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Modellazione per componenti del comportamento sismico di
strutture lignee a telaio leggero
Giovanni Rinaldin, Massimo Fragiacomo
Dipartimento di Architettura, Design e Pianificazione Urbana, Università degli Studi di Sassari, Piazza
Duomo 6, 07401 Alghero.
Guillaume Herve Poh’sie, Claudio Amadio
DICAR – Dipartimento di Ingegneria Civile ed Architettura, Università degli Studi di Trieste. Piazzale
Europa 1, 34127 Trieste.
Keywords: struttura lignea a telaio leggero, modello per componenti, analisi non lineare, molle non lineari,
diagonale equivalente
SOMMARIO
In questo lavoro viene presentata una modellazione ciclica di strutture lignee a telaio leggero per componenti
realizzata mediante elementi molla non lineari. Il modello è stato implementato in un software ad elementi finiti di
uso commerciale e consiste nell’impiego di molle non lineari aventi ciclo isteretico predefinito per rappresentare il
comportamento dei chiodi e di molle diagonali per simulare il comportamento globale delle pareti. È stato
dapprima sviluppato un modello di parete a telaio leggero utilizzando molle a 2 gradi di libertà per simulare il
comportamento del singolo chiodo fra pannello e traverso/montante (approccio M1). Tale modello è stato validato
su prove sperimentali di pareti singole e successivamente utilizzato per calibrare le molle diagonali, rappresentative
del comportamento d’insieme della parete stessa (approccio M2). Quest’ultimo approccio è stato applicato alla
modellazione tridimensionale di un edificio con struttura a telaio leggero per il quale alcune prove sperimentali su
tavola vibrante sono disponibili in letteratura. La successiva validazione del risultato numerico sul test sperimentale
conferma l’accuratezza del modello sviluppato ai fini della valutazione dell’energia dissipata e del comportamento
globale in condizioni sismiche. Complessivamente il modello proposto può ritenersi utile per la modellazione
ciclica di strutture a telaio leggero, rappresentando un approccio di facile utilizzo e di peso computazionale
limitato.
1
INTRODUZIONE
Le costruzioni in legno a telaio leggero sono
realizzate mediante assemblaggio di un telaio
ligneo a montanti e traversi di sezione ridotta,
irrigidito con un pannello a base di legno
collegato mediante chiodi o viti. Esse hanno
sempre maggior diffusione grazie alla loro
velocità di realizzazione e per il rapporto
peso/resistenza particolarmente conveniente. Per
questo motivo, da molti anni il comportamento
sismico di tali strutture è oggetto di approfondito
studio, realizzato tramite prove sperimentali e
modelli numerici per la loro simulazione. Sulla
base della ricerca cronologica fatta da van de
Lindt (2003), i primi studi sono stati eseguiti in
America del Nord, dove il telaio leggero è
largamente diffuso da molto prima che in Europa.
Uno dei primi studi sulla modellazione numerica
è stato presentato da Falk e Itani (1989) che, con
un elemento bidimensionale, hanno riprodotto il
comportamento monotono di pareti a telaio
leggero sollecitate nel loro piano. Le stesse
previsioni sul comportamento monotono furono
raggiunte da Dolan e Foschi (1990) con un
modello composto da un assemblaggio di
elementi utilizzati per schematizzare le
connessioni fra pannello e irrigidimento e
pannello e pannello. Sulla base di prove cicliche
eseguite su queste pareti, Foliente (1995) propose
un modello costituito da un assemblaggio di
molle, rappresentanti l’intera parete, che come
legge isteretica utilizzava il legame di Bouc-WenBaber-Noori (Baber e Noori, 1985), riproducendo
il tipico ciclo delle strutture in legno con
connettori metallici presentato in Figura 1,
caratterizzato da degrado di resistenza e rigidezza
e dal comportamento ciclico con pinching.
Infine, Folz e Filiatrault (2001) proposero un
modello isteretico per la modellazione della
risposta ciclica delle pareti a telaio leggero
utilizzando tre componenti: parti rigide del telaio,
pannelli di irrigidimento lineari e connettori
(chiodi/viti) fra telaio e pannello non lineari.
Anche tale modello è utilizzato per l’analisi
statica non lineare.
riproduzione dei risultati sperimentali, cogliendo
adeguatamente la risposta ciclica della struttura.
2
MODELLAZIONE DELLE PARETI A
TELAIO LEGGERO
La modellazione presentata parte dalla taratura
del comportamento ciclico del singolo chiodo, e
passa per la costruzione di un modello ad
elementi finiti della parete su cui si validerà il
risultato.
2.1
Modellazione adottata
Nell’approccio adottato M1, per simulare il
comportamento del chiodo, sono state utilizzate
le molle non lineari descritte in Rinaldin et al.
(2011), aventi il ciclo isteretico di Figura 2.
Figura 1. Tipico ciclo sperimentale delle pareti a telaio
leggero
Il modello proposto in questo lavoro
rappresenta una evoluzione di quanto sviluppato
da Rinaldin et al. (2011) per le pareti in x-lam e
tiene in considerazione tutti gli aspetti
caratteristici delle pareti a telaio leggero, fra cui
degrado di rigidezza, resistenza ed effetto di
pinching. Esso può essere utilizzato per i modelli
a telaio leggero a due livelli di dettaglio: nella
modellazione dettagliata della connessione
chiodata (modello M1) e nella modellazione
mediante molle diagonali equivalenti dell’intera
parete (modello M2). In questo lavoro saranno
presentate le potenzialità del modello,
riproducendo un test sperimentale su parete a
telaio leggero con il modello dettagliato, a livello
del singolo chiodo. Successivamente, utilizzando
il modello M2, sono posti a confronto i risultati
ottenuti modellando un intero edificio testato da
Fischer et al. (2001) su piastra vibrante,
evidenziando come, mediante un’analisi dinamica
al passo, il modello proposto permetta una
Figura 2. Legge isteretica lineare a tratti adottata per la
modellazione dei chiodi e delle intere pareti a telaio leggero
In particolare, nella modellazione dettagliata
della parete, il legame isteretico di Figura 2 è
stato
utilizzato
per
caratterizzare
il
comportamento a taglio del chiodo in due
direzioni ortogonali.
Lo stesso tipo di ciclo sarà successivamente
utilizzato per le molle diagonali equivalenti
rappresentative di un’intera parete (approccio
M2), come presentato nel seguito.
I parametri richiesti dal modello sono i seguenti:
1. Rigidezza elastica, kel ;
2. Forza di snervamento, Fy ;
3. Prima rigidezza plastica (ramo di
hardening), k p1 ;
4. Resistenza di picco, Fmax ;
5. Seconda rigidezza plastica (ramo di
softening), k p 2 ;
6. Fattore Ksc: determina la rigidezza dei
rami 4 e 50, ottenuta moltiplicando la
rigidezza elastica kel con il fattore Ksc;
7. Parametro RC: determina la rigidezza dei
rami 5 e 40 moltiplicando il valore di
forza prima dello scarico con il parametro
RC;
8. Parametro SC: determina la rigidezza dei
rami 4 e 50 moltiplicando il valore di
forza prima dello scarico con il parametro
SC;
9. Spostamento ultimo du: quando questo
valore viene raggiunto, la molla si rompe;
10. Coefficiente di rigidezza c5 del ramo 5,
che moltiplica la rigidezza elastica kel ;
11. Coefficiente di degrado di rigidezza d kf ,
che controlla il degrado lineare di
rigidezza dopo la plasticizzazione e fino a
rottura.
Tali parametri sono stati ricavati per la molla,
rappresentativa del singolo chiodo e della
diagonale equivalente, sulla base di prove
sperimentali utilizzando un codice per la ricerca
dei parametri ottimali (Rinaldin, 2011). Tale
codice permette all’utilizzatore di ottenere
automaticamente la calibrazione delle molle sui
risultati di prove cicliche sperimentali o
numeriche in modo tale da ridurre la differenza
delle corrispondenti energie ad un valore minimo.
Il modello e le analisi svolte sono state
implementate nel software Abaqus (Simulia,
2012).
2.2
Modello per componenti della parete a
telaio leggero
Una delle pareti a telaio leggero che si riporta
è quella testata da Dolan (1989), avente
dimensioni 2.44 x 2.44m (8 x 8ft) come illustrato
in Figura 3.
Come detto, per riprodurre questa prova
sperimentale, è stato costruito un modello
secondo l’approccio M1 nel quale ogni singolo
chiodo è rappresentato da una molla non lineare
caratterizzata dalla risposta a carico ciclico nelle
due direzioni del piano. Per tarare queste molle
sono stati utilizzati i risultati riportati in Fischer et
al. (2001) relativi alla prova ciclica di chiodi,
paralleli e ortogonali alle direzione delle fibre,
che collegano i panelli (“Sheathing” in Figura 3)
con il telaio (“Framing” in Figura 3). Si noti che
sono presenti pannelli a base di legno su
entrambe le facce della parate.
Figura 3. Layout della parete testata da Dolan (1989)
Si riportano in Tabella 1 i valori di resistenza e
di spostamento ultimo rilevati e la loro media.
Tabella 1. Risultati dei test sperimentali su chiodi (Fischer
et al., 2001)
Test
Fmin
dmax
dmin
paralleli Fmax [kN]
[kN]
[mm]
[mm]
alle fibre
1
1.188
1.010
16.510
16.510
2
1.023
0.907
24.892
16.510
3
1.290
1.170
24.892
16.510
4
0.770
0.689
16.510
16.510
5
1.121
1.063
24.892
24.892
6
1.063
1.019
24.892
24.892
Media
1.076
0.976
22.098
19.304
Fmin
[kN]
dmax
[mm]
dmin
[mm]
Test perp.
Fmax [kN]
alle fibre
1
0.756
0.934
23.622
23.368
2
1.068
0.805
23.368
23.622
3
0.979
1.063
23.368
23.368
Media
0.934
0.934
23.453
23.453
Un calcolo analitico secondo le relazioni
fornite dall’Eurocodice 5 (2009) è stato eseguito
per verificare l’attendibilità dei risultati ottenuti.
Considerando i seguenti dati:
kg
- ρ m, stud = 420 3 , densità media del telaio;
m
kg
- ρ k , stud = 350 3 , densità caratteristica del
m
telaio;
kg
- ρm, pann = 630 3 , densità media del pannello;
m
- t pann = 9.5mm , spessore del pannello;
- φnail = 3.25mm , diametro del chiodo;
- Lnail = 76.2mm , lunghezza del chiodo;
si ottiene una rigidezza pari a:
kN
(1)
kser = 0.998
mm
e una forza resistente del chiodo pari a:
(2)
Fmax = 1.122kN
prossima ai valori sperimentali.
Ciononostante, la calibrazione del legame
isteretico lineare a tratti provocherebbe la
situazione rappresentata in Figura 4, dove la
taratura eseguita utilizza i valori di Tabella 2.
Figura 4. Calibrazione del modello del chiodo sul test
sperimentale eseguito in Fischer et al. (2001) (diagramma
in forza e spostamento, in mm e kN)
La calibrazione della curva scheletro sulla base
di un legame bilineare (curva rossa di Figura 4)
comporta
una
sovrastima
significativa
dell’energia totale e, conseguentemente di quella
dissipata. Per questo motivo, nell’ottica di
preservare la bontà della stima dell’energia
dissipata, la calibrazione adottata utilizza una
forza di primo snervamento (al limite elastico)
pari al 50% di quella sperimentale, utilizzando
come curva inviluppo una trilineare come
indicato in Figura 5.
Figura 5. Calibrazione modificata del modello del chiodo
sul test sperimentale eseguito in Fischer et al. (2001)
(diagramma in forza e spostamento, in mm e kN)
La pendenza del ramo aggiuntivo fra quello
elastico e quello perfettamente plastico è stata
assunta pari a 1/6 di quella elastica, in conformità
a quanto raccomandato nella norma EN
12512:2003 (UNI EN, 2003), utilizzata per i test
su connettori.
La parete raffigurata in Figura 3 è stata quindi
modellata in Abaqus con elementi shell S4R per
rappresentare il pannello, ed elementi beam B21
per il telaio. Il modulo elastico medio utilizzato
per il pannello è E pann = 3000 MPa , mentre per il
telaio è E frame = 8400MPa . Per connettere i nodi
del pannello a quelli del telaio, eccetto agli
angoli, sono state inserite le molle trilineari tarate
per rappresentare i due chiodi che collegano i due
pannelli a base di legno all’elemento (traverso o
montante). Alla parete è stato imposto uno
spostamento ciclico in sommità secondo il
protocollo CUREE Standard (Krawinkler et al.,
2001), dopo l’applicazione di un carico verticale
pari a 44.5kN, mentre la base del pannello è stata
vincolata con cerniere alle due estremità. Una
deformata del modello dopo l’applicazione dello
spostamento laterale è riportata in Figura 6.
Figura 6. Deformata della parete soggetta a spostamento
orizzontale in sommità (modello M1)
La risposta numerica in termini di taglio alla
base contro spostamento in sommità è stata
confrontata con quella sperimentale ottenuta da
Dolan (1989) e riportata in Figura 7.
Si può osservare come il risultato ottenuto
numericamente approssimi in modo soddisfacente
quello sperimentale, seguendo non solo la curva
inviluppo sperimentale, ma anche l’intero
comportamento ciclico.
Figura 8. Comportamento isteretico in taglio alla base spostamento delle pareti modellate, al variare della loro
lunghezza
Figura
7.
Confronto
numerico-sperimentale
del
comportamento ciclico in taglio alla base -. spostamento in
sommità della parete testata (Dolan, 1989)
Tale risultato, oltre a validare il modello
sviluppato e la taratura dei chiodi, permette di
potere estrapolare il comportamento di pareti di
altre
dimensioni
con
una
significativa
attendibilità.
2.3
I risultati ottenuti per queste pareti (Fig. 8)
utilizzando il modello M1, cioè partendo dal
comportamento isteretico dei chiodi, sono stati
poi usati per effettuare una calibrazione del
modello a diagonali equivalenti, utilizzato
successivamente per modellare l’intero edificio
presentato nel seguito.
3
MODELLAZIONE DELL’EDIFICIO
L’edificio testato su tavola vibrante da Fischer
et al. (2001) si sviluppa su 2 piani ed ha la
geometria riportata in Figura 9. Lo sviluppo in
pianta è di 4.88 x 6.11m (16 x 20ft), l’altezza di
piano è di 2.44m.
Estrapolazione del comportamento di
pareti di dimensioni ridotte
Le pareti a telaio leggero utilizzate
nell’edificio testato da Fischer et al. (2001) sono
di dimensioni diverse da quella testata. In
particolare è possibile scomporre l’edificio in
moduli da 762mm, 915mm e 1220mm di
lunghezza.
Per ognuna di queste misure è stato prodotto
un modello di parete analogo a quello visto sopra
ma con diversa larghezza. I risultati ottenuti,
imponendo lo stesso protocollo di carico, sono
riportati in Figura 8.
Figura 9. Vista schematica dell’edificio analizzato,
scomposto in moduli, ciascuno rappresentante una parete
La prova è stata eseguita applicando un sisma
in direzione x (lato corto) dell’edificio (Figura
10). Essendo le pareti corte diverse, la risposta è
asimmetrica.
Il modello dell’edificio è stato sviluppato con
un approccio diverso da quello utilizzato per le
singole pareti, permettendo così di ridurre
significativamente il numero di elementi non
lineari
da
utilizzare
nell’analisi
e,
conseguentemente, l’onere computazionale della
stessa. Ogni singola parete è stata rappresentata
mediante molle diagonali equivalenti al
comportamento globale della parete stessa.
Figura 12. Calibrazione delle molle diagonali per la parete
da 762mm di lunghezza (in mm e kN)
Figura 10. Test dell’edificio su tavola vibrante presso UC
San Diego (tratta da Fischer et al., 2001)
3.1
Modellazione di pareti mediante molle
diagonali equivalenti
Nell’approccio
qui
presentato
il
comportamento di ogni parete a telaio leggero
viene rappresentato mediante due molle diagonali
(approccio
M2),
che
presentano
complessivamente le caratteristiche resistenti e di
rigidezza dell’intera parete.
Tale modello si compone di elementi
monodimensionali rigidi incernierati alle
estremità, utilizzati per rappresentare il telaio, e di
molle disposte sulla diagonale del telaio, come in
Figura 11.
Figura 11. Schematizzazione della parete con molle
diagonali equivalenti (approccio M2)
Sulla
base
del
modello
accurato
precedentemente presentato, è stata eseguita una
taratura per la coppia di molle diagonali
installate. Le pareti interessate sono quelle
presentate nel paragrafo precedente. Le tarature,
effettuate minimizzando la differenza di energia
totale fra le due serie di dati, sono riportate nelle
Figure 12-14.
Figura 13. Calibrazione delle molle diagonali per la parete
da 915mm di lunghezza (in mm e kN)
Figura 14. Calibrazione delle molle diagonali per la parete
da 1220mm di lunghezza (in mm e kN)
In Figura 15 è infine presentata la taratura
delle molle diagonali eseguita per la parete testata
inizialmente di dimensioni 2.44x2.44m.
La Figura 17 riporta una vista assonometrica
del modello utilizzato.
Figura 15. Calibrazione delle molle diagonali per la parete
da 2440mm di lunghezza (in mm e kN)
La calibrazione effettuata automaticamente
(Rinaldin 2011) è stata ritenuta soddisfacente
quando la differenza fra energia totale fra serie di
dati originale e numerica mediante molla
diagonale è inferiore al 5%.
3.2
Modello dell’edificio
Il modello dell’edificio è realizzato, parete per
parete, mediante l’utilizzo di elementi truss con
rigidezza assiale molto alta per rappresentare il
telaio, e con elementi molla diagonale, come in
Figura 11. Il modello è stato vincolato con
cerniere spaziali alla base, aggiungendo delle
shell rigide per simulare il comportamento di
piano a diaframma rigido. A tali shell è stata
associata la massa di piano, distribuita su tutto
l’impalcato.
La configurazione scelta per l’edificio è quella
della prova 9.S.5 (Fischer et al., 2001), che
presenta aperture asimmetriche sui lati corti.
In questo test, l’edificio è stato sottoposto
all’accelerogramma di Northridge (Rinaldi
station, 1994), riportato in Figura 16.
Figura 16. Accelerogramma in frazioni di g del sisma di
Northridge (1994, Rinaldi station)
Figura 17. Vista assonometrica del modello dell’edificio
con truss, molle diagonali e shell di piano.
La massa totale è stata dedotta da Du (2003)
ed è riportata in Tabella 2.
Tabella 2 – Masse di piano utilizzate
Floor
Mass [kg]
Roof
3356
First
3811
Ground
1180
Total
8347
A fini di verificare la correttezza del modello
in termini di massa e rigidezza, è stata svolta
dapprima un’analisi modale, che riporta una
frequenza fondamentale di 3.65 1/s, differente
dell’8.5% da quella misurata con test di
identificazione dinamica sulla struttura reale, che
risulta di 3.96 1/s.
Il modello poi è stato sottoposto
all’accelerogramma di Figura 16 scalato ad una
accelerazione di picco di 0.89g, come nella prova
sperimentale.
I risultati in termini di taglio alla base contro
spostamento in sommità sono presentati in Figura
18, e confrontati con quelli sperimentali.
Figura 18. Confronto numerico-sperimentale per l’edificio
in termini di taglio alla base - spostamento in sommità
Come si evince dalla Figura 18, l’analisi coglie
in modo sufficientemente adeguato la risposta
globale in termini di forza di taglio-spostamento
in sommità. Le approssimazioni introdotte nel
modello, rispetto alla complessità della struttura
reale (si sono trascurate le zone di parete in
prossimità di porte e finestre) hanno contribuito
sicuramente ad aumentare il divario tra le due
risposte. Per questo motivo al punto successivo
verrà effettuata una comparazione in soli termini
numerici.
3.3
risultati della parete di 2.44x2.44m presentati in
precedenza.
Questo confronto è stato sviluppato per verificare
che l’approccio proposto fornisca risultati
coerenti con quello proposto da Du, dimostratosi
in genere efficace per questo tipo di strutture (Du,
2003).
Il modello è stato sottoposto all’accelerogramma
di
Northridge,
Newhall
station,
1994,
componente a 90°. L’analisi modale preliminare
evidenzia una frequenza fondamentale di 5.25
1/s, contro quella di Du di 5.03 1/s.
I risultati per questo sisma sono presentati nelle
Figure 20 e 21, in termini di drift di interpiano
rispettivamente per il primo piano e la copertura,
e confrontati con le risposte numeriche trovate da
Du.
Come si nota nelle Figura 20 e 21, il modello
riesce a riprodurre la risposta trovata da Du
(2003), che è stata troncata dopo 5s di analisi per
raggiungimento, secondo lo stesso Du, del drift
massimo al piano terra del 3%.
Confronto con il modello di Du (2003)
In Du (2003) è stato realizzato un analogo
confronto numerico sperimentale con un tipo di
modello diverso, formato da pareti equivalenti
tutte di dimensioni 2.44x2.44m, come quella
testata. La geometria del modello è stata quindi
adattata in moduli uguali come in Figura 19.
Figura 20. Interstorey drift per il primo piano dell’edificio,
modello di Du (2003)
Figura 19. Vista assonometrica del modello di Du (2003),
riprodotto in Abaqus
A fini del confronto, tale modello è stato
riprodotto in Abaqus, come il modello precedente
ad eccezione dei piani rigidi, per i quali sono state
utilizzate delle condizioni cinematiche. La massa
è stata concentrata ai nodi di ogni piano, ciascuno
per la propria area di influenza. Le molle
diagonali sono state calibrate sulla base dei
Figura 21. Interstorey drift il piano di copertura, modello di
Du (2003)
Infine, la risposta taglio di base contro
spostamento in sommità è stata confrontata anche
in questo caso, trovando un ottimo accordo con il
modello di Du (Figura 22).
Figura 22. Confronto numerico fra i risultati ottenuti in
Abaqus e il modello di Du (2003)
Come si evince dai risultati, il modello
proposto trova quindi riscontro in quello proposto
da Du, riproponendo la risposta sia in termini di
resistenza che di spostamento, a parità di
condizioni iniziali (masse, geometria, rigidezze).
4
CONCLUSIONI
In questo lavoro, il modello numerico
avanzato di Rinaldin et al. (2011) è stato
applicato anche alle strutture a telaio leggero, con
lo scopo di caratterizzarne numericamente il
comportamento ciclico.
Sono stati sviluppati due modelli numerici per
modellare le pareti a telaio leggero, uno
dettagliato che consta di molle non-lineari per
rappresentare i chiodi fra panello e telaio (M1),
l’altro per rappresentare il comportamento
dell’intera parete mediante un assemblaggio di
truss rigidi e molle diagonali equivalenti (M2).
Il primo modello è stato validato sulla base di
un test sperimentale condotto da Dolan (1989) su
una parete 2.44x2.44m. Successivamente, lo
stesso modello è stato utilizzato per estrapolare la
risposta ciclica di pannelli di dimensioni diverse.
In particolare sono state indagate le pareti avente
altezza sempre pari a 2.44m e base di 1.22m
0.915m e 0.762m.
Con ognuno di questi risultati sono state
calibrate le molle diagonali equivalenti
rappresentanti il comportamento dell’intero
pannello secondo il modello M2. Utilizzando
quest’ultimo tipo di modellazione delle pareti è
stata riprodotta una prova sperimentale su un
edificio di due piani testato su piastra vibrante
monodirezionale da Fischer et al. (2001).
Dall’analisi è emerso come tale modello
riproduca abbastanza fedelmente la risposta
sismica dell’intera struttura sotto sisma, anche se
alcune significative discrepanze potrebbero essere
dovute alle semplificazioni introdotte nella
modellazione della struttura, avendo trascurato i
contributi delle pareti forate.
Infine, è stata effettuata una comparazione
dinamica su un modello di struttura 3D proposto
da Du (2003). I risultati trovati sono risultati
molto prossimi tra loro.
Complessivamente il modello proposto può
ritenersi utile per la modellazione ciclica di
strutture a telaio leggero, rappresentando un
approccio di facile utilizzo e di peso
computazionale limitato, grazie all’adozione di
molle diagonali equivalenti per ogni parete. A
differenza del modello di Du, i modelli sviluppati
consentono di non dover ricorrere per la loro
caratterizzazione a prove sperimentali su intere
pareti, avvalendosi complessivamente delle sole
prove sperimentali sui chiodi.
Il modello necessita ancora di ulteriori
validazioni, che, se confermate, porterebbero alla
possibilità di utilizzare con facilità l’analisi
dinamica non lineare anche per le strutture a
telaio leggero, consentendo così una stima
accurata della loro vulnerabilità sismica e delle
loro reali capacità dissipative.
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