Maiali OGM per il trapianto degli organi

Transcript

Maiali OGM per il trapianto degli organi
Copia di 6e228950c1f1108dca69cfaeccee831a
Pianeta scienza
MARTEDÌ 6 OTTOBRE 2015 IL PICCOLO
Oggi alle 17, in Corso di Porta
Romana 118/A, a Milano, si terrà un incontro per scoprire come sia possibile svelare la struttura e il comportamento di atomi e molecole, lavorando... con
un raggio di luce. Ma anche per
ascoltare storie, idee e prospettive di giovani scienziati, o per
scoprire a quali tecnologie stiano lavorando.
Maurizio Melis, conduttore
della trasmissione Smart City di
Radio 24, dialogherà con il pubblico e con sei innovatori e ricercatori di Elettra Sincrotrone Trieste, che produce una luce miliardi di volte più brillante di quella
Sincrotrone, un raggio di luce si presenta a Milano
solare, con cui rispondere alle
domande più diverse sulla natura della materia. Fra le sfide
scientifiche raccontate, anche
quella del laser Fermi: una scommessa vinta dalla comunità
scientifica italiana, capace di
“filmare” le dinamiche ultraveloci che avvengono a livello molecolare. A parlare di innovazione
interverranno Stefano Casaleggi, direttore generale dell’Area
Science Park di Trieste, e Carlo
Ranalletta Felluga, presidente
del Gruppo Giovani Imprenditori Venezia Giulia.
Rivolto a tutti gli amanti della
scienza e della tecnologia, l’incontro rientra in una collana di
attività tutte dedicate alla luce e
promosse
dall’Associazione
Schola dell’Hospitale dei Pellegrini SS. Pietro e Paolo, che sostiene i giovani che si stanno affacciando al mondo del lavoro.
Fra le iniziative anche una mostra ospitata nella stessa sede e
visitabile proprio fino a oggi:
quaranta opere di grafica nate
da un concorso organizzato per
lanciare talenti under 35.
L’iniziativa, pensata per celebrare l’Anno Internazionale della Luce, viene da un’idea di Maurizio Prete, presidente dell’Associazione Schola dell’Hospitale
dei Pellegrini e amministratore
delegato della Redaelli, azienda
insediata nel Canale navigabile
del Porto di Trieste, ed è diventata anche un’occasione per raccontare in un contesto informa-
le le eccellenze del Friuli Venezia Giulia, unendo le esperienze
di realtà scientifiche e imprenditoriali e con un’attenzione particolare ai giovani.
L’incontro è promosso da
Elettra Sincrotrone Trieste e
Area Science Park, in collaborazione con l’Associazione Schola
dell’Hospitale dei pellegrini.
Con la partecipazione del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Friuli Venezia Giulia e
il Patrocinio della regione Friuli
Venezia Giulia e con la Media
partnership di Radio 24.
Informazioni su www.elettra.
eu/lineediluce
Così le cellule dettano il pensiero
Parla il Premio Nobel norvegese Edvard Moser, che è stato ospite a Trieste
di Federica Marchesich
Non ci pensiamo perché è innato, ma in che parte del cervello
risiede la capacità umana di
orientarsi? Durante un percorso come facciamo a tornare al
punto da cui siamo partiti e come facciamo a capire dove ci
troviamo? Ebbene, qualcuno si
è preso la briga di scoprirlo per
eventuali futuri sviluppi della
medicina.
Tra i momenti più attesi della passata edizione di Trieste
Next c'è stato sicuramente l'incontro con il premio Nobel per
la fisiologia e medicina Edvard
I. Moser, scienziato norvegese
aggiudicatosi nel 2014 l'ambito
riconoscimento insieme a John
O'Keefe e alla moglie May-Britt
Moser. A lui abbiamo rivolto alcune domande.
Lei si è laureato dapprima
in psicologia ed ha scelto poi
un dottorato di ricerca in neurofisiologia. Come ha deciso
di passare dal "pensiero" alle
"cellule" e cosa l'ha portata a
questa scelta?
«Sono stato interessato alle
basi neurali della conoscenza e
del comportamento fin dall'inizio dei miei studi in psicologia.
Le neuroscienze erano una piccola parte del percorso di studi
in psicologia a quel tempo, soprattutto a livello universitario,
Edvard I.Moser in piazza dell’Unità, a Trieste, per Next 2015
ma con l'aiuto di alcuni docenti ho avuto accesso agli interessanti sviluppi della ricerca a
quell'epoca: le basi neurali dell'
apprendimento, i meccanismi
della visione, ecc. Questo ha
catturato la mia attenzione e da
allora sono sempre rimasto interessato all'interfaccia tra psicologia e biologia. In questo
contesto la transizione alla neurofisiologia dopo la laurea è stata una conseguenza naturale».
Gli studi in psicologia han-
no avuto un ruolo nelle sue
conquiste scientifiche?
«Sì, io so come concettualizzare e misurare il comportamento e so le possibilità e i limiti di questo campo. Quando
cerco di capire il cervello, tengo
sempre presente la prospettiva
funzionale (psicologica). Ed è
stato proprio un caso favorito
dalla sorte dal momento che
adesso siamo in grado di affrontare le questioni funzionali».
È affascinante come sua mo-
glie sia anche una sua collega.
Come vi siete conosciuti e
quando avete cominciato la ricerca che vi ha portato al Nobel?
«Ci incontrammo all'inizio
dei nostri studi universitari in
psicologia. Decidemmo di studiare e più tardi lavorare insieme. Condividevamo lo stesso
interesse per le basi biologiche
del comportamento e della conoscenza. Dopo esserci laureati e dopo i nostri brevi dottorati
in Gran Bretagna ottenemmo
lavoro nello stesso istituto e costruimmo il laboratorio dove
conducemmo i primi studi sulle "place cells" (cellule di posizione) e su quelle che sarebbero diventate note come cellule
"grid" (cellule a griglia)».
Qual è il suo obiettivo ora?
«Uno dei nostri obiettivi, ora
che abbiamo scoperto un certo
numero di tipologie di cellule
funzionali nel sistema di posizionamento, è capire come
queste cellule lavorino assieme, come interagiscono nel generare una rappresentazione
dello spazio capace di guidare
il comportamento».
E c'è anche un contributo
della Sissa di Trieste a questa
grande scoperta che ha portato all'assegnazione del Nobel:
dal 2002 Alessandro Treves,
neuroscienziato della Sissa ap-
Come pezzi di un grande meccano
Sulla rivista Structure il metodo di analisi delle molecole sviluppato alla Sissa
Anche con informazioni frammentarie è possibile capire
quali sub-unità meccaniche
costituiscono una proteina e
come queste si muovono le
une rispetto alle altre, per stabilire come la molecola svolge
le sue funzioni. Un gruppo di
ricerca della Sissa (in collaborazione con la Temple University di Philadelphia) ha sviluppato per questo scopo un nuovo metodo di analisi al calcolatore della dinamica interna
delle molecole, dimostrandone l’efficienza e versatilità. Lo
studio è stato scelto come sto-
ria di copertina dalla rivista
Structure.
Possiamo immaginare le
molecole come costituite da
un certo numero di tasselli, liberi di muoversi gli uni rispetto agli altri con un certo grado
di libertà, come i pezzi del
meccano che pur incastrandosi fra loro mantengono la possibilità di muoversi e ruotare.
Conoscere come le sub-unità
proteiche si muovono è importante per comprendere la funzione della proteina, per questo motivo gli studi sulla dinamica interna molecolare han-
no attratto negli ultimi anni
l’attenzione degli scienziati.
Spesso però, che siano dati
sperimentali o ricavati da modelli al computer, le informazioni a disposizione del ricercatore sono frammentarie. «È
un po’ come se avendo a disposizione solo pochi ‘fermi
immagine’ di un filmato si dovesse ricostruire l’intera storia», spiega Luca Ponzoni, dottorando della Scuola Internazionale Superiore di Studi
Avanzati di Trieste e primo autore della nuova ricerca. «A volte abbiamo solo qualche
Galileo. Koch. Jenner. Pasteur. Marconi. Fleming...
Precursori dell’odierna schiera di ricercatori
che con impegno strenuo e generoso (e spesso oscuro)
profondono ogni giorno scienza, intelletto e fatica
imprimendo svolte decisive al vivere civile.
Incoraggiare la ricerca significa
optare in concreto per il progresso del benessere sociale.
La Fondazione lo crede da sempre.
‘istantanea’ della dinamica interna di una proteina e dobbiamo da qui ricostruire la sua
funzione».
Nel loro studio Ponzoni e
colleghi hanno sviluppato una
metodologia
chiamata
Spectrus, che permette di
identificare le
sub-unità
“semi-rigide” che costituiscono le proteine e ricostruire il loro movimento a partire da poche informazioni. «Conoscendo la dinamica interna possiamo capire cose importanti»,
spiega Cristian Micheletti, professore della Sissa che ha coor-
punto, collabora con la coppia
vincitrice del Nobel.
«La ricerca del Settore Neuroscienze Cognitive della Sissa si
concentra infatti sulla relazione tra l'organizzazione del cervello ed il comportamento.
Una linea di ricerca usa tecnologie innovative per imparare
come i processi di linguaggio e
di ragionamento vengono acquisiti dal neonato. Un'altra linea di ricerca indaga su come
la conoscenza, i ricordi e i programmi per il controllo motorio siano conservati nel cervello mentre studi teoretici e computazionali si rivolgono al ruolo dell'ippocampo e della corteccia cerebrale nella conservazione della memoria. In quest'
ultimo ambito viene svolta
l'analisi di modelli matematici
e, come già affermato dallo
stesso Treves in precedenti interviste, una delle cose straordinarie che contraddistingue i coniugi Moser è proprio la loro capacità di trovare collaborazioni
fruttuose con colleghi scienziati che hanno competenze diverse dalle loro. Per i loro studi sono quindi ricorsi alle conoscenze nel campo dell'analisi di modelli matematici che si fanno alla Sissa e che sono molto vicini
alle analisi sperimentali che loro conducono».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
dinato lo studio. «Prendiamo
per esempio un enzima: dove
due sub-unità si congiungono
di solito si trovano i siti attivi
che legano altre molecole
all’enzima, che cosi può svolgere la sua funzione di catalizzatore».
«Il metodo che abbiamo usato si è dimostrato efficiente e
affidabile”, continua Ponzoni.
“Per esempio, è in grado di
identificare correttamente i
moduli meccanici di una proteina partendo anche solo da
pochi fotogrammi, per restare
nella metafora, fornendo predizioni consistenti con quelle
basate su metodi molto più
complessi, e che necessitano
di interi filmati. I nostri risultati inoltre si sono rivelati coerenti con quelli di osservazioni
sperimentali».
QUESTA PAGINA È REALIZZATA IN COLLABORAZIONE CON
27
al microscopio
Maiali Ogm
per il trapianto
degli organi
di MAURO GIACCA
I
mmaginate un enorme edificio tecnologico che ospita
1,000 maiali ogni anno, completo di sale operatorie e di una
piattaforma da cui partono elicotteri diretti in vari ospedali,
per trasportare organi di maiale
da trapiantare nei pazienti. Fantascienza? Forse ancora sì, ma
non tanto lontana, visto questo
è l'obiettivo dichiarato della Revivicor, un'azienda biotecnologica in Virginia, negli Stati Uniti.
Le statistiche dicono che ogni
giorno più di 20 pazienti muoiono perché non riescono ad avere
un organo da trapiantare e che
le persone nelle liste di attesa dei
trapianti sono 20 volte di più della disponibilità di organi. Ecco
che allora trovare fonti alternative per reni, cuori, polmoni e fegati diventa una necessità impellente. Il problema degli xenotrapianti, ovvero dei trapianti tra
specie diverse, è però formidabile. Già negli anni '60 si provò a
trapiantare cuori di scimpanzé
nell'uomo: la maggior parte dei
pazienti morì entro poche settimane, a causa della feroce risposta immunitaria contro l'organo
trapiantato. Maiale e uomo, in
particolare, distano 80 milioni di
anni di evoluzione, e le cellule di
maiale esprimono una vasta serie di proteine che vengono riconosciute come estranee dal nostro sistema immunitario. Tutti i
tentativi di trapiantare organi di
maiale nell'uomo sono finora finiti in maniera tragica; nel 1996,
un medico che trapiantò un cuore di maiale in un paziente in India fu persino arrestato per omicidio.
Ma è grazie all'ingegneria genetica che la Revivicor spera di
risolvere il problema. I suoi
scienziati hanno prima modificato geneticamente i maiali perché non esprimano, sulla superficie delle cellule, il galattosio,
uno zucchero contro cui l'uomo
produce anticorpi in grado di
scatenare una reazione di rigetto immediata. Poi hanno cominciato a inserire geni umani nel
Dna del maiale, in modo da
umanizzarne progressivamente
gli organi. Questi maiali Ogm
stanno cominciando a generare
risultati incoraggianti: è dello
scorso mese la notizia che un
cuore è sopravvissuto in un babbuino per 2 anni e mezzo e un
rene per oltre 4 mesi, due record
assoluti. Riusciranno i fautori
degli xenotrapianti a generare
animali sufficientemente umanizzati da cui prelevare organi
funzionanti e persistenti? E riusciranno anche a convincere le
autorità regolatorie che le cellule di maiale non sono già infettate o infettabili da virus che potrebbero trasmettersi all'uomo?
Difficile prevederlo ora. Con
buona pace della Revivicor, però, io continuo a sperare che sia
la medicina rigenerativa basata
sulle cellule staminali ad arrivare per prima a risolvere il problema ora drammatico dell'insufficienza funzionale degli organi.
©RIPRODUZIONE RISERVATA