co ntinuazio ne.”
La s ua vo ce era ris uo nata chiara, s enza ced imenti. Do p o d iché s i era g irata
p er to rnare a s ed ers i s ul s uo tro no ro s s o , la p o ltro na s o tto la fines tra.
“Sì, s ig no ra Pard i” s i era limitata a ris p o nd ere lei, co minciand o a d o nd o lars i
imp ercettibilmente avanti e ind ietro . Si era chies ta s e ce l’avrebbe fatta a
s up erare q uella d iffid enza. Era la p rima vo lta d o p o anni che no n s i s entiva
all’altezza d ella s ituazio ne. L’aveva g uard ata, co n le lung he g ambe accavallate
e g li o cchiali d i tartarug a s ulla p unta d el nas o . Il temp o avrebbe d o vuto fare
un’eccezio ne co n lei.
Il s ilenzio s i p ro lung ava nell’imbarazzo . Aveva s o s p irato p ro fo nd amente e
p o i s i era s chiarita la vo ce. La s ig no ra s i era vo ltata, q uas i s o rp res a d i tro varla
anco ra lì. M arta aveva s tretto i p ug ni p er cancellare la s ens azio ne d i d is ag io .
“Sarò q ua d o mani alle q uattro . Le s erve q ualco s a?”
“No , g razie.”
Aveva affo nd ato un p o ’ d i p iù le ung hie nella carne, s p erand o che il d o lo re
la rilas s as s e. Quella d o veva es s ere una p ro va, una s o rta d i es ame finale.
“Bene, a p res to , allo ra.”
***
No no s tante le s ue no bili o rig ini, C o s tanza Pard i viveva q uas i s o tto la s o g lia
d i p o vertà. La s ua era s tata una famig lia illus tre e mo lto in vis ta a M ilano , ma
tutta una s erie d i s fo rtunati eventi ne aveva d eterminato la ro vina. La cas a in
cui la d o nna viveva, p er q uanto aveva cap ito M arta, era fo rs e l’unico bene a
es s ers i s alvato . L’ap p artamento era p icco lo e s traco lmo d i libri. Alle p areti
una vecchia tap p ezzeria d amas cata d i un ro s s o o p aco e s biad ito , rico p erta d i
librerie e q uad ri o tto centes chi. Og ni rip iano d is p o nibile era o ccup ato d a
o g g etti d i vario tip o , ma no n c’erano fo to . Neanche una. Era s tato s ubito
evid ente che la d o nna no n amava p arlare d ella s ua famig lia e s u q ues to
arg o mento era mantenuto un co ntinuo ris erbo . M a p er M arta and ava bene:
d el res to lei faceva lo s tes s o .
I p rimi g io rni erano tras co rs i nel s ilenzio . Sp ro fo nd ata nella s ua vecchia
p o ltro na d i p elle bo rd ò , C o s tanza p as s ava il temp o as co ltand o il q uinto
canale rad io d ella Rai, q uello che tras mette s emp re mus ica clas s ica. C i era
vo luto q uas i un mes e p rima che co mincias s e a interes s ars i alla p res enza d i
M arta, che s i o ccup ava d is cretamente d ella cas a e d i farle la s p es a.
Po i un g io rno le aveva d o mand ato all’imp ro vvis o s e le and ava d i leg g erle
un libro .
“A s ua s celta” aveva p recis ato .
M arta aveva ris p o s to : “Sì, certo ” ma s enza g irars i, immo bilizzand o s i s o lo
p er un attimo e rip rend end o s ubito d o p o a s vuo tare i s acchetti d ella s p es a,
co me s e niente fo s s e s ucces s o . La mano le era tremata un p o co .
Quella s era aveva s co rs o a lung o i tito li d ei vo lumi nella libreria d el s uo
ap p artamento . I libri, nella s ua vita, erano fo rs e l’unica co s a che no n le era
mai mancata, anzi. Ne aveva tirati fuo ri p arecchi, rimettend o li o g ni vo lta al
lo ro p o s to . Po i i s uo i o cchi s i erano fermati s u un libro s o ttile co n la
co p ertina chiara. Aveva s celto l’inno cenza.
All’inco ntro s ucces s ivo , s i era mes s a s ed uta d avanti alla p o ltro na d i
C o s tanza e aveva ap erto il Candide d i Vo ltaire s ulla p rima p ag ina. Si erano
g uard ate un mo mento neg li o cchi, p o i M arta aveva ins p irato e abbas s ato la
tes ta s ul libro .
“Come Candido è allevato in un bel castello e come ne è cacciato via...”
Lo aveva letto tutto q uel p o merig g io s tes s o , s enza fermars i neanche
q uand o s i era res a co nto che Luca era g ià a cas a ad as p ettarla. All’ultima
p ag ina il s o le s tava tramo ntand o , ma nes s uno s i era p res o la brig a d i
accend ere la luce.
“‘Siete molto duro’ rispose Candido. ‘È perché ho vissuto’ disse Martino...” Aveva letto g li
ultimi p arag rafi e p o i aveva s o llevato lo s g uard o vers o la d o nna: la p o ltro na
era d i s p alle alla fines tra e g li ultimi rag g i ne illuminavano i co nto rni,
las ciand o il co rp o s ed uto in p eno mbra. Senza bis o g no d i ved erla bene in
faccia, M arta s entiva che C o s tanza s tava s o rrid end o .
C o s ì aveva s o s p irato , rad d rizzand o s i e p ieg and o la tes ta p rima d a una
p arte e p o i d all’altra, facend o s cro cchiare il co llo . Po i aveva g uard ato la
d o nna che co ntinuava a tacere e finalmente aveva vis to bene la s ua faccia:
l’es p res s io ne d i fid ucia mis ta a s p eranza co n cui la g uard ava era q uella che s i
ris erva al med ico che p ro mette che ti g uarirà d a un male incurabile.
M arta aveva s o rris o a s ua vo lta e p o i s i era chies ta s e no n s tes s e aizzand o i
s uo i rico rd i co me un bambino inco s ciente che ris veg lia un p itbull che d o rme.
Si era alzata in p ied i, ap p o g g iand o le mani s ulla p arte bas s a d ella s chiena e
inarcand o la p er q ualche s eco nd o .
“Devo chiamare mio marito , s i è fatto tard i. Si chied erà d o ve s o no finita.”
Aveva immag inato Luca a cas a, mag ari s ed uto in cucina co n lo s g uard o
p ers o . No n era abituato a tro vare la cas a vuo ta. E lei era lì e lo s tava
co ns ap evo lmente tras curand o , p er la p rima vo lta.
L’aveva cap ito fin d al p rimo g io rno che co n C o s tanza s arebbe us cita d ai
binari. Ormai c’era d entro e no n aveva nes s una intenzio ne d i us cirne. Ques ta
co s a era s o lo s ua, rig uard ava s o lo lei. Aveva fis s ato la d o nna neg li o cchi: s ì, le
rico rd ava s ua mad re. No n le s o mig liava fis icamente e neanche nei mo d i.
Ep p ure s o lo g uard arla le p ro vo cava uno s trug g imento ins ens ato . E no n
p o teva p iù rinunciarci.
Del res to , bas tava che nes s uno s ap es s e.
***
Do p o d i allo ra, M arta s i era o ccup ata s emp re meno d ella cas a e s emp re p iù d i
C o s tanza. Avevano letto d i tutto : ro manzi, bio g rafie, libri d i archeo lo g ia e
s to ria d ell’arte. Il lo ro o rizzo nte s i allarg ava alla s tes s a velo cità alla q uale s i
ap p ro fo nd iva la lo ro intimità.
Un p o merig g io , M arta s i era p res entata co n una mis cela d i tè verd e
g iap p o nes e mo lto p reg iato p er berlo ins ieme. Era s tata in un neg o zio
s p ecializzato in infus i p ro venienti d a tutto il mo nd o .
“Il s uo p ro fumo mi ha fatto p ens are a te!”
L’aveva d etto d alla cucina, a vo ce ben alta p er fars i s entire, mentre metteva
l’acq ua nella teiera in g his a. Po i aveva vers ato il tè s enza ag g iung ere zucchero
e aveva rag g iunto C o s tanza co n il vas s o io in mano , camminand o lentamente,
un p ied e d avanti all’altro , s enza s taccare g li o cchi d al liq uid o che, a o g ni
p as s o , traballava nelle tazze co me un mare in temp es ta.
Da q uel g io rno o g ni s ettimana aveva cambiato infus io ne, d iventand o
s emp re p iù brava a o fficiare q uel rito q uas i relig io s o che s cand iva le o re
p erfette d el lo ro mo nd o p rivato .
Og ni tanto s uo navano alla p o rta e Giulia, la rag azza d el p iano d i s o p ra, s i
p res entava co n un p iatto d i bis co tti ap p ena s fo rnati. A M arta Giulia p iaceva:
aveva lo s g uard o limp id o e d iretto .
Do p o un anno i frati d ell’Op era l’avevano co nvo cata.
M arta no n aveva mai p ro tes tato né aveva mai mo s trato entus ias mo o
malco ntento p er g li incarichi che le erano s tati affid ati nel temp o . M a q uel
g io rno , mentre il frances cano affabile le racco ntava d i un’anziana che abitava
“vicinis s ima a cas a s ua” e che lei avrebbe p o tuto s eg uire p iù facilmente, M arta
aveva incro ciato le braccia s ul p etto e ag g ro ttato le s o p raccig lia. Il frate s i era
interro tto , s o rp res o , co g liend o la s ua evid ente co ntrarietà.
“M a s e p referis ce co ntinuare co n la s ig no ra Pard i...”
“Sì, co n la s ig no ra Pard i.”
La vo ce le era us cita s trid ula e l’uo mo l’aveva g uard ata co me s e la ved es s e
p er la p rima vo lta. Era s ed uto d i fro nte a lei, un p o ’ chino in avanti, le mani
g iunte. Si era s ubito tirato ind ietro , ap p o g g iand o s i alla s p alliera e s p o s tand o
le mani s ui braccio li. M arta aveva finto d i interp retare q uella p o s tura co me un
co ng ed o e s i era s ubito alzata.
“Bene, allo ra s iamo d ’acco rd o , p ad re. Arrived erci” aveva tag liato co rto g ià
s ulla p o rta, las ciand o al frate ap p ena il temp o d i s alutarla.
Era us cita d all’Op era q uas i d i co rs a, co n il cap p o tto s bo tto nato e i tacchi
alti che le facevano d o lere i p ied i.
A cas a s i era buttata s ul d ivano , co n le lacrime ag li o cchi e le mani che le
tremavano . Stava es ag erand o . Non è tua madre! rip eteva una vo ce d entro d i lei.
In bag no , s i era s o ffiata il nas o co n la carta ig ienica a tre veli, g uard and o s i
la faccia d a clo w n, co n il mas cara s cio lto e le labbra s bo rd ate d i ro s s o .
Si era rip ulita in fretta: Luca s arebbe to rnato a mo menti e d o veva anco ra
p rep arare la cena.
***
Il luned ì d o p o , co me q uas i tutti i g io rni, era arrivata d a C o s tanza Pard i
into rno alle q uattro .
Aveva p rep arato il tè e p o i le s i era avvicinata co n in mano le d ue tazze.
L’o d o re d i vecchi libri e p o lvere d ell’ap p artamento le era familiare co me un
p arente p ro s s imo . Sembrava tutto ug uale, ma tutto era d ivers o . Le era bas tata
l’id ea d i p erd ere C o s tanza a s co nvo lg erla. Niente è eterno , ma viviamo co me
s e lo fo s s e. C o s ì aveva g uard ato l’amica e, p rima d i p arlare, s i era chies ta s e
fo s s e realmente p o s s ibile vo ler bene s enza s o ffrire.
“Pens i che la mo rte s ia un’ing ius tizia?”
C o s tanza, che s tava p er p rend ere la tazza che lei le p o rg eva, s i era
immo bilizzata un attimo . “M i ved i mes s a co s ì male?”
“Dai...”
“Beviamo ci il tè finché è cald o .”
Aveva s o rs eg g iato p iano , p rend end o temp o , co n g li o cchi che s bucavano
d a d ietro la tazza.
“La mo rte fa p arte d ella vita.”
“In cas a tua no n ci s o no cro cifis s i...”
“Oh, Signùr! Vuo i s ap ere s e cred o in Dio ? Sì, ci cred o , ma a mo d o mio .”
“Perché, es is to no d ei mo d i s p eciali?”
C o s tanza aveva rid acchiato , ind ecis a s e p ro s eg uire o tag liare co rto .
“L’ing ius tizia è limitars i a s o p ravvivere, finire es attamente co me s i è iniziato . E
co munq ue, s ì, es is to no modi speciali. Te ne avrei p arlato .”
“Scus a. No n vo levo es s ere ind is creta.”
“Tutt’altro . M i fa mo lto p iacere. Per co me s o no and ate le co s e, no n s o no
arg o menti d i cui s i p uò p arlare liberamente.”
M arta aveva cercato una s ed ia alle s ue s p alle. Ad es s o erano una d i fro nte
all’altra.
“È una co s a che ho imp arato in famig lia, anche s e il p rimo a p arlarmene è
s tato un amico d i mio no nno .” C o s tanza aveva s o rris o . “Un tip o p artico lare
che o g ni tanto era o s p ite d a no i, in co rs o M ag enta.” Si era mo rs a il labbro
inferio re e il s uo s g uard o aveva vag ato p er la s tanza. “Qualcuno d o p o lo ha
chiamato il Cordone Dorato. È una trad izio ne antichis s ima d i cui s i p arla nei miti e
nelle leg g end e p raticamente d i tutti i p o p o li.”
“No n l’ho mai s entito .”
“Ne hai s entito p arlare s enz’altro , mag ari s o tto d ivers e fo rme. Giura d i
as co ltarmi co n il cuo re ap erto .”
M arta aveva annuito co n aria d ilig ente.
“Quand o ero anco ra una bambina, l’amico d i mio no nno mi racco mand ò d i
s tud iare, s emp re e tanto , ma anche d i d iffid are d i q uello che avrei s tud iato .
Dis s e che es is teva un’altra s to ria o ltre a q uella d ei libri e che un p o ’ d i q ues ta
s to ria ce l’avevo nel s ang ue.” Scuo tend o la tes ta, C o s tanza aveva allung ato
un braccio vers o M arta, s o llevand o la manica e ind icand o le s o ttili linee
bluas tre d elle vene s ulla p elle bianca.
“Rico rd o bene q uella no tte: no n s o no rius cita a chiud ere o cchio p ens and o
a q uel che p o teva s co rrermi nelle vene!”
“M a chi era q ues to amico ?”
“Julius Evo la. È s tato un g rand e filo s o fo e, p er me, un g rand e maes tro .”
“Ah... co ntinua, d ai.”
“No n è la p rima vo lta.” C o s tanza aveva ins p irato a fo nd o . “Vo g lio d ire, no n
è la p rima vo lta che la terra è abitata d ag li uo mini. È g ià s ucces s o . La civiltà
p reced ente s i è es tinta q uas i co mp letamente 26.000 anni fa a caus a d i
s co nvo lg imenti climatici leg ati al mo vimento d ell’as s e terres tre.” Aveva
p arlato tutto d ’un fiato e p o i s i era fermata, mis urand o la reazio ne alle s ue
p aro le. M arta aveva ricambiato lo s g uard o , p lacid a. “Una p icco la p arte d ei
s o p ravvis s uti s i è co ncentrato nel no rd p o lare che all’ep o ca era una zo na
abitabile: la mitica Thule...”
Silenzio .
“Po i c’è s tata l’ultima g laciazio ne e 11.000 anni fa il d iluvio univers ale:
q ues ti s o p ravvis s uti furo no co s tretti a mig rare vers o s ud .” Aveva p ieg ato la
tes ta s u un lato , tranq uillizzata d all’es p res s io ne curio s a d i M arta.
“Lo s ai, vero , che i racco nti s ul d iluvio univers ale s i tro vano in tutti i miti
antichi?”
“C erto , p ro f!” aveva ris p o s to M arta, d ivertita.
Avevano s o rris o entrambe.
“Anche la Bibbia è p iena d i antiche leg g end e rivis itate. C o mp res a q uella d el
d iluvio . C o munq ue, i g reci e i ro mani co no s cevano mo lto bene q ues ta s to ria
e s o no s tati lo ro a d are, s ucces s ivamente, un no me a q ues to p o p o lo . Li
hanno chiamati ip erbo rei p erché arrivavano d all’al di là dell’estremo nord conosciuto.
Erano d ivers i d a no i. No n s o lo avevano mantenuto le co no s cenze s p irituali,
relig io s e e tecniche d ella civiltà p reced ente, lo ro avevano anche un’energ ia.
Alcuni la chiamano Vril.”
“Vril, mi p iace.” M arta la g uard ava co me farebbe un vecchio g atto co n la
s ua p ad ro na.
“È un’energ ia mag ica” aveva d etto C o s tanza p rima d i tacere, in attes a.
M arta aveva s o llevato le s o p raccig lia. “Ok ay , mancano s o lo g li
extraterres tri.”
“Puo i anche no n cred erci, ma le co s e che ti s to d icend o s o no d es critte co n
p recis io ne in tes ti antichis s imi. Tutta la s to ria relig io s a d ell’Ind ia è co ntenuta
nei Rg ved a. C o nteng o no il racco nto d i q ues ti uo mini che d al no rd s o no
arrivati in Ind ia e anche nel no rd Euro p a e in M ed io Oriente... In p arte s i s o no
mes co lati co n le nuo ve p o p o lazio ni auto cto ne.”
C o s tanza aveva fatto una p aus a. M arta aveva alzato il d ito p er p rend ere la
p aro la.
“No n cap is co , p erò , p erché no n s i p o s s a p arlare d i q ues ti arg o menti.
Scus a, ma è p ieno il mo nd o d i s to rie anche p iù s trane d i q ues ta.”
“So lo una p arte d ei p o p o li s i s o no mes co lati co n g li ip erbo rei. Nel
frattemp o , l’uo mo s i è anche evo luto co s ì co me s i s tud ia nei libri d i s to ria.”
“E che s ig nifica?”
“Sig nifica che no n s iamo tutti ug uali, M arta.”
Lei l’aveva fis s ata. “C o s a s tai cercand o d i d irmi?”
“I maes tri d eg li ip erbo rei s o no g li Ary a. Ary a... co me ariani.”
“E tu che c’entri co n q ues ta s to ria d eg li ariani?”
C o s tanza aveva allarg ato le braccia. “Il nazio nals o cialis mo s i è
s emp licemente imp o s s es s ato d i una s to ria che s i co no s ce d a s emp re. C e ne
s o no tracce evid enti in tutte le relig io ni e filo s o fie. C o mp res a q uella cris tiana,
anche s e p o i la s emp lificazio ne catto lica le ha cancellate. È la bas e
d ell’es o teris mo : s o no co no s cenze p er iniziati.”
“Perché?”
“È q ues to il Cordone Dorato. È il filo che p arte d alla civiltà ip erbo rea e, nei
millenni, co lleg a g li uo mini che ap p arteng o no alla s tes s a razza spirituale. È
d ifficile d a s p ieg are. C hi ne fa p arte, s i rico no s ce attravers o una memoria
cromosomica.”
M arta s i era p ieg ata in avanti e le aveva p res o le mani fra le s ue. “Ti vo g lio
bene, ma co s ì mi fai un p o ’ p aura. C o me la rico no s ci q ues ta memoria
cromosomica?”
C o s tanza aveva s o s p irato p ro fo nd amente, s ap end o g ià co me s arebbero
s tate interp retate le s ue p aro le. “È una s o rta d i connessione cosmica. No n rid ere!
Guard a che è la bas e d ella teo ria d ei q uanti: tutto ciò che d is cend e d a
un’unica unità rimane energ icamente leg ato nel temp o . Ques ta è s cienza.”
“Allo ra d evo rimettermi a s tud iare.”
C o s tanza aveva p ro s eg uito , cap arbia. “È l’intuizio ne d el Vril, è la vera
co no s cenza iniziatica. Può avvenire s o lo attravers o la fed e, il mis ticis mo , la
d is cip lina, l’etica, lo s tud io . È un mo d o d i vivere e d i p ens are. Il
nazio nals o cialis mo è s o lo l’ultimo e co nfus o arrivato . Prima ci s o no s tati i
d ruid i, i vis ig o ti, i mero ving i, i catari, i temp lari e tutte le filo s o fie es o teriche
d ella fine d ell’Otto cento e d el p rimo No vecento . Guard a che s o lo il
catto lices imo ti chied e d i p entirti e bas ta!”
“D’acco rd o .” M arta s i era alzata in p ied i battend o le mani s ulle co s ce e p o i
alzand o le in s eg no d i res a. “Per o g g i ho s entito abbas tanza, d irei.” C o n la s ua
tazza, aveva s fio rato q uella d ella d o nna p o g g iata s ul tavo lino d i fianco a lei.
“Ne rip arleremo un’altra vo lta. C in cin. Brind iamo al Cordone Dorato.”
C o s tanza era rimas ta zitta e ferma p er un p o ’, p o i aveva p o s ato una mano
s ul braccio lo , alzand o s i co n d is creta leg g erezza. M entre lo ap riva, il cas s etto
d el mo bile s i era lamentato co me un g atto in amo re facend o tremare la
d is tes a d i o g g etti inutili p o g g iati s ul rip iano .
“H o una co s a p er te!” Le aveva mo s trato un p acchettino . “Giura che no n
te ne s ep arerai mai.”
Era s tata la p rima d i q uattro vo lte. Quattro p icco li d o ni. Og g ettini d a
vecchia s ig no ra. Scato line. Quad retti. Vas etti. “Giura che no n te ne s ep arerai
mai...”
M arta annuiva, co mp rens iva. C o s tanza s tava d iventand o vecchia, q uella in
fo nd o era una fis s azio ne inno cente. Aveva g iurato . E s p erg iurato . Il vas o d a
fio ri, q uello veramente brutto , l’aveva s bo lo g nato alla cus to d e s enza
nemmeno p o rtars elo s u a cas a.
***
Dal 2001, q uand o s i erano co no s ciute, fino al 7 d i mag g io d el 2006, q uand o s i
erano vis te p er l’ultima vo lta, avevano co nd ivis o tutto : g io rnate, p ens ieri,
umo ri. Fra lo ro le co s e erano cambiate, in maniera g rad uale, s o lo nell’ultimo
anno .
Un merco led ì fred d o e p io vo s o d i g ennaio , M arta era entrata nel p icco lo
ap p artamento co n le s carp e co mp letamente inzup p ate d i p io g g ia. Do p o aver
p o s ato i s acchetti d ella s p es a, le aveva s filate p er calzare le p anto fo le che
las ciava lì, co me s e fo s s e cas a s ua. Le p iaceva q uell’intimità.
Si g elava e M arta aveva tirato fuo ri una co p erta d all’armad io p er metterla
s ulle g ambe d i C o s tanza che anco ra no n aveva d etto nulla; s embrava
d o rmis s e.
Davanti allo s p ecchio , s i era s is temata i cap elli umid i. Po i, s tring end o s i nel
card ig an, s i era avvicinata al termo s ifo ne p er s entire s e fo s s e cald o . La rad io
era acces a, ma la mus ica era q uas i s o vras tata d al fras tuo no d el temp o rale. Era
and ata in cucina a p rep arare il tè. Quand o aveva s fio rato la d o nna,
p o rg end o le la tazza, lei l’aveva g uard ata co n o cchi liq uid i, ammo rbid iti d al
s o nno .
“M i p iacerebbe tanto s ap ere tutto d i te.”
M arta aveva ritirato la mano d i s catto . No n s e lo as p ettava. Si era s ubito
g irata p er to rnare in cucina. Alta, le era arrivata la vo ce d i C o s tanza. “Il tuo
p as s ato è un buco nero che ris ucchia tutto q uello che g li viene a tiro . So no
tro p p i anni che as p etto che s ia tu a p arlarne. No n s o q uanto temp o ho
anco ra a d is p o s izio ne... Perché no n mi racco nti q uello che ti è s ucces s o ?”
Ferma d avanti al lavand ino d ella cucina co n g li o cchi fis s i d avanti a s é,
M arta aveva s entito la p elle ard ere. C o me s e aves s e d o vuto tro vare una via d i
fug a d a una cas a in fiamme.
C o s tanza l’aveva p res a alla s p ro vvis ta. La s eco nd a p o s s ibilità nella vita
l’aveva avuta, ma d i certo no n ce ne s arebbe s tata una terza. Era bas tato s o lo
no minarlo , il s uo p as s ato .
Aveva ins p irato p ro fo nd amente, s tring end o co n tutte e d ue le mani il
bo rd o d el lavello . Aveva s o lo vo g lia d i and ars ene.
“Arrivo !” aveva d etto invece, q uas i g rid and o . Nes s uno s ap eva. Se no n
racco ntava niente, no n aveva niente d a temere.
Aveva p res o un bicchiere e l’aveva riemp ito co n l’acq ua d el rubinetto . Era
to rnata in s ala bevend o a p icco li s o rs i.
“La mia s to ria è q uella d i un’o rfana” aveva d etto in to no p iatto . “È s imile a
q uella d i tutti i bambini che hanno avuto q ues ta d is avventura nella vita. M a
o rmai è acq ua p as s ata! È vero , no n mi va d i p arlarne, ma p ens o s ia no rmale,
no n cred i? C o munq ue no n c’è niente d i cui tu d ebba p reo ccup arti. Ora s o no
felice.”
C o s tanza aveva abbas s ato g li o cchi s ul p avimento s biad ito . Po i aveva
ris o llevato la tes ta. “C erto .”
***
L’inverno , q uell’anno , aveva s eg uitato a infilars i o vunq ue, p rep o tente. Erano
tras co rs i mes i d i g rig io tenace.
Pas s avano il temp o in cas a. C o s tanza amava mo lto il s uo q uartiere e
anco ra d i p iù le p iacevano le s ue s to rie. Dalla fines tra le ind icava la p iazza e,
mimand o la s cena co n le mani, le racco ntava q uello che aveva vis to d a las s ù.
L’anno p rima, p ro p rio s o tto le co lo nne d i San Lo renzo , una rag azza co n il
s ed ere to nd o e tanti cap elli tutti a treccine s o ttili s i era tag liata le vene. Si era
fatta le treccine d o p o aver co no s ciuto lui, un uo mo d i co lo re co n il co rp o d i
una p antera. Si erano inco ntrati lì e p er un p o ’ avevano tras co rs o i p o merig g i
mano nella mano . So lo p er un p o ’. C o munq ue i tag li no n erano co s ì p ro fo nd i
e, d o p o un mes e, C o s tanza l’aveva vis ta to rnare co n il s uo s ed ere to nd o , i
cap elli d a p unk e l’ey eliner s ug li o cchi.
Un uo mo co n un cap p o tto marro ne, invece, era rimas to lì fuo ri p er
un’intera s ettimana. Di g io rno s tava s ed uto s enza fare niente e la no tte
d o rmiva co mp o s to s d raiato p er terra, p o s and o la tes ta s u una valig etta d a
lavo ro . Un g io rno q ualcuno aveva chiamato la p o lizia che lo aveva
allo ntanato . Il cap p o tto e le s carp e no n erano d a barbo ne, ma belli e co s to s i.
Sembrava uno che era us cito una mattina d alla s ua bella cas a p er and are in
ufficio e no n c’era p iù to rnato . C o s tanza no n l’aveva p iù rivis to .
Po i c’erano le manie New Ag e d ella mamma d i Giulia, che s tava al p iano d i
s o p ra e cercava la s ua via s p irituale cambiand o g uru una vo lta al mes e: p er
fo rtuna i s uo i bis co tti no n ne ris entivano .
M entre p arlava, s p es s o C o s tanza p o s ava una mano s ulla s ua. E M arta
p ens ava che il s uo p as s ato fo s s e cad uto nel d imenticato io .
C o s tanza, invece, la s tud iava. E as p ettava.
***
Quel 7 d i mag g io M arta era arrivata nell’ap p artamento d i via Pio p p ette nel
p rimo p o merig g io e, varcand o la s o g lia d i cas a, s i era s tup ita d el s ilenzio . La
rad io era s p enta. Era entrata in s ala e aveva tro vato l’amica in p ied i, d i s p alle.
Era eleg antis s ima: ind o s s ava una tunica d i s eta nera lung a fino ai p ied i, co n
d ip inti a mano d eg li uccelli co lo rati. Lo chig no n era una p erfetta p alla g rig ia.
La s ua s chiena s i s o llevava p iano a o g ni res p iro .
M arta era rimas ta in s ilenzio . Già s entiva il p as s ato rid erle nelle temp ie. La
cas a, i mo bili, i q uad ri, o g ni s ing o lo o g g etto tratteneva il fiato ins ieme a lei.
Nell’ap nea, ved eva la s ua maes tra d elle elementari che la fis s ava co n q uei s uo i
o cchi p icco li e ro to nd i, mag ra e arrug g inita co me un chio d o . Parlava
s cuo tend o la tes ta, co me p er d ire che q uello che p ens avi tu era s bag liato .
Diceva che no n è vero che le co s e accad o no cas ualmente e co ntro la no s tra
vo lo ntà, ma s iamo s emp re no i a s o llecitare g li eventi, anche s e
inco ns ciamente. Se s i tro vava lì, q uind i, era p erché in q ualche mo d o lo aveva
vo luto . Lo aveva d es id erato .
Fo rs e, q ues ta vo lta, aveva rag io ne lei.
La vo ce le era arrivata all’imp ro vvis o . C o s tanza s i era finalmente vo ltata e la
g uard ava. Aveva una faccia co mp as s io nevo le, d a mad o nna.
“No n s ai q uanto avrei p referito as p ettare il mo mento g ius to .” Stava
g uard and o il p avimento , ad es s o . “Ques to no n è il mo mento g ius to , lo s o . M a
io no n ho p iù temp o .”
Aveva s eg uitato a fis s are il p avimento , co me s e s i verg o g nas s e d alle s ue
s tes s e p aro le. Quand o aveva alzato la tes ta, la s ua bo cca era una linea
o rizzo ntale.
“Tu s ei la fig lia che no n ho mai avuto ... e io s o no la mad re che ti è
mancata.”
M arta s entiva l’is tinto d i fug a s alirle d entro .
“C ’è q ualco s a che d evo d irti. È una co s a che p er me è d i fo nd amentale
imp o rtanza. H o s acrificato tutto p er q ues to , tutta la mia vita. Se and as s e
p ers a, tanto varrebbe no n es s er nata.” Aveva s o s p irato fo rte s o llevand o le
s p alle che erano s embrate anco ra p iù o s s ute. “Siamo la vers io ne s p eculare
l’una d ell’altra, io e te. Tutte e d ue nas co nd iamo q ualco s a d i imp o rtante.”
Aveva allung ato la mano vers o M arta che, rig id a, neanche l’aveva
g uard ata.
“H o ered itato q ualco s a che è la mia rag io ne d i vita e p er nes s un mo tivo
d eve finire nelle mani s bag liate. Io mi co ns id ero una custode.”
C o s tanza aveva p o rtato le mani g iunte alle labbra s ecche. Avrebbe vo luto
che M arta d ices s e q ualco s a invece d i rimanere zitta e immo bile. Aveva
p ro s eg uito co n s fo rzo , cercand o d i ig no rare il muro che aveva d avanti. “Ora
vo rrei s o lo una p ro mes s a d a te.” La p elle d i C o s tanza aveva as s unto un
co lo re g rig ias tro , co me s e into rno a lei la temp eratura fo s s e and ata
imp ro vvis amente s o tto zero . “No n avere p aura, M arta. Devi fid arti d i me.”
M arta aveva fatto un fred d o s eg no d i as s ens o co n la tes ta.
“Ti vo g lio bene.” La vo ce d i C o s tanza era us cita crep ata. Le aveva p res o
una mano , ma M arta era rimas ta inerte e in s ilenzio fino a q uand o la d o nna
no n l’aveva las ciata and are, d o p o un temp o che le era p ars o infinito .
Una vo lta aveva d es id erato che accad es s e, aveva d es id erato fino a
imp azzire che q ualcuno cap is s e, ma no n o ra, no n p iù. Ora no n p o teva es s erci
altro che o blio .
Aveva vo g lia d i and ars ene. Si era mes s a la g iacca e aveva d etto s o lo che s i
era fatto tard i. Sulla p o rta s i era g irata. “Arrived erci, C o s tanza” aveva s illabato
co n s fo rzo .
Avrebbe vo luto d irle che s i fid ava, ma i s uo i fantas mi erano chius i in una
to mba e nes s uno d o veva p arlarne. Avrebbe vo luto d irle che s e ne and ava
p erché anche lei che d iceva d i vo lerle bene, s e aves s e g uard ato nel p o zzo
nero d el s uo p as s ato , s arebbe s cap p ata ino rrid ita. Avrebbe vo luto d irle che
no n p o teva p ermettere a nulla e a nes s uno d i minacciare la s ua vita co n Luca.
Invece s i era chius a la p o rta alle s p alle s enza ag g iung ere niente e q uella era
s tata l’ultima vo lta che aveva vis to C o s tanza Pard i viva.
***
M arta e s uo marito avevano finito d a p o co d i cenare. Luca d o rmiva s ulla
p o ltro na e s ul tavo lino d avanti a lo ro c’era un p iatto d i bis co tti fatti in cas a.
Era il 29 s ettembre d el 2006 e M arta no n aveva p iù vis to C o s tanza d o p o
q uell’ultimo p o merig g io d i mag g io , co n la s cus a d ell’es tate e d elle vacanze.
L’imp ro vvis o s q uillo d el cito fo no li fece s o bbalzare. Senza muo vers i, s i
g uard aro no neg li o cchi co n aria interro g ativa. Al s eco nd o s q uillo , Luca
finalmente s i s o llevò d alla p o ltro na. M arta lo s eg uì a ruo ta.
“Sì?” Luca allo ntanò la co rnetta d all’o recchio co n una s mo rfia. “M i ha
s to rd ito ! Vuo le te...”
M arta p res e il cito fo no , tes a co me ramo . “Sì?”
Una vo ce co me una s as s ata. “C o s tanza mi ha d etto d i p arlare s o lo co n lei!”
“M a che s ucced e? La s ig no ra Pard i s i è s entita male?”
“H o bis o g no d el s uo aiuto !” La vo ce era s emp re p iù s trid ula.
M arta s trins e fo rte il cito fo no fra le mani. “È s ucces s o q ualco s a a
C o s tanza?”
La vo ce d all’altra p arte s i rup p e in s ing hio zzi. “C o s tanza è mo rta! E io
d evo p arlare co n lei. Da s o la!”
Le g ambe le s i s bricio laro no s o tto . Si ritro vò in g ino cchio s ul p avimento
co n Luca che la reg g eva p er le s p alle. Le to ls e il cito fo no d alle mani e l’aiutò a
s ed ers i.
“Sig no ra” d is s e, “s tia calma, o ra ap ro e la faccio s alire. M i s ente?” Attes e,
p o i s co s s e la tes ta. “Se n’è and ata. H ai id ea d i chi fo s s e?”
“No .” M arta s i p ieg ò s u s e s tes s a. Inspirare ed espirare, inspirare ed espirare.
Prima d i telefo nare a tutti g li o s p ed ali, Luca la tenne s tretta a lung o , finché
s mis e d i tremare. Po i la tro varo no al Po liclinico . Quello che aveva d etto la
s co no s ciuta al cito fo no era vero : C o s tanza Pard i era mo rta.
***
La mattina d o p o , M arta s i alzò p res tis s imo d o p o una no tte p as s ata a rig irars i
nel letto . La faccia d i C o s tanza to rnava co me un incubo o g ni vo lta che
chiud eva g li o cchi. No n l’aveva p iù rivis ta d a q uel p o merig g io . No n l’avrebbe
rivis ta mai p iù.
Il rico rd o la to rmentava. M ille vo lte in q uei mes i era s tata s ul p unto d i
to rnare d a lei, ma p o i aveva s emp re rinunciato . Per p aura, p er eg o is mo , p er
vig liaccheria. Paralisi psichica o anestesia emozionale: s ap ere che il s uo
co mp o rtamento aveva una p recis a co nno tazio ne clinica no n la co ns o lava.
Aveva abband o nato la s ua amica e nes s un d is turbo p o s t-traumatico p o teva
g ius tificarla. L’unica co lp a d i C o s tanza era s tata q uella d i vo lerle co s ì bene d a
cap irla, d a rius cire a ved erla s o tto la mas chera.
Avrebbe d o vuto avere p iù p res enza d i s p irito anche al cito fo no . No n
s ap eva neanche chi fo s s e la d o nna che le aveva chies to aiuto , né co me
rintracciarla.
Stava annas p and o nelle s abbie mo bili.
Alle s ette e mezzo era alla fermata d ell’auto bus s o tto cas a. Si s trins e nel
cap p o tto g rig io , anche s e q uas i no n p ercep iva la temp eratura. C o n la mano
s is temò i cap elli che no n avevano alcun bis o g no d i es s ere s is temati e p o i
rimas e immo bile, in attes a.
Luca s i s veg liò p ro p rio allo ra, s i acco rs e che lei no n c’era e s i affacciò
is tintivamente alla fines tra. La vid e, lì d a s o la alla fermata d ei mezzi. Rimas e a
g uard arla fino a q uand o no n arrivò l’auto bus s u cui M arta s alì s enza vo ltars i.
Avrebbe vo luto s eg uirla, fare q ualco s a. Alzò la mano in un g es to d i s aluto ,
anche s e s ap eva che lei no n p o teva ved erlo .
Sull’auto bus mezzo vuo to , M arta rimas e in p ied i fino a Po rta Ticines e.
Sup erato l’arco , s i ritro vò d i fro nte al p alazzo d o ve abitava C o s tanza. Tirò
fuo ri le chiavi che aveva d a anni e ap rì a fatica la s erratura d el p o rto ne. Il
co nd o minio era d i tre p iani e lei s alì lentamente le s cale fino a rag g iung ere il
p rimo . Si p aralizzò d avanti alla p o rta, p rima d i infilare la chiave nella s erratura,
co me ris veg liand o s i d i co lp o d al s uo s o nnambulis mo .
C he co s a era s ucces s o veramente in q uella cas a?