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Giovedì
17/11/2011
http://www.stamptoscana.it/articolo/spettacoli/brachetti-il-cavaliere-delle-arti-al-teatro-verdi
Brachetti, il Cavaliere delle arti, al Teatro Verdi
Il ciuffo sbarazzino. Una virgola in fronte. Poi i francesi, che lo amano, gli hanno dato il
Premio Molière (pura Académie di France) e più di recente l’hanno fatto Cavaliere delle
Arti e delle Lettere. Arturo Brachetti non pone limiti. Al suo trasformismo. Che in questi
giorni furoreggia in un Teatro Verdi straesaurito. Dal 15 al 20 novembre.
Firenze - Uno nessuno centomila. E un nome padrino:
Fregoli. Che riusciva a essere contemporaneamente più
persone. Lo vedevi in borghese e un attimo dopo in divisa
militare. Appariva giovane e gagliardo e s’un botto eccolo
vecchio e claudicante. Sembrava un barbuto omaccione ma
no! è una procace sciantosa o una ammiccante cocotte. La
differenza è che Arturo va molto più veloce del suo antenato.
Da vero atleta. Arturo racconta che se il mestiere l’ha eredito
dalla biografia di Fregoli i trucchi glieli ha passati un giovane
prete conosciuto in seminario dove il padre l’aveva spedito
perché facesse il bravo. Si chiamava don Silvio Mantelli ma
a tutti era noto come Mago Sales. E con questo nome sarebbe passato alle cronache.
Aveva 15 anni l’Arturo. Via il seminario dentro i palcoscenici. Senza un attimo di tregua. E
senza identità. O dalle mille identità. L’uomo dai mille volti. Dopo i successi all’estero
(appena 18enne a Parigi è la vedette dell’Olympia) approda in Italia. Lavora con Scaparro,
Crivelli, la Compagnia della Rancia, cura la regia dello spettacolo “I corti” di Aldo Giovanni
e Giacomo ma resta un personaggio stranamente popolare. E men che mai un divo
televisivo. A Firenze Brachetti la prima volta lo vedemmo nell’88 nell’allora Variety. Una
vita fa. Fu una inesauribile, sensazionale sequenza di trovate comiche e colorate:
vertiginoso one man show, cabaret futurista, fra Depero e Marinetti, titolo “In principio
Arturo creò il cielo e la terra”. Poi qualche anno fa tornò al Verdì nel segno di “Gran
Varietà Brachetti. Premiato teatro meraviglie”, il musical e l’avanspettacolo, e lui a guidare
acrobati, trapezisti, ballerini, illusionisti, atleti, cantanti, un omaggio al mondo del circo e
del varietà nel segno dei suoi più illustri cantori, Chaplin e Fellini. Era per lui un modo
nuovo di fare spettacolo, un cabaret delle illusioni in technicolor, ma forse anche una
“scusa” per non sentirsi più solo.
Ora rimette in piedi la sua mirabolante macchina dei sogni in solitaria cambiando un
centinaio di costumi e calandosi in altrettanti personaggi. Tirati fuori da un vecchio baule
dove sonnecchiavano vecchi cari eroi di cinema e tivù. “Ciak, si gira” (dal 15 al 20
novembre al Teatro Verdi) recita il titolo omaggio a un mondo di celluloide, i buoni e i
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cattivi, cowboys, corsari, avventurieri. Tutto d’un fiato. Senza, allo spettatore, lasciare il
tempo di farsi domande. E magari fare come quel bambino che una volta, alla fine dello
spettacolo, gli chiese se sarebbe tornato a casa in taxi o volando: “Il complimento più
grande che abbia mai avuto”. Basta fidarsi degli occhi. Dove scorrono Zorro, Mary
Poppins, Maciste, Crudelia De Mon, Tarzan, Lawrence D'Arabia, Charlot, King Kong,
Harry Potter, Biancaneve, E.T. e via di seguito. In una sarabanda sismica e
magnificamente ambigua.
Gabriele Rizza
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