lettera di condivisione sulle mie dimissioni dal consiglio pastorale
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lettera di condivisione sulle mie dimissioni dal consiglio pastorale
LETTERA DI CONDIVISIONE SULLE MIE DIMISSIONI DAL CONSIGLIO PASTORALE AI MEMBRI DEL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE ALLE PERSONE CHE MI HANNO ELETTO CONSIGLIERE A TUTTA LA COMUNITA’ PARROCCHIALE DI SAN ROCCO Cari amici, come preannunciato nel Consiglio Pastorale del 23 maggio 2013, scrivo questa lettera per chiarire e approfondire le motivazioni che mi hanno portato a chiedere al Consiglio di lasciare il mio posto di consigliere. Ritengo doverosa questa trasparente e pubblica condivisione in virtù del carattere elettivo del mio ruolo, per il quale mi sento tenuto a dare ragione della mia scelta prima di tutto a chi con il suo voto mi ha demandato a svolgere questo servizio nella comunità di San Rocco. Della mia scelta, ma anche della mia vita da consigliere in questi quattro anni: ritengo infatti buona cosa tentare una sintesi delle considerazioni, delle scelte e delle proposte che ho portato avanti, consegnandovi anche una breve analisi degli aspetti pastorali che ritengo più significativi, e che può forse essere di aiuto a chi continuerà un servizio pastorale a San Rocco. Vorrei sgombrare subito il campo da equivoci: lascio il mio posto serenamente e pacificamente, senza rotture di alcun tipo. Sono anzi grato a chi in questi anni si è impegnato nel Consiglio e in tutti gli altri servizi parrocchiali. Proseguo altrove il mio impegno pastorale con la certezza che ciascuno ha i suoi “talenti” da mettere a disposizione e che la messe è molta, va oltre il proprio quartiere o parrocchia di nascita, perché nella fiducia in Gesù siamo tutti uno solo, oltre le diversità e le distanze, fisiche o personali che siano. Le ragioni Ho dato due ragioni di fondo alle mie dimissioni. Una è sostanziale: credo di aver dato tutto ciò che potevo da consigliere pastorale, di essermi impegnato come meglio ho potuto per fornire un contributo in analisi, proposte e verifiche della pastorale parrocchiale. E credo nel tempo di non essermi incontrato con il metodo di lavoro pratico che il consiglio si è dato. In poche parole, non si sono costruite nel tempo le condizioni di lavoro minime per esprimere il mio contributo in maniera serena e costruttiva. La seconda ragione è formale: nell’ultimo anno sono stato coinvolto in una serie di servizi, specialmente in AGESCI, dove mi è stata data fiducia e responsabilità, in condizioni di lavoro favorevoli e coinvolgenti, nei quali mi sono sentito di impegnarmi, e che mi distolgono quindi come tempo ed energie dalla comunità di San Rocco. A partire da queste due ragioni, la seconda scaturita dalla prima, non ho ritenuto corretto né utile per me e per la comunità rimanere in un luogo dove si organizza una pastorale che poi non vivo in prima persona, perché concentrato su altre comunità. Continuo a credere fortemente che il Consiglio sia un organo attivo e creativo di organizzazione e coordinamento, discernimento e verifica della pastorale unitaria di una comunità, dunque non mi sarei sentito di accettare una mia presenza solamente formale, o passiva, o distaccata, in queste condizioni. La funzione del Consiglio Sono stato eletto con 36 voti, secondo dei cinque membri eletti, nel marzo 2009; avevo 18 anni. Lo statuto a norma del Codice di Diritto Canonico che nel primo incontro decidemmo di adottare definisce così le finalità del Consiglio Pastorale Parrocchiale: “Art. 5 Il C.P.P. studia, programma, sostiene, coordina e verifica l’attività pastorale della comunità, sia nell’annuncio della Parola e nella cura della Liturgia (evangelizzazione), sia nella crescita interiore (santificazione), sia elaborando e coordinando un piano pastorale di collaborazione unitaria fra i diversi gruppi ed attività a favore delle diverse categorie che compongono la parrocchia, e per la promozione dell’uomo nella società civile (servizio).” Su questi verbi e sostantivi (studia, programma, coordina, verifica…attività pastorale, annuncio, piano pastorale, collaborazione unitaria, società civile…) deve concentrarsi l’attività del Consiglio e ne consegue la necessità di un metodo di lavoro che metta il consiglio e tutte le sue componenti in condizione di svolgere questo compito nel quale, sempre secondo Statuto, il Consiglio è rappresentativo della comunità intera. Credo che questo Consiglio sia partito carico di energie e buone intenzioni, abbia tentato per un certo tempo, attraverso varie iniziative, di porsi a realizzare queste finalità, per poi a un certo punto perdere di slancio e tornare ad assestarsi sullo status quo, limitandosi a “mandare avanti la baracca”. Credo che questo sia dovuto più che a un limite delle persone alla mancanza di un metodo di lavoro adeguato per “pensare, organizzare e programmare”. Programmare l’anno Più volte ho richiamato l’attenzione, anche a costo di qualche discussione, sull’importanza di calendarizzare. Come è buona pratica a tanti livelli, da alcune parrocchie fino ai vicariati e alla diocesi, mettere a calendario gli appuntamenti di un anno intero è cosa certamente difficile e che richiede, appunto, buon metodo di lavoro, ma assolutamente utile ed efficace per il coinvolgimento: sia coinvolgimento di ospiti esterni, relatori o artisti o altri, sia coinvolgimento della comunità e del quartiere. Saper fare un buon calendario è veicolo di unità, permette di fare sintesi tra le varie proposte parrocchiali, di dare visibilità ai gruppi, di offrire momenti comuni, di dare buon preavviso e buona comunicazione degli appuntamenti dell’anno. Solo con un buon calendario è possibile una buona preparazione dilungata nei tempi, pensata e vagliata, di qualità. E solo così può riuscire l’intento, come indicato dallo statuto, di dare unitarietà al cammino dell’intera comunità, di mettere nero su bianco come realtà e proposta quel fil rouge che sta alla base di un anno di attività parrocchiali. A livello metodologico, produrre un calendario significa chiudere nei mesi di settembre e ottobre le linee generali delle attività che si vogliono imbastire lungo tutto l’anno: tematiche, tempi, eventi, ospiti. Significa raccogliere le proposte, decidere un tema portante, distribuire i tempi e gli appuntamenti, distribuire i “compiti” a un gruppo di coordinatori per tenere insieme tutto, e stendere con chiarezza un programma unitario, che faccia sintesi dell’ampia proposta parrocchiale con tutti i suoi gruppi. Significa poi produrre uno strumento informativo fruibile e usabile, da divulgare il più possibile. Per tre anni ho fatto alcuni tentativi di un calendario parrocchiale (cfr allegato 3) in tal senso, che – ho preso atto - non hanno mai riscontrato la condivisione e il supporto necessario per farne uno strumento pienamente parrocchiale. La comunicazione web Uno degli aspetti del quale si è parlato in questi quattro anni, riconosciuto da tutti come importante per divulgare le iniziative parrocchiali non solo alle solite persone, è quello della comunicazione. Nel 2008, prima ancora di entrare in Consiglio, proposi (cfr allegato 1) e implementai un blog parrocchiale1 che per un certo tempo ha funzionato come “diario online” delle attività parrocchiali. Lo strumento blog era semplice e collettivo, gratuito e funzionale per raccontare appuntamenti, iniziative, gruppi della parrocchia o momenti esterni (vicariali, diocesani, ecclesiali) di interesse. Per un paio di anni il blog è stato “a galla”, usato da alcuni, ma per come era stato pensato avrebbe avuto bisogno di un apporto davvero collettivo, di ogni gruppo, cosa più difficile dal momento che tante persone non erano ancora pratiche del mezzo informatico per cogliere e la proposta e il suo utilizzo. All’interno del Consiglio ho più volte posto il tema di comunicare meglio e più sistematicamente eventi e appuntamenti parrocchiali. Nel marzo 2010 ho consegnato a don Stelio, destinati ai consiglieri, alcuni appunti (cfr allegato 2) sui problemi di comunicazione che avevo osservato nel promuovere le attività parrocchiali, e che da studente di comunicazione mi sentivo di segnalare. Una sorta di vademecum per imparare a fare una comunicazione di base dei vari eventi da parte di tutti. Nel 2012, constatando l’ormai ampia centralità di Facebook per il target giovanile, ho creato il Gruppo Giovani di San Rocco2 (che conta circa 83 iscritti) con l’idea di creare uno spazio virtuale dove fosse più facile per chiunque postare appuntamenti, richieste di aiuto, iniziative, foto e video delle attività, ecc. Sempre secondo il criterio del contributo collettivo, che ritengo il più adeguato per una comunità. Credo ancora che un buon obiettivo del Consiglio per i prossimi anni dovrebbe essere di trovare un paio di figure giovani (a turnazione) che possano coordinare la comunicazione in parrocchia, valorizzando e mettendo “in rete” su più canali (web, cartaceo, orale… - per intercettare target diversi) ogni appuntamento ed iniziativa parrocchiale, stimolando contributi da ogni gruppo. Questo passa anche attraverso una minima formazione sulle basi della comunicazione. La lettera alla famiglia Una delle prime cose che mi sono state affidate in CPP è stato ripensare e rilanciare la Lettera alla Famiglia. Ho proposto un foglio in stile più giornalistico (cfr allegato 4), sul modello del foglio informativo di San Marcellino onlus, che potesse contenere articoli brevi ma numerosi, come tante voci dai gruppi parrocchiali, con una prima pagina contenente la lettera del parroco e l’evento prossimo più importante, e nel retro uno spazio riservato a pillole di approfondimento (il brano di Enzo Bianchi, di Martini, del Concilio…). Doveva essere una grafica che si prestasse bene anche alla diffusione digitale in pdf. L’idea era una cadenza mensile. Questo tipo di lettera alla famiglia ha funzionato sotto certi aspetti, meno sotto altri, ad esempio non è stato facile ingranare la raccolta degli articoli dai vari gruppi. I maggiori problemi restavano legati alla capillarità della diffusione, che negli anni si era affievolita, e alla costanza dell’uscita mensile. Dopo due anni e mezzo circa, in Consiglio si è richiesta un’ulteriore riflessione sullo strumento Lettera alla Famiglia, con la decisione – a mio parere affrettata – di sostituire di punto in bianco la lettera con un più snello foglio di avvisi mensile o a volte bisettimanale, dedicando se mai una sorta di giornalino parrocchiale annuale all’approfondimento delle attività dei gruppi. Questo progetto comunicativo, basato su intenzioni che condivido, non ha però trovato seguito. Ho preparato come da indicazioni del Consiglio alcune bozze del nuovo foglio parrocchiale (cfr allegato 5), che però non è mai partito, nel frattempo si è interrotta la produzione della 1 2 cfr www.sanroccoprincipe.blogspot.com cfr https://www.facebook.com/groups/479730402054683/ Lettera, e così San Rocco ha perso – spero solo momentaneamente – uno strumento storico e capillare di comunicazione con il quartiere. Sia sul discorso della calendarizzazione, sia su quello della comunicazione, credo importante ripartire, con metodo pratico, da ciò di cui si era consapevoli già all’inizio del 2011, come riporta un verbale di CPP: “Inizia Giacomo D’A. condividendo che il tempo trascorso ha mantenuto il C.d.G. chiuso e ci sarebbe tanto lavoro da fare. Manca la calendarizzazione e la comunicazione. Avremmo potuto programmare un cammino come l’anno scorso sulla “relazione” ma non ci siamo riusciti. Circa la comunicazione interviene Gabriella S. che vede un decadimento sull’uscita della Lettera alla Famiglia, strumento utile all’informazione dei parrocchiani. Viene ribadito che i Gruppi non relazionano e le notizie sono scarse. Don Stelio ricorda il servizio utile di Marisa che riusciva a tenere contatti con tutti.. Anche Marco F. conferma che la L.a.F. deve avere il coinvolgimento di tutti specie dei gruppi.” La presenza ecclesiale Il verbale di CPP del giugno 2009 – relativo ai risultati dei questionari raccolti in parrocchia recita: Per il Gruppo 1, domande n. 2 e 33, Giacomo D’A. ha relazionato che traspare una visione della chiesa settoriale, di persone che pur non sentendosene parte viva comunque se ne preoccupano e di persone che sentendosene parte aspirano a una chiesa al passo con i tempi. Si chiede una chiesa convinta di quello che annuncia, predica e vive (più, ma non solo, coerente), capace di comunicare da madre e non da istituzione. Questa convinzione le deve giungere dalla Fede e quindi da un ritorno alla parola e dall’esempio di Cristo. Si chiede una predisposizione ad un rapporto non discriminatorio (sposati – divorziati – omosex, ecc.) ma accogliente e comprensivo delle difficoltà di vita delle persone. Messaggio di pace e di speranza anche attraverso la propria immagine più trasparente, semplice. Anche a partire da questi riscontri del senso comunemente diffuso, ho cercato di tenere alta l’attenzione, ad ogni occasione possibile, sulla distanza esistente oggigiorno tra molti giovani, anche praticanti, e l’istituzione Chiesa, sottolineando l’importanza di essere credibili come realtà ecclesiale per ristabilire un dialogo a volte molto deteriorato con la società e soprattutto con i giovani. Se il mandato di Gesù è annunciare la Buona Novella a tutte le genti, occorre rimuovere tutti gli ostacoli a questo annuncio. Troppe volte ci si è lavati le mani con l’alibi che “l’importante è seminare, poi chi vuole raccoglie e chi non vuole saranno un po’ fatti suoi…”. L’annuncio va curato, reso credibile, e questo oggi impone un rinnovamento nella presenza ecclesiale, un riguadagnare vicinanza e attualità tra le persone, un fare attenzione alla comunicazione, al linguaggio che si usa, ai temi che si sottolineano. La vicenda moschea Mi sono occupato della moschea prima e dopo la mia elezione in CPP, cercando di testimoniare insieme a tanti amici una fiducia: come cittadino, nella Costituzione Italiana con i suoi principi fondamentali (l’articolo 8 in particolare); come cristiano, nei Vangeli con il principio fondamentale dell’amore per il prossimo e dell’accoglienza dell’altro. La parrocchia e il quartiere hanno vissuto per un certo periodo in maniera eclatante e a tratti tesa la fatica e il confronto, spesso aspro, della cittadinanza attiva, della Politica con la P maiuscola, su una questione che ha acceso gli animi e ha creato – anche per l’attenzione mediatica – non di rado situazioni di incomprensioni e di contrasto. Questa vicenda è stata per me e credo per la parrocchia banco di prova su “il dire e il fare”. Abbiamo scelto coraggiosamente di aderire alla rete Arcipelago Lagaccio insieme a circa 25 realtà e associazioni dei nostri quartieri, una rete a 3 domanda n. 2 “Quale compito/missione dovrebbe avere secondo te la Chiesa oggi?” domanda n. 3 “Cosa chiedi/ti aspetti dalla tua Parrocchia oggi? Cosa vorresti offrisse a te e al quartiere?” favore dei diritti, del dialogo, di una riqualificazione integrale del quartiere4, che non può avere basi se non in relazioni di rispetto tra culture, religioni, sensibilità. La rete dell’Arcipelago ha costituito un presidio anche mediatico di fronte a chi strumentalizzando la vicenda moschea è sceso nelle piazze per cercare consenso facile soffiando sulla paura e l’ignoranza, soprattutto degli anziani. Ha creato spazi di confronto e di intercultura, di dialogo interreligioso come gli incontri con Gad Lerner e Moni Ovadia, con la comunità islamica e tra cittadini dello stesso territorio. E’ stato un segnale importante che la nostra parrocchia abbia favorito un dialogo, prima all’interno del Consiglio, poi nei vari gruppi, e poi mettendosi in gioco in questa rete a favore dei diritti e della convivenza civile, in linea peraltro con le dichiarazioni in merito del Vescovo Angelo e di molte voci ecclesiali ad ogni livello. Il cammino parrocchiale Una delle necessità più volte e da più persone espressa in questi anni è stata quella di un Cammino Parrocchiale, una successione di appuntamenti (o di catechesi, o preghiera, o di formazione) in grado di essere spazio di incontro tra tutti i gruppi e per le persone che non rientrano nei gruppi già esistenti. Così, appena insediato il nuovo Consiglio, abbiamo dato vita al cammino sulla Relazione, con un suo logo (cfr allegato 9) e costituito di 5 incontri con relatori esterni (don Porcile, don Pigollo, padre Remondini, suor Barenco), che ha avuto un buon seguito e una buona riuscita. Gli anni successivi però è venuta a mancare la volontà di organizzarsi per tempo, quanto meno per ripetere il buon esperimento, e così ancora una volta un cammino parrocchiale non è stato messo a sistema ma è rimasto un “fungo” nel deserto, cui sono seguiti talvolta altri piccoli funghi. Le buone intenzioni ci sono sempre state: penso al cammino sull’Educazione, preparato dai vari gruppi, o all’Assemblea Parrocchiale proposta da don Stelio che ha avuto un buon successo e ha dato vita a buone analisi e buoni spunti su tutti gli aspetti della pastorale. Ma non potendo fare l’esperimento sul lungo termine, non si è potuto sperimentare se una proposta di cammino fosse efficace per arrivare a coinvolgere persone anche più lontane, o poco praticanti o che non fanno servizio in parrocchia. Io credo invece che una buona strada per arrivare ad aprire una comunicazione con i nostri quartieri sia proprio, tra le altre cose, un buon cammino parrocchiale su tematiche spirituali e laiche, attuali, tenuto da persone capaci di comunicare e di trasmettere qualcosa di forte, che smuove. Un format più laico e universale capace di diventare uno degli accessi alla parrocchia oltre alle liturgie, ai gruppi, ai servizi ecc. Un format che però sia strutturato sull’anno e sia ripetuto per almeno tre anni di fila con le stesse modalità e con un notevole impegno nel comunicarlo al quartiere. Il Centro di Gioventù Nell’aprile 2011, assente per esami universitari, scrivevo al CPP una lettera con alcune considerazioni e proposte (cfr allegato 6), dove a partire da quanto emerso nell’apposito gruppo di lavoro durante l’Assemblea Parrocchiale, imbastivo una proposta complessiva di rilancio del Centro di Gioventù offrendomi di contribuire al gruppetto che ne coordinasse l’attività. Nel settembre successivo, alla ripresa, mi presentavo al primo CPP con una bozza di proposta di rilancio complessivo (cfr allegato 7), avendo avuto cura di trovare altre persone disponibili a cimentarsi in questo gruppetto ad hoc insieme a me e a chi altri volesse. In quel consesso (la cui cronaca è riportata nel relativo verbale cfr allegato 8) chiedevo un via libera di massima 4 cfr il documento collettivo consegnato il 20 maggio 2009 al Comune di Genova, dal titolo “Quartiere senza muri”, su http://www.urbancenter.comune.genova.it/sites/default/files/archivio/allegati/Partecipazione%20osservazioni%20P UC/Tavoli/distretti/Arcipelago%20Lagaccio%20-%20Quartieri%20senza%20muri.pdf all’idea complessiva, di cui la bozza – tutta da discutersi e rielaborarsi con il contributo del CPP - voleva essere un aiuto a raffigurarsi il progetto e un segnale concreto della fattibilità e delle opportunità insite nello stesso. L’unica condizione che posi era quella di avere dei tempi di “via libera di massima” ragionevoli per poter configurare un programma annuale delle attività. Senza entrare nel merito delle discussioni e delle incomprensioni seguite a q uel momento, credo sia stato un passaggio indicativo del difettoso funzionamento del Consiglio (sempre in riferimento alla sua funzione da Statuto). E’ successo infatti che: c’era un’esigenza pastorale condivisa e di cui si parlava da tempo (un rilancio del CdG con persone che se ne occupassero ad hoc); si era formata una proposta organica e concreta, da discutere insieme; si era iniziato a intravvedere un gruppetto di volontari per realizzarla; c’era la possibilità di intensificare il lavoro di inizio anno del Consiglio per renderla realizzabile su un programma annuale; c’è stata una manifestazione di consenso all’idea da parte di molti membri del Consiglio; ma la proposta si è inceppata. Eccetto per i turni di apertura pomeridiana del CdG, che ho impostato e coordinato (attivi a tutt’oggi) grazie a una ventina di giovani volontari, il resto della proposta non ha avuto le condizioni di lavoro – da parte del Consiglio – per essere sperimentata. La discussione si è presto schiacciata sul chiedersi se fosse lecito o no che io avessi fatto la proposta in quei termini, chiedendo dei tempi ragionevoli per una calendarizzazione annuale. O sul chiedersi se fosse lecito o no che, per un’accelerazione dei lavori, si usasse la mailing list del Consiglio per far girare quanto presentato in Consiglio e per raccogliere contributi e opinioni. Non mi interessa esprimere giudizi finali o morali su come sono andate le cose, ma riprendere quanto accaduto per una riflessione di tutti. Sottolineo ancora una volta: non è un problema che la “mia” proposta non sia stata realizzata, ma la modalità poco collegiale e poco sistematica con cui è stata ricevuta, trattata e dissolta; cosa che potrebbe valere per qualsiasi prossima proposta di chiunque altro, e che non risolve comunque i nodi del metodo di lavoro e della calendarizzazione. Credo che sia importante, per chi si occuperà di queste cose nel prossimo periodo, riconsiderare l’esigenza pastorale di un programma di eventi più laici e aperti al quartiere, per sperimentare un coinvolgimento che altrimenti le parrocchie stanno perdendo, se ragionano solo in termini di momenti liturgici o a sfondo religioso. La presenza del cristiano nella società ha tanto da dire e da proporre anche affrontando tematiche sociali e civili universali, capaci di toccare credenti e non credenti. Sappiamo per un trend sociologico che le chiese saranno sempre meno piene, cerchiamo di essere profetici nel rendere le parrocchie luogo di incontro, di comunità e di confronto per tutte le persone, al di là della loro pratica di un culto, ma in virtù dei problemi e delle sfide che vivono tutti i giorni e dell’esigenza di “relazionarsi” e “costruire insieme”. Il ricambio dei servizi Quasi ogni anno ho adottato la prassi di rimettere, a inizio anno, tutti i servizi di cui mi occupavo in quel momento nelle mani del Consiglio o del parroco. Nel senso di dire: se ritenete che quest’anno provi a occuparsene qualcun altro, ben venga. Se ritenete di confermarmeli, bene uguale. Se questa prassi fosse messa a sistema io credo sarebbe un buon anticorpo rispetto a una dinamica molto umana e consueta, quella di poche persone che – volenti o nolenti – monopolizzano un servizio, un incarico, divenendo additate da alcuni come “persone di potere” all’interno della parrocchia. E’ una tipica dinamica parrocchiale, di cui spesso le persone non si accorgono o che alimentano in buona fede, ma in più occasioni – penso ai 130 questionari raccolti nel 2009 – si è visto come l’esistenza di questa dinamica alla lunga allontani tante persone che si sentono di non trovare posto, spazio, di non essere coinvolte, e non hanno il coraggio di affacciarsi alla vita parrocchiale. Il bilancio pubblico Una delle ultime proposte che ho avanzato rivolgendomi al Gruppo Caritas (il quale gruppo trovo uno dei frutti più significativi e pastoralmente azzeccati di questi anni di Consiglio), e che mi sento di rinnovare ora, è quella di arrivare a un bilancio pubblico della parrocchia. In un periodo di crisi, che per la Chiesa istituzione è stato anche di crisi di trasparenza e di crisi di comunicazione, sarebbe un segnale forte e bello per la comunità ma anche per il quartiere se la parrocchia mettesse pubblico e consultabile da tutti il bilancio, rendendo presente l’impegno a favore delle persone (anche attraverso il mantenimento di strutture) e le difficoltà presenti. Quattro direttrici Nel settembre 2012 ho proposto (cfr allegato 10) alcune direttrici su cui orientare la riflessione pastorale per l’anno a venire. Mi sento di riproporle come linee di lavoro prioritarie per la nostra realtà di San Rocco: - comprendere la realtà: la secolarizzazione avanza, la fede si fa via via più irrilevante nella società, la Chiesa – a partire da noi – dimostra tutti i suoi ritardi e mancanza di dinamicità. Riassume bene il testamento di Martini: “Ho una domanda per te: cosa puoi fare tu per la Chiesa?” - rinvigorire la messa: mentre la liturgia, specie la parte dogmatica, parla sempre meno ai ragazzi e agli adulti giovani, il Vangelo tiene banco, anche con chi è “lontano”. Lavoriamo sulla parte biblica della messa, su una familiarità maggiore con la Parola, sull’interazione e la partecipazione attiva delle persone, sulla condivisione nell’eucaristia delle difficoltà e delle gioie dell’attualità e della vita di tutti i giorni. La messa da “bolla di cristallo” staccata dalla vita a “luogo in cui la comunità porta la vita e condivide il nutrimento”. - entrare in contatto coi giovani: valorizzare e rendere aperto il Centro di Gioventù a tutti i giovani, con iniziative anche più laiche ma significative, per farne un porto di mare di tanti tipi diversi di giovani che non trovano alcun motivo per avvicinarsi a una chiesa. Chi sono? Cosa pensano? Cosa conta per loro? Cosa abbiamo in comune? Cosa ci può appassionare insieme? - essere cristiani oggi: riscoprire attraverso testimonianze, storie, personaggi recenti o contemporanei tutta l’originalità, la freschezza e la rivoluzionarietà di essere cristiani oggi. Anche ad esempio nel contrastare la crisi o il sistema economico e consumistico dominante con piccole alternative possibili. Cercare esempi e spunti da chi vive il Vangelo nelle “periferie dell’esistenza”, nella città, nei nostri territori. In cammino con Francesco Spero di essere riuscito a sintetizzare quanto avevo in mente in maniera abbastanza completa e chiara, senza rendere ingiustizia a nessuno. Vorrei nuovamente ringraziare chi è stato ed è a servizio della comunità in questi anni, chi si è impegnato magari con idee e ottiche diverse ma senza risparmiarsi, perché è giusto sempre cercare di vedere il bene e “godere del bene che fanno gli altri”. Vorrei ringraziare anche tutti coloro che mi hanno sempre dato appoggio, consigli, sostegno, disponibilità, che non hanno frenato l’entusiasmo, la ricerca, il dialogo, la volontà di fare una buona politica nell’attività di Consiglio. Credo che l’arrivo di Bergoglio come Vescovo di Roma sia una boccata d’ossigeno e un cambiamento grande per tutti, che ogni suo gesto o parola significativa confermino l’impegno di chi con fatica, negli anni passati, si è speso ed esposto per una Chiesa “altra”, capace di rinnovarsi, di parlare di povertà, di cercare i nuovi soffi dello Spirito, ma a partire dal cambiare se stessa per essere credibile. Alla scuola di Francesco tutti abbiamo da imparare, di fronte al suo coraggio di cambiare tutti possiamo ritenerlo credibile e ascoltabile, il suo slancio ci coinvolge tutti nel non avere paura, nel preferire una Chiesa che sbaglia piuttosto che una Chiesa ferma, stanca. Con semplicità, Vangelo, speranza e povertà sarà possibile perseguire la conversione di noi Chiesa all’idea di comunità che aveva Gesù e che avevano le prime comunità cristiane. Siamo salvati dalla speranza. Siamo accomunati a tutti gli uomini dalla ricerca della giustizia. Siamo stimolati da uno Spirito che soffia dove vuole a non chiuderci in categorie umane di comodo. Anche con questa serenità e conferma nel mio impegno ecclesiale proseguo il cammino su un'altra strada ma al vostro fianco, rendendo grazie e chiedendo perdono, nella certezza che chi si nutre alla stessa fonte non perde mai la possibilità di spezzare il pane insieme. Buon proseguimento a tutti, a presto Giacomo Desidero dirvi ciò che spero come conseguenza della Giornata della Gioventù: spero che ci sia casino. Qui a Rio ci sarà casino, ci sarà. Però io voglio che vi facciate sentire nelle diocesi, voglio che si esca fuori, voglio che la Chiesa esca per le strade, voglio che ci difendiamo da tutto ciò che è mondanità, immobilismo, da ciò che è comodità, da ciò che è clericalismo, da tutto quello che è l’essere chiusi in noi stessi. Le parrocchie, le scuole, le istituzioni sono fatte per uscire fuori…, se non lo fanno diventano una ONG e la Chiesa non può essere una ONG. Che mi perdonino i vescovi ed i sacerdoti, se alcuni dopo vi creeranno confusione. E’ il consiglio. Grazie per ciò che potrete fare. Francesco Cattedrale di San Sebastiàn, Argentina 25 luglio 2013 – San Giacomo Ti domando: volete costruire la Chiesa? Vi animate a farlo? E domani avrete dimenticato di questo “sì” che avete detto? Così mi piace! Siamo parte della Chiesa, anzi, diventiamo costruttori della Chiesa e protagonisti della storia. Ragazzi e ragazze, per favore: non mettetevi nella “coda” della storia. Siate protagonisti. Giocate in attacco! Calciate in avanti, costruite un mondo migliore, un mondo di fratelli, un mondo di giustizia, di amore, di pace, di fraternità, di solidarietà. Giocate in attacco sempre! […] Nella Chiesa di Gesù siamo noi le pietre vive, e Gesù ci chiede di costruire la sua Chiesa; ciascuno di noi è una pietra viva, è un pezzetto della costruzione, e, quando viene la pioggia, se manca questo pezzetto, si hanno infiltrazioni, ed entra l’acqua nella casa. E non costruire una piccola cappella che può contenere solo un gruppetto di persone. Gesù ci chiede che la sua Chiesa vivente sia così grande da poter accogliere l’intera umanità, sia la casa per tutti! Francesco Lungomare di Copacabana, Argentina 27 luglio 2013