La storia

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NICOTERA
La storia
F austo
Vincenzo
Sorace
(1769-1831) primo cultore della
storia locale, sostiene che
Nicotera traeva le sue origini da
una grande città della Magna
Grecia, chiamata da Strabone
“Medma” che sorgeva nei pressi
del fiume Mesima. La trasformazione del nome è da attribuirsi o alla battaglia navale dei
Romani sui Cartaginesi combattuta e vinta nelle nostre acque o
alla conversione del popolo
Medameo alla fede cattolica ad
opera della predicazione apostolica. In tal contesto secondo
la tradizione orale si colloca nel
’65 l’istituzione della Diocesi.
Nell’itinerario di Antonio Pio,
Nicotera è ricordata come
“Statio mansio” sia marittima
che terrestre, mentre compare
come centro di Diocesi nei registri di Papa S. Gregorio Magno
(592-603) e si ha menzione di
essa negli atti del concilio di
Nicea del 787.
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La costa
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Nicotera in un'antica stampa del Pacihelli
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Mussulmani,
procedendo
nell’opera di conquista dell’Italia
meridionale, la distruggono nel
X sec.; in quell’occasione il suo
Vescovo, il Beato Cesareo, rifiutandosi di rinnegare la propria
fede, subisce un glorioso martirio. La città fu ricostruita nel
1065, per la terza volta, da
Roberto il Guiscardo, che aveva
fissato la sua capitale nella vicina contea di Mileto, spostandola più a Nord e ripopolandola
con gli abitanti di Policastro,
ritenendo il suo territorio un
sicuro approdo marittimo, di col-
Torre di S. Antonio detta "di Joppolo"
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legamento alla vicina Sicilia. Fu
nuovamente distrutta, e successivamente ricostruita, sempre
sul sito scelto da Roberto
D’Altavilla, che la riedifica applicando le rigide regole artistico architettonico - ambientali tipiche dei normanni: castello e
cattedrale sono il posto di partenza delle strade che costituiscono l’ossatura viaria dei quartieri, mentre intorno ad essi si
innalzano poderose mura, interrotte dalle porte di ingresso strategicamente determinate dalla
natura dei luoghi.
Così ricostruita viene distrutta
nel 1074 dai Saraceni D’Africa
guidati da Re Tamin. Ancora nel
1085 fu distrutta dalle truppe di
Benevert, a cui fu seguita la
nuova ricostruzione del conte
Ruggero, che stabilisce la
“Domus Regia” e i “Praedia
Regis”, con il titolo di città regia.
E’ attaccata e ancora distrutta
da parte degli Almoravidi guidati
da Ibn-Mai Mun, nel secolo successivo. E’ il figlio di Ruggero II
a ricostruirla nel 1122.
All’avvento del nuovo Regno di
Sicilia, nel contesto delle disposizioni emanate da Carlo I
D’Angiò, la città subisce una
prima trasformazione dello stile
architettonico, pur mantenendo
l’impianto originario e lo schema
delle sette porte.
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Veduta mare dalla torre detta "di
Joppolo".
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Federico II le prime trasformazioni secondo lo stile Svevo,
che anche se simile a quello
normanno ha una propria diversità in specie nelle torri laterali
quasi sempre di forma quadrilatera. Fu ampliato e fortificato.
I D’Angiò costruirono due torri
costiere, una in località “Agnone”
detta “L’Agnone” i cui ruderi
sono ancora visibili e l’altra in
località “Provenzana” detta “S.
Antonio”.
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Torre di S. Antonio detta "di Joppolo".
La
cinquecentesca
torre,
detta
comunemente "di Joppolo", è stata
costruita su di uno sperone roccioso
all'estremo lembo del territorio di
nicotera, al tempo del viceregno. Questa
torre, faceva parte del sistema difensivo
predisposto su tutta la costa calabrese,
serviva, in questo caso, a comunicare
con l'altra situata in località Parnaso
che, a sua volta, inviava, dall'alto,
segnali luminosi, all'altra di S. Maria
dell'Agnone.
Roberto il Guiscardo, nella ricostruzione di Nicotera, come per
le precedenti città, aveva costruito sette porte, ciascuna con una
precisa denominazione:
Porta Grande, “la più grande e
importante”, situata a est sul
limite del Balium e del
Barbacane, dal borgo al porto
verso
Reggio
Calabria.
Ricostruita dai D’Angiò secondo
canoni stilistici simili al Maschio
Angioino di Napoli, fu distrutta
Castello dei Ruffo.
Il castello, in origine normanno,
che aveva ospitato: Papa
Urbano II nel 1091, il Santo
Vescovo di Tolosa, Ludovico
D’Angiò, al seguito del padre
durante la campagna contro gli
Aragonesi,
subisce
sotto
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La Cattedrale.
Cattedrale: bassorilievo marmoreo (sec.
XI) raffigurante la consacrazione del
primo vescovo di Nicotera. Anno 65
d.C.
dal terremoto nel 1783, definitivamente cancellata ogni traccia
nel XIX sec. per far posto al
quartiere di Porta Grande.
Porta Prisca o “da Basso”
(Vulgaris Boaria), la più antica
e di epoca normanna, conduceva dalla piazza Da Basso (del
Popolo) nelle campagne circostanti e usata principalmente da
contadini che si recavano nei
campi.
Porta Palmentieri (marina seu
Palmaria) l’unica oggi rimasta,
della quale si ricorda il passaggio, di quella esistente in epoca
romana, del S. Stefano Niceno
nell’anno ’65 per la nomina di
Niceforo, primo Vescovo della
città.
Porta piccola (minima seu
molitorum) ubicata nelle vicinanze del Monastero di Santa
Chiara in posizione Ovest, conduceva ai mulini fuori le mura.
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Porta di Joppolo (Joppulensis
calamacia) prendeva nome da
una stradina ancora percorribile
che raggiungeva la collina dei
calamaci, “l’antico Parnaso dei
Medmei”.
Porta S. Caterina, vicino al
Castello e al Convento dei Padri
Celestini, definita anche Sacra
o Castrensis, era la più protetta
e la più fortificata.
Porta Foschea denominata
anche nel corso dei secoli “olearia - vinaria - proditoria e falsa”,
perché durante l’incursione
turca del 1638, lasciata incautamente aperta dal mastro giurato
Maurizio Cesareo, erano passati gli invasori guidati dal rinnegato
Capria
o
Capria
Giannandrea.
Durante il regno di Federico II,
la città di Nicotera ospita per la
prima volta gli Ebrei, ai quali è
affidata l’attività creditizia; il loro
quartiere la Giudecca fu fatto
costruire all’ombra del Castello
e della Cattedrale, dove è ancora visibile, nonostante le immancabili trasformazioni.
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Questa deliziosa vecchietta nel costume
tipico locale, mentre transita per la
Porta Palmemtieri, che è l'unica rimasta
dell'intera cinta muraria e delle
originarie sette porte fatte costruire da
Roberto il Guiscardo nel 1605. Era
anche detta "Palmaria" in ricordo di
quella esistente nella Città romana,
attraverso la quale era passato S.
Stefano Niceno, quando vi giunse per
ordinare, Niceforo, primo vescovo della
città.
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Fontana dei monaci - Particolare di uno
dei due mascheroni. L'insieme è uno
stupendo manufatto in pietra granitica
locale degli inizi del XVIII sec., costruita
nel giardino del vicino convento
dell'Annunziata, di proprietà dei Monaci,
da quì la denominazione di "fontana dei
Monaci", opera artigianale di una folta
schiera di lapicida calabresi, che un pò
dovunque hanno lasciato significativi
capolavori d'arte.
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L’insediamento di questa nuova
comunità, modificò anche la
struttura del tessuto urbano:
furono costruiti nuovi edifici
intorno alla Cattedrale i cui
reperti esistenti ne ricordano
l’origine normanna e lo stile
delle più famose chiese di Puglia
e di Sicilia e la chiesa di S.
Nicola, fuori le mura, voluta dai
Gabrielli, giunti al seguito di
Ruggero, situata nei pressi della
Porta Grande, a navata unica
con cimitero dove in seguito
venivano sepolti gli abitanti di
classe “succida” e “vetturali”.
Sul finire del XIII sec., sorge la
chiesa di S. Andrea dei Civili
(1275) con annesso ospedale,
dove si dava assistenza ai pellegrini e agli infermi; rimase aperta
al culto fino alla seconda metà
del XVIII sec., quando fu venduta dalla cassa ecclesiastica.
Si ha soltanto notizia di altre due
chiese fuori le mura: di S.
Barbara e di S. Salvatore, mentre quella di S. Sebastiano a
navata unica con cimitero e
ospedale, sorge nel quartiere
Palmentieri.
Nel XIV sec., dentro le mura, si
costruirono due monasteri: dei
Padri Celestini (o di S. Caterina)
e delle Clarisse; il primo fu fondato dalla nobile Margherita
Pellizza nel 1386, lasciando i
suoi averi all’Ordine dei Celestini
con atto pubblico in remissione
dei suoi peccati, con l’obbligo di
vedersi erigere nelle sue case
un priorato. Anche il di lei marito
Goffredo Ursoleone seguì il suo
esempio.
Per il Monastero delle Clarisse
invece si hanno poche notizie.
Nel 1308 viene costruito il convento di Santa Maria delle
Grazie
abitato
dai
Padri
Conventuali, che già si trovano
in città nel Convento di San
Francesco d’Assisi.
Nel 1459 il convento passa ai
minori dell’Osservanza per
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Chiesa del Rosario
opera del Beato Paolo da
Sinopoli; i Padri vi rimangono
fino al 1783, quando il Cenobio
viene distrutto dal terribile terremoto. Rimangono ruderi di mura
perimetrali e gallerie, oltre ad
una probabile esistenza di sotterranei, mentre dei suoi tesori
si può ammirare il Cristo (modellato nel 1508 dal siciliano Colella
di Jacopo, “in mistura”) e la statua marmorea del Gagini di S.
Maria delle Grazie, trasferiti in
Cattedrale; alcuni pezzi di
argenteria sono sistemati nel
Museo Diocesano di Arte
Sacra.
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Museo Diocesano di Arte Sacra_
Croccifisso del XVI sec. modellato nel
1508 dal siciliano Colella di Jacopo, in
"mistura"; per secoli si ritiene che fosse
stato scolpito su legno, da un frate
minore dell'Osservanza.
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Il Castello normanno - svevo angioino - aragonese posto più
a Est di quello attuale, aveva il
suo ingresso principale nel
grande “spiazzo di S. Caterina”,
con alle spalle il Balium e a est
il Barbacane e la Porta Grande.
Di forma quadrilatere e ampie
terrazze, occupava parte del
rione Baglio, Corso Umberto I e
l’attuale Castello. Di questo
grande edificio rimane solo la
cisterna, nella via omonima, originariamente posta sotto il torrione laterale e attualmente
sotto il palazzo ex Montalto.
Sul finire del 1500 furono fondati due Monasteri (per lascito del
Canonico
Antonio
Rocca):
L’annunziata
per
i
Padri
Domenicani e San Francesco di
Paola per i Padri Minimi, di questo periodo è anche la piccola
pieve di S. Maria della Scala
(patronato famiglia Anzalone e
Porta) sulla collina omonima.
Nicotera era suddivisa in cinque
quartieri: Baglio – Porta Grande
– Giudecca – S. Chiara e
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Chiesa di S. Francesco.
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Palmentieri, fuori le mura il
Borgo abitato dalla plebe.
Il diritto di asilo nei sacri
Conventi, viene per la prima
volta regolato dal Vescovo
Ottaviano Capece, per porre
fine al dilagare di una ormai
consolidata consuetudine. La
città, nel 19 maggio del 1638,
subisce l’ultimo assalto da parte
dei Turchi, giunti in grande forza
con 16 galere e 2 galeoni.
Sul finire del XVIII sec. La situazione politica locale è scossa
dalle nuove idee liberali.
Durante il regno del Re
Gioacchino Murat, Nicotera è
un centro di operazioni militari,
alloggia ufficiali in tutte le case
private, mentre le truppe sono
ospitate in luoghi sparsi, nel
castello, nel Monastero di S.
Chiara, nel Convento di San
Francesco di Paola e nell’ospizio dell’Annunziata.
Il re giunse in città il 10 maggio
del 1809, fu ospite in casa di
Giuseppe Cipriani e assistente
in Cattedrale al Pontificiale celebrato dal Vescovo Marra per la
solennità dell’Ascensione. Il
Murat in segno di riconoscenza
per l’accoglienza ricevuta, assegnò alla chiesa tutti i beni del
soppresso Convento dei Paolotti
con regio decreto in data 12
maggio 1809, concedendo altre
trenta once di oro per l’ultimazione della chiesetta di S. Maria
della Scala.
Il 26 agosto del 1860, anche
Nicotera ha il gradito piacere di
ospitare
l’eroe
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Cattedrale-Statua marmorea di A.Gagini
"S.Maria delle Grazie"
Garibaldi, il cui arrivo era stato
possibile grazie alle “novelle
dottrine” professate e proclamate da un folto gruppo di intellettuali che si erano formati a
Napoli, e, qui riprese nel salotto
letterario – storico – politico
avente sede nella casa di Bruni
Vinci,
futuro
deputato
al
Parlamento Nazionale.
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Porta Prisca
– Di questa
porta rimangono pochi
ruderi; era la
più
antica,
edificata
sempre
al
tempo
dei
normanni e
veniva usata
dal "volgo"
per andare in
campagna.
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Immerse in un mare di tetti vi figurano le due chiese: a sinistra, di Gesù e Maria e a
destra di S. Giuseppe, già S.Sebastiano sec. XVI. La prima, costruita nel 1642, è
l'unico monumento rimasto di età barocco locale, un edificio ancora inedito e tutto
da scoprire. La seconda, è il tempio architettonicamente più interessante della
città, il cui impianto tipologico è costituito dalla rotazione di cinque cerchi, la
cupola è costolata, le volte sono a botte e a crocera. Il rifacimento interno è della
fine del XVIII sec., dalle marcate analogie con l'opera artistica di E. Sintes, al quale
si devono anche il restauro della Cattedrale e del Castello dopo il sisma del 1783.
Originariamente dedicata a S. Sebastiano, fu elevata a parrocchia nel 1850; al suo
interno, il monumentale e pregevole altare in marmo, a tarsie policrome del XVI
sec. singolare l'inedita fossa tombale "a gocciolatoio", posta, però, in proprietà
privata.
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Uno dei pochi ruderi dei molti mulini ad
acqua per la macina del grano. Queste
preziose fabbriche costruite nel XVII
sec., fino a pochi decenni fa, hanno
svolto un ruolo determinante per
l'economia locale. Originariamente se
ne contavano ventidue, che dalla
località Britto, terminavano alla Marina.
Accanto alla "saijtta" vi era annessa
anche la casa per il "mulinaro". Questi
manufatti, per il loro funzionamento,
sfruttavano tutti la stessa acqua che a
turno veniva ad essi erogata.
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Via Brubo Vinci. E' la sola strada del
quartiere settecentesco di S. Caterina,
rimasta integra, con l'acciottolato di cui
è pavimentata, con le guide in granito
grigio per i carri e le carrozze.
Scorcio di una parte dell'interessante quartiere "La Giudecca", abitato un tempo,
dagli Ebrei, per i quali era stato costruito da Federico II, che concesse loro la facoltà
di risiedere nel suo regno, in quanto vi svolgevano l'attività creditizia cittadina e
Nicotera, città regia e demaniale, fu la prima ad ospitarli. E' un intricato labirinto di
viuzze e "cafi", il cui assetto originario, è rimasto, fortunatamente integro,
nonostante alcuni stravolgimenti urbanistici.
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