Il ruolo della formazione in servizio

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Il ruolo della formazione in servizio
EDUCAZIONE E QUALITÀ.
Il ruolo della formazione in servizio
di Maurizio Parente
La formazione continua rappresenta uno degli obblighi più importanti per educatori e
insegnanti e ciò che più ne caratterizza la professionalità: un formatore che non si
forma è una contraddizione in termini, un formatore che si “forma” un’unica volta,
all’inizio del suo percorso professionale lo è altrettanto se non di più. Pensare la
propria formazione come un dato concluso e chiuso una volta per tutte è assurdo, è
indispensabile invece continuare a “coltivare” i propri saperi, verificandoli e
ampliandoli per tutto l’arco della vita.
Per assicurare qualità al percorso educativo/formativo di bambini e studenti è
necessario assicurare qualità all’agire educativo e didattico di educatori e insegnanti.
Sono gli educatori e gli insegnanti a fare la qualità di un servizio o di una scuola.
Il problema allora è questo: come poter disporre di educatori e insegnanti di qualità?
Le risposte sono molteplici e chiamano in causa la formazione iniziale universitaria di
educatori e insegnanti, le modalità del reclutamento, lo stato giuridico ed economico,
la progressione di carriera e il riconoscimento dei meriti anche attraverso forme
premianti, ma il problema non si risolve se non si investe sulla formazione in servizio.
La consapevolezza che l’aggiornamento e la formazione in servizio siano da ritenersi
fondamentali per i servizi educativi e per la scuola traspare, da una parte dalle ultime
comunicazioni (COM. 66/2011) e raccomandazioni (Raccomandazione della CE 2013)
della Comunità Europea e, dall’altra, dai provvedimenti legislativi e normativi.
Gli studi di settore mettono in risalto il legame esistente tra qualità degli
educatori/insegnanti e innovazioni educative e didattiche. E. Chang è molto esplicita in
tal senso: “l’insegnante ben preparato appare chiave di volta di tutte le innovazioni
educativo-didattiche, quindi fattore determinante per la qualità della scuola. Ogni
importante innovazione educativa, infatti, richiede sì una spinta esterna, ma
l’attuazione, sia pur lenta, esige l’intelligenza, la preparazione e l’attiva volontà dei
docenti”.
È dunque chiaro che quando si parla di formazione di educatori e insegnanti non si fa
riferimento solo al percorso di studio intrapreso per poterlo diventare, ad una
formazione una tantum, ma anche e soprattutto a una formazione continua (lifelong
learning) che assume aspetti e dimensioni molto diverse tra di loro: dalle grandi
iniziative di formazione realizzate da agenzie nazionali e/o università ai piccoli corsi
residenziali organizzati da Associazioni Culturali o Professionali, passando per i corsi di
aggiornamento organizzati dai singoli Comuni, dagli Uffici Scolastici, dai singoli servizi
educativi o scuole.
Gli obiettivi di questi corsi, i modelli didattici, le modalità di realizzazione, la durata e
cadenza degli incontri, i profili dei destinatari, gli esperti chiamati a realizzarli sono
molto diversi fra di loro e non è facile farne un resoconto completo ed esaustivo.
Naturalmente non sempre la qualità e l’efficacia di queste iniziative è adeguata ma,
nonostante tutto, la varietà delle offerte ci sembra indicativa non solo della presenza
di un “mercato” ma di una precisa esigenza, da parte di educatori e docenti, di una
formazione che li accompagni lungo tutto il corso della propria carriera professionale.
La consapevolezza della necessità della formazione in servizio si è fatta ancora più
profonda oggi, nella cosiddetta società della conoscenza, una società che considera
come vera ricchezza dell’individuo quelle conoscenze e competenze che permettono di
affrontare l’incertezza di una realtà che cambia continuamente e che, molto
probabilmente, chiederà ai nostri bambini e allievi di oggi, cittadini e lavoratori di
domani, di modificarsi più volte nel corso della loro vita professionale e lavorativa.
È importante promuovere una cultura in grado di mettere in evidenza l’importanza di
una formazione in servizio che sia per tutta la vita e che consenta ai servizi educativi e
alla scuola di tenere il passo con la società che cambia.
Una formazione continua, da realizzarsi attraverso i canali formali, quali possono
essere appunto corsi di aggiornamento, seminari, convegni, libri ecc., ma anche
informali quali giornali, riviste specializzate, partecipazione ad eventi di ampio respiro
culturale.
Ma, soprattutto, è richiesto che l’aggiornamento vada inteso come una forma mentis,
un’apertura verso il nuovo, un interesse verso il cambiamento che si accresce con
l’accrescersi delle conoscenze, un’ansia tesa al miglioramento che deve caratterizzare
tutta la vita professionale.
Nell’individuazione dei modelli didattici di base, possiamo seguire le indicazioni di
Luciano Galliani che individua tre paradigmi dominanti nella storia della didattica:
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razionalista-informazionista;
sistemico-interazionista;
costruttivista-sociale.
Al paradigma razionalista-informazionista corrisponde un modello, un’organizzazione
didattica di tipo trasmissivo. Nel nostro caso quindi ci troviamo di fronte a un modello
didattico razionalista-informazionista quando il processo di apprendimento consiste
nella mera trasmissione di contenuti da una parte e nella semplice acquisizione di
questi contenuti dall’altra. Chi segue il corso quindi legge o comunque fruisce dei
contenuti in maniera passiva, non è prevista molta interazione tra il corsista e il tutor o
tra corsisti e corsisti e la valutazione di apprendimento di solito consiste in batterie di
test.
Al paradigma sistemico-interazionista corrisponde invece un modello didattico di tipo
cooperativo. Il corso non è solo erogazione e fruizione di contenuti, ma è soprattutto
scambio e confronto di esperienze e competenze. L’apprendimento si fa in gruppo e
ogni membro di questo gruppo (docente, esperto, tutor o corsista che sia) contribuisce
alla sua realizzazione. È il modello più diffuso e più efficace.
Al paradigma costruttivista-sociale infine corrisponde un modello didattico
laboratoriale. Il lavoro di gruppo diventa centrale, si punta moltissimo sull’interazione,
si vuole arrivare di solito alla realizzazione di un prodotto e si cerca di creare una
comunità di apprendimento che continui oltre i limiti temporali del corso.
Il primo modello è quello solitamente scelto per corsi di formazione o aggiornamento
su argomenti tecnici o aspetti procedurali, il ruolo del tutor/esperto è quello di
“trasmettere sapere” e non è necessario che i corsisti comunichino tra di loro. Il
secondo modello viene privilegiato nei corsi che danno grande importanza ai contenuti
e si ispirano a una didattica collaborativa in cui il ruolo del tutor/esperto è di facilitare
il percorso e di stimolare lo scambio e il confronto tra i corsisti. Il terzo modello viene
spesso adottato per percorsi ricolti a persone che già si conoscono e collaborano tra di
loro: è un modello laboratoriale in cui il tutor ha un ruolo di stakeholder e tende a
confondersi con i corsisti. In questi corsi è più importante il processo che i contenuti.
Come è possibile evincere dalle brevi descrizioni, si tratta di tre modelli diversi che, in
differenti contesti, possono avere la loro ragione d’essere e la loro efficacia. La
funzionalità di ogni modello è determinata dai bisogni formativi di chi partecipa e dagli
obiettivi che vengono posti a fondamento del corso: se l’obiettivo è quello di fornire
informazioni a un pubblico vasto di formandi, nel tentativo di offrire un contributo
teorico importante ma generale, appare evidente che l’approccio forse più funzionale
è quello razionalista-informazionista; se al contrario si lavora con servizi o scuole
diverse dove l’obiettivo non è solo quello di confrontarsi sui sistemi teorici, ma anche
quello di valorizzare l’esperienza maturata all’interno di contesti diversi, favorendo la
conoscenza e lo scambio reciproco, è utile fare ricorso al modello sistemicointerazionista; quando, al contrario, si lavora con un gruppo di educatori o docenti che
hanno già avuto esperienze di lavoro comune, intenzionati a sperimentare nuovi
percorsi e a interpretarli, ad accrescere l’impatto del proprio operato nell’esperienza
pratica con i bambini o con gli alunni, a promuovere la circolarità delle esperienze,
nell’ottica della creazione di una comunità di apprendimento, si fa ricorso al modello
costruttivista-sociale.
Oggi, più di ieri, non è pensabile che un educatore o docente, che sia tale, viva in una
realtà non impregnata di cultura, non sia informato sugli aspetti più importanti per la
propria professionalità, non sia proteso verso uno studio continuo che gli permetta di
essere costantemente aggiornato sulla evoluzione della scienza, della tecnica, delle
teorie pedagogiche, psicologiche, della metodologia e della didattica.
In questo quadro di estrema complessità è importante che l’educatore o docente colga
tutte le opportunità formative che possono essere offerte senza trascurare la necessità
di assumere non certo un atteggiamento passivo verso le iniziative di formazione che è
chiamato a ricevere, ma di essere un protagonista attivo del proprio percorso di
autoaggiornamento: in qualche modo deve subito realizzarle, deve riflettere su quanto
fatto in modo da promuoverne una ricaduta positiva immediata.
Da questo punto di vista, quando si parla di aggiornamento, l’adozione di approcci
didattici che privilegino metodologie costruttiviste è particolarmente importante: tale
approccio induce a riflettere su quanto fatto fino a questo momento, consente di
tirare fuori le proprie competenze, di condividerle, di rimetterle in gioco, in modo da
trasformarle e ri-orientarle.
Insomma la formazione e l’aggiornamento degli educatori e degli insegnanti è “affare”
complesso e non di facile soluzione, tuttavia si è ormai raggiunto la convinzione che
per essere efficace deve cercare di rispettare i seguenti principi:

cicli di apprendimento permanente
La capacità di apprendere, la propensione ad essere impegnati in cicli di
apprendimento permanente sono le condizioni per dare senso ad un sistema di
formazione lungo tutta la carriera. L’idea di professionalità è quella che vuole
educatori e insegnanti che siano professionisti della conoscenza in continuo
apprendimento. Non ha alcun senso concepire la formazione in servizio come una
“pioggerella” che ogni tanto rinfresca il terreno. Continuità e organicità sono i fattori
che rendono efficace la formazione proposta;

attenzione ai bisogni formativi di educatori e insegnanti
La formazione in servizio non deve essere il frutto di un progetto pensato da esperti
che calano le proprie idee su anonimi partecipanti. Al contrario dobbiamo muovere da
una progettazione in grado di dare voce ai bisogni reali di chi è in formazione,
offrendo risposte concrete a problemi che, in modi diversi, ricadono sui servizi o sulla
scuola. L’obiettivo, infatti, deve essere non tanto quello di creare percorsi ideali, ma
situazioni concrete in cui i partecipanti abbiano la possibilità di “ricevere” e “dare”
attraverso un processo di co-costruzione della conoscenza e dell’esperienza;

riflessione sulla pratica
La riflessione sulla pratica è una delle dimensioni ineliminabili di ogni azione di
formazione nel campo delle professioni dell’apprendimento. Riflettere sulla pratica
significa potenziare il senso delle azioni, dare valore ai comportamenti della
quotidianità, attribuendo ad ognuno significati precisi. L’educatore o insegnante deve
essere un “professionista riflessivo”, che ragiona sull’esperienza per ricavare modelli di
azione, più consapevoli ed efficaci. La riflessività, intesa come capacità di riflettere
continuamente sulla propria pratica professionale, viene considerata come il
“carattere distintivo” dell’educatore/insegnante di qualità. La formazione allora deve
rappresentare un’occasione per sollecitare i “professionisti” a riflettere su quello che
fanno: solo così possiamo stimolare la loro motivazione;

promozione di ricerca e sperimentazione
La ricerca e la sperimentazione sono considerati strumenti molto validi per lo sviluppo
professionale di educatori e insegnanti. Tali professionisti non devono essere solo
consumatori, passivi o attivi, dei corsi di aggiornamento, sono essi stessi risorse per
comprendere e rinnovare l’esperienza e i processi di apprendimento. A tal proposito
risultano molto utili i laboratori esperienziali e didattici, nonché gli scambi pedagogici e
le reti tra servizi, tra scuole, tra educatori, tra insegnanti. Il laboratorio costituisce una
delle più efficaci modalità di ricerca esperienziale e didattica. Rappresenta la
condizione migliore per trasformare l’esperienza in sezione o in classe, in uno
strumento privilegiato di apprendimento professionale.
La costituzione di reti locali favorisce gli scambi di materiali, gli accessi alle
informazioni, l’avvio di dibattiti, la costruzione condivisa di percorsi e progetti
esperienziali e didattici.
Questo comporta l’interazione e la comunicazione tra pari. Lo scambio e la
condivisione di esperienze hanno un’efficacia maggiore della trasmissione dall’alto
verso il basso. La diffusione di buone pratiche è la via migliore per lo sviluppo
professionale dei docenti. Voglio dire che le politiche della formazione in servizio
devono tendere a favorire e sollecitare il protagonismo degli educatori e degli
insegnanti;

qualità della ricaduta formativa
È importante provare a promuovere azioni volte a rilevare quanto un corso di
aggiornamento ha realmente inciso sul miglioramento di ciò che
l’educatore/insegnante fa in sezione o in classe. Ciò può voler dire promuovere un
possibile e opportuno processo di accompagnamento del gruppo di educatori o
insegnanti, finalizzato a chiarire non solo gli aspetti rimasti in ombra, ma anche a
verificare come, nella realtà concreta, educatori e insegnanti riescono ad applicare
quanto appreso. In tal senso occorre un forte impegno affinché le iniziative di
formazione di educatori e insegnanti abbiano una concreta ricaduta sulla pratica
quotidiana.
In questo quadro, Enti e agenzie del territorio devono mettersi al servizio delle
istituzioni educative per la prima infanzia e della scuola, nonché delle esigenze locali,
con la prospettiva di supportare, attraverso azioni ed interventi mirati, la
progettazione complessiva di queste istituzioni.
Gli interventi formativi possono risultare efficaci se:

prevedono una collaborazione mirata, corrispondente cioè a specifiche esigenze e
progetti tra servizio educativo/rete dei servizi educativi o scuola/rete di scuole e
Istituzioni, Enti, Agenzie preposte a sostenere la formazione continua di educatori
e docenti (Centri di ateneo/interateneo, USR, IRRE, INVALSI, INDIRE, Associazioni
disciplinari e professionali, Agenzie formative del territorio);

riconoscono ai soggetti la capacità di riflettere criticamente sul proprio vissuto
professionale e sull’efficacia dell’azione che essi stanno svolgendo;

offrono, ai soggetti, l’occasione per mettere a confronto idee, esperienze, pratiche
professionali e si avvalgono perciò di modalità integrate tra formazione a distanza
ed in presenza (e-learning con formula blended) che permettono più facilmente
scambi, comunicazioni e riflessioni in un ambiente formativo destinato ad un
consistente numero di soggetti;

sono percepiti dai soggetti come concreti, utili e spendibili in ambito lavorativo
anche nei casi di riconversione professionale;

concorrono a determinare positive relazioni interpersonali e a sviluppare la
collegialità, anche promuovendo progetti esperienziali e/o disciplinari, anche
trasversali in collegamento di rete tra più servizi o tra più scuole;

sono promosse e sostenute dal coordinamento pedagogico (nel caso dei servizi
educativi alla prima infanzia) o dal dirigente scolastico (nel caso della scuola) che
assume la leadership della sua istituzione per i progetti formativi condotti anche
in collaborazione con reti di servizi o scuole, agenzie o istituti formativi;

concorrono a costituire il portfolio personale delle esperienze e competenze
professionali acquisite documentando processi e prodotti (formali, non formali,
informali anche in autoformazione);

concorrono a qualificare e rafforzare la professionalità dell’educatore e del
docente.
Concludiamo questa breve riflessione evidenziando come una formazione in servizio di
qualità, rappresenti il nodo focale intorno al quale si impernia lo sviluppo professionale
di ogni educatore e insegnante che, consapevolmente, decida di rivedere in modo
costante il proprio modo di lavorare per avere ricadute sempre più positive sui
bambini e sugli allievi.
Bibliografia
Ambrosio G. (a cura di), Il primato della formazione, Glossa, Milano 1997.
Ribolzi L., Formare gli insegnanti, Carocci, Roma 2002.
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