Le decisioni finali della Commissione Militare

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Le decisioni finali della Commissione Militare
Le decisioni finali della Commissione Militare
Sull’accusa di:
1. Luigi Rufino
2. Filippo Calore
3. Biagio Sperandio
4. Antonio Bucci
5. Francesco Gatti
6. Filippo Falconi
Accusati tutti del misfatto di lesa maestà per oggetto di distruggere e ambiare il Governo, ed
eccitare i sudditi, ed abitanti del Regno ad armarsi contro l’Autorità Reale, con incominciamento
non solo prossimi alla esecuzione ma benanche eseguiti, mediante omicidi, riunioni armate,
attacco, e resistenza contro la forza pubblica con omicidi e ferite.
Attentato di aver danaro dalla cassa pubblica, intercettazione di corriere latore di ufficiale
corrispondenza e disarmo di vari individui della forza pubblica guardia urbana.
Di associazione illecita, organizzata in corso con vincolo di segreto sotto la denominazione “La
Riforma della Giovane Italia”artatamente combinata senza fissa determinazione di luoghi, giorni,
e persone.
Contro de’ ripetuti
1. Luigi Rufino
2. Filippo Calore
3. Antonio Bucci
Colla qualifica di Capi, e direttori della Setta.
Contro del ripetuto
1. Luigi Rufino
Accusato di omicidio premeditato in persona del Colonnello Cavaliere D. Gennaro Tanfano
Comandante le armi nella Provincia a colpi di arma bianca.
Contro di
7. Massimo Pancione accusato di omissione del rivelamento del misfatto di Lesa maestà
avvenuto nel giorno 8 Sett. 1841.
La Commissione Militare
Sul conto di Luigi Rufino alias il Cordarello
Considerando che questo accusato era in contatto cogli altri marcati ettari, e cospiratori, e perciò
reputato uno dei più attivi onde cooperare alla rivolta, che anzi nelle ore pomeridiane del giorno 8,
fu osservato i compagnia di Raffaele Scipione e Gaetano Damiani reduci da fuori Porta Nuova, e
poco dopo seppesi che si erano spediti i cartucci a Camillo Moscone.
Considerando che negativo sull’imputamento del Comandante, di ciò ne è smentito dalle
dichiarazioni di molti testimoni, i quali tutti lo videro nel luogo della uccisione, che armato di stile,
e che ben rimarcò che fu uno di coloro che ferirono il Comandante.
Considerando che altri molti testimoni pur rilevarono che il Rufino ad altri correi unito si fece ad
inseguire il folle servo del Comandante.
Considerando essere marcabile che dopo gli omicidi del Comandante e sua Ordinanza, una msera
donnicciola, che di tali attentati feroci mostrava spavento, il Rufino le disse “mo volete aver paura,
questa notte vedrete”.
Considerando che dopo aver consumato tale grave misfatto fu sollecito recarsi in casa Palesse, e
colà al dire di Giovanni Masci mostrando lo stile insanguinato, disse che volea portarlo come
ricordo.
Considerando che lasciata quella casa si recò a Porta Rivera, come Capo di quella fazione, colà
armò coloro che vi si erano riuniti anche co’ fucili inviati dall’Armiere Mozzetti, e dopo aver
obbligato varii ad unirsi in quel luogo, ed armarsi contro l’Autorità Reale.
Considerando che all’orda riunita si recò all’altro punto di riunione nella contrada Mammarella,
ed incontratosi col latitante Camillo Moscone, col medesimo entrò in conferenza.
Considerando che al suddetto Moscone annunciò la uccisione del Comandante, che indi n di lui
presenza, dal Moscone stesso si arrestò il Corriere dell’Intendente, che poscia difettando
Pellegrini, tutta l’orda si diresse a Collebrincione, ove figurava tra gli altri il Rufino.
Considerando che perdute le speranze e sbandati gli armati di Moscone, il Rufino stesso con altri
marcati rivoltosi si mostrò in Civita di Bagno, e colà vista le Guardie Urbane provenienti dal
Distretto di Solmona, che si recavano in questa Città, e fu allora che si rese latitante, e venne
perciò arrestato nello Stato Romano, ed alle forze del Regno consegnato per lo giudizio.
Considerando che dalle esposte cose ben si rileva quanto il Rufino avesse a tutta scossa cooperato
e nella qualità di Capo della fazione di Porta Rivera, onde seguisse la rivoluzione con attentato di
Lesa Maestà.
Considerando che l’omicidio del Comandante risulta sempre commesso con premeditazione per
l’impostamento degli aggressori, tra quali ben si rimarcò il Rufino con preparamento delle armi
proprie stili, e pistole da potersi tenere celate, e dall’averlo aggredito e ferito con premeditazione,
e sicuramente dietro settario concerto, onde facilitare la rivoluzione.
Considerando che dalle tante ferite riportate dalla vittima una sola fu la letale, e perciò resta
dubbio che de’ feritori la produsse, onde è che ignorandosene l’esecutore materiale, l’accusato
Rufino avendo ferito deve ritenersi come complice nel misfatto per avere scientemente aiutato gli
autori, e con complicità tale che senza di essa il misfatto non sarebbe stato commesso.
Considerando che per la riunione delle persone oltre il 3, e per la qualità delle armi il misfatto
risulta accompagnato da violenza pubblica.
Considerando che benché indicato come Capo della Setta non sono risultati elementi sufficienti a
ritenerlo come tale, ma per semplice Settario alla Riforma della Giovane Italia appartenente.
Sul conto di Filippo Calore
Considerando che questo accusato ben si dimostrava sciente del concerto settario per la
cospirazione, ed attentato di Lesa Maestà, poiché in epoca precedente cioè a 6 Settembre 1841 non
ebbe ripugnanza di manifestare ad un testimone che si attendevano 30 mila uomini dallo Stato
Romano.
Considerando che nel giorno stabilto in cui si mossero i settari rivoltosi, e cospiratori in questa
Città, e negli altri vicini Comuni il Calore non mancò di riunire i suoi dipendenti armati in sua
casa manifestando però ad altri che l avea accolti per far numero che si dovea andar cantando, e
mangiare.
Considerando che il Calore non si arrestò punto nel concepito disegno, e con altri armati si spinse
fino alle porte di questa Città, ove alle ore dovea generalmente agirsi, ed ebbe colloquio con
persone ignote che gli manifestarono le di loro esplorazioni, cioè di aver trovata la Città deserta, e
de’ cadaveri in mezzo la strada.
Considerando che al dir di Geremia Di Mario il suddetto Calore tutta l’esistenza della congiura,
cioè che lo scopo era di proclamarsi la Costituzione, che era anche generale in esteri dominii, e
tutto sarebbe riuscito; manifestò i api che dirigevano le cose in questa Città per averlo saputo dal
di lui cugino D. Gregorio Calore imputato assente, manifestando pure la parola di ordine.
Considerando che l’altro correo Biagio Sperandio pur a’ dichiarato, che il Calore gli manifestò
che l’oggetto della mossa non era quello di andar cantando ma di fare la rivoluzione, e che i
Carbonari doveano battersi co’ Soldati di Linea.
Considerando che nel suo interrogatorio ascrisse che lo Sperandio erasi portato in sua casa, e che
voleva andar cantando, e perciò si era al medesimo unito, e lo Sperandio, il Di Mario, ed altri
attribuiscono al Calore il simulato progetto di andar cantando.
Considerando che altri testimoni bene avvedendosi che quella marcia così di notte, e senza
istrumenti da suono non era per oggetto di canto, sospettando a giusta ragione incorrere in
qualche delinquenza furono solleciti a ritirarsi, e lo stesso Calore vi condiscese.
Considerando che il suddetto accusato asserì di non essersi diretto in questa Città, ma di essersi
ritornato dalla Vasca di Ciavola dopo aver perduta la speranza di poter bere in S. Vittorino, ed il
correo Sperandio, ed il Geremia Di Mario di ciò lo smentiscono, poiché concordemente
asseriscono, che si giunse prima alla Porta Rivera che si trovò aperta, ed indi alla Porta Nuova che
si trovò chiusa, e che si fece ritorno alla prima, indi si ritirò per le tristi nuove.
Considerando che tanto era certo il convenuto specialmente colla massa comandata da Mscone, ed
altri di doversi riunire tutt’i congiurati in questa Città, che si a’ dall’interrogatorio di un
condannato letto per semplice indicazione, il progetto manifestato in Collebrincioni di entrare per
la Porta di S. Antonio ove si sarebbero trovati gli altri armati provenienti dal Circondario di
Sassa al quale si appartiene il Comune di Pozza patria del Calore.
Considerando che a nulla può giovargli ciò che vari testimoni a discarico an deposto a di lui pro
cioè che era reputato uomo dabbene precedentemente, ed infruttuosi son risultati i di lui zonali a
dimostrare che era perseguitato da un di lui inimico, poiché l’intera processura nulla a’offerto che
il nominato Gervasio Vittorini avesse agito contro di lui.
Considerando che per gli esposti rilievi chiaro risulta che il Calore era pienamente in cognizione
di tutto il settario concerto della cospirazione, ed attentato di lesa maestà, onde rovesciare il
Governo per tutte le di lui mosse, e per le cose positive manifestate.
Considerando che dubbia risulta la parte dell’accusa come capo della seta stante il ristretto
numero di coloro che avea procurato di raccogliere.
Considerando pertanto che le di lui cooperazioni quantunque lo rilevano come un ribelle, pure
avendo procurato di facilitare scientemente gli autori principali del Reato la di lui cooperazione
risulta tale che senza di essa il misfatto pure sarebbe stato commesso.
Sul conto di Biagio Sperandio
Considerando che questo accusato si recò nella casa di Filippo Calore armato di fucile, e risulta
inattendibile la sola assertiva nell’interrogatorio cioè che si dovea andare cantando per una
innamorata di esso neanche conosciuta.
Considerando che sempre armato seguì il Calore fino alle porte di Aquila, e che via facendo ben
manifestò le idee di disordine poiché ad un testimone che diceva di avere scarpe sdrucide assicurò
che in Aquila ne poteva scegliere a di lui piacere e vedendo alcune vaccine manifestò che per
l’indomani avrebbero fatto un buon brodo.
Considerando che anche nella marcia lo stesso Sperandio manifestava che l’indomani si sarebbe
detto a quei che marciavano “o beati voi, o poveretti voi” pur soggiungendo che si andava in
Aquila “ per fare la rivoluzione, e che o si soccombeva, o sarebbero ritornati ricchi”, quantunque
il testimone abbia dichiarato di non rammentare se tali parole le avesse dette lo Calore o lo
Sperandio.
Considerando che tanto era inteso il suddetto accusato di ciò che si operava in questa Città, che
alla medesima avvicinandosi ed udendosi i colpi di arma da fuoco non sapeva se erano sparati
dalle sentinelle, o da’ rivoltosi.
Considerando che questi fatti conosciuti prima di giungersi in questa Città chiaro dimostrano che
era il giorno precedente della cospirazione, e che le cose dette nel di lui interrogatori cioè le
manifestazioni del Calore di venirsi in Aquila per fare la rivoluzione, ed a fucilate tra Carbonari e
soldati di linea la conoscesse prima, e no sa che il Calore i ultimo alle Porte di questa Città gliele
avesse partecipate.
Considerando che sfornita di prova è restata la di lui assertiva cioè che avesse impugnato il fucile
al Calore allorché gli manifestò la cospirazione, poiché il Di Mario che era presente non a’ punto
sostenuto questo fatto.
Considerando che di niun valore risultano le cose che a’ fatto deporre a discarico da vari
testimoni, cioè che avvertito del mandato di arresto, che lo minacciava avesse protestato di non
aver timore, poiché è notorio che in quell’epoca, e nel Circondario di Sassa non esisteva allora la
Reale Gendarmeria, che potesse eseguire con fermezza un arresto qualunque.
Considerando che venne tale accusato arrestato nello Stato Romano, e se egli […] il solito come
ha asserito, e non successivamente avesse emigrato dovea ciò provare colla regolare carta di
passo, che dovea rilasciarglisi.
Considerando che dalle esposte cose chiaro risulta che questo accusato essendosi riunito al Calore
nel giorno del generale concerto settario a promuovere la rivolta, pur settario debba ritenersi e per
cospiratore con attentato di Lesa Maestà, onde cambiare il Governo.
Considerando però che le di lui operazioni risultano sempre secondarie, deve, del reato di
cospirazione, ed attentato di lesa maestà per essere assodato, ritenersi come complice di secondo
grado.
Sul conto di Antonio Bucci
Considerando che questo accusato trovavasi latitante da questa Città per un mandato di arresto
speditogli contro dalla Polizia ordinaria per percosse date ad un artista comico, e perciò
rifugiatosi in Bagno.
Considerando che la istruzione a’ offerto una sola volta si fosse visto ed in epoca molto precedente
agli 8 Sett. In una tavola con Camillo Moscone, che colà sopravvenne, e tranne di questo contatto
indifferente nessun’altro se ne a’ col medesimo.
Considerando che due testimoni a carico sia dalla passata pubblica discussione esaminati per altri
accusati sostennero che nella ntte degli 8 il suddetto Bucci tra le 5 o 6 ore dormiva tranquillo nella
propria casa in Bagno.
Considerando che tre probi testimoni, che lo indicavano come Capo della fazione di Bagno hanno
ritrattate quelle particolarità, soggiungendo che poscia han saputo che in quella notte avesse
dormito in casa.
Considerando che un Sindaco testimone a carico a’ dichiarato che tre testimoni i quali asserivano,
e vennero pure imputati di aver fatto parte della massa di Moscone, che fossero stati obbligati dal
Bucci a riunirsi a lui in quella notte persone diffamate in materia di furti.
Considerando che un sol testimone asserisce che il Bucci siasi visto a Mammarella, altrimenti si a’
dall’interrogatorio del condannato Luigi Moscone, che il Bucci non vi era giunto.
Considerando che tanti altri correi, e testimoni non nominano punto il Bucci, ne che il medesimo in
altri contatti fosse stato con altri cospiratori.
Considerando che tale accusato ne’ giorni posteriori serbò un contegno indifferente, ne si appartò
dal domicilio
Considerando perciò che in misfatto tanto interessante la prova risulta più che dubbia, e quindi
indifferente a dichiararlo colpevole.
Sul conto di Francesco Gatti
Considerando che anche questo accusato erasi allontanato da questa Città perché perseguitato da
un mandato di arresto speditogli dalla polizia come imputato di percosse.
Considerando che nella sera degli 8 si unì con Camillo Moscone, e secondo assicura nel suo
interrogatorio giusta gli manifestò doversi venire in questa Città.
Considerando che armato seguì il Moscone prima a Mammarella, e poscia in Collebrincione unito
agli altri rivoltosi, che indi per le tristi nuove si sbandarono nel giorno 9
Considerando che nel seguente giorno con altri ribelli marcati si mostrò nella Taverna di Civita di
Bagno, ed una testimone rimarcò che avea noccarda tricolore al cappello.
Considerando che non regge affatto la gratuita assertiva che Moscone lo avesse coartato poiché
non a’ curato neanche do provarlo.
Considerando che tali atti, e presente a marcate cose avvenute per opera di quella massa di cui
faceva parte cioè disarmo di guardie urbane, sequestro di un corriere, e richiesta di armi in
Collebrincione chiaramente lo dimostrano un settario e cospiratore con attentati di Lesa Maestà.
Considerando però che deve riputarsi come un agente secondario nel suddetto misfatto di
cospirazione per avervi acceduto.
Sul conto di Filippo Falconi
Considerando che sul conto di questo accusato venne spedito mandato di arresto pe’ seguenti
indizi.
1. Essere stato in contatto col Capo Fazioso latitante D. Angelo Pellegrini.
2. Che nel giorno 9 nel recarsi in Aquila incontratosi per la strada con Venanzio Di Cesare gli
dicesse che qui in Aquila si era posta la bandiera, e se era preso il Castello.
3. Che al Colle di Mezza Via unito ad altri s’incontrasse con Pellegrini, e questi tra le sue
smanie adducendo di essere stato tradito,, e cacciate le pistole per uccidersi dicesse al
Falconi “tu pure mi abbandoni?” e che questi gli rispondesse “aspetta che riporti mio
figlio in casa, e domani verrò da voi”.
4. Che recatosi in Aquila il Falconi, e riportando il figlio, ripassando nella contrada Colle di
Mezza Via avesse parlato nuovamente col Pellegrini, ed indi con gli altri ritiratosi in patria.
Considerando che l’accusato a’ provato che qual professore legale, per questa sola ragione
conversava, e trattava il Pellegrini come gli altri.
Considerando essere risultato e per mezzo de’ testimoni a carico, e discarico che nella mattina de’
9 sentì in S. Demetrio le voci della uccisione sulle prime dell’Intendente e poscia del Comandante
si disse pure che si era inalberata la bandiera, e preso il Castello, e perciò il Falconi ad istigazione
della moglie si mosse per recarsi in Aquila onde riprendere il figlio.
Considerando che quella interrogazione al testimone Di Cesare era conducente a conoscere i veri
fatti in una Città ove si andava, e con una specie di palpito.
Considerando che il Falconi non mancò di […] il Pellegrini nelle sue smanie allorché volea
uccidersi colle pistole, e che se rispose all’invito di andare l’indomani dal Pellegrini per
soggiungere ironicamente,”si che mi aspetti domani”.
Considerando che giunto qui coll’Usciere del Giudicato Regio oco si trattenne, e ripreso il figlio,
collo stesso Usciere ravviandosi per ritornare in S. Demetrio diceva colui che guidava la vettura,
se si potea fare alta strada, onde non incontrarsi col Pellegrini, che era restato nelsito chiamato
Colle di Mezza Via, e sull’assertiva non potersi deviare incontratosi col medesimo in quel sito e
parlandogli per poco, nel separarsi dal medesimo proseguendo il viaggio esclamò così: “Lode a
Dio che ci siamo liberati da questa canaglia”.
Considerando che tale accusato nel giorno 8 che era lo stabilito per la generale rivoluzione nulla
operò ne si vide nel menomo contatto col Pellegrini o altri imputati, e perciò risulta chiara la sua
innocenza.
Sul conto di Massimo Pancione
Considerando che questi fu sentito dagli Istruttori del Processo come rivelatore qual basso agente
di polizia ordinaria, e rivelò tutte le circostanze che erano a di lui cognizione, per ciò che avea
osservato in casa Palesse a circa le ore 2 della notte degli settembre.
Considerando che sentito nel corso della pubblica discussione nel giorno 28 Febbraro, facendo
sorgere dei sospetti, che potesse essere tento del reato di omissione del misfatto di lesa maestà, per
ciò che rimarcato avea nella casa di Palesse, e non lo avea rivelato che ai 2 Ottobre 1841, venne
perciò assicurato alla giustizia con il Mandato di arresto.
Considerando che dietro i rilievi ottenuti in generale sul primo Giudizio è restato assodato che gli
atti marcati della rivoluzione ebbero principio in questa Città coll’uccisione del Comandante a
circa le ore 22 e mezza del giorno 8, ed ebbero termine dopo lo scontro della pattuglia sediziosa
colla forza legittima a circa le ore 4 della notte del suddetto 8 Sett., in modo che con la fuga dei
ribelli non venne ulteriormente turbato l’ordine pubblico.
Considerando che il punto preciso in cui il Pancione ebbe conoscenza di ciò che si faceva in casa
Palesse fu quello veramente medio della meditata rivoluzione.
Considerando che la legge severa nel unire l’omissione del rivelamento di tale reato contempla
sicuramente il caso in cui non ancora il reato siasi manifestato, ed onde prevenirlo esige che siagli
rivelato tra le ore 24.
Considerando che il Pancione ha provato per mezzo del Probo testimone Raffaele Leoni, che dopo
seguito lo scontro della pattuglia immediatamente si recasse nel Palazzo dell’Intendenza onde fare
delle manifestazioni, e non ebbe campo di ciò adempire, perché trovò chiuso il portone di quel
locale.
Considerando che l’indomani per l’oggetto principale dell’avvenuto reato di reità di Stato
risultava inutile la rivelazione […] perché era ben conosciuto, e per aver gli atti seguiti dagli
omicidi, e dalla resistenza alla forza pubblica.
Considerando che il Pancione ha ur provat per quanto gliè stato lecito, e potuto che in epoca
precedente avea manifestato a’ di lui superiori del ramo di Polizia i sospetti che avea su dei
Barbuti, che surrettiziamente si univano, e minacciavano la pubblica quiete.
Considerando come appare dalla di lui stessa dichiarazione che simili prevenzioni avea pur fatte al
Giudice Regio locale, ed ancora a molti particolari prevenendoli che i Barbuti minacciavano la
pubblica tranquillità.
Considerando che il Pancione sempre in epoca precedente agli , non mancò pure di manifestare,
che egli non era creduto sui sospetti che gli erano scienti, e desiderava che altro Funzionario di
Polizia fosse già trovato, qual’era il Sig. De Paulis che vedeva più energico, ed in altro rincontro si
spinse pure a pregare il Sig. Badia che dovea in Teramo recarsi, onde si conoscessero in quella
Intendenza i suoi sospetti contro i male intenzionati di questa Città.
Considerando che l’espresse cose che il Pancione se prima manifestò cose contro i Barbuti, e pare
che non fosse creduto, […] la rivolta con primo marcato atto degli omicidi, se le cose intermedie
che sopravvennero alla di lui conoscenza, non fu nel caso di rivelarle allorché la rivolta era
terminata, da ciò ne risulta che non potea legalmente essere tenuto del reato di omissione a non
rivelare quel che avanti in generale peraltro avea già manifestato.
Considerando d’altronde che se il Pancione non può essere tenuto del suddetto reato, ove risulti
come sembra oscitante nel suo impiego di basso agente di Polizia, si appartiene sempre a chi di
dritto adottare sul di lui conto quelle misure amministrative che si reputeranno convenienti.
Per tali considerazioni
Per Luigi Rufino all’unanimità consta
1. Che abbia commesso misfatto di associazione settaria, non consta della qualità di Capo.
2. Che abbia gli altri misfatti di cospirazione, ed attentato contro il Governo per rovesciarlo,
ed altro sostituirne.
3. Che abbia poi commesso l’altro misfatto accompagnato da violenza pubblica di complicità
nell’omicidio premeditato in persona del Comandante, per avergli cagionato ferite,
assistendo scientemente l’autore materiale dell’omcidio nelle azioni, e con complicità tale,
che senza di essa il misfatto non sarebbe avvenuto.
Per D. Filippo Calore all’unanimità consta
1. Che abbia commesso misfatto di associazione settaria, non consta della qualità di Capo.
2. Che abbia poi commesso l’altro misfatto accompagnato da violenza pubblica di complicità
nell’omicidio premeditato in persona del Comandante, per avergli cagionato ferite,
assistendo scientemente l’autore materiale dell’omcidio nelle azioni, e con complicità tale,
che senza di essa il misfatto sarebbe avvenuto.
Per Biagio Sperandio a maggioranza di 4 voti sopra 2 consta
1. Che abbia commesso misfatto di associazione settaria.
2. Che abbia commesso complicità nel misfatto di cospirazione, ed attentato di lesa maestà,
per avere scientemente facilitato gli autori nelle azioni con complicità tale, che senza di
essa il misfatto sarebbe avvenuto.
Per Antonio Bucci a parità di voti non consta
1. Che abbia commesso i reati di cui veniva accusato
Per Francesco Gatti all’unanimità consta
1. Che abbia commesso misfatto di associazione settaria.
2. Che abbia commesso complicità nel misfatto di cospirazione, ed attentato di lesa maestà,
per avere scientemente facilitato gli autori nelle azioni con complicità tale, che senza di
essa il misfatto sarebbe avvenuto.
Per D. Filippo Falconi a maggioranza di 5 voti sopra 1 non consta
1. Che abbia commesso i reati di cui veniva accusato
Per Massimo Pancione all’unanimità non consta
1. Che sia colpevole del reato di cui veniva accusato
Il Presidente a questo punto analizza tutti gli articoli delle leggi penali che verranno applicati per i
condannati, in base alle suddette decisioni.
Riporto solo quello che riguarda le modalità di esecuzione per i condannati a morte col 3° grado di
pubblico esempio:
Art.6 n° 3 – “Trasporto del condannato nel luogo dell’esecuzione a piedi nudi, vestito di nero, e
con velo nero che gli ricopre il volto”
Per quanto sopra la Commissione Militare ha condannato, e condanna
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Luigi Rufino alla pena di Morte colla fucilazione, e col 3° grado di pubblico esempio.
Filippo Calore alla pena di 30 anni di ferri nel bagno
Francesco Gatti alla pena di 25 anni di ferri nel bagno
Biagio Sperandio alla pena di 25 anni di ferri nel bagno
Antonio Bucci in libertà provvisoria
Filippo Falconi in libertà assoluta
Massimo Pacione in libertà assoluta
Fatto e giudicato nella Camera del Consiglio nel suddetto giorno 13 Maggio 1842 come sopra, ed
a cura del Sig. Commessario del Re la esecuzione che avrà luogo sullo spalto di questo Real Forte
la mattina del 14 corrente alle ore 8 di Francia.