Rapporto annuale 2011 - amnesty :: Rapporto annuale

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E AFRICA DEL NORD
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DUEMILA
TUNISIA
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RAPPORTO 2011
“Your son is not here”, Disappearances from Syria’s Saydnaya Military Prison (MDE
24/012/2010)
TUNISIA
REPUBBLICA TUNISINA
Capo di stato: Zine El ‘Abidine Ben ‘Ali
Capo del governo: Mohamed Ghannouchi
Pena di morte: abolizionista de facto
Popolazione: 10,4 milioni
Aspettativa di vita: 74,3 anni
Mortalità infantile sotto i 5 anni (m/f): 24/21‰
Alfabetizzazione adulti: 78%
Le autorità hanno mantenuto le rigide restrizioni alla libertà di espressione, associazione
e riunione e coloro che criticavano il governo hanno continuato a essere vittime di vessazioni, minacce e carcerazioni. Anche ex prigionieri politici hanno subito molestie e intimidazioni e sono stati sottoposti a restrizioni. Sono pervenute notizie di tortura e altri
maltrattamenti nelle stazioni di polizia e nelle carceri. Persone perseguite ai sensi della
legislazione antiterrorismo sono state condannate a lunghe pene detentive al termine di
processi iniqui. Sono state emesse nuove condanne a morte ma il governo ha mantenuto
una moratoria sulle esecuzioni.
CONTESTO
L’art. 61 bis del codice penale è stato emendato a giugno per rendere reato punibile fino a
20 anni di carcere il “contattare direttamente o indirettamente agenti di un paese straniero,
di un’istituzione o organizzazione estera, al fine di incoraggiarli a influenzare gli interessi
vitali della Tunisia e della sua sicurezza economica”. L’emendamento è stato apportato un
mese dopo che attivisti per i diritti umani tunisini avevano incontrato funzionari dell’Eu e
parlamentari spagnoli e belgi, per esortare l’Eu a fare pressione sul governo tunisino affinché
adempisse ai propri obblighi internazionali in materia di diritti umani, nel contesto dei negoziati sullo “status avanzato” delle relazioni della Tunisia con l’Eu. È parso che questa
nuova legislazione intendesse criminalizzare e scoraggiare l’attività di lobby da parte di altri
stati e istituzioni multilaterali a sostegno dei diritti umani in Tunisia.
A giugno, il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia ha pubblicato le proprie
osservazioni sui diritti dell’infanzia in Tunisia, sottolineando la necessità di emendare il
codice penale al fine di vietare ogni forma di punizione corporale nei confronti di minori,
atto che continuava a essere legale all’interno della famiglia e negli istituti di assistenza
sociale alternativa.
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PROTESTE ANTIGOVERNATIVE
Le proteste antigovernative sono scoppiate a seguito dell’immolazione di Mohamed Bouazizi, di 24 anni, avvenuta il 17 dicembre nella città di Sidi Bouzid, in un gesto disperato di protesta dopo che un ufficiale locale gli aveva impedito di vendere verdure e,
secondo le accuse, lo aveva aggredito. Le forze di sicurezza hanno fatto un uso eccessivo
della forza, incluso l’uso di munizioni, per disperdere le proteste che erano in larga parte
pacifiche. Almeno due persone sono state uccise. Molte altre sono state ferite da colpi
d’arma da fuoco, proiettili di gomma, gas lacrimogeni o nel corso di pestaggi. Alla fine
dell’anno, le proteste erano ancora in corso e dilagavano in tutto il paese.
Mohamed Ammari e Chaouki Belhoussine El Hadri sono stati uccisi da colpi d’arma da fuoco dalle forze di
sicurezza durante la protesta del 24 dicembre a Manzel Bouzayane, una piccola cittadina nella provincia
di Sidi Bouzid.
LIBERTÀ DI ESPRESSIONE E RIUNIONE
Le autorità hanno mantenuto uno stretto controllo sui mezzi di informazione e su Internet.
Coloro che criticavano apertamente il governo o mettevano in luce le sue violazioni dei
diritti umani hanno continuato a subire vessazioni, sono stati posti sotto stretta sorveglianza, perseguiti ingiustificatamente e aggrediti fisicamente. Organizzazioni per i diritti
umani indipendenti hanno incontrato difficoltà nell’organizzare eventi pubblici, nell’affittare locali per tali iniziative o queste ultimi si sono svolte con una pesante presenza
delle forze di sicurezza.
Fahem Boukadous, un giornalista, e Hassan Ben Abdallah, un laureato disoccupato, stavano scontando
entrambi una condanna a quattro anni di carcere nella prigione di Gafsa, per la loro presunta partecipazione
alle proteste popolari del 2008 contro la disoccupazione e il carovita nella provincia di Gafsa, Tunisia sudoccidentale. Fahem Boukadous è stato inoltre giudicato colpevole di “diffusione di informazioni in grado
di turbare l’ordine pubblico”, per aver svolto servizi giornalistici sulle proteste per conto di un canale televisivo privato. Entrambi sono stati condannati al termine di processi iniqui. Essi erano stati inizialmente
processati e condannati in contumacia nel 2008 ma sono stati processati nuovamente a gennaio e marzo,
dopo che avevano richiesto un nuovo procedimento. Tra ottobre e novembre, Fahem Boukadous ha portato
avanti uno sciopero della fame per 39 giorni, per protestare contro la sua carcerazione e le dure condizioni;
lo ha interrotto solo dopo che le autorità della prigione sono intervenute per migliorare le sue condizioni
carcerarie.
A marzo, le autorità hanno impedito a giornalisti e attivisti per i diritti umani di partecipare a conferenze stampa
a Tunisi alle quali l’Associazione internazionale di sostegno ai prigionieri politici e Human Rights Watch avevano
in programma di presentare rapporti distinti sulle vessazioni di ex prigionieri politici in Tunisia.
RESTRIZIONI A EX PRIGIONIERI POLITICI
Molti ex prigionieri politici hanno continuato a essere sottoposti a ordinanze amministraRapporto annuale 2011 - Amnesty International
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tive di controllo, che imponevano loro di presentarsi frequentemente alle stazioni di polizia e implicavano solitamente un’oppressiva sorveglianza oltre a restrizioni all’esercizio
dei loro diritti civili. Alcuni sono stati arrestati nuovamente o sono stati rimandati in carcere per aver ripreso le loro pacifiche attività politiche o per aver criticato pubblicamente
il governo; ad altri è stato negato l’accesso alle cure mediche. La maggior parte è stata
colpita da restrizioni di movimento all’interno della Tunisia e gli è stato negato il rilascio
del passaporto. Di conseguenza, non ha potuto ottenere un impiego salariato o condurre
una vita normale.
Sadok Chourou è stato rimesso in libertà dal carcere di Nadhour il 30 ottobre. Era stato rilasciato in libertà
condizionata nel 2008 ma pochi giorni dopo era tornato in carcere per un altro anno, dopo che aveva rilasciato alcune interviste al canale televisivo satellitare al-Hiwar e ad altri media online nel novembre 2008.
Quando è uscito dal carcere il 30 ottobre, le autorità gli hanno detto che non doveva intraprendere alcuna
attività giornalistica o politica ma non è stata emanata alcuna comunicazione ufficiale in tal senso.
Abdellatif Bouhajila ha continuato a vedersi negare il passaporto che gli avrebbe permesso di recarsi all’estero per ricevere cure mediche. Rilasciato con la condizionale nel 2007, a seguito di una condanna a 17
anni di carcere imposta per appartenenza a un gruppo islamista, al-Ansar (i Partigiani) nel 2001, stando
alle fonti versava in cattive condizioni di salute a causa dei maltrattamenti subiti in carcere e degli scioperi
della fame.
DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI
Difensori dei diritti umani hanno affrontato continue vessazioni da parte delle autorità,
compresa una stretta sorveglianza e il blocco o l’interferenza sull’accesso a Internet e
sulle comunicazioni telefoniche. È stato inoltre loro impedito di partecipare a riunioni o
raduni incentrati sui diritti umani. Alcuni sono stati aggrediti fisicamente. La maggior
parte delle organizzazioni per i diritti umani indipendenti ha continuato a vedersi negare
la registrazione ufficiale. A febbraio, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sui difensori
dei diritti umani ha chiesto alle autorità tunisine di cessare la “campagna di intimidazione” fisica e psicologica contro i difensori dei diritti umani.
Ali Ben Salem, di 78 anni, ha continuato a ricevere minacce e intimidazioni da parte delle autorità, a causa
del suo lavoro a favore dei diritti umani e in quanto membro fondatore di diverse organizzazioni per i diritti
umani, come il Consiglio nazionale per le libertà e l’Associazione contro la tortura in Tunisia. Egli inoltre
ospitava nella sua abitazione l’ufficio regionale di Bizerte della Lega tunisina per i diritti umani. Funzionari
della sicurezza hanno continuato a piantonare permanentemente la sua casa, mentre le linee telefoniche
e l’accesso a Internet gli sono stati tagliati. Si è trovato sotto costante sorveglianza e gli è stato fisicamente
impedito di prendere parte a incontri sui diritti umani. Hanno continuato a negargli il tesserino dell’assistenza sanitaria gratuita e pertanto non ha potuto ricevere le cure mediche di cui necessitava per gravi disturbi alla schiena e cardiaci.
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L’attivista per i diritti e giornalista, Zouheir Makhlouf, è stato rilasciato a febbraio; era stato arrestato nell’ottobre 2009 e condannato in relazione a un film documentario riguardante l’inquinamento nella zona industriale di Nabeul, nel nord-est della Tunisia. Ad aprile, otto poliziotti si sono presentati a casa sua e gli
hanno detto che era in arresto. Lo hanno picchiato davanti alla moglie e ai figli dopo che aveva chiesto di
vedere il mandato d’arresto, quindi lo hanno detenuto per sette ore in una stazione di polizia. Al rilascio
presentava contusioni e la frattura del naso. È stato nuovamente percosso a dicembre da un uomo in borghese, che si ritiene fosse un poliziotto, dopo che era uscito da casa per seguire la cronaca dei disordini
nella regione di Sidi Bouzid.
CONTROTERRORISMO E SICUREZZA
Le autorità hanno continuato ad arrestare, detenere e processare persone per accuse
collegate alla sicurezza, comprese alcune che erano state rimpatriate con la forza in
Tunisia da altri stati. Stando alle notizie, dal 2003 erano circa 2000 le persone giudicate colpevoli di reati ai sensi della legge antiterrorismo, comprese molte processate
e condannate in contumacia in processi che spesso non avevano rispettato gli standard
internazionali sul processo equo. Gli imputati hanno asserito di essere stati costretti
a “confessare” sotto tortura o altre minacce mentre erano trattenuti in incommunicado
durante la detenzione preprocessuale; le loro “confessioni” erano state ugualmente
iscritte agli atti dai tribunali senza alcuna indagine o conducendola in modo inadeguato.
A gennaio, durante una visita in Tunisia, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla
promozione e protezione dei diritti umani nel contesto del controterrorismo ha criticato
la legge antiterrorismo del 2003. Ha esortato il governo a emendare la definizione ampia
di “terrorismo” e a limitare l’applicazione della legge al fine di escludere quanti sono
impropriamente giudicati colpevoli di “terrorismo”.
Seifallah Ben Hassine ha continuato a essere confinato in isolamento nel carcere di Mornaguia, vicino a
Tunisi. Si trovava in isolamento dal 2007, ben oltre i 10 giorni autorizzati dalla legislazione tunisina. Era
stato giudicato colpevole nel 2003 ai sensi della legge antiterrorismo e del codice di giustizia militare, imputato in sei processi separati, di cui quattro davanti al tribunale militare di Tunisi. Le sei condanne a suo
carico totalizzavano 68 anni di carcere da scontarsi consecutivamente. Egli era stato arrestato mentre si
recava in Turchia, dove ha affermato di essere stato trattenuto in incommunicado per un mese e torturato,
prima di essere rimpatriato forzatamente in Tunisia.
DIRITTI DELLE DONNE
Le autorità hanno continuato a descrivere la Tunisia come uno stato impegnato nella promozione e nella tutela dei diritti delle donne. Tuttavia, donne giornaliste che criticavano
il governo e attiviste per i diritti umani sono state vittime di vessazioni e campagne denigratorie da parte dei mezzi di informazione controllati dallo stato.
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Faten Hamdi, una corrispondente di Radio Kalima, emittente senza autorizzazione a trasmettere in Tunisia,
è stata aggredita a febbraio da due poliziotti in borghese, a Tunisi. Gli agenti hanno cercato di costringerla
a salire sulla loro auto e l’hanno colpita sul volto ma lei è riuscita a fuggire.
Donne giudici che figuravano tra i membri direttivi dell’Associazione dei giudici tunisini
e che avevano invocato l’indipendenza della magistratura hanno subito continue vessazioni.
Kalthoum Kennou è stata trasferita da Kairouan a Tozeur contro la sua volontà invece di essere riportata a
Tunisi, sua città natale. Altre giudici hanno subito il taglio degli stipendi senza essere avvisate e hanno
visto negarsi la promozione.
A ottobre, il Comitato della Cedaw, nel commentare la situazione dei diritti delle donne
in Tunisia, ha espresso preoccupazione per le accuse di “arresti arbitrari e vessazioni”
nei confronti di Ngo e di difensori dei diritti umani e per “l’esclusione delle organizzazioni
femminili autonome” dalla partecipazione al processo decisionale e dal finanziamento
statale.
PENA DI MORTE
Sono state condannate a morte almeno 22 persone; non ci sono state esecuzioni. Il governo ha mantenuto la moratoria de facto sulle esecuzioni in vigore dal 1991. Almeno
136 prigionieri del braccio della morte, incluse quattro donne, non hanno potuto avere
contatti con le loro famiglie o i loro avvocati.
RAPPORTI DI AMNESTY INTERNATIONAL
Freed but not free: Tunisia’s former political prisoners (MDE 30/003/2010)
Independent voices stifled in Tunisia (MDE 30/008/2010)
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