Lavoro di cura, guerra fra povere

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Lavoro di cura, guerra fra povere
Le Monde diplomatique il manifesto FEBBRAIO 2017 23
diploteca
INTERVISTA A SABRINA MARCHETTI/VERSO L'8 MARZO
ANTICIPAZIONE
Lavoro di cura, guerra fra povere
A
ll’incontro nazionale di Non una di meno, che
ha riunito a Bologna il movimento delle donne in vista dello sciopero globale dell’8 marzo,
uno degli otto tavoli in discussione è stato quello sul
Femminismo migrante. Lì abbiamo incontrato Sabrina Marchetti. Professoressa associata all’università
Ca’ Foscari di Venezia, Marchetti si occupa di razzismo e sessismo, in particolare rispetto ai diritti delle
lavoratrici domestiche del mondo. Su questo tema, ha
preso parte a un’importante ricerca collettiva, a cura
di Raffaella Maioni e Gianfranco Zucca, pubblicata
da Ediesse a dicembre con prefazione di Livia Turco
e postfazione di Maria Gallotti.
Il libro racconta «chi sono, cosa
fanno e come vivono le badanti
che lavorano in Italia», paese ai
primi posti in Europa per numero di lavoratrici domestiche e di
cura: 886.000 quelle regolarmente
iscritte all’Inps nel 2015. Il volume offre, però, anche un’ampia
contestualizzazione a livello internazionale con l’obiettivo di evidenziare il nesso
VIAGGIO NEL LAVORO DI CURA tra globalizzazioMaioni R., Zucca G. (a cura di)
ne, disuguaglianze
Ediesse, 2016, 12 euro
e lavoro di cura.
Si tratta di un lavoro collettivo realizzato grazie
all’impegno di un’associazione di lavoratrici domestiche e di cura, di solito definite badanti, con il supporto delle Acli, la cui organizzazione è presente su
tutto il territorio nazionale e spesso anche nei paesi di
provenienza delle migranti, per esempio in Sudamerica. Questo ha reso possibile preparare una serie di
questionari in 177 comuni d’Italia per un totale di 877
interviste: forse la più grande inchiesta sulla quotidianità delle lavoratrici domestiche e di cura. Abbiamo
NI UNA MENOS
Degender Communia
Alegre, 2016, 5 euro
«Noi ci fermiamo. Contro quelli che vogliono fermarci...
Noi ci fermiamo. Perché non ci fermino con la loro
pedagogia criminale... perché libertà vuol dire smontare
definitivamente il patriarcato». Il documento letto dal
collettivo Ni una menos in Plaza de Mayo, a Buenos Aires,
al termine della manifestazione del 19 ottobre 2016
contro la violenza sulle donne, conclude il volume Ni una
menos, a cura di Degender Communia, edito da Alegre. Il
collettivo, che partecipa al movimento delle donne verso
lo sciopero globale dell’8 marzo, offre il suo sguardo sulla
grande manifestazione che si è
svolta a Roma il 26 novembre
del 2016, e sull’assemblea del
giorno successivo, che ha riunito
oltre 1200 donne. Numeri
ancora in aumento nell’incontro
nazionale a Bologna del 4-5
febbraio. «La violenza sulle donne
è uno dei marchi più significativi
lasciati sui corpi dai rapporti
di potere del nostro tempo»,
scrive il collettivo, che propone
in questa chiave articoli, interviste e testimonianze (due
i contributi di Cinzia Cirillo). La violenza «è fatta anche
da leggi dello stato, e le leggi hanno a che fare con la
classe. La crisi prodotta dal neoliberismo e dalla dittatura
dei mercati finanziari induce il capitalismo ad affidare i
propri affari alle destre razziste, sessiste e omofobe». Un
attacco frontale che, però, «provoca straordinarie risposte
femministe e lesbiche»: dalla Polonia, all’America latina e
ora anche in Italia.
SOCIAL FEMMINISMO
Stefano Santachiara
Digitalpress, 2016, 19 euro
Ha voluto addentrarsi per sentieri arditi, Stefano
Santachiara proponendo il volume Social Femminismo,
Rivoluzioni storiche delle donne, repressione e
conservazione al maschile. Classe 1975, autore di alcune
inchieste di successo. propone un
libro compilativo che parte da una
consapevolezza: «Il femminicidio è
una piaga che ci riguarda tutti. Non
si tratta di raptus di gelosia o di follia
ma dell’estrema conseguenza di una
serie di condotte violente e misogine,
figlie di una concezione proprietaria
che non accetta l’indipendenza
economica e psicologica della donna.
Occorre portare alla luce il gap tra
la parità formale e le discriminazioni
reali». Da qui la ricerca delle cause – storiche, economiche
e simboliche, in prospettiva marxista – del predominio
maschile e della «sopraffazione di genere». Dieci capitoli
e tante figure di donne che hanno segnato di sé la storia,
alcune delle quali più non compaiono nelle genealogie
addomesticate seguite alla sconfitta del ciclo di lotte degli
anni ‘70. (ge. co.)
Per gentile
concessione delle
edizioni Alegre,
anticipiamo parte della postfazione,
scritta da Tatiana Montella, tra le
protagoniste del recente movimento
Non una di meno. Il volume è in
libreria il 23 febbraio
Postfazione
L’8 marzo, dalla storia al presente
di Tatiana Montella
Dal volume di Lucha y Siesta Una mattina ci siam svegliate, storia, pensieri e immagini da una Casa delle donne autogestita (Round Robin, 2016, 15 euro)
indagato diversi elementi, sia
dove le domestiche di origine
EL ABORTO COMO DERECHO
sul piano della fruizione dei
indonesiana o filippina sono
DE LAS MUJERES
diritti lavorativi (l’esistenza
scese in piazza a fianco del
OTRA HISTORIA ES POSIBLE
di un contratto e i termini)
movimento degli studenti. E’
Ruth Zurbriggen e Claudia Anzorena (a
che su quello delle possibiun terreno molto fertile.
cura di)
li vulnerabilità sul luogo di
Herramienta ediciones, (Buenos Aires,
Qual è stato il suo oggetto di
lavoro. Sappiamo che spes2013, tel 05411-4982-4146), s.i.p
studio nel volume?
so le lavoratrici domestiche
Il volume El aborto como derecho de
che assistono persone malas mujeres Otra historia es posible,
La parte di cui mi sono
late o anziani con problemi
occupata, riguarda un tema
a cura di Ruth Zurbriggen e Claudia
fisici, di senilità o demenza,
assai delicato, quello dell’imAnzorena raccoglie i contributi presentati
rimangono nelle case per 24
magine che abbiamo del ladurante le XI Giornate nazionali di
ore e sono soggette a forme
voro domestico, che spesso
storia delle donne e del VI
di abuso, sia lavorativo che
non corrisponde alla realtà.
personale, psicologico o fiCongresso iberoamericano di
In Italia, viene svolto sopratsico. Abbiamo investigato
studi di genere, che si sono
tutto da donne migranti, per
il tema del benessere delle
svolti nel settembre del 2012
le quali rappresenta uno strudonne nel lavoro, il tipo di
a San Juan. Una iniziativa
mento di conquista dei diritti
professionalità che cercano
della Campagna nazionale
in quanto uno degli ambiti in
di proiettarvi, la possibilità
per il diritto all’aborto legale,
cui più facilmente viene cono meno di passare ad altre
sicuro e gratuito che le donne
cesso il permesso di soggiorforme di lavoro più qualifistanno portando avanti in
no. E così, anche donne che in
cate o di tornare a svolgere
Argentina. Dalla campagna
passato svolgevano un lavoro
quelle che esercitavano nel
(#Aborto legal, una deuda de la democracia),
più qualificato, finiscono per
proprio paese. Un lavoro
un progetto di legge per l’interruzione volontaria
lavorare in ambito domestico
complesso, portato avanti
della gravidanza «durante le prime quattordici
per avere di documenti, e poi
da un comitato scientifico di
settimane». Nata nel 2005, la campagna si
rimangono in quel lavoro per
diverse esperte, che si sono
radica negli Incontri nazionali delle donne che,
anni senza possibilità di ritorincontrate più volte nell’arco
dal 1986, si ritrovano per discutere. L’ultimo,
no alla professione di prima.
di circa due anni per elaboche si è svolto a Rosario, ha riunito oltre 80.000
L’esperienza del lavoro dorare un questionario molto
mestico è però spesso molto
donne: nel pieno del movimento Ni una meno,
articolato che si è avvalso del
lontana dall’immagine che ne
che ha dato impulso allo sciopero globale delle
supporto delle operatrici dei
abbiamo, spesso di una sorta
donne contro la violenza di genere.
cosiddetti Sportelli badandi nicchia protetta. Le miti nelle sedi di Acli Colf sul
granti, sono spesso soggette a
territorio, e dell’intervento di
violenze di diverso tipo all’interno della famiglia per
un ricercatore, Gianfranco Zucca, che ha realizzato
cui lavorano. Intanto, il contratto che firmano di sodei focus group di preparazione ai questionari. Zuclito è di 26 ore, il minimo per ottenere il permesso di
ca lavora nel centro di ricerca Iref. Ha curato il libro
soggiorno, ma che non corrisponde alla realtà perché
insieme a Raffaella Maioni, responsabile nazionale di
lavorano tutte full time e vivono nelle famiglie per 24
Acli Colf. Il lavoro è stato condotto da un gruppo di
ore/7 giorni su 7. Quindi anche un contratto e un perricercatrici esperte, attive presso università e centri di
messo di soggiorno ‘sulla carta’ non vanno visti come
ricerca indipendenti: Claudia Alemani, Raffaella Saruna conquista definitiva, perché poi occorre vedere
ti, Olga Turrini e Francesca Alice Vianello. Siamo un
quanto la lavoratrice sia consapevole dei diritti che a
gruppo abbastanza coeso che lavora insieme da anni
essi corrispondono: anche quello della consapevolezsu questa tematica, un esempio di piccola comunità
za, è un percorso. L’Italia è stata fra i primi paesi a
scientifica al femminile. Inoltre, da alcuni anni, esiste
ratificare la Convenzione Ilo 189. Si è però immediauna rete di ricercatrici a livello internazionale della
tamente posta in una contraddizione perché la C189
quale io sono la responsabile a livello europeo, che si
chiede che le lavoratrici domestiche abbiano gli stessi
è data come compito quello di sostenere il movimendiritti delle altre categorie e in realtà questo in Italia
to delle domestiche nel mondo. Il Research network
non avviene, nonostante la legge del 1958: per esemfor domestic workers’ rights è una rete di ricercatricipio sul divieto di licenziamento durante la maternità.
attiviste, che cerca di tener conto degli obiettivi che il
L’Italia è perciò inadempiente, e si teme che anche nel
movimento delle lavoratrici domestiche si sta dando.
rinnovo contrattuale adesso in via di definizione, non
verranno apportate le necessarie modifiche. C’è bisoUn movimento che si è reso visibile con la lotta in
gno di maggior visibilità sul tema. Spesso le famiglie
diversi paesi. Qual è la situazione in Italia?
stesse dicono alle badanti: «Hai fin troppi diritti, e
Il movimento esisteva già prima in diverse parti
uno stipendio fin troppo alto». E purtroppo questo ha
del mondo, ma in modo separato. In alcuni paesi, il
anche un fondo di verità perché a volte gli anziani che
lavoro domestico ha una lunga storia. In Italia esiste
sono obbligati a prendere una badante per la carenza
una legge che data del 1958. C’è stato un percorso di
di servizi pubblici hanno pensioni basse. E così si inunificazione in coincidenza con il 16 giugno del 2011,
nesca una guerra fra poveri.
con la Convenzione per i diritti delle lavoratrici doTemi che sono emersi nel tavolo sul Femminismo
mestiche approvata a Ginevra dall’Organizzazione
migrante.
internazionale del lavoro (Oil). Da allora, quella data
indica la giornata mondiale per i diritti delle domestiIl movimento delle donne si è posto di fronte a una
che. Quando l’Oil – che aveva già lavorato sul tema dei
grandissima sfida, quella di ragionare nella prassi
diritti del lavoro a domicilio – ha chiesto alle varie orsull’intersezione tra femminismo e razzismo, quindi
ganizzazioni nazionali di compilare formulari per far
sul classismo, sulla negazione dei diritti di cittadinancapire quale fosse la condizione del lavoro domestico
za e su tutti i possibili assi lungo i quali si costruisce
nei vari paesi, si è creato un network internazionale
la disuguaglianza in un contesto capitalista e neocoche ha messo in contatto donne di vari paesi e ha dato
loniale. Una sfida che ci interpella anche rispetto ai
luogo alla Federazione internazionale delle lavoratriprivilegi che ci dividono. Per questo è difficile trovare
ci domestiche, fondata nel 2012 in Uruguay con l’acparole che aggreghino. Speriamo di farlo per l’8 marcompagnamento dell’allora presidente Pepe Mujica. Il
zo e nella costruzione comune di un Piano femminiloro sito è International Domestic Workers Federation.
sta nazionale contro la violenza di genere.
Ci sono state battaglie interessantissime in Messico,
in Sudafrica, nelle Filippine, in India, a Hong Kong,
GERALDINA COLOTTI
OLTREFRONTIERA
Com’è nato questo libro e con quali intenti?
STORIA
DELLE STORIE
DEL FEMMINISMO
Cinzia Arruzza
e Lidia Cirillo
Alegre, 2017,
12 euro
Questo libro arriva in un momento
in cui il femminismo torna sulla
scena politica in tutto il mondo,
dall’Argentina alla Polonia, alla Turchia,
agli Stati Uniti, all’Italia, per ragioni e
con modi di organizzazione differenti.
La mobilitazione delle donne si è
dispiegata nell’arco del 2016 con
diverse temporalità ma si è data una
scadenza comune nell’8 marzo del
2017. Il giorno della donna è stato
dalle origini e per decenni un giorno
di lotta prima di essere ridotto a cene
fra amiche e a mazzi di mimose. Con
lo sciopero delle donne dell’8 marzo
del 2017 l’obiettivo è recuperare la
dimensione di lotta di quella data.
(…) È proprio attraverso lo sciopero
che ci si può riappropriare della storia
dell’8 marzo e di una pratica che è
alle origini del movimento femminista.
E con lo sciopero globale la partita in
gioco diventa anche la possibilità di
costruire connessioni tra diversi paesi.
Assume una dimensione globale non
solo a livello geografico, ma anche sui
temi: denuncia una ristrutturazione
dell’economia mondiale basata sulla
finanziarizzazione, il neoliberismo e
la messa in concorrenza della forza
lavoro a danno delle vite, soprattutto
di quelle femminili; aggredisce anche
la dimensione di sfruttamento del
lavoro domestico e di cura; denuncia
la precarietà lavorativa e di vita e
rivendica il diritto alla casa; permette
di stare dalla parte dei e delle
migranti, schierandosi al fianco di
coloro che subiscono l’oppressione
del razzismo e sottolinea come il
lavoro di cura non preso in carico
dallo Stato determini lo sfruttamento
classista e neocoloniale tra donne,
perché spesso il prezzo della nostra
libertà viene pagato dalle migranti.
Bloccare la produzione e la
riproduzione rende insomma visibile
tutto il lavoro invisibile di cui le
donne si fanno carico. E permette
di costruire relazioni ed intersezioni
con soggetti che allo stesso modo
subiscono esclusioni e violenze
materiali e simboliche, come trans,
lesbiche e gay. Come affermano le
donne argentine nel loro appello
per lo sciopero internazionale dell’8
marzo 2017: «Rendiamo lo sciopero
di donne uno strumento ampio
e attuale, capace di essere utile
alle lavoratrici e alle disoccupate, a
quelle senza stipendio e a quelle
che ricevono sussidi, alle lavoratrici
autonome e alle studentesse,
perché tutte siamo lavoratrici. Noi ci
fermiamo. Ci organizziamo contro
la ghettizzazione domestica, contro
la maternità obbligata e contro la
competizione tra donne, tutte forme
indotte dal mercato e dal modello di
famiglia patriarcale. Ci organizziamo
in ogni luogo: nelle case, nelle
strade, nei posti di lavoro, nelle
scuole, nei negozi, nei quartieri. La
forza del nostro movimento sta nelle
relazioni che creiamo tra di noi. Noi
ci organizziamo per cambiare tutto»
Noi vogliamo recuperare la storia
del femminismo per interpretare
il nostro tempo e puntare su una
dimensione internazionale, per
ricostruire un nuovo internazionalismo
femminista. E come abbiamo
fatto per il 26 novembre 2016
con Non una di meno facciamo
nostri ancora una volta gli slogan
delle donne argentine: Siccome
#CiSiamoPerNoi, questo 8 marzo è il
primo giorno della nostra vita. Perché
#SiamoMosseDalDesiderio, il 2017 è
il tempo della nostra rivoluzione.