Cass. civ., 1996, n. 2487 - risarcimento danni alla persona

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Cass. civ., 1996, n. 2487 - risarcimento danni alla persona
Cass. civ., sez. I 22-03-1996, n. 2487 - Pres. Corda M - Rel. Ferro V - P.M. Palmieri P (Diff.) - Min. Trasporti
c. P.P.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 28 luglio 1987, P. P., premesso:
che il 15 agosto 1984, mentre viaggiava sul treno AT 21 delle Ferrovie Sud Est proveniente da Bari e diretto a
Putignano, a causa della improvvisa rottura del vetro del finestrino dell'automotrice di coda sulla quale prendeva
posto, era stata investita al volto da frammenti di vetro;
che la stessa era stata ricoverata dapprima presso l'ospedale di Carbonara e poi presso la clinica oculistica
dell'Università di Bari, con diagnosi di […] e sottoposta ad intervento chirurgico all'occhio;
che l'attrice aveva, il 14 novembre 1984, proposto querela nei confronti di chiunque avesse a risultare
responsabile dell'accaduto;
che il procedimento penale promosso nei confronti di B.G., quale legale rappresentante della Ferrovie Sud Est.
s.p.a., in ordine al reato di cui all'art. 590 c.p., nel quale essa P.P. si era costituita parte civile, si era concluso
con la sentenza 26 giugno 1987 con la quale il Pretore aveva dichiarato non doversi procedere a carico del B.
per essere il reato estinto per intervenuta amnistia ai sensi del D.P.R. 16 dicembre 1986 n. 865;
conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Bari la società Ferrovie Sud Est s.p.a. in persona del suo legale
rappresentante in carica per sentir pronunciare a carico della stessa declaratoria di responsabilità esclusiva, sia
a titolo contrattuale sia a titolo extracontrattuale, con conseguente condanna generica al risarcimento dei danni
patrimoniali e non patrimoniali, da determinarsi in successiva fase del medesimo giudizio con la attribuzione di
una provvisionale immediatamente esecutiva.
Costituivasi in giudizio il Ministero dei Trasporti, Gestione Commissariale Governativa delle Ferrovie del Sud Est,
subentrata alla società Ferrovie Sud Est. s.p.a. in virtù del D.M. 20 settembre 1965, che eccepiva,
preliminarmente, la prescrizione dell'azione di responsabilità contrattuale, e, nel merito, contestava la fondatezza
della domanda sia sotto il profilo contrattuale che sotto quello extracontrattuale sostenendo che nessuna
responsabilità poteva essere attribuita all'amministrazione, sia perchè la rottura del vetro era stata provocata dal
lancio, effettuato dall'esterno, di un sasso ad opera di persona rimasta ignota, sia perchè trattavasi di vetro di
sicurezza conforme ai requisiti di cui alle norme di legge e di regolamento e ai criteri di comune prudenza in
tema di installazione dei vetri sui mezzi pubblici, regolarmente collaudato poco tempo prima del fatto.
Il Tribunale di Bari, con sentenza non definitiva 18 maggio/8 giugno 1990, dichiarava la società Ferrovie Sud Est
responsabile del sinistro occorso a P.P. il 15 agosto 1984, e condannava il Ministero dei Trasporti, Gestione
Commissariale Governativa Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici, a risarcire all'attrice i danni,
patrimoniali e non patrimoniali, da lei subiti, da liquidarsi nell'ulteriore corso del giudizio, e, allo stato, a
corrispondere alla P. la somma di lire 30.000.000 a titolo di provvisionale sulla liquidazione definitiva.
Avverso la suddetta sentenza proponeva appello il Ministero dei trasporti, chiedendone la totale riforma con la
reiezione della domanda risarcitoria della P., riproponendo l'eccezione relativa alla prescrizione, deducendo la
mancanza della prova del danno da parte dell'attrice, negando la configurabilità di estremi di responsabilità
contrattuale o extracontrattuale a carico della amministrazione.
Con sentenza 11 giugno /21 luglio 1993 la Corte di Appello di Bari confermava l'impugnata sentenza.
Ricorre per cassazione il Ministero dei Trasporti, Gestione Commissariale Governativa Ferrovie Sud Est e
Servizi Automobilistici.
P.P. resiste con controricorso.
Motivi della decisione
Col primo motivo, sotto il riferimento a "violazione art. 1691, 2043, 2697, 2935, 2943, 2945, 2951 c.c.; art. 112,
115 c.p.c.; omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione; il tutto ai sensi dell'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.", il
ricorrente censura la sentenza della Corte di Bari nella parte avente ad oggetto l'eccezione di prescrizione,
rigettata sulla base del rilievo che la costituzione di parte civile ha avuto effetto interruttivo permanente non solo
in ordine alla azione di responsabilità; extracontrattuale ma anche in ordine all'azione di responsabilità
contrattuale: assume al riguardo il ricorrente che la costituzione di parte civile nel processo penale dovrebbe
ritenersi dotata di efficacia interruttiva circoscritta alla pretesa risarcitoria fondata sull'illecito e non estesa alla
pretesa correlata all'inadempimento contrattuale, e che, anche a voler riconoscere alla costituzione di parte civile
effetto interruttivo incidente sull'azione contrattuale, la prescrizione risulterebbe maturata, dovendosi ritenere,
nell'ipotesi di estinzione del reato, tale effetto esaurito nel compimento dell'atto con carattere istantaneo e non
permanente.
Con il secondo motivo, viene dedotta "violazione art. 2043, 2697 [c.c.], 112, 115, 132 [c.p.c.], 118 disp. att.
c.p.c., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, il tutto ai sensi dell'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.," Di questo
secondo profilo di censura conviene anticipare l'esame, per rilevare l'infondatezza delle critiche con esso rivolte
e quella parte della motivazione della impugnata sentenza nella quale la Corte territoriale afferma la sussistenza
di estremi di responsabilità extracontrattuale, e per trarne la consequenziale constatazione dell'assorbimento
della prima doglianza per carenza di apprezzabile interesse a mantenere ulteriormente in vita la discussione
sulla configurabilità congiunta della prospettata responsabilità contrattuale. La critica del ricorrente al riguardo si
articola nelle seguenti proposizioni: la Corte d'Appello avrebbe fondato il proprio convincimento sul recepimento
degli argomenti addotti dal Tribunale, accedendo così indebitamente ad una motivazione per relationem;
immotivata risulterebbe, in difetto di consulenza tecnica ad hoc, l'affermazione della non conformità del vetro del
finestrino ai requisiti imposti dalla scienza e dalla tecnica; non sarebbe dato conoscere a quali norme giuridiche
in materia la Corte di appello abbia inteso fare riferimento; ed infine, "se l'illecito è stato commesso dalle
Ferrovie Sud Est che all'epoca gestivano la ferrovia, è quella società che deve rispondere e non la gestione
commissariale che non subentra nei rapporti (tanto più se illeciti) del precedente gestore se non in forza di una
espressa norma di legge, come in materia di rapporto di lavoro". Della questione da ultimo prospettata,
astrattamente idonea a rivestire preliminare rilievo, devesi rilevare, in adesione alla eccezione puntualmente
prospettata dalla controricorrente, la inammissibilità nella presente sede, trattandoci di questione che investe la
legittimazione passiva intesa come sussistenza in capo alla parte destinataria della domanda della titolarità
passiva della situazione obbligatoria dedotta in giudizio, come tale non suscettibile di essere rilevata d'ufficio, e
in concreto mai contestata dal Ministero dei Trasporti oggi ricorrente, che si è costituito nel procedimento di
primo grado dichiarandosi subentrato alla società concessionaria e accettando il contraddittorio in tutta la sua
dimensione di merito. La motivazione della sentenza qui denunziata si sottrae alla denunzia di inadeguatezza
strutturale, perchè "la motivazione della sentenza per relationem è legittima quando il giudice di appello, pur
richiamando nella sua pronuncia gli elementi essenziali della motivazione della sentenza di primo grado, confuti
tuttavia le censure contro di essa formulate con il gravame" (così, ex pluribus, Cass. 21 giugno 1993 n. 6859).
Quanto al mancato esperimento di consulenza tecnica, è sufficiente ricordare il costante insegnamento della
giurisprudenza di questa Suprema Corte secondo cui non è sindacabile in sede di legittimità la valutazione del
giudice del merito circa la necessità o meno di integrare le proprie conoscenze in ordine a particolare aspetti
problematici scientifici o tecnici mediante il ricorso all'ausilio di un consultante tecnico. Il problema si sposta,
quindi, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 360 c.p.c., sul piano della verifica della rilevanza motivazionale, della
attendibilità intrinseca, della congruenza logica e della correttezza giuridica degli argomenti ai quali il giudice
stesso, sulla base di elementi aliunde acquisiti, abbia affidato la formazione del proprio convincimento. Ci si
avvicina così a quello che costituisce il nucleo essenziale ed esauriente della ratio decidendi. L'affermazione di
estremi di comportamento colposamente omissivo per mancata adozione di doverose cautele preventive si
pone, nel contesto motivazionale oggetto del presente riesame, in relazione implicita ma inequivocabile con un
obbligo giuridico di ordine generale emergente da norme giuridiche agevolmente individuabili nel Regolamento
per la polizia, la sicurezza, la regolarità delle strade ferrate approvato con R.D. 31 ottobre 1973 il cui art. 2
prescrive nel primo comma che "nell'esercizio delle ferrovie si dovranno prendere tutte le misure ed usare tutte
le cautele suggerite dalla scienza e dalla pratica per evitare qualsiasi sinistro" e nella più recente L. 11 luglio
1980 n. 753 il cui art. 8 con formula precettiva di contenuto coincidente dispone che "nell'esercizio delle ferrovie
si devono adottare le misure e le cautele suggerite dalla tecnica e dalla pratica atte ad evitare sinistri", il cui
tenore traduce nel concreto il dovere del neminem laedere da intendersi in funzione della natura e delle modalità
dell'attività esercitata dall'agente (e in particolari, trattandosi di un servizio pubblico, in funzione dell'affidamento
che esso ingenera nell'utente circa l'assenza di situazioni pericolose e insidiose), e la cui mancata espressa
specifica menzione da parte della Corte territoriale non incide sulla completezza e sulla adeguatezza della
motivazione trattandosi di dati normativi sui quali si era già ampiamente sviluppata la dialettica processuale nei
pregressi gradi di giudizio. E nell'applicazione delle citate disposizioni va tenuto presente il criterio, enunciato
altra volta da questa Suprema Corte in fattispecie del tutto analoga, dal quale questo Collegio non ritiene di
doversi discostare, secondo cui un accadimento del genere "certamente realizza una anormalità del servizio,
non potendosi dubitare che la rottura del vetro del finestrino si presenta come una deviazione rispetto
all'ordinato e regolare svolgimento del servizio stesso il quale deve assicurare al viaggiatore tutte le condizioni di
sicurezza e incolumità" onde l'utente "ha assolto l'onere probatorio ..... avendo provato l'anormalità del servizio e
il nesso di causalità tra questa e l'evento dannoso" mentre "il fatto che a provocare la rottura del predetto vetro
sia stata una pietra attiene invece alla prova liberatoria" incombente al soggetto gestore del servizio, ma "nella
sua obiettività non assolve in alcun modo alla prova che l'evento si è verificato per l'intervento di fattori inevitabili
o imprevedibili riconducibili al concetto di caso fortuito o forza maggiore o per fatto addebitabile al danneggiato o
a un terzo (Cass. 21 giugno 1984 n. 3672). E la affermazione della possibilità dell'applicazione al finestrino del
treno di vetri di tale struttura da impedire, in caso di rottura, la formazione e la dispersione di pericolosi
frammenti, è in se stessa tutt'altro che illogica e costituisce anzi, allo stato attuale della tecnica, un dato di
comune esperienza la cui utilizzazione da parte del 115 c.p.c.: restando così a carico del gestore l'onere (non
assolto) della dimostrazione che il contatto con il corpo estraneo sia avvenuto con modalità tali da rendere inutile
l'adozione delle suindicate cautele, e da attribuire allo stesso la rilevanza eziologica di fattore autosufficiente, e
perciò interruttivo della consequenzialità causale traente origine dalla condotta omissiva, agli effetti della
produzione dell'evento dannoso. Va quindi esente da censura l'applicazione che i giudici del merito hanno fatto
nel caso di specie dei criteri che governano la distribuzione dell'onere della prova in materia di responsabilità
aquiliana, col risultato decisionale sintetizzato nella affermazione conclusiva che "deve ravvisarsi anche la
responsabilità per colpa ex art. 2043 c.c.".
Tale conclusione comporta, nelle sue ulteriori conseguenze, un effetto satisfattorio a favore della P. assorbente
(anche in considerazione della risarcibilità del danno non patrimoniale) di quello che risulterebbe correlato al
riconoscimento di una eventuale concorrente responsabilità da inadempimento contrattuale. Resta quindi privo
di rilevanza il problema dell'affermazione della responsabilità della ricorrente Amministrazione anche ai sensi
dell'art. 1681 c.c. che ha formato oggetto della prima parte della motivazione della impugnata sentenza e che
forma oggetto del primo motivo dell'attuale ricorso, con specifico riferimento alla questione relativa alla
prescrizione dell'azione contrattuale.
Si fa luogo pertanto al rigetto del ricorso, al quale consegue la condanna della parte ricorrente e soccombente al
rimborso, in favore della intimata resistente, delle spese del presente giudizio, nella misura indicata nel
dispositivo.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; e condanna la parte ricorrente al rimborso in favore di P.P. delle spese del presente
giudizio liquidate in lire 300.000 oltre lire 3.000.000 per onorari.