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Questotrentino.it
Servizi - QT n. 1, gennaio 2011
Per passione o per denaro?
Passato, presente e futuro del mestiere di camionista. Il dilemma fra libertà e sicurezza, ovvero come le nuove
tecnologie e normative stanno cambiando la professione
di Cristiano Buizza
“È una passione che ho sempre avuto fin da bambino” mi racconta F.M., camionista del gruppo Arcese, la sera del 23
dicembre. È appena tornato dall’estero. È stanco, ma si percepisce la voglia di parlare del proprio lavoro. “Abitavo vicino alla
statale. Mi piaceva passare ore ad osservare i camion che sfrecciavano lungo la strada. Amavo fantasticare sui viaggi di
quei bestioni, sui luoghi che avrebbero visto. Li seguivo con lo sguardo finché non sparivano verso chissà quale orizzonte.
Mi sembrava una vita piena di avventura. Allora ero solo un ragazzino, ma oggi posso dire di essere felice di aver fatto
quella scelta. È più di un anno che potrei andare in pensione, ma non ci penso a ritirarmi: finché me lo permettono, voglio
continuare”.
Bisogna essere predisposti per questo lavoro, sembra volermi anticipare. I soldi sono importanti, ma non bastano: se si vuole
durare è necessario avere passione. Passione e libertà, sono questi gli ingredienti che sembrano aver accompagnato i primi
passi delle persone intervistate.
“Ad essere sinceri - mi riferisce G.M. dell’Arcese - quando ho iniziato, nel ‘68, l’ho fatto anche perché non avevo molte altre
scelte. Il mestiere del camionista ti permetteva di guadagnare bene. Però è subentrata subito la passione. Pensa, ho girato
tutta Italia e molte parti d’Europa. Nelle tratte lunghe si viaggiava in due. Non ti stancavi. Ti potevi fermare
tranquillamente ed avevi un collega con cui dividere la fatica e la solitudine”.
Si sente che c’è intensità nel racconto di M. e una buona dose di nostalgia per i tempi passati. Ti racconta che, una volta, si
partiva e non si sapeva quando si tornava, e se questo rendeva difficile poter avere una famiglia, dall’altra era anche l’aspetto
forse più bello della vita del camionista.
Ci tiene a sottolineare come oggi sia tutto diverso. Non solo da un punto di vista retributivo, dato che, a detta di tutti gli
intervistati, i salari sono praticamente fermi da una decina d’anni, ma soprattutto per quel che riguarda la libertà d’azione. Se
le regole, da un lato, hanno aumentato la sicurezza e reso più confortevole il lavoro, dall’altro hanno fatto diventare i
camionisti “impiegati del volante”, con orari giornalieri rigidi e rientri settimanali. “Sia chiaro - aggiunge - non mi sto
lamentando: questi diritti li abbiamo ottenuti a fatica nel corso del tempo grazie anche all’azione dei sindacati. Però,
ricordo ancora bene quando partivo dal Sud, dove andavo a trovare la mia famiglia, e mi fermavo a cena con gli
amici-colleghi nei ristoranti di Rimini: ci si divertiva fino a tardi, qualche ora di sonno in cabina, e la mattina ognuno
proseguiva verso la propria destinazione”.
Non era un lavoro, ma uno stile di vita. È questo quello che sembra che stia cercando di farmi capire. È questa la critica che
gli intervistati muovono ai nuovi arrivati, soprattutto stranieri: la mancanza di passione e di professionalità. Non nel senso di
non saper fare bene il proprio mestiere, quanto piuttosto di viverlo come un’occupazione qualsiasi.
Anche se con accenti diversi, tutti vedono nei regolamenti sempre più stringenti introdotti dall’Unione Europea la causa
principale di questo cambiamento. Libertà o sicurezza, sembra essere questo il contrasto latente che attraversa i camionisti,
spesso con un senso di colpa che traspare chiaramente dalle parole.
Anche Daniele Gasperi, sindacalista della UIL, rimarca come questo aspetto venga vissuto con una certa difficoltà. È
pressante e accorata la richiesta che mi rivolge più volte nel corso dell’intervista: “Ti prego, - mi chiede al telefono - se vuoi
scrivere un pezzo che sia veramente utile, sottolinea il tema della sicurezza. Tutti se ne riempiono la bocca, datori,
lavoratori e sindacalisti stessi, però poi, nei fatti, tutti tendono a vedere nelle regole un intralcio al proprio lavoro. E questo
è grave oltre che sbagliato”.
Tutto è cambiato con le nuove tecnologie, che permettono controlli più accurati. Se i regolamenti, introdotti già dalla metà
degli anni ‘80 e rafforzati nel corso degli anni, sono stati spesso aggirati, soprattutto nelle aziende più piccole, ciò è dipeso
dalla difficoltà di eseguire controlli successivi al momento dell’infrazione. Oggi, grazie alle nuove strumentazioni, sono
possibili verifiche retroattive. Su strada, i conducenti possono essere multati per violazioni avvenute fino a 28 giorni prima;
nelle aziende, invece, i dati devono essere conservati per un anno. “Il problema non sono tanto le regole in sé - sembrano
correggersi G.M e F.M. - però, chi ha deciso quelle norme non conosce appieno il lavoro del camionista. Dopo 9 ore sei
costretto a fermarti: non puoi fare un minuto in più, altrimenti rischi una sanzione, e non puoi fare minuti in meno, pena la
richiesta di spiegazioni da parte dell’azienda. E questo comporta che spesso devi fermarti in qualche parcheggio lungo
l’autostrada, quando ti mancano pochi chilometri per essere a casa dalla tua famiglia e sono giorni che non li vedi”.
E anche le sanzioni stanno diventando sempre più severe: non più semplici multe, ma il ritiro della patente, che per un
camionista significa rimanere a casa senza percepire uno stipendio fino al nuovo rilascio. Unica alternativa al riposo forzato,
semplici lavori, poco retribuiti, come assistenti dei meccanici in officina.
Il Trentino è una realtà a parte?
Sono soprattutto le aziende di piccole dimensioni, molto diffuse in Italia, a risentire maggiormente di queste restrizioni. “È un
problema che sta lentamente scomparendo a causa delle leggi del mercato” sentenziano sia Gasperi, sia Beccati della Cgil.
Per competere in Europa, data la crescente concorrenza delle ditte di altri Paesi Comunitari, sulle quali gravano costi del
lavoro inferiori, le aziende sono costrette ad aggregarsi per avere anche i magazzini e i supporti logistici necessari. E non è il
solo cambiamento alle porte: ci sarà l’impiego sempre più massiccio del trasporto ferroviario, soprattutto per le tratte più
lunghe, con una conseguente riduzione dei tragitti. Il che comporterà certamente anche un ridimensionamento della
percezione che molti camionisti hanno di se stessi: non più avventurieri raminghi per le strade d’Europa, ma semplici operai
costretti a timbrare il cartellino tutte le mattine.
Sempre che ci sia un futuro. Sono molte le aziende che decidono di delocalizzare verso Paesi nei quali la manodopera costa
meno. Questo argomento non sembra però preoccuparli molto. Sono tutti concordi nel ritenere il Trentino una realtà a parte,
grazie anche alle massicce sovvenzioni erogate dalla Provincia per mantenere stabili i livelli occupazionali. E se questo
garantisce sicurezza per il presente, anche il futuro che traspare dalle loro parole sembra carico di speranza: “Nel giro di
pochi anni anche i paesi dell’Est dovranno accrescere i diritti garantiti ai propri lavoratori; e questo frenerà certamente la
fuga delle ditte italiane. E poi, passata la crisi economica, è sicuro che il settore tornerà ad assumere: probabilmente non
più camionisti, ma certamente magazzinieri, ‘mulettisti’ e addetti allo stoccaggio dei materiali in generale”. O più
semplicemente, operai della strada.
Diamo I Numeri
Il settore dei trasporti in Trentino
La tendenza da parte delle piccole aziende ad aggregarsi per reggere alla concorrenza del mercato Comunitario o, in generale,
sparire, sempre a causa di questa, trova conferma nella tabella sottostante. Dalla prima riga si osserva come, in generale, tra il
2000 e il 2009, il numero di ditte nel settore dei trasporti su strada si sia ridotto del 9% (valore ottenuto sottraendo al valore
del 2009, 91, quello di riferimento del 2000, 100). Questo dato nasconde le differenti tendenze in atto a seconda della forma
societaria. Se le società di capitali, di dimensioni maggiori, sono aumentate del 48%, le ditte individuali, più piccole, nel lasso
temporale che va dal 2004 al 2009, si sono ridotte del 21%.
Anche la visione abbastanza ottimistica del futuro sembra giustificata. I dati sia per quanto riguarda la variazione del
fatturato sia dell’occupazione sono molto positivi. Nel corso dei primi mesi del 2010, grazie anche all’elevata incidenza del
mercato estero sui rendimenti del settore, quello dell’autotrasporto è l’attività che si connota per la crescita più sostenuta.