NOTE SUL BACKGROUND TECNICO DE “LO SFIZIO”

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NOTE SUL BACKGROUND TECNICO DE “LO SFIZIO”
NOTE SUL BACKGROUND TECNICO DE “LO SFIZIO”
Questo piccolo integrato è nato per colpa delle mogli, dei figli, degli animali domestici e delle
nostre case, nelle quali lo spazio è sempre più difficile da trovare. La sfida, per i progettisti,
consisteva nel mantenere un livello di qualità che giustificasse l’impiego di una circuitazione
completamente valvolare, pur con vincoli dimensionali ed economici molto stringenti. Tanto per
cominciare, si è puntato a prestazioni in potenza sufficienti a garantire un impiego quasi
universale, ma nulla di più. Restando nel solco della tradizione a lungo difesa dalle colonne di
Audion, mai tenera nei confronti delle grandi potenze ad uso domestico, qualunque fosse il
modo per ottenerle, i tecnici hanno concepito un circuito valvolare abbastanza piccolo da stare
in una scatola da scarpe, ma sufficientemente dotato da cavarsela bene con tutti i diffusori che
gli sono stati collegati.
Le caratteristiche imposte erano veramente stringenti, comprendendo anche un tempo di
riscaldamento particolarmente breve, ed obbligavano ad una scelta inevitabile: circuito ibrido o
circuito a tubi multipli. La prima ipotesi è stata lasciata come ripiego nel caso che i risultati
attesi, in termini di versatilità e qualità sonora, si fossero rivelati impossibili da ottenere
altrimenti. Non è stato necessario attendere molto per capire che la strada preferita era
perfettamente percorribile, dato che la versione completamente a valvole era tanto semplice
quanto superiore dal punto di vista sonoro.
In pratica, gli unici tubi utilizzabili per la versione completamente valvolare erano l’ECL82 (o
PCL82) e l’ECL86 (o PCL86). Il primo tipo, molto apprezzato da alcuni, ci ha sempre lasciato
tiepidi: si tratta di un triodo pentodo ottimizzato per funzionare come oscillatore/finale
verticale nei televisori in bianco e nero ma, questo è vero, perfettamente utilizzabile anche in
campo audio. Questo non deve affatto stupire: basti pensare alle molte felici applicazioni audio
di valvole “televisive” come la PL504 o l’ECC88. L’obiezione è che, nel caso della (E)PCL82, lo
stesso bulbo è condiviso da un muscoloso triodo, in grado di pilotare degnamente una EL34, e
da un piccolo pentodo da 7W anodici: la combinazione non convince in campo audio, infatti è
ottimizzata per applicazioni ben diverse, ed ogni buon tecnico sa che nessun compromesso è
gratuito. La (E)PCL86 è arrivata un decennio più tardi, quando già i transistor erano usciti dai
laboratori, ma non erano ancora economicamente e tecnicamente concorrenziali. Il peccato
originale di questa valvola, per molti, è inspiegabilmente questo. In compenso, si tratta di uno
dei pochi tubi espressamente progettati per l’impiego audio, in un periodo (1960) in cui la
tecnica del settore stava toccando il vertice, tutta l’alta fedeltà era ancora appannaggio delle
valvole, e capolavori di ingegneria come la KT88 vedevano la luce.
Al contrario di quello che ci capita di vedere scritto, nel realizzare questo nuovo tubo si fece
tesoro di tutte le esperienze passate. Per la sezione triodo ci si ispirò a quanto di meglio
disponibile allora (ed ancora oggi) nel campo audio: in pratica si pensò di impiegare una
sezione del noto doppio triodo ECC83; per il pentodo, si disegnò una struttura originale, ma
che realizzasse, in pratica, le caratteristiche elettriche del più musicale tra i piccoli pentodi del
passato: l’EL41, un finale Rimlock da 9W anodici destinato ai radioricevitori di alta qualità degli
anni ‘40-‘50. Tutto questo risultava di gran lunga più complesso da combinare rispetto alla
(E)PCL82, richiedendo molte più parti ed un assemblaggio molto più laborioso.
Un’altra cosa curiosa che capita di vedere scritto è che l’(E)PCL86 non sarebbe stata pensata
per l’alta fedeltà, essendo una valvola destinata soprattutto a radio stereo FM e TV….che erano
tra le migliori sorgenti dell’epoca. E’ come se, nel 2004, si dicesse che un certo componente
non è adatto all’alta fedeltà, solo perché il Costruttore ne consiglia l’impiego su lettori CD-DVD!
La verità è che quando questa valvola entrò sul mercato, l’alta fedeltà veniva associata a
potenze un po’ superiori alla sua portata, dato che si parlava di ampli monofonici, mentre per
un complesso stereofonico ne occorreva rozzamente la metà, dato che le orecchie nostre e dei
vicini sopportavano, e sopportano, complessivamente la stessa potenza. Quanto, invece, sia
vero che costruttori come Philips credevano nelle potenzialità di questa valvola emerge
chiaramente dai bollettini tecnici dell’epoca, che ne presentano l’impiego in amplificatori di alta
qualità anche se di potenza limitata (vedasi il volume “AMPLIFICATORI A VALVOLE PER ALTA
FEDELTA’ ” ed. Demidoff).
Una obiezione veramente fondata all’impiego dell’ (E)PCL86 c’è, e non abbiamo difficoltà a
riconoscerla: questa valvola è stata prodotta in quantità enormi, ed utilizzata diffusamente su
molte apparecchiature consumer, in tutto il mondo, anche quando la concorrenza dei transistor
obbligava a ridurre i costi di produzione e la qualità. Per questo motivo, è facile imbattersi in
esemplari adatti a funzionare, per esempio, su una vecchia TV ma del tutto incapaci di fornire
anche solo le prestazioni elettriche di base richieste dall’alta fedeltà. Si è ritenuto di lasciare, in
questo senso, piena libertà all’utilizzatore: la scelta di impiegare un tubo non certo raro
permette di provare anche esemplari offerti in commercio al prezzo di un pacchetto di
sigarette; da parte nostra, riteniamo di dover consigliare l’impiego di tubi quali quelli da noi
forniti come primo equipaggiamento che, del resto, restando in termini di pacchetti di
sigarette, ne costano al massimo due o tre. Negli anni in cui tali valvole venivano prodotte solo
come ricambi, e non si guardava molto per il sottile, rimanevano però alcuni grandi costruttori
che garantivano il rispetto delle prestazioni originarie in termini di qualità sonora, affidabilità,
durata; a parere nostro, approfittando del fatto che si tratta di valvole piccole, dall’acquisto
comunque abbordabile, è sempre consigliabile l’investimento su un quartetto di Mullard
costruite a Blackburn o, per esempio, di Philips provenienti dai vari stabilimenti dell’Europa
occidentale. Chi intende utilizzare intensamente l’apparecchio non si preoccupi: oltre che
economico, il cambio delle valvole sarà necessario dopo molto tempo, dato che l’impiego
circuitale che se ne fa non è assolutamente spinto.
A proposito di circuito, quello de Lo Sfizio è di una semplicità disarmante, e fa proprie molte
delle caratteristiche dei monotriodi senza rinunciare alla versatilità dei push-pull in classe A.
Viene applicato un tasso veramente ridotto di controreazione, 6dB, per mantenere la
distorsione sotto all’1% ai comuni livelli di ascolto e per controllare qualunque tipo di diffusore.
Un tasso così ridotto apporta diversi vantaggi, senza per questo arrivare a mutare il carattere,
veramente buono, che l’amplificatore manifesta anche ad anello aperto in ogni condizione.
L’immancabile rovescio della medaglia di un simile schema è che, al pari dei monotriodi,
richiede l’uso di valvole di qualità, meglio se selezionate, per esprimere le proprie potenzialità;
da questo punto di vista, gli ampli ad elevato tasso di controreazione sono più tolleranti,
esibiscono distorsioni molto basse ma, chissà perché, sono caduti in disgrazia…Basti pensare
che con solo 20 dB di controreazione in più, quindi a valori tipici degli anni’50, si ottengono
prestazioni degne di uno stato solido: l’abbiamo provato ed ascoltato, e non ci sono stati dubbi
sul da farsi! Un altro punto di forza del circuito è l’impiego estremamente ridotto di
condensatori in genere ed elettrolitici in particolare: solo due condensatori elettrolitici in tutto
l’apparecchio rappresentano un vero record, ed offrono diversi vantaggi: mantenimento delle
prestazioni nel tempo, immunità al calore dovuto alla compattezza della realizzazione, grande
qualità sonora grazie all’eliminazione di alcuni tra i peggiori componenti, da questo punto di
vista.
A proposito, poi, della scelta caduta sulla PCL86 anziché sulla ECL86, dopo tanti anni di prove,
di analisi approfondite con strumenti sofisticati come microscopi elettronici, SIMS e
spettrografi, possiamo dire con certezza che, a differenza di quanto accadeva spesso sulle
valvole di taglia maggiore, e almeno per quanto riguarda i grandi costruttori dell’Europa
occidentale, le due valvole differivano solo per il filamento, quindi si è preferito optare per il
modello più diffuso e più facile da trovare anche tra diversi anni.
Qualcuno potrebbe pensare che già in passato sono esistiti integrati con la (E)PCL86: basti
citare il Rogers Cadett o l’Armstrong 221, che in migliaia di pezzi hanno lasciato l’Inghilterra (le
vecchie ed umide cantine) per entrare nelle case di molti sedicenti “audiofili” sparsi ovunque.
Anche noi abbiamo avuto in laboratorio ed in ascolto alcuni di questi apparecchi, ma
francamente li abbiamo considerati al livello di una buona radio stereo, né altrimenti poteva
essere, data la qualità non eccelsa, per esempio, dei trasformatori di uscita che li
equipaggiavano. Quelli de Lo Sfizio, tanto per precisare, sono realizzati con le stesse tecniche
dei fortunati modelli montati da anni sugli apparecchi di classe superiore dello stesso
Costruttore, e risultano fatalmente più grandi e più complessi.
La nostra esperienza, insomma, ci ha insegnato che tali valvole non sono mai state impiegate
al meglio, perché appena furono disponibili sul mercato soffrirono subito la concorrenza delle
nuove tecnologie, che non permise loro di essere degnamente circondate da componenti di
qualità adeguata, se non in rari casi particolari. Ben presto, poi, furono disponibili watt a iosa a
parità di costo, e questo ostacolò ulteriormente il loro utilizzo.
Curiosamente, però, tutte le volte che veniva richiesta una alta qualità con un ingombro
ridotto, la (E)PCL86 faceva capolino, come nel famoso stadio finale dei registratori a bobine
Revox, esempio circuitale tra i più citati parlando di qualità sonora nell’audio professionale.
La qualità elevata unita a piccoli ingombri e costi di esercizio era proprio il nostro obiettivo, per
perseguire il quale è bastato percorrere una strada antica facendo tesoro delle esperienze più
recenti.