BETANIAnews - Casa di Betania ONLUS

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BETANIAnews - Casa di Betania ONLUS
Casa di Betania Onlus
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Direttivo - entrando a far parte del gruppo
dei nostri volontari, impegnati nella redazione del
giornalino, nel corso di italiano e nei banchetti itineranti
- regalandoci derrate e generi alimentari
- sostenendo un progetto (per maggiori informazioni
contattare la Direzione)
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Come puoi
aiutarci?
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Casa di Betania
è una Onlus,
Organizzazione Non Lucrativa di Utilità
Sociale – che vive grazie all’impegno ed al lavoro di operatori e volontari che dedicano tempo
ed energie in un progetto in cui credono fino in
fondo. Anche tu puoi aiutare Casa di Betania, in
tanti modi:
- Con una libera donazione attraverso bonifico
bancario alle seguenti coordinate:
Banca Popolare di Milano agenzia 60 IBAN
IT49U0558433480000000010464 intestato a:
Associazione Amici della Casa
dell’Accoglienza Casa di Betania ONLUS
- spedendo in Via Carducci 4, 20089 Rozzano
(MI) un assegno bancario non trasferibile
intestato a: Associazione Amici Casa di Betania
ONLUS
- diventando socio dell’Associazione,
versando un contributo annuale di 10 euro, così
facendo potrai partecipare alle attività di Casa
di Betania ed avere la possibilità di entrare a far
parte del
Attraverso le donazioni potrai anche usufruire di
agevolazioni fiscali, regolamentate dall’articolo 14
della Legge 14/05/2005 n. 80, che prevedono che sia
i privati che le aziende possono dedurre le donazioni
effettuate direttamente dal loro reddito fino al 10%
del reddito complessivo dichiarato e comunque nella
misura massima di 70.000 Euro
all’anno. Per poter usufruire delle agevolazioni è
importante conservare la ricevuta del versamento
effettuato.
Scopri come aiutarci, anche on line tramite Paypal,
nella sezione “sostienici” sul nostro sito www.casadibetania.org.
Ogni aiuto per noi è molto importante e ci permetterà
di portare avanti, sempre al meglio,
i servizi e le attività per i nostri ragazzi!
Virginia
visita il nostro
sito internet
casadibetania.org
Contatti
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tel / fax 02-30910226
via Carducci 4 20089 Rozzano (MI)
[email protected]
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Associazione Amici della Casa di Accoglienza Casa di Betania Onlus
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n° 13
Giugno 2013
Grafica a cura di Rodolfo
La presente pubblicazione non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene pubblicata senza alcuna periodicità.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del
7.03.2001.
Casa di Betania
Chi siamo? Cosa facciamo?
Casa di Betania ONLUS è un centro
di accoglienza per rifugiati politici,
richiedenti asilo, titolari di protezione sussidiaria e ricorrenti. Siamo
un’organizzazione Non Lucrativa di
Utilità Sociale con lo scopo di offrire
ai nostri ospiti é un’autentica opportunità di inclusione sociale. Offriamo
supporto nell’iter burocratico, affiancando i mediatori culturali ed gli educatori durante i colloqui con i servizi
sociali, l’ufficio stranieri, i centri per
l’impiego e ASL e il supporto nella
ricerca di un impiego lavorativo.
Costituita nel 1987 l’Associazione Amici di Casa di Betania è nata
come centro di prima accoglienza
per immigrati con diverse tipologie
di permesso di soggiorno e si è trasformato nel 2005 in un centro di seconda accoglienza per rifugiati politici per un periodo di tempo che può
variare dai 6 mesi ai 2 anni a seconda del progetto personale. Si offrono vitto e alloggio, oltre ad attività di
socializzazione. Il rifugiato politico è’
una persona che nel proprio Paese
è stata oggetto di persecuzioni dirette e personali per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a
determinati gruppi sociali o opinioni
politiche o se ha fondato e provato
motivo di ritenere che potrebbe essere perseguitata in caso di ritorno
in patria (in base alla Convenzione
di Ginevra del 1951).
Il titolare di protezione sussidiaria
è una persona che non possiede i
requisiti per ottenere lo status di rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se
ritornasse nel suo paese di origine,
correrebbe un rischio effettivo di subire un danno grave quali la condanna a morte, la tortura o altra forma
di pena o trattamento inumano o degradante.
* 20 - 21 - 22 e 23 Giugno *
Eccoci, siamo tornati!
Abbiamo impiegato tutte le nostre
forze per organizzare una grande
festa, un momento celebrativo della
giornata mondiale del rifugliato politico e del nostro venticinquesimo,
degno del lavoro che le operatrici e
noi volontari svolgiamo durante tutto
l’anno per tutti i nostri ospiti e per
mandare avanti la casa.
Noi crediamo molto in Casa di
Betania, crediamo nell’importanza
dell’apporto che quotidianamente
riusciamo a dare a chi bussa alla
nostra porta e anche al territorio di
Rozzano, con il progetto dei pacchi
solidali distribuiti dai rifugiati.
Si tratta di una festa importante in cui
vogliamo incontrarvi tutti, sia i nostri
amici di sempre, sia chi ha voglia di
trascorrere una serata di divertimento in cui stare in compagnia, bere e
mangiare insieme, ascoltare musica
e partecipare ai laboratori offerti...ma
soprattutto SOSTENERCI! Grazie a
tutti!
* giovedì 20
Ore 12 buffet etnico, mostra prodotti
di ceramica e sartoria realizzata dai
laboratori del Centro, lettura a più
voci, proiezione video, musiche dello
Sri Lanka
Cento Welcom via E.Ponti 15, Milano
* domenica 23
Ore 22.30 spettacolo di beneficenza
di danze orientali e tribal bellydance,
a seguire DJ Set
Spazio Aurora, via Cavour 4 Rozzano
* venerdì 21
Ore 16 conferenza“Rifugiati politici,
profughi, richiedenti asilo: il lato
vulnerabile dell’immigrazione” a
cura di tecnici ed esperti del settore
e con la partecipazione di Amnesty
International ed Emergency.
Cascina Grande via Togliatti,
Rozzano
* sabato 22
da non perdere!
Dalle ore 10 alle 13
Corso di fotografia “Fotografo per
un giorno, dilettanti e non” a cura di
MovieStudio
Dalle ore 16 scuola di cucina per
grandi e piccoli, la torta della nonna,
il Mangiafavole, il Truccabimbi e
laboratorio di percussioni
Salsa e balli latini a cura della
scuola Magadance, spettacolo
teatrale “La Tempesta: Genesi di
uno spettacolo” a cura de Il Volo di
JonaThan”
Capoeira a cura del gruppo “Cordao
de ouro”
Zumba con Zaira e Andrea della
scuola Move it
Dalle ore 20 di balla con
Spazio Petardo!
Borgo di Villalta, via Carducci Rozzano (Mi)
Casa di Betania Onlus
Rifugiarsi per Vivere
“La tolleranza è l’inverso dell’ospitalità o perlomeno il suo limite. Se credo di essere ospitale perché
sono tollerante, voglio limitare la mia accoglienza,
mantenere il potere sull’altro e controllare i limiti
della mia casa, la mia sovranità, il mio io posso”
Jacques Derrida, intervistato da Giovanna
Borradori
I Il 15 marzo si è tenuto a Casa di Betania il secondo
incontro di “Storie di migrazione”, dal titolo “Rifugiarsi per
vivere”.
A parlare era Riccardo, responsabile dell’organizzazione
per protetti e rifugiati politici NAGA (anche centro diurno
per rifugiati politici), gestita quasi interamente da volontari.
Il tema dell’incontro era il rifugiato, a partire dalla nascita
del termine stesso e dalla sua ufficializzazione nel 1948
con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (dopo
una discussione tra gli Stati sul modello da assumere: una
visione universalista che renda l’uomo uguale ovunque o
una visione relativista che legittimi invece tante diversità.
Quest’ultima era maggiormente apprezzata da Paesi come
l’Arabia Saudita, per la quale invece era difficile accettare,
ad esempio, l’uguaglianza tra uomo e donna. Alla fine,
però, ebbe la meglio la visione universalista.).
Nel 1951 la Convenzione di Ginevra dà la prima definizione del termine “rifugiato”, strettamente legata al concetto
di timore. Infatti l’Articolo 1, comma 2, afferma che il
termine rifugiato è applicabile “a chiunque, per causa di
avvenimenti anteriori al 1° gennaio 1951 e nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua
religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un
determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si
trova fuori dello Stato in cui possiede la cittadinanza e non
può, o per tale timore, non vuole domandare la protezione
di detto Stato”.
Tuttavia ciò che oggi risulta lampante è che la Convenzione, al momento della nascita, ha tre forti limiti:
1. Un limite temporale, dato dal fatto che la Convenzione
prevede la protezione solo per i rifugiati che siano
scappati dal loro Paese a causa di avvenimenti anteriori al
1° gennaio 1951;
2. Un limite geografico, dato che gli Stati che vi aderiscono possono decidere di firmare un accordo che prevede
la protezione dei rifugiati per eventi accaduti in Europa
oppure per eventi accaduti in Europa e altrove. Questo
punto rappresenta un limite per i Paesi, come l’Italia, che
nel 1951 firmarono per la prima scelta (l’Italia ha esteso la
Convenzione solo con la legge Martelli del 1990, adeguandosi ad un protocollo aggiuntivo del 1967 che di fatto
elimina il limite temporale, come quello geografico);
3. Un limite giuridico, dato che si prevede l’accoglienza di
singoli rifugiati ma non si è stabilito un piano d’azione per
i grandi movimenti di massa (limite che è risultato palese nel 2011, con l’emergenza Nord Africa e l’emergenza
Libia, in Italia).
Con la Convenzione di Ginevra si stabilisce che la domanda deve essere accolta ed esaminata (dagli Stati che
firmano la Convenzione, ossia 147 Nazioni); è vietato
respingerla. Questo punto è fondamentale per comprende-
Casa di Betania Onlus
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re la strategia messa in atto dal governo italiano durante le
emergenze immigrati del 2011: l’Italia, avendo aderito alla
Convenzione, aveva l’obbligo di accogliere i rifugiati e di
esaminare le loro richieste per cui, per evitare di
accrescere ancora di più il numero d’immigrati sul territorio,
si è pensato bene di respingere i barconi quando ancora si
trovavano in acque internazionali, senza curarsi delle
conseguenze di tale manovra. La maggior parte dei
respinti, infatti, furono rispediti verso la Libia, la quale, non
avendo aderito alla Convenzione di Ginevra, non aveva
alcun obbligo di accoglienza: i respinti quindi furono
abbandonati in zone deserte, senza alcun tipo di
assistenza, ad attendere la morte.
Per rimediare alle lacune della Convenzione, dagli anni ’60
quest’ultima è stata integrata da protocolli aggiuntivi:
1967: Protocollo sullo status del rifugiato, dopo la fine degli
imperi coloniali;
1997: Trattato di Amsterdam, sulla protezione temporanea;
2003: Convenzione di Dublino. Vincola le persone che
fanno domanda a rimanere nello Stato fino alla conclusione
della procedura. Quindi, se una persona fa richiesta d’asilo
in Italia e poi va in un altro Stato, viene mandato via. Può
fare ricorso, però. E la novità, da qualche tempo a questa parte, è che oggi, facendo ricorso dopo essere andati
via dall’Italia, si può ottenere il via libera per avviare una
procedura di protezione in un’altra nazione, dato che l’Italia
(come la Grecia) non è più in grado di garantire l’assistenza
minima.
Dobbiamo fare una precisazione importante: un rifugiato
perseguitato per un presunto motivo, nel momento in cui fa
la richiesta di asilo, deve dimostrare di essere perseguitato,
a prescindere dalla motivazione della persecuzione (ad
esempio se vengo perseguitato perché qualcuno pensa
che io professi un’altra religione, io devo dimostrare al
Paese che mi accoglie di essere perseguitato in patria,
non di avere effettivamente una religione diversa da quella
ufficiale del mio Paese).
A questo punto Riccardo ha iniziato ad esporre la procedura standard per la presentazione della domanda, che può
essere fatta alla Commissione territoriale, al Tribunale, ma
anche alla frontiera (a Malpensa, per esempio); il rifugiato
dovrà poi compilare il Modulo C3, sul quale dovrà raccontare la sua storia. Nel caso di accettazione della domanda,
otterrà quindi un permesso che prevede assistenza per 6
mesi, senza però la possibilità di lavorare. A Milano, per
fare la domanda, bisogna dimostrare di essere ospitati
in una struttura (in questo modo è più facile rintracciare i
rifugiati, dato che Milano è tendenzialmente una zona di
transito. Inoltre così non si ottiene la diaria, visto che già si
ha un posto in cui dormire).
Ci sono tre tipi di permessi:
Protezione internazionale: concessa per evidenza dei fatti,
dura 5 anni;
Protezione sussidiaria: nel caso in cui il rifugiato tema di
poter subire delle violenze (condizione di morte, tortura,
minaccia reale alla vita), dura 3 anni;
Protezione umanitaria: nel caso in cui il rifugiato, tornando
al suo Paese, possa avere dei problemi. Vale per un anno,
è rinnovabile solo per un altro anno e non può essere con-
vertito in un diritto di lavoro. Inoltre non si può chiedere il
ricongiungimento familiare.
Ovviamente i minori hanno tutele maggiori, fino ai 21 anni
e poi è più facile, una volta raggiunta la maggiore età,
ottenere la cittadinanza o convertire la tutela in permesso
di lavoro.
Per quanto riguarda il trattamento e l’accoglienza, esistono
vari tipi di centri:
CDA, Centro d’Accoglienza che funge da primo approdo
(oggi ce ne sono cinque);
CIE, Centro di Identificazione ed Espulsione, nel quale si
può essere trattenuti fino a 18 mesi. Si tratta di una vera e
propria detenzione amministrativa. Per l’espulsione bisogna aver commesso crimini, essere stato condannato in
Italia per reati sessuali, per traffico di stupefacenti, emigrazione clandestina;
CARA, Centri Accoglienza Richiedenti Asilo;
SPRAR, Servizio Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati.
Gli immigrati, qui, hanno l’obbligo di rimanere fuori dal
centro durante la giornata. Bisogna fare richiesta e si può
rimanere solo per un periodo limitato, di norma fino alla
fine del procedimento o 6 mesi (o fino a che il rifugiato non
trova un lavoro).
Un tema delicato è quello dell’accoglienza italiana agli
immigrati del Nord Africa, nel 2011. A quell’anno risalgono due grossi flussi: nel febbraio 2011 dalla Tunisia e
nell’aprile dello stesso anno dalla Libia. Durante il mese di
febbraio arrivano 11.000 persone. Viene stabilito lo stato
d’emergenza nazionale, dando il permesso temporaneo
che permette l’espatrio a tutti i rifugiati. Questo fino al 5
aprile 2011, giorno di un decreto che legittima tutti gli immigrati arrivati fino a quel giorno, impedendo l’accoglienza da
emergenza umanitaria di tutti gli altri. Qualche giorno dopo
scoppia l’emergenza Libia: si attendono 50.000 persone
ma ne arrivano solo 24-25.000. Il trattamento di questi rifugiati è completamente diverso rispetto a quelli di un paio di
mesi prima: vengono obbligati a fare la domanda d’asilo,
cozzando contro una totale disinformazione e contro la
mancanza di requisiti base per ottenere i permessi. Infatti
la maggior parte dei rifugiati appena arrivati lavoravano in
Libia ma provenivano da altri Paesi, per cui non avevano
la volontà reale di chiedere l’asilo in Italia o magari volevano ma non potevano ottenerla, dato che fuggendo dalla
Libia erano scappati verso l’Italia invece che verso il loro
Paese d’origine (la Convenzione di Ginevra non prevedeva questa possibilità).
La strategia del governo italiano consiste nel finanziare
centri d’accoglienza o anche semplici hotel con 46 euro
al giorno per ogni persona accolta (40 per gli alberghi) +
altre spese (ad esempio 15 euro per il traffico telefonico
mensile). Tuttavia molte di queste strutture non sono adatte per l’accoglienza, non essendo state scelte con bando
pubblico: non hanno i requisiti e non offrono gli standard
minimi d’accoglienza.
In Lombardia arrivano 2.856 profughi, accolti in 286 strutture (il Comune di Milano sceglie giustamente di preparare
l’accoglienza solo in strutture organizzate). E’ sconcertante il caso di un albergo di San Zenone al Lambro, che,
non avendo fondi per pagare l’ICI, decide di accogliere
profughi nel mese di agosto; a settembre, però, le attivi-
tà commerciali riprendono le loro funzioni e ai clienti del
centro benessere, la cui porta d’ingresso si trova proprio
davanti all’hotel, potrebbe non essere gradita la vista di
tanti rifugiati: viene costruito un muro per dividere le due
entrate. A dicembre 2012, poi, per spingere gli immigrati ad
iniziare ad andarsene, i proprietari dell’albergo staccano il
gas e il riscaldamento. A dicembre.
Il 28 febbraio 2013 “scade” l’emergenza Nord Africa e tutti
i rifugiati vengono allontanati dai centri in cui erano accolti
con 500 euro a testa e la protezione umanitaria, così da
potersi liberare dalle richieste d’asilo e ricorsi da cui era
sommersa l’Italia in quel momento (per ottenere la protezione umanitaria bisogna rinunciare alla richiesta per quella
internazionale).
La questione che emerge dall’analisi degli avvenimenti,
sottolineata da Riccardo alla fine dell’incontro, è che l’Italia
ha la tendenza ad affrontare l’arrivo di rifugiati sempre e
solo in un’ottica di emergenza momentanea, come se fosse
un avvenimento particolare, che prima o poi finirà.
Ovviamente questa mentalità impedisce la reale volontà
a fissare delle regole più precise e tutelanti per coloro che
vengono accolti (l’idea è che se tanto prima o poi l’emergenza finisce non ha senso perdere tempo per fare leggi
che tutelino i rifugiati).
A questo si aggiunge un’altra tendenza, che va accrescendosi negli ultimi anni: l’idea che spesso molti rifugiati
fingano di essere perseguitati in modo da poter ottenere un
permesso per rifugiato politico (più tutelante, più duraturo e
più facilmente convertibile in cittadinanza, seppur dopo un
lungo percorso) invece che uno per motivi economici.
Il problema è che si ha l’impressione che coloro che
arrivano da fuori sotto sotto intendano ingannarci per ottenere il massimo dei benefici; in questo modo il tipo
d’accoglienza offerta dall’Italia è sempre piuttosto
–sgradevole, sempre proiettata a non confortare realmente
il rifugiato, ma a offrirgli una struttura di transito in modo
che senta comunque l’istinto ad andarsene...
Ciò che rende possibile tale atteggiamento è il pregiudizio
che sta alla base del concetto di tolleranza, che mette colui
che tollera in un’ottica di superiorità nei confronti di chi è
tollerato. A questo proposito, le parole di Jacques Derrida
sono crudeli ma del tutto veritiere:
“La tolleranza è innanzitutto carità. […] La tolleranza è
sempre la ragione del più forte, è un segno della
sovranità; è il buon viso della sovranità che, dalla sua
altezza, fa capire all’altro: non sei insopportabile, ti lascio
un posticino a casa mia, ma non dimenticarlo, sei a casa
mia…”.
Federica