Al roccolo tanta passione per un pugno di presicci
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Al roccolo tanta passione per un pugno di presicci
49 L’ECO DI BERGAMO MARTEDÌ 24 SETTEMBRE 2013 ARTI VENATORIE & SOCIETÀ a Per i capannisti specie ridotte della metà a I roccoli sono una questione di numeri. Lo dice Maurizio Volpi, presidente dell’Atc Prealpino che si trova a dover gestire 2.030 titolari di appostamento fisso dei 3.200 presenti sull’intero territorio bergamasco. La delibera regionale ha dettato il quorum massimo dei presicci catturabili ed è stata una ve- ra mazzata per i capannisti bergamaschi che si vedono ridotti di ben 5.550 uccelli. (14.022 l’anno scorso; 8.466 quest’anno). «In particolare - sostiene Volpi - ci vediamo ridotti quasi del 50% le specie più ambite dai cacciatori: tordo sassello e cesena. Come Atc prealpino, con la collaborazione della commissione migratoria, abbiamo già attivato i nostri centri di raccolta e relativa distribuzione. Un impegno oneroso che portiamo avanti orgogliosi a tutela di questa forma di caccia tra le più antiche della nostra storia». La Provincia ha stabilito che i richiami vivi possono essere assegnati agli aventi titolo con i seguenti limiti: un solo esemplare di tordo sassello o cesena; un solo esemplare di merlo; fino a due capi di tordo bottaccio e allodola. Uno sforzo è stato chiesto anche ai roccolatori nel limitare il numero dei richiami di cattura che il titolare dell’impianto può trattenere fino a un massimo di 5 tordi sasselli e 5 cesene. «La novità - continua Maurizio Volpi - riguarda il criterio di equità ed economicità nell’assegnare gli impianti di cattura agli Atc e Comprensori alpini in base al numero dei cacciatori titolari di appostamento fisso autorizzati. Pertanto ogni Atc/Ca provvederanno a trasferire agli altri Atc/Ca i capi catturati dagli impianti loro assegnati, ma eccedenti il numero dei capi spettanti.». ■ Magnifico esemplare di tordo sassello ©RIPRODUZIONE RISERVATA a Al roccolo tanta passione per un pugno di presicci Monica Dentella, dell’impianto di cattura Magret sul Monte Poieto lancia l’allarme contro la chiusura del 2017 e sul problema degli anellini EZIO PELLEGRINI a È l’alba. Egidio, Monica e Roberto si danno da fare per tendere le reti. Da ieri, al roccolo Magret di Aviatico, situato su una sella vicino al Monte Poieto, è partita l’attività di cattura; e per la famiglia Dentella saranno giorni frenetici, che vedrà tutti impegnati fino a sera, quando il sole scompare dietro le montagne. Sempre che non intervenga un qualche ricorso al Tar, che qui - visto l’andamento degli ultimi anni - se lo possono anche aspettare. Quella dell’uccellagione per Egidio Dentella, 67 anni, è una passione che non ha confini. Ha iniziato nel 1964 e negli anni Settanta ha costruito l’attuale casello adibito alle attività del roccolatore, da dove dirigere le operazioni e osservare i movimenti delle passate. Il disegno del roccolo del Magret non è quello tradizionale circolare, come si è soliti vedere; bensì si estende per un centinaio di metri anche in longitudinale lungo il crinale. La cura delle potature e la sapiente distribuzione delle piante è tale che trasforma questo luogo in un giardino. Vera e propria architettura vegetale. Il nome Magret nasce dal luogo, che ha una forte pendenza. Qui si raccoglieva il fieno magro, perché la pendenza impediva di concimare i prati e l’erba cresceva meno grassa che da altre parti. «Ancora oggi, nei prati sotto il roccolo raccogliamo il fieno dice Monica - che trasportiamo a casa trasportandolo sulle spalle. Una faticaccia». A dare una mano a papà, c’è la figlia Monica (41 anni) che oltre ad aiutare al roccolo, deve badare alle mucche. «Sono mucche da latte - dice - e ogni giorno alle 5 vado alla stalla per accudirle». Monica poi, da buon tecnico informatico, si reca a Zogno, al complesso della scuola Camanghè a risolvere i problemi che ogni giorno sorgono con i computers. I lavori al roccolo Al roccolo, abilitato alla gestione c’è anche Roberto e una serie di collaboratori, il cui aiuto è preziosissimo: Guerino, Massi- 2 1) Egidio Dentella al roccolo; 2) Monica Dentella guida l’attività didattica estiva; 3) un particolare dello sviluppo longitudinale; 4) la differenza degli anellini: in alluminio quelli in uso da quest’anno; 5) nonno Egidio, la figlia Monica e il nipote Michele 1 3 mo, Erika, Ausilia, Renato e Leone si alternano quando possono perché tutto proceda per il meglio. «Quest’anno - dice Roberto, marito di Monica - ho dedicato 250 ore di lavoro effettivo alla cura di questo roccolo. È la mia passione più grande; adoro il canto dei tordi. D’estate vago per i boschi ad ascoltare il loro canto». E pensare che la Regione, per il 2017, prevede la chiusura di questi impianti. «Mi piange il cuore - dice Egidio Dentella -. Meglio non pensarci. Speriamo che cambi qualcosa. Chi non ha vissuto i nostri anni di gioventù in montagna, non può capire. Qui non c’era niente e l’unica oc- «Questi anellini rovineranno i tarsi degli uccelli e anche le uova alla cova» casione ricreativa la si è trovata nella natura; chi con la caccia e chi, come me, nell’uccellagione». «Se chiudono le catture agli uccelli selvatici - continua Monica -, i roccoli finiranno per essere abbandonati. Perderemo un’antica tradizione e la montagna e i boschi avranno qualcosa di meno. Anche i nostri giovani perderanno qualcosa. Il roccolo 4 appartiene alla nostra cultura rurale. D’estate apriamo il roccolo alle visite didattiche. I turisti che provengono da Milano o da fuori provincia, quando arrivano qui rimangono incantati da tanta bellezza». Catture e anellini Ogni anno i prelievi possibili agli impianti di cattura autorizzati sono sempre meno. «È sempre peggio. Non ne vale più la pena - dice Egidio -. Non c’è proporzione tra le catture possibili e gli sforzi che si fanno per mantenere vivo l’impianto». «Quest’anno ci autorizzano a un totale di 236 esemplari, tra le varie specie di tordi bottaccio e sassello, cesene e merli - continua Monica -. Riusciremo a dare forse un solo uccello ad ogni cacciatore. Ma a questo si deve aggiungere un altro problema: quello degli anellini. Guardi spiega Monica Dentella - questi sono gli anellini che ci hanno imposto. Sono più grossi di quelli che avevamo prima e sono di alluminio. Questi tagliano i tarsi agli animali; sono grossi. Sarà un problema. Non potevano lasciare quelli di plastica che utilizzavamo prima? So che in Veneto hanno trovato una soluzione, incidendo i numeri col laser». «Questi anellini - dice Egidio Dentella - rischiano di rompere anche le uova durante la 5 cova. Ma chi decide come fa a non capire certe cose?». «Un ultimo aspetto - conclude Monica - lo vorrei dire sull’Ispra che non dà la possibilità di abilitare con regolare esame nuovi addetti alla gestione dei roccoli». Intanto si è fatto mezzogiorno. Dalla valle stanno salendo le donne più anziane. Vengono a portare il pranzo. In fondo l’attività dell’uccellagione è un momento di festa, dove l’armonia della natura si unisce a quella familiare. E tutti insieme, piccoli e grandi, coltivano e fanno crescere la stessa passione, attorno a un gustoso piatto di polenta e stufato. ■ ©RIPRODUZIONE RISERVATA