Giacca e Cravatta

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Giacca e Cravatta
Giacca e cravatta
By Nigel Ford
Translated by Giulia Bastianelli
Verso la fine dell’anno non c’erano molte
sedie a sdraio sulla spiaggia e di quelle presenti ne
era rimasta soltanto la logora struttura: assi di legno scuro e brandelli di stoffa che sbattevano contro
il cielo.
“Hai pagato il biglietto?” chiese una voce dietro di lui.
Marek si voltò; “Bill Tomlinson. Che sorpresa!”
Bill Tomlinson era il responsabile della spiaggia e faceva parte del Consiglio comunale.
“Chi ha messo queste sdraio qui fuori? Lei hai prese tu? In questo periodo dell’anno non dovrebbero
esserci. Dalle mie parti si chiama rubare e tu potresti esserti messo in bel guaio. Solo perché sei
vestito elegante e potresti essere un signore non significa che puoi fare come ti pare”.
“Buongiorno” disse Marek, “e buona giornata anche a te. Le sdraio sono state dimenticate qui fuori”.
“Marek, quasi non ti riconoscevo vestito così. Che ci fai qui fannullone? Dove l’hai presa quella
giacca? Scommetto che è caduta da un camion.”
Bill si sedette su una sdraio accanto a lui. Il rumore di uno strappo. La stoffa della sdraio si ruppe
sotto il suo peso e Bill finì col sedere sulla ghiaia, fredda e umida.
“Non ho intenzione di accumulare proprietà” disse Marek, “assolutamente no. A che serve? Dico io,
che senso ha? Aveva ragione quel francese: ‘La proprietà è un furto”. Saggio. Chi ne ha bisogno?”
“Il furto è una proprietà” disse Bill, “chi trova qualcosa se la tiene. Che bella giacca!”.
“E comunque” fece Marek, “a che serve?”
Rimasero in silenzio a guardare quel mare possente che sollevava le sue spalle grigio scure sotto un
cielo di porcellana a ottobre.
“Sembra quasi che si sia messo una giacca per il freddo che verrà” disse Bill.
“A proposito di giacche…” disse Marek e gli raccontò una storia su quella pungente spiaggia di sassi
nella rigida aria d’autunno.
Un mese prima Bill Tomlinson gli aveva dato un consiglio. Marek si alzava costantemente presto e
aveva confidato a Bill che trovava piacevoli soltanto le prime ore del mattino.
Al che Bill aveva risposto: “Marek, mi chiedo se non sia il caso che tu ti trovi un lavoro. Dopo tutto,
cosa fai dopo la prime ore del mattino? Te ne vai in giro con la mente vuota e assente, per
riempirtela di spazzatura. Rimuginare troppo fa male.”
Era il giorno dopo l’osservazione di Bill. Una fessura tra le tende. La promessa di luce lo fece
balzare giù dal letto. Mise su l’acqua e si fece un thè. Spalancò le tende e guardò fuori quel suo
privato mondo mattutino, l’unico a essere in piedi. Robert, il gabbiano che di solito si posava sul
davanzale della sua finestra, sembrava essere migrato.
Poteva uscire e camminare su e giù per tutta la strada in quell’umida aria pungente, senza incontrare
anima viva. Poteva essere il primo a lasciare impronte sulla pesante rugiada d’autunno. Ma aveva
deciso di ascoltare il consiglio di Bill Tomlinson. Era passato dall’Ufficio di collocamento per
vedere cosa offrivano, qualcosa che potesse riempirgli il resto della giornata per i giorni a venire.
Il tizio allo sportello dava l’idea di uno non propriamente ben informato mentre si grattava la barba
ispida all’angolo sinistro della bocca. Aveva lo sguardo fisso, impassibile mentre diceva che, con
l’inverno alle porte, quello alla Patently & Friends Authentic Insurance plc. è un lavoro di tutto
riposo. Un uomo con le tue qualifiche. Non ce ne sono tanti in giro. Un gioco da ragazzi. E ricorda di
metterti una camicia pulita e una cravatta.
Come convenuto era andato agli uffici della Patently & Friends Authentic Insurance plc. Il capo
ufficio che gli fece il colloquio gli disse che sarebbe dovuto venire in giacca e cravatta. E quando
Marek gli rispose spiegandogli la sua difficile situazione finanziaria, senza indugio gli fu dato un
anticipo sullo stipendio.
“Una volta dietro alla scrivania, puoi toglierti la giacca e persino allentare la cravatta, ma devi
metterti un completo per lavorare. È la politica aziendale, vecchio mio, politica aziendale. Un tantino
antiquato, lo so, ma è così. Sono le regole della casa madre. Lo so che sono stranieri, ma che vuoi
farci? E tagliati i capelli.”
“Di fatto non mi importa se non ti rivedrò mai più”, continuò il capo ufficio offrendogli un assegno
di duecento sterline per comprarsi un abito e tagliarsi i capelli, “non sono soldi miei. Puoi toglierti
dalle palle e non tornare mai più se vuoi. Spenditeli tutti in alcol e droga, perché no? Non sono affari
miei.”
“Caspita” fece Bill piegandosi in avanti sulla sua sdraio sfondata. “Che culo!”
“E non hai ancora sentito il meglio” disse Marek e poi rimase in silenzio.
Quel silenzio durò troppo e Bill disse “su, vai avanti, raccontami cosa è successo dopo.”
“Abbi pazienza” fece Marek, “mi dilungo un po’. Mi piace dilungarmi sulle parti migliori, non
voglio che la vita mi passi in un baleno. Mi piace tornare indietro e rivivere i punti salienti.” Rimase
di nuovo in silenzio. Bill si mise a tirare sassi in mare.
“E insomma” riprese Marek.
Bill allora smise di tirare sassi in mare e si chinò in avanti sul bordo della sdraio, con le mani strette
dietro le ginocchia. Era tutto orecchie. Si udì un verso roco e poi il tonfo di una cacata di gabbiano,
localmente nota come “spruzzata” , che colpì la ghiaia accanto alla sua scarpa destra, ma fece finta
di niente.
“C’è mancato poco” disse Marek.
“Cos’è successo dopo?” chiese Bill.
“Mi sono comprato un bel completo” disse Marek. “Classico. In mohair grigio argento, tre pezzi,
tasche oblique, niente spacchi, non troppo formale, solo tre bottoni sul polsino, e risvolti. Sembravo
proprio un signore.”
“Ma dai, bello!” fece Bill. “Mi posso immaginare che un abito del genere ti stia benissimo! Ma
certo! Ce l’hai addosso! Che stupido sono!”
“Era buffo” disse Marek, “mi faceva sentire estremamente raffinato, un moto d’orgoglio nella mia
testa mi faceva camminare col naso all’insù, migliorò la mia postura. E in ogni caso quella mattina
me l’ero anche pulito il naso.”
“Cos’è successo dopo?” chiese impaziente Bill.
“Le cose non sono andate bene” replicò Marek. “Il personale dell’ufficio si è rifiutato di parlarmi e
proprio prima di pranzo il capo mi ha chiamato nel suo ufficio.”
“Ah, questo sì che è un bel completo” mi fece. “Non mi dispiacerebbe uno così anche per me. Per le
grandi occasioni, anniversari, Natale, Capodanno, compleanni importanti, eventi ufficiali. Purtroppo
non puoi restare. Il tuo completo non va bene qui, per niente. Stai suscitando agitazione e malcontento
tra il personale.”
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“No dico, ma è ingiusto” disse Bill. “Non può averlo fatto sul serio.”
“Mi hanno pagato tre mesi di stipendio per il mancato preavviso” disse Marek. “Perciò, da un punto
di vista economico, si potrebbe anche dire che è andata piuttosto bene.”
“Ma sei rimasto senza niente con cui riempire le tue giornate” protestò Bill.
“Ho pur sempre il mio abito” disse Marek, “ci posso fare comunque un sacco di cose. Come usare i
servizi degli alberghi eleganti, dei ristoranti costosi e delle sale d’attesa degli aeroporti. Oppure
stare tutta la notte seduto sotto la pensilina della fermata dell’autobus senza che un poliziotto mi
faccia sloggiare, e altro ancora.”
“Non durerà per sempre però, vero?” fece Bill. “Gli spacchi potrebbero tornare di moda e i risvolti
potrebbero non essere più di rigore.”
“Per questo esistono le forbici” disse Marek.
“Molte di queste sdraio sono in cattivo stato” disse Bill, “bisogna che qualcuno se ne occupi. Non
dovrebbero essere lasciate qui fuori alle intemperie. È una vergogna, sono pezzi così belli, qualcuno
antico. Sai cosa ti dico? Potresti avere un lavoro fuori stagione, se ti va. Non posso pagarti granché,
ma è meglio di niente.”
“Potrebbe essere interessante” disse Marek.
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Whoopsie nell’originale.
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