La frutta, protagonista della fiaba "Arturo lampone sicuro". La classe

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La frutta, protagonista della fiaba "Arturo lampone sicuro". La classe
La frutta, protagonista della fiaba "Arturo lampone sicuro".
La classe PRIMA C, guidata dall'insegnante di Italiano, prof.ssa La Torre Gennarina, ha
partecipato al concorso " LE STORIE DEL BOSCO di VIS", creando una fiaba che,
attraverso i suoi personaggi, ha saputo evidenziare e trasmettere valori importanti
quali la condivisione e l'importanza del lavoro di squadra.
La fiaba, letta e commentata da tante persone, è stata ammessa alla selezione finale e
valutata da una giuria di esperti, risultando settima tra le trenta finaliste.
L'azienda promotrice ha premiato gli alunni con una" golosa"
scuola per una sana merenda.
fornitura, condivisa a
ARTURO LAMPONE SICURO
C’era una volta, in un epoca lontana, un castello nascosto dietro a una collina, vicino al
quale sorgeva una piccola casetta abitata da una famiglia di lamponi. La famiglia era
formata da madre, padre e tre figli tutti molto responsabili e obbedienti, che
lavoravano al servizio dei sovrani del castello. Il minore dei tre figli era Arturo,un
lampone sicuro, intelligente e coraggioso, che si impegnava a risolvere tutti problemi
del castello. Un giorno però Arturo sentì il bisogno di riposarsi, perché lavorava troppo
e non si dava mai neanche un attimo di pace. Si recò, quindi, in paese per incontrare il
saggio, un saccente mirtillo famoso per la sua bravura ad ascoltare chi aveva problemi
e trovare soluzioni. Il saggio disse ad Arturo:
Tu da solo volevi lavorare
e vieni a chiedermi se ti posso aiutare ,
lavori troppo e fermo non stai
e arrogante diventerai.
Io ho la soluzione, ma dovrai viaggiare,
perché l’erba del sorriso dovrai trovare
e l’acqua della sorgente perduta dovrai conquistare.
Ma l’acqua della sorgente perduta e l’erba del sorriso erano molto difficili da trovare e
il viaggio sarebbe stato lungo, quindi Arturo decise di partire subito: salutò i familiari
e si mise in cammino. Cammina, cammina iniziò a canticchiare:
“ Come son contento,
non sono più in quel regno;
come son contento
non ho più alcun tormento.”
Arrivò così nei pressi di una raduna in mezzo alla foresta e, dato che stava scendendo la
sera, decise di passare la notte in una grotta che si trovava lì vicino. Il mattino
seguente, al risveglio, vide un grosso limone di nome Simone che lo minacciò di volere
usare la sua intelligenza per azioni malvagie; Simone voleva anche prendere il posto di
Arturo al castello,fingersi un eroe agli occhi del popolo, così dopo aver guadagnato la
fiducia dei sovrani si sarebbe impossessato del Regno. I due si misero a litigare e
ingaggiarono una pesante lotta, alla fine il limone Simone diede ad Arturo tre giorni
di tempo per decidere se offrire la sua intelligenza oppure essere trasformato in una
quercia. Arturo dissentì e quindi Simone con un potente incantesimo lo trasformò in
una Quercia. Dopo un po’ passò di lì una fata che, avendo assistito alla lotta, decise di
aiutare Arturo e dopo che Simone si fu allontanato, spezzò l’incantesimo, Arturo tornò
ad essere un lampone. La fata stava ripetendo fra sé e sé : ”Devo andare a prendere
l’erba del sorriso nella valle della felicità.” Così Arturo le chiese dove fosse la valle della
felicità e lei rispose:
“Fai milletrentuno passi verso nord
e poi fai tre giri su te stesso,
si aprirà un passaggio che ti porterà
nella valle della felicità!
Quando sarai in pericolo
spargi questa polvere ed io arriverò a soccorrerti.”
Così dicendo gli consegnò un sacchettino contenente una polvere argentata. Quindi
Arturo si diresse verso nord fino ad arrivare alla valle, girò su se stesso tre volte e si aprì
il passaggio. Li incontrò due more :Melissa e Violetta, alle quali chiese dove fosse l’erba
del sorriso, loro gli risposero di cercare un’erba viola, che, se sfiorata si mette a ridere e
fa il solletico.
Allontanatosi dalle more Arturo vide che c’erano dei piccoli gnomi sorridenti, a guardia
di una radura, che chiesero al lampone cosa volesse e chi fosse. Arturo si presentò e
spiegò cosa cercava. Gli gnomi risposero:
“Se l’erba
vuoi avere
la soluzione devi trovare,
uno e un solo indovinello ti porremo
ed entro domani la soluzione vorremo!
Chi ha più bisogno dell’erba del sorriso?”
Fu molto difficile,
ma il giorno dopo Arturo aveva la soluzione e disse agli gnomi:
“Non solo io dell’erba
ho bisogno
ma ogni bambino che non ha un sogno,
che non sorride, che è malato
con l’erba una speranza avrà trovato!”
La risposta era corretta e gli gnomi condussero Arturo alla radura, lui raccolse la
magica erba e la posò nel suo zaino; mancava solo l’acqua della sorgente perduta.
Gli gnomi indicarono ad Arturo l’est, lui si incamminò e dopo varie ore di cammino,
giunse nei pressi di un monte molto alto.
Non sapeva cosa fare e, ricordatosi le parole della fata, prese il sacchettino, sparse la
polvere subito lei si presentò. Purtroppo la fatina non conosceva la sorgente perduta
ma gli suggerì di scalare la montagna .
Quindi Arturo iniziò a scalare il monte e dopo tanta fatica arrivò in cima e vide uno
spettacolo che gli tolse il fiato: era un’immensa sorgente luccicante, davanti alla
quale un cartello così recitava:
“Se della sorgente
perduta l’acqua vorrai
qui la troverai ,
ma attento a quanta ne prenderai:
poca o a mani vuote te ne andrai!”
Prese un po’ d’acqua, che unita con l’erba del sorriso formò, come per magia, una
bevanda che Arturo non aveva mai visto, comunque era sicuro di ciò che aveva fatto
e bevve l’infuso; si sentì subito felice e pieno di energia: aveva finalmente portato a
termine la sua missione!
Così, pieno di euforia, Arturo tornò velocemente al villaggio, dove tutti lo accolsero
calorosamente.
Il giorno seguente ricominciò il lavoro di tutti i giorni al castello senza però stancarsi,
perché i sovrani del regno lo promossero consigliere, così tutti vissero felici e
contenti, tranne Simone il limone, che dalla rabbia iniziò a girare su se stesso e a
spremersi, gira che ti rigira e sprizza che ti risprizza, perse tutto il succo e diventò un
vecchio limone rinsecchito.
Chi non si accontenta di essere se stesso rimarrà sempre deluso.