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Giose Rimanelli
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MEMORIA DI UN ROMANZO
I
Questa terra, questa terra ci trova
come fili di pioggia aspettando l'aurora.
Questa terra, questa terra ci muove
come bufali e spuma per immense pianure [...]
(G. Rimanelli, Moliseidé)
È poi vero che [...]?
• La pena non è raccontare, ma vivere il racconto. Ora tu mi hai
cercato in seguito a un mio libro, per chiedermi se ho ancora scritto su
quel soggetto . Pensai a un detto delle mie campagne: "È poi vero che
il letto lo trovi come te lo rifai al mattino?" E io me l'ero bello che
fatto: come cambiarlo ο abbellirlo? Alla maniera del narratore delle
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favole antiche dissi quindi, "Dite la vostra che ho detto la mia" .
C'è chi corre e chi sta fermo, ma il destino è fisso. Posi allora, per
distrarmi, cuore e mente al dolore la confusione le speranze della gente
nei paesi devastati dalla guerra, e l'emigrazione mi si fece naturale
soggetto d'indagine .
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Estraggo alcuni brani di queste note da un paio di miei works in progress:
Cinquant'anni dopo e Sonetti per Joseph. Il riferimento a "un mio libro"
riguarda Tiro al piccione, Milano: Mondadori, Marzo 1953; Torino: Einaudi
Tascabili, Settembre 1991.
Una prolusione a quel tema, "25 Luglio/8 Settembre 1943 (sbandamento
dell'Esercito italiano e sbarco americano a Salerno)", si trova nel racconto
"Due vocazioni", in Racconti d'estate, a cura di Massimo Pini, Milano: Sugar,
1960; ristampato in una raccolta di miei racconti, Il tempo nascosto tra le
righe, a cura di Sebastiano Martelli, Isernia: Cosmo Marinelli Editore, 1986.
Vedi la mia inchiesta dal titolo "La Questione Meridionale e i Meridionali del
Nord", in Nord e Sud, Roma, aprile 1957.
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Al censimento del 1901, l'anno in cui nacque mio padre, fra tutti i
comuni del Molise, Casacalenda, il nostro paese, era il settimo quanto a
popolazione, e contava 7.282 abitanti. Ma già dal 1884 a tutto il 1900
l'emigrazione se ne era portati via 1.526. Tutto il Molise, del resto, da
Isernia a Termoli pareva se ne partisse, come rilevò Francesco Saverio
Nitti nel 1888, e i contadini in maggioranza, a frotte anzi, forzati a
sbarazzarsi del pezzo di terra ottenuto con le leggi eversive, quindi a
pagare i debiti contratti a tasso di strozzinaggio per così soddisfare il
rigido fiscalismo imposto dal nuovo Stato italiano .
Circa 35 milioni di europei entrarono negli Stati Uniti dal 1815 al
1914, e il flusso d'italiani raggiunse i 100.000 all'anno nel periodo
1890-1914. Di questi, l'80% erano siculi nella sola città di New
Orleans, in Louisiana . In Italia si arrestò durante il fascismo, ma
riprese nell'immediato dopoguerra. I primi a partire furono proprio
quelli della mia famiglia. M'invitarono a seguirli, ma declinai: mio
desiderio a quel tempo era affermarmi scrittore nel mio paese.
Oggi Casacalenda non conta più di un paio di migliaia di abitanti.
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II. I viaggi
Non potevo sapere che quando ai miei dissi "no, io resto," mi
sbagliavo: perché presto sarei partito anch'io.
Si può essere scrittori ovunque ti trovi, rimuginai dentro di me, se
devi dire qualcosa. Infatti, fra quelli che avevo studiato, specie
stranieri, molti erano stati ο erano, vuoi con soldi ο stracci addosso,
espatriati. Come in loro, in me pure pulsava un cuore romantico e
ribelle ed avventuroso, tanto più appassionato di conoscere in quanto
nella mente e nell'animo mi ribollivano cose che avevo
insufficientemente appreso attraverso i mezzi che più prediligevo: il
jazz, le letture di esplorazioni e viaggi, i racconti dal vivo:
mari del Sud
pampa argentina
passaggio a Nord-Ovest
Luna dei Caraibi
praterie canadesi
Lapponia & Labrador
F. S. Nitti, Scritti sulla questione meridionale, Bari: Laterza, 1958.
Alcée Fortier, A History of Louisiana, 4 Vols., New York: Goupil, Manzi,
Joyant, 1904, Vols. 1, 2, 3; John A. Garraty e Robert A. McCaughey, The
American Nation, New York: Harper & Row, 1987, pp. 9-12, 24-25, 95-499;
Lydio F. Tomasi (ed.), The Italian in America: The Progressive View, 18911914, New York: Center for Migration Studies, 1972; Richard Gambino,
Vendetta, Garden City, N. Y.: Doubleday, 1977.
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Confederati
Yankees
Sud di Faulkner
Key West di Hemingway
Cape Cod di O'Neill
Hannibal di Mark Twain
Nuova Inghilterra
Thoreau ed Emerson
Chicago
Harlem
Jimcrow
campi di cotone
Saint Paul, Minnesota, del nonno paterno
New Orleans, Louisiana, del nonno materno
Montréal, Québec, di Squeeze, mia madre .
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Di Seppantonio Rimanelli, delle sue origini e della sua famiglia, ne parlo per
esteso nel libro di minimemorie Molise Molise, con Prefazione di Giambattista
Faralli, Isernia: Cosmo Marinelli Editore, 1979.
Antonio Minicucci, a suo tempo conosciuto come Tony "Slim" Dominick, e
con questo nome ri-inventato nel "nonnino jazz" di Una posizione sociale,
Firenze: Vallecchi, 1959; romanzo che si adornò anche (rarità a quel tempo) di
note storico-critiche, 4 temi di musica jazz da me composti, quindi eseguiti
dalla Lambro Jazz Band di Milano ed incisi, nel 1958, in un extended-play
record, un disco microsolco di 45 giri che, in custodia, accompagnò il libro.
Questa musica appartiene al genere Dixieland. In una lettera all'editore
Enrico Vallecchi, così la descrissi: "Si tratta di quattro pezzi che ricreano - per
struttura, concezione e ispirazione - il jazz delle origini, quello che nella
seconda metà dell'altro secolo non s'era ancora del tutto liberato del folklore ma
stava già muovendosi come forma musicale propria, autonoma, sfrenata e
malinconica, popolaresca, esaltatrice del dolore e delle gioie degli uomini. II
primo disco che si ricordi di quella musica venne inciso a Chicago nel 1917
dalla Original Dixieland Jazz Band, un gruppo di bianchi di New Orleans
diretti dall'Italo/Americano Nick La Rocca. Da un punto di vista dello stile, e
per aderenza al tipo di personaggio che presento nel romanzo, ho cercato di
avvicinarmi allo spirito di Joe 'King' Oliver. I quattro pezzi, comunque, hanno
tonalità e finalità differenti dall'uno all'altro. Parish Prison Blues si innesta, per
esempio, su antichi work songs, che sono canti di lavoro e di morte; Lost Baby
Blues in sé accoglie già i primi elementi del ragtime; "Οl' Man from Kalena",
scritto per portare in primo piano la tromba, è molto spigliato, tiene presente il
fraseggio di Armstrong; Pink, Red & Blue è un charleston tipo 1910". L'intento
di queste musiche è quello di ricreare, come in una vecchia stampa, un tempo
designato: quello del nonnino che racconta, e costituisce il motivo portante del
romanzo.
Concettina "Squeeze" Minicucci Rimanelli nacque a Montréal, Canada, l'8
dicembre 1905, e dai genitori - Tony e Thess - portata in Italia nel 1913. La
madre, Thess, mori di "mal di mare" durante la traversata Halifax-Napoli.
Tony comprò terre e cavalli, e costruì la sua casa nell'attuale Corso Roma, a
Casacalenda (Campobasso) nel Molise.
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Ed ecco, di nuovo, come uno stormo di cicogne le voci
dell'infanzia con gl'inverni del Minnesota, le pasture del Montana, i
lunghi treni merci con hobos e suonatori di violino, il lavoro nelle
fogne sulle strade e ai grattacieli, la stanza affittata - the boarding
room - e la donna incinta in cucina, "perché c'era sempre una donna
incinta in cucina che preparava il lunch, qualche volta anche il letto".
Già, il letto.
Così spesso, al crepuscolo, seduto sulla porta di casa, guardando i
campi al di là della rete del prato, la pipa di terracotta dalla lunga canna
ricurva tra le labbra raccontava nonno Seppantonio, il padre di
Marcovincenzo, mio padre, che per anni era andato su e giù con
trabiccoli di navi come bracciante stagionale, con il figlioletto lasciato
dietro, a St. Paul, Zi' Johnnie lo chiamavamo in fotografìa ma lui, il
padre, Pignètiélle, perché non era mai cresciuto, assomigliava anzi a
una piccola pignata; come lui del resto, la gente lo conosceva come
Pagliétte, a causa dello Stetson di paglia unto e bisunto che sempre
indossava. Zi' Johnnie lui lo lasciava dietro per tenergli la stanza, e
crescere, anche se non cresceva mai. Zi' Johnnie aveva dieci anni
quando lui se l'era portato via, il terzo dopo mio padre, e di figli ne
faceva uno ad ogni ritorno, d'estate si capisce, quando tornava a
mietere . È poi vero che il letto lo trovi come te lo rifai al mattino?
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III. La città a mezzaluna
[...] e avevo sentito parlare di Crescent City, poi nota come New
Orleans, di bucanieri e battellieri e bordelli, di field blues, ballate,
work-songs, danze e melopee woodoo di fronte alla Parish Prison di
Congo Square (ove gli schiavi catturati dalla Mississippi Company
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Del va e vieni di Seppantonio Rimanelli in America ne parlai col racconto Un
contratto di matrimonio, scritto a Casacalenda nel '47, pubblicato sulla rivista
Costume, Roma, 1956, quindi raccolto nel volume citato, Il tempo nascosto tra
le righe; e ancora nel romanzo Peccato originale, Milano: Mondadori, 1954.
Nei due scritti vi figura col nome di Seppe Melfi.
Tutto ciò che segue si racchiude nel nome di quella città. Fondata dal Sieur
de Bienville nella valle del Mississippi, tra il fiume e il Lago Pontchartrain nel
1718, venne persa dalla Francia unitamente a tutta quella splendida regione nel
1763 in favore dell'Inghilterra che, a sua volta, la perse a favore della Spagna
dopo la Rivoluzione Americana del 1774-83, che a sua volta la rivendette alla
Francia nel 1800, che a sua volta la vendette agli Stati Uniti l'11 aprile 1803
per 15 milioni di dollari. Compera singolare, diventata famosa come "The
Louisiana Purchase", in quanto finanziata dalla Baring Bank di Londra la quale
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si riunivano la domenica, e dove continuarono a riunirsi anche dopo la
compera di quel vasto territorio, ricco di cotone e indaco e commerci
fluviali, così diventando una vera miniera per gente d'Oriente e
d'Occidente, per puritani anglosassoni e avventurieri mediterranei
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[...]).
Quei canti avevano tale ieratica austerità antifonale, con
capocantore che introduce il tema e coro che risponde, che critici
d'oggi li identificano direttamente col blues tipico del Delta, ovvero
con quel tipo di jazz già ben definito nella sua forma che va dal
(singolare e ironico anche questo), dopo 233 anni di esistenza trovò la sua
bancarotta nel momento in cui redigevo queste note, 23 febbraio 1995, a causa
di una avventata manovra di borsa operata a Singapore dal ventottenne
Nicholas William Leeson, suo impiegato.
Nel 1717 il mercante francese Antoine Crozat trasferì il suo monopolio di
privilegi commerciali in Louisiana, col beneplacito di Filippo II, Duca
d'Orléans, nelle mani dello speculatore John Law che organizzò la Compagnie
d'Occident. Più tardi, questa prese il nome di Compagnie des Indes ma, in
realtà, era conosciuta come Mississippi Company. Attraverso le avventurose
imprese di questa Compagnia, che con gli schiavi introdusse i primi coloni, il
Law descriveva la Louisiana come terra con montagne d'oro e argento e mirra.
Quando la gran frode venne a galla, nell'ottobre del 1720, ogni cosa esplose
come una bolla di sapone, e Law riparò in Europa per evitare la galera.
Incominciò allora la colonizzazione dell'America.
Vedi nota precedente.
Vedi Herbert Asbury, The French Quarter. An Informal History of the New
Orleans Underworld , New York: Garden City Pubi./A.A. Knopf, 1936, pp. 3394, 424-455; John H. Franklin, From Slavery to Freedom: A History of
American Negroes, New York: Knopf, 1950; Charles W. Heckethorn, The
Secret Societies of All Ages and Countries, 2 vols., London: G. Redway,
1897; ristampato dalla University Books, Hyde Park, N. Y., 1965. Da notare
che sin dal 1713 la "brava gente" protestò contro i liberi costumi di certa "mala
gente" in quel territorio, tanto che il Governatore Lamothe de Cadillac fu
costretto a rispondere in questo modo:
"Se dovessi mandar via tutte le donne facili, qui non ci rimarrebbe più
nessuna donna, e ciò non è nel desiderio del Re né corrisponde alle inclinazioni
del popolo".
New Orleans contava duecento bordelli, 30 case chiuse e 2.000 prostitute
intorno al 1890, e aveva una popolazione di 242.000 abitanti, assai mista: con
17,4% francesi, 18,2% anglo/americani, 15,4% tedeschi, 13,8% irlandesi, 11%
italiani (30.000) e 2,7% spagnoli. Il resto comprendeva creoli, negri e cinesi.
Ma già il numero dei negri era superiore a quello dei bianchi.
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leggendario Buddy Bolden (cornettista e barbiere, nato e morto impazzito - a New Orleans, 1868-1931, con barber-shop/ritrovo su
d'una traversa di Congo Square, Franklin Street, esattamente di fronte
alla Parish Prison) ad oggi.
Ce ne parla lo studioso Gunther Schuller , il quale ci guida verso
questo primitivo blues della tribù Vili:
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Yé, yé. Mi unu kwina mayaka mami
Bwal(a) bwa tiamuk(a) é.
Yé, yé, yé-Nzambi! Bwal(a) bwa tiamuka.
Yé mi kana yanika bi kwango biami
Bwal(a) bwa tiamuka.
Yé yé mwan(a) ma Delphine! Bwal(a) bwa timuka.
Yé. Mi kwa mi unu ya nukina va ntoto yé.
Bwal(a) bwa tiamuk(a) é
Yé. Mi mbasi be kala kwam(i) Bwal(a) bwa tiamuka.
Mi mvendu ami vana wu kla yi kala kwami.
Bwal(a) bwa tiamuka,
Yé, yé. Nzambi! Bwal(a) bwa tiamuka .
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IV. Louisiana town
[...] e avevo sentito di navi stracariche di operai e coloni che
continuavano ad arrivare nel Golfo del Messico per quindi spargersi
Vedi Samuel B. Charters, Jazz: New Orleans 1885-1957, New York: Walter
C. Allen, 1958. Contiene anche un Indice dei più antichi musicisti jazz negri di
New Orleans.
Gunther Schuller, Early Jazz. Its Roots and Musical Development, New
York: Oxford University Press, 1968, pp. 4-43; e vedi anche Α. Μ. Jones,
Studies in African Music, 2 vols., London: Oxford University Press, 1959.
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Anthologie de la vie africaine, Ducretet-Thomson 320 C 126 (disc 1),
facciata 1, seq. 23. La mia traduzione, qui di seguito, rispecchia quella francese
ristampata nel testo che accompagna il disco: - Ye, ye. Quando preparo la mia
manioca / tutto il villaggio viene correndo. /Ye, ye, ye-mio Dio! Tutto il
villaggio viene correndo. //Quando preparo la mia manioca /tutto il villaggio
viene correndo. /Yé, yé, e mi chiamano piccolo Delfino! Tutto il villaggio
viene correndo. // Yé, mi lasciano solo, a dormire nel sole. /Tutto il villaggio
viene correndo, /yé, e sono solo, senza amici, tutto il villaggio viene correndo.
//Devo andar via da questo luogo così ingrato, /tutto il villaggio viene correndo,
//yé, yé. Mio Dio! Tutto il villaggio viene correndo. //Ecc.
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nei paesi del Delta, sui banchi del Mississippi e dello Yazoo, fiumi che
corrono tra immense distese di pini gialli, per infine inzeppare con le
loro industrie i grandi centri di Biloxy e New Orleans già del resto
straripanti di vecchi francesi e negri, cubani e messicani e spagnoli,
irlandesi, indiani dell'Ovest, tedeschi della Pennsylvania e italiani.
Nel 1840 i negri superavano in numero la popolazione bianca, e
dieci anni più tardi il 90% degli emigrati italiani era costituito da siculi,
solo a contare la città di New Orleans.
Quanto ai creoli, lo strato etnico più massiccio, il censimento del
1860 ne conta 400.000: gli stessi che avevano combattuto sotto
Andrew Jackson per la difesa della città contro gl'Inglesi l'8 gennaio
1815; e gli stessi, pare, che determinarono il tono e la misura del Mardi
Gras: ciò che Jelly Roll Morton (1885-1941) - creolo americano di
sangue francese - indicava con l'espressione di musical gumbo ,
miscuglio di generi; ciò che infine oggi è chiamato hot jazz, del quale
lui stesso, Jelly Roll, fu principale protagonista da una parte, mentre
dall'altra c'è il figlio di un calzolaio italiano, Nick La Rocca (18891961), entrambi di quella strana città:
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In New Orleans, in New Orleans,
Louisiana town [...].
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Alan Lomax, Mister Jelly Roll, New York: Pantheon Books, 1993, pp. viixxiv. Col suo caratteristico linguaggio figurato, Jelly Roll indica a Lomax di
quale incredibile mistura etnica era fatta New Orleans intorno al 1900, dalla
quale ufficialmente nacque l'hot jazz e la prima banda jazz di bianchi, già
menzionata, l'Original Dixieland Jazz Band di Dominick James La Rocca che
incise i primi dischi jazz che si ricordino, coi famosi "Livery Stable Blues" e
"Tiger Rag". Nel 1959 il La Rocca, diventato costruttore, scrisse al critico
Leonard Feather che non gli era stato dato molto credito per aver introdotto il
jazz, mentre questo era stato tutto conferito a musicisti di colore. "Molti dei
cosidetti storici addirittura mi ignorano, come se non fossi mai vissuto". E al
Feather diede il suo definitivo indirizzo: 2218 Constance Street, New Orleans
13, Louisiana. Nello stesso 1959 donò alla Tulane University il materiale
jazzistico in suo possesso, con ritagli di articoli, "così che gli storici onesti
possano trovare la verità".
Nel libro già citato, Alan Lomax precisa che gli ascoltatori di Jelly Roll
Morton, e lui stesso Jelly Roll, sapevano che le principali innovazioni confluite
nel jazz venivano da Middle America - "il ragtime dal Missouri, il blues dal
Delta a sud di Memphis, jazz da New Orleans e Chicago, boogie-woogie e
swing da Kansas City".
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E lì anche nata gente che nonno Minicucci certamente conobbe tra
negri e bianchi, da Buddy Bolden a Bunk Johnson tra i negri , e John
Robichaux e Jack "Papa" Laine tra i bianchi, i primi a costituire delle
ragtime bands rispettabili, con le quali suonarono un po' tutti , subito
trasferendo quella musica sui battelli fluviali nelle rotte New OrleansMinneapolis, Minnesota; New Orleans-Memphis, Tennessee; New
Orleans-St. Louis, Missouri; e di conseguenza in tutta la valle del
Mississippi con gli show-boats, ancora a pala (Mark Twain ne fu pilota
e ne parla nel volume di ricordi Life on the Mississippi, pubblicato nel
1883) e a vapore con (tra i più famosi) il J.S. che aveva una formazione
orchestrale mista, di bianchi e negri, diretta dal pianista Fate Marable, e
il Saint Paul con un'orchestra rag diretta dal cornettista Charlie Creath.
Ma prim'ancora che il jazz di New Orleans si identificasse come
tale su Franklin e Robertson, Canal e Basin, Rampart e Perdido Streets,
anche se già attivo nei gruppetti delle Spasm Bands e in quelli con
violini e fisarmoniche e kazoos disegnati per le classiche scampagnate
di fine settimana, per matrimoni e funerali con infusione di marce e
quadriglie e polke, nonno Minicucci risolse di viaggiare fino a Saint
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Rudi Blesh, Shining Trumpets: A History of Jazz, New York: Knopf, 1945;
Donald M. Marquis, In Search of Buddy Bolden: First Man of Jazz, Baton
Rouge: Louisiana State University Press, 1978; Samuel B. Charters, op. cit.
Con Buddy Bolden, una specie di mito, Bunk Johnson (1879-1949) è pioniere
del jazz a New Orleans, e diventò popolarissimo. Nel 1932 venne segnalato
nella cittadina di Rayne, Louisiana, con la Evan Thomas' Black Eagle Band.
Qui perse il capobanda (assassinato sul podio), perse la tromba (fracassata in
una baruffa di taverna) e perse i denti. Abbandonò la musica e si ridusse a
lavorare nelle risaie e nelle piantagioni di zucchero a New Iberia, Louisiana.
Venne riscoperto e rilanciato nel '42. Ma, secondo Samuel Charters che lo
intervistò, "era petulante, arrogante e avvinazzato, suonava solo quando gli
girava e, del resto, il successo gli era arrivato un po' tardi".
Robichaux e Jack "Papa" Laine furono i primi organizzatori bianchi di bande
jazz di New Orleans, e con essi suonarono tutti gli anziani musicisti bianchi di
quel tempo, incluso Nick La Rocca. A parte i più famosi, quali La Rocca, Leon
Rappolo e Tony Sbarbaro, dei musicisti italiani di Dixieland jazz di casa a New
Orleans, sconosciuti ai critici ο tuttora ignorati sebbene con ampia discografia,
ricordo Giuseppe Alessandra (Joe Alexander), n. Italia, 1865; m. N.O., 1950; i
fratelli Joe Barocco, 1891-1947, e Dominick, 1893-1970; i fratelli John
Loyacono, 1879-1960, Arnold, 1889-1962; Joe "Hook", 1893-1967; Al Doria,
1899-1977; i fratelli Ernest Giardina, 1877-? e Tony, 1897-1956; Felix
Guarino, 1898-?; Johnny Lala, 1893-?; Sal Margiotta, 1896-1970; i fratelli
Manuel Mello, 1886-1961, Leonce, 1888-1941, Sanford, 1901-?; James Palao,
1880-1925; John Provenzano, 1878-1962; Nunzio Scaglione, 1890-1935; Tony
Schiro, 1899-?; Larry Veca, 1889-1911.
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Louis, Missouri, su uno di quei vapori, probabilmente lui anche con
un'orchestra del tipo già detto, fatta per commerci prostitute e giochi
d'azzardo. Solo che, in luogo di cercar fortuna con le carovane di carri
coperti dirette verso la California (il motto era, Go West, young man,
go West!), il giovane e disilluso Tony seguì il richiamo delle miniere di
rame del Québec, appena scoperte per incepparsi, infine, alla periferia
di Montréal, nel villaggio di Verdun, e lì aprire un bistro all'inizio del
secolo ancor oggi in esistenza , gestito a turno da due suoi figli, Peter
e Michael (il terzo, Joe, passò la sua vita a Detroit, Michigan, manager
alberghiero), e oggi dai loro rispettivi discendenti: senza memoria della
vita "italiana" del padre, del nonno. Il letto lo trovò [...].
Quando per la prima volta misi piede in quel bistro, nel Dicembre
del 1953, appesa al muro del bar vidi la tromba del nonno. Michael
fece sì con la testa. Yes, dad's toy, disse. Sì, il giocattolo di mio padre.
Lo stesso che, da ragazzino al paese, gli avevo visto abbracciare, e
suonare da maestro.
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V. I fiumaroli
Spesso, durante gli anni della mia crescita, mi sorprendevo a
fermarmi nel bel mezzo della strada con un punto interrogativo sulla
fronte. Credevo di aver capito qualcosa circa quell'eccidio del 1891 a
New Orleans, da parte del popolo per giunta, e dell'orrore che il
giovane Tony deve averne riportato. Ma non alienai l'"idea"
dell'America, come Giasone quella del vello d'oro, e quindi del
viaggio. Per me, infatti, e soprattutto per quella musica che il nonno
aveva riportato, l'America mi appariva fantastica come le Metamorfosi
di Ovidio, come le Sette Città di Cibola a Marcos de Niza, l'Eldorado
di cui sogna Leopardi pensando alla California, la terra di chi cerca
qualcosa di definitivo. E ciò perché da qui a lì c'è di mezzo il mare,
come dal dire al fare, e i sogni hanno bisogno di ostacoli e mostri e dèi
per valere qualcosa, significare qualcosa.
Ma più tardi, già grandicello, a mia madre chiesi, "Perché andò
via?"
"Perché uno cammina e cammina?" rispose. "Aveva paura, che
altro? Quel paese gli era diventato brutto, cercava il bosco al posto del
Vedi il mio Biglietto di terza, Milano: Mondadori, 1958 che alcuni critici
considerano romanzo è invece fatto di sketches di vita canadese, autobiografico
per il 75 %, nel quale a tinte umoristiche racconto di uno di quei miei zìi,
indicato come Zio Pat.
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fiume, poi si trovò sul San Lorenzo, un altro fiume. Dopo la mia
nascita, neanche quello gli andò più, e cercò la montagna, il Molise. A
tutti diceva ch'era arrivato a Dio".
"Era sempre sbronzo!"
"No. Sapeva che moriva [...]. Ma noi andremo dove lui ha lasciato
[...]·"
Mia madre non fu mai felice dell'Italia, specie quando "la Patria"
chiese il suo anello di sposa, quando portò via suo marito in Africa,
quando anch'io misteriosamente sparii e pensò che i tedeschi mi
avevano ucciso. Tutta diversa da suo padre, che abbracciava ognuno.
Lei invece amava, ο così pareva, solo i suoi pulcini, perciò in un certo
senso anche noi crescemmo un po' paurosi, un po' confusi, ed io
almeno con un'ineluttabile voglia di scappare, sparire.
Spesso scappavo dal letto, scendevo giù dal vecchio per sentirlo e
quindi addormentarmi nel suo fumo. Ospitava chiunque, e ciò
imbestialiva mia madre. Gli zingari lo chiamavano Zi' Ndò, e gli
curavano i cavalli nella stalla; gli altri Don'Andò, e bevevano il suo
vino e le sue frottole. Quando un giorno giunse un pittore da Roma, e
chiese di alloggiarlo, lui seppe subito ch'era uno contro il Governo, ma
lo presentò come suo amico e il maresciallo dei carabinieri non gli
dette fastidi. Aggiustava ombrelli anche quando c'era sole, e quando
camminava fino al mercato perché era arrivato il pesce fresco dal mare,
ci andava con l'ombrello se si era dimenticato la tromba.
Diverso da sua figlia, ma anche di quell'altro nonno, Seppantonio,
che spesso esclamava, "Merica bella!" I due vecchi avevano esperienze
diverse dell'America; uno di vagabondaggio e genio, l'altro di lavoro e
nostalgia di ritorno; ma quando s'incontravano a chiacchierare, sul
muretto della chiesa, di che cosa parlavano? Uno di New Orleans,
Louisiana, e l'altro di St. Paul, Minnesota. E come mai? Tutti e due
sapevano a memoria, ormai, anche se adesso era lieve non pensarci più,
che il letto te lo trovi come lo rifai al mattino [...].
E così tornano le cicogne, quei nomi, quelle voci:
I'm a levee man
I'm a levee man
I'm a levee man
I'm a levee man
Captain, captain
Let me make this trip
I need some money
To fill my grip.
Yes I need the money
And I need it bad
Wants a lot of things
Memoria di un romanzo
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That I never had ;
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e paesaggi: Mississippi , Louisiana , e naturalmente i nomi che
contano , le dighe e i canali, l'umidità, calabroni grossi come il pugno
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Blues di "fiumaroli" cantato a New Orleans verso la fine del secolo, e da
Jelly Roll Morton raccontato al piano da Alan Lomax in un pomeriggio del
maggio 1938 alla Library of Congress, Washington, D. C. Vedi Lomax, op.
cit., pp. 65-67.
Il sostantivo "leve" si traduce in "argine di fiume, riparo, diga, banchina".
In questo caso vuol dire "portuale", "scaricatore", uomo del fiume: fiumarolo.
"Sono un fiumarolo /Sono un fiumarolo /Sono un fiumarolo /Sono un
fiumarolo. //Capitano, capitano /Fammi fare questo viaggio /Ho bisogno d'un
po' di soldi /per riempirmi di sicurezza. /Sì ho bisogno di soldi /e ne ho bisogno
di brutto /Voglio un sacco di cose /Che non ho mai avuto".
Viaggiai per il Mississippi varie volte, e la prima risale al 1954 per
incontrarmi con William Faulkner a Oxford. Capitò che un suo romanzo, A
Fable, Pulitzer Prize di quell'anno, venisse pubblicato unitamente al mio
romanzo, Tiro al piccione, dallo stesso editore, col titolo The Day of the Lion,
New York: Random House, 1954. Girai per la campagna, presi questi appunti:
"Lo Stato del Mississippi è una continuazione dello Stato dell'Alabama.
Terra rossa, cielo azzurro. E poi il cotone. Ma la mietitura è già avvenuta, e
pigre mucche, pigri cavalli si appoggiano al riquadro d'ombra proiettato sul
prato dai grandi alberi. Stanno immobili. Sembrano fatti di piombo fuso, ma
quei loro zoccoli in corsa mi ricordano la furiosa prosa al galoppo di Faulkner
in Absalom, Absalom! Fattorie decrepite, fienili, silos. E poi grandi baracconi
stretti e rettangolari, accanto l'uno all'altro come moggi di covoni bianchi,
vuoti, che fino a ieri servivano a stivare il cotone. Ma la raccolta è avvenuta, e
ciò che resta, ora, sono salici e erba alta e quei paesotti di tavole e lamiere e
mattoni bruciati nati in una notte ο in cento anni intorno a un distributore di
benzina. Di tanto in tanto però, vecchie magioni ancor belle fanno la loro
apparizione a ridosso di filari di pini, e con esse segreti giardini, aiuole di
oleandri rosa, di rose corallo del Montana, di begonie rosse e violette insieme
al bianco della magnolia, al ciclamino variegato delle azalee, al giallo dei
gelsomini".
Inclusi questo brano ed altro nel mio libro di saggi sociali, Tragica
America, Genova: Immordino, 1968, pp. 226-29.
Vedi libro sopra citato: "New Orleans è un fazzoletto merlettato di ringhiere
in ferro battuto, segreti giardini fioriti che si dischiudono dietro porte carraie
fra vicoli europei, e un misterioso condensato di cucina creola, bayous e
affamati tramonti. Negri, pittori e grooms gallonati ti presentano questa signora
un po' attempata, New Orleans, che in altri tempi era stata una corrotta signora
mentre ora "come spesso accade in vecchiaia" frequenta le sacrestie di via
delle Orsoline e i cimiteri calcinati di Basin Street senza però, per sua fortuna,
obliare quel jazz che tenne a battesimo fra i docks del French Market,
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di una mano che in aria ronzano con gli honky-tonks e la voce di un
ubriaco, odore di cipria e di bidet, di fango e sangue, eleganza e
crudeltà, nobiltà e violenza, sapore di acqua e di sensi, Vieux Carré,
Place d'Armes, le icone di Jean Lafitte pirata, e Huey Long detto King
Fish, dittatore assassinato; ed ecco poi Parco Audubon, 247 acri di
cavalcate sotto alberi grondanti foglie di fili, foglie/muschio,
foglie/carne stracciata, e le Università di Tulane e Loyola, cadaveri che
galleggiano , ed ecco di nuovo nomi e nomi, quei nomi , Provenzano
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27
Esplanada e i labirinti di Bourbon, Perdido, St. Louis Streets e Congo Square
(pp. 230-34).
Si tratta dell'apparato politico americano e italiano nell'incidente del 1891 a
New Orleans.
GOVERNO AMERICANO: Presidente Benjamin Harrison (1888-1892);
Segretario di Stato James G. Blaine; Secondo-Assistente al Segretario di Stato
Alvey A. Adee; Avvocato Generale William H. H. Miller; Segretario della
Marina Benjamin Tracy; Assistente-Segretario alla Marina Theodore
Roosevelt; Ambasciatore degli Stati Uniti in Italia Albert G. Porter; Incaricato
d'Affari Remsen Whitehouse; Avvocato Federale per la giurisdizione della
Louisiana William Grant.
STATO DELLA LOUISIANA: Governatore Francis T. Nichols; Sindaco
di New Orleans Joseph A. Shakspeare; Capo della Polizia David C. Hennessy;
Sostituto Capo della Polizia D. C. Gaster; Avvocato Generale W. Rogers;
Sceriffo Gabriel Villére; "Comitato dei Cinquanta" con Presidenti Edgar H.
Farrar (1890) e W.C. Flower (1891).
LEADERS DEI VIGILANTI: William S. Parkerson; John C. Wickliffe;
James D. Houston; Walter D. Denègre.
GOVERNO ITALIANO: Primo Ministro e Ministro degli Esteri Marchese
Antonio Starabba di Rudinì (1891-1892); Ambasciatore d'Italia negli Stati
Uniti Barone Francesco S. Fava; Incaricato di Affari Marchese Guglielmo
Imperiali di Francavilla; Console Italiano a New Orleans Pasquale Corte
(1890-91); Console Italiano a New Orleans Antonio Poma.
John S. Kendall, "Who Killa de Chief?" The Louisiana Historical Quarterly
22 (January-October 1939), 492-530; Police Superintendent David F. Gaster,
"List of Assassinations, Murders and Affairs committed by Sicilians and
Italians in the City of New Orleans, State of Louisiana (1866-1891), 1 April
1891", in Foreign Relations of the United States, 1891-9 (Washington, D. C:
GPO, 1892), pp. 706-11; James D. Horan, The Pinkertons: The Detective
Dynasty that Made History, New York: Crown, 1967; Joseph E. Persico,
"Vendetta in New Orleans", American Heritage 24, n. 4 (June 1973), 66;
"Correspondence in Relation to the Killing of Prisoners in New Orleans, March
14, 1891, between the Kingdom of Italy and the United States", in Foreign
Relations of the United States, 1891-99 (Washington, D. C: GPO, 1892), pp.
658-65; J. Alexander Karlin, "The Italo-American Incident of 1891 and the
Road to Reunion", Journal of Southern History VIII (1942), 242-46; Zaccaria
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Memoria di un romanzo
393
e Matranga e compagni, i cosidetti "malavitosi" e poi quel detective
messo lì in mezzo agli altri da Pinkerton, il Dimaio che fa cantare
Polizzi, ed ecco, di nuovo, la visione di migliaia di persone (7 mila?)
intorno alla statua delle arringhe, quella del soldato Clay, ed altre (2
mila?) che circondano la prigione distrettuale e vogliono sangue, ed
urlano e cantano e alcuni sparano in aria, e poi due uomini vengono
portati fuori a spalle, uno penzola da un albero e l'altro da un
lampione mentre quegli altri, i malavitosi, che il Tribunale ha però
assolto, vengono là dentro giustiziati, nella prigione, li cercano con la
lista in mano e li ammazzano, è la Parish Prison di Congo Square dove
la gente, di domenica, balla e canta, li ammazzano davanti agli occhi
degli altri lì rinchiusi, molti dei quali [...] donne .
Perché?
Dave Hennessy era rispettato e temuto. Rude e forte e senza paura,
aveva però un dente avvelenato nei riguardi dei dagos: i siciliani,
naturalmente , che s'erano impadroniti del fronte del porto e del
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Ciuffoletti e Mario Degli Innocenti, L'Emigrazione nella Storia d'Italia, 18681975, 2 Voll., Firenze: Vallecchi, 1978.
Vedi The 1891 New Orleans Lynching and U. S.-Italian Relations. A Look
Back, a cura di Marco Rimanelli and Sheryl Lynn Postman, New York: Peter
Lang, 1992. Due dei miei saggi contenuti in questo volume illuminano, e
ridimensionano, anche situazioni esposte nella prima edizione di Una posizione
sociale. Loro titoli: "An Introspective Preface: New Orleans and 'Nonno Slim'
Dominick", pp. 10-44, e "The 1891 New Orleans Lynching: Southern Politics,
Mafia, Immigration and the American Press", pp. 53-105.
Nei documenti ufficiali del tempo, e in Una posizione sociale, i nomi dei 19
"mafiosi" imprigionati sono questi: Charles Matranga; Joseph P. Machecca †;
Pietro Monastero †; Antonio Scoffedi †; Antonio Marchese †; Asperi
Marchese; Rocco Gerracchi †; Antonio Bagnetto †; Manuel Politez †; Bastiano
Incardona; Loretto Comitez †; Salvator Sunzeru; Charles Trahina †; Peter
Natale; Frank Romero †; James Caruso †; John Caruso; Charles Patorno;
Charles Poitza. La croce accanto ad alcuni nomi indica gli 11 prigionieri
linciati il 14 marzo 1891 dai "Vigilanti".
Trovato nascosto sotto una scala, Polizzi viene appeso al lampione, con la
folla che gli spara addosso; all'albero viene appeso Bagnetto che all'arrivo dei
"Vigilanti" s'era finto morto.
Al comando dei loro leaders, William S. Parkerson e John C. Wickliffe, 30
"Vigilanti" armati entrarono nella prigione da una porticina laterale incustodita
alle 10,30 di mattino, 14 Marzo 1891, e linciarono gl'italiani della loro lista. Il
tutto durò 25 minuti.
Hennessy ha una sua storia privata e ufficiale con punto interrogativo. Le
prime "famiglie" di mafiosi cominciarono ad aver consistenza di baratto e
ricatto proprio a quel tempo, e uno dei maggiori impresari del porto di New
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Giose Rimanelli
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commercio di frutta e verdura, quelle soavi banane che loro vendevano
all'ingrosso, quasi per niente, perché se le andavano a prendere
direttamente a Cuba con le loro piccole barche di pescatori esperti, e
non gli costava molto (importavano "schiavi bianchi" dalla Sicilia, i
primissimi emigranti), eccetto che Dave credeva di conoscerli
abbastanza bene, e non se ne fidava affatto: almeno da quando - luglio
1881 - era riuscito a metter le mani addosso a un certo Joe Randazzo,
brigante ricercato dalla polizia italiana e britannica, il cui vero nome
era Giuseppe Esposito (essendo Randazzo, e Vincenzo Rebello anche,
degli aliases), giunto a New Orleans mischiato agli emigranti . Il letto
lo trovi [...].
Sebbene la Mafia approdasse a New Orleans nel 1878 secondo
fonti autorevoli, qui venne però organizzata in vera e propria società a
delinquere solo con l'arrivo dell'Esposito che riuscì a identificare e
coordinare, tra il 1880-81, le preesistenti ma tenui cosche locali . Si
potrebbe ben dire che la storia dell'emigrazione italiana negli Stati
Uniti ha l'Incipit in Unità d'Italia/Brigantaggio, Sangue/Malavita. E a
tutt'oggi, nonostante le grandi affermazioni individuali in tutti i settori
della vita, per l'italiano il riscatto deve ancora venire.
La poetessa Maria Mazziotti Gillan, che insegna a Paterson, New
Jersey, in una sua lirica dedicata al padre Arturo (conosciuto come
Arthur), da una parte mette in evidenza l'umiliante necessità degli
italo/americani di passate generazioni di mascherare le loro origini,
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I changed my name to Marie,
Orleans, con esclusività arrogata sul commercio e i mercati di frutta e verdura,
era Pietro Provenzano, nato a New Orleans da famiglia siciliana e ora
banchiere, amico di Hennessy: frequentavano lo stesso Club, tra le altre cose. E
fu il Provenzano ad iniziare la schermaglia con i fratelli Matranga, l'altra
famiglia in concorrenza, tendendogli una imboscata, sparandogli addosso.
Judge Robert H. Marr, Jr., "The New Orleans Mafia Case", American Law
History 25 (May-June 1891), 414-31; John E. Coxe, "The New Orleans Mafia
Incident", Louisiana Historical Quarterly 29 (January-October 1937), 1068-71;
James Horan e Howard Swiggett, The Pinkerton Story, New York: Putnam,
1951, pp. 250-72.
Gaetano D'Amato, "The 'Black Hand' Myth", North America Review
CLXXXVII, η. 629 (1904), 543-49; Arthur Griffith, "Black Hand, Camorra,
Mafia", in Mysteries of Police & Crime: A General Survey of Wrongdoing &
Its Pursuit, New York: G. P. Putnam's, 1899; "The Mafiosi", Chamber's
Journal 9, n. 442 (June 18, 1892), 385-87; "Mafia in New Orleans", Harpers n.
34 (November 8, 1890), 874; Joseph L. Albini, The American Mafia: Genesis
of a Legend, New York: Appleton-Century-Crofts, 1971.
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Memoria di un romanzo
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hoping no one would notice
my face with its dark Italian eyes,
dall'altra l'orgoglio di ri-identificarsi nelle lontane radici:
I smile when I think of you.
Listen, America.
This is my father, Arturo,
and I am his daughter, Maria.
34
Do not call me Marie .
VI. Brigantaggio/emigrazione
Con stile e dettagli da scoop, si raccontava che l'Esposito era stato
luogotenente del famigerato Antonino Leone, un capobanda che s'era
macchiato d'assassinii, ricatti e rapine, sequestri di persona e violenze
d'ogni genere. Assaltavano e bruciavano interi paesi, dopo le razzie, e
si appostavano e quindi sequestravano viaggiatori a cavallo, ο li
prelevavano dai treni.
A una delle vittime, catturata il 4 novembre 1876, e identificata per
il giovane prelato anglicano John Forrester Rose, in viaggio di affari a
35
Palermo , tagliarono un orecchio e lo mandarono alla moglie a
34
"Ho cambiato il mio nome in Marie, / sperando che nessuno si accorga / del
mio volto con gli scuri occhi italiani". "Sorrido quando ti penso. / Ascolta,
America. / Costui è mio padre Arturo, / e io sono sua figlia, Maria. / Non
chiamarmi Marie". Da Where I Come From by Maria Mazziotti Gillan,
Toronto-New York: Guernica, 1995, pp. 50-51.
L'epiteto/insulto/identificazione contro gli italiani incomincia proprio con
Hennessy il quale, morendo sulla porta di casa, indica i suoi assassini col nome
Dagoes. Pascoli ci scrisse sopra una toccante poesia. In verità
quell'attribuzione è corruzione dello spagnolo Diego. A quel tempo divenne
sinonimo di "straniero", cioè "emigrato". Venne affibbiato ai siciliani (quindi
agli italiani in genere), solo in quanto Dave Hennessy aveva rivolto la sua
attenzione su di loro.
Dal 1881 ad oggi, quell'epiteto/insulto/identificazione si è rivestito di altre
terminologie: Wop, Guinea, Greaseball, traducibili in "guappo", "maiale",
"palla di grasso".
Le notizie circa i banditi Leone-Esposito, il sequestro del Rose, l'Esposito
prima a New York e poi a New Orleans, il suo arresto, la sua estradizione sono
estratte da: U.S. Senate, Message from the President of the United States
[Chester A. Arthur] transmitting a Report from the Secretary of State [James
G. Blaine]... in Relation to the Seizure of One Vincenzo Rebello [Giuseppe
Esposito, alias Randazzo], an Italian in the City of New Orleans, June 1881,
35
Giose Rimanelli
396
Londra, chiedendo un riscatto di pounds 5,000, promettendo che gli
avrebbero tagliato anche l'altro, e quindi il naso, e quindi altro ed altro
se il riscatto non fosse giunto. Se ne occuparono subito Scotland Yard
ed il Ministero degli Affari Esteri inglese che fece pressioni sulle
autorità italiane.
La banda Leone-Esposito si componeva di un gruppo sui 60 e 160
elementi. Il 2 giugno 1877 i componenti di una brigata di cavalleria,
con l'assistenza di fanteria e artiglieria - 44 uomini: 17 a cavallo e 27 a
piedi - circondarono il principale covo dei briganti in località Costa
d'Adamo, sorprendendoli. Nello scontro a fuoco i briganti rimasero
uccisi, compreso il Leone, ma l'Esposito si salvò sebbene ferito, con
altri due. Andò a nascondersi dove nessuno l'avrebbe cercato: casa sua,
nel paese di Alia; ma lì venne preso, per una spiata, a letto con sua
moglie, il 9 luglio 1877, quindi imprigionato a Termini Imerese. Qui
varie persone, tra le quali i fratelli Nicolosi, lo identificarono come il
responsabile del rapimento e del sequestro del Rose. Un anno più tardi,
il 5 settembre 1878, nel mentre lo trasportavano a Palermo per il
processo, l'Esposito riuscì a scappare di nuovo e quindi imbarcarsi per
New York.
L'Esposito raggiunse New Orleans nel 1879-80, con altri superstiti
della banda Leone, e li si risposò col nome di Joe Randazzo . In breve
36
Executive Document η. 20 (Washington, D. C: GPO, December 1891-1882),
pp. 7-8, 24-28.
Di particolare interesse sono: 1) "Opinion of John A. Osborn,
Commissioner" (New York, 17 Settembre 1881), pp. 7-8; 2) "Third Deposition
of Nicolò Nicolosi as sworn witness", Palermo (Febbraio 21, 1881), p. 27; 3)
"Deposition of Luigi Nicolosi as a sworn witness", Palermo (February 21,
1881), p. 26; 4) "Deposition of Italian Police Deputy Michele Lucchesi",
Montemaggiore, Sicily, (June 1, 1877) sull'uccisione del capobrigante
Antonino Leone, pp. 17-18; 5) "Confession of the brigand Luciano
Passafiume", Police report No. 502 by Police Deputy Michele Lucchesi, Alia,
Sicily (July 6, 1877), p. 18; 6) "Surrender of the brigand Randazzo [Giuseppe
Esposito]", Police report No. 668 by Mayor of Alia Giuseppe Guccione, Alia,
Sicily (July 10, 1877), p. 19; 7) "Letter of Italian Chargé d'Affaires Prince de
Camporeale to U.S. Secretary of State James G. Blaine" (Washington, March
30, 1881), p. 37.
Anni fa in Manhattan, tra la Sesta Avenue e la Dodicesima Strada mi fermai
a far benzina a una stazione che in grandi lettere indicava il suo proprietario:
Provenzano. Come non pensare ai Provenzano di New Orleans al tempo di
Hennessy? E un altro giorno, facendo ricerche alla Tulane University sul
lascito di Nick La Rocca, mi imbattei nel nome del pianista John Provenzano
(1878-1962), e di nuovo pensai alle famiglie mafiose dei Provenzano e dei
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Memoria di un romanzo
397
prosperò nel commercio al dettaglio di frutta e verdura, e allo stesso
tempo organizzò una forte banda di "malavitosi" che prese ad operare
dai bayous, a bordo di un brigantino mascherato da peschereccio (a la
Jean Laffite, il pirata/eroe che diede u n a mano a Jackson contro
gl'Inglesi), battezzato "Leone" con l'acqua delle paludi, in onore del
capo-brigante siciliano ammazzato. E più tardi, di nuovo cambiando
nome, si appellò Antonino Costanzo: Antonino, come Antonino
Leone .
La banda assaltava e depredava casolari isolati lungo il delta del
Mississippi, e sopratutto quartieri all'estrema periferia di New Orleans
dove, in genere, vivevano gli emigrati italiani. Da quelli, tra di loro,
ch'erano diventati legali imprenditori ο mercanti di qualcosa nella
nascente Little Italy la banda estorceva "protezioni".
Ma durò solo per un certo tempo: alla fine del Giugno 1881
Hennessy ed altri detectives, giunti da N e w York esclusivamente per
quella operazione, dopo veglie e appostamenti riuscirono a mettere le
mani addosso all'Esposito/Randazzo/Costanzo in Piazza Jackson, nel
pieno centro di affari di New Orleans - riconoscendolo attraverso un
identity kit di fortuna - ; e clandestinamente, con forte scorta, lo stesso
Hennessy lo tradusse a New York su di un battello a vapore, in tal
modo evitando tafferugli organizzati . U n a gran folla, infatti, aveva
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Matranga. Questo John, pianista, aveva 13 anni quando Hennessy venne
ammazzato. Era imparentato col banchiere Pietro?
E di recente, a Warren, Michigan, andai a far spesa in un immenso (direi
"favoloso") negozio di frutta e verdura di nome Randazzo: Randazzo's Fruit
Market.
Ma le "notizie" volano. Saputo del "nuovo" matrimonio, la moglie siciliana
denunziò l'Esposito, rivelando il suo indirizzo. Entrambi il Chargé d'Affaires
Italiano a Washington, Principe de Camporeale, che l'Ambasciatore Americano
a Roma, George P. Marsh, presentarono al Segretario di Stato James G. Blaine,
nel Marzo 1881, i necessari documenti internazionali per la cattura e
l'estradizione del bandito.
Dai documenti ufficiali (vedi nota 35) risulta che una delle vittime
dell'Esposito, un pittore americano, venne sequestrato unitamente a suo ospite,
un ricco barone siciliano, mentre insieme girovagavano per la tenuta di costui.
Per vanagloria il brigante gli richiese il ritratto in cambio della libertà, e per
stupidaggine gli commissionò di farsi suo ambasciatore presso la famiglia del
barone. Il pittore scrisse i termini della taglia dietro quel ritratto che fini subito
dalla polizia e questa, da parte sua, ne fece copie che trasmise a Londra e a
Washington.
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Giose Rimanelli
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già bloccato il porto della città . Quel gruppo politico di organizzatori,
che più tardi identificarono col termine di Mafia , in fretta e furia
racimolò 5.000 dollari per la difesa dell'Esposito a New York, e li
mandarono attraverso un loro corriere che se la filò col bottino.
L'Esposito venne imbarcato su di una nave da guerra
espressamente venuta dall'Italia, e con quella riportato in Italia.
Processato a Palermo per 18 omicidi e 100 sequestri di persona, ma
trovato colpevole di solo 4 delitti, venne condannato a morte. La
sentenza gli venne commutata in ergastolo (Dicembre 1881), a
Portolongone, dove fini i suoi giorni .
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Tra quelli che protestarono contro l'estradizione del Costanzo (processo che
ebbe luogo nei giorni 23-24 Agosto 1881) testimoniando sulla sua innocenza,
ch'egli era cioè un "onesto uomo di affari locale" (ma tutti ne sbagliarono il
nome, pronunciandolo Castanza, Constazo, Castanzo), residente a New Orleans
"da ben prima dell'estate 1878" (quando l'Esposito era ancora in carcere in
Sicilia) vi figurano nomi di personaggi che rivedremo esattamente dieci anni
dopo: un John Caruso, un Rocco Geracchi e un Giuseppe Provengano (per
Provenzano).
Un passaparola, pare, nato dalla rivolta di Palermo nel lunedì di Pasqua del
30 Marzo 1282 contro i francesi, gli Angioini, orchestrata dal legittimista
Giovanni da Procida in favore degli Aragonesi. Quella rivolta venne poi
universalmente conosciuta come Vespri siciliani, e durante la quale la parola
d'ordine passata di bocca in bocca era MAFIA, col significato di Morte ai
Francesi Italia agogna. I francesi vennero massacrati, e gli Aragonesi
inneggiati: Pietro III d'Aragona diventò re di Sicilia e sua moglie, Costanza,
regina.
Pare che un misterioso emigrato italiano di New Orleans, a nome Panesolo,
sia stato il delatore dell'Esposito, aiutando le autorità italiane e americane a
rintracciarlo. Gli venne offerto una ricompensa di Lire 5. 000, ma di lui non si
seppe mai più niente
Dalla corrispondenza diplomatica "Ministro degli Affari Esteri Antonio
Mancini al Ministro Plenipotenziario Barone Francesco S. Fava (Roma 13
Febbraio 1882, ricevuto il 3 Marzo 1882)" leggiamo: "In riferimento al postscriptum del 30 Dicembre 1881 su Telegramma Ministeriale, sono lieto
d'informarLa che il Ministero dell'Interno ha accettato di provvedere Lire 5.000
al Signor Panesolo in ricompensa per i suoi servizi nell'arresto del Brigante
Randazzo.
"[...] Il Ministero dell'Interno spera sempre che il Panesolo (a seguito di
tale ricompensa) sia incoraggiato a ritornare nel Regno [d'Italia] [...] e qui
rivelare in corte tutte le sue informazioni sulle attività criminali della Mafia in
Sicilia [...]. Noi useremo la più completa segretezza e precauzione a suo
riguardo, onde proteggerlo da qualsiasi rischio di 'vendetta' da parte di tali
società criminali. E importante comunque, che egli ci riveli la sua identità reale
[...]" - Mancini. (In documenti mai pubblicati, reperibili presso il Ministero
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Memoria di un romanzo
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Il letto lo trovi come te lo rifai al mattino.
VII. L'ultima ballata
E poi, ecco, nella piovigginosa notte del 15 ottobre 1890
rintronano colpi di lupara , quindi ritrovano le doppiette con le canne
segate dentro fogne aperte, e cinque mesi più tardi [...].
Era il 14 marzo 1891, gente armata, furiosa, sfonda una porticina
laterale della Parish Prison su Congo Square, disarmano le guardie,
cercano i dagoes: ne volevano 19, ne trovano 11 e li ammazzano come
possono, con le mani i bastoni i fucili, e fuori alla folla ne portano due
già feriti, sulle spalle, uno che faceva fìnta d'esser morto - Bagnetto l'altro d'esser pazzo - Polizzi - ; li sventolano, quindi uno l'appendono
a un albero e l'altro a un lampione; il ramo dell'albero si spezza, quello
cade, si aspetta la grazia , i giustizieri mandano su un ragazzo che
rilega la fune a un ramo più grosso.
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Affari Esteri, Archivio Storico-Diplomatico, Roma, New Orleans Box, Letter n
. 12, File 32039).
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Hennessy rincasava su Girod Street, dove abitava con sua madre; 5 individui
uscirono dal buio e dalla "casa/agguato" (tra Girod e Basin Streets, affittata 3
mesi prima con il nome falso del Macheca, co-partner dei fratelli Matranga, ora
abitata da un loro uomo, il Monasterio, presunto ciabattino) quando udirono il
ragazzo Gaspero (Asperi) Marchese fischiare le prime note della Marcia Reale
italiana (segnale convenuto) e varia gente udì, vide, e al processo "HennessyMatranga" che ne segui (9 Novembre-22 Dicembre 1890 e 6 Febbraio-13
Marzo 1891) testimoniarono:
1) Scaffidi (un testimone lo incontrò prima del fatto, 6 altri lo videro
sparare, 4-5 lo videro fuggire); 2) Marchesi padre (uno lo vide sul luogo, 3
sparare, 1-2 scappar via); 3) Polizzi (3 lo videro sul luogo, 1 sparare, 3 fuggire,
1 lo vide subito dopo nelle vicinanze); 4) Bagnetto (2 lo videro sparare, 1
fuggire); 5) Monasterio (3 lo videro/sentirono la sua voce sul luogo, 1 sparare);
6) Marchesi figlio (1-2 lo videro, sentirono il suo fischio, 2 testimoniarono che
s'era vantato con loro del ruolo da lui svolto in quell'assassinio).
Gli altri del clan Macheca-Matranga (i due fratelli Caruso, Geraci,
Patornò, Sinceri, Incardona e Natali) offrirono truccati alibi: alcuni erano
all'Accademia di Musica la notte del delitto, altri al Ristorante Fabacher, ed
altri ancora al bordello di Fanny Decker.
La credenza del tempo voleva la grazia per quel condannato al capestro se,
per divine ragioni, il ramo dell'albero si spezzava, il nodo si scioglieva, la
corda si sfilava ο tagliava per vecchiezza. Ma questa superstizione non aiutò il
Bagnetto.
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E il Dimaio? Dove si nasconde lui?
Nel frattempo, dall'altra parte della strada i tiratori di Winchester
ora mirano alla sagoma che pencola dal lampione, e la crivellano, ma a
un certo punto si fermano a guardare [...] una donna vestita in trine
nere che pare una bambina, con un nastro giallo sulla fronte si fa largo
tra la folla e raggiunge l'uomo che pencola, il suo uomo, assassino ο
no, lui stesso adesso assassinato, gli sfila scarpe e calze e se le porta al
petto, con quelle ripercorre la sua strada tra la folla che si apre, e
stranamente la lascia sparire nel nulla, in quello stesso nulla da cui era
venuta.
Un uomo ch'era apparso alla Statua di Clay intuì il massacro, e
cercò subito il Sindaco Shakspeare e il suo personale segretario per
evitarlo, ma al Municipio trovò solo lo Sceriffo Villère e il Capo
Procuratore Distrettuale della Louisiana Rogers, con le mani conserte,
immobili, aspettando ordini che mai vennero. Era il Console Italiano
Pasquale Corte .
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Come già accennato, mesi prima del processo l'Agenzia Investigativa
Pinkerton aveva infiltrato tra gli arrestati italiani (a casaccio ne avevano presi
diverse dozzine, presto la mattina, nelle loro case, subito rilasciandone molti),
il detective italo/americano di Philadelphia Francis F. Dimaio, il quale si
guadagnò fiducia e confidenze, estorte con la paura, del Polizzi: facendogli
credere che i compagni, gli "altri", avevano complottato di avvelenargli il vino
che ricevevano da fuori. In tal modo il Dimaio (e l'Accusa) venne a conoscenza
della lunga ruggine esistente, fin dal "Caso Esposito" del 1881, tra Mafia locale
e il Capo della Polizia. Confessò anche il ruolo svolto nell'assassinio degli altri
imputati, ma al processo il Polizzi rinnegò la deposizione e, anzi, tentò di
buttarsi fuori dalla finestra e fuggire. A conclusione del processo comunque
(13 Marzo 1891), sia il Giudice Baker che l'Accusa raccomandarono
l'assoluzione per Charles Matranga e Incardona, e di propria iniziativa la giuria
determinò per l'assoluzione completa di Macheca, Bagnetto e i due Marchesi,
mentre per Polizzi, Scaffidi e Monasterio proclamò mistrial, un nuovo
processo, a causa di errori tecnici, giudiziari.
Vedi G. E. Cunningham, "The Italian: A Hindrance to White Solidarity in
Louisiana, 1890-1898", Journal of Negro History (1865); Richard D. Alba,
Ethnic Identity: The Transformation of White America, New Haven: Yale
University Press, 1990; Humbert S. Nelli, From Immigrants to Ethnics: The
Italian/Americans, Oxford: Oxford University Press, 1983.
Vedi Rapporto del Console Corte all'Ambasciatore Fava (15 Marzo 1891) in
FRUS, 1891-92, pp. 669-70: "[...] [Villère e Rogers] mi apparvero
estremamente calmi, e di aspettarsi cosa stava per accadere [alla prigione] [...]
[Mi] risposero che non potevano fare niente senza il Sindaco. Io quindi chiesi
di vedere il signor Nicholls, che era il Governatore [della Louisiana] [...] e lo
trovai in compagnia del Generale, Capo dell'Esercito, e varie altre persone.
44
45
Memoria di un romanzo
401
Alcuni di quei prigionieri - sei - nascosti tra le gambe delle donne,
sotto quelle loro larghe gonne con cuscino e cerchio di ferro, a loro
volta imprigionate per prostituzione e delitti vari, come pecore frustate
sulla schiena vennero diretti fuori, all'aperto, e lì riemersero dopo un
poco, nel cortile del carcere, davanti alla gran folla assetata di vendetta.
Essi si trascinarono sulle ginocchia con le mani sollevate sopra la testa,
lamentandosi e supplicando d'aver salva la vita, ma subito vennero ad
uno ad uno crivellati da una vera grandine di colpi sparati a poca
distanza, da parte della folla inferocita .
L'Italia ritira il suo Ambasciatore da Washington, e minaccia la
guerra: è l'Italia del Marchese di Rudinì, e possiede una flotta.
L'America è quella del Presidente Harrison, dissanguata dalla guerra
civile, e non possiede una flotta .
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47
Visto l'immediato pericolo per i prigionieri, e la colonia [italiana], gli richiesi
in qualità delle mie facoltà di console che mandasse le truppe, ο un
distaccamento di polizia, al luogo [del tumulto] onde prevenire il massacro. Mi
disse invece che non poteva far nulla senza la richiesta ufficiale del Sindaco.
Qualsiasi cosa che dissi fu inutile a smuoverlo. Mi chiese poi di sedere,
dicendo che il Sindaco era al Club Pickwick [...]. Cosi passarono venti minuti,
quando poi gli telefonò annunciarono che la folla era ormai davanti alle porte
della prigione, e che essa aveva già impiccato dei prigionieri [...]".
Per quanto riguarda l'esatta cronologia dei fatti del 13-14 Marzo 1891 sul
"Linciaggio di New Orleans" e le sue immediate ripercussioni politiche nel
mondo, è essenziale esaminare (riesaminare) i testi seguenti, alcuni dei quali
già da me citati:
J. E. Coxe, "New Orleans Mafia Incident", pp. 1085-1090; J. S. Kendall,
"Who Killa de Chief?", pp. 517-27; R. H. Marr, Jr., "New Orleans Mafia
Case", pp. 427-429; A. Fortier, History of Louisiana, pp. 225-27;
"Exterminating the Mafia. Pictorial Account of the Work of Judge Lynch in
New Orleans", Illustrated American, supplement n. 58 (March 28, 1891), 1-2,
15; J. D. Horan e H. Swiggett, Pinkerton Story, pp. 250-72; Arthur Desjardins,
"Les Droit des Gens et la Loi de Lynch aux États-Unis", La Revue des Deux
Mondes (Paris) CV (Maggio 1891), 321-55; Augusto Pierantoni, "I linciaggi
negli Stati Uniti e l'emigrazione italiana", L'Italia Coloniale, 2 articioli, n. 4
(1904), 423-47 & n. 1 (1906), 37-52; "Correspondence [...] on the Killing of
Prisoners in New Orleans [...]", FRUS, 1891-92, 665-706, soprattutto: Consul
Corte to Ambassador Fava (14-15 March 1891), Ambassador Fava to Secretary
Blaine (18 March 1891), Mr. Grant to Mr. Miller (27/4/1891), "Grand Jury
Report on the New Orleans Affair" (5/5/1891), "Committee of Fifty Report"
(15 Maggio, 1891).
La stampa internazionale, specie quella italiana e italo/americana
analizzarono l'incidente dal punto di vista nazionalistico e razzistico, quasi del
tutto ignorando la fedina penale dei 19 indiziati italiani che, tra l'altro, avevano
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47
Giose Rimanelli
402
Le lettere, comunque, viaggiano: corrono da Roma a Washington,
da Washington a Roma, ma a New Orleans la gente è ben felice di
cantare l'ultima ballata del grande balladeer Fred Bassel, nella quale gli
assassinati (assolti d'assassinio) sono inneggiati come assassini:
No more assassins we will have sent from a foreign soil.
In New Orleans we've proved to all we're honest sons of toil.
[Non più assassini ci verranno inviati da terra straniera.
In New Orleans abbiamo mostrato a tutti che siamo onesti figli del lavoro .]
48
ingaggiato i servizi dei migliori e più costosi avvocati del tempo. L'Eco
d'Italia, New York, 14-15-21 Marzo 1891, esplode in questo modo:
"Invece di parole vogliamo soddisfazione piena, completa. Se
[l'Ambasciatore Fava] a Washington non è riuscito a far rispettare le proprie
richieste, 1.000.000 degli Italiani residenti negli Stati Uniti sapranno come
farlo in sua vece. Se questo massacro a cui abbiamo tutti assistito in questa
libera Repubblica viene lasciato impunito, noi lo denunceremo tutti come un
assassinio [...]. Non ci pentiremo mai, 'vendetta'! [...] A tutti i giornali
Italo/Americani: in questo momento di persecuzione, con malignità, vendetta e
odio, dobbiamo ricordarci che siamo tutti Italiani, e come tali invitiamo [...]
[tutti] ad unirsi a noi in una grande dimostrazione di massa. Proclamiamo in
nome di Dio alla nostra dimostrazione contro gli assassini di New Orleans che,
davanti a tutti e contro chiunque, noi siamo Italiani! [...] In quest'ora suprema
della nostra discolpa dobbiamo esser tutti uniti [...]? Morte agli assassini!
Morte a tutti coloro che permisero una tale carneficina!"
Vedi anche J. Alexander Karlin, "New Orleans Lynchings of 1891 and the
American Press", Louisiana Historical Quarterly Vol. XXIV (1941), 187-204;
J. A. Karlin, "Some Repercussions of the New Orleans Mafia Incident of
1891", Research Studies of the State University of Washington Vol. XI, n. 4
(December 1943), 267-82; Corriere della Sera Milano, Marzo 14-15, 1891, p.
3; Marzo 15-16, pp. 1-2; Marzo 16, p. 1; Marzo 17-18, pp. 1-2; Il Giornale di
Sicilia n. 78, Marzo 15-18, 1891; Il Resto del Carlino n. 87, Marzo 28, 1891, p.
1; Marzo 31, Aprile 1, 2, 3, 4 e 5, 1891; Deutsche Zeitung Aprile 12, 1891;
Berliner National Zeitung Aprile 12, 1891; Vossische Zeitung, Aprile 12, 1891.
Fred Bessel compose la ballata The Hennessey Murder il giorno dopo
l'assassinio del capo della Polizia, e ne stampò e distribuì 10,000 copie col filo
funebre tutt'intorno, e questa venne suonata e cantata nei bar, nei bordelli e nei
saloons. Il giorno dopo il linciaggio dei prigionieri, il Bessel compose un'altra
ballata, "Hennessy Avenged!" che ebbe ancor più fortuna della prima: per
decenni, infatti, divenne repertorio fisso dei concertini nei saloons. Vedi H.
Asbury, French Quarter, pp. 420-21; R. Gambino, Vendetta, p. 88.
Il famoso Police Captain J. Howard, scrittore di gialli (ne sfornava uno al
mese), scrisse il best-seller, "The New Orleans Mafia: or Chief of Police
Hennessy Avenged!" New York Detective Library 1, n. 493, New York: Frank
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Memoria di un romanzo
403
VIII. Da quando, cara, da quando?
La voce notturna di Nonno Dominick, suonatore di cornetta e
ombrellaio, spesso mi torna nitida nella mente con quei blues del Delta,
di pena per qualcosa e speranza di qualcosa, e ancor oggi mi pare
vederlo camminare e camminare per fuggire insensatezza e ignoranza,
e soprattutto la violenza .
Ma ancora ed ancora, chi era nonno Dominick? E suo padre, Rudi:
chi erano? Lo guardo in un ritratto che gli disegnò un pittore
antifascista a nome Perluzzi, suo ospite, che mamma conservò al di là
dei terremoti; e a rivederlo oggi fra le mie carte, con quella sua lobbia,
con quei suoi folti baffi così distinti mi pare quasi impossibile che sia
proprio lui, mio nonno, l'allucinato e ispirato "personaggio" delle notti
della mia infanzia, più dalla parte di Frank Capra che mia.
Sono sempre i treni più che i battelli, nei blues del Delta, che
riempiono la nostalgia di cammini, di frontiera da superare, di
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Tousey Publications, 1891. Vedi il saggio di Francis X. Femminella, "A SocioLiterary Analysis of Police Captain J. Howard's Novel: The New Orleans
Mafia, or Police Chief Hennessy Avenged!", in The 1891 New Orleans
Lynching and U.S.-Italian Relations. A Look Back, op. cit., pp. 369-79.
Nella prima e unica edizione italiana vallecchiana di Una posizione sociale
(ci furono, invece, diverse traduzioni ed edizioni in altre lingue), il linciaggio
del 1891 raccontato da Nonno Jazz va da pagina 125 a pagina 227. Per
facilitarmi il discorso (cosa che oggi considero un errore) assunsi lui,
arbitrariamente, a "testimone oculare". Anche oggi tuttavia resta tale, in quanto
preferisco lasciare il libro nel vestito in cui è nato, non concedendogli
revisioni, sebbene lì restino incrostate ambivalenze serie circa l'effettivo ruolo
(del resto ignoto) che nonno Dominick vi giocò, se uno ve ne giocò, in
quell'incidente.
Quando scrissi il romanzo la parte "storica" mi era cornice, non ritratto:
scrivevo un libro di stile e morale, con personaggi notturni non diurni, con la
notte che rivela al bambino di 10 anni, il narratore, più del giorno, il giorno
essendo inesplorabilmente vestito, pettinato, stratificato nelle abitudini della
buona educazione, che è il buon giorno.
In quanto "personaggio", il bambino Massimo si fa controfigura del
vecchio Dominick: entrambi hanno vissuto una loro storia nel tempo, e ora la
raccontano. Già cercai di chiarire questo ovvio contrasto realtà/sogno,
verità/invenzione nel saggio orale "An Introspective Preface: New Orleans and
'Nonno Slim' Dominick", trascritto da mio figlio Marco per il libro da lui
curato con Sheryl Lynn Postman, The 1891 New Orleans Lynching and U S. Italian Relations. A Look Back, op. cit.
49
Giose Rimanelli
404
malocchio da vincere ; e nonno Dominick deve averla sentita forte
lasciando la Louisiana per le miniere di rame del Québec all'inizio del
secolo.
Quei blues avevano questo tono:
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How long, how long, has that evening train been gone?
How long, how long, baby, how long?
Standing at the station, watch my baby leaving town,
Feeling disgusted, nowhere could she be found.
How long, how long, baby, how long?
I can hear the whistle blowing, but I cannot see no train.
And it's deep down in my heart that I have an aching pain.
How long, how long, baby, how long?
Sometimes I feel so disgusted, and I feel so blue,
That I hardly know what in the world just to do.
For how long, how long, baby, how long?
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IX. Molisani
Volsi lo sguardo indietro e mi chiesi: che ci faceva a New Orleans
un rivoluzionario antiborbonico di Sant'Angelo nel Molise come
Orazio De Attellis (1772-1850) nel 1835? La sua missione era stata
indipendenza da ogni tirannia, ma da questa esiliato riuscì, con gli
Esemplare la storia di Robert Johnson, indubbiamente il maggiore (e
influente) musicista/menestrello di blues del Delta, perseguitato da brutali
oracoli di morte, che poi ricevette con veleno da un marito geloso: era il 1938,
e lui aveva 27 anni. "Early this morning, / when you knocked upon my door /
And I said 'Hello, Satan,/I believe it's time to go'". "Presto stamattina, quando
hai bussato alla mia porta e io ho detto "Salve, Satana, credo sia ora di andare".
Questo blues è cantato da Leroy Carr, Vocalion 1191; pubblicato da Samuel
B. Charters in The Country Blues, New York: Holt, Rinehart & Winston, 1959.
"Da quando, da quando è partito quel treno della sera? / Da quando, da
quando, mi cara, da quando? // Fermo alla stazione, guardo la mia ragazza
andarsene dal paese, / ne sento il dispiacere, non c'è via di ritrovarla. / Da
quando, da quando, cara, da quando? // Posso sentirne il fischio, ma non posso
vedere il treno, / ed è giù giù dentro il cuore che sento una dolente pena. / Da
quando, da quando, cara, da quando? // Delle volte mi sento così male, mi
sento così triste / che proprio non so più che farci in questo mondo. / Da
quando, da quando, cara, da quando?"
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Memoria di un romanzo
405
scritti e la parola, a combatterla; e giunto in America promosse gli
studi, insegnò italiano alla Columbia University con Lorenzo Da Ponte
(1749-1838), si trasferì quindi nel Messico pensando di poter fare
qualcosa di utile per quel paese, ma disilluso, anzi ingannato dal
tristemente famoso Santa Anna, riparò a New Orleans dirigendo un suo
giornale plurilingue, El Correo Atlantico, attraverso il quale difese
l'indipendenza del Texas dal Messico.
A indipendenza raggiunta, 1836, il primo Presidente della
Repubblica del Texas, Sam Houston (1793-1863), che sconfisse il
Santa Anna, lo riconobbe patriota, ricompensandolo. Saputo poi, nel
'47, delle riforme liberali di Pio IX tornò in Italia, sperando di poter
aiutare in qualche modo, da esperto rivoluzionario, offrendosi a
Mazzini. Ma vecchio, e più che altro consunto dal lavoro e dai viaggi,
mori sulla polverosa strada di Civitavecchia il 10 Gennaio 1850 .
E che ci faceva a New Orleans, più ο meno alla fine del soggiorno
del De Attellis, un altro vagabondo molisano a nome Rodolfo
Minicucci?
Ciò che appresi, se non altro per sanzionare le mie origini, è che
quel nostro paese, Casacalenda - che cambiò pelle e nome infinite
volte - era ed è per sua natura repubblicano nonostante che i signorotti
lo avessero dominato dal secolo XII in poi, e dal 1580 fino al 1806
venisse afflitto e vessato dalla signoria dei Duchi Di Sangro il cui
palazzo, da loro fatto ridisegnare e ricostruire a Napoli dal Vanvitelli,
in via San Domenico, è oggi monumento architettonico. Ma i Di
Sangro, che possedevano medievali stanze della tortura, si
macchiarono di molti delitti, e infine Casacalenda si ribellò, aderì alla
Repubblica Partenopea (23 gennaio-24 giugno 1799) .
La reazione sanfedista che ne seguì, come del resto era da
prevedere, fu selvaggia: guidata dall'implacabile Cardinale Fabrizio
Ruffo di S. Lucido Calabrese al servizio del borbone Ferdinando IV, e
finanziata localmente dai Di Sangro, assediò e saccheggiò il paese con
un esercito di mercenari alloggiati nei paesi vicini, in maggioranza
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53
Vedi Maria Bizzarrilli, "Orazio De Attellis, storico e patriota", Samnium
Anno IV, V, VI, VII, Benevento, 1931-1934; Nino Cortese, Le avventure
italiane ed americane di un giacobino molisano: Orazio De Attellis, Messina:
Grafiche La Sicilia", 1935; vedi anche il mio Molise, Molise, op. cit., pp. 13438.
Vedi Renato Lalli, Il Molise tra storia e leggenda, Campobasso: Casa
Editrice del Libro, pp. 307-17; Storici ed Economisti molisani, a cura di R.
Lalli e T. Sardelli, introduzione di L. Biscardi, Isernia: Libreria Editrice
Marinelli, 1978, pp. 82-89.
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Giose Rimanelli
406
antichi emigrati/rifugiati albanesi, e quindi trucidò 12 cittadini, mentre
per il sindaco, Domenico De Gennaro, riservò un trattamento del tutto
speciale: legato alla coda di un cavallo, tra lazzi e ingiurie venne
trascinato per 40 e più chilometri fino alla remota spiaggia di
Campomarino, e lì giustiziato.
Se n'era andato, il Rodolfo, per ragioni politiche ο per spirito di
avventura?
Ai miei era semisconosciuto, a mia madre più che altro, che mai lo
vide a causa ch'era ancora una bimba quando suo padre, Antonio
Minicucci, diventato il Tony "Slim" Dominick della tromba, decise di
ricercare sul mappamondo la terra del Rodolfo e andar lì a morire,
dopo esser passato per il Québec e ai figli maschi, lasciati dietro, era
riuscito ad aggiungere questa sua unica femmina. La moglie, Teresa,
era morta allo sbarco a Napoli, distrutta dal viaggio, ma di lei mai
nessuno ricordò nulla, eccetto ch'era di complessione delicata.
Ancor oggi, comunque, i sopravvissuti zìi americani parlano di
quel loro avo come di una figura da mille e una notte, chiamandolo
Rudi, che viaggiava su zattere fluviali e tappeti volanti, e forse era stato
marinaio, forse aveva combattuto al fianco di Jefferson Davis durante
la guerra civile (1861-1865) ma, ciò nonostante, ο forse per questo
appunto, l'avevano eletto Giudice di Pace durante gli anni della
Ricostruzione (1865-77), e servi da interprete ai primi emigranti.
I primi emigranti?
L'ho detto già: erano gli "schiavi bianchi". Si erano infatti
affiancati alla mano d'opera negra nelle piantagioni di cotone e
zucchero, non solo nella regione del Delta ma in tutta la valle del
Mississippi, in special modo a New Orleans, presto emergendo come
mercanti e portuali, imprenditori, pescatori, proprietari di piccoli
negozi al dettagli, venditori ambulanti di frutta e verdura e pedine
nell'ingranaggio bancario e politico-elettorale. Tutti siculi, meno Rudi!
L'ultima volta che visitai New Orleans, per una serie di letture in
occasione del centenario di quel linciaggio, con gli ausili dell'AIHA
(American Italian Historical Association) 4-6 Novembre 1990 , mi
spinsi a curiosare e chiedere in giro se, per caso, vi fossero molisani
reperibili da quelle parti. All'Hotel Monteleone, il più vecchio della
città, appena a due isolati da Bourbon Street, uno di lì mi suggerì di
spingermi fino a Baton-Rouge. Vi conosceva una famiglia Dominick,
disse. Siccome mi spiava, cercai sull'elenco telefonico, ma vi lessi
54
Quel congresso produsse l'essenziale The 1891 New Orleans Lynching and
U.S.-ltalian Relations. A Look Back, op. cit., pp. 399-407.
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Memoria di un romanzo
407
Dominique. Telefonai ugualmente. E seppi subito, dall'accento, dov'ero
capitato. Erano creoli.
Risi. Andai via. E con affetto ricordai Gian Carlo Testoni,
profondo conoscitore e divulgatore italiano di jazz , almeno dalla
seconda metà degli anni '40 in poi, quando in Italia ancora pochi ne
sapevano qualcosa, che recensendo il mio romanzo/disco Una
posizione sociale, egregiamente direi - e forse anche uno dei
pochissimi a leggerlo - menzionò il trombettista Anatie "Natty"
Dominique, nato a New Orleans nel 1896. Un negro .
55
56
In quegli anni, Gian Carlo Testoni diresse l'unico periodico italiano
completamente dedicato al jazz, Musica Jazz, avente per redattore capo Arrigo
Pollilo, storico del jazz. Con l'eccellente collaborazione di Pollilo, Giuseppe
Barazzetta, Roberto Leydi e Pino Maffei, Testoni produsse la prima importante
Enciclopedia del jazz, Milano: Messaggerie Musicali, 1954, pietra miliare per
storia, critica e referenze.
Solo nel 1960 venne pubblicato in America qualcosa comparabile al
lavoro fatto in Italia da Testoni e compagni: The Encyclopedia of Jazz, by
Leonard Feather, New York: Horizon Press, 1960. Con il merito, tra l'altro,
che il lavoro di Testoni servi anche a segnalare il crescente numero, presso di
noi, di giovani jazzisti. Io ne ricordai alcuni, tra i quali Armando Trovajoli,
Oscar Valdambrini, Nunzio Rotondo, Giulio Libano, Giampiero Boneschi,
Romano Mussolini, Franco Cerri, Carlo Pes, Roberto Nicolosi, Gilberto
Cuppini, Carlo Loffredo, Ivan Vandor [...].
Potrei continuare, ma molti si sono persi, ed altri - come Loffredo e Cerri
- ho potuto rivederli con Adriano Mazzoletti, che continua egregiamente il
lavoro di Testoni, al Primo Festival concorso di Musica Jazz "Salvatore
Massaro in arte Eddie Lang" organizzato dalla Pro-Loco di Monteroduni,
Isernia, e svoltosi nei giorni storici ormai 25-31 Agosto 1991, con dedica di
una strada a Savi Massaro, nato a Philadelphia il 28 Ottobre 1901, seconda
generazione di emigrati Molisani in America, e morto a New York il 26 Marzo
1933, definito il "padre della chitarra jazz", e indubbiamente il maggiore
compositore bianco di blues degli Anni Venti americani.
In un sensibilissimo articolo intitolato "Romanzo con musica" nella rubrica
La musica, in Visto, Milano, 17 Ottobre 1959, Gian Carlo Testoni tra l'altro
scrive: "Il personaggio legato al jazz è un vecchio italiano, emigrato a New
Orleans negli ultimi anni del secolo scorso, e ora tornato al natio paese
meridionale di Casacalenda: un nonnino che suona la tromba e si commuove ad
ascoltare Tiger Rag, High Society e St. James Infirmary. È una figura singolare
questo Antonio Dominick inventato dall'autore: che si è evidentemente
ricordato per il nome di un vecchio trombettista di New Orleans (ma era un
negro, non un italiano [...]), Nattie 'Nat' Dominique".
E Testoni mi consiglia anche due cose importanti: correggere dal mio
testo Hennessey e scrivere Hennessy; leggere il libro di Herbert Asbury, e
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Giose Rimanelli
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X. Prisco e Faulkner
Un giorno di sole freddo a Napoli, nel Novembre del 1953, il
Vomero sbadigliava verso il porto e nei miei occhi mentre me ne
andavo su e giù per quella banchina, il sacco sulle spalle, in attesa
d'imbarcarmi sulla Vulcanici, la nave degli emigranti del mio paese, con
la quale anni prima anche la mia famiglia aveva raggiunto il Nord
America, e con essa migliaia e migliaia d'altra gente, piccola, nera,
emarginata, con ceste e materassi e valigie di cartone rafforzate con lo
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spago in mano ο sulla testa, e marmocchi scodinzolanti intorno .
Impaziente aspettavo l'ora dell'imbarco, rimpiangendo allo stesso
tempo di non aver potuto salutare di persona quei pochi cortesi amici
napoletani che avevo lì: il Compagnoni, il Rea e l'Incoronato, l'uno
giornalista, dei più pungenti ed ilari, e gli altri due narratori scapigliati,
fantasiosi, del racconto . Della numerosa schiera napoletana di "punte
di diamante" nella letteratura contemporanea avevo conosciuto
(sebbene non intimamente) Giuseppe Marotta (che però viveva a
Milano), Mario Schettini (intimamente, che ugualmente viveva a
Milano), Antonio Ghirelli, col quale avevo lavorato a La Repubblica, a
Roma, nel '48, e ancora vive a Roma. Ma non avevo personalmente
conosciuto gli altri due, sebbene li amassi moltissimo per ciò che (e
come) scrivevano: Michele Prisco e Mario Pomilio .
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cercare la ballata di Bessel, The Hennessy Murder. Cose che ho fatto, da buono
studente.
Descrissi questa scena ed altre, della traversata atlantica e dell'arrivo a
destinazione, nel Nord America, in Biglietto di terza, già citato, pp. 15-41.
Luigi Incoronato (1920-1967) a me particolarmente caro: nato a Montréal,
Canada, da genitori molisani di Ururi (Campobasso), e morto suicida a Napoli.
Scrittore colto, ma volutamente di linguaggio populista in un suo
"neorealismo" inventato, lasciò un'impronta con i racconti di Morunni, Milano:
Mondadori, 1952; ristampato, con una Prefazione di Michele Prisco, Isernia:
Cosmo Marinelli Editore, 1988. Vedi anche Giambattista Faralli, Antologia
delle opere narrative di Luigi Incoronato, Isernia: Cosmo Marinelli Editore,
1986.
In quell'epoca mi pareva che la vocazione al racconto fosse quasi
esclusivamente patrimonio napoletano, e Prisco, che era stato destinato al foro
invece che alle lettere, mi raggiunse nell'intimo con una raccolta dal titolo
emblematico, analitico di La provincia addormentata, Milano: Mondadori,
1949. Quando poi lessi il suo primo romanzo, Gli eredi del vento, Milano:
Mondadori, 1950, mi accorsi che mi trovavo di fronte a uno scrittore dal
grande respiro, che privilegia psicologia e mistero e, implicitamente, la storia:
qualità che io corteggiavo a quel tempo.
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Memoria di un romanzo
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Poi, ecco, scorsi giù giù in fondo al breve selciato della banchina aguzzando gli occhi già molto miopi - un giovane dal bel sorriso,
pienotto, delicato di carnagione che a passi distratti, come se
passeggiasse, mi si avvicinò e, ancora senza parlare, mi depositò un
libro nelle mani.
"Lo leggerai in viaggio", disse.
Era Michele Prisco. Ci conoscevamo di nome. Io avevo letto lui e
lui me, evidentemente, quel mio primo romanzo, uscito a Marzo
quell'anno. E poiché gli avevo telefonato, come avevo fatto con gli
altri, lui s'era reso disponibile. Solo i francesi sanno fare queste cose:
sempre disponibili per la letteratura e le persone che la praticano. E fra
gl'italiani Prisco era, evidentemente, una di quelle persone.
"Grazie," e volevo aggiungere, "d'essere venuto".
Lui scosse la testa e sorrise, quasi con timidezza. Forse aveva
inteso per il regalo di buon viaggio, chi sa? Scartai comunque il dono.
Ed ecco l'altra sorpresa: Non frugare nella polvere, di William
Faulkner, appena uscito in Italia. Fu così che mi girai verso l'acqua, col
libro davanti agli occhi, per non farmi vedere. Appunto perché non
m'aspettavo nulla.
A quel tempo Faulkner - e Prisco non poteva saperlo - era il
"mio" autore! Charles Mallison, il protagonista del romanzo, cerca di
vincere quel suo innato orgoglio d'esser bianco, di razza bianca, un
fortunato quindi, un privilegiato per cultura e soldi su quell'altro da sé,
l'intrattabile ex schiavo, il negro, che però lui vorrebbe ora aiutare per
auto-assolversi, per intimamente riscattarsi ai suoi propri occhi - uno
strano neo-umanesimo, tutto suo del resto - e così vincere
quell'ereditato antico rimorso: privilegi razziali, arroganza di potere.
Mario Pomilio (1921-1990), che mi venne presentato da un suo maestro,
Luigi Russo, nei suoi ultimi anni mi fu piacevole e pensoso compagno. Il mio
sperimentalismo letterario (almeno dagli Anni Sessanta in poi, quelli cioè
dell'espatrio definitivo) sebbene ben diverso da quello esercitato dalla cosidetta
"neoavanguardia" lo turbava un poco. Le mie poesie e, in special modo, il
romanzo Graffiti lo lasciavano del tutto disorientato dietro una porta che, del
resto, lui non aveva nessuna voglia di aprire. Un manzoniano senza curiosità.
Ma l'esperienza reciproca di educatori smussò quei possibili contrasti di
abbrivio etico e linguistico nel nostro lavoro di scrittori. Fu lieto, infatti, di
presentare alla cittadinanza di Termoli, in quel Molise mio e del suo amico
Incoronato, le minimemorie Molise Molise, e da quel momento continuammo a
parlarci per via transatlantica, per telefono e con epistole, fin quando la sua
bocca non riuscì più a parlare.
Giose Rimanelli
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Quando lessi il libro su quella nave che mi portava lontano, sorrisi
con gratitudine a Michele Prisco. Io non sono bianco, io non sono
negro di me pensai, appoggiato alla ringhiera del ponte della nave,
guardando lontano. Sono solo uno che vuol conoscere e conoscersi. Ma
Charles Mallison, che Prisco mi presentò, mi suggerì anche che è
possibile esser umili, e fare qualcosa d'utile per gli altri. Non
esattamente un contratto religioso, ma qualcosa che vale, sì. E in
questo modo Prisco mi accompagnò per tutto il viaggio.
Chiese: "Perché te ne vai?"
Lui sapeva tutto di quel porto e di quelle navi. Navi che andavano
verso l'America ricca, navi che andavano vero l'America povera. E dei
poeti che avevano articolato, con lacrime e sorrisi, quelle partenze: Di
Giacomo, Ferdinando Russo, Raffaele Viviani. Sapeva tutto. Scrollai
perciò le spalle.
"Devo accertarmi che fine hanno fatto certi miei personaggi, tre
donne, una delle quali muta, imbarcatesi su questa stessa nave per il
Nord America [...]."
Prisco mi guardò perplesso, con un interrogativo benevolo ma
riconoscibile fra le sue sopracciglia.
"Della tua famiglia?"
"In un certo senso, sì. Si tratta di un romanzo che uscirà l'anno
prossimo". E aggiunsi: "Ho poi con me l'abbozzo di un'altra storia,
solo che per quella devo fare ricerche e ricerche".
"Storiche?"
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Il romanzo è Peccato originale, già citato, uscito nel Settembre del 1954, in
occasione del quale tornai in Italia dall'America per esser subito aggredito, e
con una ferocia inconcepibile alla buona critica, da Carlo Salinari (1909-1977),
responsabile della politica culturale del PCI per gli anni 1951-1955 il quale,
con Mario Alicata (1918-1966), stava in quegli anni trasformando la critica
militante (lui ci indicò a maestro De Sanctis, e andava benissimo) in uno
strumento di "battaglia politica e culturale": solo che lui, questa, la conduceva
da Botteghe Oscure.
Vedi "Un peccato originale?" in Il Contemporaneo Roma, 13 Novembre
1954, con il quale Salinari discute (da Medaglia d'Oro della Resistenza)
dell'"immaturo e ingiustificato rifiuto finale del fascismo" in Tiro al piccione,
(comodamente ignorando che Marco Laudato non era stato, come lui e Alicata,
educato alla GIL e ai Littoriali, perché era in seminario) e del "mondo fermo,
primitivo e violento che fu una scoperta dei nostri veristi alla fine
dell'Ottocento" di Peccato originale, da lui quindi ritenuto "letterario" e non
"reale", "perché la sua ispirazione è, in fondo, letteraria e non deriva dalla
realtà delle cose [...]". Mi negava tutto dal suo altare politico [...] per
accrescermi l'infelicità di vivere.
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Memoria di un romanzo
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"Devo sapere da dove viene mia madre".
Lo guardai, e subito mi accorsi ch'era tardi, dovevo partire.
"Scrivimi, tienimi al corrente", disse lui piano, con voce affabile,
sbirciando ora me, ora il mare. Seguii il suo sguardo e mi ricordai che
non sapevo nuotare. E se questa Vulcania, solo per caso, dico per dire,
tipo Titanic [...]! Ma scacciai subito il pensiero, stropicciandomi un
occhio, quello che vede di meno. Tutti i contadini non amano il mare.
Eppure hanno affrontato il mare, come gli Argonauti. Che c'entra il
fato?
E ci salutammo.
Non credo che ci fossimo più visti (o ci siamo visti - per un
secondo - al suo "Strega" del '66?), ma ho continuato a leggerlo,
sempre ricordando con un caldo sepolto amore quel giorno di freddo
sole al molo di Napoli che, guarda oracolo, doveva segnare l'inizio
dell'esilio ma anche della mia maturità di scrittore in un mondo assai
più vasto dell'esilio.
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GIOSE RIMANELLI
Jacksonville, Florida
Pasqua, 16 Aprile 1995
Che trovai, credo, proprio con Una posizione sociale, e dopo essere passato
attraverso il trauma "migratorio" da una parte, e quello "critico/letterario"
dall'altra con Peccato originale e Biglietto di terza: trittico dell'emigrazione
che chiude anche la mia stagione italiana. A oltre quarant'anni di distanza dal
mio debutto letterario, Giacinto Spagnoletti riassume, con brevità e acume, la
mia presenza nelle lettere italiane con la sua recente Storia della letteratura
italiana del Novecento, Roma: Grandi Tascabili Economici Newton, 1994, pp.
856-57, 869-70. Solo il suo giudizio su Tiro al piccione racchiude, in capsula,
tutto un destino. Per infine concludere, "C'è da riflettere, tuttavia, sul fatto che
Rimanelli da oltre trentadue anni vive negli USA, dove insegna in una
università. La sua produzione, oltre quella italiana anteriore all'espatrio,
andrebbe riscoperta". E poi vero che il letto lo trovi come te lo rifai al mattino?
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