Un antico quadro che rappresenta la Viergen Santissima de Caller

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Un antico quadro che rappresenta la Viergen Santissima de Caller
Un antico quadro che rappresenta la Viergen Santissima de
Caller de Bonaire en el coto de la Mercede y el Santo Antioco
sulcitano patron de la Serdegne
Roberto Lai
I
l poter pubblicare questo importante quadro mi entusiasma particolarmente in quanto mi permette di condividere dei temi a me molto
cari: la figura di Sant’Antioco Martire quale Patrono della Sardegna, nonché la rara iconografia che lo vede al fianco di Nostra Signora
di Bonaria.
L’asserzione fa spesso storcere il naso a coloro che si reputano detentori del sapere e quindi nelle condizioni di poter favorire un Santo a
favore di un’altro. Noi, isolani nell’isola, siamo abituati a subire questo isolamento culturale ma i tempi sono maturi per riscoprire e rivalorizzare ciò di cui siamo detentori.
Le antiche e curiose diatribe che legano il nome di Sant’Antioco ad Iglesias, notoriamente in lotta per accaparrarsi la titolarità del Santo
Patrono, oggi fanno sorridere così come suscita un senso di ilarità l’uso ancora comune di appellativi quali “Fura Santus” (ruba Santi).
Eppure, nonostante siano trascorsi quattro secoli, sembra che il tempo si sia fermato. Un’intera comunità rivendica un sacro diritto - la
ricontestualizzazione dell’epigrafe del Vescovo Pietro - mentre c’è chi temporeggia con elegante indifferenza affinchè il documento storico non torni dove la storia lo mise1.
Nei secoli scorsi il Santo Sulcitano era così popolare da meritarsi sontuose donazioni
(mal distribuite) che pervenivano da tutto il Regno2.
Il Santo Patrono veniva invocato con fede, rispetto e riverenza quale santo taumaturgo, glorioso e miracoloso3.
Tanta è la divozione di questi popoli verso il glorioso martire Sant’Antioco, che non
vi è città, né villaggio in questo regno,in cui non vi sia o chiesa, o altare, o statua, o
immagine innalzata a onor di questo Santo, o a lui consacrata, facendosi nella
Sardegna varie feste, ed in vari giorni, e tempi a suo onore, particolarmente nella città
di Cagliari, ed Iglesias, nelle quali la divozion verso Sant’Antioco è più universale, e fervente. È vero che si è scemato il concorso alla festa del Santo nella sua isola, non contandosi ora ordinariamente più di sei, o ottomila persone, ma non si è scemata perciò
la divozione, dovendosi ciò attribuire alla celebrazioni di tante feste del medesimo
Santo, che da poco tempo sono state introdotte in varii luoghi, come abbian detto, particolarmente a quella che si fa in Cagliari, nella chiesa dei PP. della Mercede, detta di
Bonaria, a quella che si fa nel villaggio di Pirri, mezza lega distante da Cagliari.4
Onori che purtroppo oggi gli sono tributati solo nell’isola omonima e in alcune aree
della Sardegna e con grandi difficoltà organizzative da parte dei comuni che sovvenzionano quella che risulta essere invece la più antica sagra della Sardegna (544). A quanto pare di diversa opinione sono gli Enti preposti ai finanziamenti delle Sagre che l’hanno declassata ponendola in una tabella denominata “E” (manifestazioni turistiche a
sostegno del turismo congressuale, sportivo, culturale, religioso, scolastico). In verità
L’opera
la beffa più grande non è tanto il fatto di non essere collocati nella tabella “A”: Sagre e
feste storiche di valenza regionale consolidata e di particolare rilievo storico-culturale ossia: S. Efisio, Cagliari; Cavalcata Sarda, Sassari;
Candelieri, Sassari; Redentore, Nuoro; Sartiglia, Oristano; Ardia, Sedilo; S. Simplicio, Olbia; Settimana Santa, Iglesias; S. Francesco di Lula,
Lula-Nuoro; Corsa degli Scalzi, Cabras; ed in ultimo con giusta delibera nr. 44/5 del 29.9.2009 della Regione Autonoma della Sardegna,
anche l’Antico sposalizio selargino, organizzato dalla Pro Loco di Selargius rientra nella top 11 dei privilegiati. Ad onor del vero con tutto
il rispetto per l’antico matrimonio selargino che quest’anno, niente poco di meno, è arrivato alla 49 edizione, la più antica Sagra della
Sardegna può continuare ad essere preceduta e non di poco dalla famosissima e storicamente rilevante “Sagra della Lumaca” di Ittiri?
Povero Sant’Antioco, che irriverenza! Eppure il Suo culto non solo è antichissimo come dimostrano, fra gli altri, i ritrovamenti archeologici ed epigrafici all’interno della basilica a lui dedicata, ma la sua diffusione è documentata, in modo capillare, nell’intero territorio
sardo. Non a caso, nel corso dei secoli, le attestazioni che lo salutano come patrono dell’isola sono redatte nelle diverse lingue usate dai
dominatori e dai locali: dal latino (Patronus totius Regni Sardinae) al castigliano (Patron de la Isla de Sardegna), dal sardo logudorese
(Patronu de sa Isola de Sardigna) all’italiano (Protettore insigne della Chiesa sarda), a dimostrazione della continuità cronologica e territoriale del suo culto.5
La memoria di S. Antioco restò talmente impressa nell’animo de’ Cristiani di questo Regno, che appena respirò la Chiesa dalle persecuzioni, e poterono i fedeli innalzar delle Chiese, una ne venne fabbricata in suo onore sopra quella medesima spelonca, ove visse, e morì il
Santo, da cui prese anche il nome la detta isola, ove da antichissimi, ed immemorabili tempi concorreano, come concorrono, anche a dì
nostri, a gara popoli da tutta la Sardegna per celebrarne con sontuosa festa il lunedì quindicesimo dopo Pasqua,essendo il solo S. Antioco
riconosciuto generalmente come il protomartire della Sardegna, e venerato da tutto il regno qual universal suo protettore.6
L’opera qui pubblicata rappresenta un motivo in più per continuare a far conoscere meglio il nostro Santo. A volte in certe località troviamo il culto per Sant’Antioco convivere col culto per Sant’Efisio: si tratta di luoghi che, pur appartenenti a tutto tondo all’ambiente rurale, e quindi attratti da Sant’Antioco, subiscono allo stesso tempo l’influsso della città di Cagliari e quindi accolgono il culto per Sant’Efisio.
Si possono citare per la loro esemplarità i casi di Quartu e di Villasor7.
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Prima di analizzare l’opera e per capire in qualche modo l’accostamento tra La Vergine Nostra Signora di
Bonaria e Sant’Antioco riporto il seguente stralcio tratto da Libro di Josph Fuos “ Notizie della Sardegna”: da
tutte le regioni si affluisce a tali pompose feste, e qui noi abbiamo particolarmente due feste all’anno, che
si distinguono dalle altre. Una è la festa di Sant’Antiogo, la quale si celebra in primavera in Buenos Ayres
ovvero a Buonaria.
In quest’ultima ricorrenza, uno dei festeggiamenti più importanti, per partecipazione e fede, era proprio
quello celebrato a Cagliari, la cui processione si snodava attorno alla chiesa di Bonaria
e al quale accorreva, a piedi o con i carri (le cosiddette trakkas), una moltitudine di
fedeli da tutto il Campidano. Significativa la descrizione offerta dal Lippi nel 1870:
“Quasi improvvisamente e come per incanto, Bonaria non pare più una collina
cagliaritana, sì un vero villaggio, oppure un ridotto di popoli diversi per lingua, vesti
e costumi: è la religione che li ha uniti per venerare un sardo eroe”.8
L’opera pittorica da me visionata a Cagliari presso il Museo intitolato a Giuseppe
Gasperini De Orange, Giraudi Di Saluzzo-Ciusa (Chiusa di Savoia) Quidaciolu di
Tempio e per gentile concessione dell’editore Ettore Gasperini De Orange, porta la
seguente dicitura: La Viergen Santissima de Caller de Bonaire en el coto de la
Mercede y el Santo Antioco sulcitano patron de la Serdegne”.
Il quadro in analisi è rivolto probabilmente a una committenza ispanica, presumibilmente religiosa e presente nello stesso territorio sardo. D’altronde, nel Seicento la preParticolare dell’opera
senza dei religiosi spagnoli era molto diffusa in tutto il Regno, non ci meravigli dunque
la scritta in lingua ispanica.
In ugual misura si potrebbe trattare di una committenza spagnola non presente nel territorio: la specificazione,
nell’iscrizione in calce, della provenienza cagliaritana della Madonna di Bonaria “de Caller”, così come quella di
Particolare dell’opera
“Santo Antioco patron de la Serdegne”, potrebbe essere rivolta a non sardi.
L’iscrizione di cui sopra informa che il dipinto riproduce un simulacro scultoreo della Madonna di Bonaria così come detenuta “en la Real
Co(mpania) de la Merced”, ossia presso la Reale Compagnia della Mercede: ce n’erano varie, in Spagna e in America Latina, una anche a
Roma, importantissima, in derivazione dell’Ordine dei Mercedari, fondato nel 1218 da San Pietro Nolasco, barcellonese, depositario, a
Cagliari, del culto della Madonna di Bonaria.
Originale manoscritto della Vida Martyrio y Milagros de San Antiogo “Sulcitano” Patron de la Isla de Sardegna,
del Padre Salvatore Vidal, minore osservante, che si conserva nella biblioteca Universitaria di Cagliari.
Un antico quadro che rappresenta la Viergen Santissima de Caller de Bonaire en el coto
de la Mercede y el Santo Antioco sulcitano patron de la Serdegne
L’iconografia della Madonna di Bonaria, molto vicina a quella della statua tardo-quattrocentesca, catalana, che a Cagliari è diventata la
sua immagine per eccellenza, è contaminata da qualche elemento (il velo, la corona regale, che il Vaticano ha riconosciuto alla Vergine di
Bonaria solo nel 1870) che deriva, probabilmente, dall’iconografia della Vergine della Mercede, al cui culto i Mercedari di Pedro Nolasco
sono dediti fin dalla loro fondazione. La stessa statua, arrivata a Cagliari nel 1370 in una cassa di legno che galleggiava in mare e subito
identificata nella Madonna di Buen Ayre, protettrice dei marinai (la città argentina deve il suo nome al culto nato a Cagliari), doveva riferirsi alla Vergine della Mercede, protettrice di Barcellona.9
Il rapporto iconografico fra la Madonna di Bonaria e S. Antioco è quello ben noto dell’intercessione: il santo che intercede presso la
Madonna a nome dei fedeli che rappresenta e che lo considerano come loro patrono, affinché Ella venga loro incontro.
La posizione del santo, inginocchiato e orante alla destra di Maria, riflette in maniera ordinaria l’evoluzione dell’iconografia dell’intercessione, trovando possibili relazioni con la ben nota rappresentazione di Guido Reni con San Filippo Neri che venera la Madonna di Vallicella (1615).
Da notare lo “sbiancamento” del volto di Antioco, rivelatore delle tensioni del mondo cristiano rispetto alla perdurante minaccia turca,
e l’annullamento dell’abbigliamento “dotto”, da medico, con il tipico copricapo, spesso associato nell’iconografia occidentale all’abbigliamento degli islamici colti (Avicenna, Averroé, ecc.).
Orbene, lo studio dell’opera sarà ulteriormente approfondito ed in questo ringrazio l’editore Ettore Gasperini De Orange per la sua cordiale disponibilità e il dott. Giuseppe Pinna per la preziosa collaborazione.
Infine, mi sia consentito concludere con le stesse parole che usò l’Arcivescovo di Cagliari Don Francisco De Esqvivel nella chiusura della
“Relacion de la invencion del inclito Martyr, y Apostol de Sardeña, San Antiogo, en fu propria Yglesia de Sulchis”.
Fue tal esta fiesta, y tan grande el concurso de gente, que muchas personas de afuera del Reyno, que alli se hallaron, come fueron algunos del las Coronas de Castilla, Aragon, y Portogal, como tambien de Italia, Francia y de otras varias naciones, (...)
y grandes effectos, de la protection que tiene este Glorioso Santo, deste Reyno de Sardeña.(9)
NOTE
1-
FABIO ISMAN “Il Messaggero” edizione del 02.09.2009 - cronaca della Sardegna Due Comuni del Sud-Ovest della Sardegna in guerra per una lapide. Detta così, sembra una piccola cosa; ma la storia è assai
gustosa, ed affonda le radici in un passato lontano. Nel Seicento, Cagliari e Sassari lottano per il predominio, civile e religioso,
dell’isola. Una guerra combattuta anche con il ritrovamento dei corpi dei Martiri. A Porto Torres, Gavino, Proto e Ianuario; a
Cagliari, Cesello e Camerino; altrove, Simplicio, Imbenia e Archelao. Tutti scoperti dal 1614 al 1615; quando, il 18 marzo, tre
inviati del Vescovo di Cagliari Francisco de Esquivel suggellano la contesa. A Sant’Antioco, recuperano sarcofago e spoglie dell’omonimo Patrono della Sardegna, un medico della Mauretania che era stato perseguitato dall’imperatore Adriano: erano sotto
il Duomo, in un’immensa catacomba che, nel 1989, la Pontificia Commissione d’Archeologia ha restaurato in modo superbo, ed
è oggi tra i siti più visitati e venerati della zona. Sant’Antioco è isola irripetibile. Conserva la stratigrafia intonsa della storia.
Dalle necropoli puniche, di cui tante poi riabitate («nel 1976, vi vivevano ancora 10 famiglie», spiega il sindaco Mario
Corongiu), ad un Castello Sabaudo, passando per l’acropoli con il tofet, due immensi leoni guardiaporta, un ponte, anfiteatro
e strade romane; perfino rarissime catacombe ebraiche (una Beronice giace accanto a una menorah); e, dal 2006, uno stupendo museo allestito da Piero Bartoloni, allievo di Sabatino Moscati e ordinario a Sassari. Ma allora, Sulky, la città fenicia fondata otto secoli prima di Cristo, era luogo poco abitato e insicuro. L’Arcivescovo commissiona una teca d’argento per custodire
il cranio del Santo; ma a Iglesias, finché Sant’Antioco non sarà ripopolata. Nasce la maggior sagra religiosa di tutta l’isola: una
processione fino al luogo della sepoltura. Già nel 1615, 4.125 cavalli, 4.000 carri, 150 barche, 32 mila anime; due volte viene il
Viceré; un’altra, 2.383 preti da tutta l’isola e perfino dalla Corsica, che dicono messa per i pellegrini. Nel 1737, la vicina isola
di San Pietro era già stata ripopolata da liguri finiti a Tabarka; e nel 1853 gli abitanti dell’antica Sulky non ce la fanno più:
finita la sagra, bloccano la teca e la reliquia; ad Iglesias torna solo la statua di Sant’Antioco. Scolpita nuovamente l’anno dopo
da tal Giuseppe Zanda, «a spese dei comunisti», come recita un documento (ma il termine, non spaventatevi, manca di valenza politica: indica solo la comunità). Tre processi (a Cagliari e a Milano) danno ragione agli isolani, da quel giorno, però, spesso chiamati “fura Santus”: ruba-Santi. Il patrono della Sardegna è di nuovo laddove fu trovato. Un sarcofago in pietra assai
bello, ornato, anche con accanto il rilievo di un suonatore di launeddas. E allora? «Noi», spiega il sindaco Corongiu, «non reclamiamo il cosiddetto “corredo del Santo”: i doni che gli sono stati portati nel tempo, molti assai preziosi»; ma a farne ritrovare
il corpo è stata una lapide: «Aula micat ubi corpus beati Sancti Antioci quiebit in gloria», risplende la sala dove giacque il Santo.
Ebbene, la lapide, forse del VI secolo, è rimasta ad Iglesias: «Per dei lavori, l’hanno perfino smurata dalla Basilica; e adesso, è
ricoverata in magazzino». Il Vescovo, Giovanni Paolo Zedda, sembrava disposto alla restituzione; ma poi, gli hanno fatto forse
mutare idea: il Capitolo del luogo dice di no. La soprintendenza (però dello Stato) è favorevole alla logica ricontestualizzazione; ma non basta. Il sindaco ha scritto anche alla Santa Sede: chissà.
Piero Bartoloni sorride: «Come fa a risplendere un luogo dove Sant’Antioco non è mai stato sepolto?»; e intanto, al museo nato
anche con lodevoli intenzioni didattiche, unito al tofet e all’acropoli, mostra una statuina in vetro, una figurina femminile in
ginocchio davanti a un’anfora con in cima una rana: «E’ uno spray antico di 28 secoli; quando si soffia dal capo della statuina, dalla bocca della rana esce profumo nebulizzato». Dice: «Da quando c’è il museo, tanti privati, che tenevano oggetti in casa,
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li hanno restituiti; don Demetrio Pinna, parroco da oltre 30 anni, un giorno ha trovato in chiesa un plico indirizzato a me, con
un intero corredo fenicio»; ora è esposto accanto a un biberon, che (già allora) non si rovesciava e non cadeva. Sull’isola si fa
festa grande: «E’ appena arrivato il primo pezzo frutto di scavi clandestini restituito alla Sardegna; uno stupendo bronzetto
nuragico alto oltre 20 centimetri, un Arciere riconsegnato dal museo di Cleveland all’Italia», racconta Corongiu; «ormai, manca
solo la lapide del nostro Santo: ma perché Iglesias non ce la vuole restituire?». Già: perché?
MARCO MASSA, La reliquia del Glorioso Martir San Antiogo a esta su Iglesia Paroquial restituirse in Annali 2009, Associazione
Nomentana di Storia e Archeologia, Nuova serie n.10, Novembre 2009.
FILIPPO PILI, Sant’Antioco e il suo Culto nel “ Process del Miracles” del 1593, Cagliari 1981. Le Meraviglie di Sant’Antioco, Cagliari,
1984.Edizioni “Santuario Sant’Antioco.
Vita invenzione,e miracoli del Glorioso Martire Sant’Antioco detto volgarmente Sulcitano descritta dal P.Tommaso Napoli D.S.P.
dedicata all’illustrissimo Signor Conte di Sant’Antioco Don Giovanni Porcile. ( Cagliari MDCCLXXXIV, nella Reale Stamperia)
GRAZIA VILLANI, Il culto in Sardegna di Sant’Antioco Sulcitano, in Annali 2008, Associazione Nomentana di Storia e Archeologia,
Nuova serie n.9, Novembre 2008. pag. 98.
Vita invenzione,e miracoli del Glorioso Martire Sant’Antioco detto volgarmente Sulcitano descritta dal P.Tommaso Napoli D.S.P.
dedicata all’illustrissimo Signor Conte di Sant’Antioco Don Giovanni Porcile. ( Cagliari MDCCLXXXIV ), nella Reale Stamperia.
Carlo Pillai, Il glorioso S. Antioco martire Sulcitano e santo sardo.
Grazia Villani, Il culto in Sardegna di Sant’Antioco Sulcitano, in: Annali 2008, Associazione Nomentana di Storia e Archeologia,
Nuova serie n.9, Novembre 2008. pag. 99.
Relacion de la invencion de los cuerpos santos, que en los años 1614. 1615. y 1616. fueron hallados en varias yglesias de la ciudad
de Caller y su arçobifpado. A la Santidad de n.s. Paulo papa V. por Don Francisco de Esquivel. En Napoles, (...) 1617.