Il pavone e la dea Giunone Il fratello di bell`aspetto e la sorella brutta
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Il pavone e la dea Giunone Il fratello di bell`aspetto e la sorella brutta
TRADUZIONE DELLE VERSIONI ASSEGNATE PER CASA IN PREPARAZIONE AL COMPITO IN CLASSE DI LATINO DEL 09/12/2009 CLASSE 2^ H Il pavone e la dea Giunone Un pavone si presentò da Giunone, dolendosi del fatto che la dea non gli avesse concesso il canto dell’usignolo: “L’usignolo è meraviglioso per tutti gli uccelli, io invece vengo deriso non appena emetto la voce”. Allora, per offrirgli consolazione, la dea disse: “Ma tu vinci in bellezza, vinci in grandezza: lo splendore dello smeraldo rifulge sul tuo collo e dispieghi con piume variopinte la coda di gemme”. “A che scopo – disse il pavone – il destino mi ha dato una muta bellezza, se sono superato nel canto?”. Rispose la dea: “A discrezione del destino vi sono stati assegnati i ruoli: a te la bellezza, la forza all’aquila, all’usignolo la voce melodiosa, il (dono del) presagio al corvo, i tristi auspici alla cornacchia (ma anche: alla cornacchia gli auspici favorevoli, quando lei viene da sinistra), e tutti gli uccelli sono contenti delle proprie doti. Non aspirare a ciò che non ti è stato dato, affinché la speranza delusa non si trasformi in lamento”. Il fratello di bell’aspetto e la sorella brutta Un uomo aveva una figlia brutta e un figlio bello. Costoro, giocando come fanno i bambini, guardarono in uno specchio posato per caso dalla madre sulla poltrona. Questo (il figlio) si vanta (di essere) bello; quella (la figlia), mossa da grande rabbia, non sopporta gli scherzi del vanitoso fratello e prende ogni atteggiamento (lett. “ogni cosa”) (sott. “di lui”) come un’offesa nei suoi confronti. Allora corre dal padre e, con grande invidia, si lamenta di suo fratello. Costui, per porre fine alla lite dei bambini, calma entrambi con baci e carezze, dividendo in parti uguali per entrambi (lett. “tra entrambi”) la (sua) dolce tenerezza: “Ogni giorno, bambini – disse – vi esorto a guardare questo specchio: tu, figlio mio, per non guastare la tua bellezza con i segni (lett. “mali) della cattiveria; tu, figlia mia, per avere la meglio su questo tuo volto con la bontà del carattere (lett. “vincere questo volto con i buoni costumi”). Deucalione e Pirra Giove, per sterminare la razza degli esseri umani, accrebbe ovunque i fiumi che inondarono le terre. A causa del cataclisma tutta la razza umana morì, eccetto Deucalione e Pirra, che fuggirono sul monte Etna, che si trova in Sicilia. Deucalione e Pirra, poiché non potevano vivere a causa della solitudine, chiesero a Giove o di creare degli uomini o di fare subire a loro una simile catastrofe. Allora Giove gli ordinò di gettare dietro di sé dei sassi e fece in modo che le pietre che aveva gettato Deucalione diventassero uomini e quelle che aveva gettato Pirra donne. La disfatta di Varo a Teutoburgo Arminio, capo dei Cherusci, ottenne grande autorità tra i suoi per il valore e la saggezza. Poiché i Germani mal sopportavano il giogo dei Romani, Arminio fece di tutto per liberare la patria e ricorse anche all’inganno per ottenere la libertà. Infatti indusse la Germania a fare una rivolta e fece cadere in trappola Varo, generale dei Romani. Costui, infatti, affrontò un difficile viaggio con le legioni per domare la ribellione, ma, dopo che giunse nel passo di Teutoburgo, fu circondato da Arminio. Scoppiò una grande battaglia: si combatté aspramente, ma i Romani, superati dal numero dei Germani, alla fine furono vinti. Non poterono neppure scappare: infatti, spossati dal lungo viaggio e circondati dalle paludi, furono uccisi quasi tutti; soltanto pochi raggiunsero le rive del Reno. Varo, disperando ormai della salvezza, si diede la morte. L’imperatore Augusto, dopo che ricevette la notizia della sconfitta, rimase molto turbato e, battendo talora la testa contro la porta, gridava: “ Quintilio Varo, restituiscimi le mie legioni!”.