Lucera: la fortezza ideale, quella immaginaria, quella reale

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Lucera: la fortezza ideale, quella immaginaria, quella reale
Andrea Amato
Lucera: la fortezza ideale, quella immaginaria, quella reale
di Andrea Amato
1. L’impianto planimetrico e la distribuzione degli spazi
Si è già detto tanto del castello di Lucera che potrebbe sembrare superfluo
ritornavici, tuttavia bisogna riconoscere che vi è ancora molto da studiare e che
sussistono aspetti non chiariti che si possono riprendere ed approfondire. Questo
mio scritto si propone il secondo intento, ragion per cui poggerà molto sugli studi
fin qui già condotti.
In questa sede mi soffermerò solo sulla fortezza e sul Palatium federiciani e
ne esaminerò solo alcuni aspetti particolari. Partirò, pertanto, da una breve riconsiderazione dell’impianto planimetrico e della distribuzione degli spazi. Ciò servirà
da premessa per le altre questioni che affronterò più avanti.
Questo mio esame parte da una preventiva idea del possibile aspetto reale
delle costruzioni in oggetto, ma questa idea in me non si è preposta in maniera
pregiudiziale, bensì si è formata gradualmente.
Visivamente, mi avvarrò di una sezione della fortezza, da me rivisitata, e di
una pianta del primo piano, tratte dall’opera di Haseloff, dedicata all’architettura
sveva (figg. 1 e 2).
La sezione da me proposta evidenzia tre piani fuori terra, più un volume di
coronamento.
Ipotizzo anche che lo spazio indicato con la lettera “c” nella sezione (fig. n.
1), racchiuso al piano terra dai muri perimetrali che sostengono il sovrastante cortile, non sia semplicemente una zona vuota ed inutilizzata, bensì un volume adibito
ad un qualche uso. Sarebbe, infatti, strano che lavori comunque impegnativi, come
quelli della perimetratura e come quelli, prevedibili, della costruzione di robusti
archi di sostegno del pavimento del cortile superiore, non dessero luogo ad alcuna
utilità. Questo ambiente è tuttora visibile, in pratica rappresenta l’unico ancora integro nella sua originaria volumetria. Se l’ipotesi da me avanzata risultasse esatta,
allora lo spaccato in qualche modo si rastremerebbe man mano che si procede verso
l’alto, per cui a livello di piano terra si evidenziano tre corpi di fabbrica (a,b,c nella
fig.), incastrati l’un l’altro, tipo matrioska; al primo piamo, invece, i quadrati inscritti
l’uno nell’altro diventano due; infine, il secondo piano ed il coronamento consistono di un unico volume. Pertanto, l’edificio complessivo mostra uno sviluppo diversificato sia in altezza che in sezione.
Al livello di piano terra, i primi due “anelli”, quelli più esterni, erano adibiti
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a stalle e a magazzini. Non poteva essere altrimenti, dato che ambedue gli ambienti
sono privi di finestre o di aperture di qualsiasi tipo, almeno sui muri che danno
verso l’esterno. A tal proposito, D’Amelj osserva che “si scorgono tuttora gli anelli
di pietra per ligare i cavalli”.1 D’altronde, a lungo la fortezza è stata identificata col
nome di “cavalleria”. Haseloff, invece, stranamente afferma che “l’interno del castello, cui conduce quest’unico ingresso, è formato al pianterreno da una doppia
fuga di ambienti raggruppati intorno al cortile: quella esterna si trova sotto il muro
a piramide, che assume la forma di volta a semibotte, e si appoggia al muro divisorio
tra i due ambulacri”.2 In realtà, la descrizione dello storico tedesco corrisponde al
primo piano, mentre al piano terra la doppia corona di ambienti si stringe intorno
al cubo indicato con la lettera “c” in sezione.
Se si passa, ora, al primo piano troviamo due soli ambienti: quello che Haseloff
chiama la “galleria dei tiratori”, ossia degli arcieri, ed il primo piano del Palatium,
con il cortile e la fontana centrale. La descrizione del Corrado ricalca questa situazione, in quanto dice che: “in mezzo a questi voltoni si erige un gran Torrione
quadrato”. I voltoni di cui parla sono, naturalmente, quelli che coprono la galleria,
al primo piano, e che vanno ad appoggiarsi, appunto, allo stesso livello, ai muri
delle stanze reali, mascherandole completamente, sino ad impedirne del tutto la
vista dall’esterno. Questo non significa che l’appartamento imperiale non prendesse luce ed aria, perché ciò avveniva direttamente dalle finestre che si aprivano sul
cortile e, forse, indirettamente, dal lato della galleria, nella parte alta del muro divisorio, se questo, a sua volta, era dotato di finestratura. La galleria, come si sa, era
provvista di un doppio sistema di aperture: le feritoie e le finestrelle superiori, rappresentate nelle antiche vedute, e poggiava su un soffitto di legno.
Infine, al secondo piano del torrione troviamo l’altra serie di stanze regali.
Sopra questo livello, il Corrado dice che vi erano altre “comodità”, così come se
ne trovavano al piano terra. In che cosa consistessero tali “comodità” non lo precisa, ma D’Amelj, nella sua opera, dirà più esattamente che: “il di sopra del corridoio che cingeva le stanze regie formava una specie di loggiato per dette stanze”.3
Haseloff, invece, suppone che si potesse trattare di una cisterna, ma ne parla come
di una semplice ipotesi. Il problema consiste nel capire se questa loggia fosse coperta o scoperta. Se il Corrado parla di “comodità” si dovrebbe escludere la possibilità di un puro piano di calpestio. Del resto il canonico lucerino, nel caso del
camminamento sopra i voltoni, parla espressamente di “loggia” “con i suoi parapetti”, mentre per la sommità del palazzo usa, appunto, il termine di “comodità”.
Io propenderei per un ambiente di cubatura inferiore ma coperto, come tale lo
indico nella sezione qui proposta. Naturalmente, la pongo soltanto come supposizione.
1
2
Giambattista D’AMELJ, Storia della Città di Lucera, Lucera, Scepi, 1861, p. 175.
Arthur HASELOFF, L’architettura sveva in Italia meridionale, Bari, Adda, 1992, p.193.
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2. Le vedute storiche e le descrizioni della fortezza
Prenderò, adesso, in considerazione alcune vedute storiche del castello e le
raffronterò con le descrizioni più note di esso.
In particolare, esaminerò sia gli schizzi di Desprez (fig. n. 3, disegni “a” e
“b”), risalenti al 1778, sia la successiva incisione del 1786 (fig. n. 4). Inoltre, mi
soffermerò sulla ricostruzione operata da Willemsen, del secolo scorso (fig. n. 5).
Come si può notare, sia il disegno “a” di Desprez, sia la sua versione come
incisione evidenziano l’emergere di due piani rispetto alla base della fortezza. Una
lettura ingenua di queste rappresentazioni può far pensare che al disotto dei due
livelli che spuntano al di fuori del tronco piramidale si trovi un altro presunto piano
dello stesso Palatium, precisamente quello che dovrebbe corrispondere al cortile.
Questo piano sarebbe coperto dalla muratura del bastione.
In realtà, si è già visto, quando si è esaminata la sezione della fortezza e del
palazzo, che ad essere mascherato dalle volte della scarpa è proprio il primo piano
delle sale regie, quello che si affaccia sul cortile. Al di sotto di questo livello si trova
soltanto quella cubatura indicata con la lettera “c”. Una visita sui luoghi può dissipare ogni dubbio. Del resto, si è già ricordato che nella descrizione del Corrado si
dice esplicitamente che il “Torrione” “si erige” “in mezzo a questi voltoni”.
I disegni esaminati possono ingannare solo perché non possono riportare
l’effettiva altezza dei voltoni, intanto crollati. Tuttavia, un ragguaglio alquanto più
preciso l’avrebbero potuto dare se avessero, perlomeno, descritto “quella parte di
arco che è collegata col muro che sale verticalmente e che è costruita di mattoni
posti radialmente rispetto alla linea dell’arco”, il quale, ai tempi della venuta a Lucera
di Haseloff, “si è conservata”, dice lo storico tedesco.4 In tal modo, avremmo visto
come questo arco si proiettasse sul muro verticale di appoggio, che è proprio quello
del Palatium. Di conseguenza, dalla rocca sarebbe emerso integralmente solo un
piano delle residenze imperiali.
Le raffigurazioni considerate, però, a ben vedere, denotano una ben più grave inesattezza, dal momento che pongono i resti delle torrette angolari sul muro
d’imposta dei voltoni e non al di sopra delle volte stesse, dove, invece, sia il Corrado
che Haseloff ritengono fossero collocate.5 Che parte dei ruderi disegnati appartengano alle torrette d’angolo lo pensa anche Haseloff.6
Rispetto a queste prime raffigurazioni, il disegno “b” della fig n. 3 introduce
ulteriori elementi di disorientamento. Qui, infatti, sono chiaramente disegnati tre
piani del Palazzo federiciano. Io credo, però, che in questo caso si tratta di una
3
G. D’AMELJ, Storia della Città di Lucera…, p. 176.
A. HASELOFF, L’architettura sveva in Italia meridionale…, pp. 195-196.
5
La descrizione del Corrado è stata già citata. Haseloff, a sua volta, riprende questi documenti e dice: “Su
questa piattaforma, che poggia interamente sulla volta, correva intorno al castello un cammino di ronda che,
secondo le antiche descrizioni, era rinforzato agli angoli da torrette”. Si veda HASELOFF, op. cit., p. 193.
6
Ibid., p. 216.
4
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veduta ideale della residenza imperiale e non più la sua possibile rappresentazione
dal vero. Lo dimostra il fatto che questo schizzo, a differenza del precedente, che
pure è dovuto allo stesso autore, presenta un rudere del Palazzo molto più esteso,
tanto da mostrarci più della metà dell’intero Palazzo. Probabilmente, si tratta di
una ricostruzione parziale del Palatium, idealizzata appunto, fatta tenendo conto
dei resti ancora in piedi a quel tempo. Si potrebbe definire un contributo teorico da
parte del Desprez a rendere più visibile e più intelligibile l’ipotetico aspetto originario della costruzione.
Questi disegni vengono, comunque, ritenuti da Haseloff “attendibili”, in
quanto l’autore “ha cercato di dare un’immagine fedele dei luoghi”, anche se “taluni
particolari risultano imprecisi o errati” e anche se “ha operato lievi modifiche e
spostamenti”. Le inesattezze più gravi, invece sarebbero da attribuire all’incisore
che successivamente ha ripreso gli schizzi del Desprez.7
Proprio queste vedute, anzi, lo portano a contestare la descrizione scritta dal
Corrado, il quale, pure, secondo lo storico tedesco, al suo tempo, aveva ancora
potuto osservare “tutta la costruzione dello zoccolo a scarpa con il cammino di
ronda e le torrette angolari, come pure dovevano esserci, parzialmente, ma ad un’altezza considerevole, le pareti perimetrali del palazzo propriamente detto”.8 In pratica molto di più di quanto aveva potuto vedere un secolo dopo il Desprez.
Haseloff, pertanto, arriva alla conclusione che il castello fosse articolato su
tre piani, che si ergevano sul piano terra della rocca. Il suo tentativo di confutazione
del racconto del Corrado si basa su due argomenti: 1) che la versione in latino della
descrizione pone “la quota del pavimento del piano inferiore” a “40 palmi al di
sopra del suolo”, così che si può pensare che il canonico lucerino “non ha considerato il piano del cortile fra gli <appartamenti nobilissimi>”; 2) che “il rapporto fra
larghezza ed altezza induce a supporre un triplice piano”.
Eppure, lo studioso tedesco rileva che la “costruzione a due piani costituisce
la regola nei castelli svevi”; che l’altezza di Castel del Monte, a due piani, corrisponde a quella del castello lucerino, sulla scorta delle misure fornite proprio dal
Corrado; che “l’altezza di 10 m. e più… può essere considerata consueta” negli
edifici federiciani (tale altezza è proposta sempre dal canonico lucerino). Ma tutto
questo non basta a farlo aderire alla descrizione operata dal Corrado.9
Riflettiamo, dunque, su queste obiezioni ed argomentazioni di Haseloff.
In ordine alla prima osservazione, si può semplicemente controbattere che,
se è vero che il Corrado, nella versione in latino del suo testo,10 pone il pavimento
del cortile alla quota di 40 palmi, ciò non può assolutamente autorizzare le conclusioni tratte dallo storico tedesco. La stima fatta nella descrizione, infatti, è corretta,
7
Per questi giudizi si veda ibid., pp. 211-212.
Ibid., p. 209.
9
Per queste conclusioni e per queste argomentazioni, cfr. ibid., pp. 223-225.
10
Per la versione in latino della descrizione del Corrado, si veda ibid., p. 208.
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poiché sta a significare che il cortile ed il primo piano si erigevano sulla già ricordata
cubatura sottostante, la quale, appunto, corrisponde a quell’altezza. Lo stato attuale dei luoghi, del resto, può ancora oggi dimostrare la fondatezza del testo latino del
Corrado.
Questo in riferimento alla prima obiezione di Haseloff.
Rispetto, invece, alla sua seconda considerazione, si può notare come dal quadrato di base della rocca comunque emergessero sia il secondo piano che il coronamento dell’edificio, il quale ultimo, si è detto, D’Amelj ritiene consista in un loggiato.
Stando alle misure accettate anche da Haseloff, dunque sarebbe visibile un volume
complessivo di almeno 50-60 palmi, vale a dire di circa 13-15 m; qualcosa come un
odierno palazzo di 4-5 piani. Non credo che sia poco. Lo stesso Haseloff, poi, a tal
proposito, ricorda che il Corrado “una volta” “ci ha lasciato una stima dell’altezza
dell’edificio” “persino in 100 palmi”. Precisamente, la descrizione richiamata dice:
“intorno alla quale muraglia quadrangolare alta da 100 palmi in circa, vi stavano poi
collocati i due appartamenti regali”.11 Questa altezza complessiva, diversa dalla precedente stima di 80 palmi, potrebbe ricomprendere il volume di coronamento, mentre la misura inferiore si potrebbe riferire soltanto ai due piani degli appartamenti. Se
così fosse, allora il temine “muraglia” rafforzerebbe l’ipotesi che al di sopra di questi
due livelli residenziali si trovasse una “comodità”, definita da un volume coperto.
L’armonia in altezza tra i diversi volumi, reclamata da Haseloff, sarebbe comunque esaltata dalla forma a piramide tronca della base della fortezza, forma che
introduce alla verticalità del torrione e la potenzia. D’altronde, stando dal lato di
Porta Castelfiorentino, anche il pendio naturale del terreno crea una specie di illusione ottica di maggiore slancio del torrione.
Esaminate sia le rappresentazioni che fanno capo al Desprez, sia le argomentazioni in merito svolte da Haseloff, vorrei, a questo punto, considerare la ricostruzione prospettata da Willemsen (fig. n. 5).
In questo caso, si tratta di una ricostruzione ideale, in quanto l’autore non ha
potuto riferirsi ad alcun disegno o descrizione attendibili che potessero proporre
una veduta così compiuta del castello.
Mi si permetta, però, di dire che qui ci troviamo di fronte ad una rappresentazione immaginaria dell’edificio, errata per diversi aspetti.
Non ritorno, ovviamente, sulla questione dei tre piani. Vorrei, invece,
soffermarmi sulla chiusura ad ottagono dell’ultimo piano. Non è dato sapere da
quale fonte il Willemsen abbia potuto ricavare una tale indicazione.
In questo caso, credo che si sia rimasti soggiogati dal ricorrente stereotipo
che riconduce tutte le costruzioni federiciane al modello ottagonale. Tuttavia, per
quanto riguarda il castello lucerino, nessuno storico del tempo di Haseloff, né tanto
meno anteriore a questi, ha mai fatto riferimento addirittura a murature d’angolo
11
Per la citazione dello storico tedesco, si veda la ibid., p. 223. Per la descrizione fatta dal Corrado si veda la
stessa opera, p. 208.
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aggettanti. Neanche la sezione dell’edificio disegnata da Haseloff lascia intravedere
una soluzione del genere. L’ipotesi costruttiva avanzata da Willemsen, evidentemente, tiene conto della forma di Castel del Monte. Ma se questa struttura, dal
punto di vista architettonico, costituisce, nell’ambito dell’architettura federiciana,
un esercizio sull’ottagono, la fortezza lucerina, invece, secondo me, rappresenta un
esercizio sulla figura del quadrato. Con ciò si esalta maggiormente il valore del
castello federiciano di Lucera, dal momento che se ne evidenzia l’originalità. Di
grande suggestione, infatti, doveva essere il mirabile gioco di forme quadrate che si
stagliavano ai diversi livelli, dallo zoccolo di scarpa, alle torrette d’angolo, al Palatium
centrale. L’effetto che se ne doveva ricavare era quello di una sapiente correlazione
tra cubi di diversa dimensione, come sospesi sullo sfondo del cielo retrostante.
A latere di questa digressione sul castello federiciano, vorrei soltanto introdurre un ultimo elemento di riflessione. Mi riferisco alla notizia, data da Haseloff
nella sua opera, poi ribadita dallo stesso in una lettera a Gifuni, di una “vecchia
torre” “demolita solo nel 1278”, quindi preesistente a quelle costruite da Carlo I
d’Angiò.12 Chi aveva, dunque, edificato questa torre? Faceva forse parte di un precedente sistema difensivo, come pure lascerebbero intuire le residue tracce di
murature che stanno davanti e di fianco la rocca federiciana? Sulla base degli elementi in possesso si possono formulare solo interrogativi, senza potervi dare risposte.
Fig. n. 1 - Sezione del Palazzo imperiale
12
Per la citazione di Haseloff si veda l’opera già citata, p. 235. La lettera di Haseloff a Gifuni è stata pubblicata in: Giovanbattista GIFUNI, La Fortezza di Lucera e altri scritti, Lucera, Catapano, 1978, pp. 58-59.
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Fig. n. 2 - Pianta del 1° piano (tratta da Haseloff)
Fig. n. 3 - Disegni di Desprez - 1778
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Fig. n. 4 - Veduta del Castello - Incisione di Varin su disegno di Desprez.- 1786
Fig. n. 5 - Ricostruzione ideale del Palazzo imperiale (da Willemsen)
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