I costi della malattia di Alzheimer

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I costi della malattia di Alzheimer
 I costi della malattia di Alzheimer Francesco Amenta, Luisa Colucci
I costi della malattia di Alzheimer, peraltro già molto elevati, sono destinati ad aumentare vertiginosamente nel prossimo futuro. Cresceranno sia i costi diretti (quelli, cioè, collegati a farmaci, controlli medici, ricoveri) che quelli indiretti (quelli, cioè, legati all’assistenza) tanto più se alla malattia di Alzheimer si associano, come spesso accade, altre patologie. L’unica strategia
attualmente percorribile per ridurre il drammatico impatto economico della malattia in questione è diagnosticarla prima possibile ed iniziare tempestivamente una terapia che porti a stabilizzarne
i sintomi. Così facendo i costi che famiglie e società saranno chiamate ad affrontare potranno diminuire concretamente.
La malattia di Alzheimer non è solo una delle più diffuse patologie nel mondo occidentale, ma è anche una delle più costose. La malattia di Alzheimer, già al comparire dei primi sintomi quali problemi di memoria , di linguaggio, di calcolo, di orientamento, richiede la presenza di un caregiver. Il termine (letteralmente “colui che dà cura”), si riferisce di solito ad un familiare o, sempre più spesso ormai, ad una persona pagata dalla famiglia per dare supporto al malato. Il costo del caregiver che, in termini di economia sanitaria, si definisce indiretto, è proporzionale al tempo necessario a sostenere il paziente nelle attività più
complesse del quotidiano, prima, ed in tutte o quasi, poi. Indiretti sono anche i costi indispensabili per rendere l’abitazione sicura (ad esempio, sostituire la vasca con una doccia, inserire dispositivi di allarme per il gas ecc). I costi diretti, invece, sono quelli per servizi sanitari e visite mediche necessari per la diagnosi e il monitoraggio della condizione del paziente (farmaci, controlli medici, ricoveri e istituzionalizzazione). Oltre a costi diretti ed indiretti esistono, poi, i costi detti intangibili, che sono quelli legati alla sofferenza dei pazienti e dalle famiglie. Si tratta, come la parola stessa indica, di costi immateriali
e, dunque, difficili da calcolare e che sono spesso esclusi, ingiustamente, dai calcoli sul costo totale di una determinata patologia.1 Ma i costi e la loro distribuzione sono uguali in tutte le fasi di malattia? Ovviamente no; i costi indiretti prevalgono all’inizio. Nella fase successiva, con la comparsa di disturbi comportamentali, del sonno, di deliri ed allucinazioni, occorreranno visite e ricoveri più frequenti, con conseguente incremento dei costi diretti, che divengono la voce di maggior peso.2 Attualmente il costo totale annuo calcolato della malattia di Alzheimer nel mondo è stimato intorno a 315 miliardi di dollari3 ed è destinato ad aumentare nei
prossimi decenni4. La distribuzione dei costi è uguale in tutta Europa? Un recente studio mostra che, anche se il costo totale non varia, (circa 7 mila euro per anno e per paziente) la distribuzione dei costi è disomogenea. I costi diretti sono maggiori nel Nord Europa e minori nel Sud, quelli indiretti, al contrario, predominano al Sud, sebbene da tale ricerca siano stati esclusi pazienti istituzionalizzati, la cui presenza è rilevante nel Nord Europa. In questo panorama è indispensabile chiedersi quali siano le cause di costi tanto elevati, soprattutto nell’ottica di un contenimento della spesa pubblica. In primo luogo, la perdita di autonomia dei pazienti è una delle voci più influenti perché comporta una richiesta di assistenza 24 ore
su 24. È poco influente se il caregiving sia svolto da un familiare, in quanto anche in questo caso l’impegno diventa una vera e propria occupazione a tempo pieno, che comporta il dover rinunziare al proprio lavoro. Il carico è , in queste situazioni, non solo finanziario, ma anche psicologico perché ne deriva isolamento sociale, con conseguente peggioramento della qualità di vita1. Il tutto, poi, diventa più complicato se, come
spesso accade, alla malattia di Alzheimer si associano altre patologie che il paziente non riesce a gestire correttamente. Aumentano i ricoveri, sia per numero che per durata, e, quindi, i costi. In assoluto, però, il costo maggiore è legato all’istituzionalizzazione5. Cosa fare? I costi potrebbero essere diminuiti se esistesse una terapia specifica (cura) per la malattia. Purtroppo, le terapie farmacologiche a disposizione sono di tipo sintomatico. Sia gli inibitori delle colinesterasi che la memantina, che sono le uniche classi di farmaci che hanno ottenuto la indicazione per il trattamento, rispettivamente, delle forme lievi­moderate e di quelle più gravi della malattia di Alzheimer non
sono in grado di modificare i fattori che inducono la malattia, né di arrestarne il decorso6. Pur con questo limite, comunque, tali farmaci rappresentano una risorsa in quanto potrebbero rallentare la progressione della malattia con tutto quello che questo comporta, incluso posticipare l’istituzionalizzazione di un disabile grave. Ancora, tali farmaci favoriscono una stabilizzazione del comportamento. Risultato, questo, non trascurabile perché consente di evitare o ridurre l’impiego di sedativi e altri farmaci indicati nei disturbi del comportamento, che frequentemente aggravano i deficit cognitivi già rilevanti in questi pazienti. Da un punto di vista farmaco­economico, la riduzione al ricorso ad altre classi di farmaci comporta, comunque, una diminuzione del carico economico. Dopo l’inizio della terapia con inibitori delle colinesterasi o memantina i caregivers in genere riferiscono minore difficoltà nell’assistere i propri cari, un più modesto carico fisico e psicologico, ed un minor numero di ricoveri e visite2. Un problema evidenziato con gli memantina i caregivers in genere riferiscono minore difficoltà nell’assistere i propri cari, un più modesto carico fisico e psicologico, ed un minor numero di ricoveri e visite2. Un problema evidenziato con gli inibitori delle colinesterasi è la perdita di efficacia di tali farmaci in funzione del tempo, con 2 pazienti ogni 10 trattati che hanno mostrato una risposta a 3 mesi e di questi solo uno ha mantenuto la risposta a 9 mesi7. Se fosse possibile migliorare l’efficacia delle terapie attualmente disponibili, si porrebbe ottenere un vantaggio significativo anche da un punto di vista economico. Ad un’attenta analisi degli aspetti economici di terapie farmacologiche nel trattamento della malattia di Alzheimer è stato dedicato un convegno monotematico (6th International Pharmacoeconomic Conference on Alzheimer’s Disease, IPECAD) tenutosi a Londra dal 3 al 4 febbraio scorso, nella prestigiosa sede del Royal College of Physicians. Convegno in cui è stato auspicato di incrementare gli sforzi della ricerca sugli aspetti economici della malattia di Alzheimer e sull’impatto delle terapie farmacologiche sui costi della patologia stessa Uno studio condotto su 64 pazienti affetti da malattia di Alzheimer ha evidenziato che l’azione di un farmaco capace di evitare un calo di 2 punti al test delle funzioni cognitive Mini Mental State Evaluation (MMSE) potrebbe significare un risparmio di costi annuo di poco più di 1.500 dollari8. In quest’ambito di un certo interesse sono le attese che sta generando uno studio italiano identificato con l’acronimo ASCOMALVA, i cui dati preliminari sono stati recentemente presentati9. Lo studio sta valutando l’effetto dell’associazione tra l’inibitore delle colinesterasi donepezil (Aricept®, Memac®) ed il precursore colinergico colina alfoscerato (Delecit®) sui sintomi cognitivi e non della malattia di Alzheimer con danno vascolare associato. I primi dati di ASCOMALVA indicano che il trattamento in associazione con donepezil e colina alfoscerato determina un miglioramento significativo, rispetto al solo donepezil, dei punteggi delle diverse scale di valutazione cognitiva e comportamentali prese in considerazione. Tale effetto, se ulteriormente confermato, potrebbe indicare che l’associazione di colina alfoscerato alla terapia standard con inibitori delle colinesterasi possa rappresentare un’opzione terapeutica per potenziare gli effetti di terapie colinergiche in pazienti affetti da malattia di Alzheimer con concomitante danno cerebrovascolare. I vantaggi economici di non meno di 4 punti di MMSE che l’associazione in corso di valutazione con ASCOMALVA sta evidenziando rispetto alla terapia con il solo inibitore delle colinesterasi potrebbero essere rilevanti e tali da annullare ampiamente quelli del costo del farmaco associato. Come nel caso della tubercolosi nel diciannovesimo secolo e l’AIDS nel ventesimo secolo, la malattia di Alzheimer sembra rappresentare una delle maggiori sfide del nostro tempo. È una sfida economica e sociale, oltre che della scienza medica. La conoscenza della malattia di Alzheimer ed anche delle sue implicazioni in termini di costi non può non coinvolgere tutti. 1.
2.
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