Fontana bugiarda Da piazza S. Silvestro la strada

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Fontana bugiarda Da piazza S. Silvestro la strada
Fontana bugiarda
Da piazza S. Silvestro la strada verso la Fontana di Trevi era breve.
Ogni mattina Hilde si alzava dal suo giaciglio
di cartoni lerci e maleodoranti, come gli stracci
che indossava da non si sa quanto tempo. Sistemava alla meglio i suoi capelli incanutiti nel riflesso
delle vetrine dei negozi, coi modi di una bimba
davanti allo specchio, poi si recava alla fontana.
Con inconfondibili sandali e calzini bianchi, denunciava le sue origini tedesche. Aveva poco più
di quarant’anni, ma ne dimostrava almeno venti
in più, con le piaghe del suo dolore riflesse nelle
rughe del suo viso ingiallito.
Alle cinque del mattino il traffico era quasi inesistente, e nel breve tragitto potevi sentirla farfugliare costantemente qualcosa come un rosario, in
un linguaggio ibrido tedesco-italiano. Tutti i giorni lo stesso rito, a cercare negli angoli attorno alla
fontana e nelle viuzze romane dello stesso rione,
qualcosa che non tornava, qualcuno sparito da oltre dieci anni. “Edith” chiamava “tesoro dobbiamo ripartire”. Poi riprendeva a cercare in modo
meticoloso dietro ogni cosa e a chiedere alla gente attorno: “L’hai vista tu? È bionda...” e poi an-
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Debora Gallo
cora: “È dolce e tanto, tanto bella! L’hai vista?”.
La risposta di ognuno era solo un sorriso divertito. Ogni tanto poi si arrabbiava con la fontana e
cominciava a urlare: “Questa fontana mente! Non
è vero! Non è vero! Non le dovete credere!”. Tornava infine a parlottare, cantando con voce flebile una dolce nenia disperata, mentre cullava una
bimba invisibile tra le sue braccia magre e indurite. Sembrava ci fossero davvero quei boccoli d’oro. Molleggiavano a ogni dondolio, solleticando
la pelle di cuoio di una mamma smarrita, gettata
in un angolo di strada a elemosinare aiuto.
Ripulita e scrosciante la fontana vibrava, elegante e potente nella sua piccola piazza. Cavalli
e tritoni, modellati in carne di marmo, dominavano la scena racchiusa tra i palazzi, dispensando
promesse ai turisti in cambio di una sola moneta
appena. Quel gesto semplice di gettarsi una moneta dietro le spalle, assicurava, secondo tradizione, che nella Città Eterna ognuno di loro sarebbe
tornato.
E arrivava la notte. La confusione della gente
si inoltrava fino a tardi, ma poi la fontana rimaneva sola. Hilde era ancora lì, terribilmente sveglia,
sui sedili duri a vegliare le monete. Quella sera la
sua mente perduta le suggerì un insolito coraggio.
Cominciò a girare attorno a quell’acqua metallica. I cavalli le nitrivano contro e nella sua testa
un’atmosfera apocalittica le faceva tremare il respiro. Toccò prima furtivamente l’acqua, facendo scivolare piano la mano. I tritoni suonarono il
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Fontana bugiarda
corno e dei tuoni inesistenti la spaventarono. Corse a ripararsi arrampicandosi come meglio poteva
sui sedili di pietra ghiacciata. Sopra i lampioni le
stelle, velate da nuvole leggere, strizzarono due
gocce sulle sue mani disperate. Hilde si fermò.
La sua bambina aveva pianto due lacrime dal cielo, pensò, doveva punire quella fontana maledetta che le aveva promesso di farla tornare. Si voltò
decisa e avanzò fino al bordo della vasca. “Dove
hai nascosto la mia bambina!” urlò in tedesco.
“Rispondi bugiarda!”. Il silenzio della fontana,
nella calma serena di una città addormentata, le
suonò come un affronto. Sprezzante del pericolo
entrò nell’acqua! Due guardie, che avevano riso
guardando la scena, correvano ora suonando un
fischietto. Scapigliata e disperata, Hilde si era già
avventata sull’intero esercito del male che aveva
contro, tentando invano di arrampicarsi su quel
marmo contorto e crudele. Cadde in battaglia
senza perdere la vita. L’aveva già persa in realtà;
quel giorno in cui la sua piccola morì nella Città
Eterna. Quando il dolore pervase le sue vene, gelandole in un grido senza eco. Il rosso brillava sui
sampietrini grigi; i riccioli biondi, come pennelli
di morte, dipinsero di sangue indelebile l’immagine orrenda negli occhi di mamma. Il traffico
fermo, la gente impazzita, l’autista assassino attonito e pallido... E volò via: dalla sua testa, come
un angelo buono, la ragione sparì. Le risparmiò
l’orrore di un dolore insopportabile, regalandole
l’eterna speranza di quella sola promessa...
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Debora Gallo
Le guardie non furono costrette neanche a bagnarsi i piedi. Hilde si arrese e, a mani alzate, si
avviò prigioniera verso il bordo della vasca. Appena fuori fuggì tremando verso casa: quell’angolo sperduto di piazza, dove ogni sera, ogni notte e
a ogni frammento di ricordo, una bimba perduta
carezza i sogni di una donna invisibile ai più.
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