TITOLO Le ali della libertà (The Shawshank Redemption) REGIA
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TITOLO Le ali della libertà (The Shawshank Redemption) REGIA
TITOLO REGIA INTERPRETI GENERE DURATA PRODUZIONE Le ali della libertà (The Shawshank Redemption) Frank Darabont Tim Robbins, Morgan Freeman, James Whitmore, Clancy Brown, Bob Gunton, Gil Bellows Drammatico 142 min. - Colore USA - 1994 Dirigente bancario, Andy Dufresne, condannato - malgrado la sua innocenza - all'ergastolo nella prigione di Stato di Shawshank per l'assassinio della moglie e del suo amante, affronta il carcere con coraggio e calma: la speranza e la riflessione lo assistono sempre. Sottoposto subito al rito iniziatico delle violenze sessuali, Dufresne si lega presto di amicizia con il nero Red, ergastolano da trenta anni ed abilissimo nell'arte del sopravvivere in un ambiente più che duro dominato dal carcerato Heywood; si adopera per ricostruire ex novo la polverosa biblioteca gestita dall'anziano Brooks Hatlen (ottenendo infine dal Ministero della Giustizia dollari, libri e dischi) ma soprattutto si fa stimare sfruttando le proprie qualità professionali dal rigido direttore Warden Norton (un invasato della Bibbia) che fa di Andy il proprio consigliere per loschi affari. Andy è fertile di idee, anche se a volte movimenta la dura vita passando anche un mese in isolamento per qualche insolita iniziativa osteggiata dal sadico capo delle guardie, Hadley. Di fatto è diventato il complice del direttore (corrotto sugli appalti), facendogli affluire su un conto bancario intestato ad un nome di pura invenzione il denaro mal guadagnato. Il suicidio per impiccagione del vecchio Brooks, atterrito dalla libertà dopo 50 anni di carcere, sconcerta Andy, che ha da 19 anni il proprio piano: quello di pazientare e sperare sempre, di aiutare i compagni (come nel caso del giovane ladruncolo Tommy Williams), sfruttando cultura e preparazione. Nel frattempo, Norton ha fatto uccidere il giovane Tommy, casualmente al corrente della innocenza di Dufresne (il che avrebbe implicato la revisione del processo e la liberazione di Andy, troppo prezioso per Norton). La vendetta per Andy non ha più sapore: è la libertà ciò che più gli preme. E così, dopo esser riuscito, durante un ventennio, con martelletto da minerali procuratogli da Red a scavare nella parete della cella (coperta da un poster di una diva del cinema) un cunicolo, riesce ad evadere spacciandosi come il titolare del conto bancario creato per Norton (che, denunciato, intanto si è sparato al momento dell'arresto), Andy va a vivere tranquillo e ricco su di una spiaggetta messicana. E' là che, finalmente beneficiando di una riduzione di pena per buona condotta, lo raggiunge Red “O fai di tutto per vivere o fai di tutto per morire, io scelsi di vivere”. Dal racconto di Stephen King “Rita Hayworth And The Shawshank Redemption” Le ali della libertà il cui titolo originale è The Shawshank Redemption è un film sulla vita nelle carceri. Realizzato dal regista esordiente Frank Darabont, che riesce a soddisfare, a più livelli di comprensione, diversi tipi di pubblico, è una storia di redenzione, di speranza, di fiducia nell’uomo e nei propri mezzi, primo dei quali: l’anima. Non importa quanto profondo può essere l’inferno, in cui si viene cacciati: il coraggio e la nobiltà possono rendere l’uomo libero. E libero non ha mai smesso di sentirsi il bancario Andy Dufresne (Tim Robbins) che, condannato, pur innocente, a due ergastoli, per l’omicidio della moglie e del suo amante, viene spedito nella lugubre e gotica prigione di Shawshank. Siamo alla fine degli anni quaranta e le prigioni degli Stati Uniti non sono certo un luogo di villeggiatura: tra le mura di questo carcere del Maine l’odio e la violenza sembrano dominare ogni aspetto dell’esistenza: un ipocrita direttore ossessionato dalla disciplina e dalla Bibbia (Bob Gunton) amministra con spietato integralismo il penitenziario, affidandosi a secondini violenti, come il sadico Hadley (Clancy Brown). L’amicizia con Red (Morgan Freeman) renderà più forte Andy, che da subito cerca di conquistarsi uno spazio e, soprattutto un ruolo, nella prigione. Rischiando per la sua stessa incolumità, l’ex bancario riesce ad entrare nelle grazie di Hadley e del direttore. “La paura ti rende prigioniero, la speranza può renderti libero”. Critica: Un personaggio da tenere d’occhio il trentacinquenne Frank Darabont, hollywoodiano di origine ungherese, che dopo aver sceneggiato film come La Mosca 2 e Nightmare, è passato alla serie A firmando il copione di Frankenstein di Mary Shelley e questa sua opera prima, Le ali della libertà. Dove il neoregista adatta con finezza il bel romanzo breve Rita Hayworth and Shawshank Redemption di Stephen King (che sarebbe il cinema Usa senza questa inesauribile fonte?), in uno stile che rimanda più all’austero L’uomo di Alcatraz che agli splash horror sui quali si è formato. La vicenda inizia nel 1948 quando nella prigione di Shawshank viene rinchiuso Andy Dufresne, un giovane banchiere condannato a vita per aver ucciso la moglie e il di lei amante. Freddo e scontroso, il nuovo detenuto si rivolge al nero Red, l’io narrante della storia che in quel claustrofobico universo copre il ruolo importante di procacciatore di merci, con due richieste stravaganti: un minuscolo martelletto da roccia per coltivare il suo hobby di lavorare le pietre e un gigantesco poster dell’atomica Rita Hayworth. I giorni, i mesi e gli anni passano scanditi da punizioni ed episodi di violenza; e mentre Andy sfrutta i suoi talenti di consulente fiscale mettendosi al servizio di un direttore ipocrita che in una mano tiene la Bibbia e con l’altra ritira mazzette, Red si rende conto che il suo amico è protetto da un’invisibile corazza di libertà e scopre l’esistenza di una dimensione umana interiore che nessuno potrà mai toccare. In spirito di fedeltà al libro, Darabont ne sottolinea la valenza utopica, spettacolarizzandola con sensibilità come nella scena in cui Andy fa risuonare dagli altoparlanti della prigione le note sublimi di Le nozze di Figaro che sembrano poter metaforicamente far cadere qualsiasi muro; e non teme di sintonizzarsi sul ritmo lento della routine carceraria nell’arco di un trentennio, intanto che conduce in un crescendo di tensione il film al suo finale a sorpresa. In un cast ben assortito spiccano il Red del carismatico Morgan Freeman e l’Andy di un Tim Robbins esemplare per intensità e misura. Alessandra Levantesi, ‘La Stampa’, 12 febbraio 1995 “Io dico che queste mura sono strane: prima le odi, poi ci fai l'abitudine, e se passa abbastanza tempo non riesci più a farne a meno: sei istituzionalizzato. È la tua vita che vogliono, ed è la tua vita che si prendono. La parte che conta almeno”. "Splendido dramma carcerario che l'acuto esordiente Frank Darabont ha tratto da Stephen King. I bei chiaroscuri psicologici e la suspense esplosiva dell'ultima mezz'ora compensano ampiamente qualche lungaggine. Tra i due esemplari protagonisti che si fanno facilmente amare svetta il grande caratterista James Whitmore. Non prendetevela per il linguaggio: siamo in galera, mica in convento". Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 17 luglio 2000 Nella maggior parte dei casi, quando si dirige un film partendo da un libro (in particolare quando il libro è di grande levatura), il risultato è deludente. Quest'opera rappresenta una delle più grandi eccezioni. Partendo dal soggetto di Stephen King, Frank Darabont adatta al grande schermo una fantastica lezione di vita sulla forza di volontà e sulle capacità della ragione umana. Attraverso l’esperta e onnisciente voce narrante di Red (Morgan Freeman) scopriamo la storia di Andy Dufrensne (Tim Robbins), un giovane e danaroso banchiere, di copiosa cultura e con numerosi quanto insoliti “hobbies”. Andy è condannato, nonostante la sua innocenza, a due ergastoli per aver ucciso l’amante della moglie, un famosissimo campione di golf, e la moglie stessa. Seguiamo il protagonista per tutto il film e in ogni fase fasi di una vita nuova, una vita parallela, quella del carcere, per molti migliore della vita reale. Le difficoltà di ambientamento sono tante e molto difficili da superare, ma Andy è aiutato dal suo coraggio e dalla sua pazienza che gli danno forza anche nei momenti più bui, e da Red, un uomo in età ormai avanzata, una sorta di trafficante in grado di procurare qualsiasi cosa ai propri compagni di carcere, il quale è in prigione da venti anni e crede in lui sin dall’inizio dimostrandosi immediatamente suo amico. Straordinaria la caratterizzazione dei personaggi di Red e soprattutto Andy il quale viene raccontato in ogni sfumatura riuscendo ad ottenere un personaggio totale, un caso raro nel cinema. La regia insiste particolarmente sui primi piani per via delle magistrali performance dei due attori principali ed in particolare su un Tim Robbins in forma da oscar che dona al personaggio un’energia inesauribile. Un opera estremamente poetica di bellezza assoluta che tratta temi che non possono lasciare impassibile lo spettatore, una storia sulla voglia di vivere, la voglia di combattere per la giustizia, sulla speranza vista come linfa vitale dell’uomo. Nel film il direttore del carcere predica fede e rigore e dona un copia della bibbia ad ogni carcerato affermando che in essa vi è la via della salvezza, ma grazie al film scopriamo che la salvezza risiede nella capacità umana di non mollare mai e di inseguire la libertà contro ogni avversità(e non nella bibbia!), questo è dimostrato cinematograficamente dalla scena della fuga di Andy Dufresne, il quale sembra un uccello che, una volta imparato a volare, spicca il volo verso l’infinito abbandonando ogni limite e costrizione. Attilio Palmieri, ‘www.theothersmag.com’, 6 ottobre 2006 (a cura di Enzo Piersigilli)