apr-giu 2015 - Julianellum

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apr-giu 2015 - Julianellum
Vignanello
Maurizio
Grattarola
La “gita” a Vignanello
di papa Benedetto XIII
Strade, paesaggio, architettura e cerimonie religiose
nella Tuscia del ‘700 (2 - A Vignanello e Vallerano)
Martedì 6 novembre 1725:
l’entrata a Vignanello
S
otto una pioggia uggiosa, che
aveva reso fangosa quella
nuova strada che si dipanava
attraverso i castagni della collina di Talano, per poi scendere rapidamente verso il fosso della Cupa, su cui
era stato eretto un piccolo ponte, il
corteo papale percorse la nuova Via
Ruspola, che scendeva e risaliva la
valle che limita a sud il borgo di Vignanello, sfiorando i confini di Vallerano.
Era stata aperta al solo scopo di far
percorrere al papa tutto il paese da
ovest a est, e non era particolarmente
comoda. Nel giro di qualche anno
sarebbe stata dimenticata...
Ma quel giorno era circondata da una
folla immensa, e i valleranesi non mancarono di far sentire la propria esultanza, schierando una banda di pifferi
lungo il percorso della strada che fiancheggiava i confini fra i due paesi,
segnati da coltivazioni di viti. Risalito
sulla sommità dello sperone tufaceo
sul quale sorge Vignanello, il corteo si
trovò davanti il simbolo orgoglioso
della potenza Ruspoli: una guglia, o
piramide, o colonnetta, come sarà
chiamata poi, eretta all’inizio del
feudo, alta quasi sei metri, con due
iscrizioni in marmo, una che ricordava
l’arrivo del papa, l’altra che sottolinea-
Il percorso del papa entrando a Vignanello
va l’opera compiuta da Francesco
Maria Ruspoli nell’aprire quella nuova
via. Sulla sommità, l’arma Ruspoli stilizzata, con i tralci di uva e i grappoli.
Era un monumento semplice ed imponente, che suscitò l’ammirazione di
tutti, un monumento, come molti altri
del paese, che sarà dimenticato.
La strada proseguiva ora diritta e in
discesa verso l’ingresso della Terra:
anche qui una folla immensa era in
attesa dell’arrivo del pontefice. Il corteo si fermò davanti al Portone del
Molesino, che con la cinta di mura
chiudeva il paese a ovest: era stato
eretto dal padre di Francesco Maria
Ruspoli, Alessandro Marescotti Capizucchi nel 1691, su disegno dell’architetto Mattia de’ Rossi, a completamen-
La colonnetta Ruspoli in una foto di inizi ‘900
la
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dalla
Tuscia
to del nuovo Borgo del Molesino, voluto dal fratello Francesco Marescotti
Ruspoli, il primo della famiglia Marescotti a portare il cognome Ruspoli.
Sul piazzale antistante, il papa scese
dalla carrozza. Ad attenderlo una
compagnia di soldati vestiti in abiti
turchini, con bandiere e tamburi, che
avevano il compito, con gli sbirri locali, di mantenere l’ordine pubblico. In
quel momento, una salva di ben duecento mortaretti fu fatta esplodere
dalle colline vicine, in segno di giubilo
per l’arrivo di Benedetto XIII.
Il papa sarebbe dovuto salire sulla
sedia gestatoria per percorrere il
lungo rettilineo in saliscendi fino al
castello in sedia gestatoria, ma per
prima cosa volle visitare la chiesa dell’Angelo Custode, anch’essa eretta da
Alessandro Marescotti Capizucchi
appena prima del Portone. Ad attenderlo qui c’erano monsignor Coscia,
elevato da pochi giorni al rango cardinalizio, due maestri di cerimonie,
monsignor Gamberucci arcivescovo
di Amasia, e monsignor Reali, il vescovo di Civita Castellana, monsignor
Tenderini e il figlio del principe monsignor Bartolomeo Ruspoli. Erano presenti tutto il clero della Terra e i magistrati. Il papa, mentre i musici intonavano l’Ecce Sacerdos Magnus, si trattenne in preghiera prima davanti all’altare maggiore e poi a quello di S. Filippo Neri.
Il Portone del Molesino, opera di Mattia De Rossi;
a destra la chiesa dell’Angelo Custode
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dalla
Tuscia
All’uscita dalla chiesa, il principe presentò, in segno di sottomissione, due
chiavi del suo feudo, dorate e legate
insieme da un cordone dorato anch’esso, a simboleggiare la fedeltà al
papa, che le benedisse e le ripose nel
bacile dorato sostenuto dal figlio Alessandro, dicendo al principe che stavano bene nelle sue mani.
Salito sulla sedia gestatoria, furono
ammessi al bacio del piede i magistrati della Terra, vestiti con gli abiti ufficiali della loro posizione, e finalmente
il papa, fra nuovi spari di mortaretti,
musiche di tamburi e pifferi, e grida di
giubilo della gente, cominciò ad attraversare il paese, prima scendendo la
ripida china del Borgo del Molesino,
poi risalendo verso il castello, attraverso la Porta Grande o Porta Flaminia.
guardando con particolare attenzione
Giacinta, moglie di suo nipote Berualdo Orsini duca di Gravina, il cui matrimonio era in crisi, le ammise al bacio
del piede. Poi, nonostante le sue insistenze, dato il tempo che minacciava
pioggia, fu dissuaso ad andare a passeggiare nel parco e fu condotto nei
suoi appartamenti, che erano stati
arredati in modo tale da somigliare a
quelli di Roma: “prete da scardargli il
letto, e lumini di cera pp la notte, et
ogn’altra cosa necessaria conforme a
quello di cui si serve Sua Santità in
Roma sino le corone vicino l’inginocchiatore, lenzuola di lana, berrettini,
pianelle e sino la tabacchiera piena di
tabacco sopra il tavolino et altre cose
pp servizio di Sua Santità che del tutto
se n’è servito”. Qui il papa si trattenne
in colloquio con le dame della famiglia
per più di un’ora, licenziandole poi
con la benedizione e il bacio del piede.
La giornata si concluse con una lautissima cena data a tutta la corte alta e
bassa, mentre fuori del castello si ripetevano le scene di giubilo, con fuochi
d’artificio, musiche di pifferi e tamburi, campane a stormo, le case tutte illuminate con torce, in segno di giubilo
per la presenza del “Supremo e Santissimo Pastore della Chiesa”.
Mercoledi 7 novembre:
la preparazione
Il Borgo del Molesino ancora senza balconi; sullo
sfondo la Porta Grande o Flaminia
Giunto sulla piazza, completata dal
nuovo edificio dei Casini, il pontefice,
benché stanco del viaggio, decise di
visitare la chiesa collegiata, appena
terminata, rimanendo colpito e ammirando la sontuosità dell’interno e le
opere d’arte in essa racchiuse. Terminato il breve giro, e scortato dalla
compagnia di soldati che tenevano a
bada il numerosissimo popolo accorso, Benedetto XIII giunse finalmente al portone del castello, dove
c’erano ad attenderlo inginocchiate la
moglie del principe, Isabella Cesi, con
tre figlie, la duchessa di Gravina,
donna Vittoria e donna Maria. Il pontefice, dopo averle fatte sollevare, e
Pioveva ancora, quella mattina, ma
come al solito il pontefice, nell’esercizio delle sue funzioni, non ebbe esitazioni: per prima cosa si recò nella
chiesa dell’Angelo Custode, dove celebrò messa insieme al clero del paese e
al vescovo Tenderini e tutti gli arcivescovi, poi tornando al castello volle di
nuovo visitare da solo la chiesa collegiata. Rimase ammirato dalla quantità
di opere d’arte presenti nella collegiata, ed in particolare dallo splendido
organo dei fratelli Alari. Salì poi fino al
pulpito, con la mente già rivolta all’argomento della predica che avrebbe
tenuto durante la cerimonia di consacrazione. Dopo questa accurata visita,
Benedetto XIII tornò al castello dove,
per pranzo, bevve la sua solita tazza di
cioccolata, mentre il principe e tutti gli
accompagnatori digiunavano in preparazione della cerimonia. Alle sedici
il pontefice si recò nella chiesa di S.
Giovanni, dove erano state depositate
le reliquie portate da Roma in un piccolo bauletto ricoperto di velluto
rosso fissato con chiodi d’argento.
Porta Grande o Flaminia
Qui Benedetto XIII, vestiti gli abiti pontificali, espose le reliquie sostando in
preghiera. Poi, con la sua solita attenzione ai bisogni del clero, si recò nella
sagrestia della nuova chiesa per suggerire all’abate Nicola Loppi di evitare
la veglia di tutto il clero davanti alle
reliquie, stante l’impegno del giorno
dopo, ma di organizzarne la presenza
a due a due. Instancabile, il papa volle
andare in carrozza fino alla chiesa
della Madonna di Sutano, in piena
campagna, e al ritorno passò attraverso il parco detto la Marescotta fino al
portone del castello, dove entrò in
sedia gestatoria. Arrivato nel suo
appartamento, trovò ad aspettarlo un
regalo di trentasei portate inviatogli
dai figli del principe Colonna. Con la
generosità che lo contraddistingueva,
Il castello e la piazza a fine ‘800
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dalla
Tuscia
donò il vino ai frati di S. Sebastiano e
inviò tutto il resto a Roma. La sera si
ripeterono le stesse scene di giubilo
del giorno precedente.
Giovedì 8 novembre:
la consacrazione
tre gli altri prelati consacravano i
restanti altari. Il papa, accompagnato
da due prelati, salì sul pulpito, e a quel
punto fu aperta la porta maggiore
della chiesa, permettendo alla gente
presente di entrare. Calmatosi il trambusto, dovuto anche alla sorpresa di
trovarsi in una chiesa così bella, il
papa iniziò la sua predica, nella quale
l’erigere una così splendida chiesa e
benedicendo gli astanti. La gente
accorsa fu fatta uscire dai soldati e
dagli sbirri, mentre all’interno il papa
e gli altri del clero dicevano messa nei
vari altari. Terminate le funzioni, tutti,
piuttosto stanchi di quella intensa
giornata, tornarono al castello.
Il gran giorno era arrivato. Dappertutto nel paese si respirava l’aria delle
Venerdì 9: la consacrazione
grandi occasioni, con gli abitanti
stupefatti dalla presenza di
dell’altare del Ss. Rosario, la
tante persone di rango, vestite
traslazione del corpo di S.
con i loro abiti sfarzosi. Alle
Innocenzo martire e le cerisette di mattina, il papa con
monie private
monsignor Coscia, monsignor
Il venerdì fu un giorno ulteriorTenderini e altri tre arcivescovi,
mente significativo: già alle otto
era già nella chiesa di S. Giovandi mattina il santo padre era in
ni. Come al solito, preoccupati
chiesa a consacrare l’altare del
più per se stessi che per il ponSs. Rosario con monsignor Tentefice, i prelati gli fecero osserderini. Finita la consacrazione, si
vare che minacciava pioggia,
diede inizio a quella della traslaquasi a volerlo sconsigliare di
zione del corpo di S. Innocenzo
effettuare la processione. Al che
martire, donato al principe dal
il papa, scrollando le spalle,
papa Innocenzo XIII, sotto l’altar
rispose: “La Beatissima Vergine
maggiore. La processione si
ci aiuterà”, così come fece, non
snodò dalla chiesa per tutta la
piovendo per tutta la durata
piazza, aperta dal crocifero del
della cerimonia. Iniziò la procespapa, seguito dal papa stesso e
sione, preceduta dalla croce
dal vescovo di Civita Castellana
papale portata dal crocifero, e
e gli altri arcivescovi, vestiti poncomposta da tutto il seguito
tificalmente, che portavano sulle
papale e dai cantori, e seguita da
spalle il corpo del martire. Seguiuna infinità di gente. Le attività
va tutto il clero con le torce accenel paese erano ferme. Il corteo
se in mano, e chiudeva una molsi fermò davanti alla porta printitudine di gente.
cipale della collegiata, quindi
Il corpo del martire fu risposto
fece due giri intorno alla chiesa
da Benedetto XIII sotto l’altar
e alla fine entrò; qui furono svol- La collegiata a inizi ‘900 e l’altare maggiore con ai lati i coretti da cui maggiore, dove fu chiuso da
te le prime funzioni. Era giunto il la famiglia Ruspoli assisté alle cerimonie
grate dorate. Successivamente il
momento di portare le reliquie
papa disse messa all’altare del
in chiesa: dalla porta della sagreSs. Rosario. Poi, vestito degli
stia, i prelati si recarono nuovaabiti pontificali, il pontefice conmente nella chiesa di S. Giovanferì il sacramento della cresima
ni, da dove uscirono di nuovo
ai figli del principe: il padrino di
processionalmente, preceduti
don Alessandro fu il cardinal
da quattro sacerdoti con le piaCoscia, mentre la madrina delle
nete rosse con ricami dorati che
figlie Vittoria e Maria fu la sorella
sostenevano una lettiga con
duchessa di Gravina.
sopra il bauletto contenente le
Il pontefice si dimostrò ancora
reliquie. La processione fece il
una volta instancabile. Terminagiro della piazza in mezzo ad
te le funzioni, decise di andare a
una folla immensa, poi si fermò
passeggiare nel parco del castelsullo spiazzo antistante, dove il
lo, da dove uscì per visitare la
papa, seduto sul faldistoro e circhiesa e il convento di S. Sebacondato da tutto il clero, invitò i
stiano, che chiudeva a est il
volle spiegare a tutti i presenti il signipresenti ad entrare nella collegiata
paese. Qui trovò le principesse Ruspoficato della consacrazione, e la sua
“per ivi udire la divina parola”. Entrati
li a cui diede il permesso di visitare il
estensione anche al popolo presente.
in chiesa i soli prelati e la famiglia del
convento. Ma la giornata non era
Mise in guardia tutti contro gli abusi
principe, furono consacrati i vari altaancora finita: forse ricordando che era
che spesso si commettono anche nei
ri; il papa consacrò quello dell’altar
soprattutto un pastore di anime, Benetempli divini, e concluse ringraziando
maggiore, ponendovi le reliquie dei
detto XIII, verso le sedici, con tutto il
il principe per la sua generosità nelsanti martiri Urbano e Clemente, mensuo seguito, e la scorta del principe e
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dalla
Tuscia
La chiesa secentesca di S. Sebastiano con a destra il convento francescano in un disegno del 1854;
nel riquadro, Borgo S. Sebastiano a inizi ‘900 (per gentile concessione dell’associazione I Connutti)
del figlio, nonché dei cavalleggeri e
degli svizzeri, si trasferì a Vallerano,
alla chiesa della Madonna del Ruscello. Giunto davanti alla piramide, vi
trovò convenuta una folla immensa
che lo seguì fino alla chiesa. Qui rimase in preghiera davanti alla immagine
della Madonna, prima di tornare al
castello.
Sabato 10:
la benedizione e la partenza
Il principe aveva chiesto a sua santità,
prima della partenza, di voler benedire la Terra e il Popolo di Vignanello. La
voce si sparse in un batter d’occhio, e
così già dalle sei di mattina la piazza e
le strade del paese erano stracolme di
persone, moltissime arrivate dai paesi
vicini. Per la benedizione era stata riccamente adornata la loggia del castello che affaccia sulla piazza con tende
di velluto cremisi, un baldacchino con
frange e trine dorate, e una coperta
sulla ringhiera di broccato rosso. Alle
otto, davanti ad un tripudio di gente, il
pontefice si affacciò e diede la sua
benedizione alla popolazione festante.
Il papa si ritirò poi di nuovo nei suoi
appartamenti, dove accolse la famiglia
del principe, i nobili forestieri che
erano stati ospiti di Francesco Maria,
e i magistrati dell’insigne Terra, che
non mancarono di ringraziarlo per la
concessione della gabella del macinato. Ma Benedetto XIII era pastore, e
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così, dopo aver ammesso al bacio del
piede tutti i presenti, che rappresentavano l’élite, scese nuovamente in chiesa, dove ad attenderlo c’erano molti
infermi, ai quali il papa rivolse parole
di conforto unitamente alla sua benedizione. La visita era ormai giunta al
termine. Il pontefice uscì dalla porta
laterale della sagrestia e salì in carrozza, sempre accompagnato dai suoi
maestri di cerimonie, e, seguito ancora dal principe e dal figlio Alessandro
a cavallo, iniziò il suo ritorno a Roma.
Era stata una settimana intensa, e
negli animi dei presenti si succedevano emozioni diverse: in quello del
principe la soddisfazione della visita e
l’orgoglio di quanto aveva realizzato;
in quello del papa le preoccupazioni
sulla corte romana, in subbuglio per
l’elezione a cardinale di monsignor
Coscia, e l’amore per la gente, a cui
avrebbe voluto dedicare più tempo; e
in quello delle persone che erano
state in vario modo presenti, la certezza di aver partecipato ad un evento
storico.
Qualche considerazione
Il viaggio di Benedetto XIII rappresenta il punto di culmine della trasformazione di Vignanello da borgo medievale a centro barocco. Dopo il 1725 ci
furono ancora alcuni interventi, come
il completamento dei Casini nella piazza del castello, l’innalzamento della
Colonna della Giustizia, e la costruzione dello stallone accanto alla chiesa
dell’Angelo Custode, seguita dalla
ristrutturazione del borgo di S. Sebastiano, ma sono interventi di completamento e consolidamento, che non
alterano la struttura urbanistica. Dedicherò un terzo articolo a descrivere i
monumenti già esistenti e quelli eretti
nel corso del ‘700, anche per sottolineare come, dalla fine dell’800 ad oggi,
ci sia stato un continuo degrado del
paese, con abbattimento e spostamento di monumenti, come la Colonna Citatoria ora nel giardino del castello, e “vendita” di alcuni, come la Piramide o Colonnetta Ruspoli, oggi invisibile perché contenuta in un giardino
privato. Sono dell’opinione che occorra fare un grande sforzo perché Vignanello recuperi le sue memorie e i suoi
monumenti.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
Gli eventi della “gita” di Benedetto XIII attraverso la
Tuscia meridionale, fino a Vignanello, sono narrati da
molte fonti. Le principali sono due documenti anonimi, probabilmente redatti da un incaricato di Francesco Maria Ruspoli, e conservati nel Fondo Ruspoli
Marescotti all’Archivio Segreto Vaticano. Ci sono poi
due estesi rendiconti pubblicati sul “Diario Ordinario” di Roma (detto comunemente Chracas), sui
numeri 1290 e 1293, rispettivamente del 10 e 17
novembre 1725; il manoscritto di partenza è conservato presso l’Archivio dell’Ufficio delle Celebrazioni
Pontificie del Sommo Pontefice, a ribadire
l’importanza di tale viaggio. Infine, da non trascurare
per alcune informazioni, le notizie riportate sul “Diario” di Francesco Valesio, un erudito che ci ha lasciato importanti notizie sui fatti romani dal 1700 al 1740.
[email protected]
(continua)
la
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