1 ΑΣΠΙΣ ΑΜΦΙΒΡΟΤΗ (A. C. Cassio) Hom. Il. 11. 32 ἂν δ` ἕλετ
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1 ΑΣΠΙΣ ΑΜΦΙΒΡΟΤΗ (A. C. Cassio) Hom. Il. 11. 32 ἂν δ` ἕλετ
ΑΣΠΙΣ ΑΜΦΙΒΡΟΤΗ (A. C. Cassio) Hom. Il. 11. 32 ἂν δ’ ἕλετ’ ἀμφιβρότην πολυδαίδαλον ἀσπίδα θοῦριν Hom. Ιl. 12. 402 βεβλήκει τελαμῶνα περὶ στήθεσσι φαεινόν ἀσπίδος ἀμφιβρότης. ἀσπὶς ἀμφιβρότη si riferisce allo scudo miceneo (ca. 1600- 1500 a. C.) che ricopre tutto il corpo. In termini greci ἀμφιβρότη è composto con la preposizione ἀμφί e l'aggettivo basato sulla radice indoeuropea del verbo 'morire', che ha dato in greco βροτός, "mortale" e ἄμβροτος, "immortale". In pratica ἀσπὶς ἀμφιβρότη vuol dire "scudo che sta attorno alla persona mortale". Come si formano βροτός e ἄμβροτος? In Liddell - Scott - Jones βροτός è classificato come '"sostantivo poetico" e ἄμβροτος come "aggettivo poetico". Ma originariamente sono ambedue aggettivi, in particolare aggettivi verbali collegati alla radice IE (indoeuropea) che vuol dire "morire", che si presenta al grado pieno come *mer- e *mr- al grado zero. Diversamente da quello che accade in latino, greco classico e in molte lingue moderne, in IE [r] e [l] potevano funzionare da consonante o da vocale a seconda del contesto: immediatamente vicino a una vocale erano consonantiche, vicino a consonanti si vocalizzavano e funzionavano come una vocale breve. Così p. es. [r] era consonantico in una sequenza mr-i-, mentre in una sequenza mr-t- si realizzava come mr•-t; da notare che -r•- ('r sonante') aveva il valore di una vocale breve. Le r sonanti sono ancora vive in alcune lingue slave, p. es. ceco e serbo-croato (Brno, Hrvatksa [Croazia]). Di regola l'aggettivo verbale ha bisogno del grado zero della radice, per cui dalla radice *mer- la forma originaria ricostruita è *mr•tós, attestato in forma quasi intatta nel scr. mr•tah "morto". Il scr. aveva ancora perfettamente viva la categoria IE delle 'liquide sonanti', per cui [r] poteva funzionare come centro di sillaba: mr•tah aveva due sillabe, mr•. tah, di cui la prima breve perché perché [r] sonante funzionava come vocale breve. Questo significa che quando si creava l'aggettivo 'immortale, *amr•tos1 (scr. amr•tah) la sillabazione era *a. mr• .tos e le prime due sillabe erano ambedue brevi (˘ ˘ ; lunghezza o brevità della terza sillaba dipendevano da ciò che seguiva). L'aggettivo vedico *amr•tah è sillabato appunto nello stesso modo, a. mr•. tah e le due prime due sillabe sono metricamente brevi, ˘ ˘ . La natura vocalica di [r•] in vedico è evidente anche per il fatto che l'accento cadeva sulla r sonante; i testi vedici hanno vari sistemi per indicare gli accenti. *mr•. tós originariamente vuol dire 'colui al quale è inerente la morte' con significato ambiguo, indicando sia chi può morire sia chi è già morto. In latino mortuus viene della stesso grado zero (-or- è lo sviluppo latino delle r sonanti); significa esclusivamente 'morto' (presenta l'aggiunta di [u] che viene dal suo opposto 'vivus', e che si trova anche nelle lingue slave). In greco si sviluppa il significato "che può morire" = "vivo", probabilmente come 'contraltare' di ἄμβροτος "che non può morire". Come in altre lingue IE (lingue italiche, germaniche ) in greco, e a quanto pare già in miceneo, le liquide sonanti (prosodicamente = vocale breve) si erano trasformate in gruppi di consonante più vocale (a seconda dei dialetti [o] oppure [a]), p.es. -ρο- oppure -ορ-, -ρα- oppure -αρ-. Per l'aggettivo verbale *mr•. tós l'esito di gran lunga più attestato è -ρο-, il che dà in prima battuta μροτός (e qui si inserisce anche un problema dialettale, perché lo sviluppo -ρο- (e non -ρα-) si trova in miceneo, arcadico cipriota ed eolico (non dorico e ionico-attico). 1 a-‐ iniziale deriva da uno sviluppo di [n] sonante, per cui la vera forma ricostruita sarebbe *n•mr•tos ; scrivo a- per semplificare il discorso che verte invece sugli sviluppi di [r] . 1 Lo sviluppo -ρο- cambia le cose dal punto di vista prosodico, perché mentre nella vecchia situazione in *a. mr•. tos le prime due sillabe erano brevi (*a. mr•. = ˘ ˘ ), una volta creata la sequenza μρο- si ha come conseguenza che una vocale breve che precede questo gruppo viene a trovarsi in sillaba chiusa, quindi la sillabazione diviene ἄμ. ρο. τος: le prime sillabe non sono più due brevi, ma una lunga e una breve. La grafia μρο- trova quasi esclusivamente in alcuni nomi propri di epoca arcaica, come Σo#Σμροτίδας a Siracusa (VI sec. a. C: Dubois, Inscriptions grecques dialectales de Sicile no. 22), Κλεόμροτος a Sibari (Hansen, Carmina epigraphica graeca no. 394), Φιλόμροτος in Perrebia (citato da Dubois). Peraltro la sequenza -μρ- sembra (almeno graficamente) evitata dal greco e non è mai attestata nel greco letterario: si usa -μβρ- (v. qui di seguito). In una fase antica ma non antichissima, cioè in una fase in cui le 'liquide sonanti' si sono già sviluppate, ci aspettiamo quindi *ἀμφίμροτος, sillabato ἀμ. φίμ. ρο. τος. La seconda sillaba doveva essere lunga per forza, perché non è un caso di 'muta cum liquida' (MCL), ma una sequenza di nasale più liquida. Inoltre negli aggettivi composti -μρ- sviluppa un segmento di denasalizzazione β, quindi p. es. la grafia letteraria è Κλεόμβροτος; così pure ἄμβροτος, φιλόμβροτος, ὀλεσίμβροτος, τερψίμβροτος. Dal punto di vista prosodico con l'inserzione di [b] non succede nulla di rilevante perché il gruppo -μρ- già da solo causava la chiusura della sillaba precendente e di conseguenza la sua lunghezza prosodica. Diverso è invece il caso in cui μρ- si trova in inizio assoluto di parola. In questo caso la nasale di μρ- si denasalizza, quindi si ha βροτός, in cui il gruppo βρ- diventa un caso di MCL. Questo cambia la situazione, perché, nonostante di regola in Omero la sillaba davanti a MCL sia trattata come lunga, ci sono varie eccezioni. In tutti i dialetti, e non solo in attico, col passare del tempo, questi gruppi sillabici MCL (p. es. -κρ- -γρ- -τρ- -πρ- -βρ-) in cui le consonanti si ripartivano anticamente una sulla sillaba precedente, una sulla successiva, tendono a diventare gruppi iniziali della sillaba successiva, lasciando breve una eventuale vocale breve precedente. Cosi p. es. a data antica in ᾰγ. ρός la sillaba contenente ᾰ- funziona come lunga (anche se la vocale come tale rimane breve); più tardi il limite sillabico si sposta e in ᾰ. γρός non solo la vocale ma anche la sillaba è breve. Questo spostamente di limite sillabico viene chiamato, con una terminologia completamente scorretta dal punto di vista della linguistica moderna, 'correptio attica', cioè 'abbreviamento attico'. Non è un abbreviamento e non è solo attico. E' già visibile in Omero, anche se si presenta in un numero molto limitato di casi. La cosa interessante è che in Omero la tendenza è più accentuata quando i gruppi in questione sono in inizio assoluto di parola. Per βροτὸς la sillabazione tradizionale è ben testimoniata, p. es. Il. 3. 223 ἐρίσσειε βροτὸς ἄλλος (ἐ.ρίσ. σει. εβ. ρο. τὸ. σἄλ. λος). Ma il gruppo MCL in βροτός si trova in inizio assoluto di parola, e quindi il gruppo consonantico è 'aiutato' ad appartenere in toto alla sillaba successiva: Il. 9. 545 παύροισι βροτοῖσι (παύ. ροι.σῐ. βρο. τοῖ. σι). Qui la sillaba che precede βρ- rimane breve. In Omero i casi del tipo παύροισι βροτοῖσι sono abbastanza frequenti. Che cosa è successo nel caso di ἀμφιβρότη? Soluzione più probabile: l'epiteto è nato nel secondo millennio a.C.come *amphimr•ta# con una prosodia # ( ( #, quando le liquide sonanti non si erano ancora sviluppate. Quando si è incominciato a usare esclusivamente ἄμβροτος e βροτός gli aedi hanno cercato istintivamente una specie di 'meno peggio' prosodico tra le forme nuove e hanno scelto una forma artificiale ἀμφῐβρότη, sfruttando il fatto che βροτός poteva, in situazione isolata, lasciare intatta una breve precedente (caso παύροισῐ βροτοῖσι). In sostanza ἀμφιβρότη sembra il residuo 'camuffato' di una situazione linguistica antichissima riferita a un manufatto antichissimo. 2